"Beato l'Uomo che viene tentato"

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Caterina63
00venerdì 16 gennaio 2009 09:34
BEATO L'UOMO CHE VIENE TENTATO.......

"Beato l'uomo che poteva trasgredire e non ha trasgredito, che poteva fare il male e non lo fece" (Sir 31,10).

esorta padre Amorth da Radio Maria.......

Nella Bibbia c'è anche questa "beatitudine"....vogliamo parlarne? Perchè la tentazione è una beatitudine?......[SM=g7574]


 

Io non amo la gente perfetta, quelli che
non sono mai caduti, non hanno mai inciampato.
A loro non si è svelata la bellezza della vita
”.
(B. Pasternak)

.........

quanto c'è di vero secondo voi?

Padre Amorth sostiene che chi è tentato è più amato da Dio....ed è anche colui che ha più capacità di vittoria se solo comprendesse il senso biblico della tentazione mediante la quale, nel combatterla.... si raggiunge la vera santità, la pienezza della santità.....ciò non toglie che dobbiamo amare anche coloro che solo in apparenza a noi non sono mai caduti, ma che forse nel loro cuore hanno fatto tanti di quei capitomboli che semplicemente non hanno voluto rendere pubblici...[SM=g7831]
Gli stessi Santi non sono stati canonizzati dalla Chiesa perchè non sono mai caduti o perchè fossero ritenuti perfetti, al contrario, la loro santità è emersa proprio grazie alle Battaglie che hanno combattuto, rendendo manifesta la Grazia santificante in loro a vantaggio della Chiesa stessa...[SM=g1740717]
San Paolo sapendo che la sua ora era giunta scrive: HO COMBATTUTO LA BUONA BATTAGLIA, HO CONSERVATO LA FEDE....

la santità dunque deriva dalla Buona Battaglia combattuta e non delegata ad altri e chiunque è chiamato a superare le tentazioni poichè in Paradiso si può entrare solo conservando la fede e santificandosi, dice l'Apocalisse infatti: nulla di ciò che è impuro può entrare nel Regno dei Cieli...

La tentazione in sostanza ci permette di VEDERE e valutare queste impurità e di combatterle, la prima Battaglia infatti che siamo chiamati a combattere non è contro le persone, dice l'apostolo, ma contro gli spiriti malvagi che portano le tenebre, la menzogna, la trave nel nostro occhio...la Buona Battaglia è contro le tentazioni che ci vengono date PER IL NOSTRO BENE...

un esempio?

pensate al vaccino che viene dato ai bambini piccoli....esso contiene il germe della malattia ma trattato, in modo che formi nel corpo del bambino gli ANTICORPI che lo aiuteranno a non ammalarsi di quel germe...ecco, Dio agisce in noi un pò così...[SM=g1740717] le tentazioni sono come un vaccino grazie alle quali  possiamo creare degli ANTICORPI per salvare l'anima...


                                                 [SM=g1740720]
 
Ecco ulteriori contributi[SM=g1744228]

dalle parole di Don Amorth ...

La Bibbia tratta la tentazione come una beatitudine:"Beato l'uomo che sostiene la tentazione, poiché una volta collaudato riceverà la corona della vita che Dio promise a quanti lo amano" (Giacomo 1,12).
Già scriveva il Siracide: "Beato l'uomo che poteva trasgredire e non ha trasgredito, che poteva fare il male e non lo fece" (Sir 31,10).
Un grande santo e dottore della Chiesa, S.Giovanni Crisostomo, arrivò ad affermare che il demonio (certamente suo malgrado) è il "santificatore delle anime".

Prima di tutto nelle virtù teologali: fede, speranza e carità.
Poi ci tenta nei nostri punti deboli, che sono le grandi passioni: il piacere, la ricchezza, il successo (ossia il potere).


E studia per ciascuno le condizioni in cui si trova, le persone che incontra, gli stati d'animo, specie se depressi, le occasioni che la vita fa incontrare. Esempi di persone, amicizie, letture, spettacoli... tutto il demonio cerca di sfruttare per i suoi scopi, accompagnando sempre ogni occasione col far ignorare o non credere alle parole di Dio, alle sue leggi, alle sue stesse minacce di castigo.

 
La Bibbia ci assicura che mai saremo tentati sopra le nostre forze. Ma attenzione, ci dice anche che le nostre forze non bastano. "Vigilate e pregate per non cadere in tentazione.

 
Il grande ammonimento che Gesù ci dà nel tragico momento del Getzemam contiene le due condizioni indispensabili per vincere l'azione ordinaria del demonio. Vigilate e pregate. La vigilanza significa autocontrollo; significa fuga dalle occasioni; significa istruzione continua sulla legge di Dio. Ma anche con tutta la nostra buona volontà noi non siamo in grado di vincere le tentazioni. E' necessaria la grazia di Dio. Senza il suo aiuto saremmo sempre dei vinti. Quindi occorre la preghiera costante, la frequenza al sacramenti, l'uso di tutti quei mezzi di grazia che il Signore ci mette largamente a disposizione.Da notare che la lotta è proporzionata anche all'età: non dobbiamo stupirci se, invecchiando, le tentazioni si fanno più violente.

 
http://www.entraevedi.org/Padre%20Amorth.htm   per leggere il testo completo

Che dire se non che sono un grande ascoltatore di don Amorth e tante volte lo sento chiamare il demonio con la frase "santificatore delle anime"....

Cari amici, per entrare in Paradiso c'è bisogno delle tentazioni, e nessuno di noi può scansarle.... mi ricordo l'Imitazione di Cristo dove c'è scritto:  Gesù ha avuto la sua buona dose di tentazione ed era il FIGLIO di DIO, figuriamoci noi se potremo scansarle, anzi, ben vengano le tentazioni senza le quali non potremo santificarci.....


Padre Matteo la Grua, una volta mi ci lamentavo perchè ero tentato e mi disse: "Guarda dalla finestra, li vedi quelle persone che passeggiano?  Ecco, le tentazioni sono così.... passano e se ne vanno, non ti preoccupare, prega di più e vedrai che Dio ti darà una mano....."


Per ora, pace e bene...  Gino


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La tentazione.....[SM=g7831]

Durante la telefonata di una spettatrice (a Radio Maria) la quale diceva a p.Amorth delle tentazioni che sente di bestemmiare...il padre ha risposto: " Non si scoraggi e ad ogni tentazione, dica subito GESU' IO TI AMO, TI OFFRO QUESTA TENTAZIONE....GESU' IO TI AMO......"[SM=g1740717]

 
E pensavo a quante volte è accaduta a me la stessa cosa, desidero confessarvi una mia esperienza personale anche per farvi comprendere che un certo sapere deve essere accompagnato anche da sofferenza ed un cammino di fede.....insomma non sono certo perfetta nè santa, spero che questa mia testimonianza possa aiutarvi e sostenervi...:
....una volta bestemmiavo....si...io bestemmiavo.....e subito dopo sentivo una sofferenza dentro che non mi sapevo spiegare....quando iniziai ad intraprendere il mio cammino di conversione all'inizio non dissi a nessuno di questa tentazione di imprecare che prendeva forza in me....MI VERGOGNAVO.....e avendo iniziato a conoscere la Bibbia letteralmente, andavo alla ricerca di versi che potessero aiutarmi, ma non trovavo nulla.....ed anzi, quando non trovavo, sentivo la necessità di imprecare....era come una droga....non so come smettere di fumare o simili.....

Un giorno mi andai a confessare due volte di seguito e il sacerdote rivedendomi mi disse: "guarda se hai dimenticato un peccato, è stato perdonato..." ed io gli dissi che lo avevo taciuto per vergogna....al chè mi chiese se volevo parlarne....e mi aprii.....andai appunto da un sacerdote che non avevo mai visto prima, nella prima chiesa aperta che incontrai.....e mi sfogai.....

E il sacerdote mi disse: " ed io chissà che mi credevo!!" lanciandomi un sorriso angelico stupendo....e aggiunse: " benedetta figliola, Dio ti sta chiamanado a qualcosa di più grande, queste tentazioni servono per la tua preparazione, per LA TEMPERANZA....sai che cosa è? "....NO...gli risposi sconcertata...mi sembrava che tutto si stesse complicando.....

"Sono tutte quelle virtù che stiamo dimenticando, ma che frenano certe tentazioni....sono LA PAZIENZA...l'esercitare la santa pazienza.....e mi citò: :"Beato l'uomo che sostiene la tentazione, poiché una volta collaudato riceverà la corona della vita che Dio promise a quanti lo amano" (Giacomo 1,12). "....
....

e mi suggerì questo:
"Quando senti l'imprecazione arrivare delle volte NON riuscirai a fermarle, soprattutto all'inizio sarà difficile non farla, allora tu non scoraggiarti se ti scappa, di subito: -Gesù perdonami, tu che sei sapienza e pazienza, aiutami!-  ed inizia anche a PREGARE DI PIU', MAGARI IL ROSARIO OGNI GIORNO.....ad ogni imprecazione, di un Ave Maria nella quale benediciamo il Frutto di quel grembo santo e Maria ti aiuterà......"

 
Dopo un mese di duro lavorio.....iniziai a non pensarci più.....quando l'imprecazione arrivava.....la iniziai a sostituire con l'Ave Maria.....poi ho conosciuto il Movimento Domenicano del Rosario, 15 anni fa e da allora questa tentazione è sparita...anche se ne sono giunte altre, ma questo è un altra storia.....[SM=g7574]

Ora non sento più in me neppure la tentazione di bestemmiare, ma prego in cuore alla stessa maniera ogni giorno quando sento bestemmiare, chiedendo a Dio di aiutare quella persona come una volta aiutò me...[SM=g7831] ...abbiamo una litania bellissima CONTRO LE BESTEMMIE che si dicono nell'Adorazione Eucaristica e l'ho detta tante volte da averla imparata a memoria:

Dio sia benedetto
Benedetto è il suo Santo Nome
Benedetto Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo
Benedetto è il Nome di Gesù
Benedetto è il suo Sacratissimo Cuore
Benedetto è il suo preziossisimo Sangue
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito
Benedetto Gesù nel SS.mo Sacramento dell'Altare
Benedetta la gran Madre di Dio, Maria SS.ma
Benedetta la sua santa ed immacolata concezione
Benedetta la sua gloriosa assunzione
Benedetto il nome di Maria Vergine e Madre
Benedetto s.Giuseppe il suo casto sposo
Benedetto è Dio nei suoi Angeli e nei suoi Santi

Fraternamente Caterina[SM=g1740717]

[SM=g1740750]

 
Penso che DIo permetta la tentazione per metterci alla prova, per addestrarci, e anche per purificarci, forse anche per tenerci impegnati in questo mondo e rivolgere lo sguardo verso di Lui.

La tentazione inoltre ci fa diventare umili in quanto ci fa accorgere di quanto siamo deboli e allo stesso tempo bisognosi di Dio.
Chiediamo al SIgnore di non farci essere mai tentati per nulla ma semmai di non essere tentati al di sopra delle nostre forze e di soccombere alla tentazione ma di saperla superare.

Ad una grande tentazione superata, penso che corrisponda una maggiore forza acquisita e un maggior merito che il SIgnore ci permette di conseguire con la Sua grazia.

Con affetto Teofilo


                                          [SM=g1740750] [SM=g7182] [SM=g1740750]

+ Dal Vangelo secondo Matteo 4,1-11 

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.

.........

Gesù vive tre tentazioni:

1) Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, di’ che questi sassi diventino pane”. Ma egli rispose: “Sta scritto: ‘‘Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’’”.

.......

Anche noi siamo tentati NEL PANE QUOTIDIANO, Gesù aveva digiunato e sicuramente aveva molta fame..... ma noi che digiuniamo poco o nulla, che tipo di fame potremmo paragonare? Dolci; vizi di vario genere; l'ebra "voglio"; ci piacerebbe avere sempre ragione; non riteniamo libero obbedire alla Chiesa, a quello che ci insegna...ecc... da questo momento vedremo che Gesù indirizza la nostra attenzione su di una cosa importante: LA BIBBIA..LA SUA PAROLA....LA SUA INCARNAZIONE=PAROLA CHE SI FA NUTRIMENTO, EUCARESTIA......Manda via Satana con un monito che è anche per noi: NON DI SOLO PANE=MATERIALITA' VIVE L'UOMO, MA VIVE DELLA PAROLA DI DIO, VIVE DELL'EUCARESTIA, VIVE DELL'INCARNAZIONE DEL VERBO.......che insegna, istruisce, ammonisce.....

 
2) Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: ‘‘Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede’’”. Gesù gli rispose: “Sta scritto anche: ‘‘Non tentare il Signore Dio tuo’’
......

Che tipo di tentazione è per noi questa? ONNIPOTENZA....spesso ci siamo sentiti o ci sentiamo onnipotenti tanto da SCAVALCARE DIO..... decidere noi al posto suo....contare sulle nostre forze. Ecco che Gesù dice NON TENTERAI IL SIGNORE DIO TUO, perchè Gesù vuole farsi OBBEDIENTE FINO ALLA MORTE DEL PADRE SUO, e ci chiede di essere come lui: DOCILI ED OBBEDIENTI....avere l'umiltà di CHIEDERE AIUTO, umiltà nell'ascoltare i nostri vescovi....i figli umili nell'obbedire ai genitori; i coniugi rispettarsi a vicenda senza prevaricare mai sull'altro pensando di essere capaci di fare tutto da soli e solo con la nostra forza. ABBIAMO BISOGNO DI DIO, ci ricorda qui Gesù, Lui stesso, vero uomo (mica per finta!) ha bisogno del Padre, ma essendo egli stesso Dio avverte Satana: NON TENTARE IL SIGNORE DIO TUO, VATTENE.....così dobbiamo essere forti anche noi quando siamo tentati NELL'ORGOGLIO.... NELLA SUPERBIA....

 
3) Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai”. Ma Gesù gli rispose: “Vattene, satana! Sta scritto: ‘‘Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto’’”.
Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano
........

 
anche Gesù si è stancato!!  chissà che voglia avrà avuto di prendere a calcioni Satana....Che tentazione è per noi questa? AVERE...VOLERE...POSSEDERE..... e là dove è anche una richiesta legittima l'avere una casa decente per esempio, un posto di lavoro legittimo.... comprarsi anche una macchina nuova dopo tanto sudore....si insinua però UNA TENTAZIONE: AVERE....POSSEDERE.....VOLERE...CON LA PRETESA DI NON SUDARE FATICA..... con la pretesa che TUTTO CI E' DOVUTO, anche la guarigione da una malattia siamo tentati di PRETENDERE LA GUARIGIONE... questo atteggiamento che si è introdotto nell'uomo a causa del peccato è il più insidioso, il più cattivo perchè conduce l'uomo a chiudere il suo cuore verso gli altri...a difendere nel modo sbagliato le sue "cose".....

Dice Satana "TI DARO' TUTTE QUESTE COSE SE MI ADORERAI" che sfacciatagine, provocare così Dio AL QUALE TUTTO APPARTIENE SOPRATTUTTO L'UOMO...LA VITA UMANA...LA PERSONA...E TUTTO IL CREATO.....Dio non vuole le cose materiali, vuole LA NOSTRA ANIMA PER GODERCI PER SEMPRE, PERCHE' LUI SA CHE CON LUI SAREMO ETERNAMENTE FELICI....."VATTENE SATANA"....A DIO SOLO NOI RENDIAMO CULTO E ADORAZIONE.... CON LA PAROLA E CON LA CARNE OFFERTA NOI CI NUTRIAMO E CI SAZIAMO......non abbiamo bisogno della tua offerta,la materialità LA USIAMO E POI TE LA LASCIAMO.....

 
Ecco fratelli, e come Gesù si lasciò guidare dallo Spirito nel deserto, anche noi, in questo tempo di Quaresima LASCIAMOCI GUIDARE DALLO SPIRITO SANTO VERSO IL NOSTRO SPECIFICO DESERTO....spegnamo i televisori...rinunciamo a qualche vizietto.... apriamo di più la Bibbia....preghiamo di più per NON CADERE IN TENTAZIONE..la tentazione è un ottimo strumento che Dio ci dona per superare gli ostacoli noi dobbiamo pregare non per NON avere le tentazioni, ma per non caderci dentro.....

Sia lodato Gesù Cristo [SM=g1740720]

Caterina63
00venerdì 16 gennaio 2009 10:26
Chi sostiene la tentazione è come quel soldato che partecipa a tutte le battaglie e ne torna vivo.
Al contrario, c'è poi il soldato che si fa imboscare e ne torna vivo comunque.
Non c'è paragone.
La tentazione di bestemmiare non l'ho mai avuta. Piuttosto quella di imprecare e me la prendevo e prendo con Giuda, il traditore, e con Eva, la traditrice. Più con lei che con lui, devo dire.
Del resto mi sembra una giusta imprecazione cristiana, se non fosse che un'imprecazione non è cosa buona.
Io non ho resistito alla tentazione del fumo.
Poi ci ho pensato: allo sperpero di salute e di soldi, che per altri mancano pur senza fumare.
E quando decisi di resistere, ogni volta che sentivo la tentazione di comprare le sigarette non ho pensato all'Ave maria ma prendevo i soldi i li mettevo da parte.
Alla fine mi comprai una vespetta, di seconda, ma buona, mano!
La diedi all'associazione cattolica di cui facevo parte e il parroco la mise in palio fra gli iscritti.
L'avrebbe ricevuta chi avesse partecipato a tutti i primi venerdi del mese. In caso di parità, a chi avesse partecipato anche a tutti i rosari del mese mariano.
Non so se il mio resistere alla tentazione del fumo abbia prodotto buoni frutti, oltre che per me.
Nylus 



Ciaooo!
chiedo scusa ma.....Dio non e' Nostro Padre?
Come madre non metto una bottiglia di birra davanti  amio figlio per tentarlo!
 E mi chiedo perche' Dio mi mandi le tentazioni?? per vedere se sono fedele??
Se resisto??
Oppure e' solo satana che si diverte??
Mi sembra che Dio non ami alla follia satana ...quindi ne deduco che non possa mettersi daccordo con lui e dirgli.." guarda quella laggiu'...vai ..e fai del tuo meglio!" .
Mi avete gia' risposto una volta a questa domanda , ma sono sempre tentata a riproporre l'argomento!
Dio ci lascia liberi, giusto??
Forse non sono stata chiarissima, ma immagino Dio come un padre buono , pronto a perdonarmi ,e a cercarmi chiedendomi " Dove sei?" ( genesi) , non a complottare contro di me.
secondo voi Dio ha mandato satana da Gesu' ...giusto cosi' per metterlo alla prova , o e' satana che ha cercato Gesu' in quanto Figlio di Dio , e vero Dio?

Grazie per le riflessioni che avete postato, ma come vedete le domande che ho da fare sono molte!!!
Buona domenica a tutti!

Lucia

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..Cara Lucia....apri il Libro di Giobbe e leggiti dalla prima all'ultima pagina...ovviamente non è un obbligo...ma un suggerimento....Poi apri la Sapienza, leggila e meditala......poi rileggi l'Ultima cena (il tradimento di Giuda) e il Getsemani.....[SM=g7831]
Buona meditazione.......
P.S.
francamente come madre non ho mai chiuso a chiave NULLA......neppure lo stipendio che fino ad un mese fa stava dentro al cassetto della scrivania a portata di mano di tutti.......la varechina sempre sotto il lavello della cucina, come comè l'anticalcare e in bagno l'acido muriatico.......
Si forse un pò troppo è vero, ma con una supervisione (non ho mai douto vietare ma solo spiegare i rischi...) e un pò di fiducia....come incidenti casalinghi ho avuto:
ad un anno e mezzo Michele si è fondato il palato inciampando sul tappeto (un oggetto non ritenuto pericoloso..)...ed è vivo per miracolo......aveva staccato il tubo della cucina giocattolo della sorella e lo usava come tromba...bloccato 5 volte...la sesta c'ha fregato...non ce ne siamo accorti ed eravamo tutti in casa il giorno di santo Stefano......
un paio di cadute di Alessia quando era all'asilo con sbucciature varie....un dito schiacciato nella porta della cucina....... qualche pentola caduta sui piedi.....
Il cane mozzicò ad un braccio Michele quando andava all'asilo....ma non ho menato al cane...bensì ho rimproverato mio figlio e de brutto pure... visto che michele si divertiva a fargli ballare...ehm.....ehm....le palline ad Atus....
***************
Nylus...ogni rinuncia a qualche cosa che somigli o diventi un vizio.....è salutare per sè stessi e per gli altri sempre......
Fraternamente caterina[SM=g7182]


Scommetto che
democraticamente
tutta da sola
hai deciso
dove sistemare
varechina - stipendio - anticalcare - acido muriatico
[SM=g7560]
e la nutella dove la tieni????
Nylus


ACCUSO UN COLPO DURO E SLEALE....DA TE NYLUS NON ME LO SAREI MAI ASPETTATA....[SM=g7574]
tu sei una tentazione per me.......
NON SI FANNO QUESTE DOMANDE AGLI AMICI.......specie quando domande del genere costituiscono un durissimo e spietato senso di colpa.......
Anche se m'hai tentato.......sempre fraternamente Caterina......


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Gesù ha assunto tutte le realtà umane, le ha vissute. E tutto quello che Gesù ha vissuto, è diventato per noi luogo di salvezza, esperienza di vita. In ciò che Gesù ha assunto ha distrutto la forza negativa, ha tolto il veleno, la capacità di uccidere. Tutto quello che ha assunto lo ha redento, perché lo ha assunto liberamente per la pura gratuità di essere-con-noi: per questo diventa per noi fonte di vita.

Ciò vale anche per il mistero della tentazione di Gesù nel deserto: devo rendermi conto che il fatto che Gesù sia stato tentato è per me un dono, un fatto positivo, una buona notizia. Occorre cioè scoprire il "valore salvifico" della tentazione.
Essa è una buona notizia perché grazie alla tentazione di Gesù la nostra tentazione non ha più il potere di dare la morte: è diventata un luogo di vita, un luogo in cui possiamo sperimentare la vittoria del vangelo.

Spesso invece, in modo più o meno consapevole, si identifica la tentazione col peccato. No, il fatto di essere tentati non è un peccato: Gesù è totalmente libero dal peccato, eppure viene tentato. La tentazione in quanto tale è inerente alla condizione umana, non è peccato: di per sé è occasione di crescita. E' un'esperienza che mi fa fare un salto qualitativo. Assomiglia a una moneta che va ad arricchire il mio tesoro.

La tentazione ha una sua funzione, ci svela che cosa c'è dentro di noi, ci insegna a conoscere noi stessi, rende più profonde e convinte le nostre scelte. Maturare nella fede richiede l'esperienza della tentazione: "Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione" (Sir 2,1). Questo tipo di tentazione comincia quando scegliamo di servire il Signore, non prima.

Invece, di fronte a certi pensieri, stimoli negativi, ci lasciamo spesso prendere subito dal panico, come se oramai fossimo stati afferrati dal peccato. Il primo stimolo non deve mettere nessun panico, non dipende dalla volontà e non esiste motivo di perdere la calma e la fiducia: anche Gesù è stato tentato, davvero, non per fare scena, ma come vero uomo.

Tuttavia, nel Padre Nostro noi chiediamo al Padre "non indurci in tentazione". E al Gethsemani Gesù dice agli apostoli: "Pregate per non entrare in tentazione".
Occorre allora distinguere tra la tentazione necessaria alla crescita in vista di una "virtù provata", e la tentazione che conduce al peccato e alla morte.
Nel Padre Nostro noi non chiediamo di risparmiarci la fatica di scegliere, ma di non soccombere alla tentazione, di non scegliere la strada che conduce al peccato, di non entrare in una situazione in cui perdiamo l'orientamento.
Signore, dacci lo Spirito di discernimento e di fortezza, perché nella tentazione siamo capaci di non smarrire la strada e farne così un'occasione di crescita.
(Lc 4,1-13)
Sia lodato Gesù Cristo, don Marco[SM=g1740717]


[SM=g1740750] [SM=g7182] [SM=g1740720]

" Questo è il segno di Dio:
Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell'umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza.
Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall'impazienza degli uomini".
(Papa Bendetto XVI Messa 24.4.05)

Cos'è la tentazione?

Stando a quanto ho letto, molti la identificano come una "prova" che ha lo scopo di fortificarci. A mio avviso, questo può essere in parte vero, ma sarebbe riduttivo considerarla solo sotto questo aspetto esclusivo.
Io definirei la tentazione come il naturale risultato dei nostri limiti e quindi del nostro grado di evoluzione spirituale, ovvero di ciò che abbiamo interiormente acquisito e che è parte di noi stessi.
Vorrei, al riguardo,  servirmi di un esempio:
Tizio trova un portafoglio smarrito e con una cospicua somma di denaro.
La sua reazione potrebbe sfociare in tre alternative:
La prima: non ha altro pensiero che il tenerselo.
La seconda: pur ingolosito combatte tra il doverlo restituire e il tenerselo.
La terza: non deve fare alcuna forza su se stesso e spontaneamente lo restituisce.
Nel primo caso risulta chiaro che il livello evolutivo (o coscenziale) è ancora molto basso.
Nel secondo caso ha raggiunto un certo livello, ma deve ancora combattere con se stesso perchè non ha ancora maturato dentro di sè una vera consapevolezza che lo faccia agire senza bisogno di doverci pensare. Quindi, questo limite umano non è stato ancora completamente superato.
Nel terzo caso il livello di coscienza ha raggiunto la sua completezza e agisce senza aver bisogno di pensarci, ovvero questo limite umano risulta completamente superato e la tentazione neppure si presenta.
Il terzo caso corrisponde alla risposta immediata di Gesù nel deserto, il quale non dovette certamente combattere con se stesso per vincere le lusinghe di satana.
Solo ciò che è imperfetto, ovvero satana, poteva pensare di tentare l'uomo Dio.
La libertà di provarci rientra tuttavia nella condizione del libero arbitrio, che Dio ha concesso indifferentemente sia al bene che al male.
Direi quindi che la tentazione altro non è che lo specchio del nostro livello acquisito di coscienza che deve tendere al graduale superamento dei nostri limiti umani.
E' pertanto giusto affermare che le tentazioni sono permesse da Dio (in funzione appunto del rispetto del libero arbitrio), ma queste sono comunque sempre presenti nella nostra imperfezione, senza che Dio ce le debba specificatamente mandare per provarci.
Il raccoglierle o meno dipende solo dalla nostra maturazione di coscienza.
Si suole citare molto spesso il Libro di Giobbe, e certamente questo è un grande insegnamento, ma la sua allegoria, che vede una specie di improbabile scommessa tra Dio e satana, è solo un modo per far comprendere, attraverso l'esempio, come l'uomo che si affida a Dio senza mai scoraggiarsi possa superare ogni avversità.
iyvan 


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Effettivamene Yivan...concordo con te...sarebbe riduttivo chiudere il concetto di tentazione in due frasi bibliche o nella famosa "pazienza di Giobbe".........
riflettevo su temi che in fondo....SMUOVONO UN PO' LE NOSTRE TENTAZIONI......perchè le tentazioni SONO TANTE e sono svariate....
Naturalmente io parto da qui:
"Beato l'uomo che sostiene la tentazione, poiché una volta collaudato riceverà la corona della vita che Dio promise a quanti lo amano" (Giacomo 1,12).
Già scriveva il Siracide: "Beato l'uomo che poteva trasgredire e non ha trasgredito, che poteva fare il male e non lo fece" (Sir 31,10).
...........

e forse perchè scoprire e sapere che dalla tentazione stessa Dio potrà far emergere il mio lato migliore....bè...è veramente GRANDIOSO......
Gesù fu tentato.......anche se, come dicevo sopra:
Gesu' in quanto vero Dio , non aveva bisogno di fare esperienze di tal genere..perche' Dio non ha bisogno di fare esperienze...
Gesu' e' l'incarnazione di Dio a vantaggio dell'uomo, di ogni persona..non si e' incarnato per colmare qualche manchevolezza del suo essere: sarebbe contradditorio rispetto alla sua natura divina.

 
Gesù al contrario SI E' LASCIATO TENTARE PER INSEGNARCI QUALCOSA......Lui si è caricato di tutto...nel mistero dell'Incarnazione c'è la chiave che risolve ogni tentazione perchè non è la nostra parola che può farci superare una tentazione, ma Dio che Verbo fatto carne ci ha risolto ogni problema.....
Calzante l'esempio di chi ritrova il protafogli con i soldi......che arricchisco così:
La prima: non ha altro pensiero che il tenerselo. Magari perchè è affamato ed ha una famiglia da accudire....e pensa egoisticamente che è giusto che lui debba tenerselo....
La seconda: pur ingolosito combatte tra il doverlo restituire e il tenerselo. Magari perchè pensa alla sua famiglia e non ha trovato un lavoro con il quale mantenerla.....e comincia a pensare se forse chi l'ha perso, forse, non doveva pagare un debito ed ora potrebbe trovarsi nelle sue stesse condizioni......
La terza: non deve fare alcuna forza su se stesso e spontaneamente lo restituisce. Magari perchè aveva già l'animo ben predisposto e dunque riconosce senza dubbio che è meglio restituirlo per onestà, al legittimo proprietario.......
...............

 
in entrambi i casi concordo con Yivan:
Direi quindi che la tentazione altro non è che lo specchio del nostro livello acquisito di coscienza che deve tendere al graduale superamento dei nostri limiti umani.
............

e a ragione dice padre Amorth:
Il grande ammonimento che Gesù ci dà nel tragico momento del Getzemam contiene le due condizioni indispensabili per vincere l'azione ordinaria del demonio. Vigilate e pregate. La vigilanza significa autocontrollo; significa fuga dalle occasioni; significa istruzione continua sulla legge di Dio. Ma anche con tutta la nostra buona volontà noi non siamo in grado di vincere le tentazioniE' necessaria la grazia di Dio. Senza il suo aiuto saremmo sempre dei vinti. Quindi occorre la preghiera costante, la frequenza al sacramenti, l'uso di tutti quei mezzi di grazia che il Signore ci mette largamente a disposizione.Da notare che la lotta è proporzionata anche all'età: non dobbiamo stupirci se, invecchiando, le tentazioni si fanno più violente.
...............

io penso che il cedimento alla tentazione avviene quando pensiamo di poter risolvere "da soli" i problemi che sono spesse volte delle pericolose tentazioni.......PERMESSE INVECE DA DIO PER RINFORZARCI L'ANIMA.......non dimentichiamo che in Lc.22,33 Gesù dice a Pietro: SATANA HA OTTENUTO IL PERMESSO DI PASSARVI AL VAGLIO...MA IO HO PREGATO PER TE...[SM=g7831]
Fraternamente Caterina

[SM=g1740722]


Islamico ascolta Radio Maria. E si converte al cristianesimo [SM=g7182] [SM=g1740750]
di A. Tornielli


Si può scoprire la fede cristiana e decidere di abbracciarla anche attraverso le onde radio. Se poi il protagonista è un giovane
musulmano algerino che è riuscito a captare Radio Maria dall'altra
sponda del Mediterraneo, la sua storia imprevista e imprevedibile ha
tutte le caratteristiche della notizia.

 Antonio (questo è il nome che
ha scelto per il battesimo), classe 1967, otto anni fa, mentre trafficava con la sua radio in cerca di qualche programma in italiano che lo aiutasse a fare progressi nella lingua che stava imparando, si
è imbattuto in una voce che recitava l'Ave Maria. «Maria è un personaggio molto noto e venerato nella tradizione musulmana - racconta Antonio - ma quella preghiera ripetuta con una
partecipazione così intensa me la riproponeva in maniera nuova,
facendo rinascere domande rimaste a lungo inevase
...».


Quella di Antonio, affascinato dalle preghiere della popolarissima emittente di Erba, guidata da padre Livio Fanzaga, è una delle storie raccontate nel libro di Giorgio Paolucci e Camille Eid I cristiani
venuti dall'Islam
(Piemme, pp. 216, 12,90 euro), in libreria da dopodomani: un reportage che raccoglie le esperienze difficili di coloro che hanno deciso di diventare cristiani abbandonando la
religione musulmana.

Le occasioni per queste conversioni sono le più disparate. Un viaggio, una trasmissione radio, l'incontro con un amico.
Antonio appartiene a una numerosa famiglia di musulmani devoti e praticanti, il padre fa il camionista, la madre ha fatto crescere otto figli. Fin da bambino è affascinato dalla figura del «profeta»
Gesù, venerato anche dall'islam
. Cresce, ma continua ad essere
assalito dalle domande. «Chiedevo ad Allah di non lasciarmi in balìa dei miei dubbi, doveva aiutarmi a capire dove stava la verità».

La passione per le lingue lo spinge a cominciare un corso di italiano con
audiocassette. Per esercitarsi ricorre anche alla radio. Così incappa "per caso" nel Rosario di Radio Maria. Antonio ricorda ancora l'ora di quello che definisce un «nuovo inizio»: le otto di sera. «Sentivo in quelle parole qualcosa di familiare, che mi corrispondeva, non capivo il perché ma quella frase - "il Signore è con te" - sembrava pronunciata apposta per me».

Il giovane algerino diventa un
ascoltatore fedele di Radio Maria e più ascolta più si appassiona.
«In Occidente cambiare religione è qualcosa di normale - racconta
- non costa nulla, a volte ho persino l'impressione che sia una moda
.
Per la nostra cultura è invece un percorso accidentato, pieno di ostacoli e di avversità, è come strapparsi la pelle di dosso per farne crescere un'altra».


Antonio si rivolge all'imam della moschea del suo quartiere, che è un ex compagno di scuola. «Davvero i Vangeli sono stati falsificati? E chi ci garantisce sull'autenticità del Corano?». L'amico imam non dà risposte esige certezze: «Il Corano è un miracolo disceso dal cielo,
nessuno può metterlo in discussione. Non puoi più venire in moschea, se vai avanti così ti dovrò denunciare».

 Antonio riesce a incontrare segretamente un prete francese e dopo qualche mese di colloqui, chiede il battesimo. (le parole di Gesù: allora le famiglie si divideranno a causa del mio nome....)


Inizia un lungo cammino, fatto di scambi epistolari con alcuni conduttori di Radio Maria e nel 1999 fa un viaggio in Italia, ospite dei suoi nuovi amici. Il dramma nella sua famiglia scoppia quando una
delle sorelle scopre una Bibbia cristiana dimenticata da Antonio nella
sua camera: «Stai facendo una cosa orrenda, sei un apostata, un
traditore dell'islam
».

Anche il fratello maggiore minaccia di
denunciarlo. Antonio riesce a scappare e a stabilirsi in Italia dove viene battezzato.


Nel libro di Paolucci ed Eid sono raccontate molte altre storie, anche
drammatiche, di conversioni. Nell'interessante appendice vengono
esaminate le legislazioni dei Paesi musulmani per sapere che cosa
rischia chi decide di lasciare l'islam. Molti Stati contemplano infatti il reato di apostasia nelle Costituzioni o nei codici penali, e anche nei Paesi che hanno adottato legislazioni di impronta più laica, si assiste a una richiesta pressante da parte degli ambienti radicali per
l'introduzione di questo reato.

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Caterina63
00venerdì 16 gennaio 2009 10:41
Sempre per restare in tema di TENTAZIONE e di conseguenza però parlare anche  di conversionae, vorrei introdurre la figura di Jacques Fesch:[SM=g7831]


Jacques Fesch

Testimone della Grazia[SM=g1740717]

Saint-Germain-en-Laye, Parigi, 6 aprile 1930 – Parigi, 1° ottobre 1957



Nell’esteso panorama della santità del Novecento, fra tante figure di grandi apostoli della fede, fondatori e fondatrici, moderni martiri, laici impegnati, operatori di pace o votati al sollievo della sofferenza e dei disagi sociali, ci sono state anche figure chiamate alla santità nella quotidianità, capaci di far risplendere la luce della fede nella vita di ogni giorno, spesso in circostanze difficili o addirittura drammatiche.

E certamente una delle più sconvolgenti testimonianze, di quanto Dio può operare nella conversione di un’anima e nella sua elevazione spirituale, è la figura di Jacques Fesch, giovane francese di 27 anni, ghigliottinato il 1° ottobre 1957.

Egli nacque a Saint-Germain-en-Laye presso Parigi, il 6 aprile 1930, da genitori belgi di nobili origini, trasferitasi a Parigi una decina d’anni prima.
Purtroppo i genitori non seppero tenere unita la famiglia e col tempo questa divisione diede i suoi frutti nefasti; il padre, direttore di banca, era colto, avventuriero, amante della musica, pianista, ma anche cinico, donnaiolo, dichiaratamente ateo; dei figli si interessava quel tanto che bastava.
La madre, buona di carattere ma introversa, in disaccordo con il marito, non riusciva a neutralizzare la sua nefasta influenza; il tenore di vita era alto, con cambio di case lussuose ma prive di calore umano e il piccolo Jacques cresceva bello, simpatico, ma chiuso.
Fortunatamente venne ducato per tutta la fanciullezza in un collegio di religiosi cattolici, acquistando una “fede sensibile”, cioè una fede che si amalgama con gli affetti, con la vita.

Nel difficile periodo dell’adolescenza, cresceva troppo in fretta e quanto più avrebbe avuto bisogno di una guida, tanto più si trovava abbandonato a sé stesso; cominciò ad andare male negli studi, diventò pigro, ostentò a sua volta del cinismo.
Il padre cominciò a diventare un ideale per il ragazzo, anche se lui per primo si sentiva disprezzato. In una sua lettera, ne scriverà tante dal carcere, Jacques diceva: “A casa nostra c’era tanta religione quanta ce n’era in una scuderia, ed eravamo tutti dei mostri di egoismo e di orgoglio”.

Alla ricerca di uno scopo nella vita, Jacques Fesch cresceva disorientato, inquieto, molto infelice, corteggiato dalle ragazze, ma senza amore; metteva nel letto un manichino al suo posto, per trascorrere le notti fuori casa, ma forse non era necessario, perché i suoi genitori non volevano accorgersene.
Aveva 19 anni quando interruppe gli studi, si impiegò in banca, ma per poco tempo, non sopportava il lavoro subordinato; continuò ad appassionarsi al suo amato jazz, ai racconti di viaggi, alla mineralogia; di Dio non si interessava più, anzi copiando il padre, diceva a chi gli poneva domanda a riguardo: ”Dio è una graziosa leggenda, la consolazione di coloro che soffrono, la religione dello schiavo e dell’oppresso”.


Da quando aveva 17 anni cominciò un’amicizia con Pierrette Polack, primogenita di una numerosa e ricca famiglia di origini ebraica; erano così diversi fra loro, ma si sentivano attratti proprio per questa diversità.
A vent’anni nel 1950 fu chiamato al servizio di leva e venne inviato tra le truppe francesi operanti ancora in Germania.
Pierrette allora convinse il padre di poter andare a lavorare a Strasburgo, più vicino a Jacques, che così poté passare le sue licenze nell’appartamentino di lei. La tenerezza di quei momenti, intrisi da un’evidente povertà, sfociò inevitabilmente nell’attesa di un bambino.

Il conseguente desiderio di sposarsi, fu necessariamente accantonato, perché il matrimonio era osteggiato dal padre di lei ebreo e da suo padre antisemita arrabbiato. Attesero così la maggiore età e poi si sposarono civilmente (con la sola presenza del padre di Pierrette), un mese prima della nascita della piccola Véronique.
La loro luna di miele fu spezzettata secondo le licenze di Jacques, con qualche bella vacanza in Svizzera, nella villa di montagna di proprietà dei Polack.

Nell’aprile 1952 ebbe finalmente il congedo militare con l’attestato di buona condotta; fu necessario mettersi a lavorare, con nuove divisioni della famigliola, Pierrette con la bambina a Strasburgo e Jacques a Nancy nell’industria di carbone del suocero, vivendo in un albergo.
La vita della giovane coppia si svolgeva senza un minimo di organizzazione, in pratica alla giornata, dando libero sfogo ai divertimenti e i soldi non bastavano per tutto il mese.


Scriverà Jacques alla moglie: “Mia Minou, a Strasburgo io non ti amavo, avevo solo un vivissimo affetto per te, rafforzato dai legami di intimità; è tutto”.
E alla fine il matrimonio infatti non durò; in parte erano fragili i due ragazzi, in parte si misero di mezzo le famiglie[SM=g1740729] , ci furono dei pasticci economici nella fabbrica del suocero provocati da Jacques, il quale si disaffezionò dal lavoro progressivamente.

Pierrette tornò dai genitori e Jacques licenziatasi dalla ditta del suocero, andò a vivere con la madre (ormai anch’essa separata dal marito); la mamma gli diede un milione di vecchi franchi per aiutarlo ad intraprendere un’attività in proprio, egli ne spese subito la metà per comprarsi un’auto di lusso e per l’impresa che voleva aprire, essa fallì prima di cominciare, consumando i pochi soldi rimasti.


La madre a questo punto, infastidita, si disinteressò di lui; allora ritornò dalla moglie Pierrette[SM=g1740722] , la cui lontananza insieme alla bambina lo tormentava, ma per l’opposizione delle famiglie si vedevano di nascosto, a volte in albergo, con atteggiamenti più da fidanzati che da sposi, illudendosi di rivivere i bei tempi della prima giovinezza.

Ma nel suo intimo Jacques Fesch era disorientato, inquieto, insoddisfatto e di conseguenza molto infelice; tutto sommato una situazione personale e sociale, comune a molti giovani, poi di solito interviene provvidenzialmente un incontro, un’opportunità, un consiglio giusto, ecc. e la maggior parte trova prima o poi una soluzione per uscirne.[SM=g7831]

Ma a Jacques, solo, senza lavoro, senza un vero scopo della vita, mancò questo salutare apporto, poi in quegli anni di dopoguerra, i giovani cercavano evasioni, desiderando intraprendere viaggi per conoscere il mondo, e la fantasia di Jacques galoppava sui viaggi fatti dal padre nelle lontane isole del Pacifico, da cui aveva portato ricordi, souvenir, esperienze, amori.
Per questo gli occorrevano almeno due milioni di franchi per comprare una barca e prendere a viaggiare da solo verso quelle isole sognate.

Tutti gli chiusero la porta in faccia compreso il padre, e i soldi diventarono la sua ossessione, alla fine decise che bisognava rubarli.
E venne il giorno fatidico, il 24 febbraio 1954 con l’appoggio di due delinquenti abituali, armato di una pistola che doveva servire a spaventare il derubato, si recò a sera nel negozio di un cambiavalute ebreo, conosciuto dal padre, a ritirare dell’oro che aveva ordinato la mattina stessa.
Mentre l’uomo girato, tirava fuori dalla cassaforte l’oro, egli lo colpì alla testa col calcio della pistola, ma partì un colpo e si ferì lui stesso alla mano.
A questo punto, preso dal panico, scappò a piedi senza prendere nemmeno la macchina parcheggiata lì vicino, sanguinante alla mano, perse anche gli occhiali che portava per la forte miopia.

I complici per distogliere l’attenzione della polizia da loro, furono i primi a descriverlo; fu inseguito e lui si infilò in un grosso caseggiato salendo le scale fino al tetto, dove rimase finché ritenne che la caccia si fosse interrotta, ma all’uscita dal caseggiato fu riconosciuto.

Gli fu intimato di fermarsi, ma Jacques in preda al panico, non riconoscendo per la miopia, chi gli stava davanti, sparò attraverso l’impermeabile, uccidendo così un agente; scappando disperatamente ormai in preda al terrore, sparò ancora ferendo di striscio un’altra guardia e sparando all’impazzata contro chiunque gli si parasse davanti, fortunatamente senza colpire altre persone; fu alla fine disarmato e catturato da un anziano ispettore di polizia.

Percosso a sangue, strattonato, venne condotto piangente e in manette in una cella de “La Santé”, il carcere di Parigi, dove naufragarono i suoi sogni di mari sconfinati ed isole tropicali.

Cominciò così la seconda fase della disordinata vita di Jacques, con la scoperta, la riflessione, la sofferta risalita, verso le vette della spiritualità più alta, che solo Dio può donare all’anima che lo cerca.

                                           [SM=g1740720]
 
LA SVOLTA

Mentre la giustizia degli uomini, faceva il suo corso con i processi, gli interrogatori, le accuse della Procura, i piani di difesa dell’avvocato, Jacques Fesch nella solitudine della sua cella, prese a leggere libri, riviste, classici, romanzi, che passava il carcere, altri libri gli pervenivano dalla famiglia, dai genitori in parte rappacificati, dai suoceri e poi dal cappellano e dall’avvocato Baudet, un convertito e Terziario carmelitano; non mancarono opere di un certo livello spirituale, le vite di s. Francesco d’Assisi, s. Teresa d’Avila, s. Teresa del Bambin Gesù.[SM=g1740722] [SM=g1740721] [SM=g1740722] [SM=g1740721]


Attraverso la lettura dei numerosi libri (250 il primo anno), cominciò a conoscere la vita, i caratteri, le passioni, i desideri, le possibilità di peccare e di raggiungere la santità, la grandezza e la miseria del genere umano, le altezze e le volgarità del pensiero; lesse fra l’altro la “Divina Commedia”.
Davanti al figlio carcerato, stranamente i genitori trovarono il modo di andargli a far visita e consolarlo e quando la madre seppe con terrore, che rischiava la ghigliottina, giunse ad offrire a Dio la propria vita, affinché il tanto trascurato figlio potesse almeno “morire bene”.

Dopo un anno di detenzione, una sera che era a letto, avvenne il momento cruciale della sua definitiva conversione, lo raccontò lui stesso nel suo “Giornale intimo”, scritto per comunicare la sua fede alla figlia.

“Quella sera ero a letto con gli occhi aperti, e soffrivo realmente, per la prima volta in vita mia con un’intensità rara, per ciò che mi era stato rivelato riguardo a certe cose di famiglia. E fu allora che un grido mi scaturì dal petto ‘Mio Dio!’ e istantaneamente, come un vento impetuoso che passa, senza che si sappia donde viene, lo Spirito del Signore mi prese alla gola”.
Gli sarà di aiuto e conforto nella salita della difficile via della conversione totale, un amico convertito anche lui, Thomas, diventato frate benedettino, a lui verranno scritte le lettere più intime e al quale racconterà l’itinerario spirituale per cui Dio lo conduceva.

Alle otto del mattino leggeva in un messalino la Messa del giorno, perché era l’ora in cui vi assisteva l’amico frate, poi faceva la meditazione su quanto letto, a sera concludeva la giornata con la “Compieta” della domenica.
Meditava attentamente la ‘Via Crucis’ [SM=g1740720] e quando ormai capì che la sua vicina condanna era quella capitale, offrì la sua vita per placare la giustizia divina irritata, riteneva che la pena inflittagli fosse ingiusta, nonostante questo egli volle accettarla cooperando all’esecuzione, sembrandogli così di morire meno indegnamente.

Pregava per la conversione del padre; scoprì l’amore perduto e sciupato per il suo comportamento per la moglie Pierrette, il 7 giugno 1956 morì la madre che aveva offerto la vita per la sua redenzione.
Il 6 aprile 1957, giorno del suo 27° compleanno, giunse la sentenza definitiva del tribunale, a cui aveva concorso l’agitazione della Polizia, che richiedeva una condanna esemplare; fu trasferito nella ‘cella 18’, quella riservata ai condannati a morte.

Da qui vincendo la naturale paura e l’odio che vorrebbe invadergli il cuore, perché la pena era sproporzionata alle sue reali intenzioni nell’aver commesso il delitto, intensificò lo scrivere delle lettere piene di fede indirizzate all’amata figlia Véronique, a sua moglie Pierrette, all’avvocato Baudet, all’amico Thomas, alla suocera considerata ormai come una madre, al cappellano del carcere; sempre compilando ogni giorno il “Giornale intimo”.
Questi scritti sono la testimonianza di una conversione e di una dirompente, genuina, sublime fede che in una situazione drammaticissima, lo accompagnò alla morte mediante la ghigliottina, trasfigurando l’orrore in gioia, per l’imminente incontro con il suo Dio.

Voleva che fosse celebrato il matrimonio religioso con Pierrette, la quale però era chiusa in un circolo vizioso senza sbocchi spirituali; scriveva Jacques alla suocera: “In fondo, lei aspetta la fede per pregare e non vuole pregare per avere la fede. Allora, ecco, quando sarò lassù, toccherà a me pregare a mia volta per voi, e nell’ora della vostra morte…”.[SM=g7831]

Il Presidente della Repubblica Francese René Coty, pur respingendo la domanda di grazia, gli mandò a dire: “Dite che gli stringo la mano per ciò che egli è diventato”.

Il giorno prima della sentenza, ebbe la consolazione di sapere che Pierrette si era confessata e ricevuto la Santa Comunione, e a sera tramite l’amico Thomas, fu celebrato per procura il loro matrimonio religioso.
La sentenza era fissata per il 1° ottobre 1957 e Jacques qualche giorno prima disse: “Io tendo una mano alla Vergine, e l’altra alla piccola Teresa; in tal modo non corro alcun rischio, ed esse mi attireranno a sé per consegnarmi al piccolo Gesù per l’eternità”.

All’alba del 1° ottobre, si avviò all’orribile macchina, con dignità, compostezza e perfino con una certa serenità, baciando il crocifisso, chiedendo perdono a tutti; al punto che la cinquantina di persone presenti e lo stesso boia rimasero scossi.

A conclusione, si riporta alcuni brani dalle tante lettere scritte, in quei tre anni di tormentata attesa e di felice riscoperta di Dio e dei valori umani e cristiani.

“Per la prima volta io piango lacrime di gioia, nella certezza che Dio mi ha perdonato e che ora Cristo vive in me, nella mia sofferenza, nel mio amore. Poi è venuta la lotta, silenziosamente tragica, tra ciò che sono stato e ciò che sono divenuto… bisogna che io abbatta, adatti, ricostruisca, e non posso essere in pace che accettando questa guerra” (A Thomas, 14.5.55).

“A due riprese Dio mi ha detto: ‘Tu ricevi le grazie della tua morte!’. Dio si è impadronito della mia anima. Un velo si è squarciato, e se continuassi a vivere, non potrei mai rimanere sulle vette che ho raggiunto. È meglio che io muoia” (All’avvocato, che tenta di fargli ottenere la grazia).

Una cosa sola conta agli occhi del Signore, salvare le anime!… La vita è un cammino stretto che fa capo a una porta piccola che si apre sulla vita vera. Per passare, bisogna prima lasciarsi crocifiggere sulla croce che sbarra l’entrata. Se la sofferenza e la paura ti fanno indietreggiare, non entrerai.. Ma con la prova viene la fede e con la fede i doni, non sono distribuiti grettamente, bensì a profusione.. E questa morte è nient’altro che dona la vita…” (Alla suocera, 3/8/57).

Quando Cristo dirige un’anima, è a Maria che in primo luogo la indirizza. Ma chi potrebbe crederlo, se non gli è stato dato dall’alto?… Gesù mi manda da sua Madre, ed è lei che ha in mano la mia salvezza. Nessuna preghiera mi apporta maggior consolazione delle ‘Ave Maria’ e della ‘Salve Regina’, prego ogni giorno per te, bambina mia Veronique, che ti colmi di grazie e ti prenda sotto la sua protezione” (‘Giornale intimo’, 4, 9.8.1957).

“Mi sono unito con tutta l’anima a Pierrette, che ora è mia moglie in Dio… Reciterò il mio rosario e delle preghiere per i moribondi, poi affiderò la mia anima a Dio. Buon Gesù, aiutami!… Sono più tranquillo di un momento fa, perché Gesù mi ha promesso di portarmi subito in paradiso…Non sono solo, ma il Padre mio è con me. Solo più cinque ore da vivere! Fra cinque ore vedrò Gesù!..
La pace è svanita per dar posto all’angoscia! È orribile! Ho il cuore che salta nel petto. Santa Vergine, abbi pietà di me! Addio a tutti e che il Signore vi benedica” (‘Giornale intimo’, 30/9/57).


Autore: Antonio Borrelli





A chi volesse approfondire meglio l'esperienza spirituale di Jacques, consiglio la lettura del seguente libro:

A.-M. Lemonnier
LUCE SUL PATIBOLO
Elledici

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Caterina63
00venerdì 16 gennaio 2009 10:51
...leggiamo ora  la storia del Card. Newman, del quale è in atto il processo di beatificazione, egli proveniva dalla fede anglicana, da genitori anglicani.......e lentamente, con periodi di forte sofferenza interiore ed anche di isolamenti pregiudiziali, il card. Newman scoprì la Verità insita della Chiesa.......quanto segue è in breve la sua conversione....in tal modo avremo così due modi diversi di comprendere le Tentazioni e di superarle sia con la storia prima di..Jacques Fesch...sia ora con la storia di un uomo che in qualche modo viveva già di Chiesa...[SM=g7831]
John Henry Newman

era figlio dell'anglicano fedele e devoto banchiere e di madre discendente degli Ugonotti francesi e nasce a Londra il 22 febbraio del 1801.
La sua carriera fu veloce e brillante quanto la sua vocazione, a soli 10 anni, grazie alla fede sincera della madre (c'è sempre una madre devota dietro figli santi), Newman sente la vocazione e a 21 anni può coronare il suo sogno, viene ordinato prete anglicano. Viene affidato alla parrocchia di S.Maria in Oxford e ben presto scopre una seconda passione: I PADRI DELLA CHIESA.......
Oxford era ed è un centro frequentato dai più grandi studiosi anglicani con loro, ben presta pubblica piccoli saggi di Patristica e dei Padri ricevendo da una parte grandi approvazioni, ma dall'altra parte qualcuno aveva intuito o fiutato la troppa passione del giovane intraprendente.
Newman era di carattere assai docile e tranquillo, la predicazione del Vangelo era tutto ciò che lo animava nel cuore  e nella mente tanto che NON VOLEVA SPOSARSI per timore di non poter dedicarsi più a tempo pieno a questa vocazione che sentiva come missione PIENA......
Una volta al suo vicario che gli faceva osservare che era saggio sposarsi per non dare adito alle male lingue di dubitare sulla sua castità, rispose: " e voi volete che io renda infelice una donna solo per accontentare i maliziosi? Voi piuttosto, vicario, perchè volete obbligare a sposarsi ed aggiungere dunque un peso a chi porta già la sua croce?"
Il vicario non reagì......
Aveva una grande corrispondenza dai suoi fedeli della Parrocchia, era sempre interpellato, aveva tempo per tutti, anche in piena notte si recava a far visita ai suoi malati, di giorno si occupava delle famiglie più bisognose personalmente, e trovava tempo anche per studiare, una passione che non lo abbandonò mai, tuttavia aveva un TORMENTO, scrisse nel suo diario:
"...questa chiesa anglicana, iniziata da un re adultero e omicida, come può essere la vera chiesa fondata da Gesù Cristo? E come possono i miei confratelli criticare la Chiesa di Roma? "
A Newman non interessavno nè il danaro e neppure la carriere, ogni soldo che giungeva alle sue mani, subito era messo in circolazione per le necessità dei suoi parrocchiani, ma aveva un punto fermo: LA RICERCA DELLA VERITA'.... solo la Verità lo dominava....e capì ben presto che solo partendo dai Padri della Chiesa avrebbe potuto trovare questa Verità......
Nel Luglio del 1833, decide di andare in Italia, a Roma......non c'era mai stato e voleva vedere e sentire di persona il clima e quant'altro potesse tornare utile alla sua ricerca.

Il suo vicario dovette lottare molto prima di lasciarlo andare a malincuore, presagendo forse ad un futuro cambiamento che quella visita avrebbe causato.....
A Roma Newman avvertì il disagio e il grave peso della divisione con la Chiesa di Roma, ma al contempo avvertì una forte commozione nel leggere su quella piazza di san Pietro alcuni scritti dei Padri riguardanti le sue stesse origini.....Subì il fascino di Agostino e di san Crisostomo quando parla della Roccia che è Pietro su cui poggia la Chiesa che essendo Corpo di Cristo è indefettibile ed infallibile, facendo un paragone pensando su cosa poggiava la Chiesa Anglicana, Newman, pianse!
Importante fu l'incontro a Roma con Nicola Wiseman, giovane rettore del Collegio inglese, prete e professore di ebraico e siriaco il quale parlò con lui del suo desiderio, avendo davanti Newman, di fare qualcosa per ridare dignità ai fratelli cattolici in Inghilterra che da tre secoli erano oramai definiti i REIETTI DELLA SOCIETA' INGLESE.
Newman raggiunse anche la Sicilia dove si ammalò e fu anche sul punto di morire, miracolosamente (come scrive nel diario) guarì perchè sapeva che la sua missione non era ancora compiuta....
Rientrato ad Oxford si riunì spontaneamente attorno a lui un gruppo di giovani preti anglicani, desiderosi come lui di conoscere LA VERITA', la vera natura della Chiesa nel suo rapporto con LA TRADIZIONE DEI PRIMI SECOLI E LA SUA AUTORITA'......
Diceva Newman: " ....se noi come Chiesa Anglicana siamo infallibili nell'istruire i nostri fedeli è perchè esiste una Chiesa prima di noi che ha RICEVUTO questa autorità: o siamo ortodossi o siamo cattolici, non c'è altra soluzione!"
Diventarono autorevoli e venivano ascoltati fino a quando i "churchmen"(=i capi) della Chiesa Anglicana non ne potereno più e li definirono molto più gravemente che "semplici monelli", bensì "istigatori di una falsa concezione della Chiesa"......
Così il 5 maggio del 1836 votarono CONTRO Newman e i suoi seguaci definendoli RIBELLI....ma ciò che più ferì Newman, fu l'eticchetta con la quale furono cacciati fuori dall'aula: PAPISTI!
Newman non si arrese e con lui neppure quantu lo seguivano, decisi ad andare a fondo la riscoperta dei Padri della Chiesa specie nel periodo in cui la Chiesa non si era ancora divisa, da premettere che questo genere di studi ERANO VIETATI AL POPOLO DEI FEDELI, lo studio dei Padri era solo per un certo grado in su.
Newman tuttavia tentò sempre di NON opporre resistenza al suo essere anglicano, ma si domandava: CHE COSA HANNO IN COMUNE GLI ANGLICANI CON I PADRI E CON LA CHIESA DEI PRIMI 4 SECOLI?
Aggiungeva una nota alle sue note: LE TENEBRE DEVONO ESSERE FUGATE, LA LUCE DEVE RISPLENDERE!
Aveva accanto a sè un certo fiore: i giovani seminaristi della Chiesa Anglicana, desiderosi come lui di capire e riscoprire le proprie radici, diceva Newman: "...le nostre radici non possono iniziare in quel 1500, prima deve esserci qualcosa e se c'è un dopo non può che essere una nostra responsabilità comune..."
Newman fu accusato di voler fondare una sua CHIESA SCISMATICA...e avrebbe potuto farlo, tanti erano i seguaci che aveva nelle sue prediche ecumeniche......MA NON LO FECE, di fronte a questa accusa rispose: " Che motivo abbiamo, venerati fratelli, di creare un altra chiesa ancora? Essa non sarebbe altro che figlia di una prostituzione, dell'ennesima prostituzione. La Chiesa non può che essere UNA SOLA, come UNO E' IL CRISTO....cerchiamo solo di capire se siamo figli di una prostituta o se possiamo riparare i danni che tutti abbiamo commesso creando una nuova chiesa...."
Questa affermazione gli creò una dura persecuzione, venne abbandonato dai vescovi anglicani i quali sostenevano che fosse stato "INFETTATO DALLA CULTURA CATTOLICA CHE LEGGEVA TROPPO" (siamo nel 1800 attenzione), sentendosi come in agonia per non essere stato compreso (egli infatti non si sentiva affatto ancora un cattolico, ma voleva solo capire quale strada usare per tentare L'UNITA' DELLA CHIESA LA SOLA CHE CRISTO AVEVA FONDATO), si ritirò a Littlemore.
Il 24 settembre del 1843 salì per l'ultima volta sul pulpito della sua parrocchia, rimproverando la chiusura dei vescovi anglicani alla ricerca della VERITA' PER L'UNITA' DELLA CHIESA, commovente il suo finale dove piangendo implorò dai suoi richieste di PREGHIERE affinchè si potesse compiere la volontà di Dio, giammai la sua....

Sceso dal pulpito, tra il silenzio della sua gente, si spogliò dell'abito deponendolo ai piedi dell'altare, da quel momento tra lui e l'anglicanesimo si aprì una profonda ferita....Newman descrive: " ...ora comprendo Gesù, è la ferita del TUO COSTATO, questa ferita gravita su tutti noi che continuiamo a ferirti se rifiutiamo, TUTTI INSIEME, di raccogliere quelle preziosissime gocce di sangue ed acqua che i Padri Santi sempre interpretarono come il Battesimo della Chiesa per mezzo dei Sacramenti..."[SM=g1740720]
In questo periodo in cui non era nè anglicano, nè cattolico,scese il silenzio......Un silezio fatto di mediatzione, ora la domanda che cercava risposta era questa: La Chiea Cattolica,nonostante i suoi fallimenti è proprio quella descritta dai santi Padri Ignazio, Ireneo, Ambrogio, Agostino...?? Perchè abbiamo quasta visione che allantana la Chiesa Cattolica dalla visione che ne ebbero i Padri?.....
Passando la sua...NOTTE DELL'ANIMA...fra tormenti e sofferneza fatte di suppliche e preghiere, giunse la risposta.....scrive Newman:
" La Chiesa Cattolica è quella uscita DAL COSTATO DI CRISTO, è Lei , è lei medesima è Lei quella descritta dai santi Padri, ma Essa è come un ALBERO che, crescendo, si è sviluppato, restando tuttavia IL MEDESIMO CORPO DI CRISTO FINO AD OGGI, E PER DOMANI E PER SEMPRE FINO ALLA FINE DEI TEMPI COME IL SUO CAPO HA PROMESSO....."

 
L'8 ottobre del 1845, John Henry Newman, nelle mani del padre Passionista Domenico Barbieri, pronunciò la sua conversione al cattolicesimo, scrivendo al Papa con queste parole:
"....e fu per me come entrare in un porto, dopo una crociera burrascosa. La mia felicità è senza interruzione..."
Gladstone, primo ministro britannico, appresa la notizia commentò:
" Mai la Chiesa Cattolica Romana, dopo la riforma protestante, ha riportato una vittoria più grande di questa! Se non vogliamo perdere altri illustri, sarà conveniente trattare più umanamente i cattolici che sono comunque figli dell'Inghilterra"
La conversione di Newman, nonostante egli stesso tentò di non enfatizzarla, trascinò nella bufera la chiesa Anglicana, parecchi dei suoi che lo avevano seguito nelle prime discussioni, lo seguirono come Faber, grande catecheta cattolico. In meno di un anno si registrarono trecento conversioni al suo seguito, il più provenienti fra gli intellettuali, professori e teologi......[SM=g1740717]

 
Di fronte a tanta disfatta, si armarono i teologi anglicani.
Newman cercò un teologo capace di rispondergli per confutare il deplorevole "Saggio sullo sviluppo del dogma"...si propose il teologo anglicano Henry Maning, pastore zelante che dopo la morte della moglie viveva come un eremita, saggio ed in influente, partito per confutare...rimase confutato, infatti il 6 aprile del 1851, anche il Maning entrò nella Chiesa Cattolica, diventando successivamente prete e vescovo.
Newman inviato a Roma dal vescovo dei Cattolici in Inghilterra, al Collegio dell "propaganda della Fede", completò i suoi studi e ricevette l'Ordinazione sacerdotale il 26 Maggio del 1847. Ricevuto ed incoraggiato dal Papa Pio IX, lo incaricò di ridare linfa ai cattolici inglesi fin troppo abbandonati e Newman fondò l'Oratorio di San Filippo Neri...del quale Newman ne era diventato un devoto....aveva all'epoca 50 anni...Newman andando via da Roma baciò la terra dicendo: " Gesù ti ringrazio, ora fa presto affinchè la Chiesa raggiunga presto la santa unità..."

                                                 
Tuttavia iniziarono nuove croci...tutto ciò che Newman iniziava, sembrava destinato a fallire nell'immediato.....Ben presto si trovò complemante solo, incompreso, considerato pericoloso, era tenuto a distanza anche dagli stessi cattolici che non comprendevano la sua passione per l'unità della Chiesa, forse chissà era troppo presto!
Ma proprio le letture dei grandi Fondatori Cattolici lo aiutarono a non scoraggiarsi, sempre dipiù si sentiva uno di loro...
In questo periodo di crisi qualcuno dalla Chiesa anglicana tentò di trarre vantaggio da queste crisi per riportarlo, ma lui, fedele alla Chiesa Cattolica, non cedette, anzi, aprì una scuola biblica invitando personalmente i fedeli cattolici i quali in massa cominicarono ad affluire alle sue lezioni....
Compì con gli scritti, sull'esempio dei Padri, poderosi volumni in difesa della Verità che guadagnarono al Cattolicesimo inglese la simpatia di molti ambienti anglicani, la strada finalmente era stata aperta.....

Newman sosteneva sempre di non sentirsi mai avversario di qualcuno, amava la Chiesa Anglicana per la quale aveva affidato ogni Messa che celebrava appena si alzava....
Sulla scia di san Filippo Neri, trovò comprensione fra i giovani cattolici i quali riscoprirono una passione per la Chiesa per lungo tempo assopita a causa delle restrizioni che erano costretti a subire.
Nel 1864, con il clima anticlericale che invadeva l'Europa risorgimentale, il dott. Kimgsley, in un opuscolo distribuito a migliaia, tacciava i cattolici di ipocrisia, colpendo particolarmente tutto il clero di bugie e menzogne....
Padre Newman insorse con la fermezza del suo genio spiegando PUNTO PER PUNTO SU TUTTE LE ACCUSE, nacque il suo primo capolavoro di grande distribuzione che lo fece conoscere in tutta Europa: APOLOGIA PRO VITA SUA in cui scriveva:
" Nella Chiesa Cattolica riconobbi il costato aperto del Cristo, questa Chiesa fu per me una realtà nuovissima eppure ben radicata ai santi Padri. Sentii che non ero io a costruirmi una Chiesa con lo sforzo del mio pensiero. Il mio spirito solo allora si chetò in sè stesso. Bisogna contempalre la Chiesa come un fatto obiettivo e reale di incontrovertibile evidenza, e allora ci si accorgerà che questa non può che essere la Chiesa Cattolica.."
Nel 1879 il Papa Leone XIII succeduto a Pio IX lo creò cardinale....
Visse ancora 11 anni a Birmingham, fra libri soprattutto di esegetica e di spiritualità cattolica legata ai Padri, pregando, e tenendo sempre la porta aperta perchi volesse conversare con lui.....dedicava il giorno alla gente dai semplici agli studiosi, la notte in preghiera  e a studiare....
L'11 agosto del 1890 il card Newman faceva ritorno alla Casa del Padre che chiamava "la Luce gentile" come testamento volle che sulla sua tomba venisse scritto: " Dalle ombre e dalle figure, alla Verità"...
Nel suo testamento rimane a tutta la cristianità una raccolta di scritti profondi ed importanti per quel processo che tanto desiderò: l'Ecumenismo, un Ecumenismo fatto DI Cristo che come sempre VA INCONTRO ALL'UOMO.....
(J.H.Newman nei suoi scritti. Di G.Regina, Ed.S.Paolo, 1956)

     
Caterina63
00martedì 28 agosto 2012 19:42

"La tentazione è parte integrante della vocazione"


Omelia di mons. dal Covolo ad Agordo nella Solennità Patronale dei Santi Pietro e Paolo e nel centenario della nascita del Servo di Dio Albino Luciani (Giovanni Paolo I)


di monsignor Enrico Dal Covolo,

Magnifico Rettore della Pontificia Università Lateranense

ROMA, sabato, 30 giugno 2012 (ZENIT.org) - La Liturgia della Parola ci ha presentato alcuni passaggi importanti della vita e degli scritti dei santi Pietro e Paolo, principi degli apostoli, vostri illustri patroni.

Abbiamo sentito narrare nella prima lettura l’episodio misterioso della miracolosa liberazione di Pietro dal carcere, dove era stato rinchiuso.

Abbiamo ascoltato poi il brano glorioso della confessione di Pietro a Cesarea di Filippo, e la successiva, solenne investitura da parte di Gesù: “Tu sei Pietro”, gli dice il Signore, “e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.

Di fatto anche Pietro, come Paolo, “ha combattuto la buona battaglia”, e non solo “ha conservato la fede”, ma ha confermato – e continua a confermare – i suoi fratelli nella fede.

Oggi però, lasciando sullo sfondo queste letture, vorrei presentarvi la figura di Pietro come un uomo – un santo – molto vicino a noi, alle nostre lotte, alle nostre sofferenze, alle nostre tentazioni, e – perché no? – anche ai nostri peccati di ogni giorno. Continueremo a riferirci al Vangelo, che è “la fonte delle fonti”, ma prenderemo in considerazione anche altri brani, rispetto a quelli che abbiamo appena letto.

Vi propongo così una specie di lectio divina su alcune pagine del Vangelo, che ci parlano delle tentazio­ni e del rinnegamento di Pietro.

1. Pietro, il peccatore che si converte

Pietro è il discepolo che, almeno in parte, "ha capito" qualche cosa di più, rispetto agli altri apostoli: "Tu sei il Messia, il Cristo", confessa con entusiasmo a Cesarea. Ma quando Gesù annuncia la sua passione e la sua morte, manifestando la propria realtà di Messia, allora Pietro prende le distanze dal Maestro, e ne scoraggia i progetti. La reazione di Gesù, così come è narrata dal Vangelo di Marco si fa durissima: “Tu per me sei Satana!”, prorompe sdegnato Gesù, rivolgendosi a Pietro (Marco 8,27-33).

Che cosa è capitato?

E’ capitato che Pietro ha capito sì qualche cosa del mistero profondo di Gesù: egli è il Messia, il Figlio di Dio. Ma quando Pietro si rende conto che il progetto di Messia, così come lo intende Gesù, non è quello degli uomini; e che il Figlio di Dio, per salvare il mondo, deve salire a Gerusalemme, patire e morire: ebbene, allora Pietro non ci sta più, e avanza tutte le sue resistenze.

La tentazione, a cui Pietro sembra soccombere, è quella dell’incoerenza tra la parola e la vita, tra il dire e il fare.

Pietro stenta a capire che non è sufficiente parlare del Vangelo, occorre viverlo; che non è sufficiente parlare di Gesù come Messia, occorre accompagnarlo sulla via della croce; che non è sufficiente parlare della croce, occorre portarla, la croce; che non basta parlare di comunità evangelica, occorre fa­re comunità; e così via...

Ma un’altra tentazione, a cui Pietro cede, è ben più grave ancora. Pietro, nella notte della passione, rinnega Gesù per tre volte. Ma poi, quasi subito, egli si rende conto del suo grave peccato, e "lagrime amare" inaugurano il cammino della conversione; quella conversione del cuore, che gli farà dire un gior­no, sulle sponde del lago di Tiberiade: "Signore, tu sai tutto; tu sai che io ti amo".

Ebbene, ci chiediamo a questo punto: qual è l'evento decisivo, ciò che ha cambiato il cuore di Pietro, aprendolo all'esperienza dell'amore misericordioso?

Questo evento è l'incontro con Gesù. Nel caso specifico, è un incontro che si consuma nel­lo spazio brevissimo di uno sguardo: subito dopo il triplice rinnegamento, scrive Luca, "il Signore, voltatosi, guardò Pietro... Ed egli, uscito, pianse amaramente" (Luca 22,61).

A partire da quello sguardo di Gesù, ricco di misericordia e di perdono, Pietro si abbandona perdutamente all’amore del Maestro, fino a confessare: “Signore, tu sai tutto. Tu sai che ti amo”.

La risposta di Gesù non si fa attendere: “Se mi ami”, gli dice il Signore, “pasci!”. Come a dire: la prova del vero amore a Cristo è il servizio generoso alla sua Chiesa…

Stando alle parole del beato Papa Giovanni Paolo II, il cammino di Pietro è emblematico per tutta la Chiesa, e dunque per ciascuno di noi. Leggiamo nella Novo Millennio Ineunte: «E' a Cristo risorto che la Chiesa guarda. Lo fa ponendosi sulle orme di Pietro, che versò lacrime per il suo rinnegamento, e riprese il suo cammino, confessando a Cristo il suo amore: "Tu sai che io ti amo!"» (n. 28).

2. Per la preghiera e per la vita

Cari fratelli e sorelle, tutto questo è detto per noi, oggi!

Voglio sottolinearvi un paio punti, per la preghiera e per la conversione della nostra vita.

Dobbiamo riconoscere anzitutto che la tentazione è parte integrante della nostra storia di vocazione: prima di Pietro, anche Gesù, anche Maria, furono tentati. Dirò di più: la tentazione appartiene alla pedagogia di Dio, e serve a purificare la nostra fede.

Così l’importante non è passare immuni dalla tentazione. L’importante è, invece, fare il cammino di Pietro. Anche noi, se lo vogliamo, possiamo incrociare lo sguardo di Gesù, pieno di misericordia e di amore. In modo speciale, possiamo incontrare Gesù, che libera e salva, nel Sacramento della Riconciliazione, a patto che ci ricordiamo sempre che proprio l'incontro con il Signore Gesù è ciò che più conta, nella celebrazione del Sacramento.

Mi chiedo invece se a volte non rischiamo di sopravvalutare alcuni elementi esteriori, come la lista dei peccati, oppure la persona del Confessore, o l'esigenza di svolgere «un bel colloquio» con lui... Certamente si tratta di cose importanti, ma la «cosa» decisiva è quel­la che si compie nel mistero, ed è precisamente l'incontro di grazia con il Signore Gesù, che libera e salva la nostra vita. Se fossimo maggiormente persuasi di questo, probabilmente non ci priveremmo per trop­po tempo della celebrazione del Sacramento.

Un secondo punto importante.

L’esperienza del perdono deve condurci all’amore, a un vero e proprio “invaghimento” per Cristo. Ma, attenzione, non si tratta per nulla di un’emozione passeggera. L’innamoramento per Cristo è una faccia della medaglia. L’altra faccia della medaglia è il servizio della Chiesa. “Se mi ami, pasci”. La prova dell’amore è il servizio dei fratelli nella Chiesa.

Chiediamoci allora, con coraggio: amo davvero la Chiesa? So vedere – anche nelle vicende di oggi, della Chiesa pellegrinante nel mondo – la “foresta di santità cresce”, ben oltre l’“albero che cade”?

E’ vero: anche all’interno della Chiesa ci sono molti scandali, tante “sporcizie”, che sono la dolorosa conseguenza del peccato dell’origine. Ma so cogliere “il grande fiume” della santità e della grazia di Dio, per il quale la Chiesa stessa è santa? Oppure mi accodo troppo facilmente alle critiche ipocrite e senza amore di tanti rotocalchi e media?

***

Voglio concludere, cari fratelli e sorelle, facendo memoria di un successore di Pietro, vissuto molti secoli dopo di lui. E’ il servo di Dio Albino Luciani, il Papa Giovanni Paolo I, vostre illustre concittadino.

Come sapete, ricorre quest’anno il centenario della sua nascita, e io sono il Postulatore della sua Causa di beatificazione e canonizzazione.

Proprio in questa chiesa di Agordo, nella festività dei santi apostoli Pietro e Paolo, il 29 giugno 1978, Albino Luciani tenne una solenne celebrazione eucaristica. Fu questa l’ultima sua visita alla terra natia.

L’allora patriarca di Venezia era stato invitato dall’arcidiacono, mons. Lino Mottes. Nell’omelia il cardinale Luciani espresse tutta la sua commozione nel tornare a celebrare in questa chiesa, ricordando il tempo in cui ad Agordo aveva trascorso un breve periodo di apostolato, esercitando il suo primo ministero sacerdotale.

Infatti, poco dopo la sua ordinazione, avvenuta il 7 luglio 1935, il sacerdote novello don Albino fu mandato da Canale ad Agordo come cooperatore di mons. Luigi Cappello. Qui egli rimase dal 21 dicembre 1935 all’agosto del 1937, per poi andare poi, appena venticinquenne, vicerettore nel Seminario Gregoriano.

Mons. Luigi Cappello, fratello del noto canonista gesuita e Servo di Dio padre Felice Cappello, aveva voluto a tutti i costi Luciani come suo cappellano. Nell’omelia che Luciani tenne qui, nel 1978, egli ricordava: «Mons. Cappello mi ha fatto stare sei mesi a Canale e mi ha detto: “Aspetta qui a Canale fino a quando verrò ad Agordo” e appena entrato lui sono venuto anch’io».

Certamente, come il vecchio parroco di Canale don Filippo Carli, anche mons. Cappello fu un esempio per don Albino. Ne ricordava soprattutto ricordava le omelie. Efficaci, sempre piene di esempi. Le omelie di Luciani nel “biennio” agordino le abbiamo ritrovate tra le carte del suo Archivio privato. Le scriveva interamente – in seguito preferirà usare degli schemi.

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Don Dal Covolo: “la tentazione è una pedagogia di Dio”


La vocazione sacerdotale è un atto di Grazia, “nessuno si chiama da sé”


 

di Mirko Testa

ROMA, martedì, 20 aprile 2010 (ZENIT.org).- Le tentazioni a cui i sacerdoti sono sottoposti durante la vita non sono altro che prove di fede attraverso le quali maturare nella vocazione, da intendersi innanzitutto come un atto di elezione da parte di Dio, che si fa dono e responsabilità.

Lo sostiene il salesiano don Enrico dal Covolo, 59 anni, che dal 21 al 27 febbraio scorsi ha predicato gli Esercizi spirituali per la Quaresima alla presenza del Santo Padre e dei suoi collaborati della Curia romana sul tema “'Lezioni' di Dio e della Chiesa sulla vocazione sacerdotale”.

Le meditazioni si trovano ora raccolte nel volume “In ascolto dell’Altro” (Libreria Editrice Vaticana), che nel titolo riecheggia la preghiera di Salomone per “un cuore che ascolta” da cui il sacerdote ha preso le mosse per sviluppare le sue riflessioni.

“Chiaramente – ha spiegato a ZENIT don Enrico dal Covolo – questo è un punto fondamentale di fronte alla crisi di una cultura sempre più incapace di ascoltare l'Altro ma anche gli altri che ci stanno intorno, e di fronte alla tentazione alla autoreferenzialità che è sempre in agguato”.

Postulatore generale della famiglia di don Bosco e professore ordinario di Letteratura cristiana antica presso la Pontificia Università Salesiana, il sacerdote seguendo il metodo della lectio divina,ha scandito le tappe tipiche dei racconti biblici di vocazione: la chiamata di Dio; la risposta dell'uomo alla missione; il dubbio, le tentazioni e le cadute del chiamato; e infine la conferma rassicurante da parte di Dio.

All'interno di questo tracciato biblico il sacerdote ha voluto innestare alcuni “medaglioni”, ovvero alcuni modelli luminosi di santità sacerdotale – sant’Agostino, il santo Curato d’Ars, il curato di campagna di Bernanos, il venerabile don Giuseppe Quadrio e il venerabile Giovanni Paolo II – in corrispondenza con i temi delle varie giornate degli Esercizi spirituali: vocazionale, missionario, penitenziale, cristologico e mariano.

In alcune dichiarazioni a ZENIT, riflettendo sugli scandali per gli abusi sessuali da parte del clero che hanno investito la Chiesa negli ultimi tempi, il sacerdote ha detto: “Secondo me si impone immediatamente una riflessione ampia sulla vocazione fondata veramente sui testi biblici che di questa costituiscono il paradigma”.

“E allora – ha osservato – il punto di partenza in assoluto è proprio la Grazia di Dio perché la vocazione sacerdotale, come ogni altra vocazione, è innanzitutto un atto di Grazia, di elezione da parte di Dio. Nessuno si chiama da sé nella prospettiva della fede ma Dio solo chiama. Ed è Lui che liberamente, gratuitamente, chiamando apprezza anche colui che chiama”.

In questa prospettiva la vocazione degli apostoli rappresenta “la prova più bella e la documentazione migliore: è infatti il Signore stesso che li ha chiamati, li ha attrezzati per la missione a cui li mandava ma senza sottrarre loro la libertà. Tant'è vero che uno dei Dodici è proprio il traditore così come sono innumerevoli le testimonianze di debolezza umana anche degli altri undici”.

“Dunque non è che i sacerdoti come gli apostoli siano immuni dalle tentazioni – ha sottolineato –. Essi, infatti, sono soggetti alle tristi conseguenze del peccato dell'origine. Non esiste la figura del prete angelicato, cioè che non soffre le tentazioni, le cadute: tutto questo è drammaticamente presente nella storia del sacerdote”.

“Neppure Gesù fu esentato dalla prova, neanche Maria fu esentata dalla tentazione – ha detto ancora il salesiano –. La tentazione è una pedagogia di Dio, è una prova della fede che fa maturare il cammino vocazionale. Quindi dobbiamo considerare la tentazione non tanto come un incerto, quanto piuttosto come una via provvidenziale”.

“Ciò che salva – ha evidenziato poi –, come si vede nella vicenda di Pietro, è il ricorso alla fede e all'amore nei confronti di Colui che chiama. Ciò che è decisiva per Pietro è la risposta definitiva: 'Signore, tu sai che io ti amo'. E da questa consegue la missione apostolica, cioè: 'pasci i miei agnelli', 'pasci le mie pecorelle'”.



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