“Osculetur me osculo oris sui”, il bacio liturgico: primo versetto del Cantico dei Cantici

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Caterina63
00mercoledì 20 ottobre 2010 11:56
              


Quaestio/24: “Osculetur me osculo oris sui”, il bacio liturgico

di padre Alfredo Morselli

Osculetur me osculo oris sui, “mi baci con il bacio della sua bocca”… 

Cari fratelli, state tranquilli… quanto state per leggere non è l’ennesimo pamplet dell’ultimo tale uscito senilmente di senno, che si unisce al povero coretto di chi scopre che oggi, ormai, bisognerebbe abolire il celibato sacerdotale.

Ho soltanto riportato il primo versetto del Cantico dei Cantici, forse il libro più difficile della Bibbia: a tal punto che San Gerolamo consigliava a Leta di farlo leggere alla figlia Paola per ultimo, dato che “se lo leggesse subito da principio non riuscendo a scorgere sotto quelle espressioni carnali l’epitalamio delle nozze spirituali, ne resterebbe ferita”.[1]

In vetere novus latet, in novo vetus patet diceva S. Agostino (nell’Antico Testamento si nasconde il Nuovo, nel Nuovo diventa chiaro l’Antico).

Nel Cantico dei Cantici si parla di Jahveh sposo di Israele e si cela il nostro Signore, Salvatore, Redentore Gesù Cristo, sposo della Chiesa: E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo (Ap 24, 1).

Ma Gesù è anche sposo di ogni singola anima: «Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? (Mt 22,12); non hai forse letto che Ti sposerò nella fede (Os 2,12): e come hai potuto presentarti non idoneo alle nozze?»

E che Gesù è sposo, lo aveva ben capito san Paolo: egli si affannava, predicava, pativa persecuzioni, frustate, sassate, angustie, naufragi; sopportava lietamente ogni genere di sofferenze, perché – diceva ai suoi – sono geloso di una gelosia divina per voi, perché vi diedi in matrimonio a un solo uomo, vergine casta da presentare a Cristo (2 Cor 11, 2).

Se dunque tutto lo scopo dell’Incarnazione è non solo la salvezza dell’umanità peccatrice, ma fare di questa umanità corrotta la stessa sposa del Christus passus, la S. Messa – che il Christus passus ripresenta – non può non essere la suprema celebrazione di questo matrimonio.

Come dicono alcuni Padri, dal costato di Adamo dormiente venne tratta Eva, dal costato di Cristo addormentato sulla croce venne tratta la Chiesa[2].

E siccome ad ogni Messa si rende presente sull’altare il costato aperto e zampillante dello Sposo, alle cui sorgenti dobbiamo attingere tutti con gioia, la Sposa non può, proprio nella Messa, esimersi dal chiedere i baci dello sposo: Osculetur me osculo oris sui…

Si sa, qui veut faire l’ange fait la bête: l’uomo fatto di anima e di corpo non può giungere ad immaginare le realtà spirituali se non quasi condotto per mano da segni sensibili.

E allora è comprensibile che la Chiesa, che nella S. Messa chiede i mistici baci dello sposo, preveda nelle rubriche che l’altare venga baciato numerose volte.

Il bacio, oltre ad essere un saluto (commune salutationis officium, Ottato di Milevi), è anche un segno di venerazione: San Gerolamo diceva che “gli Ebrei, secondo la proprietà delle loro lingua, pongono baciare per venerare” (Apologia Adversus Libros Rufini, I, 19). E anche il santo Giobbe, nelle sue apologie, afferma di non essere mai stato idolatra, dicendo che mai aveva mandato un bacio agli astri: “… se, vedendo il sole risplendere e la luna avanzare smagliante, si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore e con la mano alla bocca ho mandato un bacio, anche questo sarebbe stato un delitto da denunciare, perché avrei rinnegato Dio, che sta in alto” (Gb 31, 26-28).

E così si capisce come i fedeli, nell’antichità, non si avvicinavano all’altare senza baciarlo, proprio in segno di venerazione.

S. Ambrogio racconta che i soldati inviati dall’imperatrice Giustina, per sequestrare le basiliche – che Ambrogio occupava con i fedeli (nel 386) – per consegnarle agli ariani, quando seppero dell’ordine dell’imperatore di soprassedere alla confisca, irruppero in chiesa e baciarono gli altari. Al che Ambrogio e i cattolici compresero l’esito favorevole della vicenda[3].

D’altronde, ai tempi di S. Ambrogio, i cristiani milanesi erano ben consci, seguendo l’insegnamento del loro maestro, che l’altare non è altro che la forma del Corpo di Gesù Cristo [4], sul quale Egli si immola e si offre in sacrificio come si è offerto nel suo Corpo; e allora, come non esternare in sommo grado la doverosa venerazione?

Ma queste considerazioni furono aliene ai riformatori, autori di un repulisti di baci, di genuflessioni e di segni di croce; così Tito Casini descrive i risparmi della nuova Messa:

“i risparmi di questa messa tutta omittitur, omittuntur, omitti potest, e sono orazioni e sono genuflessioni e son baci e sono segni di croce e son parti di paramenti: sono atti e segni di adorazione, di pietà, di riverenza, che il Suo amore aveva ispirato a santi e pontefici e avevano, agli occhi dei fedeli, come quel sacerdote ha scritto, «un volto di eternità». Quanti erano? Nessuno, fin qui, s’era posto la domanda, nessuno li aveva contati.

Conta, forse una mamma i baci, i segni di tenerezza che riceve dai propri figli, o dice loro: «Son troppi: riduceteli: non più che tanti»? 
È ciò che han fatto questi gelidi riformatori luterani in ritardo, anelanti a ricuperar la distanza. «Sono troppi!» e ce ne scherniamo, così come i primi cristiani si gloriavan dei loro tanti segni di croce: «Ad ogni passo» (è Tertulliano che lo dice, ai pagani non battezzati del suo tempo), «ogni volta che si entra o si esce nel vestirci, nel legarci i calzari, nel lavarci, nel mangiare, nell’accendere la luce, nel coricarci, nel sederci in ogni incontro noi tocchiamo la fronte col segno della Croce».

«Sono troppi!» Leggo proprio così, con l’esclamativo a conclusione di un inventario dei baci, «la serie degli otto o nove», sparsi lungo la Messa, in quella Rivista di pastorale liturgica che mi ha onorato del suo disprezzo; e mi domando se questo ragioniere, se questo calcolatore, che ha fatto lo stesso per le genuflessioni e gli altri «santi segni» (come li ha chiamati Guardini), mi domando se questo pianificator dell’amore (forse un prete, secondo il cuore della Riforma) abbia mai fermato il pensiero su quel tratto di san Luca, su quelle parole di Gesù a un certo Simone fariseo: «Vedi tu questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non m’hai dato acqua per i piedi, mentre lei… Tu non m’hai dato il bacio, e lei, dacchè è entrata? non ha smesso di baciarmi i piedi: non cessavit osculari pedes meos», e mica le disse, a lei: «Basta: son troppi!» bensì disse, di lei: «Le son rimessi i suoi molti peccati, perchè molto ha amato»[5].

Ma ora torniamo a San Girolamo, alle sue ammonizioni per la piccola Paola: il grande esegeta era timoroso che, se questa avesse letto subito da principio il Cantico dei Cantici, “non riuscendo a scorgere sotto quelle espressioni carnali l’epitalamio delle nozze spirituali”, ne sarebbe potuta restare ferita.

A questo punto, mi ronza nell’orecchio una pulce gigante: “Non sarà mica che sia capitato ai riformatori ciò che il grande santo di Stridone temeva per Paola? Non sarà per caso che i riformatori, “non riuscendo a scorgere sotto quei [baci all’altare] l’epitalamio delle nozze spirituali”, non abbiano per questo abolito ciò che non comprendevano, obliando tutta la dimensione sponsale della Santa Messa?

La pulce continua a ronzare: “Le passioni – si sa – non si reprimono, ma si integrano: ovvero l’energia delle passioni che il fomite del peccato originale orienta verso il basso non può essere repressa e basta, ma deve essere re-indirizzata verso l’alto”.

E allora, saranno forse del tutto scollegate l’incomprensione del celibato sacerdotale e la sparizione dalla Messa di tanti segni esterni d’amore, troppi per i riformatori, ma versi importanti di un “epitalamio di nozze spirituali”?

E se le nozze spirituali spariscono dall’orizzonte della coscienza dei sacerdoti, se manca cioè l’obiettivo più alto e più trascendente a cui orientare la insopprimibile tensione sponsale del cuore umano, se manca lo Sposo a cui dire “sì”, o non si dice niente a nessuno, o si dice “sì”, ma non allo Sposo divino.


NOTE

[1] San Girolamo, Ep. CVII, 12, in Le lettere (a c. di Silvano Cola), vol. III, Roma: Città Nuova, 1997, p. 305.

[2] CCC, 766: “Ma la Chiesa è nata principalmente dal dono totale di Cristo per la nostra salvezza, anticipato nell’istituzione dell’Eucaristia e realizzato sulla croce. L’inizio e la crescita della Chiesa «sono simboleggiati dal sangue e dall’acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso». «Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa». Come Eva è stata formata dal costato di Adamo addormentato, così la Chiesa è nata dal cuore trafitto di Cristo morto sulla croce”.

[3] “Certatim hoc nuntiare milites, irruentes in altaria osculis significare pacis insigne. Tunc agnovi, quod Deus vermem antelucanum percusserat, ut tota civitas servaretur”. (Epistula XX ad Sororem Marcellinam)

[4] “Quid est enim Altare, nisi forma Corporis Christi?” De Sacramentis 4, 2 e 5, 2.

[5] Dicebamus heri. La «Tunica stracciata» alla sbarra, cap. XXIV, Minigonna e Minimessa.




                                                               
                                                                (il Bacio dell'Altare)




                    


Caterina63
00mercoledì 20 ottobre 2010 12:40
Caro Don Alfredo,  
quando leggo - sovente - Tito Casini, lo faccio anche inginocchiandomi perchè tra le sue righe leggo un dolore profondo che è impossibile non accostare o associare anche a quel raffreddamento e a quella tiepidezza alla quale sono cadute anche le famiglie...  
La camera da letto, la camera nunziale non a caso era detta IL TALAMO degli sposi, una sorta di "tabernacolo" nel quale diventare cooperatori del progetto di Dio nel donare la vita attraverso l'amore vero....  
 
Alla Chiesa si accusa di tutto, di essere oscurantista e invece non si vuol comprendere quanto in essa vi sia di BELLO, di appassionante, di Amore che accende l'animo e lo trasforma, lo infuoca ma senza bruciarlo....  
lei chiede:  
 
Non sarà per caso che i riformatori, “non riuscendo a scorgere sotto quei [baci all’altare] l’epitalamio delle nozze spirituali”, non abbiano per questo abolito ciò che non comprendevano, obliando tutta la dimensione sponsale della Santa Messa?  
 
****  
Oh! SI! purtroppo si! è anche per questo che non si riesce ad aiutare le giovani coppie, fidanzati e sposi in crisi a superare le loro piccole o grandi tragedie di separazione... venendo meno la dimensione SPONSALE DELLA SANTA MESSA, viene meno anche la dimensione FAMILIARE sulla quale essa, tale unione, si fonda - il Matrimonio è infatti Sacramento -  
La nostra società e cultura, le Famiglie che dovrebbero dirsi cattoliche non fanno altro che essere la cartina tornasole di una Messa alla quale è stato sminuito il suo Carattere sponsale....  
quando ritornerà a splendere la sana Dottrina della Messa, vedremo anche risolvere i problemi annessi alle famiglie...  
perchè quando parliamo di famiglia NON basta semplicemente l'unione fra l'Uomo e la Donna, ma che essa SIA AD IMMAGINE DI DIO il quale è nella Santa Messa che non solo SI rivela, ma CI rivela anche l'autentico rapporto che abbiamo con Dio, e questo è stato fin dal Principio sulle fondamenta CONIUGALI...  
 
Grazie Don Alfredo per aver richiamato l'attenzione a questo importantissimo "quadro"....



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