13/18 agosto 2014 Visita Apostolica del Papa in Corea

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00domenica 10 agosto 2014 23:19

  Briefing di padre Federico Lombardi sul viaggio del Papa in Corea dal 13 al 18 agosto prossimi. Il direttore della Sala Stampa vaticana ha letto all’inizio la preghiera di ringraziamento per la visita di Papa Francesco e la beatificazione dei martiri coreani. La preghiera è stata diffusa dalla Chiesa in Corea. Questo il testo:


“O Dio Padre, tu che sei amore,
ti ringraziamo per aver istituito la Chiesa cattolica in Corea
senza l’aiuto dei missionario, ma con la tua sola grazia.
La nostra Chiesa è onorata dalla beatificazione dei martiri,
che sarà tenuta da Papa Francesco in occasione della sua visita in Corea.
Grazie, inoltre, per averci offerto l’opportunità di una nuova evangelizzazione dell’Asia,
attraverso la giornata asiatica della gioventù, alla quale vengono richiamati giovani provenienti da diversi Paesi del continente.
Aiutati affinché, prendendo l’esempio dei nostri martiri, possiamo rinnovare la nostra fede e la nostra Chiesa e attraverso ciò evangelizzare la nostra società.
Aiutaci a divenire una comunità che sappia accompagnare i sofferenti, emarginati e i poveri, che sappia trasmettere a tutti gli uomini la luce della fede e promuovere la cultura dell’amore, della pace, della vita.
Ti preghiamo affinché il nostro popolo si riconcili attraverso il Vangelo e realizzi la pace e l’unità nella penisola.
Per mezzo di questo fa che proclamiamo il Vangelo a tutti i popoli dell’Asia e fa che la tua luce e la tua gloria illuminino tutto il mondo.
Per Cristo, nostro Signore”.

Padre Lombardi ha notato come siano toccati quasi tutti i punti principali della visita prossima del Papa in questa preghiera. Il viaggio in Corea – ha quindi ricordato – è il terzo viaggio internazionale di Papa Francesco, dopo quello in Brasile e quello nella Terra Santa. E’ diverso tempo che un Papa non andava nell’Asia orientale: è dal ’99, anno in cui Giovanni Paolo II era stato a Delhi che non c’erano altre presenze del Papa nell’Asia. Per questo Papa Francesco ha considerato l’Asia una priorità nella serie dei suoi viaggi.

E’ la terza volta – h proseguito il portavoce vaticano - che un Papa va nella Corea: Giovanni Paolo II era andato due volte, nell’84 e nell’89. I motivi del viaggio di Papa Francesco sono raccoglibili intorno a tre temi soprattutto. Il primo, che di per sé è stata l’occasione che ha dato l’avvio alla progettazione di questo viaggio, è la Giornata asiatica della gioventù, che avviene in agosto in Corea. Si aspettano a questa Giornata circa duemila giovani, in rappresentanza di 23 Paesi dell’Asia. Quindi non è un fatto, come siamo abituati a pensare alla Giornata della gioventù, con centinaia di migliaia o milioni di persone. Qui ci sono rappresentanti qualificati della gioventù dei diversi Paesi asiatici. Quando il Papa era a Rio – in occasione della Giornata mondiale della Gioventù – mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon, che l’ha invitato per la Giornata asiatica della gioventù, ha preso coraggio e ha detto: “Io provo ad invitare il Papa. E vediamo cosa succede….”. E allora il Papa, che aveva già in mente l’Asia come una delle priorità, ha accolto questa buona occasione per dire sì. Ci ha riflettuto e ha detto: “Sì, vengo!”. Quindi diciamo che si collega anche al contesto delle attenzioni dei Papi alle Giornate della gioventù. Questa è la sesta Giornata della gioventù asiatica. L’idea della Giornata asiatica nasce durante la Giornata mondiale della gioventù di Czestochowa, in cui i giovani asiatici che erano andati sono stati contenti e si sono detti: “Perché non facciamo qualche cosa anche noi in Asia?”.  Oltre alla Giornata della gioventù asiatica con i suoi duemila rappresentanti di 23 Paesi, c’è anche una Giornata della gioventù coreana in questa stessa occasione con 4 mila giovani circa. Si calcolano in totale dunque circa 6 mila giovani.  

La seconda grande occasione di questo viaggio – ha detto padre Lombardi - è ovviamente l’incontro con la Chiesa cattolica coreana, che è una Chiesa piuttosto dinamica. L’unico Paese – come sappiamo – nell’Asia orientale a maggioranza cattolica sono le Filippine, negli altri Paesi i cattolici cristiani sono minoranza, ma nella Corea sono una minoranza consistente. Una minoranza che si aggira intorno al 10 per cento. E’ molto dinamica e con una crescita che negli anni passati è stata molto forte: con una media di 100 mila battesimi l’anno. Vi è quindi una Chiesa che si pone anche come missionaria oggi, come impegnata a mandare anche dei missionari: ha fatto un grande servizio in Mongolia, così come in altre parti del mondo. Una Chiesa dinamica che si propone come attiva e missionaria.

L’evento centrale per quanto riguarda la vita della Chiesa in Corea in questo viaggio – ha proseguito padre Lombardi - è la beatificazione di 124 martiri. Vale la pena, in preparazione a questo viaggio, guardare la storia della Chiesa in Corea, perché è una storia molto caratteristica e particolare, cui si faranno moltissimi riferimenti anche nei discorsi del Papa e delle altre persone. Una Chiesa che nasce non da missionari che vengono dall’esterno, ma nasce da laici che sentono parlare e si interessano alla ricerca della verità e vanno a cercare e ricevono le informazioni fondamentali sulla fede cristiana e cattolica dalla Cina, trovando lì i risultati della predicazione di Matteo Ricci e dei Gesuiti che erano andati in Cina tempo prima e che hanno prodotto anche una letteratura di formazione cristiana. Allora i coreani sentono parlare di questo, vanno a cercare lì anche i testi di riferimento e poi studiano questi testi. La fede cristiana nasce quindi in un modo molto originale da questa ricerca della verità condotta da circoli, in particolare da un circolo di saggi, di giovani laici che cercano di approfondire questo messaggio e quindi diventano cristiani, mandando poi anche uno di loro a Pechino per farsi battezzare. E quindi c’è uno sviluppo molto originale della Chiesa in Corea. E la storia della Chiesa in Corea è una storia di martirio terribile e impressionante perché per moltissimo tempo – per più di un secolo – i cristiani, i cattolici vengono martirizzati perché vengono considerati in opposizione, non coerenti con il sistema sociale, culturale della Corea del tempo. Quindi c’è una storia di migliaia e migliaia e migliaia di martiri. Quindi inizio laicale e martirio: sono un po’ le due caratteristiche della storia della Chiesa in Corea che vanno tenute presenti.

Già Giovanni Paolo II – ha ricordato padre Lombardi - aveva canonizzato 103 martiri coreani, tra cui Andrea Kim, primo sacerdote coreano. Però questo gruppo dei martiri canonizzati da Giovanni Paolo II non appartiene alle prime generazioni della Chiesa in Corea, ma alle seconde, terze generazioni: quando erano già giunti in Corea i missionari francesi. Quindi avevano conosciuto bene questi martiri. Le cause di beatificazione di questi martiri della seconda e terza generazione erano andate avanti perché erano più conosciuti ed erano state ben preparate anche dai missionari francesi. I martiri della prima generazione, invece, erano presenti nella memoria, ma non erano stati studiati e quindi non erano state preparate le documentazioni per la causa della loro beatificazione o canonizzazione. Questo è stato promosso dalla Chiesa in Corea negli ultimi anni con molto impegno e con studi, ricerche storiche e ricerche archeologiche dei primi luoghi della presenza dei cristiani: quindi la beatificazione che fa adesso Papa Francesco è la beatificazione della prima generazione dei martiri della Chiesa in Corea, dei fondatori della Chiesa in Corea. Alcuni sono anche i nonni o i genitori dei martiri già canonizzati, perché sono della generazione precedente. E’ molto interessante questo fatto. Per la Chiesa in Corea questa beatificazione è fondamentale perché riconoscono veramente il valore del martirio nelle loro radici stesse, nei loro padri fondatori. Questo vale la pena di essere approfondito per capire il rapporto tra i martiri precedenti già canonizzati e i martiri che vengono beatificati adesso.

Naturalmente la Corea – ha osservato ancora padre Lombardi – è un Paese diviso, che porta ancora le conseguenze della guerra terribile che c’è stata intorno agli anni Cinquanta e quindi un Paese che non è pacificato. La situazione è quella di un armistizio, non è quella della pace tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Ecco quindi il tema della pace e della riconciliazione. Questa divisione della Corea dà poi luogo al fatto che questa è un’area di tensioni internazionali significative ed importanti. Andare in Corea e pregare per la riconciliazione, per la pace fra le due parti del popolo coreano e nel mondo intero è anche un tema estremamente significativo.

Il seguito del Papa, in questo viaggio – ha aggiunto padre Lombardi - comprende – oltre naturalmente al cardinale segretario di Stato e al sostituto, che fanno sempre parte del seguito – anche i cardinali Filoni e Rylko: Filoni perché prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che quindi è competente anche per queste aree; e Rylko perché presidente del Pontificio Consiglio dei laici, quindi le Giornate della gioventù e il laicato, che è così importante nella storia della Chiesa coreana. Per il resto la struttura del seguito è un po’ quella abituale, con le persone competenti per le cerimonie, per la sicurezza, per la logistica, per le comunicazioni e così via. Come desiderato dal Papa c’è anche un impiegato vaticano, che viene invitato sempre nel seguito: il Papa desidera che vi sia un impiegato, che non ha delle funzioni specifiche ma rappresenta un po’ la partecipazione della comunità di lavoro vaticana a questo evento. Se non sbaglio in questo caso è uno della Centrale Telefonica Vaticana, che è inserito e partecipa al viaggio come tutti gli altri. Naturalmente quando si arriva in Corea, faranno parte poi del seguito anche il nunzio, il presidente della Conferenza episcopale, il cardinale di Seoul e nei diversi luoghi il vescovo locale. 

 

(Tratto dall'archivio della Radio Vaticana)



Caterina63
00domenica 10 agosto 2014 23:27

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

Logo - Viaggio Apostolico nella Repubblica di Corea

 

PROGRAMMA

Trasmissioni video in diretta dal CTV 
(Centro Televisivo Vaticano)

Live CTV

 

Mercoledì 13 agosto 2014

16.00 Partenza in aereo dall’Aeroporto di Roma Fiumicino per Seoul    

 

Giovedì 14 agosto 2014

 

10.30 Arrivo alla Base Aerea di Seoul    
12.00 Santa Messa in privato nella Nunziatura Apostolica    
15.45 Cerimonia di benvenuto nel giardino della "Blue House" a Seoul    
  Visita di cortesia al Presidente della Repubblica nella "Blue House" a Seoul    
16.30 Incontro con le Autorità nel Salone Chungmu della "Blue House" a Seoul   Discorso del Santo Padre
17.30 Incontro con i Vescovi della Corea nella Sede della Conferenza Episcopale Coreana   Discorso del Santo Padre

 

Venerdì 15 agosto 2014

8.45 Trasferimento in elicottero a Daejeon    
10.30 Santa Messa nella Solennità dell’Assunzione nel World Cup Stadium di Daejeon   Omelia del Santo Padre
  Preghiera dell'Angelus Domini   Parole del Santo Padre
13.30 Pranzo con i giovani al Seminario Maggiore di Daejeon    
16.30 Trasferimento in elicottero al Santuario di Solmoe    
17.30 Incontro con i giovani dell'Asia presso il Santuario di Solmoe   Discorso del Santo Padre
19.15 Trasferimento in elicottero a Seoul    

 

Sabato 16 agosto 2014

8.55 Visita al Santuario dei Martiri di Seo So mun    
10.00 Santa Messa di Beatificazione di Paul Yun Ji-Chung e 123 compagni martiri alla Porta di Gwanghwamun a Seoul   Omelia del Santo Padre
15.30 Trasferimento in elicottero a Kkottongnae    
16.30 Visita al Centro di recupero per disabili nella "House of Hope" a Kkottongnae    
17.15 Incontro con le Comunità religiose in Corea al Training Center "School of Love" a Kkottongnae   Discorso del Santo Padre
18.30 Incontro con i leader dell'Apostolato laico al Centro di Spiritualità a Kkottongnae   Discorso del Santo Padre
19.00 Trasferimento in elicottero a Seoul    

 

Domenica 17 agosto 2014

10.00 Trasferimento in elicottero a Haemi    
11.00 Incontro con i Vescovi dell'Asia nel Santuario di Haemi   Discorso del Santo Padre
13.00 Pranzo con i Vescovi dell’Asia nel refettorio del Santuario di Haemi    
16.30 Santa Messa conclusiva della 6a Giornata della Gioventù Asiatica nel Castello di Haemi   Omelia del Santo Padre
19.00 Trasferimento in elicottero a Seoul    

 

Lunedì 18 agosto 2014

9.00 Incontro con i leader religiosi nel Palazzo della vecchia Curia dell’Arcidiocesi di Seoul    
9.45 Santa Messa per la Pace e la Riconciliazione nella Cattedrale di Myeong-dong a Seoul   Omelia del Santo Padre
12.45 Cerimonia di congedo dalla Repubblica di Corea alla Base Aerea di Seoul    
13.00 Partenza in aereo dalla Base Aerea di Seoul per l’aeroporto di Roma Ciampino    
17.45 Arrivo all’aeroporto di Roma Ciampino    

 

Fuso orario
Roma: +2 UTC
Seoul: +9 UTC






Caterina63
00giovedì 14 agosto 2014 18:11

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

INCONTRO CON LE AUTORITÀ

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Salone Chungmu della "Blue House" (Seoul)
Giovedì, 14 agosto 2014

http://www.blogcdn.com/slideshows/images/slides/284/359/7/S2843597/slug/l/pope-francis-visits-south-korea-day-1-1.jpg

Video

 

Signora Presidente,
Onorevoli Membri del Governo e Autorità,
Illustri Membri del Corpo Diplomatico,
Cari amici,

È una grande gioia per me venire in Corea, la “terra del calmo mattino”, e fare esperienza non solamente della bellezza naturale del Paese, ma soprattutto della bellezza della sua gente e della sua ricchezza storica e culturale. Questa eredità nazionale è stata messa alla prova nel corso degli anni dalla violenza, dalla persecuzione e dalla guerra. Ma nonostante queste prove, il calore del giorno e l’oscurità della notte hanno sempre dato luogo alla calma del mattino, cioè ad un’immutata speranza di giustizia, pace e unità. Che grande dono è la speranza! Non possiamo scoraggiarci nel perseguimento di queste mete che non vanno solo a beneficio del popolo coreano, ma dell’intera regione e del mondo intero.

Desidero ringraziare la Presidente, Signora Park Geun-hye, per il suo cordiale benvenuto. Saluto lei e gli illustri membri del Governo. Vorrei anche ringraziare i membri del Corpo Diplomatico, e tutti i presenti che con i loro sforzi hanno dato il loro contributo nella preparazione della mia visita. Sono molto grato per la vostra ospitalità, che mi ha immediatamente fatto sentire a casa fra di voi.

La mia visita in Corea avviene in occasione della VI Giornata Asiatica della Gioventù, che raduna giovani cattolici da tutto questo vasto continente per una gioiosa celebrazione della fede comune. Nel corso della mia visita inoltre proclamerò beati alcuni coreani che morirono martiri per la fede cristiana: Paul Yun Ji-chung e i suoi 123 compagni. Queste due celebrazioni si completano a vicenda. La cultura coreana ben comprende la dignità e saggezza proprie degli anziani e onora il loro ruolo nella società. Noi cattolici rendiamo onore agli antenati che hanno subito il martirio per la fede, perché sono stati pronti a donare la vita per la verità in cui hanno creduto e in conformità alla quale hanno cercato di vivere. Essi ci insegnano a vivere pienamente per Dio e per il bene del prossimo.

Un popolo grande e saggio non si limita ad amare le sue antiche tradizioni, ma valorizza anche i giovani, cercando di trasmettere loro l’eredità del passato e di applicarla alle sfide del tempo presente. Tutte le volte che i giovani si riuniscono, come in questa circostanza, è una preziosa opportunità offerta a tutti noi per porci in ascolto delle loro speranze e delle loro preoccupazioni. Siamo anche chiamati a riflettere sull’adeguatezza del modo di trasmettere i nostri valori alle future generazioni e su quale tipo di società ci stiamo preparando a consegnare loro. In questo contesto, ritengo sia particolarmente importante per noi riflettere sulla necessità di trasmettere ai nostri giovani il dono della pace.

Questo appello ha un significato del tutto speciale qui in Corea, una terra che ha sofferto lungamente a causa della mancanza di pace. Esprimo il mio apprezzamento per gli sforzi in favore della riconciliazione e della stabilità nella penisola coreana e incoraggio tali sforzi, che sono l’unica strada sicura per una pace duratura. La ricerca della pace da parte della Corea è una causa che ci sta particolarmente a cuore perché influenza la stabilità dell’intera area e del mondo intero, stanco della guerra.

La ricerca della pace rappresenta anche una sfida per ciascuno di noi e in particolare per quelli tra voi che hanno il compito di perseguire il bene comune della famiglia umana attraverso il paziente lavoro della diplomazia. Si tratta della perenne sfida di abbattere i muri della diffidenza e dell’odio promuovendo una cultura di riconciliazione e di solidarietà. La diplomazia, infatti, come arte del possibile, è basata sulla ferma e perseverante convinzione che la pace può essere raggiunta mediante il dialogo e l’ascolto attento e discreto, piuttosto che attraverso reciproche recriminazioni, critiche inutili e dimostrazioni di forza.

La pace non è semplicemente assenza di guerra, ma opera della giustizia (cfr Is 32,17). E la giustizia, come virtù, fa appello alla tenacia della pazienza; essa non ci chiede di dimenticare le ingiustizie del passato, ma di superarle attraverso il perdono, la tolleranza e la cooperazione. Essa esige la volontà di discernere e di raggiungere obiettivi reciprocamente vantaggiosi, costruendo le fondamenta del mutuo rispetto, della comprensione e della riconciliazione. Auspico che tutti noi possiamo dedicarci alla costruzione della pace, alla preghiera per la pace, rafforzando il nostro impegno per realizzarla.

Cari amici, i vostri sforzi come leaders politici e civili sono in ultima analisi diretti a costruire un mondo migliore, più pacifico, più giusto e prospero, per i nostri figli. L’esperienza ci insegna che in un mondo sempre più globalizzato, la nostra comprensione del bene comune, del progresso e dello sviluppo deve in definitiva essere non solo di carattere economico ma anche umano. Come la maggior parte delle nazioni sviluppate, la Corea si confronta con rilevanti problematiche sociali, divisioni politiche, diseguaglianze economiche e preoccupazioni in ordine alla gestione responsabile dell’ambiente. Com’è importante che la voce di ogni membro della società sia ascoltata, e che venga promosso uno spirito di aperta comunicazione, di dialogo e di cooperazione!

E’ ugualmente importante che sia data speciale attenzione ai poveri, a coloro che sono vulnerabili e a quelli che non hanno voce, non soltanto venendo incontro alle loro immediate necessità, ma pure per promuoverli nella loro crescita umana e spirituale. Nutro la speranza che la democrazia coreana continuerà a rafforzarsi e che questa nazione dimostrerà di primeggiare anche in quella “globalizzazione della solidarietà” che è oggi particolarmente necessaria: quella solidarietà che ha come obiettivo lo sviluppo integrale di ogni membro della famiglia umana.

Nella sua seconda visita in Corea, venticinque anni fa, san Giovanni Paolo II manifestò la sua convinzione che «il futuro della Corea dipenderà dalla presenza in mezzo al suo popolo di molti uomini e donne saggi, virtuosi e profondamente spirituali» (8 ottobre 1989). Facendo eco a queste parole, oggi vi assicuro del costante desiderio della comunità cattolica coreana di partecipare pienamente alla vita della nazione. La Chiesa desidera contribuire all’educazione dei giovani, alla crescita di uno spirito di solidarietà verso i poveri e i disagiati e contribuire alla formazione di giovani generazioni di cittadini, pronti ad offrire la saggezza e la lungimiranza ereditate dai loro antenati e nate dalla loro fede, per affrontare le grandi questioni politiche e sociali della nazione.

Signora Presidente, Signore e Signori, vi ringrazio ancora una volta per il vostro benvenuto e la vostra ospitalità. Il Signore benedica voi e l’amato popolo coreano. In modo speciale, il Signore benedica gli anziani e i giovani che, preservando la memoria e infondendoci coraggio, sono il nostro più grande tesoro e la nostra speranza per il futuro.






Caterina63
00giovedì 14 agosto 2014 18:43

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

INCONTRO CON I VESCOVI DELLA COREA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Conferenza Episcopale Coreana (Seoul)
Giovedì, 14 agosto 2014

Video

 

Ringrazio il Vescovo Peter U-il Kang per le sue fraterne parole di benvenuto a nome vostro. È una benedizione per me essere qui e conoscere di persona la vita dinamica della Chiesa in Corea. A voi, come Pastori, spetta il compito di custodire il gregge del Signore. Siete i custodi delle meraviglie che Egli compie nel suo popolo. Custodire è uno dei compiti specificamente affidati al Vescovo: prendersi cura del popolo di Dio. Oggi vorrei riflettere con voi come fratello nell’episcopato su due aspetti centrali di tale custodia del popolo di Dio in questo Paese: essere custodi della memoria e essere custodi della speranza.

[T]

Essere custodi della memoria. La beatificazione di Paul Yun Ji-chung e dei suoi compagni è un’occasione per ringraziare il Signore che, dai semi sparsi dai martiri, ha fatto scaturire un abbondante raccolto di grazia in questa terra. Voi siete i discendenti dei martiri, eredi della loro eroica testimonianza di fede in Cristo. Siete inoltre eredi di una straordinaria tradizione che iniziò e crebbe largamente grazie alla fedeltà, alla perseveranza e al lavoro di generazioni di laici. Questi non avevano la tentazione del clericalismo: erano laici, andavano avanti da soli! È significativo che la storia della Chiesa in Corea abbia avuto inizio da un incontro diretto con la Parola di Dio. È stata la bellezza intrinseca e l’integrità del messaggio cristiano – il Vangelo e il suo appello alla conversione, al rinnovamento interiore e a una vita di carità – ad impressionare Yi Byeok e i nobili anziani della prima generazione; ed è a quel messaggio, alla sua purezza, che la Chiesa in Corea guarda come in uno specchio, per scoprire autenticamente sé stessa.

La fecondità del Vangelo in terra coreana e la grande eredità tramandata dai vostri antenati nella fede, oggi si possono riconoscere nel fiorire di parrocchie attive e di movimenti ecclesiali, in solidi programmi di catechesi, nell’attenzione pastorale verso i giovani e nelle scuole cattoliche, nei seminari e nelle università. La Chiesa in Corea è stimata per il suo ruolo nella vita spirituale e culturale della nazione e per il suo forte impulso missionario. Da terra di missione, la Corea è diventata oggi una terra di missionari; e la Chiesa universale continua a trarre beneficio dai tanti sacerdoti e religiosi che avete inviato nel mondo.

[T]

Essere custodi della memoria significa qualcosa di più che ricordare e fare tesoro delle grazie del passato. Significa anche trarne le risorse spirituali per affrontare con lungimiranza e determinazione le speranze, le promesse e le sfide del futuro. Come voi stessi avete notato, la vita e la missione della Chiesa in Corea non si misurano in definitiva in termini esteriori, quantitativi e istituzionali; piuttosto esse devono essere giudicate nella chiara luce del Vangelo e della sua chiamata ad una conversione alla persona di Gesù Cristo. Essere custodi della memoria significa rendersi conto che la crescita viene da Dio (cfr 1 Cor 3,6) e al tempo stesso è il frutto di un paziente e perseverante lavoro, nel passato come nel presente. La nostra memoria dei martiri e delle generazioni passate di cristiani deve essere realistica, non idealizzata o e non “trionfalistica”. Guardare al passato senza ascoltare la chiamata di Dio alla conversione nel presente non ci aiuterà a proseguire il cammino; al contrario frenerà o addirittura arresterà il nostro progresso spirituale.

[T]

Oltre ad essere custodi della memoria, cari fratelli, voi siete anche chiamati ad essere custodi della speranza: quella speranza offerta dal Vangelo della grazia e della misericordia di Dio in Gesù Cristo, quella speranza che ha ispirato i martiri. È questa speranza che siamo invitati a proclamare ad un mondo che, malgrado la sua prosperità materiale, cerca qualcosa di più, qualcosa di più grande, qualcosa di autentico e che dà pienezza. Voi e i vostri fratelli sacerdoti offrite questa speranza con il vostro ministero di santificazione, che non solo conduce i fedeli alle sorgenti della grazia nella liturgia e nei sacramenti, ma costantemente li spinge ad agire in risposta alla chiamata di Dio a tendere alla meta (cfr Fil 3,14).
Voi custodite questa speranza mantenendo viva la fiamma della santità, della carità fraterna e dello zelo missionario nella comunione ecclesiale. Per questa ragione vi chiedo di rimanere sempre vicini ai vostri sacerdoti, incoraggiandoli nel loro lavoro quotidiano, nella loro ricerca di santità e nella proclamazione del Vangelo di salvezza. Vi chiedo di trasmettere loro il mio affettuoso saluto e la mia gratitudine per il generoso servizio in favore del popolo di Dio. Vicini ai vostri sacerdoti, mi raccomando, vicinanza, vicinanza ai sacerdoti. Che loro possano incontrare il vescovo. Questa vicinanza fraterna del vescovo, e anche paterna: ne hanno bisogno in tanti momenti della loro vita pastorale. Non vescovi lontani o, peggio, che si allontanano dai loro preti. Con dolore lo dico. Nella mia terra, tante volte ho sentito qualche sacerdote che mi diceva: “Ho chiamato il vescovo, ho chiesto udienza; sono passati tre mesi, ancora non ho risposta”. Ma senti, fratello, se un sacerdote oggi ti chiama per chiederti udienza, richiamalo subito, oggi o domani. Se tu non hai tempo per riceverlo, diglielo: “Non posso perché ho questo, questo, questo. Ma io volevo sentirti e sono a tua disposizione”. Ma che sentano la risposta del padre, subito. Per favore, non allontanatevi dai vostri sacerdoti.

[T]

Se noi accettiamo la sfida di essere una Chiesa missionaria, una Chiesa costantemente in uscita verso il mondo e in particolare verso le periferie della società contemporanea, avremo bisogno di sviluppare quel “gusto spirituale” che ci rende capaci di accogliere e di identificarci con ogni membro del Corpo di Cristo (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 268). In questo senso una particolare sollecitudine chiede di essere mostrata nelle nostre comunità nei confronti dei bambini e dei più anziani. Come possiamo essere custodi di speranza se trascuriamo la memoria, la saggezza e l’esperienza degli anziani e le aspirazioni dei giovani? A questo proposito vorrei chiedervi di prendervi cura in modo speciale dell’educazione dei giovani, sostenendo nella loro indispensabile missione non solo le università, che sono importanti, ma anche le scuole cattoliche di ogni grado, a partire da quelle elementari, dove le giovani menti e i cuori vengono formati all’amore di Dio e della sua Chiesa, al bene, al vero e al bello, ad essere buoni cristiani e onesti cittadini.

[T]

Essere custodi di speranza implica anche garantire che la testimonianza profetica della Chiesa in Corea continui ad esprimersi nella sua sollecitudine per i poveri e nei suoi programmi di solidarietà, soprattutto per i rifugiati e i migranti e per coloro che vivono ai margini della società. Questa sollecitudine dovrebbe manifestarsi non solo attraverso concrete iniziative di carità – che sono necessarie – ma anche nel costante lavoro di promozione a livello sociale, occupazionale ed educativo. Possiamo correre il rischio di ridurre il nostro impegno con i bisognosi alla sola dimensione assistenziale, dimenticando la necessità di ognuno di crescere come persona – il diritto che ha di crescere come persona – e di poter esprimere con dignità la propria personalità, creatività e cultura. La solidarietà con i poveri è al centro del Vangelo; va considerata come un elemento essenziale della vita cristiana; mediante la predicazione e la catechesi, fondate sul ricco patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, essa deve permeare i cuori e le menti dei fedeli e riflettersi in ogni aspetto della vita ecclesiale. L’ideale apostolico di una Chiesa dei poveri e per i poveri, una Chiesa povera per i poveri, ha trovato espressione eloquente nelle prime comunità cristiane della vostra nazione. Auspico che questo ideale continui a modellare il cammino della Chiesa in Corea nel suo pellegrinaggio verso il futuro. Sono convinto che se il volto della Chiesa è in primo luogo il volto dell’amore, sempre più giovani saranno attratti verso il cuore di Gesù sempre infiammato di amore divino nella comunione del suo mistico Corpo.

Ho detto che i poveri sono al centro del Vangelo; sono anche all’inizio e alla fine. Gesù, nella sinagoga di Nazareth, parla chiaro, all’inizio della sua vita apostolica. E quando parla dell’ultimo giorno e ci fa conoscere quel “protocollo” sul quale tutti noi saremo giudicati – Matteo 25 –, anche lì ci sono i poveri. C’è un pericolo, c’è una tentazione che viene nei momenti di prosperità: è il pericolo che la comunità cristiana si “socializzi”, cioè che perda quella dimensione mistica, che perda la capacità di celebrare il Mistero e si trasformi in una organizzazione spirituale, cristiana, con valori cristiani, ma senza lievito profetico. Lì si è persa la funzione che hanno i poveri nella Chiesa.
Questa è una tentazione della quale le Chiese particolari, le comunità cristiane hanno sofferto tanto, nella storia. E questo fino al punto di trasformarsi in una comunità di classe media, nella quale i poveri arrivano a provare anche vergogna: hanno vergogna di entrare. E’ la tentazione del benessere spirituale, del benessere pastorale. Non è una Chiesa povera per i poveri, ma una Chiesa ricca per i ricchi, o una Chiesa di classe media per i benestanti. E questo non è cosa nuova: questo cominciò all’inizio. Paolo deve rimproverare i Corinzi, nella Prima Lettera, capitolo XI, versetto 17; e l’apostolo Giacomo più forte ancora, e più esplicito, nel suo capitolo II, versetti da 1 a 7: deve rimproverare queste comunità benestanti, queste Chiese benestanti per i benestanti. Non si cacciano via i poveri ma si vive in modo tale che loro non osino entrare, non si sentano a casa loro. Questa è una tentazione della prosperità. Io non vi rimprovero, perché so che voi lavorate bene. Ma come fratello che deve confermare nella fede i suoi fratelli, vi dico: state attenti, perché la vostra è una Chiesa in prosperità, è una grande Chiesa missionaria, è una grande Chiesa. Il diavolo non semini questa zizzania, questa tentazione di togliere i poveri dalla struttura profetica stessa della Chiesa, e vi faccia diventare una Chiesa benestante per i benestanti, una Chiesa del benessere… non dico fino ad arrivare alla ‘teologia della prosperità’, no, ma nella mediocrità.

[T]

Cari fratelli, una profetica testimonianza evangelica presenta alcune sfide particolari per la Chiesa in Corea, dal momento che essa vive ed opera nel mezzo di una società prospera ma sempre più secolarizzata e materialistica. In tali circostanze gli operatori pastorali sono tentati di adottare non solo efficaci modelli di gestione, programmazione e organizzazione tratti dal mondo degli affari, ma anche uno stile di vita e una mentalità guidati più da criteri mondani di successo e persino di potere che dai criteri enunciati da Gesù nel Vangelo. Guai a noi se la Croce viene svuotata del suo potere di giudicare la saggezza di questo mondo! (cfr 1 Cor 1,17). Esorto voi e i vostri fratelli sacerdoti a respingere questa tentazione in tutte le sue forme. Voglia il Cielo che possiamo salvarci da quella mondanità spirituale e pastorale che soffoca lo Spirito, sostituisce la conversione con la compiacenza e finisce per dissipare ogni fervore missionario! (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 93-97).

[T]

Cari fratelli Vescovi, grazie di tutto quello che voi fate: grazie. E con queste riflessioni sulla vostra missione come custodi della memoria e della speranza, ho voluto incoraggiarvi nei vostri sforzi per incrementare l’unità, la santità e lo zelo dei fedeli in Corea. La memoria e la speranza ci ispirano e ci guidano verso il futuro. Vi ricordo tutti nelle mie preghiere e vi esorto sempre a confidare nella forza della grazia di Dio. Non dimenticatevi: “Il Signore è fedele”. Noi non siamo fedeli, ma Lui è fedele. “Egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno” (2 Ts 3,3). Possano le preghiere di Maria, Madre della Chiesa, portare a piena fioritura in questa terra i semi sparsi dai martiri, irrorati da generazioni di fedeli cattolici e trasmessi a voi come promessa per il futuro del Paese e del mondo. A voi e a tutti coloro che si sono affidati alla vostra cura pastorale e alla vostra custodia, imparto di cuore la mia Benedizione, e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie.




Caterina63
00venerdì 15 agosto 2014 09:00

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL'ASSUNZIONE

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO


World Cup Stadium (Daejeon)
Venerdì, 15 agosto 2014

Video

 

In unione con tutta la Chiesa celebriamo l’Assunzione della Madonna in corpo e anima nella gloria del Paradiso. L’Assunzione di Maria ci mostra il nostro destino quali figli adottivi di Dio e membri del Corpo di Cristo. Come Maria nostra Madre, siamo chiamati a partecipare pienamente alla vittoria del Signore sul peccato e sulla morte e a regnare con Lui nel suo Regno eterno. Questa è la nostra vocazione.         

Il “grande segno” presentato nella prima lettura ci invita a contemplare Maria, intronizzata in gloria accanto al suo Figlio divino. Ci invita inoltre a prendere coscienza del futuro che ancora oggi il Signore Risorto apre davanti a noi. I coreani tradizionalmente celebrano questa festa alla luce della loro esperienza storica, riconoscendo l’amorevole intercessione di Maria operante nella storia della nazione e nella vita del popolo.

Nella seconda lettura abbiamo ascoltato san Paolo affermare che Cristo è il nuovo Adamo, la cui obbedienza alla volontà del Padre ha abbattuto il regno del peccato e della schiavitù ed ha inaugurato il regno della vita e della libertà (cfr 1 Cor 15,24-25). La vera libertà si trova nell’accoglienza amorosa della volontà del Padre. Da Maria, piena di grazia, impariamo che la libertà cristiana è qualcosa di più della semplice liberazione dal peccato. E’ la libertà che apre ad un nuovo modo spirituale di considerare le realtà terrene, la libertà di amare Dio e i fratelli e le sorelle con un cuore puro e di vivere nella gioiosa speranza della venuta del Regno di Cristo.

Oggi, mentre veneriamo Maria Regina del Cielo, ci rivolgiamo a Lei quale Madre della Chiesa in Corea. Le chiediamo di aiutarci ad essere fedeli alla libertà regale che abbiamo ricevuto nel giorno del Battesimo, di guidare i nostri sforzi per trasformare il mondo secondo il piano di Dio, e di rendere capace la Chiesa in questo Paese di essere più pienamente lievito del suo Regno all’interno della società coreana. Possano i cristiani di questa nazione essere una forza generosa di rinnovamento spirituale in ogni ambito della società. Combattano il fascino di un materialismo che soffoca gli autentici valori spirituali e culturali e lo spirito di sfrenata competizione che genera egoismo e conflitti. Respingano inoltre modelli economici disumani che creano nuove forme di povertà ed emarginano i lavoratori, e la cultura della morte che svaluta l’immagine di Dio, il Dio della vita, e viola la dignità di ogni uomo, donna e bambino.

Come cattolici coreani, eredi di una nobile tradizione, siete chiamati a valorizzare questa eredità e a trasmetterla alle future generazioni. Ciò comporta per ognuno la necessità di una rinnovata conversione alla Parola di Dio e un’intensa sollecitudine per i poveri, i bisognosi e i deboli in mezzo a noi.

Nel celebrare questa festa, ci uniamo a tutta la Chiesa sparsa nel mondo e guardiamo a Maria come Madre della nostra speranza. Il suo cantico di lode ci ricorda che Dio non dimentica mai le sue promesse di misericordia (cfr Lc 1,54-55). Maria è beata perché «ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45). In lei tutte le promesse divine si sono dimostrate veritiere. Intronizzata nella gloria, ci mostra che la nostra speranza è reale; e fin d’ora tale speranza si protende «come un’ancora sicura e salda per la nostra vita» (Eb 6,19) là dove Cristo è assiso nella gloria.

Questa speranza, cari fratelli e sorelle, la speranza offerta dal Vangelo, è l’antidoto contro lo spirito di disperazione che sembra crescere come un cancro in mezzo alla società che è esteriormente ricca, ma tuttavia spesso sperimenta interiore amarezza e vuoto. A quanti nostri giovani tale disperazione ha fatto pagare il suo tributo! Possano i giovani che sono attorno a noi in questi giorni con la loro gioia e la loro fiducia, non essere mai derubati della loro speranza!

Rivolgiamoci a Maria, Madre di Dio, e imploriamo la grazia di essere gioiosi nella libertà dei figli di Dio, di usare tale libertà in modo saggio per servire i nostri fratelli e sorelle, e di vivere e operare in modo da essere segni di speranza, quella speranza che troverà il suo compimento nel Regno eterno, là dove regnare è servire. Amen.

     

 

PAPA FRANCESCO

ANGELUS


Daejeon
Solennità dell'Assunzione
Venerdì, 15 agosto 2014

Video

 

Cari fratelli e sorelle,

al termine della Santa Messa, ci rivolgiamo ancora una volta alla Madonna, Regina del Cielo. A Lei offriamo le nostre gioie, i nostri dolori e le nostre speranze. Affidiamo a Lei in modo particolare tutti coloro che hanno perso la vita nell’affondamento del traghetto “Se Wol”, come anche quanti tuttora soffrono le conseguenze di questo grande disastro nazionale. Il Signore accolga i defunti nella sua pace, consoli coloro che piangono, e continui a sostenere quanti così generosamente sono venuti in aiuto dei loro fratelli e sorelle. Questo tragico evento, che ha unito tutti i Coreani nel dolore, confermi il loro impegno a collaborare insieme, solidali, per il bene comune.

Chiediamo altresì alla Vergine Maria di posare il suo sguardo misericordioso su quanti tra noi si trovano nella sofferenza, particolarmente sui malati, sui poveri e su chi è privo di un lavoro dignitoso.

Infine, nel giorno in cui la Corea celebra la sua liberazione, chiediamo alla Madonna di vegliare su questa nobile nazione ed i suoi cittadini. Affidiamo alla sua protezione tutti i giovani che si sono radunati qui da tutta l’Asia. Possano essere araldi gioiosi dell’alba di un mondo di pace, secondo il disegno benedetto di Dio!





Caterina63
00sabato 16 agosto 2014 10:19

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

INCONTRO CON I GIOVANI DELL'ASIA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Santuario di Solmoe
Venerdì, 15 agosto 2014




Video

 

 

Dear Young Friends,

“It is good for us to be here!” (Mt 17:4). These words were spoken by Saint Peter on Mount Tabor as he stood in the presence of Jesus transfigured in glory. Truly it is good for us to be here, together, at this shrine of the Korean Martyrs, in whom the Lord’s glory was revealed at the dawn of the Church’s life in this country. In this great assembly, which brings together young Christians from throughout Asia, we can almost feel the glory of Jesus present in our midst, present in his Church which embraces every nation, language and people, present in the power of his Holy Spirit who makes all things new, young and alive!

I thank you for your warm welcome. Very warm, very warm! And I thank for the gift of your enthusiasm, your joyful songs, your testimonies of faith, and your beautiful expressions of the variety and richness of your different cultures. In a special way, I thank Mai, Giovanni e Marina, the three young people who shared with me your hopes, your problems and your concerns; I listened to them carefully, and I will keep them in mind. I thank Bishop Lazzaro You Heung-sik for his words of introduction and I greet all of you from my heart.

[T]

This afternoon I would like to reflect with you on part of the theme of this Sixth Asian Youth Day: “The Glory of the Martyrs Shines on You”. Just as the Lord made his glory shine forth in the heroic witness of the martyrs, so too he wants to make his glory shine in your lives, and through you, to light up the life of this vast continent. Today Christ is knocking at the door of your heart, of my heart. He calls you and me to rise, to be wide awake and alert, and to see the things in the life that really matter. What is more, he is asking you and me to go out on the highways and byways of this world, knocking on the doors of other people’s hearts, inviting them to welcome him into their lives.

This great gathering of Asian young people also allows us to see something of what the Church herself is meant to be in God’s eternal plan. Together with young people everywhere, you want to help build a world where we all live together in peace and friendship, overcoming barriers, healing divisions, rejecting violence and prejudice. And this is exactly what God wants for us. The Church is meant to be a seed of unity for the whole human family. In Christ, all nations and peoples are called to a unity which does not destroy diversity but acknowledges, reconciles and enriches it.

[T]

How distant the spirit of the world seems from that magnificent vision and plan! How often the seeds of goodness and hope which we try to sow seem to be choked by weeds of selfishness, hostility and injustice, not only all around us, but also in our own hearts. We are troubled by the growing gap in our societies between rich and poor. We see signs of an idolatry of wealth, power and pleasure which come at a high cost to human lives. Closer to home, so many of our own friends and contemporaries, even in the midst of immense material prosperity, are suffering from spiritual poverty, loneliness and quiet despair. God seems to be removed from the picture. It is almost as though a spiritual desert is beginning to spread throughout our world. It affects the young too, robbing them of hope and even, in all too many cases, of life itself.

[T]

Yet this is the world into which you are called to go forth and bear witness to the Gospel of hope, the Gospel of Jesus Christ, and the promise of his Kingdom - this is your theme, Marina. I will speak… In the parables, Jesus tells us that the Kingdom comes into the world quietly, growing silently yet surely wherever it is welcomed by hearts open to its message of hope and salvation. The Gospel teaches us that the Spirit of Jesus can bring new life to every human heart and can transform every situation, even the most apparently hopeless. Jesus can transform, can transform all situations! This is the message which you are called to share with your contemporaries: at school, in the workplace, in your families, your universities and your communities. Because Jesus rose from the dead, we know that he has “the words of eternal life” (Jn 6:68), that his word has the power to touch every heart, to conquer evil with good, and to change and redeem the world.

Dear young friends, in this generation the Lord is counting on you! He’s counting on you! He entered your hearts on the day of your Baptism; he gave you his Spirit on the day of your Confirmation; and he strengthens you constantly by his presence in the Eucharist, so that you can be his witnesses before the world. Are you ready to say “yes”? Are you ready? [Yes!]

Thank you! Are you tired? [No!] Sure? [Yes!] Beloved friends of mine, as I was told yesterday: “You cannot speak to the young with paper; you must speak, address young people spontaneously from the heart”. But I have a great difficulty: I have poor English. [No!] Yes, yes! But if you wish I can say other things spontaneously… [Yes!] Are you tired? [No!] May I go on? [Yes!] But I will do so in Italian. [turning to the interpreter] Will you translate? Thank you! Go on!

Ho sentito molto forte quello che Marina ha detto: il suo conflitto nella sua vita. Come fare? Se andare per la strada della vita consacrata, la vita religiosa, o studiare per diventare più preparata per aiutare gli altri.
Questo è un conflitto apparente, perché quando il Signore chiama, chiama sempre per fare il bene agli altri, sia alla vita religiosa, alla vita consacrata, sia alla vita laicale, come padre e madre di famiglia.
Ma lo scopo è lo stesso: adorare Dio e fare il bene agli altri. Che cosa deve fare Marina, e tanti di voi che si fanno la stessa domanda? Anch’io l’ho fatta al mio tempo: che strada devo scegliere?
Ma tu non devi scegliere nessuna strada: la deve scegliere il Signore! Gesù l’ha scelta, tu devi sentire Lui e chiedere: Signore, che cosa devo fare? Questa è la preghiera che un giovane deve fare: “Signore, cosa vuoi tu da me?”. E con la preghiera e il consiglio di alcuni veri amici – laici, sacerdoti, suore, vescovi, papi… anche il Papa può dare un buon consiglio – con il consiglio di questi trovare la strada che il Signore vuole per me.

Let’s pray together!

[si rivolge al sacerdote traduttore] Tu fai ripetere in coreano: Signore cosa vuoi tu dalla mia vita? Tre volte.

Preghiamo! Let’s pray!

Sono sicuro che il Signore vi ascolterà. Anche te Marina, di sicuro. Grazie per la tua testimonianza. Scusami! Ho sbagliato nome: la domanda è stata fatta da Mai, non da Marina.

Mai ha parlato di un’altra cosa: dei martiri, dei santi, dei testimoni. E ci ha detto con un po’ di dolore, un po’ di nostalgia, che nella sua terra, la Cambogia, ancora non ci sono Santi, ma speriamo... Santi ci sono e tanti! Ma la Chiesa ancora non ha riconosciuto, non ha beatificato, non ha canonizzato nessuno. E io ti ringrazio tanto Mai di questo. Io ti prometto che mi occuperò, quando torno a casa, di parlare all’incaricato di queste cose, che è un bravo uomo, si chiama Angelo, e chiederò a lui di fare una ricerca su questo per portarlo avanti. Grazie, tante grazie!

It’s time to finish. Are you tired? [No!] Go on a little? [Yes!]

Veniamo adesso a Marina. Marina ha fatto due domande… non due domande, ha fatto due riflessioni e una domanda sulla felicità. Lei ci ha detto una cosa vera: la felicità non si compra. E quando tu compri una felicità, poi te ne accorgi che quella felicità se n’è andata… Non dura la felicità che si compra. Soltanto la felicità dell’amore, questa è quella che dura!

E la strada dell’amore è semplice: ama Dio e ama il prossimo, tuo fratello, quello che è vicino a te, quello che ha bisogno di amore e ha bisogno di tante cose. “Ma, padre, come so io se amo Dio?” Semplicemente se tu ami il prossimo, se tu non odi, se tu non hai odio nel tuo cuore, ami Dio. Quella è la prova sicura.

E poi Marina ha fatto una domanda – io capisco – una domanda dolorosa, e la ringrazio di averla fatta: la divisione tra i fratelli delle Coree. Ma ci sono due Coree? No, ce n’è una, ma è divisa, la famiglia è divisa. E c’è questo dolore… Come aiutare affinché questa famiglia si unisca? Io dico due cose: prima un consiglio, e poi una speranza.

Prima di tutto, il consiglio: pregare; pregare per i nostri fratelli del Nord: “Signore, siamo una famiglia, aiutaci, aiutaci per l’unità, Tu puoi farlo. Che non ci siano vincitori né vinti, soltanto una famiglia, che ci siano soltanto i fratelli”. Adesso vi invito a pregare insieme - dopo la traduzione - in silenzio, per l’unità delle due Coree.

In silenzio facciamo la preghiera. In silence we pray. [silenzio]

Adesso, la speranza. Qual è la speranza? Ci sono tante speranze, ma ce n’è una bella. La Corea è una, è una famiglia: voi parlate la stessa lingua, la lingua di famiglia; voi siete fratelli che parlate la stessa lingua. Quando [nella Bibbia] i fratelli di Giuseppe sono andati in Egitto a comprare da mangiare - perché avevano fame, avevano soldi, ma non avevano da mangiare - sono andati lì a comprare cibo, e hanno trovato un fratello! Perché? Perché Giuseppe se n’era accorto che parlavano la stessa lingua. Pensate ai vostri fratelli del Nord: loro parlano la stessa lingua e quando in famiglia si parla la stessa lingua, c’è anche una speranza umana.

Poco fa abbiamo visto una cosa bella, quello sketch del figliol prodigo, quel figlio che se n’era andato, aveva sprecato i soldi, tutto, aveva tradito il padre, la famiglia, aveva tradito tutto. Ad un certo momento, per le necessità, ma con molta vergogna, ha deciso di tornare. E aveva pensato a come chiedere perdono al suo papà. E ha pensato: “Padre, ho peccato, ho fatto questo di male, ma io voglio essere un dipendente, non tuo figlio” e tante belle cose. Ma ci dice il Vangelo che il padre lo ha visto da lontano. E perché lo ha visto? Perché tutti i giorni saliva sul terrazzo per vedere se tornava il figlio. E lo ha abbracciato: non lo ha lasciato parlare; non lo ha lasciato dire quel discorso e neppure chiedere perdono, lo ha lasciato in seguito… e ha fatto festa. Ha fatto festa! E questa è la festa che piace a Dio: quando noi torniamo a casa, torniamo da Lui. “Ma Padre, io sono un peccatore, io sono una peccatrice…”. Meglio ancora, ti aspetta! Farà ancora più festa! Perché lo stesso Gesù ci dice che in cielo si fa più festa per un peccatore che torna che per cento giusti che rimangono a casa.

Nessuno di noi sa cosa ci aspetta nella vita. E voi giovani: “Che cosa mi aspetta?”. Noi possiamo fare cose brutte, bruttissime, ma per favore non disperare, c’è sempre il Padre che ci aspetta! Tornare, tornare! Questa è la parola. Come back! Tornare a casa, perché mi aspetta il Padre. E se io sono molto peccatore, farà una grande festa. E voi sacerdoti, per favore, abbracciate i peccatori e siate misericordiosi. E sentire questo è bello! A me fa felice questo, perché Dio mai si stanca di perdonare; mai si stanca di aspettarci.

I had written three suggestions but I have talked about this: prayer, Eucharist and work for others, for the poor.

[T]

Now it is time for me to go. [No!] I look forward to seeing you in these days and speaking to you again when we gather for Holy Mass on Sunday. For now, let us thank the Lord for the blessings of this time together and ask him for the strength to be faithful and joyful witnesses of his love throughout Asia and the entire world.

May Mary, our Mother, watch over you and keep you ever close to Jesus her Son. And from his place in heaven, may Saint John Paul II, who initiated the World Youth Days, always be your guide. With great affection I give you my blessing.

And please, pray for me, don’t forget it: to pray for me! Thank you very much!








Caterina63
00sabato 16 agosto 2014 10:24

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

SANTA MESSA DI BEATIFICAZIONE DI 
PAUL YUN JI-CHUNG E 123 COMPAGNI MARTIRI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Porta di Gwanghwamun (Seoul)
Sabato, 16 agosto 2014


Video

 

«Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» (Rm 8,35). Con queste parole san Paolo ci parla della gloria della nostra fede in Gesù: non soltanto Cristo è risorto dai morti ed è asceso al cielo, ma ci ha uniti a sé, rendendoci partecipi della sua vita eterna. Cristo è vittorioso e la sua vittoria è la nostra!

Oggi celebriamo questa vittoria in Paolo Yun Ji-chung e nei suoi 123 compagni. I loro nomi si aggiungono a quelli dei Santi Martiri Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e compagni, ai quali poc’anzi ho reso omaggio. Tutti vissero e morirono per Cristo ed ora regnano con Lui nella gioia e nella gloria. Con san Paolo ci dicono che, nella morte e risurrezione del suo Figlio, Dio ci ha donato la vittoria più grande di tutte. Infatti, «né morte né vita, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Gesù Cristo, nostro Signore» (Rm 8,38-39).

[T]

La vittoria dei martiri, la loro testimonianza resa alla potenza dell’amore di Dio continua a portare frutti anche oggi in Corea, nella Chiesa che riceve incremento dal loro sacrificio. La celebrazione del beato Paolo e dei suoi compagni ci offre l’opportunità di ritornare ai primi momenti, agli albori della Chiesa in Corea. Invita voi, cattolici coreani, a ricordare le grandi cose che Dio ha compiuto in questa terra e a custodire come tesoro il lascito di fede e di carità a voi affidato dai vostri antenati.

Nella misteriosa provvidenza di Dio, la fede cristiana non giunse ai lidi della Corea attraverso missionari; vi entrò attraverso i cuori e le menti della gente coreana stessa. Essa fu stimolata dalla curiosità intellettuale, dalla ricerca della verità religiosa. Attraverso un iniziale incontro con il Vangelo, i primi cristiani coreani aprirono le loro menti a Gesù. Volevano conoscere di più su questo Cristo che ha sofferto, è morto ed è risorto dai morti. L’apprendere qualcosa su Gesù condusse presto ad un incontro con il Signore stesso, ai primi battesimi, al desiderio di una vita sacramentale ed ecclesiale piena, e agli inizi di un impegno missionario. Ha portato inoltre i suoi frutti in comunità che traevano ispirazione dalla Chiesa primitiva, nella quale i credenti erano veramente un cuore solo e un’anima sola, senza badare alle tradizionali differenze sociali, ed avevano ogni cosa in comune (cfr At 4,32).

[T]

Questa storia ci dice molto sull’importanza, la dignità e la bellezza della vocazione dei laici! Rivolgo il mio saluto ai tanti fedeli laici qui presenti, in particolare alle famiglie cristiane che ogni giorno mediante il loro esempio educano i giovani alla fede e all’amore riconciliatore di Cristo. In maniera speciale saluto i molti sacerdoti presenti; attraverso il loro generoso ministero trasmettono il ricco patrimonio di fede coltivato dalle passate generazioni di cattolici coreani.

Il Vangelo odierno contiene un importante messaggio per tutti noi. Gesù chiede al Padre di consacrarci nella verità e di custodirci dal mondo. Anzitutto, è significativo che, mentre Gesù chiede al Padre di consacrarci e di custodirci, non gli chiede di toglierci dal mondo. Sappiamo che invia i suoi discepoli perché siano lievito di santità e di verità nel mondo: il sale della terra, la luce del mondo. In questo, i martiri ci indicano la strada.

[T]

Qualche tempo dopo che i primi semi della fede furono piantati in questa terra, i martiri e la comunità cristiana dovettero scegliere tra seguire Gesù o il mondo. Avevano udito l’avvertimento del Signore, e cioè che il mondo li avrebbe odiati a causa sua (Gv 17,14); sapevano il prezzo dell’essere discepoli. Per molti ciò significò la persecuzione e, più tardi, la fuga sulle montagne, dove formarono villaggi cattolici. Erano disposti a grandi sacrifici e a lasciarsi spogliare di quanto li potesse allontanare da Cristo: i beni e la terra, il prestigio e l’onore, poiché sapevano che solo Cristo era il loro vero tesoro.

Oggi molto spesso sperimentiamo che la nostra fede viene messa alla prova dal mondo, e in moltissimi modi ci vien chiesto di scendere a compromessi sulla fede, di diluire le esigenze radicali del Vangelo e conformarci allo spirito del tempo. E tuttavia i martiri ci richiamano a mettere Cristo al di sopra di tutto e a vedere tutto il resto in questo mondo in relazione a Lui e al suo Regno eterno. Essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire.

[T]

L’esempio dei martiri, inoltre, ci insegna l’importanza della carità nella vita di fede. Fu la purezza della loro testimonianza a Cristo, manifestata nell’accettazione dell’uguale dignità di tutti i battezzati, che li condusse ad una forma di vita fraterna che sfidava le rigide strutture sociali del loro tempo. Fu il loro rifiuto di dividere il duplice comandamento dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo che li portò ad una così grande sollecitudine per le necessità dei fratelli. Il loro esempio ha molto da dire a noi, che viviamo in società dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più abbietta povertà; dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri; e dove Cristo continua a chiamare, ci chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi.

Se seguiamo l’esempio dei martiri e crediamo nella parola del Signore, allora comprenderemo la sublime libertà e la gioia con la quale essi andarono incontro alla morte. Inoltre vedremo che la celebrazione odierna abbraccia gli innumerevoli martiri anonimi, in questo Paese e nel resto del mondo, i quali, specie nell’ultimo secolo, hanno offerto la propria vita per Cristo o hanno sofferto pesanti persecuzioni a causa del suo nome.

[T]

Oggi è un giorno di grande gioia per tutti i coreani. L’eredità del beato Paolo Yun Ji-chung e dei suoi Compagni – la loro rettitudine nella ricerca della verità, la loro fedeltà ai sommi principi della religione che hanno scelto di abbracciare, nonché la loro testimonianza di carità e di solidarietà verso tutti – tutto ciò fa parte della ricca storia del popolo coreano. L’eredità dei martiri può ispirare tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata, contribuendo così alla pace e alla difesa dei valori autenticamente umani in questo Paese e nel mondo intero.

Possano le preghiere di tutti i martiri coreani, in unione con quelle della Madonna, Madre della Chiesa, ottenerci la grazia di perseverare nella fede e in ogni opera buona, nella santità e nella purezza di cuore, e nello zelo apostolico di testimoniare Gesù in questa amata Nazione, in tutta l’Asia e sino ai confini della terra. Amen.

 


 




Caterina63
00sabato 16 agosto 2014 14:15

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

INCONTRO CON LE COMUNITÀ RELIGIOSE IN COREA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Training Center "School of Love" (Kkottongnae)
Sabato, 16 agosto 2014

Video

 

Buonasera! C’è un piccolo problema. Se c’è una cosa che mai si deve trascurare è la preghiera, ma oggi faremo la preghiera personalmente. Vi spiego perché non possiamo pregare i Vespri insieme: perché abbiamo un problema di tempo col decollo dell’elicottero. Se non decolliamo in tempo, c’è il pericolo di finire “sfasciati” sulla montagna! Adesso faremo solamente una preghiera alla Madre. Tutti insieme, preghiamo la Madonna tutti insieme. E poi parleranno i due presidenti e poi io.

Ave o Maria...

Cari fratelli e sorelle in Cristo,

vi saluto tutti con affetto nel Signore: è bello essere con voi oggi e condividere questo momento di comunione. La grande varietà di carismi e di attività apostoliche da voi rappresentata arricchisce la vita della Chiesa in Corea ed oltre, in modo meraviglioso. In questa celebrazione dei Vespri, nella quale abbiamo cantato – dovevamo avere cantato! - le lodi della bontà di Dio, ringrazio voi e tutti i vostri fratelli e sorelle per l’impegno che ponete nell’edificare il Regno di Dio. Ringrazio Padre Hwang Seok-mo e Suor Scholastica Lee Kwang-ok, Presidenti delle conferenze coreane delle religiose e dei religiosi.

[T]

Le parole del Salmo: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma Dio è roccia del mio cuore, mia parte per sempre» (Sal 73,26) ci fanno pensare alla nostra vita. Il Salmista esprime gioiosa fiducia in Dio. Tutti sappiamo che, anche se la gioia non si esprime allo stesso modo in tutti i momenti della vita, specialmente in quelli di grande difficoltà, «sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato» (Evangelii gaudium, 6). La ferma certezza di essere amati da Dio è al centro della vostra vocazione: essere per gli altri un segno tangibile della presenza del Regno di Dio, un anticipo delle gioie eterne del cielo. Solo se la nostra testimonianza è gioiosa potremo attrarre uomini e donne a Cristo; e tale gioia è un dono che si nutre di una vita di preghiera, di meditazione della Parola di Dio, della celebrazione dei Sacramenti e della vita comunitaria, che è molto importante. Quando queste mancano, emergeranno le debolezze e le difficoltà che oscureranno la gioia conosciuta così intimamente all’inizio del nostro cammino.

Per voi, uomini e donne consacrati a Dio, tale gioia è radicata nel mistero della misericordia del Padre rivelata nel sacrificio di Cristo sulla croce. Sia che il carisma del vostro Istituto si orientati più alla contemplazione, sia piuttosto alla vita attiva, la vostra sfida è quella di diventare “esperti” nella divina misericordia proprio attraverso la vita in comunità. Per esperienza so che la vita comunitaria non è sempre facile, ma è un terreno provvidenziale per la formazione del cuore. Non è realistico non attendersi dei conflitti: sorgeranno incomprensioni e occorrerà affrontarle. Ma nonostante tali difficoltà, è nella vita comunitaria che siamo chiamati a crescere nella misericordia, nella pazienza e nella perfetta carità.

[T]

L’esperienza della misericordia di Dio, nutrita dalla preghiera e dalla comunità, deve plasmare tutto ciò che siete e tutto ciò che fate. La vostra castità, povertà e obbedienza diventeranno una testimonianza gioiosa dell’amore di Dio nella misura in cui rimanete saldi sulla roccia della sua misericordia. Questa è la roccia. Questo avviene in modo particolare per quanto riguarda l’obbedienza religiosa. Un’obbedienza matura e generosa richiede che aderiate nella preghiera a Cristo, il quale, assumendo la forma di servo, imparò l’obbedienza mediante la sofferenza (cfr Perfectae caritatis, 14). Non ci sono scorciatoie: Dio desidera i nostri cuori completamente, e ciò significa che dobbiamo “distaccarci” e “uscire da noi stessi” sempre di più. Un’esperienza viva della premurosa misericordia di Dio sostiene anche il desiderio di raggiungere quella perfetta carità che scaturisce dalla purezza di cuore. La castità esprime la vostra donazione esclusiva all’amore di Dio, il quale è la roccia dei nostri cuori. Sappiamo tutti quanto impegno personale ed esigente ciò comporti. Le tentazioni in questo campo richiedono umile fiducia in Dio, vigilanza, perseveranza e apertura del cuore al fratello saggio o alla sorella saggia, che il Signore pone sulla nostra strada.

[T]

Mediante il consiglio evangelico della povertà sarete capaci di riconoscere la misericordia di Dio non soltanto quale sorgente di fortezza, ma anche come un tesoro. Sembra contraddittorio, ma essere poveri significa trovare un tesoro. Anche se siamo affaticati, possiamo offrirgli i nostri cuori appesantiti da peccati e debolezze; nei momenti in cui ci sentiamo più fragili, possiamo incontrare Cristo, che si fece povero affinché noi diventassimo ricchi (cfr 2 Cor 8,9). Questo nostro bisogno fondamentale di essere perdonati e guariti è in sé stesso una forma di povertà che non dovremmo mai dimenticare, nonostante tutti i progressi che faremo verso la virtù. Dovrebbe inoltre trovare espressione concreta nel vostro stile di vita, sia personale che comunitario; penso in particolare al bisogno di evitare tutte quelle cose che possono distrarvi e causare sconcerto e scandalo negli altri. Nella vita consacrata la povertà è sia un “muro” che una “madre”. È un “muro” perché protegge la vita consacrata, è una “madre” perché la aiuta a crescere e la conduce nel giusto cammino. L’ipocrisia di quegli uomini e donne consacrati che professano il voto di povertà e tuttavia vivono da ricchi, ferisce le anime dei fedeli e danneggia la Chiesa. Pensate anche a quanto è pericolosa la tentazione di adottare una mentalità puramente funzionale e mondana, che induce a riporre la nostra speranza soltanto nei mezzi umani, distrugge la testimonianza della povertà che Nostro Signore Gesù Cristo ha vissuto e ci ha insegnato. E ringrazio, su questo punto, il Padre presidente e la Suora presidente, perché hanno parlato giustamente del pericolo che la globalizzazione e il consumismo recano alla povertà religiosa. Grazie.

[T]

Cari fratelli e sorelle, con grande umiltà, fate tutto ciò che potete per dimostrare che la vita consacrata è un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo. Non trattenetelo solo per voi stessi; condividetelo, portando Cristo in ogni angolo di questo amato Paese. Lasciate che la vostra gioia continui a trovare espressione nei vostri sforzi di attrarre e coltivare vocazioni, riconoscendo che tutti voi avete parte nel formare gli uomini e le donne consacrati quelli che verranno dopo di voi, domani. Sia che vi dedichiate alla vita contemplativa, sia a quella apostolica, siate zelanti nell’amore per la Chiesa in Corea e nel desiderio di contribuire, mediante il vostro specifico carisma, alla sua missione di proclamare il Vangelo e di edificare il popolo di Dio nell’unità, nella santità e nell’amore.

Vi affido tutti, in modo speciale i membri anziani e infermi delle vostre comunità - un saluto speciale per loro dal cuore. Vi affido alle amorevoli cure di Maria, Madre della Chiesa, e vi do di cuore la benedizione. Vi benedica Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo.

   

 

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

INCONTRO CON I LEADER DELL'APOSTOLATO LAICO

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Centro di Spiritualità (Kkottongnae)
Sabato, 16 agosto 2014

Video

 

Cari fratelli e sorelle,

sono grato di avere questa opportunità di incontrare voi, che rappresentate le molte espressioni del fiorente apostolato dei laici in Corea: sempre è stato fiorente! E’ un fiore che rimane! Ringrazio il Presidente del Consiglio dell’Apostolato Laico Cattolico, il Signor Paul Kwon Kil-joog, per le gentili espressioni di benvenuto da parte vostra.

La Chiesa in Corea, come sappiamo, è erede della fede di generazioni di laici che hanno perseverato nell’amore di Gesù Cristo e nella comunione con la Chiesa, nonostante la scarsità di sacerdoti e la minaccia di gravi persecuzioni. Il beato Paul Yun Ji-chung e i martiri oggi beatificati rappresentano un capitolo straordinario di tale storia. Essi diedero testimonianza alla fede non soltanto mediante le loro sofferenze e la morte, ma anche con la loro vita di amorevole solidarietà l’uno verso l’altro nelle comunità cristiane, caratterizzate da esemplare carità.

Questa preziosa eredità si prolunga nelle vostre opere di fede, di carità e di servizio. Oggi, come sempre, la Chiesa ha bisogno di una testimonianza credibile dei laici alla verità salvifica del Vangelo, al suo potere di purificare e trasformare il cuore umano, e alla sua fecondità nell’edificare la famiglia umana in unità, giustizia e pace. Sappiamo che vi è un’unica missione della Chiesa di Dio, e che ogni cristiano battezzato ha un ruolo vitale in questa missione. I vostri doni di laici, uomini e donne, sono molteplici e vario è il vostro apostolato, e tutto ciò che fate è destinato alla promozione della missione della Chiesa, assicurando che l’ordine temporale sia permeato e perfezionato dallo Spirito di Cristo e ordinato alla venuta del suo Regno. In modo particolare, desidero riconoscere l’opera delle molte associazioni direttamente coinvolte nell’andare incontro ai poveri e ai bisognosi. Come dimostra l’esempio dei primi cristiani coreani, la fecondità della fede si esprime in solidarietà concreta nei confronti dei nostri fratelli e sorelle, senza alcun riguardo alla loro cultura e allo stato sociale, perché in Cristo «non c’è greco o giudeo» (Gal 3,28). Sono profondamente grato a quanti di voi, con il lavoro e con la testimonianza, portano la consolante presenza del Signore alla gente che vive nelle periferie della nostra società. Questa attività non si esaurisce con l’assistenza caritativa, ma deve estendersi anche ad un impegno per la crescita umana. Non solo l’assistenza, ma anche lo sviluppo della persona. Assistere i poveri è cosa buona e necessaria, ma non è sufficiente. Vi incoraggio a moltiplicare i vostri sforzi nell’ambito della promozione umana, cosicché ogni uomo e ogni donna possa conoscere la gioia che deriva dalla dignità di guadagnare il pane quotidiano, sostenendo così le proprie famiglie. Ecco, questa dignità, in questo momento, è minacciata da questa cultura del denaro, che lascia senza lavoro tante persone… Noi possiamo dire: “Padre, noi diamo loro da mangiare”. Ma non è sufficiente! Colui e colei che sono senza lavoro devono sentire nel loro cuore la dignità di portare il pane a casa, di guadagnarsi il pane! Affido questo impegno a voi.

Desidero inoltre riconoscere il prezioso contributo offerto dalle donne cattoliche coreane alla vita e alla missione della Chiesa in questo Paese, come madri di famiglia, catechiste e insegnanti e in altri svariati modi. Allo stesso modo, non posso non sottolineare l’importanza della testimonianza data dalle famiglie cristiane. In un’epoca di crisi della vita familiare - lo sappiamo tutti -  le nostre comunità cristiane sono chiamate a sostenere le coppie sposate e le famiglie nell’adempiere la loro missione nella vita della Chiesa e della società. La famiglia rimane l’unità basilare della società e la prima scuola nella quale i bambini imparano i valori umani, spirituali e morali che li rendono capaci di essere dei fari di bontà, di integrità e di giustizia nelle nostre comunità.

Cari amici, qualunque sia il contributo particolare che date alla missione della Chiesa, vi chiedo di continuare a promuovere nelle vostre comunità una formazione più completa dei fedeli laici, mediante una catechesi permanente e la direzione spirituale. In tutto ciò che fate, vi chiedo di agire in completa armonia di mente e di cuore con i vostri pastori, cercando di porre le vostre intuizioni, i talenti e i carismi al servizio della crescita della Chiesa nell’unità e nello spirito missionario. Il vostro contributo è essenziale, poiché il futuro della Chiesa in Corea, come in tutta l’Asia, dipenderà in larga parte dallo sviluppo di una visione ecclesiologica fondata su una spiritualità di comunione, di partecipazione e di condivisione dei doni (cfr Ecclesia in Asia, 45).

Ancora una volta esprimo la mia gratitudine per quanto fate per l’edificazione della Chiesa in Corea nella santità e nello zelo. Possiate trarre costante ispirazione e forza nel vostro apostolato dal Sacrificio eucaristico, dove l’amore per Dio e per l’umanità, che è l’anima dell’apostolato, viene comunicato e nutrito (cfr Lumen gentium, 33). Su di voi, sulle vostre famiglie e su quanti partecipano alle opere corporali e spirituali delle vostre parrocchie, delle associazioni e dei movimenti, invoco gioia e pace nel Signore Gesù Cristo e nell’amorevole protezione di Maria, nostra Madre.

Vi chiedo, per favore, di pregare per me. E adesso tutti insieme preghiamo la Madonna, e poi vi darò la benedizione.

Recita Ave Maria

Benedizione

Grazie tante e pregate per me. Non dimenticatelo!

   



Caterina63
00domenica 17 agosto 2014 18:02

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

INCONTRO CON I VESCOVI DELL'ASIA

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Santuario di Haemi
Domenica, 17 agosto 2014

Video

 

Desidero rivolgervi un fraterno e cordiale saluto nel Signore, mentre siamo radunati in questo luogo santo, nel quale numerosi cristiani hanno donato la loro vita per la fedeltà a Cristo. Mi dicevano che ci sono i martiri senza nome, perché noi non ne conosciamo i nomi: sono santi senza nome. Ma questo mi fa pensare a tanti, tanti cristiani santi, nelle nostre chiese: bambini, ragazzi, uomini, donne, vecchietti… tanti! Non conosciamo i nomi, ma sono santi. Ci fa bene pensare a questa gente semplice che porta avanti la sua vita cristiana, e soltanto il Signore conosce la sua santità. La loro testimonianza di carità ha portato grazie e benedizioni alla Chiesa in Corea ed anche al di là dei suoi confini: le loro preghiere ci aiutino ad essere pastori fedeli delle anime affidate alla nostra cura. Ringrazio il cardinale Gracias per le gentili parole di benvenuto e per il lavoro svolto dalla Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia nel dare impulso alla solidarietà e promuovere l’azione pastorale nelle vostre Chiese locali.

In questo vasto Continente, nel quale abita una grande varietà di culture, la Chiesa è chiamata ad essere versatile e creativa nella sua testimonianza al Vangelo, mediante il dialogo e l’apertura verso tutti. Questa è la sfida vostra! In verità, il dialogo è parte essenziale della missione della Chiesa in Asia (cfr Ecclesia in Asia, 29). Ma nell’intraprendere il cammino del dialogo con individui e culture, quale dev’essere il nostro punto di partenza e il nostro punto di riferimento fondamentale che ci guida alla nostra meta? Certamente esso è la nostra identità propria, la nostra identità di cristiani. Non possiamo impegnarci in un vero dialogo se non siamoconsapevoli della nostra identità. Dal niente, dal nulla, dalla nebbia dell’autocoscienza non si può dialogare, non si può incominciare a dialogare. E, d’altra parte, non può esserci dialogo autentico se non siamo capaci di aprire la mente e il cuore, con empatia e sincera accoglienza verso coloro ai quali parliamo. E’ un’attenzione, e nell’attenzione ci guida lo Spirito Santo. Un chiaro senso dell’identità propria di ciascuno e una capacità di empatia sono pertanto il punto di partenza per ogni dialogo. Se vogliamo comunicare in maniera libera, aperta e fruttuosa con gli altri, dobbiamo avere ben chiaro ciò che siamo, ciò che Dio ha fatto per noi e ciò che Egli richiede da noi. E se la nostra comunicazione non vuole essere un monologo, dev’esserci apertura di mente e di cuore per accettare individui e culture. Senza paura: la paura è nemica di queste aperture.

Il compito di appropriarci della nostra identità e di esprimerla si rivela tuttavia non sempre facile, poiché, dal momento che siamo peccatori, saremo sempre tentati dallo spirito del mondo, che si manifesta in modi diversi. Vorrei qui segnalarne tre.
Il primo di essi è l’abbaglio ingannevole del relativismo, che oscura lo splendore della verità e, scuotendo la terra sotto i nostri piedi, ci spinge verso sabbie mobili, le sabbie mobili della confusione e della disperazione.
È una tentazione che nel mondo di oggi colpisce anche le comunità cristiane, portando la gente a dimenticare che «al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (Gaudium et spes, 10; cfr Eb 13,8). Non parlo qui del relativismo inteso solamente come un sistema di pensiero, ma di quel relativismo pratico quotidiano che, in maniera quasi impercettibile, indebolisce qualsiasi identità.

Un secondo modo attraverso il quale il mondo minaccia la solidità della nostra identità cristiana è la superficialità: la tendenza a giocherellare con le cose di moda, gli aggeggi e le distrazioni, piuttosto che dedicarsi alle cose che realmente contano (cfr Fil 1,10). In una cultura che esalta l’effimero e offre numerosi luoghi di evasione e di fuga, ciò presenta un serio problema pastorale. Per i ministri della Chiesa, questa superficialità può anche manifestarsi nell’essere affascinati dai programmi pastorali e dalle teorie, a scapito dell’incontro diretto e fruttuoso con i nostri fedeli, e anche con i non-fedeli, specialmente i giovani, che hanno invece bisogno di una solida catechesi e di una sicura guida spirituale. Senza un radicamento in Cristo, le verità per le quali viviamo finiscono per incrinarsi, la pratica delle virtù diventa formalistica e il dialogo viene ridotto ad una forma di negoziato, o all’accordo sul disaccordo. Quell’accordo sul disaccordo… perché le acque non si muovano… Questa superficialità che ci fa tanto male.

C’è poi una terza tentazione, che è l’apparente sicurezza di nascondersi dietro risposte facili, frasi fatte, leggi e regolamenti. Gesù ha lottato tanto con questa gente che si nascondeva dietro le leggi, i regolamenti, le risposte facili… Li ha chiamati ipocriti. La fede per sua natura non è centrata su se stessa, la fede tende ad “andare fuori”. Cerca di farsi comprendere, fa nascere la testimonianza, genera la missione. In questo senso, la fede ci rende capaci di essere al tempo stesso coraggiosi e umili nella nostra testimonianza di speranza e di amore. San Pietro ci dice che dobbiamo essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3,15). La nostra identità di cristiani consiste in definitiva nell’impegno di adorare Dio solo e di amarci gli uni gli altri, di essere al servizio gli uni degli altri e di mostrare attraverso il nostro esempio non solo in che cosa crediamo, ma anche in che cosa speriamo e chi è Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia (cfr 2 Tm 1,12).

Per riassumere, è la fede viva in Cristo che costituisce la nostra identità più profonda, cioè essere radicati nel Signore. E se c’è questo, tutto il resto è secondario. È da questa identità profonda, la fede viva in Cristo nella quale siamo radicati, da questa realtà profonda che prende avvio il nostro dialogo, ed è questa che siamo chiamati a condividere in modo sincero, onesto, senza presunzione, attraverso il dialogo della vita quotidiana, il dialogo della carità e in tutte quelle occasioni più formali che possono presentarsi. Poiché Cristo è la nostra vita (cfr Fil 1,21), parliamo di Lui e a partire da Lui, senza esitazione o paura. La semplicità della sua parola diventa evidente nella semplicità della nostra vita, nella semplicità del nostro modo di comunicare, nella semplicità delle nostre opere di servizio e carità verso i nostri fratelli e sorelle.

Vorrei ora fare riferimento ad un ulteriore elemento della nostra identità di cristiani: essa è feconda. Poiché continuamente nasce e si nutre della grazia del nostro dialogo con il Signore e degli impulsi dello Spirito, essa porta un frutto di giustizia, bontà e pace. Permettetemi quindi di farvi una domanda circa i frutti che l’identità di cristiani sta portando nella vostra vita e nella vita delle comunità affidate alla vostra cura pastorale. L’identità cristiana delle vostre Chiese particolari appare chiaramente nei vostri programmi di catechesi e di pastorale giovanile, nel vostro servizio ai poveri e a coloro che languiscono ai margini delle nostre ricche società e nei vostri sforzi di alimentare le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa? Appare in questa fecondità? Questa è una domanda che faccio, e ognuno di voi può pensarci.

Infine, assieme ad un chiaro senso della nostra propria identità di cristiani, il dialogo autentico richiede anche una capacità di empatia. Perché ci sia dialogo, dev’esserci questa empatia. La sfida che ci si pone è quella di non limitarci al ascoltare le parole che gli altri pronunciano, ma di cogliere la comunicazione non detta delle loro esperienze, delle loro speranze, delle loro aspirazioni, delle loro difficoltà e di ciò che sta loro più a cuore. Tale empatia dev’essere frutto del nostro sguardo spirituale e dell’esperienza personale, che ci porta a vedere gli altri come fratelli e sorelle, ad “ascoltare”, attraverso e al di là delle loro parole e azioni, ciò che i loro cuori desiderano comunicare.
In questo senso, il dialogo richiede da noi un autentico spirito “contemplativo”: spirito contemplativo di apertura e di accoglienza dell’altro. Io non posso dialogare se sono chiuso all’altro.
Apertura? Di più: accoglienza! Vieni a casa mia, tu, nel mio cuore. Il mio cuore ti accoglie. Vuole ascoltarti. Questa capacità di empatia ci rende capaci di un vero dialogo umano, nel quale parole, idee e domande scaturiscono da un’esperienza di fraternità e di umanità condivisa. Se vogliamo andare al fondamento teologico di questo, andiamo al Padre: ci ha creato tutti. Siamo figli dello stesso Padre. Questa capacità di empatia conduce ad un genuino incontro – dobbiamo andare verso questa cultura dell’incontro – in cui il cuore parla al cuore. Siamo arricchiti dalla sapienza dell’altro e diventiamo aperti a percorrere insieme il cammino di una più profonda conoscenza, amicizia e solidarietà. “Ma, fratello Papa, noi facciamo questo, ma forse non convertiamo nessuno o pochi…”.
Intanto tu fai questo: con la tua identità, ascolta l’altro. Qual è stato il primo comandamento di Dio Padre al nostro padre Abramo? “Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile”. E così, con la mia identità e con la mia empatia, apertura, cammino con l’altro. Non cerco di portarlo dalla mia parte, non faccio proselitismo.
Papa Benedetto ci ha detto chiaramente: “La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione”. Nel contempo, camminiamo nella presenza del Padre, siamo irreprensibili: compiamo questo primo comandamento. E lì si farà l’incontro, il dialogo. Con l’identità, con l’apertura. E’ un cammino di una più profonda conoscenza, amicizia e solidarietà. Come ha osservato giustamente San Giovanni Paolo II, il nostro impegno per il dialogo si fonda sulla logica stessa dell’incarnazione: in Gesù, Dio stesso è diventato uno di noi, ha condiviso la nostra esistenza e ci ha parlato con la nostra lingua (cfr Ecclesia in Asia, 29). In tale spirito di apertura agli altri, spero fermamente che i Paesi del vostro Continente con i quali la Santa Sede non ha ancora una relazione piena non esiteranno a promuovere un dialogo a beneficio di tutti. Non mi riferisco soltanto al dialogo politico, ma al dialogo fraterno… “Ma questi cristiani non vengono come conquistatori, non vengono a toglierci la nostra identità: ci portano la loro, ma vogliono camminare con noi”. E il Signore farà la grazia: talvolta muoverà i cuori, qualcuno chiederà il battesimo, altre volte no. Ma sempre camminiamo insieme. Questo è il nocciolo del dialogo.

Cari fratelli, vi ringrazio per la vostra accoglienza fraterna e cordiale. Quando guardiamo al grande Continente asiatico, con la sua vasta estensione di terre, le sue antiche culture e tradizioni, siamo consapevoli che, nel piano di Dio, le vostre comunità cristiane sono davvero un pusillus grex, un piccolo gregge, al quale tuttavia è stata affidata la missione di portare la luce del Vangelo fino ai confini della terra. E’ proprio il seme di senape! Piccolino… Il Buon Pastore, che conosce e ama ciascuna delle sue pecore, guidi e irrobustisca i vostri sforzi nel radunarle in unità con Lui e con tutti gli altri membri del suo gregge sparso per il mondo. Adesso, tutti insieme, affidiamo alla Madonna le vostre Chiese, il Continente asiatico, perché come Madre ci insegni quello che soltanto una mamma sa insegnare: chi sei, come ti chiami e come si cammina con gli altri nella vita. Preghiamo la Madonna insieme.

 


 


Caterina63
00domenica 17 agosto 2014 18:06

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

SANTA MESSA CONCLUSIVA DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO




Castello di Haemi 
Domenica, 17 agosto 2014

Video

 

Cari giovani amici,

«La gloria dei martiri brilla su di voi!». Queste parole, che fanno parte del tema della Sesta Giornata Asiatica della Gioventù, consolano tutti noi e ci danno forza. Giovani dell’Asia, voi siete eredi di una grande testimonianza, di una preziosa confessione di fede in Cristo. E’ Lui la luce del mondo, Lui la luce della nostra vita! I martiri della Corea, e innumerevoli altri in tutta l’Asia, hanno consegnato i propri corpi ai persecutori; a noi invece hanno consegnato una testimonianza perenne del fatto che la luce della verità di Cristo scaccia ogni tenebra e l’amore di Cristo trionfa glorioso. Con la certezza della sua vittoria sulla morte e della nostra partecipazione ad essa, possiamo affrontare la sfida di essere suoi discepoli oggi, nelle nostre situazioni di vita e nel nostro tempo.

Le parole su cui abbiamo appena riflettuto sono una consolazione. L’altra parte del tema della Giornata – «Gioventù dell’Asia, alzati!» – vi parla di un compito, di una responsabilità. Consideriamo per un momento ciascuna di queste parole. Anzitutto l’espressione «dell’Asia». Vi siete radunati qui in Corea, da ogni parte dell’Asia. Ciascuno di voi ha un posto ed un contesto proprio nei quali siete chiamati a riflettere l’amore di Dio. Il Continente asiatico, imbevuto di ricche tradizioni filosofiche e religiose, rimane una grande frontiera per la vostra testimonianza a Cristo, «via, verità e vita» (Gv 14,6). Quali giovani che non soltanto vivete in Asia, ma siete figli e figlie di questo grande Continente, avete il diritto e il compito di prendere parte pienamente alla vita delle vostre società. Non abbiate paura di portare la sapienza della fede in ogni ambito della vita sociale!

Inoltre, quali giovani asiatici, voi vedete e amate dal di dentro tutto ciò che è bello, nobile e vero nelle vostre culture e tradizioni. Al tempo stesso, come cristiani, sapete anche che il Vangelo ha la forza di purificare, elevare e perfezionare questo patrimonio. Mediante la presenza dello Spirito Santo dato a voi nel Battesimo e sigillato nella Confermazione, in unione con i vostri Pastori, potete apprezzare i molti valori positivi delle diverse culture dell’Asia. Siete inoltre capaci di discernere ciò che è incompatibile con la vostra fede cattolica, ciò che è contrario alla vita di grazia innestata in voi col Battesimo, e quali aspetti della cultura contemporanea sono peccaminosi, corrotti e conducono alla morte.

Ritornando al tema della Giornata, riflettiamo sulla parola “gioventù”. Voi e i vostri amici siete pieni di ottimismo, di energia e di buona volontà, caratteristici di questa stagione della vostra vita. Lasciate che Cristo trasformi il vostro naturale ottimismo in speranza cristiana, la vostra energia in virtù morale, la vostra buona volontà in amore genuino che si sa sacrificare! Questo è il cammino che siete chiamati ad intraprendere. Questo è il cammino per vincere tutto ciò che minaccia la speranza, la virtù e l’amore nella vostra vita e nella vostra cultura. In questo modo, la vostra giovinezza sarà un dono a Gesù e al mondo.

Come giovani cristiani, sia che siate lavoratori, o studenti, o che abbiate già intrapreso una professione, o risposto alla chiamata al matrimonio, alla vita religiosa o al sacerdozio, voi non siete soltanto una parte del futuro della Chiesa: siete anche una parte necessaria e amata del presente della Chiesa! Siete il presente della Chiesa! Rimanete uniti gli uni agli altri, avvicinatevi sempre più a Dio, e insieme con i vostri Vescovi e sacerdoti spendete questi anni per edificare una Chiesa più santa, più missionaria e umile – una Chiesa più santa, più missionaria e più umile – una Chiesa che ama e adora Dio, cercando di servire i poveri, le persone sole, i malati e gli emarginati.

Nella vostra vita cristiana sarete molte volte tentati, come i discepoli nel Vangelo di oggi, di allontanare lo straniero, il bisognoso, il povero e chi ha il cuore spezzato. Sono queste persone in modo speciale che ripetono il grido della donna del Vangelo: «Signore, aiutami!». L’invocazione della donna cananea è il grido di ogni persona che è alla ricerca di amore, di accoglienza e di amicizia con Cristo. E’ il gemito di tante persone nelle nostre città anonime, la supplica di moltissimi vostri contemporanei, e la preghiera di tutti quei martiri che ancora oggi soffrono persecuzione e morte nel nome di Gesù: «Signore, aiutami!». E’ spesso un grido che sgorga dai nostri stessi cuori: «Signore, aiutami!». Diamo risposta a questa invocazione, non come quelli che allontanano le persone che chiedono, come se servire i bisognosi si contrapponesse allo stare più vicini al Signore. No! Dobbiamo essere come Cristo, che risponde ad ogni domanda d’aiuto con amore, misericordia e compassione.

Infine, la terza parte del tema di questa Giornata: «Alzati!». Questa parola parla di una responsabilità che il Signore vi affida. E’ il dovere di essere vigilanti per non lasciare che le pressioni, le tentazioni e i nostri peccati o quelli di altri intorpidiscano la nostra sensibilità per la bellezza della santità, per la gioia del Vangelo. Il Salmo responsoriale odierno ci invita continuamente ad «essere lieti e a cantare con gioia». Nessuno, se è addormentato, può cantare, danzare, rallegrarsi. Non è bene quando vedo giovani che dormono… No! “Alzati!”. Vai, vai! Vai avanti! Cari giovani, «Dio, il nostro Dio, ci ha benedetti!» (Sal 67); da Lui abbiamo «ottenuto misericordia» (Rm 11,30). Con la certezza dell’amore di Dio, andate per il mondo, così che «a motivo della misericordia da voi ricevuta» (v. 31), i vostri amici, i colleghi di lavoro, i connazionali e ogni persona di questo grande Continente «anch’essi ottengano misericordia» (v. 31). E’ proprio mediante questa misericordia che siamo salvati.

Cari giovani dell’Asia, vi auguro che, uniti a Cristo e alla Chiesa, possiate camminare su questa strada che certamente vi riempirà di gioia. Ed ora, mentre ci accostiamo alla mensa dell’Eucaristia, rivolgiamoci a Maria nostra Madre, che diede al mondo Gesù. Sì, Madre nostra Maria, noi desideriamo ricevere Gesù; nel tuo materno affetto, aiutaci a portarlo agli altri, a servirlo con fedeltà, e ad onorarlo in ogni tempo ed in ogni luogo, in questo Paese e in tutta l’Asia. Amen.

Gioventù dell’Asia, alzati!

 




Caterina63
00domenica 17 agosto 2014 20:32


  Francesco prega davanti al "Giardino dei bambini abortiti"


http://www.photogallery.va/content/dam/photogallery/corea2014/or140816103037_002261.jpg/_jcr_content/renditions/cq5dam.web.800.800.jpeg


Il Papa prega davanti alle croci del "Giardino dei bimbi abortiti"

16/08/2014

Una sosta breve ma capace di catalizzare rapidamente l’attenzione mondiale. È quella, di appena qualche minuto, che Papa Francesco ha compiuto al “Giardino dei bambini abortiti”, poco dopo essersi congedato dai disabili e dai loro assistenti incontrati nella vicina “House oh Hope” a Kkottongnae.

Il Papa è sceso dall’auto che lo portava all’incontro con i religiosi e si è avvicinato al simbolico cimitero formato da dozzine di croci bianche piantate nell’erba, rimanendo per qualche istante in silenzio e in preghiera. Prima di ripartire, Papa Francesco ha salutato una rappresentanza degli attivisti “Pro-life” coreani e il missionario senza gambe e braccia, Br. Lee Gu-won.

Nella sua Esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, Papa Francesco aveva ricordato che tra i “deboli di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo”.

Ribadendo che sul punto “non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione”, Papa Francesco scriveva: “Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a ‘modernizzazioni’. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero – riconosceva con schiettezza – che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l'aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie”. 
(A cura di Alessandro De Carolis - Radio Vaticana )

 

 

Caterina63
00lunedì 18 agosto 2014 09:39

VIAGGIO APOSTOLICO
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NELLA REPUBBLICA DI COREA 
IN OCCASIONE DELLA VI GIORNATA DELLA GIOVENTÙ ASIATICA

(13-18 AGOSTO 2014)

SANTA MESSA PER LA PACE E LA RICONCILIAZIONE

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Cattedrale di Myeong-dong (Seoul)
Lunedì, 18 agosto 2014

Video

 

Cari fratelli e sorelle,

la mia permanenza in Corea si avvia al termine e non posso che ringraziare Dio per le molte benedizioni che ha concesso a questo amato Paese e, in maniera particolare, alla Chiesa in Corea. Tra queste benedizioni conservo specialmente l’esperienza, vissuta insieme in questi ultimi giorni, della presenza di tanti giovani pellegrini provenienti da tutte le parti dell’Asia. Il loro amore per Gesù e il loro entusiasmo per la diffusione del suo Regno sono stati un’ispirazione per tutti.

La mia visita ora culmina in questa celebrazione della Santa Messa, in cui imploriamo da Dio la grazia della pace e della riconciliazione. Tale preghiera ha una particolare risonanza nella penisola coreana. La Messa di oggi è soprattutto e principalmente una preghiera per la riconciliazione in questa famiglia coreana. Nel Vangelo, Gesù ci dice quanto potente sia la nostra preghiera quando due o tre sono uniti nel suo nome per chiedere qualcosa (cfr Mt 18,19-20). Quanto più quando un intero popolo innalza la sua accorata supplica al cielo!

La prima lettura presenta la promessa di Dio di restaurare nell’unità e nella prosperità un popolo disperso dalla sciagura e dalla divisione. Per noi, come per il popolo di Israele, questa è una promessa piena di speranza: indica un futuro che fin d’ora Dio sta preparando per noi. Tuttavia questa promessa è inseparabilmente legata ad un comando: il comando di ritornare a Dio e di obbedire con tutto il cuore alla sua legge (cfr Dt 30,2-3). Il dono divino della riconciliazione, dell’unità e della pace è inseparabilmente legato alla grazia della conversione: si tratta di una trasformazione del cuore che può cambiare il corso della nostra vita e della nostra storia, come individui e come popolo.

In questa Messa, naturalmente ascoltiamo tale promessa nel contesto dell’esperienza storica del popolo coreano, un’esperienza di divisione e di conflitto che dura da oltre sessant’anni. Ma il pressante invito di Dio alla conversione chiama anche i seguaci di Cristo in Corea ad esaminare la qualità del loro contributo alla costruzione di una società giusta e umana. Chiama ciascuno di voi a riflettere su quanto, come individui e come comunità, testimoniate un impegno evangelico per i disagiati, per gli emarginati, per quanti non hanno lavoro o sono esclusi dalla prosperità di molti. Vi chiama, come cristiani e come coreani, a respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto, sul contrasto e sulla competizione, e a favorire piuttosto una cultura plasmata dall’insegnamento del Vangelo e dai più nobili valori tradizionali del popolo coreano.

Nel Vangelo di oggi, Pietro chiede al Signore: «Se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». Il Signore risponde: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,21-22). Queste parole vanno al cuore del messaggio di riconciliazione e di pace indicato da Gesù. In obbedienza al suo comando, chiediamo quotidianamente al nostro Padre celeste di perdonare i nostri peccati, «come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Se non fossimo pronti a fare altrettanto, come potremmo onestamente pregare per la pace e la riconciliazione?

Gesù ci chiede di credere che il perdono è la porta che conduce alla riconciliazione. Nel comandare a noi di perdonare i nostri fratelli senza alcuna riserva, Egli ci chiede di fare qualcosa di totalmente radicale, ma ci dona anche la grazia per farlo. Quanto, da una prospettiva umana, sembra essere impossibile, impercorribile e perfino talvolta ripugnante, Gesù lo rende possibile e fruttuoso attraverso l’infinita potenza della sua croce. La croce di Cristo rivela il potere di Dio di colmare ogni divisione, di sanare ogni ferita e di ristabilire gli originali legami di amore fraterno.

Questo, dunque, è il messaggio che vi lascio a conclusione della mia visita in Corea. Abbiate fiducia nella potenza della croce di Cristo! Accogliete la sua grazia riconciliatrice nei vostri cuori e condividetela con gli altri! Vi chiedo di portare una testimonianza convincente del messaggio di riconciliazione di Cristo nelle vostre case, nelle vostre comunità e in ogni ambito della vita nazionale. Ho fiducia che, in uno spirito di amicizia e di cooperazione con gli altri cristiani, con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che hanno a cuore il futuro della società coreana, voi sarete lievito del Regno di Dio in questa terra. Allora le nostre preghiere per la pace e la riconciliazione saliranno a Dio da cuori più puri e, per il suo dono di grazia, otterranno quel bene prezioso a cui tutti aspiriamo.

Preghiamo dunque per il sorgere di nuove opportunità di dialogo, di incontro e di superamento delle differenze, per una continua generosità nel fornire assistenza umanitaria a quanti sono nel bisogno, e per un riconoscimento sempre più ampio della realtà che tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia e di un unico popolo. Parlano la stessa lingua.

Prima di lasciare la Corea, vorrei ringraziare la Signora Presidente della Repubblica, Park Geun-Hye,  le Autorità civili ed ecclesiastiche e tutti coloro che in qualsiasi forma hanno aiutato a rendere possibile questa visita. In special modo, vorrei rivolgere una parola di personale riconoscenza ai sacerdoti della Corea, che quotidianamente lavorano al servizio del Vangelo e alla costruzione del Popolo di Dio nella fede, nella speranza e nella carità. Chiedo a voi, quali ambasciatori di Cristo e ministri del suo amore di riconciliazione (cfr 2 Cor 5,18-20), di continuare a costruire legami di rispetto, di fiducia e di armoniosa cooperazione nelle vostre parrocchie, tra di voi e con i vostri Vescovi. Il vostro esempio di amore senza riserve per il Signore, la vostra fedeltà e dedizione al ministero, come pure il vostro impegno caritatevole per quanti si trovano nel bisogno, contribuiscono grandemente all’opera di riconciliazione e di pace in questo Paese.

Cari fratelli e sorelle, Dio ci chiama a ritornare a Lui e ad ascoltare la sua voce e promette di stabilirci sulla terra in una pace e prosperità maggiori di quanto i nostri antenati abbiano mai conosciuto. Possano i seguaci di Cristo in Corea preparare l’alba di quel nuovo giorno, quando questa terra del calmo mattino godrà le più ricche benedizioni divine di armonia e di pace! Amen.

   



Caterina63
00lunedì 18 agosto 2014 15:59

  Per tutta la durata del suo viaggio apostolico in Corea del Sud, Papa Francesco ha avuto al suo fianco un confratello gesuita come traduttore. Si tratta del 57enne padre John Chong Che-Chon, come rivela il quotidiano The Korea Times.


 



Padre John Chong è stato nominato dalla Santa Sede, dopo la richiesta all’ordine religioso fondato da sant’Ignazio di Loyola di avere come interprete per il Pontefice un sacerdote coreano che si esprimesse fluentemente sia in spagnolo che in italiano.


E padre Chong si è rivelato la figura perfetta avendo conseguito una laurea e un dottorato in Spagna, specializzandosi in Teologia spirituale, prima dell'ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1996.


Il gesuita ha incontrato il Pontefice giovedì al suo arrivo all’aeroporto internazionale di Seoul-Incheon, e lo ha accompagnato fino all’aeromobile che lo riporatava a Roma. E' stato infatti una delle ultime persone a congedarsi dal Papa, che, in segno di gratitudine, lo ha abbracciato con grande affetto.




Papa Francesco \ Viaggi e Visite

 

L'Iraq tra i temi della conferenza stampa del Papa in aereo: lecito fermare l'aggressore, non dico bombardare

Conferenza stampa del Papa in aereo di ritorno dalla Corea

18/08/2014

Il Papa è atterrato a Roma poco prima delle 18.00 di ritorno dal suo terzo viaggio apostolico che lo portato in Corea. Subito dopo l’arrivo è andato a Santa Maria Maggiore per portare alla statua della Madonna un mazzo di fiori donato da una bambina coreana. Sull’aereo Francesco ha parlato con i giornalisti dei momenti più importanti di questo viaggio, delle emozioni provate in diversi incontri, ma anche dell’attualità internazionale dall’Iraq al  Medio Oriente. La sintesi nel servizio di Gabriella Ceraso:

Il pensiero al popolo coreano apre e chiude sostanzialmente il dialogo articolato in sedici domande che il Papa ha tenuto con i giornalisti ma è stata l’attualità internazionale ad irrompere tra gli argomenti. Innanzitutto l’Iraq: l’approvazione o meno del bombardamento americano e un ipotetico viaggio del Papa nel Paese. “Sono disposto ad andare”, rivela Francesco, “ma in questo momento non è la cosa migliore da fare”, e poi ribadisce: “è lecito fermare l’aggressore ingiusto”, fermare, "non dico bombardare", chiarisce, e quindi “valutare i mezzi con cui farlo”:

Fermare l’aggressore ingiusto è lecito.  Ma dobbiamo avere memoria, pure, di quante volte sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma questo, come si ferma un aggressore ingiusto.

Poi la guerra in Medio oriente. Inutile dunque la preghiera di giugno, con Abu Mazen e Peres, in Vaticano? Gli si chiede. Quell’iniziativa “nata da uomini che credono in Dio” “assolutamente non è stata un fallimento”, risponde il Papa: senza preghiera, non c’è negoziato né dialogo, spiega, dunque è stata “un passo fondamentale di atteggiamento umano”. “Credo che la porta sia stata aperta”:

Adesso il fumo delle bombe, delle guerre non lasciano vedere la porta, ma la porta è rimasta aperta da quel momento. E io credo in Dio, io credo che il Signore guardi quella porta e quanti pregano e quanti chiedono che Lui ci aiuti

Le emozioni provate incontrando tanti testimoni di sofferenza in Corea sono l’occasione poi per il Papa per parlare degli effetti della guerra. Nell’abbraccio con le anziane donne superstiti della deportazione in Giappone nella seconda guerra mondiale, Francesco rivela di aver visto il dolore dell’intero popolo coreano, diviso, umiliato, invaso eppure forte nella sua dignità. Da qui il monito al mondo: “dobbiamo fermarci a pensare un po’ al livello di crudeltà al quale siamo arrivati” e poi le parole forti sulla tortura, usata, dice Francesco, "nei processi giudiziari e dall’intelligence" :

La tortura è un peccato contro l’umanità, è un delitto contro l’umanità e ai cattolici io dico: “Torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave!”. Ma è di più: è un peccato contro l’umanità

Sollecitato dai giornalisti il pensiero del Papa torna anche sulla disponibilità al dialogo con il popolo cinese, definito “bello, nobile e saggio”; "la Santa Sede tiene aperti i contatti” dice Francesco che rivela la voglia di compiere anche subito un viaggio in Cina. C'è anche una domanda sul processo di beatificazione dell’arcivescovo di San Salvador, mons. Oscar Arnulfo Romero, "sbloccato", spiega il Papa, che esprime l’auspicio che ora, per questo " uomo di Dio", tutto “si chiarisca e si proceda in fretta”. Poi le immancabili domande sui viaggi previsti nel 2015: è certa la tappa a Philadelphia, per l’incontro mondiale delle famiglie, cui si potrebbero aggiungere New York e Washington. Probabili poi il Messico e la Spagna. Infine le tante curiosità dei giornalisti sul privato: la vita "normale" condotta a Santa Marta, le vacanze all'insegna di un “ritmo diverso” di vita con più lettura, più riposo e più musica e infine il rapporto con Benedetto XVI, un rapporto "fraterno" fatto di confronto continuo di opinioni. La scelta che ne fa oggi un Papa emerito "ha aperto", afferma Francesco, una “porta che è istituzionale, non eccezionale":

Perché la nostra vita si allunga e ad una certa età non c’è la capacità di governare bene, perché il corpo si stanca … ma, la salute forse è buona, ma non c’è la capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della Chiesa. E io credo che Papa Benedetto XVI ha fatto questo gesto dei Papi emeriti. Ripeto: forse qualche teologo mi dirà che questo non è giusto, ma io la penso così. I secoli diranno se è così o no. Vediamo. Ma lei potrà dirmi: “E se lei non se la sentirà, un giorno, di andare avanti?”. Ma, farei lo stesso! Farei lo stesso. Pregherò, molto ma farei lo stesso.

 

   seguirà il testo integrale.... 

 

Caterina63
00martedì 19 agosto 2014 13:23
<header>

La conferenza stampa del Papa in aereo in versione integrale


</header>

2014-08-19 Radio Vaticana



Pubblichiamo di seguito la trascrizione completa della conferenza stampa tenuta da Papa Francesco sul volo di ritorno dalla Corea: 


(Padre Lombardi)


Allora … Santità, benvenuto tra noi per questo ultimo appuntamento di questo viaggio che è stato molto intenso ma che ci sembra sia riuscito molto bene: almeno, lei dà l’impressione di essere soddisfatto, dà l’impressione di essere stato bene e noi ne siamo stati molto contenti. Allora, per questo incontro che credo avvenga secondo lo stile dei due precedenti che abbiamo avuto con lei, ci siamo organizzati dividendoci per gruppi linguistici e poi in ognuno dei gruppi sono stati sorteggiati alcuni colleghi e colleghe che faranno le loro domande. Ne abbiamo un buon numero … quando Lei è stanco ci dice che basta, e noi ci fermiamo, ecco. Altrimenti, continuiamo.


Allora, noi vogliamo incominciare con un rappresentante del gruppo asiatico e invitiamo a venire qui al microfono Seung Jin Park, della Yonhap News: è l’agenzia coreana. Io dico anche chi si deve preparare in modo tale che incominci ad avvicinarsi qui e poi dopo non perdiamo troppo tempo nell’aspettarlo. La seconda domanda sarà di Alan Holdren, di Ewtn. Allora, Santità, Lei vuole dirci qualche cosa per introdurre? A Lei la parola, poi dopo diamo la parola al collega coreano …


(Papa Francesco)


Buongiorno. Buongiorno. Grazie tante per il vostro lavoro che è stato abbastanza impegnativo. Grazie per questo che avete fatto e adesso per l’attenzione per questo colloqui. Grazie tante.


(Padre Lombardi)
Allora, diamo la parola a Sung Park.

(Sung Ji Park)
Mi chiamo Sung Jin Park, giornalista della South Korean News Agency Yonhap. Santo Padre, a nome dei giornalisti coreani e del nostro popolo, desidero ringraziarLa per la Sua visita. Lei ha portato la felicità a molta gente, in Corea. E grazie anche per l’incoraggiamento all’unificazione del nostro Paese. Santo Padre, durante la Sua visita in Corea, Lei si è rivolto in primo luogo alle famiglie delle vittime del disastro del traghetto Sewol e le ha consolate. Ho due domande. Una: cosa ha provato quando le ha incontrate? Due: non si è preoccupato che il Suo gesto potesse essere frainteso politicamente?

(Papa Francesco)
Ma, quando tu ti trovi davanti al dolore umano, tu devi fare quello che il tuo cuore ti porta a fare. Poi diranno: “Ma, ha fatto questo perché ha questa intenzione politica o quell’altra”: ma, si può dire tutto. Ma quando tu pensi a questi uomini, a queste donne, papà e mamme, che hanno perso i figli, i fratelli e le sorelle che hanno perso fratelli e sorelle, al dolore tanto grande di una catastrofe, non so, il mio cuore … io sono un sacerdote, sai?, e sento che devo avvicinarmi! Ma, lo sento così, no? E, primo, quello. Io so che la consolazione che potrebbe dare una parola mia non è un rimedio, non dà vita nuova a quelli che sono morti, ma la vicinanza umana in questi momenti ci dà forza, c’è la solidarietà, no? Io ricordo che come arcivescovo a Buenos Aires ho vissuto due catastrofi di queste: uno, un incendio di una sala da ballo [dove si teneva] un concerto di musica pop: sono morti 193! E poi, un’altra volta, una catastrofe con i treni, credo che sono mancati 120. E io, in quel tempo, ho sentito lo stesso: di avvicinarmi. Ma, il dolore umano è forte e se noi in questi momenti tristi ci avviciniamo, ci aiutiamo tanto. E la domanda là, alla fine, io vorrei dire un’altra cosa di più. Io ho preso questo. [Si riferisce ad un distintivo in forma di fiocco portato dai familiari e da chi si è mobilitato per la tragedia del traghetto Sewol] Dopo mezza giornata di portarlo – l’ho preso per solidarietà con loro, eh? – qualcuno si è avvicinato e mi ha detto: “Ma, è meglio toglierlo, eh? Lei deve essere neutrale …” – “Ma, senti, con il dolore umano non si può essere neutrali”: così ho risposto. E’ quello che io sento. Ma grazie della tua domanda. Grazie.

A chi tocca adesso?

(Padre Lombardi)
Alan Holdren di Ewtn. Poi dopo c’è Jean-Louis de la Vaissière, del gruppo francese.

(Alan Holdren)
Santità, io mi chiamo Alan Holdren, lavoro per la Catholic News Agency – Aci Prensa a Lima, in Perù, e anche Ewtn. Come Lei sa, le forze militari degli Stati Uniti da poco hanno incominciato a bombardare dei terroristi in Iraq per prevenire un genocidio, per proteggere il futuro delle minoranze – penso anche ai cattolici sotto la sua guida. Lei approva questo bombardamento americano?

(Papa Francesco)
Grazie della domanda così chiara. In questi casi, dove c’è una aggressione ingiusta, soltanto posso dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra: fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare, dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo avere memoria, pure, eh? Quante volte sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma questo, come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stata l’idea delle Nazioni Unite: là si deve discutere, dire: “E’ un aggressore ingiusto? Sembra di sì. Come lo fermiamo?”. Ma soltanto quello. Niente di più. Secondo, le minoranze. Grazie della parola. Perché a me parlano “Ma, i cristiani, poveri cristiani”, ed è vero, soffrono. I martiri … eh sì, ci sono tanti martiri. Ma qui ci sono uomini e donne, minoranze religiose, non tutte cristiane, e tutti sono uguali davanti a Dio, no? Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto che l’umanità ha ma c’è anche un diritto che ha l’aggressore, di essere fermato perché non faccia del male. Questo.

(Padre Lombardi)
Jean-Louis de la Vaissière, di France Presse. Si prepara Fabio Zavattaro.

(Jean-Louis de la Vaissière, France Presse)
Buona sera, Santo Padre. Tornando ancora sulla vicenda irachena: come il cardinale Filoni, con il Superiore dei Domenicani, lei, Santità, sarebbe pronto a sostenere un intervento militare sul terreno in Iraq per fermare i jihadisti? E poi avevo un’altra domanda: lei pensa di potere andare un giorno in Iraq, forse in Kurdistan, per sostenere i profughi cristiani che La aspettano, e pregare con loro in questa terra dove vivono da duemila anni?

(Papa Francesco)

Grazie. Io sono stato poco tempo fa con il governatore del Kurdistan, e lui aveva un pensiero molto chiaro sulla situazione, come trovare soluzioni … ma era prima di questa aggressione ultima. Alla prima domanda ho risposto: io soltanto sono d’accordo sul fatto che quando c’è un aggressore ingiusto, venga fermato. Ah, sì: scusi, dimenticavo quello [sulla possibilità di recarsi in Kurdistan]. Sì, io sono disponibile, ma credo che posso dire questo: quando abbiamo sentito con i miei collaboratori di questa situazione delle minoranze religiose e anche il problema, in quel momento, del Kurdistan che non poteva ricevere tanta gente – è un problema, si capisce: non poteva, no? – cosa si può fare? Abbiamo pensato tante cose, no? Abbiamo scritto prima di tutto il comunicato che ha fatto padre Lombardi a nome mio. Dopo, questo comunicato è stato inviato a tutte le nunziature perché fosse comunicato ai governi. Poi, abbiamo scritto una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite … tante cose … e alla fine abbiamo detto: inviare un inviato personale, il cardinale Filoni. E alla fine abbiamo detto: e se fosse necessario, quando torniamo dalla Corea, possiamo andare lì. Era una delle possibilità. Questa è la risposta: sono disponibile. In questo momento non è la cosa migliore da fare, ma sono disposto a quello.

(Padre Lombardi)

Fabio Zavattaro, e si prepara Paloma García Ovejero della Cope …

(Fabio Zavattaro)

Lei, Santo Padre, è il primo Papa che ha potuto sorvolare la Cina. Il telegramma che ha mandato al presidente cinese è stato accolto senza commenti negativi. Pensa che questi siano passi in avanti di un dialogo possibile? E: avrebbe desiderio di andare in Cina?

(Padre Lombardi)

Posso annunciare che siamo sullo spazio aereo cinese, in questo momento, quindi la domanda è pertinente …

(Papa Francesco)

E quando all’andata stavamo per entrare nello spazio aereo cinese, io ero nel cockpit con i piloti, e uno di loro mi ha fatto vedere lì un registro e ha detto: “Mancano dieci minuti per entrare nello spazio aereo cinese, dobbiamo chiedere l’autorizzazione: sempre si chiede … è una cosa normale, a ogni Paese si chiede”, … e ho sentito come chiedevano l’autorizzazione, come si rispondeva … sono stato testimone di quello.  E il pilota ha detto: “Adesso va il telegramma”, ma non so come lo abbiano fatto; ma, così … poi mi sono congedato da loro, sono tornato al mio posto e ho pregato tanto per quel bello e nobile popolo cinese, un popolo saggio … Ma, io penso ai grandi saggi cinesi, ma una storia di scienza, di saggezza …  Anche i gesuiti: abbiamo storia lì, no?, con padre Ricci … E tutte queste cose mi venivano in mente. Se io ho voglia di andare in Cina? Ma sicuro: domani! Eh, sì. Noi rispettiamo il popolo cinese, soltanto la Chiesa chiede libertà per il suo mestiere, per il suo lavoro; nessun’altra condizione. Poi, non dimenticare quella Lettera fondamentale per il problema cinese, che è stata la Lettera inviata ai Cinesi da Papa Benedetto XVI. Quella Lettera, oggi è attuale, ha attualità. Rileggerla fa bene. E sempre la Santa Sede è aperta ai contatti: sempre, perché ha una vera stima per il popolo cinese.

(Padre Lombardi)

Paloma García Ovejero è della Cope, la Radio cattolica spagnola, e si prepara Johannes Schidelko della Kna …

(Paloma García Ovejero)

Bene: il prossimo viaggio sarà in Albania, forse Iraq; dopo Filippine e Sri Lanka … Ma dove andrà, nel 2015? E Le dico anche per caso: Lei sa che in Avila e in Alba de Tormes c’è tanta attesa: possono ancora sperare?

(Papa Francesco)

Ma sì, sì … La signora presidente di Corea, in perfetto spagnolo, m’ha detto: “La esperanza es la ultima que se pierde”: così m’ha detto, sperando nell’unificazione della Corea. Ma, mi viene questo. Si può sperare, ma non è deciso.

(Paloma García Ovejero)

Ma dopo Messico … Philadelphia …?

(Papa Francesco)

No: adesso ti spiego. Quest’anno, è prevista l’Albania, è vero. Alcuni dicono che il Papa ha uno stile di incominciare tutte le cose dalla periferia. Ma no, vado in Albania perché? Per due motivi importanti. Primo, perché sono riusciti a fare un governo – ma pensiamo ai Balcani, eh? – un governo di unità nazionale tra islamici, ortodossi, cattolici con un consiglio interreligioso che aiuta tanto ed è equilibrato. E questo va bene, è armonizzato. La presenza del Papa è per dire a tutti i popoli: “Ma, si può lavorare insieme!”. Io l’ho sentito come se fosse un vero aiuto a quel popolo nobile. E l’altra cosa: se pensiamo alla Storia dell’Albania, è stata religiosamente l’unico dei Paesi comunisti che nella sua Costituzione aveva l’ateismo. Se tu andavi a Messa era anticostituzionale. E poi, mi diceva uno dei ministri che sono state distrutte – voglio essere preciso nella cifra – 1.820 chiese: distrutte! Ortodosse, cattoliche … in quel tempo. E poi, altre chiese sono state fatte [trasformate] in cinema, teatro, sale da ballo … Io ho sentito che dovevo andare: è vicino, in un giorno si fa … Poi, l’anno prossimo vorrei andare a Philadephia, all’incontro delle famiglie, e anche sono stato invitato dal presidente degli Stati Uniti al Parlamento americano e anche dal segretario delle Nazioni Unite, a New York: forse le tre città, no?, insieme. Il Messico: i messicani vogliono che io vada alla Madonna di Guadalupe, e si potrà approfittare di quello, ma non è sicuro. E alla fine, la Spagna. I reali mi hanno invitato e l’episcopato mi ha invitato, ma … c’è una pioggia di inviti per andare in Spagna: Santiago de Compostela … forse è possibile, ma non dico di più perché non è deciso: andare al mattino ad Avila e ad Alba de Tormes, e tornare il pomeriggio … Sarebbe possibile …

(Paloma García Ovejero)

E’ possibile …

(Papa Francesco)

Sì, ma non è deciso. E questa è la risposta. Grazie a te.

(Padre Lombardi)

Johannes Schidelko dell’agenzia cattolica tedesca. Si prepara Yoshimori Fukushima, del Giappone, per la prossima domanda.

(Johannes Schidelko)

Grazie. Santità, quale tipo di rapporto c’è tra Lei e Benedetto XVI? esiste un abituale scambio di opinioni, di idee, esiste un progetto comune dopo questa enciclica?

(Papa Francesco)

Ci vediamo … Prima di partire sono andato a trovarlo. Lui, due settimane prima, mi ha inviato uno scritto interessante: mi chiedeva l’opinione … E, abbiamo un rapporto normale perché torno a questa idea: forse non piace a qualche teologo – io non sono teologo – ma penso che il Papa emerito non sia un’eccezione, ma dopo tanti secoli è il primo emerito, questo. Pensiamo, eh sì, come lui ha detto, “sono invecchiato, non ho le forze” … Ma è stato un bel gesto di nobiltà e anche di umiltà e di coraggio. Ma, io penso: 70 anni fa i vescovi emeriti, anche, erano un’eccezione: non esistevano. Oggi i vescovi emeriti sono una istituzione.
Io penso che “Papa emerito” sia già un’istituzione. Perché? Perché la nostra vita si allunga e a una certa età non c’è la capacità di governare bene, perché il corpo si stanca … ma, la salute forse è buona, ma non c’è la capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della Chiesa. E io credo che Papa Benedetto XVI abbia fatto questo gesto di Papi emeriti.
Ripeto: forse qualche teologo mi dirà che questo non è giusto, ma io la penso così. I secoli diranno se è così o no. Vediamo. Ma lei potrà dirmi: “E se lei non se la sentirà, un giorno, di andare avanti?”. Ma, farei lo stesso, eh? Farei lo stesso! Pregherò molto, ma farei lo stesso. Ha aperto una porta che è istituzionale, non eccezionale. Il nostro rapporto è di fratelli, davvero, ma io ho detto anche che lo sento come avere il nonno a casa per la saggezza: è un uomo con una saggezza, con le nuances, ma, che mi fa bene sentirlo. E, anche, mi incoraggia abbastanza. Questo è il rapporto che abbiamo con lui.

(Padre Lombardi)

Adesso abbiamo Yoshimori Fukushima del Mainichi Shimbun: siamo tornati in Asia. Lui è giapponese. E si prepara Deborah Ball, del Wall Street Journal.

(Yoshimori Fukushima)

Papa Francesco, intanto grazie mille per la sua prima visita in Asia. In questo viaggio, Lei ha incontrato delle persone che hanno sofferto. Che cosa ha provato quando lei ha salutato le sette “donne comfort” alla Messa di questa mattina? Per quanto riguarda la sofferenza delle persone, come in Corea, c’erano i cristiani nascosti anche in Giappone, e l’anno prossimo sarà il 150.mo anniversario della loro riemersione. Sarà possibile pregare per loro insieme con Lei a Nagasaki? Grazie mille.

 

(Papa Francesco)
Sarebbe bellissimo, sarebbe bellissimo! Sono stato invitato, eh? Sia dal governo, sia dall’episcopato: sono stato invitato. Ma, le sofferenze: lei torna su una delle prime domande. Il popolo coreano è un popolo che non ha perso la dignità. E’ stato un popolo invaso, umiliato, ha subito guerre, adesso è diviso, con tanta sofferenza. Ieri, quando sono andato all’incontro con i giovani, ho visitato il museo dei martiri, lì: ma, è terribile, la sofferenza di questa gente, semplicemente per non calpestare la Croce! E’ un dolore o una sofferenza storica. Ha capacità di soffrire, questo popolo, e quello è anche parte della sua dignità. Anche oggi, quando c’erano queste donne anziane, davanti, a Messa: pensare che in quell’invasione sono state, da ragazze, portate via, nelle caserme, per sfruttarle … e loro non hanno perso la dignità. Oggi erano dando la faccia [mostrando il volto], anziane, le ultime che rimangono, no? E’ un popolo forte nella sua dignità.
Ma tornando a queste cose di martirio, di sofferenze, anche queste donne: questi sono i frutti della guerra! E oggi noi siamo in un mondo in guerra, dappertutto! Qualcuno mi diceva: “Ma Lei sa, Padre, che siamo nella Terza Guerra Mondiale – ma a pezzi?”. Ha capito? E’ un mondo in guerra, dove si compiono queste crudeltà. Vorrei fermarmi su due parole: la prima, crudeltà. Ma, oggi i bambini non contano! Una volta si parlava di una guerra convenzionale, oggi questo non conta. Non dico che le guerre convenzionali siano una cosa buona, no. Ma oggi va la bomba e ti ammazza l’innocente con il colpevole, il bambino, con la donna, con la mamma … ammazzano tutti. Ma noi dobbiamo fermarci e pensare un po’ al livello di crudeltà al quale siamo arrivati. Ma, questo ci deve spaventare! E questo non è per fare paura: si può fare uno studio empirico. Ma, il livello di crudeltà dell’umanità, in questo momento, fa spaventare un po’. E l’altra parola sulla quale vorrei dire qualcosa e che è in rapporto con questa, è la tortura. Oggi la tortura è uno dei mezzi quasi – direi – ordinari dei comportamenti dei servizi di intelligence, dei processi giudiziari […] E la tortura è un peccato contro l’umanità, è un delitto contro l’umanità e ai cattolici io dico: “Torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave!”. Ma è di più: è un peccato contro l’umanità. Crudeltà e tortura. Mi piacerebbe tanto, a me, che voi nei vostri media, faceste delle riflessioni: come vedete queste cose, oggi? Com’è il livello di crudeltà dell’umanità? E cosa pensate della tortura? Credo che ci farà bene a tutti, riflettere su questo.

(Padre Lombardi)

Deborah Ball di Wall Street Journal; si prepara Anaïs Feuga della Radio Francese.

(Deborah Ball)

Grazie. La nostra domanda è: lei tiene un ritmo molto, molto impegnativo, molto serrato e si concede molto poco riposo e niente vacanze; fa questi viaggi massacranti. Poi, negli ultimi mesi, abbiamo visto che Lei ha dovuto cancellare, anche, qualche appuntamento anche all’ultimissimo momento. C’è da preoccuparsi per il ritmo che Lei tiene?

(Papa Francesco)
Eh sì, qualcuno me l’ha detto. Io ho preso le vacanze, adesso, a casa come faccio al solito, perché … una volta ho letto un libro. Interessante. Il titolo era: “Rallegrati di essere nevrotico”, eh? Anche io ho alcune nevrosi, ma bisogna trattarle bene, alle nevrosi, eh?: dare loro il mate ogni giorno, eh? … Una delle nevrosi è che sono un po’ troppo attaccato all’habitat. L’ultima volta che ho fatto vacanze fuori Buenos Aires, con la comunità gesuita, è stato nel 1975. Poi, sempre faccio vacanze – davvero, eh? – ma nell’habitat: cambio ritmo. Dormo di più, leggo le cose che mi piacciono, sento la musica, prego di più … E quello mi riposa. A luglio e parte di agosto ho fatto questo, e va bene. L’altra domanda, che ho dovuto cancellare: quello è vero. E’ vero. Il giorno che dovevo andare al Gemelli, fino a 10 minuti prima, ero lì ma non ce la facevo, davvero, no? Davvero, erano stati giorni molto impegnativi, e adesso devo essere un po’ più prudente. Tu hai ragione. [ride]

(Padre Lombardi)
Allora, adesso Anaïs Feuga della Radio Francese, e si prepara Francesca Paltracca di Radio Rai.

(Anaïs Feuga)
A Rio, quando la folla gridava “Francesco, Francesco”, lei rispondeva “Cristo, Cristo”. Oggi lei come gestisce questa immensa popolarità? Come la vive?

(Papa Francesco)
Ma, non so come dire … Io la vivo ringraziando il Signore che il suo popolo sia felice: quello lo faccio davvero, no?, e augurando al popolo di Dio il meglio. La vivo come generosità del popolo, quello è vero. Interiormente, cerco di pensare ai miei peccati e ai miei sbagli per non credermela, eh?, perché io so che questo durerà poco tempo, due o tre anni, e poi … alla Casa del Padre … E poi – non è saggio che ho detto questo – ma la vivo come la presenza del Signore nel suo popolo che usa il vescovo che è il pastore del popolo, per manifestare tante cose. La vivo più naturalmente di prima: prima mi spaventava un po’, ma faccio queste cose, eh? Anche, mi viene in mente: ma, non sbagliare, perché tu non devi fare torto a questo popolo e tutte queste cose, no? Un po’ così …

(Padre Lombardi)
Francesca Paltracca, di Radio Rai, e si prepara Sergio Rubín, del Clarín.

(Francesca Paltracca)
Per il Papa venuto dalla fine del mondo, che si è ritrovato in Vaticano, al di là di Santa Marta che ci ha raccontato poi com’è la sua vita e la sua scelta: come vive dentro il Vaticano, il Papa? Ci chiedono sempre: ma cosa fa, ma come si muove, passeggia? Poi noi abbiamo visto che lei va a mensa e ci sorprende ogni giorno … abbiamo visto che è andato alla mensa del Vaticano, per esempio … Lei ci sorprende … Quindi: che tipo di vita fa al di là del lavoro all’interno di Santa Marta?

(Papa Francesco)
Ma, io cerco di essere libero, no? Ci sono appuntamenti di ufficio, di lavoro, no? Ma poi la vita, per me, è la più normale che possa fare. Davvero, mi piacerebbe potere uscire, ma non si può, non si può … Ma no, no, non è per la precauzione: non si può perché se tu esci, la gente ti viene intorno … e non si può: è una realtà. Ma dentro, io, a Santa Marta faccio una vita normale di lavoro, di riposo, di chiacchiere …

(Francesca Paltracca)
Non si sente prigioniero, insomma?

(Papa Francesco)
No, no, no: all’inizio sì, adesso … sono caduti alcuni muri … Non so, ma “il Papa non può andare” … per esempio, uno per farti ridere: vado a prendere l’ascensore, subito  viene uno, perché il Papa non poteva scendere in ascensore da solo. “Ma, tu vai al tuo posto, che io scendo da solo”. E finita la storia. E’ così, no? E’ la normalità. Una normalità.

(Padre Lombardi)
Allora, adesso tocca a Sergio Rubín e si prepara Jürgen Erbacher.

(Sergio Rubín)
Santo Padre, sono Sergio Rubín. Mi scuso, ma devo farle per il gruppo spagnolo, all’interno del quale c’è anche l’Argentina, una domanda che richiede le sue conoscenze teologiche profonde. La sua squadra, il San Lorenzo, per la prima volta è diventata campione d’America! Mi piacerebbe sapere come vive questo evento, e mi dicono anche che lei riceverà una delegazione dell’associazione sportiva questo mercoledì all’udienza generale …

(Papa Francesco)
Dopo il secondo posto del Brasile, è una buona notizia. Io l’ho saputo, questo, qui: qui a Seul, me l’hanno detto, e mi hanno detto: “Senti, che mercoledì vengono, eh?”: ma che vengano, è udienza pubblica, ci saranno, no? E per me il San Lorenzo è la squadra della quale tutta la mia famiglia era tifosa: mio papà giocava nel basket di San Lorenzo, era giocatore nella squadra di basket. E da bambini andavamo, anche mamma veniva con noi al gasometro, no? Io lo ricordo come oggi, la campagna del ’46, una squadra brillante che aveva il San Lorenzo, sono usciti campioni … Lo sai, con gioia, lo vivo con gioia. Ma miracoli, no! Miracoli no …

(Padre Lombardi)
Adesso Jürgen Erbacher, la televisione tedesca …

(Jürgen Erbacher)
La domanda è: si parla da tempo del progetto di un’enciclica sull’ecologia. Si può dire quanto uscirà e quali sono i punti centrali?

(Papa Francesco)
Questa enciclica … ho parlato tanto con il cardinale Turkson e con altri, e ho chiesto al cardinale Turkson di raccogliere tutti gli apporti che sono arrivati. E prima del viaggio, una settimana prima … no, quattro giorni prima, il cardinale Turkson mi ha consegnato la prima bozza: la prima bozza è grossa così, eh? Io dirò che è un terzo di più della “Evangelii Gaudium”. [ride] E’ la prima bozza. Ma adesso è un problema non facile, perché sulla custodia del Creato anche l’ecologia, anche l’ecologia umana, si può parlare con una certa sicurezza fino ad un certo punto. Poi, vengono le ipotesi scientifiche, alcune abbastanza sicure, altre no. In un’enciclica così, che dev’essere magisteriale, si deve andare avanti soltanto sulle sicurezze: le cose che sono sicure. Perché se il Papa dice che il centro dell’Universo è la Terra e non il Sole, sbaglia, perché dice una cosa che è scientifica, non va. Così succede adesso, no? Dobbiamo fare adesso lo studio, numero per numero, e credo che diventerà più piccola. Ma, andare all’essenziale e a quello che si può affermare con sicurezza.  Ma si può dire in nota, a piè di pagina, “su questo c’è questa ipotesi, questa, questa”, ma dirlo come informazione, ma non nel corpo di un’enciclica che è dottrinale e deve essere sicura.

(Padre Lombardi)
Abbiamo fatto 12 domande, tutti i gruppi hanno già fatto due giri. Vuole continuare o vuole che andiamo a mangiare?

(Papa Francesco)
Dipende dalla fame che loro hanno …

(giornalisti)
Non abbiamo fame, non abbiamo sonno …

(Padre Lombardi)
Allora, c’era in lista Jung Hae Ko, del giornale coreano …

(Jung Ae Ko)
Santità, grazie tante per la sua visita alla Corea del Sud. Le farò due domande. La prima è: appena prima della Messa finale alla Cattedrale di Meyong-dong, Lei ha consolato alcune “donne conforto”: quali pensieri l’hanno attraversata? Questa è la mia prima domanda. La seconda è: Pyongyang afferma che il cristianesimo rappresenta una minaccia diretta al suo regime e alla sua leadership. Noi sappiamo che qualcosa di terribile è successo ai cristiani nordcoreani. Non sappiamo però cosa sia accaduto. C’è un impegno particolare nel suo animo per tentare di cambiare l’approccio di Pyongyang ai cristiani nordcoreani?

(Papa Francesco)
La prima domanda, ripeto questo, no? Oggi, queste donne erano lì perché malgrado tutto quello che hanno sofferto, hanno dignità: ci hanno messo la faccia. Io ho pensato quello che ho detto anche poco fa, alle sofferenze della guerra, alle crudeltà che porta una guerra … Ma, queste donne sono state sfruttate, sono state schiavizzate ma, sono crudeltà tutte queste … Ho pensato tutto questo. La dignità che loro hanno e anche quanto hanno sofferto, no? E la sofferenza è un’eredità. Noi diciamo … i primi Padri della Chiesa dicevano che il sangue dei martiri è seme di cristiani. Voi coreani avete seminato tanto, tanto. E per coerenza, no? Si vede adesso il frutto di quella semina dei martiri.
Sulla Corea del Nord, io non … so che è una sofferenza, una la so di sicuro: che ci sono alcuni parenti, tanti parenti che non possono ritrovarsi, e questo fa soffrire: quello è vero. Ma è una sofferenza di quella divisione del Paese. Oggi, in cattedrale, dove ho indossato paramenti per la Messa, c’era un regalo che mi hanno fatto, che era una corona di spine di Cristo, fatta con il filo di ferro che divide le due parti dell’unica Corea. E lo portiamo, eh? sull’aereo questo è un regalo che io lo porto … La sofferenza della divisione, di una famiglia divisa. Io, come ho detto – ieri, credo, non ricordo quando, o parlando ai vescovi: non ricordo – abbiamo una speranza: le due Coree sono fratelli, parlano la stessa lingua; quando si parla la stessa lingua è perché si ha la stessa madre e questo ci dà speranza. La sofferenza della divisione è grande, io capisco questo e prego perché finisca.

(Padre Lombardi)
Adesso tocca a Pulella, del gruppo di lingua inglese …

(Pulella)
Un’osservazione e una domanda: come italo-americano volevo farLe i complimenti per il Suo inglese. Non deve aver paura. E se prima di andare in America, la mia seconda patria, se vuole fare un po’ di pratica, io sono disponibile. Qualsiasi accento che Lei voglia prendere, newyorkese – io sono di New York – io sono disponibile. La domanda è questa. Lei ha parlato del martirio: a che punto siamo con il processo per il vescovo Romero? Lei cosa vorrebbe vedere uscire da questo processo?

(Papa Francesco)
Il processo era nella Congregazione per la Dottrina della fede, bloccato “per prudenza”, si diceva. Adesso è sbloccato. E’ passato alla Congregazione per i Santi. E segue la strada normale di un processo. Dipende da come si muovono i postulatori: quello è molto importante, di farlo in fretta, perché io, quello che vorrei, è che si chiarisca: quando c’è il martirio in odium fidei, sia per confessare il Credo, sia per fare le opere che Gesù ci comanda, con il prossimo. E questo è un lavoro dei teologi, che lo stanno studiando. Perché dietro di lui c’è Rutilio Grande e ci sono altri: ci sono altri che sono stati uccisi ma che non sono alla stessa altezza di Romero. Si deve distinguere teologicamente, questo, no? Per me Romero è un uomo di Dio ma si deve fare il processo, ma anche il Signore deve dare il suo segno, lì … Se lui vuole, lo farà. Ma adesso i postulatori devono muoversi perché non ci sono impedimenti.

(Padre Lombardi)
Allora, abbiamo un’ultima domanda, la facciamo fare a Céline Hoyeau, che è venuta per La Croix, giornale cattolico francese:

(Céline Hoyeaux)
Santo Padre, vista la guerra a Gaza, è stata un fallimento, secondo Lei, la preghiera per la pace organizzata in Vaticano l’8 giugno scorso?

(Papa Francesco)
Grazie: grazie per la domanda. Quella Preghiera per la Pace, assolutamente non è stata un fallimento. Primo, l’iniziativa non è uscita da me: l’iniziativa di pregare insieme è uscita dai due Presidenti, dal presidente dello Stato di Israele e dal presidente dello Stato di Palestina. Loro mi avevano fatto arrivare questa inquietudine. Poi, volevamo farla là, ma non si trovava il posto giusto, perché il costo politico di ognuno era molto forte se andava dall’altra parte. La nunziatura, sì, sarebbe stata un posto neutrale ma per arrivare in nunziatura il presidente dello Stato di Palestina sarebbe dovuto entrare in Gerusalemme Est e la cosa non era facile.
E loro mi hanno detto: “Ma, lo facciamo in Vaticano! Noi andiamo …”. Questi due uomini sono uomini di pace, sono uomini che credono in Dio, e hanno vissuto tante cose brutte, tante cose brutte che sono convinti che l’unica strada per risolvere quella storia lì sia il negoziato, il dialogo e la pace. Ma la sua domanda, adesso: è stato un fallimento? No: io credo che la porta sia aperta. Tutti e quattro i rappresentanti – che Bartolomeo ho voluto che fosse lì come capo dell’Ortodossia, ecumenico dell’Ortodossia, non voglio usare termini che forse non piacciono a tutti gli ortodossi. Il Patriarca ecumenico era bene che fosse con noi.
Ma, è stata aperta la porta della preghiera e si dice: “Ma, si deve pregare: è un dono”. La pace è un dono, un dono che si merita con il nostro lavoro, ma è un dono. E dire all’umanità che anche la strada del negoziato, che è importante, del dialogo, che è importante, anche c’è quella della preghiera. Giusto. Dopo questo è arrivato quello che è arrivato. Ma questo è congiunturale. Quell’incontro non era congiunturale: è un passo fondamentale di atteggiamento umano: la preghiera. Adesso il fumo delle bombe, delle guerre non lascia vedere la porta, ma la porta è rimasta aperta da quel momento. E siccome io credo in Dio, io credo che il Signore guardi quella porta e quanti pregano e quanti Gli chiedono che Lui ci aiuti. Eh sì, mi piace quella domanda: grazie, grazie per averla fatta. Grazie.

(Padre Lombardi)
Santo Padre, grazie mille. Credo che abbia fatto più di un’ora di conversazione con noi e quindi sia giusto adesso potere andare a riposare un poco al termine di questo viaggio. Tra l’altro, questo viaggio … noi sappiamo che probabilmente questa sera tornerà dalla Madonna …

(Papa Francesco)
Dall’aeroporto passo alla Madonna [di Santa Maria Maggiore]: è una cosa bella. Il dr. Giani aveva ordinato di portare i fiori della Corea con i colori della Corea, ma poi all’uscita dalla nunziatura una bambina è venuta con un mazzo di fiori, di rose, e abbiamo detto: “Ma, portiamo alla Madonna proprio questi fiori di una bambina della Corea”. E questi li porteremo. Dall’aeroporto andiamo a pregare un po’ lì e poi a casa.

(Padre Lombardi)
Bene. Sappia che anche noi saremo con Lei a ringraziare il Signore per queste giornate straordinarie. E auguri per la ripresa poi del Suo ministero a Roma e noi continueremo ad accompagnarLa e speriamo che Lei continui a darci, come ci ha dato in questi giorni, cose bellissime di cui parlare. Grazie.

(Papa Francesco)
E grazie a voi del vostro lavoro, grazie tante … E mi scuso di non rimanere più tempo con voi. Grazie, eh? Buon pranzo!

(Tratto dall'archivio della Radio Vaticana)




Caterina63
00mercoledì 20 agosto 2014 11:58


UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 20 agosto 2014


Video

 

Viaggio Apostolico in Corea

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nei giorni scorsi ho compiuto un viaggio apostolico in Corea e oggi, insieme con voi, ringrazio il Signore per questo grande dono. Ho potuto visitare una Chiesa giovane e dinamica, fondata sulla testimonianza dei martiri e animata da spirito missionario, in un Paese dove si incontrano antiche culture asiatiche e la perenne novità del Vangelo: si incontrano entrambe.

Desidero nuovamente esprimere la mia gratitudine ai cari fratelli Vescovi della Corea, alla Signora Presidente della Repubblica, alle altre Autorità e a tutti coloro che hanno collaborato per questa mia visita.

Il significato di questo viaggio apostolico si può condensare in tre parole: memoriasperanzatestimonianza.

La Repubblica di Corea è un Paese che ha avuto un notevole e rapido sviluppo economico. I suoi abitanti sono grandi lavoratori, disciplinati, ordinati e devono mantenere la forza ereditata dai loro antenati.

In questa situazione, la Chiesa è custode della memoria e della speranza: è una famiglia spirituale in cui gli adulti trasmettono ai giovani la fiaccola della fede ricevuta dagli anziani; la memoria dei testimoni del passato diventa nuova testimonianza nel presente e speranza di futuro. In questa prospettiva si possono leggere i due eventi principali di questo viaggio: la beatificazione di 124 Martiri coreani, che si aggiungono a quelli già canonizzati 30 anni fa da san Giovanni Paolo II; e l’incontro con i giovani, in occasione dellaSesta Giornata Asiatica della Gioventù.

Il giovane è sempre una persona alla ricerca di qualcosa per cui valga la pena vivere, e il Martire dà testimonianza di qualcosa, anzi, di Qualcuno per cui vale la pena dare la vita. Questa realtà è l’Amore di Dio, che ha preso carne in Gesù, il Testimone del Padre. Nei due momenti del viaggio dedicati ai giovani lo Spirito del Signore Risorto ci ha riempito di gioia e di speranza, che i giovani porteranno nei loro diversi Paesi e che faranno tanto bene!

La Chiesa in Corea custodisce anche la memoria del ruolo primario che ebbero i laici sia agli albori della fede, sia nell’opera di evangelizzazione. In quella terra, infatti, la comunità cristiana non è stata fondata da missionari, ma da un gruppo di giovani coreani della seconda metà del 1700, i quali furono affascinati da alcuni testi cristiani, li studiarono a fondo e li scelsero come regola di vita. Uno di loro fu inviato a Pechino per ricevere il Battesimo e poi questo laico battezzò a sua volta i compagni. Da quel primo nucleo si sviluppò una grande comunità, che fin dall’inizio e per circa un secolo subì violente persecuzioni, con migliaia di martiri. Dunque, la Chiesa in Corea è fondata sulla fede, sull’impegno missionario e sul martirio dei fedeli laici.

I primi cristiani coreani si proposero come modello la comunità apostolica di Gerusalemme, praticando l’amore fraterno che supera ogni differenza sociale. Perciò ho incoraggiato i cristiani di oggi ad essere generosi nella condivisione con i più poveri e gli esclusi, secondo il Vangelo di Matteo al capitolo 25: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (v. 40).

Cari fratelli, nella storia della fede in Corea si vede come Cristo non annulla le culture, non sopprime il cammino dei popoli che attraverso i secoli e i millenni cercano la verità e praticano l’amore per Dio e il prossimo. Cristo non abolisce ciò che è buono, ma lo porta avanti, lo porta a compimento.

Ciò che invece Cristo combatte e sconfigge è il maligno, che semina zizzania tra uomo e uomo, tra popolo e popolo; che genera esclusione a causa dell’idolatria del denaro; che semina il veleno del nulla nei cuori dei giovani. Questo sì, Gesù Cristo lo ha combattuto e lo ha vinto con il suo Sacrificio d’amore. E se rimaniamo in Lui, nel suo amore, anche noi, come i Martiri, possiamo vivere e testimoniare la sua vittoria. Con questa fede abbiamo pregato, e anche ora preghiamo affinché tutti i figli della terra coreana, che patiscono le conseguenze di guerre e divisioni, possano compiere un cammino di fraternità e di riconciliazione.

Questo viaggio è stato illuminato dalla festa di Maria Assunta in Cielo. Dall’alto, dove regna con Cristo, la Madre della Chiesa accompagna il cammino del popolo di Dio, sostiene i passi più faticosi, conforta quanti sono nella prova e tiene aperto l’orizzonte della speranza. Per la sua materna intercessione, il Signore benedica sempre il popolo coreano, gli doni pace e prosperità; e benedica la Chiesa che vive in quella terra, perché sia sempre feconda e piena della gioia del Vangelo.

Saluti:

Je vous salue bien cordialement chers amis de langue française. A l’occasion de votre pèlerinage à Rome, je vous invite à vous unir à la prière de toute l’Eglise pour ces communautés d’Asie que je viens de visiter, ainsi que pour tous les chrétiens persécutés dans le monde, particulièrement en Iraq. Que Dieu vous bénisse !

[Saluto cordialmente i cari amici di lingua francese. In occasione del vostro pellegrinaggio a Roma, vi invito ad unirvi alla preghiera di tutta la Chiesa per quelle comunità dell’Asia che ho appena visitato, come anche per tutti i cristiani perseguitati nel mondo, particolarmente in Iraq, anche per quelle minoranze religiose non cristiane ma che anche loro sono perseguitate. Anche vorrei salutare quella bella famiglia francese che era all’entrata dell’Aula, che è venuta dalla Francia con due asinelli, i sei figli! Eccoli là, sono quelli! Sono quelli… Ma, gli asinelli non sono entrati? Grazie. Che Dio vi benedica!]

I offer an affectionate greeting to the young altar servers from Malta, and I thank them for their faithful service in Saint Peter’s Basilica this past month. Upon all the English-speaking pilgrims taking part in today’s Audience, including those from the United Kingdom and Japan, I invoke the joy and peace of the Lord Jesus. God bless you!

[Rivolgo un saluto affettuoso ai giovani ministranti di Malta, erano lì, bravi, eh, ecco! e li ringrazio per il fedele servizio prestato nella Basilica di San Pietro in quest’ultimo mese. Su tutti i pellegrini di lingua inglese presenti a questa Udienza, specialmente quelli provenienti da Regno Unito e Giappone, invoco la gioia e la pace del Signore Gesù. Dio vi benedica!]

Gerne begrüße ich die Pilger deutscher Sprache, die zur heutigen Audienz gekommen sind. Übermittelt meine Grüße auch den vielen Koreanern, die in Deutschland, Österreich und in der Schweiz leben. Wir können voneinander lernen und uns im Glauben stärken. Vertrauensvoll bitten wir Gott, dass die Menschen in Korea, die an den Folgen von Krieg und Teilung leiden, einen Weg zur vollen Versöhnung gehen können. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Aufenthalt in Rom.

[Sono lieto di accogliere i pellegrini di lingua tedesca presenti a quest’Udienza. Portate i miei saluti anche ai tanti coreani che vivono in Germania, Austria e Svizzera. Possiamo imparare gli uni dagli altri e sostenerci nella fede. Fiduciosi preghiamo Dio affinché il popolo di Corea, che patisce le conseguenze delle guerre e divisioni, possa compiere un cammino di piena riconciliazione. Auguro a tutti voi un buon soggiorno a Roma.]

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, Argentina y otros países latinoamericanos. De modo especial, saludo a los campeones de América, al equipo de San Lorenzo, aquí presente, que es parte de mi identidad cultural. Que la peregrinación al Sepulcro de los Apóstoles Pedro y Pablo aumente su fe y estimule su caridad para con los pobres y necesitados.

Saúdo cordialmente os peregrinos de língua portuguesa, em particular o grupo de Vilar de Andorinho. A minha viagem à Coreia foi iluminada pela festa de Maria Assunta ao Céu: lá do Alto, onde reina com Cristo, a Mãe da Igreja conforta todos aqueles que estão na provação e mantém aberto o horizonte da esperança. Enquanto vos entrego, a vós e às vossas famílias à sua protecção, invoco sobre todos a Bênção de Deus.

[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua portoghese, in particolare il gruppo di Vilar de Andorinho. Il mio viaggio in Corea è stato illuminato dalla festa di Maria Assunta in Cielo: dall’Alto, dove regna con Cristo, la Madre della Chiesa conforta quanti sono nella prova e tiene aperto l’orizzonte della speranza. Nell’affidare voi e le vostre famiglie alla sua protezione, invoco su tutti la Benedizione di Dio.]

Witam polskich pielgrzymów. Drodzy bracia i siostry, dziękując Panu za dar spotkania z narodem koreańskim i z młodymi Azji, wybiegam myślą ku spotkaniu z młodzieżą świata, które – jak Bóg pozwoli – odbędzie się w Krakowie. Modlę się, by przygotowania do przyszłego Dnia Młodzieży były dla wszystkich okazją do pogłębienia wiary, nadziei i miłości. Młodym, którzy w okresie wakacji w różnych wspólnotach przeżywają rekolekcje i pielgrzymki, dziękuję za życzenia, wyrazy duchowej bliskości i modlitwy w mojej intencji. Wszystkich zawierzam opiece Matki Najświętszej i z serca błogosławię.

[Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, mentre ringrazio il Signore per il dono dell’incontro con il popolo coreano e con i giovani dell’Asia, vado avanti con il pensiero verso l’incontro con i giovani del mondo che – a Dio piacendo – si svolgerà a Cracovia. Prego affinché i preparativi alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù siano per tutti un’occasione per l’approfondimento della fede, della speranza e dell’amore. Ringrazio tutti i giovani che, nel periodo delle vacanze, in diverse comunità svolgono gli esercizi spirituali o i pellegrinaggi, per gli auguri, le espressioni di affetto e le preghiere secondo le mie intenzioni. Affido tutti alla protezione della Beatissima Madre di Dio e benedico di cuore.]

* * *

Cari pellegrini di lingua italiana: benvenuti! Sono lieto di accogliere la Famiglia missionaria Donum Dei e i partecipanti al pellegrinaggio in canoa della Lega Navale Italiana da Loreto a San Pietro. Oggi, in questa Udienza, ci sono due gruppi coraggiosi: questi che sono venuti in canoa da Loreto e i francesi che sono arrivati con gli asinelli. Complimenti a questi due gruppi coraggiosi! Saluto i gruppi parrocchiali; le Associazioni e le famiglie partecipanti alla terza Marcia francescana dalla Sicilia ad Assisi. A tutti auguro che questo incontro susciti un rinnovato impegno in favore della pace e della solidarietà verso i più bisognosi. Vi ringrazio anche per le preghiere e per le condoglianze per quello che è accaduto nella mia famiglia. Anche il Papa ha una famiglia. Noi eravamo cinque fratelli; ho sedici nipoti e uno questi nipoti ha avuto un incidente stradale: è morta la moglie, i due figli piccoli di due anni uno e di pochi mesi l’altro, e lui in questo momento è in stato critico. Vi ringrazio tanto, tanto delle condoglianze e della preghiera.

Un particolare pensiero rivolgo ai giovani, specialmente quelli delle Diocesi di San Miniato e Livorno, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria liturgica di San Bernardo, abate e dottore della Chiesa. Il suo amore alla Madonna, definita Stella maris, ispiri la vita cristiana di ciascuno: impariamo a guardare e ad invocare Maria per non essere mai vinti dal peccato e poter vivere dei frutti della grazia donataci dal suo Figlio Gesù.







Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:18.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com