20 giugno 2015 a Roma da MAMMA E DA PAPA' per difendere la vera Famiglia umana

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Caterina63
00mercoledì 3 giugno 2015 22:39
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FAMIGLIA: MOBILITAZIONE NAZIONALE IL 20 GIUGNO A ROMA
Manifestazione a piazza San Giovanni su gender nelle scuole e ddl Cirinnà

"Per promuovere il diritto del bambino a crescere con mamma e papà, vogliamo difendere la famiglia naturale dall'assalto a cui è costantemente sottoposta da questo Parlamento, vogliamo difendere i nostri figli dalla propaganda delle teorie gender che sta avanzando surrettiziamente e in maniera sempre più preoccupante nelle scuole”. 

Il comitato "Da mamma e papà", spiega così la convocazione a Roma per il prossimo 20 giugno di una manifestazione che si annuncia imponente a difesa dell'istituto del matrimonio, della famiglia composta da un uomo e da una donna, del diritto del bambino ad avere una figura materna e una paterna, senza dover subire già dalla scuola dell'infanzia la propaganda dell'ideologia gender definita da Papa Francesco "un errore della mente umana”. 
Spiegano i promotori: "Chiamiamo alla mobilitazione nazionale tutte le persone di buona volontà, cattolici e laici, credenti e non credenti, per dire no all'avanzata di progetti di legge come il ddl Cirinnà che dell'ideologia gender sono il coronamento e arrivano fino alla legittimazione della pratica dell'utero in affitto. 

Ci troveremo tutti in piazza a Roma, schierati a difesa della famiglia e dei soggetti più deboli, a partire dai bambini". La manifestazione, che si terrà a piazza San Giovanni dalle 15.30, è promossa dal comitato "Da mamma e papà" a cui aderiscono personalità provenienti da diverse associazioni tra cui Gianfranco Amato, Simone Pillon, Giusy D'Amico, Toni Brandi, Filippo Savarese, Costanza Miriano, Mario Adinolfi, Jacopo Coghe, Maria Rachele Ruiu, Paolo Maria Floris, Alfredo Mantovano, Nicola Di Matteo. Portavoce del comitato è il neurochirurgo Massimo Gandolfini. 

Lunedì 8 giugno alle ore 11 all'hotel Nazionale di piazza Montecitorio si terrà la conferenza stampa di presentazione della manifestazione.





Caterina63
00venerdì 5 giugno 2015 10:29

 



Vescovo Sigalini
no alle nozze gaysi ai diritti

Edition ng: 1 Abril 2014

Il Vescovo Domenico SigaliniPresidente della Commissione Episcopale per il Laicato e Assistente Ecclesiastico di Azione Cattolicacommenta il via libera legislativo alla celebrazione in Inghilterra dei matrimoni tra coppie omosessuali.

“No alle nozze gay ma riconoscimento dei diritti a 2 persone dello stesso sesso che si vogliono bene”.

“Per la Chiesa, un matrimonio non potrà mai essere celebrato tra persone dello stesso sesso – sintetizza il Presuleche è anche Vescovo di Palestrina – se poi 2 persone dello stesso sesso si vogliono bene e vogliono esprimere il loro affetto sono liberissimi di farlo ma quell’unionebeninteso nel rispetto dei dirittinon sia chiamata matrimonio”.

Il Vescovo pensa alla realtà delle case-famiglia“Sono appena tornato da una visita in una di queste struttureCi sono bambini che sono stati abbandonati e che hanno disperatamente bisogno di una famiglia”.

E non potrebbero essere 2 genitori dello stesso sesso a dare l’affetto che manca a tanti bambini?

Un bambino ha bisogno delle figure di riferimento che sono rappresentate da una mamma e da un papà – ribadisce Monsignor Sigalini – guai a seguire un andazzo frutto di una ideologia sbagliataGiusto che 2 persone dello stesso sesso vivano insieme nel rispetto dei dirittima non potranno mai essere uniti in matrimonio”.




 


Caterina63
00lunedì 8 giugno 2015 18:33

Il Papa: no a ideologia gender, custodire matrimonio uomo-donna



Papa Francesco con una famiglia - OSS_ROM

08/06/2015 

La bellezza del matrimonio è messa in pericolo dall’ideologia gender. E’ quanto denunciato da Papa Francesco nel discorso ai vescovi di Porto Rico ricevuti in visita ad Limina. Il Pontefice ha dedicato una parte importante del suo intervento, il cui testo è stato consegnato ai presuli, proprio alla pastorale familiare. Ancora, Francesco invita la Chiesa a mantenersi sempre distanti da ideologie e tendenze politiche e chiede ai pastori di vivere in comunione fraterna per affrontare i tanti problemi che affliggono il Paese caraibico. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Difendere il Sacramento del matrimonio, questo è “un tesoro tra i più importanti che hanno i popoli latinoamericani”. E’ uno dei passaggi forti del discorso di Francesco consegnato ai vescovi di Porto Rico. Il Papa ribadisce che è necessario “consolidare” la pastorale familiare davanti ai “gravi problemi sociali” che destano preoccupazione: “la difficile situazione economica, l’emigrazione, la violenza domestica” e ancora “la disoccupazione, il narcotraffico e la corruzione”. Quindi, si sofferma sul valore della “bellezza del matrimonio”.

No a ideologia gender, tutelare la complementarità uomo-donna
La “complementarità tra un uomo e una donna, vertice della creazione divina, viene messa in discussione dalla cosiddetta ideologia gender, in nome di una società più libera e più giusta”. In realtà, avverte Francesco, “le differenze tra uomo e donna non sono per la contrapposizione o la subordinazione ma piuttosto per la comunione e la generazione, sempre a immagine e somiglianza di Dio”. “Senza il reciproco contributo – aggiunge – nessuno dei due può comprendersi in profondità”.

Vescovi siano uniti per affrontare problemi del Paese
Francesco invita dunque i pastori a ricorrere non solo alla preghiera ma anche “all’amicizia e all’aiuto fraterno” reciproco per affrontare i tanti gravi problemi che affliggono il Porto Rico. E li mette in guardia dal “disperdere energie in divisioni e scontri”. “Quanto più è intensa la comunione – ricorda – tanto più si favorisce la missione”. Ancora, il Papa incoraggia i vescovi a “prendere distanza da ogni ideologizzazione o tendenza politica che può far perdere loro tempo e il vero ardore per il Regno di Dio”. La Chiesa, sottolinea, “in ragione della sua missione, non è legata ad alcun sistema politico per poter essere sempre”, come afferma il Concilio, “segno e salvaguardia del carattere trascendente della persona umana”.



Difendere i figli dal gender, presentata manifestazione a Roma

Presentata prossima manifestazione a Roma: "Difendiamo i nostri figli" dalla colonizzazione ideologica del gender - RV

08/06/2015 

La maggioranza silenziosa degli italiani che non si identifica con l'ideologia gender diventi cittadinanza attiva. Questo l'auspicio del “comitato difendiamo i nostri figli" che oggi a Roma ha presentato la prossima manifestazione nazionale in programma il prossimo sabato 20 giugno alle 15,30 in piazza San Giovanni in Laterano per dire "no" a quella che il Papa ha definito "colonizzazione ideologica". Numerose le denunce da parte dei genitori di progetti nelle scuole ispirati ad un’ideologia omosessualista finalizzata a decostruire la differenza sessuale, l’umano e la famiglia. A seguire la conferenza c'era per noi, Paolo Ondarza:

Non un’adunata del mondo cattolico o di qualche movimento ecclesiale o associazione e neanche un nuovo "Family Day": quella del prossimo 20 giugno a Roma sarà una manifestazione della maggioranza silenziosa degli italiani. Il commento del portavoce del comitato promotore, Massimo Gandolfini

R. – Cerchiamo di dare voce ad una larga piazza nazionale del nostro Paese, costituita da famiglie, che sono preoccupatissime da quanto sta avvenendo nelle scuole di ogni ordine e grado, con questa invasione dell’ideologia gender, attraverso dei percorsi e dei progetti di educazione all’affettività, alla sessualità, che in realtà sono dei veicoli attraverso i quali passa l’idea dell’indifferentismo sessuale. Noi riteniamo che questa strategia sia una strategia terribile, che distrugge innanzitutto il percorso evolutivo del bambino e, naturalmente, in secondo luogo, distrugge la famiglia.

D. – Il Papa per definire il gender ha parlato di “colonizzazione ideologica”…

R. – Noi ci siamo permessi di utilizzare delle bellissime, felicissime espressioni del Santo Padre. Una è quella della "colonizzazione ideologica": non si fa sperimentazione sui bambini; l’altra è "sbaglio della mente umana". Efficacissima forma di definire la ideologia di genere: uno sbaglio della mente umana. Vorremmo fare qualcosa per riportare le persone a ragionare in maniera razionale, pulita, semplice, libera dalle ideologie.

D. – Veniamo alla natura di questa manifestazione: si è formata dal basso, è partita dalle richieste di genitori allarmati…

R. – Esatto. Siamo abituati ad avere un comando, un invito che nasce dall’alto, invece questa volta è successo il contrario: si è partiti proprio dal basso! Molti di noi hanno fatto centinaia di conferenze sul territorio nazionale. La mia personale testimonianza ed esperienza è che la gente non sapeva nulla. Io uso sempre la metafora del sommergibile:  non è una corazzata quella che ci viene addosso, è un sommergibile nucleare, che nessuno vede a pelo d’acqua, ma che sott’acqua è terribile. E questo è quello che stava accadendo. Allora, raccogliendo poi la preoccupazione, la sensazione di abbandono di queste famiglie, abbiamo pensato di costituire un comitato, direi quasi, organizzativo. Mettiamoci insieme e facciamo sentire la voce delle famiglie. 

D. – Non è una “piazza” che vuole andare contro qualcuno…

R. – Esatto. Noi non stiamo facendo questa manifestazione contro le persone omosessuali o gay. Noi vogliamo costituire una “piazza” in cui le persone, le famiglie, possano farsi sentire. Parlando chiaro, infatti, le nostre famiglie sono totalmente oscurate nei grandi canali della comunicazione. C’è, invece, un appiattimento su tutte queste forme ideologiche, e allora speriamo che la popolazione italiana - ma in modo particolare anche coloro che poi nel Parlamento siedono e devono fare le leggi - sappia che il senso comune della gente non è quello orientato in senso ideologico gender, ma è quello della naturalità: un papà, una mamma che hanno il diritto – art. 30 della Costituzione e 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo –  di allevare, di crescere, di educare i loro figli in base ai valori che loro sentono come prioritari.

D. – Proprio perché la spinta viene dal basso è difficile anche quantificare, immaginare quale sarà il risultato della piazza…

R. – E’ superfluo dire che stiamo lavorando perché la piazza sia gremita. Dare dei numeri è proprio impossibile, ovviamente, ma le assicuro che abbiamo trovato una sintonia enorme.

D. – Solo pochi giorni fa, intervenendo alla presentazione del portale web nazionale per i temi Lgbt, la vice presidente del Senato, Fedeli, che tra l’altro è la firmataria del disegno di legge sull’educazione di genere nelle scuole, ha parlato di grave ritardo dell’Italia su questi temi, quindi esortando a rincorrere gli altri Paesi, che, stando a questa metafora del ritardo, sono più avanti…

R. – Non è detto che tutto ciò che fa l’Europa sia la traduzione della verità in termini politici. L’Europa fa delle cose buone, ma fa anche delle cose pessime. Fra le cose pessime c’è sicuramente la propaganda di ordine gender nelle scuole. Per cui l’Italia dovrebbe sentirsi onorata di essere un Paese che ha il coraggio di alzare la testa, di alzare la voce, e di dire che a queste forme di traviamento, soprattutto della mentalità e della costruzione della personalità dei minori, noi non ci stiamo.

D. – Sono vari gli stimoli recepiti da questa piazza, pensiamo anche al ddl Cirinnà relativo alle unioni civili, il cui iter procede spedito...

R. – Noi ci muoviamo soprattutto sul terreno dell’educazione, cui però è strettamente correlato l’altro tema. E’ fuori discussione, infatti – ripeto – che se dovesse passare l’idea che ci sono modelli di famiglia – oggi si dice omogenitoriale – con due maschi o due femmine, è chiaro che poi i bambini nelle scuole verranno educati all’idea che può esistere una famiglia con due maschi e con due femmine. I due temi, quindi, sono molto correlati.





 


Caterina63
00mercoledì 10 giugno 2015 19:15

Stop gender nelle scuole. La testimonianza di un padre




Manifestazione stop gender nelle scuole





10/06/2015 



Un evento di famiglie, esempio di cittadinanza attiva. E’ la manifestazione “stop gender nelle scuole” convocata per sabato 20 giugno alle 15:30 in piazza san Giovanni a Roma dal comitato “Difendiamo in nostri figli”. Tante le denunce da parte di genitori da più parti di Italia che lamentano l’introduzione dell’ideologia del gender nelle aule scolastiche. Un padre di Roma, che preferisce rimanere anonimo, racconta al microfono di Paolo Ondarza quanto accaduto a due dei suoi figli rispettivamente in una scuola elementare e in una materna dello stesso Istituto:


R. – La gran parte della popolazione è contraria all’introduzione di queste teorie di gender nelle scuole e negli asili. La gente non sa cosa viene insegnato dalle associazioni "Lgbt" nelle scuole e non sa qual è il fine, pensa che sia qualcosa di buono.


R.  – La gente non sa, come tu non sapevi cosa stesse accadendo nella classe di tuo figlio, in una scuola elementare di Roma…


R.  – Io ho avuto il vantaggio però che i miei figli con me parlano e mi raccontano tutto.


D. – Tu ci hai chiesto di rimanere anonimo per motivi di sicurezza…


R. – Anche per tutelare i miei figli e mia moglie che vivono nel quartiere ed è il motivo per cui ho cambiato scuola ai miei figli di punto in bianco.


D. – Che cosa è accaduto al tuo figlio più grande?


R. – Gli viene chiesto in classe dall’insegnante – che a me è rimasta sconosciuta però ha scritto il messaggio sul quaderno di mio figlio, con espressa richiesta – di portare un rossetto rosso in classe. La motivazione che è stata data era che serviva per scopi didattici non meglio specificati. Mio figlio mi ha raccontato vergognandosene e sentendosi umiliato che gli veniva imposto dalla maestra di doversi mettere il rossetto. Lo stesso rossetto veniva passato sulle labbra degli altri compagni dalla maestra. Mio figlio rispondeva all’insegnante: “Ma il rossetto lo mette solo mamma”.


D. – Tu a questo punto ti sei opposto?


R. – Ci siamo opposti per iscritto chiedendo la possibilità di avere un immediato incontro con gli insegnanti e con la direttrice della scuola. Nel contempo, ho dato il mio dissenso a questi insegnanti di continuare a mettere il rossetto sulle labbra di mio figlio. Hanno invece continuato. Non mi hanno voluto dare alcuna possibilità di parlare immediatamente con gli insegnanti, né la direttrice mi ha mai voluto ricevere. Abbiamo dovuto aspettare due mesi affinché potessimo parlare con gli insegnanti, quando c’è stato il solito colloquio di metà anno scolastico. C’è stato vagheggiato che l’uso del rossetto era stato deciso  per motivi didattici. Io però nel frattempo mi ero informato tramite conoscenti che stanno nell’ambito scolastico e mi avevano parlato di una teoria di gender, basata su criteri che non sono scritti da nessuna parte…


D. – Che non ha alla base studi scientifici, questo stai dicendo…


R. – Esatto.


D. – La tua decisione è stata drastica: hai dovuto ritirare tuo figlio dalla scuola…


R.  – Ho ritirato tutti i figli dalla scuola, ne avevo tre in questo Istituto e li ho spostati presso un altro Istituto, dove avevo maggiore fiducia e dove ho conosciuto gli insegnanti.


D. – E soprattutto dove c’era quell’alleanza scuola-famiglia che dovrebbe essere alla base di una corretta educazione…


R. – E’ fondamentale il rapporto tra genitori, figli e insegnanti.


D.  – Nella tua famiglia c’è stato un altro caso che ha riguardato il più piccolo…


R. – Sì, nello stesso periodo, la domenica mattina mio figlio viene nel mio letto piangendo e mi dice che lui quando avrebbe compiuto i 4 anni avrebbe voluto diventare una “femminuccia” perché questo gliel’aveva detto la maestra. Le assicuro che fino a quel momento non esisteva un pensiero del genere in nessuno dei miei figli, tantomeno in lui. Dunque, ho preso anche lui e l’ho spostato.


D. – I bambini sono influenzabili e soprattutto se ripongono, come dovrebbe essere, fiducia nei confronti degli insegnanti. Lei questo lo ha potuto riscontrare?


R. – Se gli insegnanti inculcano loro queste cose, crescono nel dubbio e rovinano loro l'infanzia. E io ho avuto la fortuna di poterli spostare prima che iniziassero altri corsi in queste scuole organizzati da associazioni Lgbt.


D. – Avete avuto problemi in seguito a questa vicenda?


R. – Siamo stati attaccati da molti genitori che ci dicevano che eravamo retrogradi, che io ero da denunciare in quanto omofobo, che mio figlio ero maschilista…


D.  – Tu evidenziavi il dato: non tutti i bambini hanno la possibilità di parlare con i loro genitori, perché impegnati con orari lavorativi difficili o perché hanno altri problemi o magari perché non tutti i bambini sono estroversi…


R. – Non si è mai tutti uguali, ognuno ha la propria situazione. Io ho avuto la fortuna che i miei figli mi parlano.







Educazione gender a scuola. La testimonianza di una mamma

Stop gender nelle scuole - RV

11/06/2015 

In piazza san Giovanni in Laterano a Roma il prossimo 20 giugno alle 15:30 con il comitato “Difendiamo i nostri figli”, ci saranno numerosi genitori provenienti da varie parti di Italia che lamentano l’indottrinamento gender subito a loro insaputa dai ragazzi nelle aule scolastiche. Tra loro c’è Tiziana Piedimonte: sua figlia nella scuola media di Capaci ha partecipato ad un corso contro il bullismo e la discriminazione, ma senza che i genitori fossero avvertiti che la didattica era affidata ad organizzazioni gay (Lgbt). Ascoltiamo la testimonianza raccolta da Paolo Ondarza:

R.  – Prima di tutto dobbiamo precisare che la scuola aveva proposto dei laboratori contro il bullismo e le discriminazioni. Io ho dato l’adesione. Il giorno 28 novembre nostra figlia a scuola, chiede alla maestra di poter chiamare a casa perché non si sente bene. Mio marito è andato a prenderla e la bambina ha cominciato a dire: “Papà, sai, c’erano due persone omosessuali in classe che parlavano di famiglia gay e che ci hanno spiegato che i figli si possono avere con l’inseminazione artificiale…”. Dopo una mezzoretta siamo tornati a scuola per informarci: abbiamo chiesto spiegazioni, chi fosse l’insegnante in classe e quali associazioni stavano sviluppando il laboratorio. Non mi hanno voluto dire niente di tutto questo. Un bambino che era all’interno di questa classe ha detto alla mamma che avevano fatto vedere anche immagini di omosessuali e lesbiche in intimità. Ora, noi stiamo cercando di accedere agli atti, capire cosa è successo, ma non so se la scuola risponderà... Sono assolutamente convinta che non si debba discriminare nessuno però, da qui a proporre ai ragazzi lezioni che contengano questioni di sessualità, senza il consenso dei genitori, no!

D.  – Ci sono state altre reazioni da parte dei ragazzi?

R. – C’è una bambina di seconda media, sua madre mi raccontava di essere andata a prenderla a scuola perché aveva chiamato anche lei a casa dicendo che non stava bene. Quando l’’ha presa da scuola, l’ha trovata in lacrime, diceva: “Mamma portami via, portami via!” La bambina non è riuscita a spiegare niente a sua madre, si è confidata con il padre, dicendogli che gli avevano spiegato la masturbazione. Io ho provato a parlare con questa ragazzina, ma tuttora ha il rifiuto.

D. – Perché la scuola secondo lei ha sbagliato?

R. – Io dico sempre che la scuola ha sbagliato a non avvisare noi genitori, perché siamo i primi educatori. Noi genitori conosciamo modi e tempi per spiegare ai nostri figli determinate cose: possiamo avere 10 figli, ma ogni figlio avrà il suo modo e il suo tempo in cui vanno spiegate determinate cose.

D. – Secondo lei dunque la manifestazione “Difendiamo i nostri figli” del 20 giugno a Roma ha buone ragioni per essere organizzata?

R. – Le ragioni ci sono tutte. Noi genitori siamo i primi educatori. Articolo 26 comma 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, articolo 30 della Costituzione italiana: noi genitori ci dobbiamo riprendere il mano il nostro diritto di primi educatori, la scuola non può scavalcarci. Ci saranno genitori che magari diranno pure di sì a questi progetti: va bene, ma devono essere interpellati e non per questo tutti gli altri devono essere scavalcati.




Caterina63
00mercoledì 10 giugno 2015 19:36
[SM=g1740758] INFORMARSI FA BENE... Il "Gioco del rispetto", il progetto Porcospini,... : siamo ancora liberi di educare i nostri figli?

Intervento della Dott.ssa Valentina Morana alla conferenza organizzata dal Comitato genitori Trieste. Trieste 23 maggio 2015

www.youtube.com/watch?v=HSi1BkC4s9k&app=desktop









L'intervento del genitore che ha fatto emergere il caso del gioco scandaloso, un gioco che ruba l'innocenza dei bambini, anche di TUO figlio/a

www.youtube.com/watch?v=VWyt9yySMgU






Il contributo ed il saluto di Massimo Zucchi, rappresentante di Civiltà Islamica, al Convegno organizzato dal Comitato genitori Trieste. Trieste 23 maggio 2015

www.youtube.com/watch?v=dST81vZvvqU






Il "Gioco del rispetto", il progetto Porcospini,... : siamo ancora liberi di educare i nostri figli? Intervento del Dott. Gilberto Gobbi alla conferenza organizzata dal Comitato genitori Trieste. Trieste 23 maggio 2015

IMPERDIBILE
www.youtube.com/watch?v=gj_EXRsvrpg





[SM=g1740733]

Caterina63
00sabato 13 giugno 2015 16:24




   Ora c'è anche l'invito del Papa.



"Carissimi, una bellissima notizia: Giuseppe Butturini, presidente ANFN, mi ha chiesto di informarvi che Papa Francesco ha parlato col Cardinal Vallini, vicario di Roma, della grande manifestazione del 20 giugno. Il Papa ci manda a dire con entusiasmo: RIEMPITE LA PIAZZA!!!
E' vero che si tratta di una manifestazione laica, aconfessionale, che parte dal basso cioè da genitori preoccupati, ma credo che sia di conforto per tutti il fatto che il Papa stesso dia la sua approvazione e ci esorti a non mancare questo che non esito a definire "un appuntamento con la Storia".
Se è vero che il MIUR sta già facendo marcia indietro appena saputo dell'evento di Piazza San Giovanni, motivo in più per invitare tutti a Roma. Sappiamo che questo non basta, ma sappiamo anche quanto i politici siano attenti ai numeri. Se saremo in tanti, le buone conseguenze sono assicurate.

Diffondete il più possibile! Tutti a Roma!"

Carlo Dionedi (vice presidente Associazione Nazionale Famiglie Numerose)










  interessante riflessione di Padre Angelo Bellon O.P. cliccare qui per la risposta integrale



.... la trasmissione della vita umana avviene non solo attraverso un atto personale, ma anche attraverso un atto cosciente.
Vale a dire attraverso un atto in cui la persona è consapevole di quello che fa, si esprime in maniera libera e responsabile, fà dono di se stessa.

Questo richiede la presenza della persona e non semplicemente di un suo gamete. Il gamete non s’identifica con la persona. Nel gamete non c’è la persona, ma un frutto della persona.
Mai una persona potrebbe dire: io sono quelle cellule.

Il dono di sé è sempre indissolubilmente congiunto con la presenza della persona che lo esprime, con la totalità dell’anima e del corpo.

Pertanto l’azione personale mediante la quale i coniugi si donano in totalità e nel modo ora descritto li rende aperti alla vita attraverso una cooperazione simultanea, e cioè con la presenza personale di tutti e due e non semplicemente con qualcosa di biologico, e attraverso una cooperazione immediata, e cioè senza mediazione di terzi.

Questo principio era stato espresso da Pio XII, il quale aveva affermato che l’azione fecondante dei coniugi esige una cooperazione simultanea e immediata(Discorso alle ostetriche, 29.10.1951.

6. Dal momento che la persona umana ha dignità di fine, si richiede che essa sia rispettata come tale fin dall’inizio, dal suo sorgere.

La generazione di una persona avviene da persona a persona.

Il figlio non è “il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l’oggetto di una tecnologia scientifica” (DV II,4,b).

È nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre (Istruzione Donum vitae, II,4,b). E questo è quanto dire: “È nella loro persona e per mezzo della loro persona”.

7. Potrebbe sembrare un principio solo astratto, teorico. Ma quante conseguenze sul figlio proprio perché non viene rispettato come persona fin dall’inizio.

È il caso di dire con Davide nel salmo 119: “Di ogni cosa perfetta ho visto il limite, solo la tua legge non ha confini” (Sal 119,96).

Anche la scienza e la tecnica hanno i loro limiti. Le scoperte successive lo manifestano.
Ora quando si deroga dalla natura questi limiti si fanno sentire in maniera pesante e, purtroppo, si fanno sentire sui figli, come ho accennato al punto 2.

8. Il matrimonio non dà diritto ad avere un figlio, che rimane sempre un dono, ma a compiere gli atti che di loro natura sono ordinati alla procreaizone.
L’aveva ricordato già Pio XII: “Il contratto matrimoniale… non ha per oggetto la prole, ma gli atti naturali capaci di generare una nuova vita e a questo scopo ordinati” (19.5.1956).

L’Istruzione Donum vitae scrive: “Il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto ad avere un figlio, ma soltanto il diritto a porre quegli atti che di per sé sono ordinati alla procreazione.

Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura. Il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, ‘il più grande’ (GS 50) e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori”(DV II,8)1.

Il desiderio del figlio è una cosa ottima, è nella logica del matrimonio, è il desiderio di una benedizione del Signore.
Ma questo desiderio non può essere attuato a tutti i costi, a scapito di altre vite umane, a scapito della dignità della persona del figlio e dei suoi diritti.


 


Dicastero Famiglia sostiene manifestazione no-gender a scuola

Pontificio Consiglio Famiglia augura successo alla manifestazione "Difendiamo i nostri figli" - RV

15/06/2015 

Il Pontificio Consiglio per la Famiglia augura pieno successo alla manifestazione convocata per il prossimo sabato 20 giugno alle 15:30 in piazza san Giovanni in Laterano a Roma dal Comitato “Difendiamo i nostri figli” dall’ideologia gender. In un messaggio firmato dal presidente del dicastero vaticano, mons. Vincenzo Paglia, si ricorda l’attenzione del Papa ai temi della famiglia, cellula fondamentale della società. Di ieri il rinnovato appello del Santo Padre a reagire alla "colonizzazione ideologica" del gender nelle scuole. Al microfono di Paolo Ondarza il portavoce del Pontificio Consiglio per la Famiglia, padre Gianfranco Grieco:

R. – Riprendendo quello che il Papa ha detto ieri pomeriggio, mi è piaciuta l'espressione: "colonizzazione ideologica". Noi dobbiamo stare attenti oggi a questa colonizzazione ideologica. I bambini non possono essere trattati come imbuti dove i più grandi, invece di farli crescere, gli fanno divorare certe ideologie, come quella del gender, che non hanno nessun senso. Questi bambini, cioè, devono crescere in un contesto totalmente umano, totalmente accessibile, totalmente libero. Dobbiamo fare questo lavoro di difesa, che rispetti la bellezza, che rispetti l’innocenza, che rispetti il candore.

D. – Il Papa, che ha esortato a reagire alla colonizzazione ideologica, è informato di questa manifestazione?

R. – Ci mancherebbe altro che il Papa non sia informato! Il Papa sa benissimo che la Chiesa ha un grande compito: quello di difendere i figli da queste ideologie, che sono veramente delle colonizzazioni, cioè hanno un appalto culturale sulla scuola, sulla crescita, sui ragazzi, sull’anima, sull’intelligenza. E proprio non è opportuno che questo avvenga. Dobbiamo, a tutti i costi, difendere. Non basta difendere, però, dobbiamo in primo luogo promuovere una cultura della vita, una cultura dell’amore, una cultura della convivenza, tutto quello che la Chiesa e tutto quello che il Vangelo, che l’educazione cattolica è in grado di dare ai nostri bambini.

D. – Proprio per riumanizzare la società, per non renderla – come si legge nel vostro comunicato – fluida, ma forte, fondata appunto sulla famiglia, il Pontificio Consiglio per la Famiglia augura "pieno successo" a questa manifestazione, nella convinzione che darà un contributo prezioso alla vita della Chiesa e di tutte le persone che hanno a cuore il bene dell’intera umanità…

R. – Noi non possiamo essere distanti da iniziative di questo genere, che promuovono i valori dell’infanzia, i valori del bambino, i valori della famiglia. Non possiamo mancare, anche in questa occasione, nell’essere voce dei bambini, voce dei più deboli. Che, soprattutto, questa manifestazione faccia prendere coscienza a chi è responsabile dell’avvenire dei figli che ci sono altre predicazioni da fare, altre verità da promuovere e altro rispetto da dare ai nostri bambini, che crescono in una società che deve essere una società plurale, non una società che imponga a senso unico i non valori.

D. – La manifestazione di sabato è aconfessionale, apartitica, ma le famiglie che la organizzano non possono nascondere la loro gioia nel sapere che il Papa, la Santa Sede, è vicino a loro in questa mobilitazione…

R. – Noi sappiamo che il tema della famiglia, il tema dei bambini, il tema dei valori, non è un tema che riguarda solo la Chiesa cattolica. La Chiesa non fa un discorso di parte, la Chiesa fa un discorso che abbraccia nella globalità la bellezza di un annuncio che vede nei nostri figli il futuro e vede la primavera del domani. E guai ad offendere questa primavera e guai a distruggere questo orizzonte! Poveri noi, davvero, se mortifichiamo ed uccidiamo questa speranza!



 

Caterina63
00sabato 20 giugno 2015 09:11

SENTENZA

 




Il Tar del Friuli Venezia Giulia, con sentenza 21 maggio 2015, ha finalmente detto ciò che nessun altro giudice fino ad oggi aveva avuto il coraggio (l’onestà giuridica?) di affermare: la trascrizione del matrimonio same sexnell’ordinamento italiano da parte del sindaco è illegittima e contraria alla legge.



di Simona Muzzo



Il Tar del Friuli annulla la registrazione delle nozze gay



Quel giudice di Berlino di brechtiana memoria è arrivato in Italia. Il Tar del Friuli Venezia Giulia, con sentenza 21 maggio 2015, ha finalmente detto ciò che nessun altro giudice fino ad oggi aveva avuto il coraggio (l’onestà giuridica?) di affermare: la trascrizione del matrimoniosame sex nell’ordinamento italiano da parte del sindaco è illegittima e contraria alla legge. Un revirement giudiziario importantissimo che “sanziona” il comportamento nella specie, del sindaco di Udine, ma in generale di tutta quella schiera sempre più numerosa di sindaci italiani che, unilateralmente e in spregio alla normativa vigente, hanno trascritto i matrimoni contratti all’estero da coppie omosessuali. 

Molti ricorderanno il caso del Tribunale di Grosseto il quale, nonostante l’annullamento da parte dellaCorte di Appello di Firenze di un primo decreto circa la trascrivibilità di quel tipo di matrimonio, lo scorso febbraio ha ribadito la legittimità della trascrizione sul presupposto che nessuna norma italiana stabilisce che persone dello stesso sesso non possano sposarsi (quali sono invece le norme che dicono il contrario?) Poiché «non può desumersi un divieto in tal senso nello spirito costituzionale» dato che «il richiamo ai diritti della famiglia come “società naturale” non può certamente essere riferita a medievali e discriminatorie concezioni secondo cui l’unione omosessuale sarebbe “contro natura”», secondo i giudici di Grosseto, il rifiuto di trascrizione del matrimonio «alla luce del quadro normativo» esistente (sic!) integrerebbe una «discriminazione basata sull’orientamento sessuale».

Ben noto è anche il duro braccio di ferro che ne è seguito tra sindaci e prefetti e che ha visto questiultimi annullare d’imperio le trascrizioni, giusta circolare n.10863 del 07.10.2014 del ministero dell’Interno.  Da lì hanno preso il via i ricorsi ai Tribunali Amministrativi Regionali per ottenere la declaratoria di nullità/annullamento dei provvedimenti prefettizi. È questo il caso affrontato dal Tar Friuli Venezia Giulia in commento. Una cittadina italiana residente in Belgio, iscritta all’anagrafe del comune di Udine, impugna il provvedimento con cui il prefetto ha annullato la trascrizione del suo matrimonio same sex. Si costituisce in giudizio anche il Comune avallando la tesi della signora. Ma il Tar non solo lo estromette dal giudizio asserendo che l’interesse dell’Ente «può essere di tipo ideologico, politico o di altro genere, ma non certo giuridicamente apprezzabile», ma addirittura trasmette gli atti alla Procura regionale della Corte dei Conti perché intervenga in ordine ai costi legali (€1.459,12) sostenuti e posti a carico del bilancio comunale e quindi del contribuente.

Passando al merito della questione, i giudici ritengono che per valutare la legittimità o menodel provvedimento del prefetto è necessario preventivamente accertare se in Italia è possibile trascrivere un matrimonio omosessuale. E qui cade l’asino! Perché il Tar, richiamando alcune fondamentali sentenze (Corte Costituzionale n.138/2010, Corte di Cassazione nn. 4184/2012 e 2400/2015) afferma che «nell’attuale quadro normativo e costituzionale in Italia non è consentita la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e nemmeno la trascrizione di un analogo matrimonio contratto all’estero». Con la conseguenza che, in base al fondamentale principio di legalità secondo cui «tutti gli atti formati dalla pubblica amministrazione, ivi compresa la trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero, devono risultare conformi alla legge», nonché alla luce dell'art. 97 della Costituzione, le trascrizioni dei matrimoni omosessuali «devono essere rimossi dall’ordinamento o su istanza del privato ovvero su iniziativa della stessa amministrazione in via di autotutela». E la chiosa del Tribunale è a dir poco lapidaria: «tale principio peraltro deve ritenersi sussistente anche a livello europeo, in quanto discende direttamente dal principio di legalità». Insomma, basta appellarsi sempre e comunque alla normativa sovranazionale per giustificare tutto e il contrario di tutto!

Ma non finisce qui. Il collegio va oltre, sottolineando che la nostra Costituzione prevede la divisionedei poteri, per cui spetta esclusivamente al Parlamento decidere con legge il riconoscimento nel nostro ordinamento dei matrimoni omosessuali. Ne deriva che «non spetta né al sindaco, né all’autorità giudiziaria ordinaria o amministrativa e – allo stato - nemmeno alla Corte costituzionale, alla Corte di giustizia europea o alla Corte europea dei diritti dell’uomo, procedere in via surrettizia o suppletiva a tale riconoscimento, perché ciò costituirebbe un evidente vulnus al sistema democratico nel suo insieme».

Se dunque il provvedimento prefettizio deve essere annullato perché ai sensi dell’art. 9 Dpr 396/2000 il Prefetto ha solo un potere di “vigilanza” sull’Amministrazione, «la trascrizione effettuata dal sindaco di Udine quale ufficiale di governo risulta illegittima perché esulante dai suoi poteri e doveri, contraria alla legge e contrastante con le direttive del suo superiore gerarchico, il Ministro dell’Interno, e in ultima analisi poco rispettosa –ancorché inconsapevolmente – del riparto tra i poteri dello Stato definito dalla Costituzione repubblicana». Il Tribunale ha rimesso gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Udine nonché alla Procura regionale della Corte dei Conti, affinché cancelli la trascrizione del matrimonio (inesistente). L’auspicio è che questa coraggiosa pronuncia non rimanga isolata e che i giudici facciano il loro mestiere applicando semplicemente le leggi esistenti.

 

   



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