APPELLO AI VESCOVI ED AI SACERDOTI SU QUESTIONI INERENTI LA LITURGIA

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Caterina63
00mercoledì 14 aprile 2010 19:52

IMITIAMO IL SANTO PADRE EGLI E' IL NOSTRO MAESTRO, VICARIO DI CRISTO:

La riforma di Benedetto XVI è ora scritta sul sito vatican.va


Segnaliamo una felicissima iniziativa dell'Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, la cui pagina web ha aperto due nuove sezioni: Approfondimenti e Studi.

Nella prima viene spiegato il significato di alcuni degli elementi ormai acquisti nelle liturgie pontificie - con riferimento anche al magistero dei papi più recenti -, quali:
 - il crocifisso al centro dell'altare,
- l'uso del latino,
- la comunione in ginocchio ecc.
 
Insomma, un implicito appello ai parroci   MA ANCHE AI VESCOVI di buona volontà, affinché comprendano e seguano l'esempio del Papa. La riforma della riforma si fa anche così...

La seconda sezione invece contiene Studi dei consultori dell'Ufficio sulle varie parti della Messa (dalla vestizione, al Canone, ai riti di comunione). Ciascuno di questi studi affronta l'argomento con riferimento a entrambe le forme del rito romano, sia quella ordinaria sia quella straordinaria. Così nel sito ufficiale della Santa Sede si parla anche di manipolo, di cornu epistolae e cornu evangelii...
Un segnale decisamente positivo!

Ora, cosa significa dire "IO STO CON IL PAPA" se non proprio a partire dalla Liturgia?

Sono giorni che ascoltiamo molti Vescovi dichiarare la loro solidarietà al Sommo Pontefice, ebbene, come fedeli vogliamo anche vedere le parole trasformarsi in fatti autentici.... vogliamo vedere la Messa della Domenica celebrata in diretta sulla Rai, specialmente se celebrata dai Vescovi, SEGUENDO LE INDICAZIONI DEL PONTEFICE: Crocifisso sull'Altare; opportunità di un inginocchiatoio per la Comunione ai fedeli...desideriamo udire il Canone della Consacrazione in latino, magari anche qualche Canto gregoriano...

Chiediamo troppo?

Per la Comunione alla bocca, leggiamo nel sito ufficiale del Vaticano:

Giovanni Paolo II nella sua ultima enciclica, Ecclesia de Eucharistia, ha scritto al n. 61:

«Dando all’Eucaristia tutto il rilievo che essa merita, e badando con ogni premura a non attenuarne alcuna dimensione o esigenza, ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono. Ci invita a questo una tradizione ininterrotta, che fin dai primi secoli ha visto la comunità cristiana vigile nella custodia di questo “tesoro”. [...] Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero, perché “in questo Sacramento si riassume tutto il mistero della nostra salvezza”».

In continuità con l’insegnamento del suo Predecessore, a partire dalla solennità del Corpus Domini del 2008, il Santo Padre Benedetto XVI ha iniziato a distribuire ai fedeli il Corpo del Signore, direttamente sulla lingua e stando inginocchiati.


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Non dovremo essere TUTTI in continuità con L'INTERPRETAZIONE DEL SANTO PADRE sulla prassi migliore da seguire per rimediare alla crisi nella Chiesa?


Per la presenza del Crocefisso sull'Altare leggiamo:


Da molti secoli, il segno scelto dalla Chiesa per l’orientamento del cuore e del corpo durante la liturgia è la raffigurazione di Gesù crocifisso.

La centralità del crocifisso nella celebrazione del culto divino risaltava maggiormente in passato, quando vigeva la consuetudine che sia il sacerdote che i fedeli si rivolgessero durante la celebrazione eucaristica verso il crocifisso, posto al centro, al di sopra dell’altare, che di norma era addossato alla parete. Per l’attuale consuetudine di celebrare «verso il popolo», spesso il crocifisso viene oggi collocato al lato dell’altare, perdendo così la posizione centrale.

L’allora teologo e cardinale Joseph Ratzinger aveva più volte sottolineato che, anche durante la celebrazione «verso il popolo», il crocifisso dovrebbe mantenere la sua posizione centrale, essendo peraltro impossibile pensare che la raffigurazione del Signore crocifisso – che esprime il suo sacrificio e quindi il significato più importante dell’Eucaristia – possa in qualche maniera essere di disturbo. Divenuto Papa, Benedetto XVI, nella prefazione al primo volume delle sue Gesammelte Schriften, si è detto felice del fatto che si stia facendo sempre più strada la proposta che egli aveva avanzato nel suo celebre saggio Introduzione allo spirito della liturgia. Tale proposta consisteva nel suggerimento di «non procedere a nuove trasformazioni, ma porre semplicemente la croce al centro dell’altare, verso la quale possano guardare insieme sacerdote e fedeli, per lasciarsi guidare in tal modo verso il Signore, che tutti insieme preghiamo».



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E' possibile allora per noi fedeli VEDERE questa continuità anche nelle nostre Parrocchie e quando celebra un Vescovo?



Riguardo al Canone in lingua latina leggiamo:


Al celebre n. 36, la Sacrosanctum Concilium stabilisce come principio:

«L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini» (§ 1).

In questo senso, il Codice afferma innanzitutto: «La celebrazione eucaristica venga compiuta in lingua latina».


(..)

Non a caso, il servo di Dio Giovanni Paolo II ha ricordato che:

«La Chiesa romana ha particolari obblighi verso il latino, la splendida lingua dell’antica Roma e deve manifestarli ogniqualvolta se ne presenti l’occasione» (Dominicae cenae, n. 10).

In continuità con il Magistero del suo Predecessore, Benedetto XVI, oltre ad auspicare un maggior utilizzo della lingua tradizionale nella celebrazione liturgica, in particolare in occasione di celebrazioni che avvengono durante incontri internazionali, ha scritto:

«Più in generale, chiedo che i futuri sacerdoti, fin dal tempo del seminario, siano preparati a comprendere e a celebrare la santa Messa in latino, nonché ad utilizzare testi latini e a eseguire il canto gregoriano; non si trascuri la possibilità che gli stessi fedeli siano educati a conoscere le più comuni preghiere in latino, come anche a cantare in gregoriano certe parti della liturgia» (Sacramentum Caritatis, n. 62).


 
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Allora, cari Sacerdoti e amati Vescovi, cosa significa: IO STO CON IL PAPA se non cominciando da qui, dal cuore della Chiesa, da ciò che la anima e la rende Santa ed una ?

Vi supplichiamo, dateci l'esempio di come si sta davvero con il Pontefice per non rischiare l'idolatria e il culto della Persona...
Il Papa infatti è votato, come voi e noi tutti Battezzati, al martirio, non ha bisogno di noi per difendere la sua Persona, c'è già chi ha questo compito e c'è Gesù Cristo a proteggerlo "secondo il Disegno da Lui stabilito", noi invece dobbiamo difenderlo CONSERVANDO IL DEPOSITO DELLA FEDE E TRASMETTENDO CIO' CHE DA LUI RICEVIAMO....vivendo ogni giorno con la testimonianza sul territorio di cosa è davvero l'unità nella Chiesa e ben sappiamo che perfino l'immoralità dilagante all'interno della Chiesa dipende dalla trascuratezza della Liturgia, dalla poca Preghiera, dalla poca sacralità...
In un mondo in cui tutto viene dissacralizzato, ecco l'occasione che il Signore ci offre di ritornare alla vera e pura sacralità, a partire proprio dai SEGNI E DAI GESTI perchè, quando sono sacralizzati questi, allora anche nella vita quotidiana sapremo riconoscere il sacro dal profano ed educare le coscienze a ciò che più sano da ciò che è sviato!

Altro non vi dico (…) Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene, e combattendo con voi insieme per la verità infino alla morte, per gloria e lode del nome di Dio, e reformazione della Santa Chiesa…”

(Santa Caterina da Siena, Lettera 305 al Papa Urbano VI ove lottò fino alla morte per difendere l’autorità del Pontefice)

Naturalmente ringraziamo già i Vescovi, Sacerdoti (nonchè Ordini Religiosi come i Frati dell'Immacolata, la FSSP ed anche molti Laici impegnati) ed anche i Cardinali che da tempo si stanno prodigando per questa Riforma andando anche ben oltre impegnandosi a rendere sempre più vivo il ritorno della Messa Antica liberalizzata da Benedetto XVI, come ben dimostra la raccolta di informazioni qui:

Il successo della riscoperta della Messa Antica (3)




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Caterina63
00venerdì 29 ottobre 2010 21:40

Mons. Malcom Ranjith alla carica per il rinnovamento liturgico nella sua arcidiocesi di Colombo

Mons. Ranjith alla conclusione del 175° anniversario del Santuario Antoniano di Colombo

L'arcivescovo di Colombo, Malcom Ranjith, con una recente lettera circolare, ha proclamato dall'agosto 2010 all'agosto 2011 un "anno dell'Eucaristia" per la sua arcidiocesi. Il card. Antonio Canizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti, si recherà in Sri Lanka per l'apertura ufficiale dell'Anno Eucaristico, il 29 agosto, presso la grande Basilica di Nostra Signora di Lanka a Tewatte.
Testi originali in inglese e foto si possono trovare
qui, nel sito dell'Arcidiocesi di Colombo. (Un grazie a Rorate Coeli che ha diffuso la notizia). C'è una traduzione completa in spagnolo su questo autorevole blog.

                                           

Ecco, in sintesi, alcuni obiettivi e alcuni indirizzi che Mons. Malcom si propone per quest'anno:

1) Unire la devozione eucaristica all'animazione sociale, ricordando il forte e inscindibile legame tra l'eucaristia celebrata, la carità vissuta e la giustizia sociale perseguita fino all'amore e tutela dell'ambiente (da cui traiamo il pane e il vino che diventano il Corpo e Sangue di Cristo). La proposta è una vita autenticamente eucaristica in tutti i suoi aspetti.

2) "Aiutati e ispirati dalla teologia e spiritualità dell'Eucaristia noi desideriamo accogliere la normativa della celebrazione della liturgia, non come qualcosa che ci viene imposto, ma come qualcosa che scaturisce naturalmente dal mistero che dobbiamo difendere, custodire e salvaguardare."
Per questo ricorda la recente pubblicazione di un manuale per sacerdoti, religiosi e laici dal titolo Liturgical Guardian per la diocesi di Colombo, un testo dove si riassumono le norme e i significati di esse per la celebrazione degna e devota della santa liturgia. [Ne ho avuto una copia da mons. Ranjith nel viaggio fatto in Sri Lanka a marzo: si tratta di un libretto molto chiaro, stringato, un po' asciutto secondo i nostri canoni italiani, con molte precisazioni di diritto riguardo le offerte della Santa Messa, oltre che regolamentazione liturgica della celebrazione].
Scrive a questo proposito l'arcivescovo: "Si prega di tener fede alla normativa (espressa nel sussidio Liturgical Guardian) fedelmente, senza cercare di attuare visioni e opinioni personali. Coloro che desiderano fare le cose come vogliono loro mettono se stessi al posto di Dio, e questo è auto-idolatria. Durante quest'anno ci concentreremo specialmente nei confronti dell'eliminazione di tutte le pratiche erronee in merito alla celebrazione della Santissima Eucaristia, i sacramenti e la Liturgia delle Ore"
Un forte richiamo a praticare una diffusa istruzione e formazione liturgica a tutti i livelli è elevato dal prelato Srilankese. Non solo per i laici, ma per sacerdoti e seminaristi: "Mi appello a tutti i rettori dei seminari, gli amministratori dei santuari dell'arcidiocesi, ai superiori degli istituti e ai direttori dell'apostolato  perchè cooperino in modo speciale a questo sforzo. Mentre non trascuriamo altri campi di impegno, in queste questioni non possiamo tollerare abusi liturgici". Interessante, poi, il richiamo esplicito che viene fatto ai religiosi, a cui si ricorda che non sono affatto esenti dall'implementare anch'essi, nelle loro case e chiese, le leggi liturgiche accettate nell'Arcidiocesi di Colombo.

Il pezzo forte lo troviamo al num. 2.3 che vi riporto integralmente:

"Verrà fatto uno sforzo, nel corso di quest'anno, per rendere comuni i canti popolari in latino. Con questo obiettivo in mente il coordinatore diocesano per la Liturgia, il sig. Francesco D'Almeida organizzerà prove di canto in tutti i 15 decanati e insegnerà a tutti i cori alcuni canti latini di base che possono essere utilizzati nelle parrocchie e negli istituti. Una volta che queste sessioni di prove saranno state fatte, le parrocchie potranno cantare almeno il Kyrie, Gloria, Sanctus e Agnus Dei nelle Messe parrocchiali della prima Domenica del mese. Il num. 36 della Costituzione sulla Sacra Liturgia (Sacrosanctum Concilium) espone con chiarezza i princìpi stabiliti a questo riguardo. Il Latino rimane ancora la principale lingua liturgica della Chiesa. In Sri Lanka abbiamo fatto un errore ad abbandonare del tutto il linguaggio della nostra liturgia [bisogna pensare che in Sri Lanka ci sono tre lingue che coesistono Cingalese, Tamil e Inglese e le celebrazioni a Colombo devono spesso essere plurilingue per non scontentare nessuno, finendo per essere lunghissime e verbose]. Che questo Anno Eucaristico sia un'occasione per noi per resuscitare,almeno in parte, questa tradizione smarrita. Faccio appello a tutti i sacerdoti, religiosi e laici a collaborare.

Desidero inoltre affermare che, come indicato nel Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, i sacerdoti e le istituzioni sono ormai autorizzati a celebrare, dove è opportuno, la Messa tridentina e i sacramenti in quel rito. In questo caso è meglio che i fedeli siano preparati per questo in anticipo. Mi auguro di celebrare io stesso una solenne Eucaristia in questo rito nel prossimo futuro presso la Cattedrale dell'Arcidiocesi."

Il num. 2.4 della lettera, poi, affronta i nodi (per quanto ho potuto vedere molto urgenti in Sri Lanka) della costruzione delle Chiese e soprattutto delle vesti, vasi, lini liturgici. Particolari non da poco, e che chiariscono la concretezza di Mons. Ranjith. Sembra di sentire un'eco dei richiami di San Francesco ai sacerdoti per gli stessi identici motivi: la bellezza e la pulizia di altari e chiese è la forma esterna della fede nella presenza reale:
"La sotto-commissione per l'Arte Sacra e l'Architettura è stato autorizzato ad individuare alcune chiese per il miglioramento dei presbiteri. Mi rivolgo ai sacerdoti perchè non diano inizio a restaurare o cambiare nulla senza il permesso e la supervisione di questa sotto-commissione. Essa è stato recentemente ricostituita ed è diretta dal Rev. P. Cecil Joy Perera, coordinatore della liturgia. Allo stesso tempo, l'ars celebrandi ci richiede che pensiamo seriamente ai paramenti per la Messa, alla biancheria per l'altare, i vasi sacri e le vesti liturgiche per i vari ministeri liturgici. Che l'Anno della santa Eucaristia sia un'occasione per migliorare tutti questi aspetti della nostra celebrazione"
logo dell'Anno Eucaristico di Colombo









nelle due giornate tra il 20 e il 21 ottobre, a seguito della notizia del rosso porpora a S.Ecc. mons. Malcom Ranjit il sito della Diocesi ha avuto la bellezza di TRE MILIONI DI ACCESSI Smile  nelle pagine interne vi si legge che il sito è andato in tilt per qualche ora a causa anche delle migliaia di email di CONGRATULAZIONE DI FEDELI da tutto il mondo e soprattutto dai fedeli del prelato che risulta essere ascoltatissimo ed amato!  
Mons. Ranjit ha indetto per quest'anno un Anno dell'Eucarestia nel suo Paese con la RACCOMANDAZIONE di RIFORMARE TUTTA LA LITURGIA  per un ritorno ALLA TRADIZIONE inoltre ha RACCOMANDATO DI FACILITARE la Messa Tridentina con queste parole:  
 
Desidero inoltre affermare che, come indicato nel Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, i sacerdoti e le istituzioni sono ormai autorizzati a celebrare, dove è opportuno, la Messa tridentina e i sacramenti in quel rito. In questo caso è meglio che i fedeli siano preparati per questo in anticipo. Mi auguro di celebrare io stesso una solenne Eucaristia in questo rito nel prossimo futuro presso la Cattedrale dell'Arcidiocesi."  
 
http://www.archdioceseofcolombo.com/




Caterina63
00mercoledì 16 febbraio 2011 09:31

L’Osservatore Romano attacca la “Dominus Jesus” e l’ “Ecclesia Dei”?

Tra impliciti inviti al sincretismo religioso e velate accuse al rito tradizionale



L’Osservatore Romano degli ultimi tempi sembra uscire dalla sua tradizionale prudenza e dal deferente omaggio alla Sede Apostolica, per darsi ad iniziative di taglio variegato, ma a ben vedere tutte sulla stessa linea editoriale. In un articolo del 2 febbraio 2011, dal titolo “Una più avvertita esigenza di trasparenza e di semplificazione”, interviene addirittura il vice redattore del giornale Carlo di Cicco.

Commentando e apprezzando uno studio recente sulla materia, si intrattiene su alcune meditazioni canoniche quanto alle strane situazioni di alcuni nuovi Istituti di vita consacrata. Dopo lunghe circonvoluzioni verbali su certe società religiose, alcune delle quali poco note e dallo stile di vita veramente singolare, si arriva a quello che sembra essere il vero bersaglio: le famigerate società dipendenti da quello “strano organismo” meglio noto col nome d’ “Ecclesia Dei”. Qual è il messaggio che resta nel lettore dell’articolo, abilmente redatto in forma di recensione dal vice direttore? L’ “Ecclesia Dei” sarebbe una singolare commissione, con poteri canonici sui generis, che necessiterebbe di seria regolamentazione in tutti i campi, non ultimo quello dottrinale. Essa di fatto erigerebbe alcuni istituti e ne dirigerebbe il funzionamento; Istituti che, secondo il codice (promulgato nel 1983, quindi prima che Giovanni Paolo II decidesse l’attuale struttura della Commissione), dovrebbero dipendere dalla Congregazione dei Religiosi.

Sorvoliamo sui toni da legalismo kantiano, che sembra non tenere in alcun conto il primato della realtà sul diritto positivo, peccato veniale per i giuristi dei tempi nostri. Meno ammissibile invece è il velato rimprovero alla Santa Sede, che non si lascerebbe imbrigliare dai canoni del diritto. Quasi a scordare che i Romani Pontefici godono di una giurisdizione “estensive universalis et intensive summa” e che il Papa, erigendo la Commissione “Ecclesia Dei” e affidandole poteri straordinari, non sta facendo altro che esercitare il Suo primato. Primato che, non dispiaccia ai canonisti, non è sottomesso al codice, potendo Egli domani stesso potenziare l’Ecclesia Dei, come da più parti invocato, senza che sia il codice a limitarne le azioni. Ma in tempi di gallicanesimo episcopalista questo concetto sembra poco permeabile nelle menti dei giornalisti cattolici. E’ teologicamente, quindi canonicamente, ridicolo discutere del modo migliore di piegare le scelte del Papa all’uniformità del diritto ecclesiastico positivo, il quale trae la sua efficacia dalla promulgazione papale e non dalle urne dei parlamenti.
 
L’articolista non si è spinto fino a tal punto, ma nel suo “giuridismo” avulso dalla realtà, arriva quasi ad insinuare, facendo proprie le conclusioni di alcuni studi, che le approvazioni canoniche dell’Ecclesia Dei sarebbero da riesaminare. Quel che sarebbe da riprendere in considerazione sarebbero gli effettivi poteri della Commissione, nel passato e nel presente, prospettando addirittura una riesamina retroattiva. L’articolista poi - non si capisce bene se parlando ex abundantia cordis o facendo sue le conclusioni dei canonisti citati - non senza una certa audace sfrontatezza, scrive che gli Istituti che dipendono dalla citata Commissione sarebbero ancora passibili di un esame di controllo sulla loro ortodossia (!). Per comprendere a che punto la realtà oltrepassi la fantasia riportiamo le parole testuali: “Per quanto riguarda gli istituti approvati dalla “Ecclesia Dei”, si potrebbe studiare se, una volta esaminato che tutto sia in ordine sotto l'aspetto dottrinale, l'approvazione non possa essere concessa dalla stessa Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, un po' come quando si chiedeva il nulla osta del Sant'Uffizio per l'approvazione degli istituti religiosi”.

L’Osservatore Romano sembra insinuare nel lettore non solo che l’approvazione canonica, di cui gli istituti dell’Ecclesia Dei beneficiano, sia ancora “sub iudice”, ma soprattutto l’autorevole giornale taccia tali Società religiose di essere ancora passibili di verifiche sulla cattolicità della loro dottrina. Citiamo nuovamente: “una volta esaminato che tutto sia in ordine sotto l’aspetto dottrinale”.



Venerdi Santo: Benedetto XVI in preghiera



Per inciso precisiamo che analoghe preoccupazioni non intervenivano quando, poco sopra, si era parlato dei problemi posti dalle “nuove comunità religiose” che escludono il celibato, ma che prevedono vita conventuale mista di uomini e donne. L’Osservatore sembra essere più inquieto per chi celebra il rito di San Pio V, che non per i problemi che possono sorgere dalla promiscuità conventuale.
Quanto alla non troppo velata accusa di dubbia ortodossia dottrinale, fatta agli Istituti “Ecclesia Dei”, non sappiamo cosa L’Osservatore non apprezzi, forse la formazione tradizionale, seguendo San Tommaso d’Aquino e il Magistero della Chiesa o forse la schiettezza teologica, che osa criticare le derive a cui L’Osservatore ci ha invece abituato. Ammettiamo di buon grado che la linea teologica del giornale non è la nostra, ma crediamo che l’invocato “esame del Sant’Uffizio”, sarebbe più opportuno per la redazione che non per gli Istituti accusati. Nel dicembre 2010 infatti la nostra rivista Disputationes Theologicae, nella persona dello scrivente, si è unita ad una pubblica denuncia alla Rev. da Congregazione per la Dottrina della Fede, invocando interventi a proposito di alcune pubblicazioni del giornale vaticano, apertamente contrarie alla dottrina della Chiesa. In effetti il 10 novembre 2010 a p. 5 il «Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane» Renzo Gattegna, nell’articolo “Un futuro di amicizia”, pubblicato senza alcun commento di disapprovazione - quasi fosse il testo di un qualsivoglia articolista demandato dalla redazione - si esprimeva in questi termini:

«Al fine di proseguire con le iniziative dedicate alla reciproca comprensione e all’amicizia, un gesto utile, necessario e certamente apprezzato sarebbe una aperta dichiarazione di rinuncia da parte della Chiesa a qualsiasi manifestazione di intento rivolto alla conversione degli ebrei, accompagnata dall’eliminazione di questo auspicio dalla liturgia del Venerdì che precede la Pasqua. Sarebbe un segnale forte e significativo di accettazione di un rapporto impostato sulla pari dignità» .
Queste affermazioni, condannate dal Magistero costante, disapprovate recentemente anche nell’enciclica Redemptoris Missio[1] e nella dichiarazione “Dominus Jesus”[2] - senza citare le innumerevoli condanne precedenti - sono eretiche, contrarie alla Divina Rivelazione, perché in aperta contraddizione con le parole di Cristo (Mc 16, 15-16; Mt 28, 18-20)[3] e “contrarie alla fede cattolica”[4]. Rinunciare alla conversione è contro la natura stessa della Chiesa Cattolica. E’ scandaloso leggere tali affermazioni sul giornale della Santa Sede. Senza considerare quanto scritto sul Venerdì Santo (che nel testo non è più nemmeno “Santo”, ma è un venerdì “che precede la Pasqua”), la cui preghiera per la conversione degli ebrei (approvata da Benedetto XVI) sarebbe addirittura da eliminare, perché non rispetterebbe la pari dignità fra religioni. Pubblicare tali enormità è cosa grave. Né ci si può nascondere dietro la firma del Presidente delle comunità ebraiche, per veicolare l’errore dell’indifferentismo religioso, sotto pretesto di libertà di stampa, nel più puro disprezzo alle raccomandazioni del Magistero. L’errore non ha diritti e, se la redazione è convinta che di errore si tratti, è nell’obbligo morale di specificare che quelle posizioni sono insostenibili per ogni cattolico, perché solennemente condannate come incompatibili con la Fede cattolica. Che la comunità ebraica non riconosca Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, lo sappiamo almeno dai tempi di San Paolo - e in fondo Gattegna, richiesto di collaborazione, non ha fatto altro che ripeterlo - che il giornale della Santa Sede si faccia eco di tale bestemmia, senza nemmeno commentare, è ben più grave.
A nostro avviso L’Osservatore Romano farebbe bene a rispettare maggiormente nei suoi articoli il Romano Pontefice e le Sue scelte, siano esse liturgiche o canoniche, oltre al Magistero costante della Chiesa, e ad evitare insinuazioni d’eterodossia agli Istituti dipendenti dall’ “Ecclesia Dei”. A maggior ragione allorquando affermazioni contro l’unicità salvifica di Gesù Cristo compaiono sulle sue pagine, associate all’implicito invito a non convertirsi alla fede cattolica. Né riusciamo a capacitarci di come il giornale della Santa Sede possa invitare Renzo Gattegna, che fino a prova contraria non è nemmeno membro della Chiesa, a gettare il discredito sulla liturgia cattolica e sulle sue orazioni per la conversione degli ebrei alla fede di Cristo. Orazione peraltro recentemente promulgata per il rito tradizionale, tra mille pretestuose polemiche, dal Regnante Pontefice, sul Quale - con somma irriverenza - si estende il discredito.

E’ altresì inopportuno e offensivo insinuare che la Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” eriga canonicamente e governi Istituti, la cui ortodossia dottrinale è ancora da verificare. In questo caso invitiamo ancora una volta la redazione al rispetto delle istituzioni ecclesiastiche e alla prudenza nelle sue affermazioni, che possono rivelarsi lesive dell’altrui reputazione. A questo proposito non è escluso un ricorso ai tribunali ecclesiastici competenti, perché si faccia la dovuta chiarezza e perché pubbliche scuse siano presentate agli Istituti dell’ “Ecclesia Dei”, e ai singoli membri di dette società, gravemente danneggiati dalle insinuazioni del suddetto articolo.
Al seguito di tali affermazioni non è difficile capire come sia possibile che il Sommo Pontefice incontri tanta difficoltà nella sua opera di riforma della Chiesa né è arduo comprendere perché si incontrino tanti ostacoli alla diffusione degli Istituti tradizionali. Se su di essi e sulla liturgia che celebrano (vedi la preghiera del Venerdì Santo) si propaga il discredito, è naturale che le autorità ecclesiastiche locali siano diffidenti verso di essi, come in pratica accade. Non desta mistero constatare che l’episcopato sia generalmente ostile al rito tradizionale, all’opera di riforma del Papa e agli Istituti tradizionali, specie se il quotidiano della Santa Sede si permette gratuitamente di affermare che ancora dovranno essere approvati, “una volta esaminato che tutto sia in ordine sotto l’aspetto dottrinale”.

Sottoscriviamo in pieno le parole del Vescovo di San Marino S. Ecc.za Mons. Luigi Negri, che ebbe a dichiarare pochi giorni or sono ( Il Timone, gennaio 2011) : “il Papa sta facendo fatica a fare questa “riforma della riforma”. Esistono tendenze negative di resistenza, neanche tanto passive”.

 


Don Stefano Carusi

(sacerdote dipendente dalla Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”)







Copia del presente articolo è stata inviata alla redazione de l’Osservatore Romano, unitamente alla preghiera di rettificare quanto scritto. È nostra convinzione che la redazione sia nell’obbligo morale di dissipare gli equivoci, tanto sull’articolo che invita al sincretismo religioso, che sulle insinuazioni sugli Istituti dell’ “Ecclesia Dei”. Copia è stata inviata anche alla Segreteria del Sommo Pontefice, alla Congregazione per la Dottrina della Fede e alla Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”.


[1] Lettera Enciclica Redemptoris Missio di Giovanni Paolo II, 7 dicembre 1990. Al n. 55 si legge “Il dialogo non dispensa dall’evangelizzazione”.

[2]
Congregazione per la Dottrina della Fede, dichiarazione “Dominus Jesus”, 6 agosto 2000. Al n. 14 si legge: “Deve essere, quindi, fermamente creduto come verità di fede cattolica che la volontà salvifica universale di Dio Uno e Trino è offerta e compiuta una volta per sempre nel mistero dell'incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio”

[3]“Dominus Jesus”, cit. n. 1 : “Il Signore Gesù, prima di ascendere al cielo, affidò ai suoi discepoli il mandato di annunciare il Vangelo al mondo intero e di battezzare tutte le nazioni: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,15-16); «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20; cf. anche Lc 24,46-48; Gv 17,18; 20,21; At 1,8)”.

[4]
“Dominus Jesus”, cit. n. 6

Caterina63
00giovedì 24 marzo 2011 11:25
Apri la tua bocca, la voglio riempire"

Gli autori di questa bella trovata si difenderanno affermando che omnia munda mundis, e che la malizia è solo dalla parte di chi si scandalizza. Certo: è sempre stato così. Ma visto che il mondo non è abitato solo da sprovvedute educande, non sarebbe opportuno un pizzico di buon senso per evitare così facili dissacrazioni? E' vero che è una frase tratta dal salmo 80 (motivo in più per usare il latino, che non si presta a così evidenti doppo sensi: dilata os tuum et implebo illud, in riferimento a Iddio che promette di saziare il suo popolo). Ma di tutti i cinquanta libri della Sacra Scrittura, proprio quell'ambigua frasetta doveva finire a caratteri cubitali sul titolo, estrapolata dal contesto? Ci scrive Caterina:
CHI E' STATO QUELLA TESTA DI DINAMITE CHE HA IDEATO IL TITOLO AL LEZIONARIO LITURGICO?
La copertina sta facendo il giro di forum e blog e su Facebook, tutti che se la ridono, protestanti ed atei che se la stanno ridendo e ci prendono in giro....come dargli torto?
Mi è stato detto su FB, ma non l'ho veduta, che gira una vignetta con il lezionario e sullo sfondo del titolo... vi lascio immaginare il resto.




Dice la Sacra Scrittura:



 APRI IL TUO CUORE, LO VOGLIO RIEMPIRE..... non era forse più indovinato ed immediato?      
     
Surprised ripeto e faccio un'appello ALLA SANTA SEDE, ALLA CEI,  A MONS. CELLI  che si preoccupa giustamente di cosa i Cattolici scrivono sul web:      
     
chi è quella testa di dinamite che ha ideato un titolo del genere sul Lezionario?      
mons. Celli, mi meraviglio!!! SONO SCANDALIZZATA, MOLTO SCANDALIZZATA perchè per 21 anni che sto crescendo i miei figli, maschio e femmina, non faccio altro che CERCARE TERMINI ADATTI, cercare un linguaggio che si addice  ALLA NOSTRA GENERAZIONE PURGANDOLO DALLE AMBIGUITA', DAI DOPPI SENSI.....      
è vero, la malizia dipende anche da noi, ma Gesù ammonisce chi CREA LO SCANDALO....      
 
PRUDENZA, PADRI...OCCORRE PRUDENZA.... LA TEMPERANZA-MODERAZIONE è una virtù cardinale....adoperiamola!!  
 
una mia amica NON cattolica, ma rispettosa della mia fede, SI E' SCANDALIZZATA di questo titolo, e come darle torto dal momento che anch'io ero imbarazzata? Certo la frase è biblica, ma estrapolata dal contesto diventa come un'arma a doppio taglio....   
   
rammentiamo tutti l'aneddoto che si dice avvenuto al Concilio di Trento, proprio sulla Scrittura Sacra....      
I Padri della Chiesa non riuscivano a mettersi d'accordo su una questione e decisero di far PARLARE LA SCRITTURA: ogni padre avrebbe dovuto aprire la Bibbia a caso e leggere il versetto, ma alcuni padri non erano d'accordo, dicevano che non era prudente PROVOCARE la Parola.... e per dimostrare che avevano ragione aprirono la Scrittura e un padre lesse:      
"...e Giuda s'impiccò".....      
lo stesso padre riaprì il vangelo a caso e lesse:      
" e Gesù disse: VA, E FA ANCHE TU LO STESSO".....      
i Padri compresero che non è possibile estrapolare le frasi dal contesto e che ogni frase della Scrittura deve essere usata NEL PROPRIO CONTESTO per evitare malintesi....      
     
Supplico la CEI, la Santa Sede, mons. Celli, o chi di dovere, di revocare quella copertina e di usare meglio la Sacra Scrittura....      
Grazie!!

Caterina63
00mercoledì 30 marzo 2011 09:15
[SM=g1740722]

Mons. Oliveri sul convegno romano per la liturgia tradizionale


Intervento sull’atto magisteriale e di supremo governo compiuto dal Papa Benedetto XVI con il Motu Proprio “ Summorum Pontificum ”, sui contenuti teologici della Liturgia antica


Rev.do e Caro Padre Nuara,

La Sua calorosa proposta, presentatami anche per iscritto, di un mio intervento al III Convegno sul Motu Proprio “Summorum Pontificum”, che avesse come argomento i contenuti teologici della Liturgia antica, non ha lasciato il mio animo indifferente, ma non ho – con mio grande rincrescimento – trovato la forza di superare una grossa difficoltà che proviene dalle condizioni di salute di un mio fratello, grande invalido, al quale mi lega un primario dovere di fraterna assistenza.

Poiché dovrò assentarmi da mio fratello dal 23 al 27 Maggio, per partecipare questa volta imperativamente all’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (per le ragioni familiari menzionate, sono già stato assente dall’Assemblea Generale Straordinaria dello Scorso Novembre), creerebbe grave ed insuperabile disagio la mia lontananza da casa anche nei giorni 13-15 Maggio.

Con tutta sincerità, posso dire che avrei partecipato molto volentieri al III Convegno sul “ Motu Proprio”, poiché sarebbe stata per me la felice – e credo feconda – occasione per esprimere ad un pubblico qualificato, ed avendo una “audience” molto ampia, le profonde convinzioni del mio animo di Vescovo circa la straordinaria importanza per la vita della Chiesa dell’atto magisteriale e di supremo governo compiuto dal Papa Benedetto XVI con detto “Motu Proprio”. Avrei potuto esporre le ragioni che hanno generato e generano in me tale convinzione. Voglia permettermi, caro Padre, di formularle brevemente con questo scritto, e quindi – se lo riterrà opportuno – farle risuonare in qualche momento del Convegno.

In tutto ciò che tocca la vera essenza della Chiesa è di vitale importanza mostrare in ogni tempo, ma ancor più nei momenti storici in cui si è data l’idea che tutto sia in perenne cambiamento, che non sono possibili mutamenti radicali che intacchino la sostanza degli elementi costitutivi della Chiesa stessa, e cioè la sua Fede, la sua realtà soprannaturale e dunque i suoi Sacramenti e quindi la sua Liturgia, il suo sacro ministero di governo (cioè la sua capacità soprannaturale di trasmettere tutti i doni da Cristo dati alla sua Chiesa per mezzo dei suoi Apostoli e perpetuati mediante la Successione Apostolica).

Il Motu Proprio “Summorum Pontificum”, dichiarando che la Liturgia può essere celebrata nella sua forma antica, cioè nella forma in cui è stata celebrata per secoli sino alla “riforma” messa in atto dopo il Concilio Vaticano II, ha in maniera solenne sancito:

a) L’immutabilità del contenuto della Divina Liturgia, e che quindi i cambiamenti che in qualche suo esteriore elemento o forma possono introdursi non possono mai essere tali da mutare la Fede della Chiesa che la Liturgia esprime, o da mutare il suo contenuto divino-sacramentale, il suo contenuto di grazia soprannaturale. Per portare un esempio: le variazioni esteriori nel Rito della Santa Messa,  o della Divina Eucaristia, non possono indurre o spingere ad avere un’altra concezione di fede circa il contenuto di Essa, né possono legittimamente indurre a pensare che nella sua celebrazione diventi superfluo o non necessario il ruolo celebrativo che compete soltanto a chi ha ricevuto sacramentalmente la capacità soprannaturale di agire “in persona Christi”; non possono soprattutto offuscare il carattere sacrificale della Santa Messa;

b) Che la “riforma” post-conciliare non può legittimamente interpretarsi come una mutazione “in substantialibus”: se così è stato ritenuto, se qui o là si celebra nella forma che il Motu Proprio chiama “ordinaria” in modo da poter indurre in errore circa il vero contenuto della Divina Liturgia, in modo da offuscare anche minimamente la vera fede nel vero contenuto della Santa Messa o di altri Sacramenti, è necessario che avvengano delle correzioni, è quanto mai urgente addivenire ad una “riforma della riforma”,studiando accuratamente quali elementi della “riforma”post-comciliare siano tali da potersi interpretare non in continuità con la Liturgia antica, quali possono facilitare – se non indurre – celebrazioni non corrette; nell’immediato è necessaria una catechesi liturgica che dissipi ogni nebbia; è necessario che tutti gli abusi nella celebrazione non siano tollerati ma chiaramente corretti.

c) È divenuto particolarmente imperativo rispettare chiarissimamente il legame inscindibile tra Fede e Liturgia, tra Liturgia e Fede; l’offuscamento della fede genera devastazione liturgica, devastazione nella “lex orandi”, e questa devastazione corrompe la fede, o almeno la offusca, la rende incerta.

Queste considerazioni avrebbero potuto essere in concreto mostrate da uno studio comparativo tra l’antica e la nuova forma del conferimento dell’Ordine Sacro, del Sacramento dell’Ordine, ma sono certo che ben saranno esposte e sviluppate con saggezza e competenza dagli Em.mi ed Ecc.mi Relatori del Convegno. Ad essi mi unisco con tutto l’animo e ad Essi dico la mia profonda comunione spirituale.

Invoco l’assistenza dello Spirito Santo sullo svolgimento del Convegno ed auspico che esso sia apportatore di molto bene alla Chiesa, a noi Vescovi ed a tutti i suoi ministri che debbono operare avendo ben presente che culmine e fonte di tutta la vita e  missione della Chiesa è la Divina Liturgia, la Celebrazione dei Divini Misteri.

A Lei, caro Padre, la mia distinta e devota stima.

Albenga, 8 Febbraio 2011                                 

Suo aff.mo in Domino

+ Mario Oliveri
Vescovo di Albenga-Imperia
Membro della Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei Sacramenti


Caterina63
00lunedì 16 maggio 2011 10:41
Propongo in quest’articolo un bellissimo insegnamento del mostro sacro del tomismo Padre Reginald Garrigou Lagrange riguardante una parte del Corso di teologia spirituale per sacerdoti in cui vengono spiegati i modi con cui, purtroppo a volte, viene celebrata la Messa nella Santa Chiesa Cattolica.

DIVERSI MODI DI CELEBRARE LA MESSA1

Bisogna avere sempre presente alla memoria che Cristo è il sacerdote principale nel Sacrificio della Messa, ed il celebrante deve tendere ad una unione attuale e sempre più intima con Lui. Vi sono però dei modi assai diversi di celebrare, ossia: vi è la Messa sacrilega, la Messa affrettata, la Messa esteriormente corretta, ma senza spirito di fede, la Messa celebrata degnamente e piamente, e la Messa dei santi. Tutto questo mi è stato detto in un breve colloquio, dal fondatore della congregazione della « Fraternità sacerdotale » e vale la pena dì meditarlo.
MESSA SACRILEGA
Nella Messa sacrilega il cuore del celebrante è lontano da Dio, lontano da Cristo, sacerdote principale, e questa celebrazione indegna costituisce un peccato gravissimo.
Tale Messa conserva tuttavia il suo valore infinito da parte della vittima immolata e del principale offerente; perciò in essa è infinito il valore dell’adorazione, della riparazione, della impetrazione, del ringraziamento, in virtù dell’atto teandrico del principale offerente, che, sempre vivente, intercede per noi.
Ma se i fedeli sono a conoscenza dello stato dell’anima di un tale sacerdote, ne deriva uno scandalo enorme, le cui conseguenze non possono essere misurate.
«Corruptio optimi pessima»; così viene falsificata la vita sacerdotale; da questo derivano
 una falsa carità, una falsa prudenza, l’ipocrisia, i falsi consigli, i pessimi esempi. S. Caterina da Siena, in un suo Dialogo parla spesso di tale scandalo, e dice che la Chiesa le è apparsa come una vergine dalle labbra corrose dalla lebbra.
Questi sacrilegi esigono riparazione da parte del sacerdote colpevole, e talvolta tale riparazione viene offerta a Dio da sante anime contemplative che soffrono moltissimo per ottenere la conversione dei sacerdoti miseramente caduti.
MESSA AFFRETTATA
La Messa affrettata, ossia celebrata con la massima rapidità in quindici minuti, e talvolta con una coscienza dubbia, è, a modo suo, già uno scandalo. S. Alfonso de’ Liguori, da vescovo, proibì questo modo di celebrare la Messa nella sua diocesi e scrisse su questo argomento.
Tali sacerdoti hanno perduto il giusto senso della gravità e della serietà della loro vita; ciò è avvenuto perchè per essi non è la Messa che ha la massima importanza, bensì la vita esteriore, l’attività esterna, lo pseudo apostolato: infatti la loro vita interiore si riduce quasi a nulla, e al loro apostolato manca l’anima.
Quale differenza tra queste messe e quelle di cui parlava S. Giovanni Fisher, martire inglese, quando diceva ai luterani del suo tempo: «La Messa è il sole spirituale, che sorge ogni giorno per diffondere luce e calore in tutte le anime ».
Tali messe affrettate sono invece uno scandalo, perchè vi si recitano meccanicamente, senza alcuno spirito di fede, il Kyríe, il Gloria, il Credo, il Sanctus. Non si pronunciano nemmeno materialmente le parole, per la fretta eccessiva. E le preghiere del Messale vengono pronunciate come parole di nessuna importanza, mentre il loro significato è così profondo, che soltanto in cielo lo comprenderemo appieno.
È un miserabile verbalismo, del tutto opposto alla contemplazione. Se vi sono parole che debbono essere dette con consapevolezza e penetrazione contemplativa, sono proprio queste del Messale: il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus, e invece vengono recitate macchinalmente, per finire più presto. Similmente si genuflette rapidamente, senza nessun senso di adorazione. Tali messe così affrettate possono fare un gran male a quelli che si avvicinano alla Chiesa cattolica e cercano un vero sacerdote a cui possano aprire la loro coscienza per trovare la verità. Il signor von Hügel, che scrisse la vita di S. Caterina da Genova dice: «Certi ecclesiastici non hanno senso religioso più delle mie scarpe».
MESSA CORRETTA ESTERIORMENTE
Dopo tali messe affrettate si sopprime generalmente il ringraziamento o lo si riduce quasi a nulla.
Poi vi sono le messe esteriormente corrette, ma celebrate senza spirito di fede. Il sacerdote presta sufficiente attenzione al rito esterno, alle rubriche, anzi talvolta è un rubricista, ma celebra come un funzionario ecclesiastico e non mostra di avere alcun senso religioso. Conosce, sì, le rubriche e le osserva, ma è evidente che non pensa affatto al valore infinito della Messa, né al principale offerente del quale è ministro, Tale celebrante è «un altro Cristo» solo in modo esterno; in forza del carattere che dà validità alla Messa, ma non si manifesta in lui una anima sacerdotale: è evidente che fin dal momento della ordinazione non si è avuto in lui un aumento della grazia santificante e di quella sacerdotale. Questa grazia era un tesoro da far fruttificare, e non si vedono i suoi frutti, invece piuttosto appare la sua sterilità.
E talvolta chi celebra così la Messa crede di far bene quel che fa, perchè osserva attentamente le rubriche, ma non aspira a nulla di più alto. Dice il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus, le parole della Consacrazione e della Comunione senza spirito di fede.
Questi sacerdoti, se muoiono in stato di grazia, dopo la morte devono assai soffrire in purgatorio per l’incuria loro, e desiderare delle messe celebrate per essi molto bene a scopo di riparazione.
LA SANTA MESSA
La Messa celebrata degnamente e piamente è, invece, quella detta con spirito di fede, confidenza in Dio, amore per Lui e per le anime. Si sente in essa il soffio e l’impulso delle virtù teologali che ispirano la virtù di religione. Allora il Kyrie eleison è una vera preghiera d’implorazione; il Gloria in excelsis Deo è adorazione dell’Altissimo; il Vangelo del giorno è letto con fede profonda; le parole della consacrazione sono proferite in unione attuale con Cristo, principale offerente e con una certa cognizione dell’irradiamento spirituale di tale oblazione ed immolazione sacramentale in tutto il mondo e fino nel purgatorio. E l’Agnus Dei è detto chiedendo davvero la remissione dei peccati; il Communio infine è quello che deve essere, ogni giorno sostanzialmente più fervoroso e più fecondo di quello del giorno precedente, per il quotidiano aumento della carità, prodotto dall’Eucaristia. La distribuzione della comunione ai fedeli non è meccanica, ma è una elargizione ad essi di vita sovrabbondante, perchè posseggano sempre più copiosamente la vita soprannaturale. Il sacrificio della Messa viene terminato dalla contemplazione semplice e viva del Prologo del Vangelo secondo Giovanni. Poi si fa il ringraziamento particolare, che in alcuni giorni di festa, può prolungarsi come orazione mentale, se vi è tempo. È infatti proprio il momento più propizio per una intima orazione mentale, perchè abbiamo Cristo sacramentalmente presente in noi e l’anima nostra è sotto il suo influsso attuale, purchè rimanga nel raccoglimento.
Cosa si deve dire della Messa dei santi? Il sacrificio eucaristico celebrato da S. Giovanni Evangelista in presenza della Beata Vergine Maria era una vera continuazione sacramentale del sacrificio della Croce, la cui memoria era vivissima nella mente della Madre di Dio e del suo figlio spirituale. La Messa di S. Agostino dopo le ore di contemplazione espressa nel De civitate Dei o nel De Trinitate, doveva essere una unione intima con Cristo sacerdote.

Lo stesso dicasi della Messa di S. Domenico, di San Tommaso, di S. Bonaventura, che hanno scritto preghiere di ringraziamento ancora in uso; e di quella di S. Filippo Neri, che era spesso rapito in estasi dopo la consacrazione per l’intensità della sua contemplazione e dell’amore per Gesù sacerdote e vittima.Molti fedeli che videro celebrare S. Francesco di Sales, ebbero sempre per lui una grandissima venerazione.
Il santo curato d’Ars diceva: «Se comprendessimo che cosa è la Messa, moriremmo!». «Il sacerdote dovrebbe essere santo per celebrarla degnamente. Quando saremo in cielo, vedremo che cosa è la Messa e come l’abbiamo celebrata spesso senza la riverenza, l’adorazione ed il raccoglimento dovuti»,
Come è detto nella Imitazione [16]i santi uniscono sempre l’oblazione personale dei loro dolori a quella di Cristo, sacerdote e vittima. Il Padre Carlo de Foucauld, celebrando la Messa fra i maomettani in Africa, si offriva per essi, intendendo preparare cosi la loro futura evangelizzazione.
La Messa dei santi è come una prolusione, o un preludio, quasi un inizio del culto eterno che già viene espresso alla fine del prefazio dalle parole: «Sanctus, Sanctus, Sanctus».
                                                                                                                     
                                                                                                                      Stefano Gavazzi

Fonte:Haerentanimo.net
NOTE
1: SACERDOTE CON CRISTO SACERDOTE E VITTIMA - Corso di teologia spirituale per sacerdoti del P. R. GARRIGOU-LAGRANGE, O. P.
Caterina63
00lunedì 23 maggio 2011 10:42

Maestro Muti: basta con le canzonette in chiesa!






(ASCA) - Trieste, 21 mag - ''Non capisco le canzonette in chiesa'', durante le celebrazioni liturgiche. Lo ha detto il maestro Riccardo Muti, che a Trieste ha ricevuto la cittadinanza onorarfia.

''La storia della musica deve molto alla Chiesa e non mi riferisco solo al periodo gregoriano che e' strepitoso, ma anche ai giorni nostri. Ora io non capisco le chiese, tra l'altro quasi tutte fornite di organi strepitosi, dove invece si suonano le canzonette - ha detto -. Probabilmente questo e' stato apprezzato all'inizio come un modo di avvicinare i giovani, ma e' un modo semplicistico e senza rispetto del livello di intelligenza delle persone.

Perche' allora - precisa - mettere quattro-cinque ragazzi di buona volonta' a strimpellare delle chitarre o degli strumenti a plettro con testi che non commento? E poi - ha continuato Muti - se si sente l'Ave Verum di Mozart in chiesa, sicuramente anche la persona piu' semplice, piu' lontana dalla musica puo' essere trasportata in una dimensione spirituale. Ma se sente invece canzonette e' come stare in un altro posto''.Soffermandosi, invece, sugli spirituals, Muti ha osservato che ''questa e' un'altra cosa, un altro livello, e' un'altra cultura: antica e profonda, cantano e danzano con il corpo. E comunque e' una cosa che non ci appartiene. Quello che ci e' appartenuto con Perosi, Rossini a Verdi sono cose importantissime per la chiesa e per lo spirito. Perche' tutto questo sta sparendo quando e' nostro patrimonio di cui se ne sta impadronendo altre nazioni? La Cina oggi ha milioni di pianisti e violinisti con le fabbriche di strumenti che si sono centuplicate, e si sta impossessando della nostra cultura. Ma noi no della loro.

E allora se noi non ci fortifichiamo nella consapevolezza della nostra cultura finiremo in pochi anni di diventare il museo del mondo''.

Muti ha concluso sottolineando che ''pittura, scultura e musica fanno parte della nostra grande storia dell'arte, ma a differenza della pittura e della scultura che nei licei si fanno, la musica viene abbandonata come qualcosa di fastidioso e dilettantesco.

Ma cosi' diventiamo solo il paese della canzonetta, dimenticando il contributo fondamentale dell'Italia al mondo.

Basta pensare alle scuola napoletana nel '700. E noi abbiamo anche dato il nome alle note. E poi ci siamo fermati. Ma non e' colpa di nessun governo, e' imputabile a decenni e decenni di abbandono della cultura, come elemento che puo' accomunare un popolo e identificarlo''.




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