ATTENZIONE allarme Zika nuova epidemia o nuova scusa per diffondere l'aborto?

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00domenica 31 gennaio 2016 16:52

   Il virus Zika preoccupa Usa e Russia.
Quinto caso in Italia -

ma... cosa si nasconde dietro all'allarmismo?


 

Dopo che Ebola è stata debellata, un'altra epidemia sta allarmando il mondo. Si tratta di un virus, Zika, che, come Ebola, prende il nome da una località africana: la foresta di Zika, in Uganda, dove è stato individuato per la prima volta. Ora ha contagiato mezzo milione di persone in tutta l'America del Sud.

di Anna Bono

L’Organizzazione mondiale della sanità ha appena annunciato la fine dell’epidemia di Ebola in Africa occidentale e già si profila una nuova emergenza sanitaria mondiale. Si tratta di un virus, Zika, che, come Ebola, prende il nome da una località africana: la foresta di Zika, in Uganda, dove è stato individuato per la prima volta in una comunità di scimmie, nel 1947.

Il virus viene trasmesso dalla zanzara Aedes aegypti che è anche vettore della dengue e della febbre gialla, e dalla Aedes albopictus, la zanzara tigre. Il primo caso umano è stato registrato in Nigeria nel 1954. Da allora il virus è comparso più volte in Africa e nel sudest asiatico, ma provocando solo piccole epidemie circoscritte che non hanno destato allarme anche perché, a differenza di Ebola, la malattia non è mortale. I suoi sintomi sono simili a quelli della dengue, ma meno gravi: qualche giorno con un po’ di febbre, dolori articolari, eruzioni cutanee, occhi infiammati. Solo in rari casi si verificano complicazioni che interessano il sistema nervoso. In realtà la maggior parte delle persone contagiate non presenta sintomi di alcun genere. 

Ma, nel 2014, Zika è comparso in Cile e nel 2015 in altri 20 stati dell’America Latina e dei Caraibi. Da allora ha infettato forse due milioni di persone e più ancora. Solo in Brasile il ministero della Sanità stima che nel 2015 i contagi siano stati quasi mezzo milione, distribuiti in 14 dei 26 stati della federazione. Ma potrebbero essere stati moltissimi di più, anche il triplo, tenendo conto dei numerosi casi asintomatici. 

Già questa esplosione della malattia basterebbe a giustificare l’allarme lanciato dall’Oms che il 21 ottobre 2015 in un comunicato raccomandava a tutti i governi, non solo americani, di attivarsi per meglio individuare i casi, preparare i sistemi sanitari nazionali a sostenere un eventuale onere addizionale di spese e organizzativo e, nei paesi in cui sono presenti, mettere a punto rapidamente piani di intervento per eliminare le zanzare responsabili della trasmissione della malattia.

Ma c’è di più. Con il diffondersi del virus è stata individuata una correlazione tra Zika e microcefalia, una malformazione del cranio che può comportare ritardi nello sviluppo e danni cerebrali. Si sospetta dunque che il virus, se contratto da donne incinte, possa infettare il feto e provocare la microcefalia.

Proprio il fatto di essere per lo più asintomatico aumenterebbe il rischio che dei bambini vengano infettati prima di nascere. In Brasile dallo scorso ottobre a oggi si sono avuti quasi 4.000 casi di neonati affetti da microcefalia, mentre in tutto il 2014 erano stati meno di 150. In un solo ospedale si è passati dalla media di cinque casi all’anno ai 300 degli ultimi sei mesi.  

Il 28 gennaio l’Oms ha diramato un comunicato in cui si afferma che nel 2016 da tre a quattro milioni di persone potrebbero contrarre il virus Zika nelle sole Americhe. Il direttore generale Margaret Chan ha quindi istituito una commissione di esperti che il 1° febbraio deciderà se è il caso di dichiarare lo stato di emergenza mondiale. 

Il fatto che Zika induca la microcefalia nei feti non è ancora dimostrato. Forse l’allarme è eccessivo. Ma questa volta l’Oms non vuole ripetere l’errore fatale commesso nel 2014 quando ha tardato mesi a riconoscere che in Africa occidentale fosse in atto un’epidemia di Ebola, rivelatasi la peggiore mai verificatasi da quando la malattia è stata scoperta: più di 11.000 i morti. I primi casi erano stati denunciati alla fine del 2013, ma solo nell’agosto del 2014 l’Oms ha attivato lo stato di emergenza. Se lo avesse fatto prima, molte vite umane si sarebbero potute salvare. 

Per la lentezza con cui si è mossa, l’Oms ha contribuito a rendere elevato il bilancio delle vittime di Ebola. Ma, a onor del vero, Ebola e tutte le crisi sanitarie che colpiscono Africa, Asia e America Latina e talvolta si estendono al mondo intero hanno origine da fattori che in gran parte sfuggono al controllo dell’Oms: condizioni di vita, abitative e di lavoro insalubri, sistemi sanitari carenti o del tutto inadeguati, incapaci di individuare, diagnosticare e prevenire le malattie, popolazioni impreparate, prive delle nozioni igieniche necessarie, se non addirittura propense a ricorrere ad amuleti e stregoni per proteggersi dal contagio. 

A novembre l’Oms ha festeggiato uno straordinario successo nella lotta alle malattie: la scomparsa della meningite, nei paesi africani più colpiti da questa malattia, grazie un formidabile sforzo internazionale che ha consentito la vaccinazione di 220 milioni di persone in 16 stati. Dagli oltre 250.000 casi e 25.000 morti del 1997 si è scesi a quattro casi soltanto nel 2013. “Non bisogna abbassare la guardia – l’Oms ammoniva i governi africani – la malattia può ripresentarsi”. Già quest’anno, a gennaio, la meningite è ricomparsa in Ghana dove una nuova epidemia ha finora  ucciso 32 persone in cinque diverse regioni. 

Il 14 gennaio l’Oms ha annunciato la fine di Ebola in Africa occidentale. Appena poche ore dopo in Sierra Leone veniva individuato un nuovo caso, seguito da un altro pochi giorni dopo.






............. ed in Europa aumentano i casi di infezione segnalati – con un nuovo caso, il quinto, anche in Italia – in campo sono scesi oggi anche i presidenti di Russia e Stati Uniti, Vladimir Putin e Barack Obama, seriamente preoccupati per il rapido diffondersi del virus. Per questo Obama ha fatto oggi una richiesta precisa: velocizzare la ricerca per la diagnosi, prevenzione e cura delle infezioni causate da Zika.

Cresce dunque l’allerta mondiale, con il leader del Cremlino che ha chiesto al ministro della Salute di prestare attenzione all’eventualità che il virus arrivi in Russia dall’America Latina: ”Qualcosa di disgustoso – ha detto Putin – sta anche arrivando dall’America Latina. Qualche virus. Di certo le zanzare non voleranno sull’Oceano, ma persone infette potrebbero ben farlo e lo stanno facendo”.

Obama ha invece incontrato alla Casa Bianca le autorità sanitarie e della sicurezza nazionale per fare il punto della situazione, sottolineando la necessità che tutti gli americani siano informati sul virus e sul come proteggersi. Intanto, le autorità statunitensi hanno già raccomandato alle donne incinte di rimandare viaggi nelle aree dei Caraibi e del Sud America colpite da focolai del virus: ad oggi, sono quattro gli statunitensi nell’area di New York risultati positivi a Zika e due sono nella Grande Mela. I casi segnalati di infezione – tutti in persone, ora guarite, rientrate da viaggi in Paesi a rischio dell’America latina – fanno registrare una escalation anche in Europa: solo oggi, un primo caso è stato segnalato in Danimarca, cinque in Portogallo, mentre un nuovo caso – che si aggiunge ai quattro già noti – si rileva in Italia.

Si tratta di una cittadina italo-venezuelana che è stata curata circa un mese fa in Veneto, a Treviso. Ma è in Brasile che si rileva la situazione più allarmante: il Paese, ha riferito il ministro della Sanità, ha registrato 4.180 casi sospetti di microcefalia. Fino al 16 gennaio le segnalazioni erano state 3.893: in base alle ultime cifre, nel Paese sudamericano si stanno manifestando circa 200 nuovi casi ogni settimana e in totale, nel 2015, i casi di infezione si stimano tra 497.593 e 1.482.701.






 Virus Zika, l'ONU getta la maschera Vero scopo è diffondere l'aborto in America Latina

di Riccardo Cascioli07-02-2016


Lo avevamo intuito subito (clicca qui), poi lo abbiamo documentato (clicca qui e qui); ora le dichiarazioni provenienti da diverse agenzie ONU svelano chiaramente la truffa, anzi l’associazione a delinquere: l’allarme per il virus Zika è solo un grimaldello per scardinare le legislazioni sudamericane che ancora vietano o limitano l’aborto. Venerdì 5 febbraio ci ha pensato infatti il presidente dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani, il principe giordano Zeid Raad Al Hussein, a chiedere che i paesi dell’America Latina cambino le loro leggi per liberalizzare contraccezione e aborto, al fine di prevenire malformazioni per i feti di donne incinte colpite dal virus trasmesso dalla zanzara. Il fatto è – come abbiamo documentato – che il nesso di causalità tra il virus e microcefalie dei feti è tutto da dimostrare e comunque, numeri alla mano, Zika sarebbe un fattore di rischio inferiore rispetto a tanti altri per cui non c’è alcun allarme.


 
Zika e aborto

Tutta la questione resta però incomprensibile se non si ricorda che è da diversi decenni che i paesi dell’America Latina sono nel mirino delle agenzie ONU che in vari modi tentano di imporre il controllo delle nascite e anche il cambiamento delle legislazioni restrittive in fatto di aborto. L’ultima trovata è l’allarme virus, peraltro secondo uno schema ormai collaudato in ambito ONU anche per altre materie: si prende spunto da qualche fatto reale per lanciare un allarme, che si allarga fino a creare uno stato di paura; questo giustifica l’invocazione di misure urgenti e drastiche che ovviamente alcune agenzie ONU sono già pronte a garantire; in questo modo si riesce a imporre provvedimenti che altrimenti non avrebbero mai ottenuto il consenso, soprattutto in tempi brevi.

In questo caso si è cominciato improvvisamente a lanciare l’allarme sul virus Zika che agli adulti provoca sintomi assolutamente trascurabili ma che invece, guarda caso, sarebbe molto dannoso per i feti. Prove? Nessuna. Si fa riferimento a un aumento di casi di microcefalia in un’area del Brasile dove è più diffuso il virus, ma i numeri non trovano riscontro e men che meno il nesso di causalità. 

Nel frattempo però il 1° febbraio l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara Zika un’emergenza sanitaria mondiale e, sempre guarda caso, interviene a ruota l’International Planned Parenthood Federation (IPPF, multinazionale dell’aborto e della contraccezione, partner di diverse agenzie dell’ONU) che chiede ai governi latinoamericani di revocare il divieto di aborto che, nella maggioranza dei paesi, è ammesso solo in caso di stupro e rischio di vita per la madre, e di diffondere ampiamente i contraccettivi soprattutto nelle zone più povere. 

Contemporaneamente in Brasile, epicentro dell’epidemia, ANIS, un istituto femminista di ricerca bio-etica, ha annunciato un immediato ricorso alla Corte Suprema per garantire la massima diffusione dei contraccettivi, l’accesso a test diagnostici precoci e la possibilità di aborto in caso di microcefalia. Mossa non certo casuale: nel 2012 un analogo ricorso dell’ANIS spinse la Corte Suprema a legalizzare l’aborto in caso di feti affetti da anancefalia, una condizione per cui al feto manca una parte importante del cervello. La giustificazione fu l’incompatibilità con la vita per bambini anancefali. Condizione che non vale per la microcefalia, ma una campagna allarmistica ben organizzata può dare quella spinta che può risultare decisiva.

Così eccoci al 5 febbraio con l’intervento dell’Alto Commissario per i Diritti Umani: «Le leggi e le politiche che restringono l’accesso delle donne a questi servizi (contraccezione e aborto, ndr) devono essere urgentemente riviste per rispettare i diritti umani in modo da assicurare concretamente il diritto alla salute per tutti». Praticamente le stesse parole vengono pronunciate da un portavoce dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra: «L’Oms – afferma in una dichiarazione all’agenzia Adnkronos – enfatizza l’importanza del diritto alla salute. Privare le donne dell’accesso a un’assistenza alla salute sessuale e riproduttiva e ai servizi sanitari è una violazione dei diritti umani». Appello analogo lanciato anche dal Fondo ONU per la Popolazione (UNFPA), non sorprendentemente, visto che questa è l’agenzia maggiormente impegnata nelle campagne di controllo delle nascite e nella diffusione di contraccettivi e aborto. Si aspettano ovviamente altri interventi da parte di altre agenzie ONU, perché tutte queste lavorano già da anni in modo coordinato per promuovere l’aborto.

A questo punto si registra anche una reazione della Chiesa brasiliana che ha invitato con forza a sradicare il virus piuttosto che le persone eventualmente infettate. «La malattia non può costituire una giustificazione per promuovere l’aborto», dice una dichiarazione della Conferenza episcopale. Anche il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, che fa parte della Commissione dei 9 cardinali ed è reputato tra i più vicini a papa Francesco, si è espresso con parole forti contestando che si possa parlare di aborto “terapeutico”. «L’aborto terapeutico non esiste – ha detto Maradiaga -. Terapeutico vuol dire curare e l’aborto non cura nulla, semplicemente elimina le vite degli innocenti».

Se i governi sudamericani riusciranno a respingere questo nuovo assalto alla vita è tutto da vedere, ma è certo che questo fatto ci ricorda che la vera emergenza sanitaria mondiale si chiama aborto: sono almeno 50 milioni le vittime ogni anno, un massacro che non ha eguali nella storia e che viene fatto passare come conquista civile. Ed è anche significativo che questo ci venga ricordato proprio oggi, nel giorno in cui la Chiesa italiana celebra la Giornata per la Vita, istituita dalla Conferenza episcopale italiana dopo l’introduzione della Legge 194 nel 1978. È significativo perché con il passare degli anni, tale ricorrenza ha perso sempre più forza, è subentrata una certa abitudine al male e anche nei messaggi che la CEI pubblica per l’occasione, il tema della vita assume significati sempre più ampi diluendo il ricordo della Legge 194. Uno sguardo a ciò che avviene nel mondo, oltre ai più di 100mila aborti praticati in Italia ogni anno, dovrebbe invece suggerire il contrario. La battaglia per la famiglia e per la vita sono del resto strettamente correlate.

P.S. A proposito di famiglia, nel messaggio CEI per la Giornata della Vita (La Misericordia fa fiorire la vita), a un certo punto si parla di famiglia e la si definisce come «costituita da un uomo e una donna con un legame stabile». Vuol dire che la Chiesa italiana ha già eliminato il matrimonio come fondamento della famiglia? A questo punto sono maggiormente comprensibili certe posizioni sul ddl Cirinnà. 

 





Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:19.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com