ATTENZIONE: la Preghiera, digiuno e penitenza indetti dal Papa a favore della Pace vera

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00domenica 1 settembre 2013 16:03


[SM=g1740758]  ATTENZIONE: ACCORATO APPELLO DEL SANTO PADRE Francesco all’Angelus:

mai più la guerra! Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria e nel mondo: appuntamento il 7 settembre in Piazza San Pietro



Accorato appello del Papa all’Angelus per la pace in Siria, in tutto il Medio oriente e nel mondo intero. Francesco si è detto “profondamente ferito” per quanto sta accadendo in quel "martoriato Paese" e in altri luoghi di conflitto. Per questo ha indetto una Giornata di preghiera e digiuno il 7 settembre e dato appuntamento in piazza San Pietro dalle 19 alle 24, estendendo l’invito a tutti i cristiani, ai fedeli di altre religioni e ai non credenti.

“Mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato”.

“Con angoscia crescente” - ha detto il Papa – “il grido della pace” “sale da ogni parte della Terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità”.

“Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitti che ci sono in questa nostra Terra, ma in questi giorni il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria, e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano”.

“Quanta devastazione, quanto dolore - ha sottolineato - ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese”.

“Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche”.

“Pensiamo quanti bambini – ha esclamato - non potranno vedere la luce”.

“C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della Storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!”.

“Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace”, ha ammonito:

“Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza! Con tutta la mia forza chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione”.

Quindi il richiamo alla comunità internazionale perché compia ogni sforzo, promuova senza indugio iniziative chiare per la pace, basate sul dialogo e sul negoziato per il bene dell’intera popolazione siriana:

“Non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini”.

Si è chiesto quindi Francesco: che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? La pace è un bene – ha ricordato - che supera ogni barriera perché è un bene di tutta l’umanità:

“Ripeto a voce alta: Non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma quella – la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo, questa è l’unica strada per la pace. Il grido della pace si levi alto, perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare da un anelito di pace”.

Da qui l’invito esteso a tutti i cattolici, ai fedeli di altre religioni e ai non credenti a partecipare ad una Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero:

“Il 7 settembre, in piazza San Pietro, qui, dalle ore 19 alle ore 24, ci riuniremo in preghiera e in spirito di penitenza per invocare da Dio questo grande dono per l’amata Nazione siriana e per tutte le situazioni di conflitto e di violenza nel mondo. L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace”.
Nel dopo Angelus, il Papa ha reso omaggio a due “esemplari testimoni del Vangelo”: il sacerdote martire Vladimir Ghika, beatificato ieri a Bucarest e il prelato ordinario Antonio Franco, vissuto tra ‘500 e ‘600, che sarà beatificato domani a Siracusa, dove oggi ricorre il 60mo anniversario delle lacrime della Madonna. Si è poi soffermato sull’odierna Giornata per la custodia del creato.


TESTO INTEGRALE ANGELUS
Cari fratelli e sorelle, buon giorno!

Quest’oggi, cari fratelli e sorelle, vorrei farmi interprete del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente: è il grido della pace! Il grido che dice con forza: vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace, vogliamo che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace; mai più la guerra! Mai più la guerra!La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato.

Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitto che ci sono in questa nostra terra, ma, in questi giorni, il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano.

Rivolgo un forte Appello per la pace, un Appello che nasce dall’intimo di me stesso! Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese, specialmente tra la popolazione civile e inerme! Pensiamo a quanti bambini non potranno vedere la luce del futuro! Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche: vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!

Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione. Con altrettanta forza esorto anche la Comunità Internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella Nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana.

Non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini. Agli operatori umanitari, impegnati ad alleviare le sofferenze della popolazione, sia assicurata la possibilità di prestare il necessario aiuto.

Che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? Come diceva Papa Giovanni: a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore (cfr Lett. enc. Pacem in terris [11 aprile 1963]: AAS 55 [1963], 301-302).

Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà! E’ un forte e pressante invito che rivolgo all’intera Chiesa Cattolica, ma che estendo a tutti i cristiani delle altre Confessioni, agli uomini e donne di ogni Religione e anche a quei fratelli e sorelle che non credono: la pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità.

Ripeto a voce alta: non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo: questa è l’unica strada per la pace.

Il grido della pace si levi alto perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare dall’anelito di pace.

Per questo, fratelli e sorelle, ho deciso di indire per tutta la Chiesa, il 7 settembre prossimo, vigilia della ricorrenza della Natività di Maria, Regina della Pace, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero, e anche invito ad unirsi a questa iniziativa, nel modo che riterranno più opportuno, i fratelli cristiani non cattolici, gli appartenenti alle altre Religioni e gli uomini di buona volontà.

Il 7 settembre in Piazza San Pietro, qui, dalle ore 19.00 alle ore 24.00, ci riuniremo in preghiera e in spirito di penitenza per invocare da Dio questo grande dono per l’amata Nazione siriana e per tutte le situazioni di conflitto e di violenza nel mondo. L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace! Chiedo a tutte le Chiese particolari che, oltre a vivere questo giorno di digiuno, organizzino qualche atto liturgico secondo questa intenzione.

A Maria chiediamo di aiutarci a rispondere alla violenza, al conflitto e alla guerra, con la forza del dialogo, della riconciliazione e dell’amore. Lei è Madre: che Lei ci aiuti a trovare la pace. Tutti noi siamo i suoi figli. Aiutaci, Maria, a superare anche questo difficile momento e ad impegnarci a costruire ogni giorno e in ogni ambiente un’autentica cultura dell’incontro e della pace.


Maria, Regina della pace, prega per noi!

Tutti: Maria, Regina della pace, prega per noi!



Caterina63
00domenica 1 settembre 2013 20:32

Il Santo Padre Francesco ha lanciato un appello per la drammatica situazione in Siria e nel mondo a causa della guerra. Ha indetto una giornata di digiuno e preghiera per il 7 settembre in occasione della festa della Natività della Vergine Maria (8 settembre).
Volentieri ci uniamo e cerchiamo di divulgare questa iniziativa.

www.gloria.tv/?media=494384





[SM=g1740720]


[SM=g1740750] [SM=g1740752]

Caterina63
00martedì 3 settembre 2013 20:06

Lettera delle quattro suore trappiste in Siria: «Il sangue riempie le nostre strade, i nostri occhi, il nostro cuore»

agosto 30, 2013                                     Redazione                                
                                                                

«Vediamo la gente intorno a noi e pensiamo: “Domani hanno deciso di  bombardarci”». Drammatica lettera dalla Siria: «Domani ci faranno respirare i  gas tossici dei depositi colpiti, per punirci dei gas che già abbiamo  respirato?»

 
 
                            
                            
                                                                                     

siria-suore-tibhirinePubblichiamo  una lettera che le quattro suore trappiste (qui l’intervista di tempi.it) hanno inviato al  sito oraprosiria. Le quattro religiose vivono  in monastero cistercense appollaiato su una collina in un  villaggio maronita al confine col Libano, fra Homs e  Tartous.

Rinnoviamo l’invito a firmare l’appello contro l’intervento  armato e a sostenere la sottoscrizione per la popolazione lanciata  dalla Custodia di terra Santa.

Oggi non abbiamo parole, se non quelle dei salmi che la preghiera liturgica  ci mette sulle labbra in questi giorni: «Minaccia la belva dei canneti, il  branco dei tori con i vitelli dei popoli… o Dio disperdi i popoli che amano la  guerra…». «Il Signore dal cielo ha guardato la terra, per ascoltare il gemito  del prigioniero, per liberare i condannati a morte»… «ascolta o Dio la voce del  mio lamento, dal terrore del nemico preserva la mia vita; proteggimi dalla  congiura degli empi, dal tumulto dei malvagi. Affilano la loro lingua come  spada, scagliano come frecce parole amare… Si ostinano nel fare il male, si  accordano per nascondere tranelli, dicono: “Chi li potrà vedere? meditano  iniquità, attuano le loro trame. Un baratro è l’uomo, e il suo cuore un abisso”.  Lodate il mio Dio con i timpani, cantate al Signore con cembali, elevate a lui  l’accordo del salmo e della lode, esaltate e invocate il suo nome. POICHE’ IL  SIGNORE E’ IL DIO CHE STRONCA LE GUERRE. “Signore, grande sei tu e glorioso,  mirabile nella tua potenza e invincibile”».

siria-cristiani-giuseppe-nazzaro-aleppoGuardiamo  la gente attorno a noi, i nostri operai che sono venuti a lavorare tutti come  sospesi, attoniti: «Hanno deciso di attaccarci». Oggi siamo andate a Tartous…  sentivamo la rabbia, l’impotenza, l’incapacità di formulare un senso a tutto  questo: la gente cerca di lavorare, come può, di vivere normalmente. Vedi i  contadini bagnare la loro campagna, i genitori comprare i quaderni per le scuole  che stanno per iniziare, i bambini chiedere ignari un giocattolo o un gelato…  vedi i poveri, tanti, che cercano di raggranellare qualche soldo, le strade  piene dei rifugiati “interni” alla Siria, arrivati da tutte le parti nell’unica  zona rimasta ancora relativamente vivibile… guardi la bellezza di queste  colline, il sorriso della gente, lo sguardo buono di un ragazzo che sta per  partire per militare, e ci regala le due o tre noccioline americane che ha in  tasca, solo per “sentirsi insieme”… E pensi che domani hanno deciso di  bombardarci… Così. Perché “è ora di fare qualcosa”, così si legge nelle  dichiarazioni degli uomini importanti, che domani berranno il loro thé guardando  alla televisione l’efficacia del loro intervento umanitario… Domani ci faranno  respirare i gas tossici dei depositi colpiti, per punirci dei gas che già  abbiamo respirato?

La gente qui è davanti alla televisione, con gli occhi e le orecchie tesi:  «Si attende solo una parola di Obama»!!!! Una parola di Obama?? Il premio Nobel  per la pace, farà cadere su di noi la sua sentenza di guerra? Aldilà di ogni  giustizia, di ogni buon senso, di ogni misericordia, di ogni umiltà, di ogni  saggezza?

Parla il Papa, parlano Patriarchi e vescovi, parlano  innumerevoli testimoni, parlano analisti e persone di esperienza, parlano  persino gli oppositori del regime… E tutti noi stiamo qui, aspettando una sola  parola del grande Obama? E se non fosse lui, sarebbe un altro, non è questo il  problema. Non si tratta di lui, non è lui “il grande”, ma il Maligno che in  questi tempi si sta dando veramente da fare.

siria-suore-3Il  problema è che è diventato troppo facile contrabbandare la menzogna come  nobiltà, gli interessi più spregiudicati come una ricerca di giustizia, il  bisogno di protagonismo e di potere come “la responsabilità morale di non  chiudere gli occhi”… E a dispetto di tutte le nostre globalizzazioni e fonti di  informazioni, sembra che nulla sia verificabile, che un minimo di verità  oggettiva non esista… Cioè, non la si vuole far esistere; perché invece una  verità c’è, e gli uomini onesti potrebbero trovarla, cercandola davvero insieme,  se non fosse loro impedito da coloro che hanno altri interessi.

C’è qualcosa che non va, ed è qualcosa di grave… perché la conseguenza è la  vita di un popolo. È il sangue che riempie le nostre strade, i nostri occhi, il  nostro cuore.

Ma ormai, a cosa servono ancora le parole? Una nazione distrutta, generazioni  di giovani sterminate, bambini che crescono con le armi in mano, donne rimaste  sole, spesso oggetto di vari tipi di violenza… distrutte le famiglie, le  tradizioni, le case, gli edifici religiosi, i monumenti che raccontano e  conservano la storia e quindi le radici di un popolo…

Domani, dunque (o domenica ? bontà loro…) altro sangue.

Noi, come cristiani, possiamo almeno offrirlo alla misericordia di Dio,  unirlo al sangue di Cristo che in tutti coloro che soffrono porta a compimento  la redenzione del mondo. Cercano di uccidere la speranza, ma noi a questo  dobbiamo resistere con tutte le nostre forze.

A chi ha un vero amore per la Siria (per l’uomo, per la verità…) chiediamo  tanta preghiera… tanta, accorata, coraggiosa…

le sorelle trappiste

da ‘Azeir – Syria, 29 agosto 13

Leggi di Più: Siria. Lettera suore trappiste | Tempi.it Follow us: @Tempi_it on Twitter | tempi.it on Facebook






Caterina63
00sabato 7 settembre 2013 00:24

Domani in Piazza San Pietro la Veglia per la pace in Siria, le parole dell'anima per disarmare i cannoni



Un “esercito” della pace si riunirà domani sera in Piazza San Pietro per condividere con Papa Francesco la Veglia di preghiera per la crisi in Siria. Dalle 16.30, i varchi della Piazza saranno aperti all’afflusso di chi vorrà partecipare, mentre la Veglia inizierà alle 19 e durerà fino alle 23. Alessandro De Carolis spiega i momenti che scandiranno l’evento:RealAudioMP3

Il grido disarmato per la pace e le parole sommesse di milioni di anime in preghiera per ridurre al silenzio il ruggito dei cannoni e alla ragione gli strateghi della guerra. È per questo che Papa Francesco ha mobilitato la Chiesa, suscitando un’adesione planetaria anche da parte di chi nella Chiesa non si riconosce. Il grido sarà quello del Papa dell’ultimo Angelus, ripetuto in apertura della Veglia: “Scoppi la pace; mai più la guerra! Mai più la guerra!”. Le preghiere scaturiranno invece dalle parole sacre con cui da secoli e millenni l’uomo chiede a Dio di vivere in pace. Come i versi del canto iniziale, l’antichissimo Veni Creator, che alla quinta strofa entra già nel cuore del momento: “Difendici dal nemico, reca in dono la pace, la tua guida invincibile ci preservi dal male”. Poi, l’intronizzazione dell’icona di Maria Salus populi Romani e le parole del Rosario, cinquanta invocazioni per affidare coralmente le sorti contingenti del pianeta alla Regina della pace. Per l’occasione, Papa Francesco ha voluto che ogni Mistero della gioia del Rosario sia preceduto da parole tratte da Santa Teresa di Lisieux.

Dopo il Rosario, gli occhi del mondo della fede e le telecamere internazionali saranno tutti per Papa Francesco, che offrirà la sua riflessione, quindi al centro della scena sarà l’Ostia consacrata, esposta per l’adorazione eucaristica, mentre l’alternarsi di letture bibliche e preghiere di pace dei Papi del Novecento fino ai giorni nostri guiderà la riflessione interiore trasformandola fin da subito, con la celebre Profezia di Isaia, in un nuovo messaggio ai potenti della terra: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri”, “una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra”. Al termine di ognuno dei cinque tempi dell’adorazione guidata, sulle note dell’organo cinque coppie di persone – in rappresentanza di Siria, Egitto, Terra Santa, Stati Uniti e Russia – faranno l’offerta dell’incenso. Il penultimo momento della Veglia sarà caratterizzato dall’Ufficio delle letture – tre brani di Geremia, San Leone Magno e l’Evangelista Giovanni – poi ogni voce tacerà e per circa mezz’ora, fin verso le 22.40, solo la musica riempirà la Piazza e i suoi dintorni. L’ultimo atto della Veglia sarà la benedizione eucaristica impartita da Papa Francesco.


del sito Radio Vaticana 

[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

Caterina63
00sabato 7 settembre 2013 09:51

Papa Pio XII nel Radio messaggio del 24.12.1951 insegnava: “Bisogna che ciascuno si persuada di questo carattere spirituale inerente al pericolo di guerra. Ispirare tale persuasione è in primo luogo ufficio della Chiesa; è il suo primo contributo alla pace.”

Può il cattolico ignorare che la pace non si ristabilisce se non tornando alla più ampia convivenza civile, che in Siria si cercava di realizzare, ma questa guerra d’importazione ha spazzato via? Intanto, organizzazioni pacifiste tuonano a favore di una qualche pace come fanno da sempre, ed ecco che non poteva mancare il capo della chiesa conciliare per rivendicare diritti sulla gran trovata per la pace: – Mai più la guerra! Ripetuta con forza da Paolo 6º nell’ONU, ritenuta allora da lui «l’ultima speranza per l’umanità!».

È dunque argomento caro a Bergoglio, che ha convocato per questo 7 settembre una Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria. – Francesco si pronuncia nei suoi ultimi commenti sul profilo Twitter @Pontifex_pt: “Mai più la guerra! Mai più la guerra!Vogliamo un mondo di pace; vogliamo essere uomini e donne di pace!”

L’idea sarebbe opportuna se si avessero le intenzioni di preghiera secondo la Chiesa. Ma è così?

 Si tratta, spiega Papa Francesco, del ”grido della pace. È il grido che dice con forza: vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace, vogliamo che in questa nostra società dilaniata da divisioni e da conflitti scoppi la pace.

“Mai più la guerra. La pace è un dono troppo prezioso che deve essere promosso e tutelato” e condanna ”con particolare fermezza l’uso delle armi chimiche’. ‘Ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi – dice – C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire”.

 
Leggiamo ora come spiegava questo MAI PIU' LA GUERRA di Pio XII

L’ORDINE CRISTIANO ORDINE DI LIBERTÀ

 

Papa Pio XII sempre nel RM del 24.12.1951 insegnava: Se si vuole veramente impedire la guerra, si deve innanzi tutto cercare di sovvenire all’anemia spirituale dei popoli, alla inconsapevolezza della propria responsabilità, dinanzi a Dio e agli uomini, per la mancanza dell’ordine cristiano, che solo vale ad assicurare la pace.

A ciò sono rivolti gli sforzi della Chiesa. Ma essa urta qui in una difficoltà particolare, dovuta alla forma delle presenti condizioni sociali : la sua esortazione in favore dell’ordine cristiano, in quanto fattore principale di pacificazione, è al tempo stesso uno stimolo alla giusta concezione della vera libertà.
Perché infine l’ordine cristiano, in quanto ordinamento di pace, è essenzialmente ordine di libertà. Esso è il concorso solidale di uomini e di popoli liberi per la progressiva attuazione, in tutti i campi della vita, degli scopi assegnati da Dio all’umanità. È però un fatto doloroso che oggi non si stima o non si possiede più la vera libertà. In queste condizioni la convivenza umana, come ordinamento di pace, è interiormente snervata ed esangue, esteriormente esposta ogni istante a pericoli.

Coloro, per esempio, che nel campo economico o sociale vorrebbero tutto riversare sulla società, anche la direzione e la sicurezza della loro esistenza; o che attendono oggi il loro unico nutrimento spirituale quotidiano, sempre meno da loro stessi, – vale a dire dalle loro proprie convinzioni e conoscenze, – e sempre più, già preparato, dalla stampa, dalla radio, dal cinema, dalla televisione; come potrebbero concepire la vera libertà, come potrebbero stimarla e desiderarla, se non ha più posto nella loro vita?Essi cioè non sono più che semplici ruote nei diversi organismi sociali; non più uomini liberi, capaci di assumere e di accettare una parte di responsabilità nelle cose pubbliche.

Perciò, se oggi gridano: Mai più la guerra!, come sarebbe possibile fidarsi di loro? Non è infatti la loro voce; è la voce anonima del gruppo sociale, nel quale si trovano impegnati. Questa è la condizione dolorosa, la quale inceppa anche la Chiesa nei suoi sforzi di pacificazione, nei suoi richiami alla consapevolezza della vera libertà umana, elemento indispensabile, secondo la concezione cristiana, dell’ordine sociale, considerato come organizzazione di pace.

Invano essa moltiplicherebbe i suoi inviti a uomini privi di quella consapevolezza, ed anche più inutilmente li rivolgerebbe ad una società ridotta a puro automatismo. Tale è la pur troppo diffusa debolezza di un mondo, che ama di chiamarsi con enfasi «il mondo libero». Esso s’illude o non conosce sé stesso : nella vera libertà non risiede la sua forza. È un nuovo pericolo, che minaccia la pace e che occorre denunziare alla luce dell’ordine sociale cristiano. Di là deriva altresì in non pochi uomini autorevoli del cosiddetto «mondo libero» una avversione contro la Chiesa, contro questa ammonitrice importuna di qualche cosa che non si ha, ma si pretende di avere, e che, per uno strano invertimento di idee, ingiustamente si nega proprio a lei : vogliamo dire la stima e il rispetto della genuina libertà.

 

Sempre Papa Pio XII nel RM del 24.12.1951 insegna sulle armi moderne:

 “Anche Noi — e più di chiunque altro — deploriamo la mostruosa crudeltà delle armi moderne. Le deploriamo e non cessiamo di pregare che non vengano giammai adoperate. Ma, d’altra parte, non è forse una specie di materialismo pratico, di sentimentalismo superficiale, il considerare nel problema della pace unicamente o principalmente l’esistenza e la minaccia di quelle armi, mentre si mette in non cale l’essenza dell’ordine cristiano, che è il vero garante della pace?
Da qui, tra gli altri motivi, le discrepanze e anche le inesattezze sulla liceità o la illiceità della guerra moderna; da qui parimente la illusione di uomini politici, che contano troppo sulla esistenza o sulla scomparsa di quelle armi.
Il terrore, che esse ispirano, viene perdendo a lungo andare la sua efficacia, come ogni altra causa di spavento; o almeno non basterebbe, all’occorrenza, a frenare lo scatenamento di una guerra, specialmente là ove i sentimenti dei cittadini non hanno un peso sufficiente sulle determinazioni dei loro Governi.

Bergoglio invita a pensare ”a quanti bambini non potranno vedere la luce” e osserva: ”Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza. Con tutta la mia forza chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi ma di guardare all’altro come a un fratello e di intraprendere con coraggio e decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione”. 

Quindi il richiamo alla comunità internazionale: ”Non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini”. Ora è Bergoglio «a decidere di indire per il 7 settembre ”una giornata di digiuno e preghiera’‘ per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero”. L’umanità ”ha bisogno di vedere gesti di pace e parole di speranza” sottolinea Bergoglio che chiede ”a tutte le chiese particolari che organizzino qualche atto liturgico con questa intenzione. A Maria chiediamo di aiutarci a rispondere alla violenza, al conflitto e alla guerra con la forza del dialogo, della riconciliazione e dell’amore. Lei è madre, ci aiuti a trovare la pace”».

 

Pio XII, però, insegna: “Chi volesse implorare alla Vergine la cessazione dei flagelli, senza un serio proposito di riforma della vita privata e pubblica, starebbe semplicemente chiedendo l’impunità della colpa, il diritto di regolare la propria condotta, non secondo la Legge di Dio, ma delle passioni scatenate. Tale supplica sarebbe la negazione e il contrario della supplica cristiana, sarebbe ingiuria a Dio, una provocazione alla Sua giusta collera, l’ostinarsi nel peccato, che è l’unico e vero male del mondo.” (Omelia del 13.6.1944, Chiesa di S. Ignazio)

 

[SM=g1740733]  perciò è fondamentale che alla richiesta della vera Pace ci sia da parte delle genti LA CONVERSIONE A CRISTO che è la vera Pace come infatti dice ai discepoli: Pace a voi! Vi do la mia pace, non come quella che il mondo vi da.....

segnaliamo due preghiere tratte dal Messale tradizionale, facenti parte del Proprio della S. Messa votiva per la pace:

Deus, a quo sancta desidéria, recta consília et iusta sunt ópera: da servis tuis illam, quam mundus dare non potest, pacem; ut et corda nostra mandátis tuis dédita, et, hóstium sublata formídine, témpora sint, tua protectióne, tranquilla. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia saécula saeculórum. Amen.
O Dio, da cui viene ogni santo desiderio, retto consiglio ed opera buona, concedi ai tuoi servi quella pace che il mondo non può dare: affinché i nostri cuori siano dediti all’osservanza dei tuoi precetti e, cessato il timore dei nemici, la nostra vita, per la tua protezione, sia tranquilla. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. Amen.
(Messale tradizionale, Oratio della S. Messa votiva per la pace)

Deus, qui credéntes in te pópulos nullis sinis cóncuti terróribus: dignare preces et hóstias dicátae tibi plebis suscípere; ut pax a tua pietate concessa christianórum fines ab omni hoste fàciat esse securos.Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia saécula saeculórum. Amen.
O Dio, che non lasci abbattere da alcun terrore i popoli che in Te sperano, accetta le preghiere e le offerte del tuo popolo, affinché la pace da Te concessa, renda sicuro da ogni nemico il mondo cristiano. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. Amen.

(Messale tradizionale, Secreta della S. Messa votiva per la pace)

infine da unavox segnaliamo due passi di Thomas Merton, trasmessici da un caro amico:

Alla radice di ogni guerra sta la paura: non tanto la paura che gli uomini hanno gli uni degli altri, quanto la paura che essi hanno di tutto. 
 … … …
In nulla possono riporre la loro fiducia, perché hanno cessato di credere in Dio. Porrete fine alle guerre chiedendo agli uomini di fidarsi di uomini che evidentemente non meritan fiducia?
No.
Insegnate loro ad amare Dio e ad avere fiducia in Lui; allora saranno in grado di amare gli uomini in cui non possono avere fiducia ed oseranno far la pace con loro, fidandosi non di loro ma di Dio.
(Thomas Merton, ”Semi di contemplazione”, Garzanti, 1951, p. 64, passim)

Se gli uomini volessero veramente la pace, la chiederebbero a Dio ed Egli la darebbe loro. Ma perché Egli dovrebbe dare al mondo una pace che in realtà il mondo non desidera? Perché quella pace che il mondo sembra desiderare non è affatto pace.
Per alcuni pace significa semplicemente libertà di sfruttare altri senza pericolo di rappresaglie o di interferenze. Per altri pace significa la possibilità di derubarsi continuamente a vicenda.
… … …
Per la grande maggioranza pace significa semplicemente l'assenza di ogni violenza fisica che possa gettare una ombra su vite dedite alla soddisfazione dei propri appetiti animali di comodità e di piacere.
Molti uomini come questi hanno domandato a Dio ciò che essi credevano fosse la “pace” e si sono chiesti perché le loro preghiere non fossero state esaudite. Essi non potevano comprendere che in realtà erano esaudite.
Dio ha lasciato loro ciò che desideravano, perché la loro idea di pace era soltanto una altra forma di guerra.
Così, invece di amare ciò che tu credi sia la pace, ama gli altri uomini e ama soprattutto Dio. E invece di odiare coloro che credi fomentatori di guerra, odia gli appetiti e il disordine della tua anima, che sono le cause della guerra. 
(Thomas Merton, ”Semi di contemplazione”, Garzanti, 1951, p. 65, passim)


[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]
Caterina63
00sabato 7 settembre 2013 22:17

PAPA FRANCESCO: LA GUERRA È SEMPRE UNA SCONFITTA PER L'UMANITÀ


http://d2.yimg.com/sr/img/1/a86dd16a-a8a6-31de-85f3-20408bf11a40


Città del Vaticano, 7 settembre 2013 (VIS). Questa sera, centomila persone sono convenute in Piazza San Pietro rispondendo all'appello di Papa Francesco - lanciato all'Angelus di domenica scorsa - che ha indetto per oggi, 7 settembre, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente e in tutto il mondo. Da domenica sono state migliaia le adesioni ad una iniziativa che è stata accolta non solo dai cattolici ma anche da altre confessioni cristiane, da persone appartenenti ad altre religioni, da buddisti, ebrei e musulmani ed anche da quanti che non professano alcuna religione. Si sono mobilitate parrocchie e associazioni, la Caritas e la Comunità di Sant'Egidio, gruppi di preghiera e ordini religiosi come i Carmelitani Scalzi di Terra Santa; sindaci e presidenti di autonomie regionali, organizzazioni per la pace, la cooperazione e lo sviluppo, unioni sindacali. All'appello ha aderito un lungo elenco di personalità come l'architetto italiano Renzo Piano, il Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz e il Gran Mufti di Siria, leader spirituale dei sunniti che questa sera a Damasco ha invocato la pace nella moschea Omeya con i Capi religiosi della Nazione. Nelle chiese cattoliche di tutto il mondo, dall'Australia all'Egitto, si è elevata questa sera una preghiera per la pace.

Già da questa mattina Piazza San Pietro era gremita di persone: fra di esse numerosi coloro che desideravano confessarsi, a partire dalle 17:45, con uno dei 50 sacerdoti presenti all'interno del braccio di Costantino e sotto i colonnati. Papa Francesco ha desiderato la presenza dei confessori considerando che "la vera pace nasce dal cuore dell'uomo riconciliato con Dio e con i fratelli". Alle 18:30 è stata data lettura dell'Allocuzione che il Santo Padre ha tenuto domenica scorsa all'Angelus per introdurre al significato della Veglia che ha avuto inizio alle 19:00 con il saluto liturgico del Papa e il Canto del "Veni Creator", al quale ha fatto seguito l'Intronizzazione della "Salus Populi Romani", portata da quattro Guardie Svizzere.

Il Papa ha dato inizio alla recita del Santo Rosario. All'inizio di ogni mistero, dopo la lettura biblica a commento, è stato aggiunto il testo di una poesia di Santa Teresina di Gesù Bambino. Alla fine di ogni mistero è stata aggiunta l'invocazione: "Regina della Pace, prega per noi". Al termine della recita del Rosario il Santo Padre ha tenuto l'omelia che riportiamo di seguito:


http://d4.yimg.com/sr/img/1/8de1e130-5f7b-3451-955e-af36b84c7e36http://d4.yimg.com/sr/img/1/d3aebf4f-67eb-36a4-b3e7-cc0b18681abd

"'Dio vide che era cosa buona'. Il racconto biblico dell’inizio della storia del mondo e dell’umanità ci parla di Dio che guarda alla creazione, quasi la contempla, e ripete: è cosa buona. Questo, carissimi fratelli e sorelle, ci fa entrare nel cuore di Dio e, proprio dall’intimo di Dio, riceviamo il suo messaggio. Possiamo chiederci: che significato ha questo messaggio? Che cosa dice questo messaggio a me, a te, a tutti noi?

1.Ci dice semplicemente che questo nostro mondo nel cuore e nella mente di Dio è la 'casa dell’armonia e della pace' ed è il luogo in cui tutti possono trovare il proprio posto e sentirsi 'a casa', perché è 'cosa buona'. Tutto il creato forma un insieme armonioso, buono, ma soprattutto gli umani, fatti ad immagine e somiglianza di Dio, sono un’unica famiglia, in cui le relazioni sono segnate da una fraternità reale non solo proclamata a parole: l’altro e l’altra sono il fratello e la sorella da amare, e la relazione con il Dio che è amore, fedeltà, bontà si riflette su tutte le relazioni tra gli esseri umani e porta armonia all’intera creazione. Il mondo di Dio è un mondo in cui ognuno si sente responsabile dell’altro, del bene dell’altro. Questa sera, nella riflessione, nel digiuno, nella preghiera, ognuno di noi, tutti pensiamo nel profondo di noi stessi: non è forse questo il mondo che io desidero? Non è forse questo il mondo che tutti portiamo nel cuore? Il mondo che vogliamo non è forse un mondo di armonia e di pace, in noi stessi, nei rapporti con gli altri, nelle famiglie, nelle città, nelle e tra le nazioni? E la vera libertà nella scelta delle strade da percorrere in questo mondo non è forse solo quella orientata al bene di tutti e guidata dall’amore?

2.Ma domandiamoci adesso: è questo il mondo in cui noi viviamo? Il creato conserva la sua bellezza che ci riempie di stupore, rimane un’opera buona. Ma ci sono anche 'la violenza, la divisione, lo scontro, la guerra'. Questo avviene quando l’uomo, vertice della creazione, lascia di guardare l’orizzonte della bellezza e della bontà, si chiude nel proprio egoismo.

Quando l’uomo pensa solo a sé stesso, ai propri interessi e si pone al centro, quando si lascia affascinare dagli idoli del dominio e del potere, quando si mette al posto di Dio, allora guasta tutte le relazioni, rovina tutto; e apre la porta alla violenza, all’indifferenza, al conflitto. Esattamente questo è ciò che vuole farci capire il brano della Genesi in cui si narra il peccato dell’essere umano: l’uomo entra in conflitto con se stesso, si accorge di essere nudo e si nasconde perché ha paura, ha paura dello sguardo di Dio; accusa la donna, colei che è carne della sua carne; rompe l’armonia con il creato, arriva ad alzare la mano contro il fratello per ucciderlo. Possiamo dire che dall’armonia si passa alla 'disarmonia'? Possiamo dire questo: che dall'armonia si passa alla 'disarmonia'? No, non esiste la 'disarmonia': o c’è armonia o si cade nel caos, dove è violenza, contesa, scontro, paura.

Proprio in questo caos è quando Dio chiede alla coscienza dell’uomo: 'Dov’è Abele tuo fratello?'. E Caino risponde: 'Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?'. Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri! E invece, quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. Quanta violenza viene da quel momento, quanti conflitti, quante guerre hanno segnato la nostra storia! Basta vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Non si tratta di qualcosa di congiunturale, ma questa è la verità: in ogni violenza e in ogni guerra noi facciamo rinascere Caino. Noi tutti! E anche oggi continuiamo questa storia di scontro tra fratelli, anche oggi alziamo la mano contro chi è nostro fratello. Anche oggi ci lasciamo guidare dagli idoli, dall’egoismo, dai nostri interessi; e questo atteggiamento va avanti: abbiamo perfezionato le nostre armi, la nostra coscienza si è addormentata, abbiamo reso più sottili le nostre ragioni per giustificarci. Come se fosse una cosa normale, continuiamo a seminare distruzione, dolore, morte! La violenza, la guerra portano solo morte, parlano di morte! La violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte!

Dopo il caos del diluvio, ha smesso di piovere, si vede l'arcobaleno e la colomba porta un ramo di ulivo. Penso anche oggi a quell'ulivo che i rappresentanti delle diverse religioni abbiamo piantato a Buenos Aires, in Plaza de Mayo, nel 2000, chiedendo che non ci sia più il caos, chiedendo che non ci sia più guerra, chiedendo pace.

3.E a questo punto mi domando: È possibile percorrere la strada della pace? Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto lo sguardo materno della Salus populi romani, Regina della pace, voglio rispondere: Sì, è possibile per tutti! Questa sera vorrei che da ogni parte della terra noi gridassimo: Sì, è possibile per tutti! Anzi vorrei che ognuno di noi, dal più piccolo al più grande, fino a coloro che sono chiamati a governare le Nazioni, rispondesse: Sì, lo vogliamo!

La mia fede cristiana mi spinge a guardare alla Croce. Come vorrei che per un momento tutti gli uomini e le donne di buona volontà guardassero alla Croce! Lì si può leggere la risposta di Dio: lì, alla violenza non si è risposto con violenza, alla morte non si è risposto con il linguaggio della morte. Nel silenzio della Croce tace il fragore delle armi e parla il linguaggio della riconciliazione, del perdono, del dialogo, della pace.


Vorrei chiedere al Signore, questa sera, che noi cristiani e i fratelli delle altre Religioni, ogni uomo e donna di buona volontà gridasse con forza: la violenza e la guerra non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione: guarda al dolore del tuo fratello - penso ai bambini: soltanto a quelli... - guarda al dolore del tuo fratello, e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra se gna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità. Risuonino ancora una volta le parole di Paolo VI: 'Non più gli uni contro gli altri, non più, mai!... non più la guerra, non più la guerra!'. 'La pace si afferma solo con la pace, quella non disgiunta dai doveri della giustizia, ma alimentata dal sacrificio proprio, dalla clemenza, dalla misericordia, dalla carità'. Fratelli e sorelle, perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace: nell’amata Nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo! Preghiamo, questa sera, per la riconciliazione e per la pace, lavoriamo per la riconciliazione e per la pace, e diventiamo tutti, in ogni ambiente, uomini e donne di riconciliazione e di pace. Così sia".

***









http://d2.yimg.com/sr/img/1/ec39be40-80c6-3321-be9d-b45b4131585c





http://d1.yimg.com/sr/img/1/3ce0ed5c-c81f-32d3-91fc-a5183745d594


http://d1.yimg.com/sr/img/1/86b7a3af-8ab7-37fc-aff3-cf461ee68ab1

All'omelia del Papa ha fatto seguito un tempo di silenzio mentre si preparava l'altare per l'Esposizione del Santissimo. Durante l'adorazione è stata letto un brano biblico sul tema della pace, seguito dalla preghiera di un Pontefice sul medesimo tema e da invocazioni in forma responsoriale per chiedere la pace. Al termine di ognuno dei cinque tempi dell'adorazione cinque coppie di persone (in rappresentanza di Siria, Egitto, Terra Santa, Stati Uniti e Russia) hanno fatto l'offerta dell'incenso nel braciere collocato a destra dell'altare.
L'offerta è stata accompagnata da una serie di invocazioni sul tema comune della pace, fra le quali: "Signore della vita, porta la tua pace là dove si decide la sorte dei popoli, Signore, che la tua potenza creatrice elimini ogni violenza contro la vita umana".
"Signore che ami la vita, porta la pace nei nostri cuori. Signore che ami la vita porta la pace nelle nostre famiglie.
Signore che ami la vita porta la pace nei nostri popoli. Signore che ami la vita porta la pace dove si decidono le sorti delle nazioni.
Signore che ami la vita porta la pace dove oggi è presente la guerra. Spezza con la forza della tua Croce ogni divisione e discordia. Spezza con la luce della tua Parola ogni inganno e falsità. Spezza con la mitezza del tuo Cuore ogni rancore e vendetta. Spezza con la dolcezza della tua carità ogni egoismo e durezza di cuore. Spezza con la tua potenza creatrice ogni violenza contro la vita umana".

All'adorazione è seguito l'Ufficio delle Letture "nella forma più lunga prevista per una celebrazione vigilare". Il brano evangelico scelto è stato il capitolo 20 del Vangelo di Giovanni. Successivamente, dalle 22:15 alle 22:40 si è tenuto un tempo di silenzio prolungato.

La cerimonia si è conclusa con la benedizione eucaristica che Papa Francesco ha impartito ai presenti. 




Caterina63
00giovedì 3 ottobre 2013 11:57

INTERVENTO DEL SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI AL DIBATTITO GENERALE DELLA 68.ma SESSIONE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU - 2.10.2013


● INTERVENTO DI S.E. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI

 

● TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Signor Presidente,

Ho l’onore, innanzitutto, di esprimerLe le congratulazioni della Santa Sede per la Sua elezione alla Presidenza della 68.ma sessione dell’Assemblea Generale. Parimenti, sono lieto di trasmettere a Lei, come pure a tutte le delegazioni partecipanti, i più cordiali saluti di Sua Santità Papa Francesco, che assicura la Sua vicinanza e la Sua preghiera affinché questa sessione dell’Assemblea Generale sia fruttuosa.

Signor Presidente,

Sua Santità Papa Francesco, nei primi passi del Suo Pontificato, ha saputo aprire, in modo entusiasmante, un nuovo orizzonte di speranza, fondato su una cultura dell’incontro, che dovrebbe essere il principio e dare la misura di tutti i rapporti sociali, da quelli interpersonali a quelli internazionali. Tale cultura si caratterizza per il riconoscimento concreto ed impegnativo del valore dell’altro, sia del singolo sia dei gruppi sociali o degli Stati e ha il suo fondamento ultimo nel riconoscimento della dignità e della trascendenza dell’uomo. Così, l’affermazione della fede, che in certi settori della civiltà contemporanea è vista con paura e accusata ingiustamente di essere l’inizio dell’intolleranza, diventa in realtà il motore della comprensione, dell’unione dei popoli e della pace. Formulo voti affinché questa sessione dell’Assemblea generale sia inspirata dallo stesso spirito di solidarietà universale che ha animato la giornata di preghiera per la pace indetta dal Papa il 7 settembre scorso, e a cui si sono uniti leader religiosi di tutte le confessioni. Che essa segni la strada e sia l’occasione di un nuovo slancio affinché tutte le nazioni si mettano decisamente in moto per risolvere i conflitti aperti e rimarginare le ferite dell’umanità.

È molto opportuno che il tema "Il programma di sviluppo per il dopo 2015 – preparando il terreno" sia stato scelto per la presente sessione dell’Assemblea generale. L’esperienza della realizzazione degli Obiettivi del Millennio (Millennium Development Goals), con i suoi progressi, ma anche con i suoi limiti e le sue ombre, ha messo in evidenza l’importanza di fissare mete comuni per tutti i membri della comunità internazionale, che servano da catalizzatore e motore e misura degli sforzi degli attori internazionali, sia che si tratti delle Nazioni Unite e delle Agenzie specializzate, che delle Organizzazioni regionali e degli Stati. E’ da augurarsi, in tale senso, che la presente sessione dell’Assemblea generale permetta di rinnovare l’adesione comune ai concetti fondamentali che sono alla base dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e che rimangono validi per la determinazione di obiettivi nuovi e adeguati al dopo 2015. Essi, dal punto di vista dello sviluppo umano integrale, dovrebbero partire dalla promozione della famiglia, fondata sull’unione di un uomo e una donna, e dalla protezione dei suoi diritti, quale cellula sociale basica e fondamento di ogni sviluppo duraturo e sostenibile. Essi dovrebbero pure «assicurare una vita degna a tutti e ad ogni abitante della terra, dai più anziani ai bambini ancora nel grembo materno,(…) persino a coloro che si trovano nelle situazioni sociali più difficili o nei luoghi più sperduti» [Lettera del Santo Padre al Presidente Vladimir Putin, 4 settembre 2013].

Con l’approssimarsi della scadenza per la realizzazione dei Millennium Developments Goals, non è difficile constatare che il loro raggiungimento non è stato universale. Ciò è dovuto, in parte, alle limitazioni e ambiguità, comprese quelle di natura etica, insite nella formulazione di alcuni di questi obiettivi, ma, soprattutto, alla difficoltà di mettere a fuoco in modo efficace e consensuale i mezzi di attuazione dell’ottavo obiettivo, relativo alle risorse economiche necessari per conseguire gli altri sette. In relazione a tale obiettivo, le decisioni che sono seguite alla crisi del 2008 hanno cercato di disegnare una governabilità equa delle finanze internazionali e di riformare le grandi organizzazioni finanziarie multilaterali. Tuttavia, duole costatare che le discussioni circa la governabilità dell’economia mondiale si sono svolte essenzialmente all’interno di gruppi ristretti di Stati, come è il caso dei membri del G20, che non includono gli Stati più poveri o i meno popolosi. Pur avendo una giustificazioni dal punto di vista pratico, una tale maniera di procedere non legittima di per sé le decisioni, che possono avere conseguenze importanti sugli altri membri dell’ONU che non partecipano, direttamente né indirettamente, al G20. Se si vuole assicurare la futura attuazione degli obiettivi comuni di sviluppo per il dopo 2015, è urgente disegnare meccanismi giuridici internazionali che consentano la partecipazione di tutti gli Stati nella concezione e attuazione delle grandi decisioni economiche comuni.

Sarebbe, tuttavia, insufficiente creare una struttura finanziaria e commerciale riconosciuta come giusta ed equa per tutti gli Stati, se non si confrontasse continuamente il risultato ottenuto con gli obiettivi, al fine di garantire che le condizioni di vita di coloro che sono nel bisogno progrediscano effettivamente. I futuri obiettivi di sviluppo per il dopo 2015 devono, pertanto, identificare degli strumenti di controllo e di correzione degli orientamenti economici, al fine di ottenere dei risultati concreti per arrivare all’eliminazione della fame nel mondo, ma anche la diminuzione effettiva delle bidonville, l’accesso generalizzato all’acqua potabile, il miglioramento per tutti delle condizioni sanitarie, ecc.

Il quadro sarebbe, tuttavia, incompleto, se si deviasse l’attenzione ad un fattore esterno agli stessi obiettivi di sviluppo, ma comunque assolutamente essenziale per la loro attuazione, ovvero la pace. Se è vero, da una parte, che «le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, (…) che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre» (CCC, N. 2317), è vero anche, dall’altra parte, che la guerra, il terrorismo, la criminalità organizzata e altre forme di violenza armata, nazionale ed internazionale, costituiscono gli ostacoli più importanti allo sviluppo. Perciò, la domanda sul dopo 2015 deve anche essere posta oggi nel contesto dei gravi conflitti in atto e, primo fra tutti, quello in Siria. Di fronte a tali guerre e stragi è urgente che la comunità internazionale s’impegni sulla via dello sviluppo con una più grande determinazione e senza cedere allo scoraggiamento.

Se accettiamo di considerare la pace quale conditio sine qua non per lo sviluppo umano integrale, è necessario ritornare ad alcuni principi di base su cui la comunità internazionale si è impegnata solennemente quasi settanta anni fa. Le Nazioni Unite, allora, sono state create «per salvare le future generazioni dal flagello della guerra» (Carta delle Nazioni Unite, preambolo), e per «assicurare, mediante l'accettazione di principi e l'istituzione di sistemi, che la forza delle armi non sarà usata, salvo che nell'interesse comune» (idem, cfr. artt. 1-2). Il diritto di ricorrere alla guerra, che autorizzava fino ad allora l’uso politico e autonomo della forza militare, è stato sostituito dall’attribuzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di un potere d’autorità concernente l’uso della forza, al quale la Carta dell’Organizzazione associa la sola eccezione della legittima difesa, nei modi e limiti previsti dal suo articolo 51.

In questo modo, si può dire che, dopo i drammi della prima e della seconda guerra mondiale, le Nazioni hanno ricreato una normativa internazionale, disegnando alcuni strumenti giuridici che contribuiscono a stabilire un "diritto", nel senso più alto di giustizia. In effetti, il Diritto internazionale non può essere più compreso come sinonimo delle "leggi della comunità internazionale", accordi e consuetudini per mezzo delle quali le azioni degli Stati sono coordinate. A partire dalla Carta delle Nazioni Unite, tutti gli Stati hanno voluto affermare che il Diritto internazionale è un sistema legale, che ha come scopo basilare, anche se non esclusivo, il controllo dell’uso della violenza fra gli Stati, e come norma costituzionale fondamentale (Grundnorm), la limitazione dell’uso della forza ai casi e secondo le condizioni previste nella stessa Carta. Ne consegue che la limitazione della forza costituisce il principio primo e insostituibile, come pure lo scopo ultimo di tutto il sistema giuridico per la protezione della persona e dei suoi diritti elementari.

È tragico costatare ancor oggi che, a dispetto dell’elevatezza dei principi giuridici basilari delle Nazioni Unite, i meccanismi e le procedure di attuazione non hanno permesso di evitare gravi conflitti civili o regionali, né di proteggere le popolazioni. Il Continente africano presenta numerose situazioni di conflitto civile attuale o potenziale, con decine di gruppi armati che seminano morte e sofferenze fra la popolazione. In particolare, vorrei qui menzionare la situazione nell’est della Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centroafricana. Il Medio Oriente continua ad essere oggetto di profonda preoccupazione sul piano internazionale, e, in alcuni Paesi del continente americano, il narcotraffico ha assunto le proporzioni di un’entità capace di far guerra agli Stati. Anche l’Asia presenta, in diverse regioni, zone importanti di tensioni. In molti di questi conflitti c’è stato o è ancora in atto l’intervento di pacificazione dell’ONU in coordinamento con le Organizzazioni regionali. Si dà così seguito ad una benemerita tradizione che rimonta alle origini stesse dell’Organizzazione. Tuttavia, anche la storia attesta che allorché i mezzi disponibili non sono più sufficienti e quando prevale il peso degli interessi nazionali ed internazionali in gioco, l’intervento delle Nazioni Unite non può concretizzarsi o, se è stato intrapreso, non ha avuto che un successo limitato.

Malgrado queste difficoltà, tutta l’esperienza di mantenimento e di consolidamento della pace svolta dall’ONU deve essere considerata positiva, anche quella con scarsi risultati immediati, perché costituisce di per sé un’espressione concreta di due grandi principi di diritto naturale, ossia dei diritti intrinsecamente legati alla dignità dell’uomo. Il primo esige che si faccia tutto ciò che è ragionevolmente possibile per evitare la guerra, «dati i mali e le ingiustizie di cui è causa» (cfr. CCC, 2327). Il secondo enuncia la validità permanente della legge morale durante i conflitti armati. Al riguardo, «le pratiche contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, deliberatamente messe in atto, sono dei crimini»(CCC, 2328), che, nei casi più gravi, possono essere qualificati come crimini contro l’umanità.

Appare chiaro che nella vita dei popoli i conflitti armati creano divisioni profonde e laceranti ferite che richiedono molti anni per essere rimarginate. L’esempio che oggi angoscia e costerna il mondo intero è evidentemente quello del grave conflitto che si è sviluppato in Siria, provocando già più di centodiecimila morti, quattro milioni di sfollati e più di due milioni di rifugiati nei Paesi vicini, in particolare in Libano e in Giordania, e rischiando da un momento all’altro di diventare un conflitto internazionale. Oltre alle terribili perdite di vite umane, il conflitto sta distruggendo uno dei più ricchi patrimoni storici, culturali, e di convivenza umana, fortemente collegato alle tre religioni monoteiste e a tutta la cultura europea. Rammentando la lunga storia nel corso della quale le diverse componenti della società hanno creato insieme tale patrimonio e tale tessuto di relazioni umane, non posso esimermi dal manifestare qui la viva preoccupazione della Santa Sede per la sorte delle comunità cristiane e delle altre minoranze, che non devono essere costrette, da una parte o dall’altra, all’esilio, ma al contrario devono conservare un posto nella futura configurazione del Paese e dare il loro contributo al bene comune. Il più recente rapporto della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta istituita dal Consiglio per i Diritti Umani ha dato per provato che sono stati commessi dalle parti in conflitto massacri e altre gravissime violazioni dei diritti umani. Gli stessi esperti hanno ribadito con forza che non c’è soluzione militare possibile (Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic "IICIS", Report to the U.N. General Assembly, A/HRC/24/46, 16 August 2013, released on 11 September 2013). In tale contesto, la Santa Sede vuole qui affermare che bisogna assolutamente evitare qualsiasi atto che possa aggravare e perfino estendere la conflagrazione ed aumentare, fino all’indicibile, le sofferenze delle popolazioni innocenti.

Nella sua recente lettera indirizzata ai leader del G20, riuniti a San Pietroburgo nel settembre scorso, il Santo Padre, evocando la responsabilità della comunità internazionale nei confronti della Siria, ha segnalato come dispiaccia che «troppi interessi di parte [abbiano] prevalso da quando è iniziato il conflitto siriano, impedendo di trovare una soluzione che evitasse l’inutile massacro a cui stiamo assistendo». Vorrei, nel riprendere le Sue parole, domandare ai leader degli Stati di non rimanere «inerti di fronte ai drammi che vive già da troppo tempo la cara popolazione siriana e che rischiano di portare nuove sofferenze ad una regione tanto provata e bisognosa di pace. A tutti loro, e a ciascuno di loro, rivolgo un sentito appello perché aiutino a trovare vie per superare le diverse contrapposizioni e abbandonino ogni vana pretesa di una soluzione militare. Ci sia, piuttosto, un nuovo impegno a perseguire, con coraggio e determinazione, una soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato tra le parti interessate con il sostegno concorde della comunità internazionale. Inoltre, è un dovere morale di tutti i Governi del mondo favorire ogni iniziativa volta a promuovere l’assistenza umanitaria a coloro che soffrono a causa del conflitto dentro e fuori dal Paese».

Si deve riconoscere che nella crisi siriana gli organi e agenzie del sistema delle Nazioni Unite hanno cercato di dispiegare tutti i mezzi disponibili per proteggere le popolazioni civili. Ciò che forse è mancato troppo a lungo è il coraggio degli Stati membri di rendere prioritaria nell’impegno internazionale la risoluzione del conflitto. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha accennato recentemente alla «sconfitta collettiva» della comunità internazionale nella sua capacità di prevenire ed evitare le atrocità commesse in Siria (cfr. Secretary-General’s Remarks to the General Assembly’s Informal Interactive Dialogue on "The Responsibility to Protect: State Responsibility and Prevention"). In proposito, vorrei richiamare il concetto della "responsabilità di proteggere", al quale il Segretario Generale ha anche fatto riferimento, e sottolineare l’importanza che esso riveste per la Santa Sede. Infatti, l’adozione del concetto politico e giuridico della "responsabilità, nazionale ed internazionale, di proteggere le popolazioni dei crimini di genocidio e di pulizia etnica e dei crimini contro l’umanità", nel Vertice mondiale del 14-16 settembre 2005, è stata una grande conquista della Comunità internazionale. Purtroppo, la "responsabilità di proteggere" a volte è stata compresa in modo erroneo, come se consistesse nella giustificazione di un ricorso alle armi, allorché in realtà vuole significare ben altra cosa. Essa è un profondo e cogente spirito di solidarietà, che invita ciascuno, a cominciare dai responsabili delle Nazioni, a sentire come proprie le gravi crisi umanitarie, laddove esse accadano, e ad impegnarsi affinché sia attuato immediatamente l’intero complesso di misure disponibili – diplomatiche, economiche, di opinione pubblica, come pure i meccanismi previsti dalla Carta delle Nazioni Unite – in vista di una soluzione efficace. Per dare una continuità fattiva al dibattito sulla "responsabilità di proteggere", sarebbe auspicabile intraprendere una sincera riflessione sul modo di includere esplicitamente tale concetto nel mandato del Consiglio di Sicurezza, nell’articolo 24 della Carta delle Nazioni Unite ed, eventualmente, nella fattispecie dell’articolo 39, relativo all’azione in caso di minaccia contro la pace.

In questa ottica, la tragedia siriana costituisce al tempo stesso una sfida e un’opportunità per l’Organizzazione delle Nazioni Unite, per dare, in modo concertato, creativo e positivo, un nuovo vigore a tutti i suoi organi, meccanismi e procedure. A tale proposito, si deve accogliere come un passo positivo l’adozione all’unanimità da parte del Consiglio di sicurezza, il 27 settembre scorso, della Risoluzione 2118 (2013). La mia Delegazione auspica che il consenso raggiunto su tale documento dia un impulso decisivo al processo di Ginevra, affinché sia alla fine possibile «instaurare la stabilità e la riconciliazione» (cfr. N. 17 della Risoluzione) nel Paese. Una soluzione pacifica e duratura al conflitto siriano creerebbe un precedente significativo per il secolo presente, segnerebbe la strada per affrontare gli altri conflitti che la comunità internazionale non è riuscita finora a risolvere, faciliterebbe grandemente l’inclusione del principio della "responsabilità di proteggere" nella Carta delle Nazioni Unite, e, dal punto di vista più generale dello sviluppo economico e sociale, sarebbe la manifestazione più chiara ed evidente della volontà di intraprendere con onestà ed efficacia un cammino di sviluppo sostenibile per il dopo 2015.

Signor Presidente,

Papa Francesco, con le sue parole e con il suo gesto profetico del 7 settembre scorso, ha lanciato un vasto movimento mondiale di preghiera per la pace, i cui frutti sono stati immediatamente percepibili nell’adesione spontanea e sincera dell’opinione pubblica a tale obiettivo. La portata di questo gesto ha oltrepassato le differenze di religione, cultura, nazionalità o provenienza geografica, e ha esercitato un forte influsso sui leader mondiali. Accompagnando il Santo Padre e dietro il Suo impulso, le istanze competenti della Santa Sede hanno anche dispiegato un’azione diplomatica allo scopo di fermare la violenza e di promuovere il dialogo fra le parti coinvolte nel conflitto, mettendo in atto così uno degli scopi principali della sua presenza internazionale.

Insieme al Papa, e riallacciandoci al tema centrale del presente Dibattito generale, affermiamo con forza che la guerra costituisce «il rifiuto pratico a impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data … Purtroppo, i molti conflitti armati che ancora oggi affliggono il mondo ci presentano, ogni giorno, una drammatica immagine di miseria, fame, malattie e morte. Infatti, senza pace non c’è alcun tipo di sviluppo economico. La violenza non porta mai alla pace, condizione necessaria per tale sviluppo» [Lettera del Santo Padre al Presidente Vladimir Putin].

Signor Presidente,

La Santa Sede ritiene, conformemente all’insegnamento teologico e morale della Chiesa cattolica, che «si deve fare tutto ciò che è ragionevolmente possibile per evitare la guerra, dati i mali e le ingiustizie di cui è causa. (CCC, 2327). Perciò, allo stesso modo, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la Bontà divina ci liberi dall'antica schiavitù della guerra» (CCC, 2307).

La mia Delegazione, richiamando tali principi etici che ispirano e animano l’azione internazionale della Santa Sede, non ha altra ambizione che di fornire un contributo d’ordine morale alla presente sessione dell’Assemblea generale, esprimendo pure un dovuto riconoscimento per lo sforzo compiuto dai diversi organi e agenzie dell’ONU, per alleviare le sofferenze provocate dalla crisi siriana e da altre situazioni di conflitto, e un incoraggiamento affinché continuino la loro azione umanitaria. La mia Delegazione vuole anche lanciare un forte appello all’esercizio della propria responsabilità da parte di tutti gli Stati membri. Ci sarà pace e si raggiungeranno gli obiettivi di sviluppo umano integrale in favore di ogni abitante della terra, in particolare dei più deboli e di quelli che non hanno nessuna voce né rappresentanza, se, e solamente se, ogni Stato è capace di assumere pienamente la propria responsabilità per il bene comune di tutti.

Grazie Signor Presidente.



Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 17:18.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com