Al Meeting di CL azzittiscono i Domenicani e si piegano al ricatto apostasia lampante

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Caterina63
00lunedì 24 agosto 2015 13:43

Padre Giorgio Carbone
 

Un padre domenicano che al Meeting parla contro i gay? I giornalisti di Repubblica si inventano un caso che rimbalza su tutti i giornali, per chiudere la bocca ai frati domenicani che nel loro stand organizzano incontri di approfondimento sul gender e sulla famiglia. La direzione del Meeting si piega al ricatto e fa sospendere gli incontri. E adesso Repubblicarilancia: bene i dibattiti sospesi, ma i libri sono ancora lì. Saranno accontentati anche in questo?

di Riccardo Cascioli

Quella che segue è una storia triste, che chi – come il sottoscritto – ha seguito e vissuto con affetto e passione il Meeting di Rimini fin dalla prima edizione, non avrebbe mai pensato di dover scrivere; né lo avrebbe voluto. Perché la storia ci dice che si è arrivati alla censura di un ordine religioso (fedele alla Chiesa) per acquiescenza a intimidazioni esterne. Ma andiamo con ordine.

Come ormai è noto da alcuni anni il Meeting di Rimini – seguendo le indicazioni dei vertici di Comunione e Liberazione – evita accuratamente di affrontare argomenti che possano creare polemiche o strumentalizzazioni da parte del mondo laico o anche all’interno della Chiesa; evita qualsiasi intervento che possa essere etichettato come battaglia culturale e che possa essere considerata una forma di contrapposizione. L’obiettivo è invece affrontare quella che viene individuata come la radice del problema umano. È così che anche quando si mette a tema l’uomo, l’antropologia, l’io si evitano accuratamente incontri che diano un giudizio su quanto sta dividendo la società italiana: il gender, la definizione della famiglia, la vita, e così via. Questo solo per spiegare il contesto in cui si sviluppano i fatti di questi giorni.

All’interno dei padiglioni della Fiera di Rimini, oltre alle mostre ufficiali del Meeting, alle sale per gli incontri e agli spazi per gli sponsor, ci sono in questa settimana molti stand che altrettante associazioni pagano per farsi conoscere, per incontrare o poter proporre le proprie iniziative ai visitatori dell'incontro riminese. Tra questi stand da diversi anni spicca la libreria delle Edizioni Studio Domenicano (ESD), la casa editrice dell’Ordine dei predicatori fondato da San Domenico. È uno stand che in questi anni è diventato un vero e proprio punto di riferimento per tante persone che affollano i locali della fiera perché offre ogni giorno diverse possibilità d’incontro: alle 12.45 un momento di preghiera e di testimonianza; alle 16 un incontro di teologia o spiritualità con uno dei padri domenicani; alle 18 un incontro sull’attualità, bioetica e famiglia soprattutto, temi di cui è esperto padre Giorgio Maria Carbone, direttore della casa editrice bolognese nonché collaboratore deLa Nuova BQ. 

E ogni sera infatti padre Carbone si fa affiancare da amici – giornalisti, medici, scienziati – per affrontare questi temi. O perlomeno li affrontava. Quest’anno infatti, il tema ricorrente alle 18 era il gender, tema a cui padre Carbone ha dedicato anche un agile libro, di cui abbiamo già parlato anche su La Nuova BQ, e che spiega in modo semplice ma rigoroso origine, sviluppo ed obiettivi dell’ideologia gender. 

Nelle prime due sere di Meeting, giovedì e venerdì, è stato il sottoscritto a tenere compagnia al padre domenicano, ma la crescente popolarità di questi incontri – almeno un centinaio di persone a sera - deve aver attirato la curiosità di qualcuno. Così all’incontro di sabato, che al fianco di padre Carbone vedeva il dottor Renzo Puccetti (altro collaboratore della Nuova BQ), si sono presentati in modo fraudolento due giornalisti diRepubblica, Francesco Gilioli e Giulia Costetti, che spacciandosi per un service ad uso del Meeting hanno filmato l’intero incontro, ovviamente alla caccia di una qualche frase che potesse “incriminare” i relatori. 

Così di lì a poco sul sito di Repubblica è apparso un breve servizio con un video del discorso di padre Carbone, titolato: «Meeting Rimini, "Le coppie omosessuali più esposte a malattie cardiovascolari e suicidio"», con un testo che spiega che si tratta di «una singolare teoria di padre Giorgio Carbone» (affermazione ripetuta su Repubblica di ieri). Doppia menzogna: primo, perché si fa credere che si tratti di una posizione del Meeting di Rimini o di uno dei relatori invitati al Meeting, mentre si tratta semplicemente di un evento all’interno di uno stand ospitato che con il programma ufficiale non c’entra nulla; secondo, perché quella enunciata non è una teoria – men che meno singolare – di padre Carbone, bensì il risultato di uno studio approfondito sulla popolazione danese svolto da due ricercatori – M. Frisch e J. Simonsen – e pubblicato nel 2013 nell’International Journal of Epidemiology. Si chiama “Matrimonio, coabitazione e mortalità in Danimarca: studio nazionale su 6,5 milioni di persone seguite per tre decenni (1982-2011)”. Lo studio è citato a pagina 65 del libro “Gender – L’anello mancante?”, appunto scritto da padre Carbone, il quale si sforza con questo di spiegare che bisogna partire dalla realtà, dai dati veri, e non dall’ideologia.

Ad ogni modo è bastato il titolo ad effetto di Repubblica – tanti giornalisti purtroppo non si preoccupano neanche di leggere quel che c’è scritto negli articoli che vengono citati – per far rimbalzare ovunque la notizia di un prete al meeting che dice cose terribili sui gay. Non contenti, i due giornalisti – che in un paese serio sarebbero sanzionati per violazione della deontologia professionale – hanno approfittato della presenza in fiera per giocare un brutto scherzo anche ai volontari del Meeting. Si sono portati due dei libriccini per bambini di scuola materna di cui il neo-sindaco di Venezia Brugnaro ha vietato la diffusione nelle scuole comunali, e – senza spiegare nulla – ne hanno fatto leggere qualche pagina a volontari del Meeting pescati qua e là nella fiera. I quali, non sapendo neanche il motivo di quella richiesta, nelle poche battute lette non hanno trovato nulla di strano. Ed ecco perciò un secondo video, pubblicato sul sito di Repubblica insieme a quello di padre Carbone, che spiega come «I ciellini leggono i libri “gender” ritirati dalle scuole: “Ma non c’è nulla di scandaloso”».

L’effetto voluto è chiaro, e anche la figura barbina assicurata a ospiti e volontari del Meeting.

Avendo presente anche il fresco esempio del Papa, ci si sarebbe potuto aspettare che la direzione del Meeting prendesse almeno i due giornalisti mattacchioni di Repubblica e ritirasse loro l’accredito, viste le evidenti violazioni del codice deontologico. Si possono esprimere tutte le opinioni che si vogliono ma quando si scrivono falsità e si ingannano gli interlocutori, invocare la libertà di stampa è un insulto alla nostra professione. Del resto se il fondatore di quel giornale ammette candidamente di inventarsi i contenuti delle conversazioni con il Papa che pubblica, non ci si può aspettare molto di meglio da chi lavora per lui. E infatti, non paghi, Gilioli e Costetti ieri pomeriggio si sono presentati all’incontro delle 16 e malgrado padre Carbone abbia diffidato pubblicamente dal registrare l’incontro, minacciando azioni legali, i due hanno proseguito imperterriti, infischiandosene di ogni regola e contando evidentemente sull’impunità.

Dunque, un duro richiamo a rispettare fatti e persone ci si aspettava dalla direzione del Meeting. Che invece ha preferito prendersela con padre Carbone, invitandolo gentilmente a sospendere gli incontri sul gender per non prestarsi a ulteriori strumentalizzazioni. Ecco calare così la censura su argomenti che pure il popolo del Meeting dimostra di voler conoscere meglio. Non per niente ieri sera alle 18, dopo l’annuncio della cancellazione dell’incontro che prevedeva anche l’intervento delle giornaliste Benedetta Frigerio (Tempi) e Raffaella Frullone (Radio InBlu), le tante persone presenti hanno continuato a restare sul posto proprio per approfondire il tema del gender.

Guarda il video dell'incontro sospeso

Già questo atteggiamento del Meeting basterebbe per lasciare sconcertati, anche se padre Carbone ha giustamente detto dal microfono che quanto accaduto è in qualche modo già previsto nel suo libro. Leggiamo infatti a pagina 139: «Come ogni teoria che non ha alcuna aderenza alla realtà, anche le teorie del gender si stanno imponendo come ideologia e dittatura. Se non sei in linea con la prospettiva di genere e il pensiero gender, il minimo che tu possa ricevere è sentirti dire che sei un reazionario e arretrato fondamentalista, un troglodito rozzo e bigotto. In questo modo i dittatori del gender rendono impossibile qualsiasi possibilità di dialogo e confronto. Limitano la libertà di pensiero e di espressione, ad esempio introducendo nuovi reati di pensiero, come l’omofobia e la transfobia (…) e discriminano chi non si adegua a questa nuova visione dell’uomo». La novità è che questo accada anche al Meeting di Rimini, la prova che gli spazi di libertà si stanno inesorabilmente restringendo.

Dicevo che già questo basterebbe per lasciare sconcertati. Ma purtroppo c’è anche di più. Ieri sera infatti è stata ancora una volta Repubblica – con evidente soddisfazione - a dare ufficialmente la notizia della sospensione degli incontri allo stand delle Edizioni Studio Domenicano, con queste parole: «Giù la saracinesca, fine dei dibattiti. Non è piaciuta alla direzione del meeting di Rimini l'intraprendenza di padre Giorgio Carbone. Gli incontri nello stand dei domenicani, tutti dedicati alla cosiddetta "teoria gender", sono, per il momento, sospesi. E non è detto che la discussione riprenda. Giustificazione ufficiale: "Evitare la sovrapposizione di dibattiti ed eventi nel già ricco programma della manifestazione". In realtà il meeting scarica il religioso protagonista degli ultimi due giorni della rassegna. Prima per aver dichiarato, davanti alle telecamere, che "le coppie omosessuali sono più esposte al rischio di malattie cardiovascolari e al suicidio", poi per aver cacciato quelle stesse telecamere, sotto minaccia di azioni legali».

Un’altra ricostruzione falsa di quanto accaduto in questi due giorni, ma la versione diRepubblica secondo cui il Meeting tratta come un fastidio insopportabile un frate domenicano, rischia di passare come la versione ufficiale dei fatti visto che – almeno fino a tarda sera - non c’erano comunicati ufficiali sul sito del Meeting da parte della direzione. E peraltro Repubblica non sembra accontentarsi. In coda al servizio, dopo aver registrato con soddisfazione lo stop agli incontri, Giulia Costetti fa infatti notare che «sospesi i dibattiti e silenziati i microfoni, restano i libri, dai titoli inequivocabili. "Gender distruzione", "I veleni della contraccezione", Pillole che uccidono"». Insomma Repubblica vuole che siano fatti sparire anche i libri. Sarà accontentata anche in questo per evitare contrapposizioni?

 





Caterina63
00giovedì 27 agosto 2015 13:13
  Se gli omosessuali al Meeting ringraziano padre Carbone


di Riccardo Cascioli 27-08-2015

Padre Giorgio Carbone

 

C’è un fatto nuovo e inaspettato accaduto al Meeting di Rimini, come diretta conseguenza della scorrettezza giornalistica diRepubblica e della censura del Meeting al frate domenicano padre Giorgio Carbone, reo di aver affrontato il tema del gender durante incontri nel suo stand-libreria all’interno della Fiera (clicca qui).

È un fatto che ha colto di sorpresa lo stesso padre Carbone, che così me lo racconta: dopo che la sua faccia è finita su tutti i giornali e i siti, ovviamente al Meeting tutti lo riconoscono, molti gli esprimono solidarietà, ma c’è di più. Tra quanti lo avvicinano ci sono anche alcuni ragazzi con tendenze omosessuali, da soli e in piccoli gruppi. Per contestarlo? Niente affatto: lo ringraziano, anche per la citazione di quello studio danese che tanto ha scandalizzato Repubblica e irritato le associazioni gay, secondo cui nella popolazione con tendenza omosessuale c’è una maggiore tendenza a essere affetti da malattie cardiovascolari e da tendenze al suicidio, oltre che maggiormente esposti all’infezione da Hiv.

Omosessuali che ringraziano padre Carbone? Sì, perché – gli dicono - «capiamo che lei dice queste cose perché è interessato alle nostre persone e non per scopi politici o per cercare nuovi tesserati a un’associazione». E da qui si parte per un dialogo, per un incontro vero, i cui contenuti ovviamente lasciamo ai protagonisti.

Qualcuno potrà pensare che lo stiamo inventando, che cerchiamo di sfruttare l’occasione per tirare un po’ d’acqua al nostro mulino. Non è così, tra le tante persone che in questi giorni hanno affollato i padiglioni della Fiera di Rimini, probabilmente anche nel popolo ciellino, c’erano anche diverse persone con tendenze omosessuali, per le quali la presenza e il giudizio pubblico dei frati domenicani è stata un’occasione per un incontro in cui rivelare e spiegare il proprio disagio. 

Può forse sorprendere, ma anche altri si sono accorti di questa presenza: questo sito gay ad esempio (clicca qui) che ha anche pubblicato uno screenshot di una conversazione da smartphone su una app di ricerche di compagnia gay, da cui si evince che dopo la visita alla mostra su Abramo un giovane si dà appuntamento con uno sconosciuto fuori della fiera.

Per il sito gay è un’occasione per menarla sull’ipocrisia dei ciellini, invece per padre Carbone è stata l’occasione per proporre una compagnia che si fa carico delle sofferenze e dell’umanità ferita dell’altro.

Questo episodio, una piccola storia se vogliamo, è però estremamente significativo anche per le tante discussioni che stanno accompagnando questa edizione del Meeting. Dimostra cioè che non è vero che proponendo pubblicamente un giudizio chiaro si creano muri e sterili contrapposizioni; al contrario, solo così è possibile incontrare tante persone nel loro bisogno, che trova il coraggio di esprimersi proprio per l'amore alla verità che intuiscono; è andando dritti alla verità che si costruiscono rapporti umani.

Perché un'altra cosa da capire è che le associazioni gay non rappresentano affatto le persone con tendenze omosessuali, sono forze ideologiche che mirano soltanto ad accrescere il loro potere e imporre la loro legge alla società intera. Cedere alla loro violenza e al loro ricatto non aiuta ad andare al fondo dell’umano, neanche un po’.  Si fa invece il male anzitutto di coloro che si dice di voler incontrare e poi si consegna tutto il popolo al nuovo totalitarismo.







Caterina63
00venerdì 28 agosto 2015 00:06

«Chi è l’oscurantista?». Intervista a padre Giorgio Maria Carbone

Agosto 27, 2015 Emanuele Boffi

Parla il domenicano che, dopo un video di Repubblica, ha dovuto sospendere i suoi incontri sul gender al Meeting di Rimini. E che qui ci spiega cosa ha detto e cosa ha ancora da dire

 
 
 

giorgio-carbone

Padre Giorgio Maria Carbone s’è preso qualche giorno per riposare nella sua terra natia. Nel giardino di limoni e pini dell’abitazione dei suoi genitori che dà sul Golfo di Napoli, cerca di recuperare, ci spiega «uno sguardo contemplativo sulla realtà senza le lenti dell’ideologia». Suo malgrado, è stato uno dei protagonisti dell’ultima edizione del Meeting di Rimini, poiché un video apparso sul sito di Repubblica l’ha etichettato come omofobo e propagatore di «singolari teorie» sugli omosessuali. A seguito delle polemiche, gli incontri che si tenevano allo stand dei domenicani – che non fanno parte di quelli ufficiali del programma del Meeting – sono stati sospesi.

Carbone, domenicano, teologo, esperto di questioni bioetiche, direttore dell’Edizione Studio Domenicano e professore presso la Facoltà di Teologia di Bologna, accetta di parlare con tempi.it della vicenda che lo ha coinvolto. Ora, ci spiega, è più tranquillo, anche in seguito a diversi attestati di solidarietà ricevuti (su tutti quello dell’arcivescovo Luigi Negri, che gli ha inviato una lettera che potete leggere qui). «Quello che mi ha fatto più piacere, tra i tanti espressi dal popolo del Meeting, è arrivato da una coppia di omosessuali, che non conoscevo e che si è presentata al nostro stand. I due ragazzi sono venuti per ringraziarmi di averli a cuore. “Noi siamo stufi – mi hanno detto – di essere trattati come serbatoi di voti per associazioni e partiti”».

Padre Carbone, ci racconti cosa è successo sabato scorso allo stand gestito da lei e dai domenicani.

È accaduto che io e il dottor Renzo Puccetti stavamo tenendo un incontro sul tema del gender. A convegno già iniziato – io stavo parlando – sono arrivati due giornalisti provvisti di telecamera e hanno cominciato a fare delle riprese. Un mio confratello, che gestiva con me il nostro stand, si è avvicinato e ha chiesto loro chi fossero. I due si sono presentati come un service del Meeting di Rimini, regolarmente accreditati presso la sala stampa.

Invece, poi, il video è apparso sul sito di Repubblica.
Sì.

C’erano altre telecamere?
Sì, le nostre. Noi riprendiamo tutti i nostri eventi. Vede, noi gestiamo una piccola casa editrice, che usa dell’occasione del Meeting per far conoscere i propri libri. Filmiamo tutte le nostre presentazioni e, nel giro di pochi giorni, le carichiamo sul nostro canale Youtube. Non abbiamo nulla da nascondere.

Da quanti anni siete presenti al Meeting?
Questo è stato il nostro nono anno.

E da quanti anni presentate i vostri libri allo stand?
I primi anni non lo facevamo. Poi, cinque anni fa, abbiamo copiato l’idea dei carmelitani che, nel loro spazio espositivo, organizzavano queste presentazioni. Devo dire che, con una certa nostra sorpresa, la cosa funzionò bene da subito. Le prime volte interveniva padre Giuseppe Barzagli, discepolo del cardinale Biffi, personaggio noto alla platea del Meeting. Radunavamo un centinaio di persone e così negli ultimi anni abbiamo proseguito con questa modalità. Quest’anno abbiamo avuto incontri anche con duecento, duecentocinquanta persone. Il numero non può essere più elevato perché c’è un limite acustico invalicabile – siamo pur sempre nello spazio aperto di una fiera – e poi noi siamo sempre stati molto attenti a non disturbare i nostri “vicini” di stand.

Il tema delle presentazioni era concordato coi responsabili del Meeting?
Noi col Meeting di Rimini abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto all’insegna della simpatia e dell’accoglienza fraterna. Un rapporto di fiducia e cordialità. Ogni anno io presentavo un programma generale, che poi coincideva coi titoli dei libri che avevamo editato quell’anno e le successive uscite. Non è che dicevo loro i “titoli” degli incontri, ma li mettevo al corrente della nostra produzione. Anche perché, fino all’anno scorso, durante il Meeting avvenivano molte presentazioni di libri e i responsabili, come è accaduto a noi l’anno scorso per un nostro volume su san Giovanni Damasceno, talvolta le facevano proprie, inserendole nel programma ufficiale. Ma, ripeto, tutto questo all’insegna della massima collaborazione e della massima libertà.

Però, dopo il video di Repubblica, il Meeting le ha chiesto di sospendere i convegni.
Il Meeting ci ha chiesto di non fare l’incontro programmato per domenica alle 18 al nostro stand per due motivi: primo perché, ci hanno spiegato, volevano evitare la sovraesposizione mediatica del Meeting stesso e, secondo, per non alimentare inutili polemiche create ad arte. Gli altri, invece, si sono svolti senza nessun problema.

La conferenza di sabato come si è svolta? Lei di cosa ha parlato?
È stata una conferenza normale, tranquillissima. Io ho parlato dei “nuovi diritti” spiegando che l’espressione “diritti civili” è espressione assente nella nostra Carta costituzionale. È un’espressione nata negli Stati Uniti negli anni Cinquanta per indicare le legittime lotte di protesta contro la discriminazione delle persone di colore. Diritti, dunque, giustamente rivendicati perché affondano le loro radici nel diritto umano fondamentale a non essere discriminato per il colore della propria pelle. Ma quest’espressione oggi è utilizzata per chiedere altre cose: il matrimonio, l’adozione, la fecondazione artificiale. Viene fatto un uso strumentale della locuzione “diritti civili”, che comporta una indebita conseguenza: chi vi si oppone è bollato come “razzista”.
La seconda osservazione che ho fatto riguarda l’enfatizzazione dell’emergenza omofobia in Italia. Un paese che, è bene ricordarlo, ha due presidenti di Regione dichiaratamente omosessuali. Ma soprattutto ho fatto notare a chi mi ascoltava che già oggi molte delle istanze portate avanti da chi chiede con insistenza l’allargamento di questi diritti sono già garantite dal nostro ordinamento.
Accade, ad esempio, per la cura del compagno, riconosciuta dalla legge 91 del 1999.
O il caso della successione sul contratto di locazione, di cui si occupa la legge 392 del 1978 modificata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 404/88.
Rimane esclusa la questione della legittima, cui però si può ovviare con un testamento olografo. E poi quella della pensione su cui, però, si è espressa sempre la Corte Costituzionale con sentenza 461 del 2000 in cui esclude che la pensione di reversibilità sia un diritto umano, ed esige la certezza del rapporto, che è garantita solo dal matrimonio.

Ma lei ha fatto tutti questi esempi per trarre quali conclusioni?
Per spiegare che tutte queste rivendicazioni fanno leva su orientamenti e preferenze trasformati in diritti soggettivi. Ma nel diritto noi ci possiamo basare solo su dati oggettivi o oggettivabili, non su preferenze o pulsioni.
Con il genere, come facciamo? Quale diritto si può basare sul “genere” e soprattutto sul fatto che esso è presentato come qualcosa di fluido, di mutevole? Tutte le Costituzioni del Dopoguerra si fondano su beni oggettivi. Slegarle da questi, crea problemi, come ad esempio il ddl Cirinnà che fonda la convivenza civile sull’orientamento sessuale. Il problema attuale è che si parla poco di diritti umani fondamentali, mentre si enfatizzano i diritti civili.

L’espressione al centro delle polemiche è la sua frase su uno studio condotto sulla popolazione danese da cui si evincerebbe che le coppie omosessuali sono più esposte, rispetto a quella eterosessuali, a rischi cardiovascolari, respiratori, suicidi, tentati suicidi e Aids.

Io ho fatto riferimento a uno studio pubblicato su una rivista, organo ufficiale dell’International Epidemiological Association, pubblicata dall’Oxford University Press. Si tratta di uno studio di correlazione, non di causalità, che ha preso in esame dei dati raccolti sulla popolazione deceduta danese nel corso di trent’anni, dal 1982 al 2011.
Ora, io quello che volevo dire è questo: rispetto ai dati che emergono da questa “fotografia” noi ne vogliamo discutere oppure preferiamo ignorarli? Chi è l’oscurantista? Chi è, come mi hanno definito, il “medioevale”? Questa ricerca, diversamente da quanto scritto da Repubblica, non è una «teoria di padre Carbone». Dunque si decida: vogliamo nascondere questi dati o ne vogliamo parlare? Io non cerco polemiche e sono disposto a dialogare con chiunque, ma per dialogare occorre parlare la stessa lingua. Se tu chiami “teorie singolari” delle ricerche scientifiche, come facciamo a intenderci? E, poi, per dialogare è necessario un altro presupposto: il prendere atto della realtà.

Cosa intende con «prendere atto della realtà»?

Le farò un esempio banale che penso renda l’idea. Una decina di giorni fa mi trovavo in montagna a Siusi e mi è capitato di parlare con un contadino proprietario di una stalla e di un pollaio. Questi mi diceva: «Qui la prospettiva del gender non attacca. I miei figli vivono a contatto con gli animali e sanno benissimo che se le cose stessero diversamente da come stanno, nel giro di poco, noi la stalla e il pollaio non li avremmo più».

Mutatis mutandis, questo lo dico perché io sospetto che la prospettiva di genere non abbia come scopo un allargamento delle libertà, ma la riduzione della popolazione secondo un piano malthusiano. Perché serve un contadino altoatesino per spiegarcelo? Perché lui è rimasto aderente alla realtà. Ma c’è un ultimo fattore importante che vorrei sottolineare.

Quale?
La prospettiva di genere propone un uomo tondo che si modifica a proprio piacimento, senza apprezzare il dato creaturale. Si basa su una visione strumentale dell’uomo. Noi, oggi, ci troviamo circondati da manufatti, da opere create da noi. Cose bellissime e straordinarie, frutto del nostro ingegno e della nostra intelligenza. Quindi è cresciuto il nostro sguardo su questa realtà costruita e de-costruita da noi, “manipolata” vorrei dire, liberando il termine da ogni accezione negativa.
Ma ciò che è venuto meno è lo sguardo contemplativo, cioè la capacità di accorgersi che siamo circondati da una bellezza che non abbiamo creato noi, che esiste anche senza il nostro intervento. La prospettiva di genere estende sulla persona umana l’atteggiamento costruttivo e decostruttivo, arrivando a intaccarne persino la psiche: io, maschio, posso “manipolare” la mia identità a piacimento, comportandomi da femmina e pensando come una femmina. Ecco, io, qui, dal mio rifugio a Napoli, ammiro questo meraviglioso paesaggio, cantato da grandi anime come Goethe e recupero lo sguardo sulla realtà, ammirando e gioendo per una bellezza che è prima di me e che è stata creata per me.



Leggi di Più: Gender, Meeting. Intervista a padre Carbone | Tempi.it 


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