Apoc.cap 13: la Bestia che sale dal mare

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°Teofilo°
00sabato 22 agosto 2009 22:14

Il cap.13 dell’apocalisse secondo l’esegesi di Alfred Wikenhauser tratto dal libro della BUR intitolato L’apocalisse di Giovanni.

SALE DAL MARE LA PRIMA FIERA, L'ANTICRISTO, SIGNORE DEL MONDO NEMICO DI DIO        cap. 13

Ap 13,1 Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. 2 La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande. 3 Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita. Allora la terra intera presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia 4 e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?». 5 Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. 6 Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. 7 Le fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione. 8 L'adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato. 9 Chi ha orecchi, ascolti: 10 Colui che deve andare in prigionia, andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada di spada sia ucciso. In questo sta la costanza e la fede dei santi. 11 Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago. 12 Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. 13 Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. 14 Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. 15 Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia. 16 Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; 17 e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. 18 Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.



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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 23/03/2004 10.44

Commento ai versi da 1 a 10

Mentre finora il dragone ha combattuto personalmente, adesso si serve di due strumenti, che si mostrano al veggente nella figura di due fiere.

Il dragone va sulla spiaggia del mare e fa salire dal profondo una bestia orrenda, che il veggente vede spuntare dalle acque. Prima compaiono dieci corna, ornate di dieci diademi, poi sette teste con nomi blasfemi. La bestia è in certo qual senso la controfigura del dragone . Le dieci corna coi dieci diademi simboleggiano il potere e la dignità regale e le sette teste sono segn' del dominio assoluto (Schlier). L'interpretazione delle corna e delle teste si ha in 17,9-14.1 nomi blasfemi sul le teste sono i titoli divini che la bestia si attribuisce, come per esempio (augusto), dimis, figlio di Dio, signore e dio, (salvatore) ecc. Alla fine compare anche il corpo della fiera. Nell’insieme, essa si presenta simile alla pantera (il terzo animale della visione di Daniele); ma ha i piedi di orso e la bocca di leone (rispettivamente come la seconda e la prima bestia di Daniele). Le dieci corna fanno pensare alla quarta fiera di Daniele, che però non è paragonata a un animale determinato, ma è solo detta terribile, spaventosa, fortissima e vorace. Le sette teste possono anch'esse spiegarsi con un richiamo a Daniele, dove la prima, la seconda e la quarta bestia hanno una sola testa, mentre la terza ne ha quattro, cosi che tutte insieme raggiungono il numero di sette. La fiera che nell'Apocalisse sale dal mare riassume dunque in se stessa le quattro fiere di Daniele, le quali simboleggiano la serie dei quattro regni nemici di Dio (7,1 sgg.). In senso proprio, però, essa rappresenta la quarta fiera di Daniele; Giovanni infatti le attribuisce la stessa attività che Daniele assegna alla quarta bestia, in special modo al quarto corno (vv. 5-7).

La fiera che sale dal mare è dunque simbolo di un potere politico potenzialmente ostile a Dio. Essa riceve dal dragone il suo trono e tutto il suo potere. Secondo Lc. 4,5 sg. (Mt. 4,8 sg.), Satana è il signore dei regni di questo mondo e può darli a chi vuole. Chiamata com'è dal drago, a cui deve il suo potere, la bestia è nella sua essenza più profonda una creatura satanica, "l'agente terreno di Satana".

Una delle sette teste della fiera presenta una ferita mortale, inferta da un colpo di spada (v. 14); la ferita, però, è sanata e la fiera è tornata in vita. Se le sette teste rappresentano altrettanti signori di questa potenza politica, uno di essi ricevette una volta una ferita mortale, ma dal dragone fu o mantenuto in vita o risvegliato a nuova vita. Le parole "colpita a morte", che ripetono analoghe espressioni usate riguardo all'agnello (Ap.2,8)

significano che la bestia è il contrapposto satanico di Cristo. La grande potenza di cui la fiera dispone e il prodigio che in essa si è operato fa su tutto il mondo un'impressione di irrefrenabile meraviglia.

In questa figura politica di grandezza e di forza inau- 4 dite, gli uomini non vedono un'apparizione naturale, ma un prodigio divino, e adorano l'essere da cui dipende e che il veggente identifica col dragone. Il mondo rende alla bestia onori divini, perché in essa in certo senso si fa per lui visibile la divinità. Che si tratti di un onore religioso reso alla bestia, risulta dalle formule in cui si esprime la meraviglia degli uomini, e che sono un'imitazione di corrispondenti formule bibliche riferite a Dio175.

Il veggente descrive l'attività che la fiera spiega con- 559. tro Dio, attività che coincide perfettamente con quella del piccolo corno della quarta bestia di Daniele. Essa parla ed agisce. Dal dragone ha ricevuto una bocca, e con questa pronuncia delle vanterie, cioè delle bestemmie contro Dio e gli abitanti del cielo. Le bestemmie sono le pretese divine che essa avanza e gli onori divini che rivendica per sé. Parlando del piccolo corno, Daniele dice: "Aveva una bocca che pronunciava parole altisonanti" (7,8), e del rè in esso raffigurato parla in questi termini: "Pronuncerà parole contro l'Altissimo" (7,25; cfr. 8,11); "Monterà in superbia e si esalterà al disopra di qualsia^ dio e contro il Dio degli dèi dirà parole arroganti" (11,36).

Col permesso di Dio, la bestia protrarrà la sua azione ^ per quarantadue mesi, cioè per tré anni e mezzo. La sua natura ostile a Dio, si rivela anche nella guerra che essa muove ai santi, come il piccolo corno di Daniele (7,21), perseguitando a morte i mèmbri della Chiesa di Dio, allo scopo di sterminarli completamente. Nel suo regno essa non tollera la presenza di nessuno che non si dia a lei anima e corpo: vuole l'uomo tutto intero. Quanto temibile sia per la Chiesa la bestia, si capisce dal fatto che il suo dominio si estende su tutti i popoli e tutte le nazioni; non vi è luogo in cui sia possibile sottrarsi alle sue pretese. Essa poi conseguirà effettivamente lo scopo a cui mira e vedrà tutti piegar "le ginocchia prima e infine anche il cuore" al suo dominio (Schlier). Solo gli eletti di Dio si rifiuteranno di riconoscere il suo potere anche sulle coscienze.

Si capisce come a questo punto Giovanni inserisca una pressante esortazione ai lettori, perché perseverino con costanza e conservino la fede. I cristiani non sono chiamati a sollevarsi contro la bestia, ma non devono nemmeno prestarle adorazione, bensì opporsi con tenacia a tutte le lusinghe e minacce ed esser pronti ad affrontar le catene e la morte (cfr. Mt. 26,52).

Il testo del v. 10 è corrotto. La versione data rende quello che doveva essere il testo primitivo, dove si avverte un'eco di Ger. 43,11: "Chi è destinato alla morte va alla morte; chi alla prigionia, in prigionia finisce; chi alla spada, cade sotto di essa" (cfr. 15,2).

L'invito a prestare attenzione mostra qual è lo scopo attuale del libro.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 23/03/2004 10.46

Commento ai versi da 11 a 18

2. la SECONDA FIERA SI ALZA DALLA TERRA, ESSA HA NEI CONFRONTI DELLA PRIMA MANSIONI DI PROFETA

II veggente contempla una seconda fiera mentre sale, n non però dal mare ma dalla terra. All'aspetto essa rassomiglia al mite e pacifico agnello (cfr. Mt. 7,15): la sua natura intima è quella del drago, e si manifesta nel suo parlare; questo sembra appunto il suo ufficio. La seconda fiera è una realtà non politica, ma spirituale e religiosa; è posta però completamente al servizio del potere politico simboleggiato dalla prima bestia, di cui possiede tutta la potenza. La mansione propria della seconda bestia è quella di propagandare il culto della prima fiera, che essa avvolge di un alone religioso, per consolidarne il potere e renderlo eterno; ne è come il profeta, anzi, questo nome le viene dato espressamente dall'autore dell'Apocalisse.

Per raggiungere lo scopo ha ricevuto dal dragone il potere di operar grandi prodigi; uno solo di questi è ricordato, senza dubbio perché è il più meraviglioso ed efficace; si tratta del miracolo di Elia (cfr. 11,5), cioè la capacità di far cadere fuoco dal cielo. Il veggente pensa all'impiego di arti magiche, come quelle di cui si servivano in quel tempo i fattucchieri ambulanti.

Questi miracoli fanno sulla massa un'impressione profonda, inducendola ad adorare la prima bestia (cfr. 19,20). Il ricordo dei miracoli che l'Anticristo compirà con la forza di Satana, come pure del fascino che essi eserciteranno su quanti non sono nel numero degli eletti, ricorre pure in S. Paolo. Anche la Didaché, parlando di "colui che seduce il mondo", cioè dell'Anticristo, dice che egli compirà segni e prodigi, assicurandosi un successo senza pari (16,4 sg.).

Un culto senza immagini per gli antichi era inimmaginabile; perciò il falso profeta induce gli uomini ad innalzare una statua alla bestia del mare, per farne quasi l'espressione sensibile della potenza divina dell'impero. A questa effige il profeta comunica la capacità di parlare. Della fede in statue che parlavano e operavano prodigi, si hanno nell'antichità molte atte-

stazioni. Verso il 180, per esempio, all'epoca dell'apologista Atenagora, vi era a Troade una statua che aveva fama di pronunciare oracoli e guarire gli infermi. Con questo mezzo, il falso profeta riunisce tutta la popolazione dell'impero nella religione e nel culto di questa potenza politica assoluta. Alla statua dotata di parola egli esige, sotto pena di morte, che si presti adorazione : pretende che si renda un culto religioso a questo potere politico che si spaccia per divino e costringe a far ciò col ricorso a mezzi brutali. Plinio il Giovane, governatore della Bitinia, nella nota lettera a Traiano, riferisce che i cristiani venivano forzati a offrire incenso e vino davanti al simulacro dell'imperatore e degli dèi.

Affinchè nessuno possa sottrarsi al culto della bestia, il falso profeta esige che tutti si imprimano sulla fronte o sulla mano un marchio, il quale attesti che appartengono a lui. Nell'antichità spesso gli adoratori di una divinità praticavano il tatuaggio, imprimendo su se stessi la sua immagine o il suo nome. Secondo Apoc. 22,4; 3,12 i cittadini della nuova Gerusalemme portano sulla fronte il nome di Dio come segno esterno della propria appartenenza a lui; in 7,3 e 14,1, si legge che gli eletti ricevono in fronte il sigillo di Dio, come simbolo della sua efficace protezione. Chiunque non porta il marchio della bestia è esposto al boicottaggio economico, venendo posto nell'impossibilità di comprare e di vendere, e quindi di vivere. Questo provvedimento brutale mira a far sì che coloro i quali si rifiutano di adorare la bestia siano denunciati all'autorità e puniti. Non rimane perciò che la terribile alternativa: o adorare la bestia, o morire.

Il marchio che tutti gli abitanti dell'impero devonr portare consiste nel nome della bestia o nel numero del suo nome. Di che nome si tratta? E quanto il veggente dice a questo punto; ma lo fa in maniera tale, che servì più a nascondere che non a manifestare quel nome tanto sono enigmatiche le parole di cui si serve. Egli stesso aggiunge che per sciogliere l'enigma occorre molta sapienza, cioè un grande acume, esattamente come ne occorrerà più tardi per l'interpretazione delle sette teste della fiera (17,9). Il numero della bestia deve dunque servire ai lettori per indovinarne il nome. La bestia, dice il veggente, cela un uomo; meglio ancora: nei quarantadue mesi della grande tribolazione 1a bestia si è incarnata in un uomo, il cui nome è compoato di lettere; il valore numerico di queste, sommate dà la cifra 666.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 23/03/2004 10.47

- Il numero misterioso: "666"

A differenza dei Romani e degli Arabi, gli Ebrei e i Greci non avevano dei segni numerici speciali, ma per scrivere i numeri si servivano delle lettere dell'alfabeto, a ciascuna delle quali attribuivano un proprio valore numerico (per esempio, a equivaleva a 1, b aveva valore di 2, ecc). Sommando i valori numerici delle singole lettere di un nome, si ottiene il numero del nome. Cosi, per esempio, i valori delle lettere che formano il nome greco di Gesù danno, sommati, il numero 888, secondo il computo attestato nel Libro Sibillino I 326-330. Questa sostituzione del nome col suo valore numerico, assai usata nell'antichità, si chiama gematria. Dato, però, che molti nomi hanno lo stesso valore numerico è impossibile ricavare nei singoli casi il nome della sola cifra che lo esprime

Si spiega, dunque, come nel corso del tempo sia stata data una grande quantità di interpretazioni del nume ro 666 Già Ireneo ne conosce parecchie (Euanthas Lateinos, Teitan).

Tra le molte proposte, il maggior numero di consensi è toccato a quella, recente, che sotto il numero 666 ravvisa l'imperatore Nerone

Se si computa con la scrittura ebraica, le lettere che compongono il nome Nerone Cesare danno la somma di 666 se si legge, alla greca, Neron Qesar, se invece si legge, alla latina Nero Qesar, la somma che ne risulti è 616 (numero questo, che ricorre in alcuni testi e che era noto già ad Ireneo)

Contro questa interpretazione qualcuno ha osservato che in un libro greco è necessario che la cifra 666 sia raggiunta sulla base di un computo fatto con lettere dell'alfabeto greco (non di quello ebraico) Ma l’obbiezione non è decisiva; basta pensare che Giovanni era un giudeo palestinese e che nelle comunità dell'Asia Minore pare che l’elemento giudeo cristiano non fosse del tutto assente. Inoltre, Giovanni aveva ragioni più che buone per parlare dell'Anticristo in forma assai velata e per i lettori era impossibile sciogliere I’enigma del numero senza l’ausilio di qualche indicazione fatta a viva voce. Se l’ Anticristo è identico al "Nero redivivus", ne viene che questa interpretazione del numero 666 deve considerarsi come la migliore di quante sono state proposte sino ad oggi, sebbene neppure essa sia del tutto sicura. La chiave per lo scioglimento dell’ enigma non ci è dato, al momento di riconoscerla.

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