Avviato il Big bang a Ginevra, nessuna apocalisse....

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Caterina63
00mercoledì 31 marzo 2010 23:13
È finalmente entrato in funzione con successo l'acceleratore di particelle del Cern

Big bang a Ginevra


Gli scienziati sono ora alla ricerca del bosone di Higgs

di Maria Maggi


Nel superacceleratore Large Hadron Collider (Lhc) di Ginevra sono avvenute le prime collisioni tra fasci di protoni. Dopo vent'anni di lavoro e la partenza mancata del settembre 2008 finalmente il grande acceleratore del Cern è entrato con successo in funzione.

Si può immaginarlo come il più grande e il più potente microscopio della storia della scienza:  permetterà di scrutare nella fisica delle più piccole distanze e delle più alte energie mai raggiunte.
Con questa grande macchina, che si dispiega in un tunnel circolare lungo 27 chilometri, scavato sotto la campagna e i villaggi subito fuori Ginevra, i fisici vogliono esplorare questo mondo nuovo, detto anche "terascala", perché le energie in gioco sono dell'ordine di mille miliardi di elettronvolt, ossia di teraelettronvolt (Tev).

In base alle previsioni, a queste energie si manifesteranno fenomeni fisici completamente nuovi, tra cui si pensa si trovi il bosone di Higgs (particella che secondo la teoria conferisce la massa alle altre particelle) e anche le particelle della "materia oscura", costituente la maggior parte della materia dell'universo. Si pensa anche di risolvere il mistero della supersimmetria o dell'antimateria.

Nell'Lhc sono dispiegate nuovissime tecnologie mai sperimentate. Per ora la potenza provata è di 7 Tev. Ma la macchina sarà in grado di arrivare anche a 14 Tev grazie ai 7.000 magneti superconduttori, raffreddati con elio liquido alla temperatura di 2 gradi assoluti (ossia a -271 gradi centigradi) che guideranno a scontrarsi due fasci di protoni accelerati a una velocità inferiore solo di un milionesimo di punto percentuale rispetto a quella della luce. Sarà raggiunta così l'energia dell'universo appena nato, una frazione di secondo dopo il "big bang". Questo permetterà di vedere il mondo nuovo teorizzato dagli scienziati, finora mai osservato.

Per avere un'idea dell'energia massima che verrà espressa nel tunnel di Ginevra si può pensare che tutte le particelle in moto avranno un'energia paragonabile a quella di 900 automobili che viaggiano a 100 chilometri all'ora.

Già in queste prime ore di funzionamento è stato superato di quasi quattro volte l'acceleratore finora più potente, il Tevatron americano di Chicago. Ora i seimila scienziati coinvolti nell'Lhc possono cominciare a lavorare con i quattro esperimenti posti lungo l'anello:  Atlas, Cms, Alice e Lhc-b. I primi tre sono diretti da italiani dell'Istituto nazionale di fisica nucleare:  Fabiola Gianotti, Guido Tonelli e Paolo Giubellino, e il quarto da Andrei Golutvin.

Si tratta di quattro giganteschi rivelatori - il più grande potrebbe riempire per metà la cattedrale di Notre Dame e pesa quanto la torre Eiffel - posti nei punti di collisione dei fasci, che tracceranno e misureranno le migliaia di particelle scaturite dagli urti. Pur avendo queste notevoli dimensioni alcune parti dei rivelatori devono essere istallate con una precisione di 50 micrometri.

I dati generati da ciascuno dei due rivelatori più grandi riempirebbero centomila compact disc ogni secondo, un numero tale da formare, se impilati, una colonna che arriverebbe in sei mesi alla Luna. Non è quindi possibile registrare tutti i dati, ma ci sono dei filtri che scartano quasi tutta l'informazione e inviano ogni secondo i cento dati più promettenti al sistema centrale di elaborazione di Lhc, per analizzarli in un secondo momento. Questi dati saranno esaminati da fisici dislocati in istituti di ricerca di tutto il mondo.

I fisici nutrono molte speranze sulle scoperte dell'Lhc. Infatti l'attuale teoria della materia - il "modello standard" della fisica delle particelle - prevede come ultimo componente, mai osservato, la particella di Higgs. Non si sa ancora cosa si troverà perché potrebbe presentarsi qualche fenomeno mai ipotizzato, ma gli scienziati sono sicuri che ciò cambierà concezioni basilari. In questo nuovo mondo ci si aspetta di capire cosa distingue due delle forze fondamentali, l'elettromagnetismo e l'interazione nucleare debole e si potrà probabilmente rispondere ad alcune domande semplici, ma profonde:  perché ci sono gli atomi e la chimica? Che cosa rende possibile strutture stabili?

La ricerca della particella di Higgs, o di un suo sostituto, è solo il primo passo in questa direzione. Più in là si trovano fenomeni che possono chiarire perché la gravità è tanto più debole delle altre forze fondamentali e che potrebbero anche rivelare cos'è l'ignota materia oscura che riempie tutto l'universo. Ancora più a fondo è prevista la possibilità di imparare qualcosa sulle diverse forme di materia, sul perché la materia prevale sull'antimateria, sull'unità delle varie categorie di particelle apparentemente differenti e sulla natura dello spazio-tempo e forse anche si troveranno indizi di altre dimensioni.

Quando nel 1950 Cecil Powell vinse il premio Nobel per la fisica grazie alla scoperta dei pioni, particelle ipotizzate quindici anni prima per spiegare le forze nucleari, esponendo ai raggi cosmici lastre fotografiche, ricordò che quando le emulsioni furono recuperate e sviluppate provò una grande emozione. Gli sembrò di aver fatto irruzione in un bellissimo frutteto cinto da alte mura in cui crescevano alberi rigogliosi mai visti con frutti esotici di vario tipo.
Così è la situazione che sperano di trovare presto i fisici del Cern quando cominceranno a esaminare i dati.


(©L'Osservatore Romano - 1 aprile 2010)
Caterina63
00mercoledì 7 aprile 2010 19:42
A colloquio con Nicola Cabibbo sugli esperimenti in corso al Cern di Ginevra

Dal tunnel dell'acceleratore
uscirà il futuro della fisica


Ci aspettiamo informazioni importanti che ci aiutino a comprendere meglio la struttura dell'universo

di Maria Maggi


Da pochi giorni è entrato in funzione al Cern di Ginevra il più grande acceleratore di particelle del mondo:  il Large Hadron Collider (Lhc). Gli scienziati che partecipano al progetto (6.000 di 37 Paesi del mondo) si aspettano moltissimo dagli esperimenti che verranno effettuati, perché potrebbero rivoluzionare le teorie attuali.

Ne abbiamo parlato con Nicola Cabibbo, professore di Fisica delle Particelle alla Sapienza e presidente della Pontifica Accademia delle Scienze. Nicola Cabibbo, che è stato anche presidente dell'Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare) e dell'Enea (Ente nazionale energie alternative), ha lavorato più volte al Cern ed è particolarmente coinvolto dagli esperimenti che vi si svolgono. È anzi stato ispiratore dell'esperimento di Alice (A large ion collider experiment), uno dei quattro grandi esperimenti che saranno portati avanti con l'Lhc.

Cabibbo ha ottenuto importanti risultati scientifici nel campo della fisica delle particelle studiando l'interazione debole e formulando, nel 1963, la teoria valida per i processi con cambiamento di stranezza, che contiene i cosiddetti "angoli di Cabibbo". Ha fornito così alcuni fondamentali elementi del Modello standard delle particelle elementari. Nel 1974, insieme a Kobayashi e Maskawa, ha mostrato come nelle interazioni deboli occorrano tre generazioni di quark:  questa proposta, basata sulla cosiddetta matrice di ckm, ha portato a prevedere l'esistenza di sei quark rispetto ai quattro allora noti. Di recente i suoi interessi scientifici si sono estesi all'applicazione dei supercomputer a problemi di fisica teorica. Ha diretto la realizzazione della famiglia dei supercalcolatori "paralleli" ape100.

Cos'è il Large Hadron Collider, il superacceleratore di particelle del Cern di Ginevra?

È prima di tutto un bellissimo successo dell'ingegneria. Si tratta della macchina più complessa costruita dall'uomo ed è anche molto grande con i suoi 27 chilometri di tunnel, i suoi 7.000 magneti superconduttori raffreddati a 2 gradi sopra lo zero assoluto e i 4 enormi rivelatori. Ora, in partenza funziona solo a metà dell'energia disponibile, che è comunque tre volte e mezza superiore a quella dell'attuale primatista, il collisore Tevatron del Fermi National Accelerator Laboratory di Batavia, negli Stati Uniti. Con essa si aprirà un nuovo campo di indagine nella fisica delle particelle.

Quanto tempo ci vorrà per i primi risultati?

Nella ricerca della fisica delle particelle i risultati sono di tipo statistico. In ogni collisione dei fasci di protoni si producono centinaia di particelle e avvengono decine di milioni di collisioni al secondo. Solo studiando, con l'aiuto dei computer, questi innumerevoli eventi, selezionando i più promettenti e analizzandoli ci si potrà fare un quadro dei fenomeni sottostanti. La macchina funzionerà ininterrottamente per circa due anni. Ci vogliono tempi lunghi per portarla a regime. Quindi probabilmente i risultati non ci saranno prima di uno o due anni.

Cosa si studia con i rivelatori Atlas e Cms?

A questi due esperimenti lavorano migliaia di fisici. Ho appena ricevuto i primi risultati di esperimenti fatti su Atlas. A novembre, infatti, l'acceleratore era già entrato in funzione in modo ridotto - circolavano protoni con una energia di 1,13 Tev, minore dei 7 Tev attuali, ma comunque superiore a quella del Tevatron - soprattutto per testare le varie caratteristiche della macchina. Non ci si aspettava di trovare granché, ma è stato messo alla prova il funzionamento di tutto il sistema. Sono state già prodotte pagine e pagine su queste prime prove. Quando funzionerà a pieno regime si troveranno nuove particelle di massa fino a 500 volte quella del protone. La prima preda che ci si aspetta è il bosone di Higgs. Se esiste si sa che ha una massa superiore a 114 Gev, impossibile da osservare con il Lep, la macchina acceleratrice del Cern precedente l'Lhc. Una delle ragioni che hanno portato alla costruzione dell'Lhc, con il conseguente smantellamento del Lep che correva nello stesso tunnel, è stata proprio quella di trovare il bosone di Higgs. All'interno del cosiddetto modello standard il bosone di Higgs ha un ruolo centrale, quello di dare massa alle particelle elementari.

Cambierà la fisica delle particelle con l'entrata in funzione dell'Lhc?

Il modello standard non è completo e presenta delle "crepe". I fisici si aspettano di scoprire una regione di nuove particelle, anche con molte sorprese. Uno dei campi più interessanti è quello riguardante la struttura dell'universo. Negli ultimi anni si è trovato che la materia ordinaria, di cui sono fatte le stelle e i pianeti, è solo il quattro per cento. Poi esiste un ventisei per cento di materia oscura, mai osservata, e un settanta per cento di energia oscura. Già Einstein aveva prospettato quest'ultima quando aveva introdotto la costante cosmologica per spiegare la stabilità dell'universo, che altrimenti sarebbe collassato per la sua stessa gravità. Poi Einstein aveva rigettato l'idea della costante cosmologica, quando Hubble scoprì l'espansione dell'universo. Ora invece ritorna fuori come energia oscura, che contribuisce ad accelerare l'espansione dell'universo. Di questa espansione a velocità crescente si è venuti a conoscenza con le osservazioni astronomiche degli ultimi anni. L'esistenza della materia oscura, invece, è nota già da tempo, anche se non è mai stata osservata nessuna particella che la compone. Si pensa che sia fatta da particelle che gravitano attorno e dentro le galassie e gli ammassi e di cui si ha testimonianza dal punto di vista gravitazionale.

Si potrà con l'Lhc scoprire qualcosa sulla materia oscura?

Certamente. La materia oscura è formata da particelle, che potrebbero essere prodotte dall'Lhc. Si sa che queste particelle sono molto stabili (hanno almeno l'età dell'universo), sono neutre, interagiscono pochissimo con la materia ordinaria e si presume che siano più pesanti dei neutrini,  perché  hanno  caratteristiche diverse soprattutto per il ruolo avuto nella formazione delle galassie.

Quali  nuove particelle saranno scoperte?

Potrebbero esistere nuove particelle nella zona di energia scrutata con l'Lhc. Ci sono varie ipotesi. Una di queste è la verifica della supersimmetria, la teoria che prevede che ogni specie di particella sia accoppiata a un superpartner. Uno dei pionieri di questo studio è stato Bruno Zunino. Con l'Lhc si potrebbero scovare alcune delle particelle previste dalla supersimmetria, come il neutralino, che a sua volta è una delle particelle ipotizzate tra i componenti della materia oscura. Inoltre i fisici prospettano teorie ancora più ardite, tra cui quella delle stringhe, per poter arrivare all'unificazione di tutte le forze in natura, inglobando anche la gravità. Il passo necessario per poter arrivare all'unificazione passa proprio dalla supersimmetria.

Si fanno, quindi, tante ipotesi sul comportamento della Natura, ma non sempre ciò che si trova è quello che si prevede.

Il bello della ricerca è proprio questo:  ci sono sorprese. E l'Lhc ce ne farà di sicuro. Con l'esperimento Lhc-b si riprenderà lo studio sul mesone b (formato da quark e antiquark bottom) cercando proprio questi quark per capire a cosa è dovuta la misteriosa asimmetria tra materia e antimateria nell'universo. Infine con l'esperimento Alice si studieranno le collisioni tra ioni di uranio e anche tra ioni di piombo, che produrranno sfere di fuoco primordiali chiamate plasmi di quark e gluoni. Questo studio si basa su una proposta fatta da me e da Giorgio Parisi per esaminare questo stato della materia, prodottosi poco dopo il Big Bang, in cui i quark si muovevano liberi e non vincolati in particelle come protoni, neutroni e mesoni. In questa prima fase di esperimenti, però, Alice non è competitivo con gli altri rivelatori perché nell'acceleratore corrono fasci di protoni. Ma non si sa mai cosa potrebbe osservare.

Cambierà la fisica delle particelle?

Il quadro che si apre potrà essere molto emozionante. Gli scienziati si aspettano che ciò che potrà uscire dagli esperimenti condizionerà il futuro della fisica delle particelle e anche i futuri passi di ricerca per alcune decine d'anni. I primi lavori su Lhc risalgono agli anni Ottanta, quando fu progettato dal Cern il Lep, già si pensava alla modifica successiva nell'Lhc. Gli americani volevano fare concorrenza progettando un gigantesco acceleratore, il Superconducting Super Collider (Ssc). Dovettero però desistere per l'incremento enorme dei costi e di esso è restato solo il più costoso buco per terra del mondo, da qualche parte nel Texas. Anche l'Lhc è stato molto costoso, ma questo progetto europeo è stato supportato anche da americani, russi, giapponesi e da altri Paesi del mondo che hanno concentrato gli sforzi scientifici ed economici su di esso. Gli italiani, in particolare, hanno dato un contributo notevole, tanto che ora tre dei quattro esperimenti sono guidati da fisici italiani, tra cui la scienziata Fabiola Gianotti, direttore di Atlas. È bellissimo vedere fisici di tutto il mondo attratti da questo progetto, che, non solo si trovano a Ginevra, ma anche lavorano nelle loro università uniti da una rete informatica. Le analisi dei dati raccolti sfrutteranno, infatti, un grid network formato da decine di migliaia di personal computer situati in istituti di tutto il mondo. Ciascun computer di questa gigantesca rete è connesso a un nodo centrale formato da una decina di grandi centri di ricerca in tre continenti che a loro volta sono collegati al Cern con cavi di fibra ottica.

Si pensa già a un successore dell'Lhc?

La generazione successiva di acceleratori a cui gli scienziati stanno pensando è l'Ilc (International Linear Collider). Si tratta di due acceleratori lineari, lunghi ciascuno circa 11 chilometri, che sfrutteranno intensi campi elettrici per scagliare elettroni e positroni gli uni contro gli altri. Questa macchina, però, avrà un senso solo per perfezionare le possibili scoperte di Lhc. Ora si stanno facendo solo studi preliminari. Il tutto riguarderà la fisica dei prossimi cinquant'anni, se l'umanità avrà ancora voglia e curiosità di indagare in profondità su come è fatto il mondo e sull'evoluzione dell'universo.


(©L'Osservatore Romano - 8 aprile 2010)
Caterina63
00martedì 28 dicembre 2010 10:22

Il terzo Big-Bang  (si osservi come il mondo cattolico, SERENAMENTE, ne parla...e di come tacciono i Media, soprattutto quelli laicisti che giocano a fare gli atei...)



di Antonino Zichichi

11-12-2010


Grazie al “terzo Big-Bang”, cioé al passaggio da un universo con vita priva di ragione ad un universo con vita dotata di ragione, possiamo scrivere libri, esprimere opinioni, discutere di problemi. Eppure, si parla quasi sempre del primo Big-Bang, quello grazie al quale il vuoto si è trasformato in qualcosa che, dopo circa venti miliardi di anni, noi chiamiamo universo, fatto con galassie, stelle e satelliti, su uno dei quali, la Terra, ci troviamo.

L’universo, tuttavia, avrebbe potuto essere esattamente com’è, con le stesse strutture e gli stessi dettagli, ma privo della nostra presenza.

L’evoluzione cosmica parte dal Big-Bang n. 1 e arriva oggi ad un numero di galassie pari a circa duecento miliardi, ciascuna delle quali consta mediamente di duecento miliardi di stelle. Molti dettagli sulla struttura dell’universo ci sono ignoti. Non sappiamo, per esempio, quanti satelliti ha ciascuna stella e quante stelle siano identiche al nostro Sole. Sappiamo che solo una parte delle stelle è come il Sole, anche se nessuna è identica a un’altra. Non è un dettaglio di poco conto: se il nostro Sole fosse più grande, moriremmo di caldo; più piccolo, moriremmo di freddo; ferma restando la condizione di rimanere alla stessa distanza dal Sole nella quale ci troviamo ora.



Non siamo stati noi a scegliere questa distanza. Né a stabilire quale dovesse essere la massa del Sole. Ciò di cui siamo sicuri è che se la distanza fosse più piccola avremmo troppo caldo; se fosse più grande avremmo troppo freddo. Ecco perché vorremmo sapere quante stelle come il nostro Sole esistono nell’universo e quante di queste stelle hanno un satellite come la nostra Terra, le cui caratteristiche sono di vitale importanza per noi.
Non solo: se la Terra fosse più piccola, quindi più leggera, non potrebbe tenere legato a sé quello strato d’aria cui diamo il nome di atmosfera e che ci permette di vivere. Se la Terra fosse più pesante, dovremmo avere una struttura ossea e muscolare adeguata alla forza gravitazionale in gioco.

Vorremmo sapere se certi dettagli, come la massa del Sole, quella della Terra, la distanza Terra-Sole e molte altre peculiarità della nostra esistenza materiale esistono in altre parti dell’universo. Il numero di dettagli necessari per essere come la nostra Terra sono molti. Moltissimi. Sappiamo che ci sono nell’universo – come detto – duecento miliardi di galassie, ciascuna contenente duecento miliardi di stelle. Il totale fa quarantamila miliardi di miliardi di posti in cui potrebbe esserci la vita così come è da noi, sulla Terra. Questo numero deve, però, essere messo a confronto con i dettagli necessari per dar vita a qualcosa di analogo alla nostra forma di materia vivente, dotata di quella proprietà cui diamo il nome di “ragione”. Allora, il problema è quello di capire quanti dettagli debbono essere presenti per arrivare a una forma di materia vivente capace di una attività intellettuale simile alla nostra, in grado di scoprire le grandi conquiste cui è arrivata la nostra forma di materia vivente. Conquiste che si riducono ad appena tre cose: il Linguaggio, la Logica rigorosa e la Scienza. Conquiste che nascono dalla straordinaria proprietà di cui è dotata la nostra forma di materia vivente: la ragione.



Sulla Terra si sono sviluppate centinaia di migliaia di forme diverse di materia vivente. Nessuna di esse, però, è riuscita a scoprire la memoria collettiva permanente (meglio nota come “Scrittura”, che è linguaggio scritto), la Logica rigorosa e la Scienza. Calcolando tutte le condizioni necessarie per arrivare alla materia vivente dotata di ragione, se ne deduce che le stelle presenti nel nostro universo sono troppo poche. Ce ne vorrebbe un numero di gran lunga superiore a quello prima citato – quarantamila miliardi di miliardi – per potere realizzare quell’enorme quantità di “dettagli” necessari all’esistenza della materia vivente dotata di Ragione.
Un leone, un pesce, un’aquila, sono forme di materia vivente prive di ragione. Non v’è traccia di “scrittura” che possa essere legata all’esistenza di una qualsiasi forma di materia vivente, eccetto quella cui noi apparteniamo.

A conti fatti, risulta che, con il numero di stelle e galassie che compongono l’universo, l’esistenza della materia vivente dotata di ragione è davvero un miracolo. Dovrebbero esistere centomila miliardi di miliardi di miliardi di universi per averne uno dotato di vita come la nostra.



Il Big-Bang n. 3 è quello necessario per passare dall’universo dotato di vita “priva di ragione” all’universo in cui c’è vita “con ragione”. Alcuni sostengono che tutte le forme di materia vivente debbono essere dotate di ragione, per via del fatto che questa proprietà è necessaria per poter vivere. Un serpente, un pesce, un’aquila, tutte le forme di materia vivente avrebbero proprietà di ragione simili – dicono – alla nostra.
È vero: anche noi dobbiamo mangiare, dormire, e fare altre cose per sopravvivere, al pari delle altre forme di materia vivente. Ma questo livello di “ragione” si riferisce solo al problema legato a ciò che una forma di materia vivente deve fare per poter vivere. Ma – come già detto – nessun leone, né tigre, nessun pesce, né alcun tipo di uccello hanno lasciato tracce di quella cosa cui diamo il nome di “scrittura” e che di fatto è la “memoria collettiva permanente”.

Sappiamo che cosa pensava Platone perché possiamo leggere cosa ha scritto. Nessuna scimmia si è mai posta il problema di capire come si fa a dividere una figura geometrica semplicissima qual è un quadrato in due quadrati. Lo fece Pitagora, con il suo famoso teorema. Nessun cavallo ha mai pensato al problema di quanti granelli di sabbia potrebbero esserci nell’universo. I Pitagorici scoprirono che questo numero era talmente grande da non essere esprimibile – usando la loro matematica – in termini finiti e conclusero che era infinito. Venne Archimede e riuscì a calcolarlo, dimostrando che era possibile esprimerlo in termini finiti, usando una matematica rigorosa più avanzata di quella cui erano arrivati i Pitagorici.
Nessun leopardo o altra forma di materia vivente si è mai occupata di capire com’è fatto il mondo: se siamo figli del caos o se c’è una Logica rigorosa alla base della nostra esistenza materiale. Fu Galilei a scoprire che questa Logica rigorosa esiste. Ad essa si dà il nome di Scienza.



Il Big-Bang n. 3 riguarda esclusivamente la forma di materia vivente cui noi apparteniamo. Nessuna forma di materia vivente è interessata a discutere con noi del profondo rapporto che esiste tra Scienza e imprevisto.
Tutte le grandi scoperte scientifiche sono state rese possibili da eventi inaspettati. La storia della scienza dimostra che le grandi scoperte scientifiche, a qualsiasi livello, sono state tutte inaspettate. Chi aveva previsto l’esistenza dei raggi cosmici? Nessuno. Chi aveva previsto le forze deboli (oggi dette di Fermi)? Nessuno. Con le forze di Fermi oggi possiamo fare previsioni. Ma come nascono le forze di Fermi? Da un evento totalmente inaspettato e non previsto: la radioattività.
Tutte le scoperte scientifiche importanti sono venute in modo del tutto inaspettato. Le previsioni avvengono dopo che una scoperta inattesa ha dato vita ad una formulazione matematica che mette insieme le diverse scoperte inaspettate; e da questa matematica emergono le previsioni.



Sta nelle origini il fulcro del problema. Se le scoperte scientifiche fossero alle origini non previste – come di fatto ci dicono questi quattro secoli di Scienza galileiana – la spiegazione del mistero è semplice. Ed era già nota ai tempi di Galileo Galilei. Fu lui a dire che “Colui che ha fatto il mondo” è più intelligente di tutti. Nessuno escluso. Da questa osservazione è nata la Scienza galileiana. Non c’è infatti altro modo per decifrare la Logica del Creatore: porGli domande. È questo il vero significato di esperimento galileiano. Per fare questo, c’è bisogno di umiltà intellettuale. Rendersi conto che non basta essere intelligenti per capire com’è fatto il mondo. Tutte le civiltà avevano peccato di questa forma di arroganza intellettuale. Ecco perché doveva toccare a un cattolico credente, come Galileo Galilei, scoprire le prime Leggi Fondamentali della Natura da lui chiamate “le prime impronte del Creatore”.

Dopo appena quattro secoli da questo atto di umiltà intellettuale, abbiamo la certezza di avere capito “quasi” tutto sulla Logica che regge il mondo. In quel “quasi” c’è il futuro della Scienza, che nessuno al mondo sa prevedere. Per il semplice motivo che il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili è più intelligente di tutti: filosofi, pensatori, artisti, poeti e anche di noi scienziati.

fonte:
La Bussola Quotidiana

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