Beatificazione di Giuseppe Toniolo, laico, economista e del Magistrato Livatino ucciso dalla mafia

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Caterina63
00lunedì 17 gennaio 2011 19:18
Giuseppe Toniolo tra economia capitalistica ed economia umana

Umile e coraggioso
dall'ottimismo disarmante


Il 14 giugno 1971 Papa Paolo VI firmò il decreto di eroicità delle virtù di Giuseppe Toniolo. A trent'anni di distanza - il 10 novembre 2001 - si tenne a Cison di Valmarino (Treviso) il convegno "Economia capitalistica economia umana? Giuseppe Toniolo:  uno studioso al servizio dell'uomo" i cui atti sono stati poi pubblicati dall'editrice Ave. Da quel libro riproponiamo alcuni stralci dell'omelia tenuta nel corso della celebrazione eucaristica dall'attuale cardinale protodiacono e brani di due delle relazioni presentate.

di Agostino Cacciavillan
 

Il servo di Dio Giuseppe Toniolo considerava il matrimonio "stato nobilissimo e santissimo", come scrisse alla fidanzata Maria Schiratti; stato che entrambi poi vissero con una profonda spiritualità. Uscito da una buona famiglia (il padre di Schio e la madre veneziana, donna di grande carità), ebbe sommamente a cuore la formazione della propria, facendo di essa il suo primo campo di apostolato. C'era nella sua casa una vera "chiesa domestica".

In un ambiente sereno e gioioso, si osservava la legge di Dio e si rispettavano i principi religiosi e morali. I Toniolo erano assidui all'orazione e a pie letture; frequentavano la santa messa domenicale e feriale; si confessavano spesso. Abbiamo in proposito una bella testimonianza della figlia Teresa. Egli stesso così scriveva al figlio Antonio appena laureato (1894):  "Ti prego, per quanto può un cuore paterno che si ispira all'infinita paternità di Dio, non rallentarti e non intiepidirti mai sulla via della pietà, non raffreddarti soprattutto nella frequenza dei ss. Sacramenti".

Tale situazione familiare fa venire in mente quella dei coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, che il Santo Padre proclamò beati domenica 21 ottobre 2001.

Il Toniolo ebbe sette figli, di cui tre morirono in tenera età. Da grande morì prematuramente anche la figlia Emilia (suora della Visitazione), che affrontò il distacco supremo dicendo:  "Recitiamo tutti un Magnificat e il Te Deum". I genitori ne furono profondamente commossi ed edificati.

Del servo di Dio abbiamo un diario spirituale. In quelle pagine vediamo la sua sottomissione amorosa alla volontà di Dio; e in ciò egli giustamente ravvisa la virtù della carità, giacché - si domanda - che cosa è amore se non l'aderire della volontà dell'amante alla volontà dell'amato, cosicché di essi due si effettui un'ineffabile unione? (è l'esperienza mistica dell'unione trasformante). Questo fare la volontà di Dio mette il Toniolo accanto a Gaetana Sterni fondatrice delle suore della Divina Volontà, beatificata domenica 4 novembre 2001.
Ciò che san Paolo dice nella ii Lettera ai Tessalonicesi (seconda lettura di questa santa messa) si applica molto bene alla vita spirituale del servo di Dio.

Egli è stato confortato e confermato in opere e parole di bene; ha fatto quanto ordinato dal Signore e dalla Chiesa, come i Tessalonicesi eseguivano gli ordini di Paolo; ha cercato l'amore di Dio per esserne ripieno e la pazienza di Cristo per esserne imitatore. Mitezza, pazienza, delicatezza d'animo, umiltà conquistata contro una certa naturale "ambizioncella" (come disse un suo direttore spirituale) sono anche questi aspetti caratteristici della sua spiritualità e personalità umana e cristiana.

Era inoltre uomo coraggioso e uomo d'azione, spirito creativo e di un ottimismo disarmante.
L'intensa vita spirituale, il continuo anelare alla santità ("voglio essere santo"), stanno alla base non solo della sua dedizione alla famiglia, ma anche del suo impegno educativo con gli studenti come docente a Padova, Venezia, Modena, Pisa, stimato da alunni e colleghi, e della sua attività accademica e pubblica nel campo scientifico e culturale, in quello della vita economica, sociale e politica, nonché dell'apostolato dei laici in generale. Professore e conferenziere rinomato, è anche autore di numerosi studi e opere.

Egli fu consultato da Leone xiii per la stesura dell'enciclica Rerum novarum, la magna carta dell'instaurazione di un nuovo ordine economico-sociale.
Più tardi Papa Pio x lo nominò presidente della appena istituita Unione Popolare, un organismo dei nuovi ordinamenti dell'associazione denominata "Azione cattolica". Fu benemerito dell'istituzione delle Settimane sociali e promotore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Morì settantatreenne il 7 ottobre 1918, festa della Beata Vergine Maria del Rosario, che egli aveva recitato quotidianamente.


(©L'Osservatore Romano - 17-18 gennaio 2011)


Si legga anche qui:

Proclamazione di Santi, Beati e Venerabilie e le Canonizzazioni di Benedetto XVI
Caterina63
00lunedì 17 gennaio 2011 19:19

"Studiatelo meglio"
ci disse Montini


di Giulio Andreotti


Partirei da qui:  negli anni della guerra vi era un grande fermento; parlo del campo universitario, che più direttamente conoscevo e in cui vivevo. Nel senso cioè che si aveva la sensazione che molte cose dovessero cambiare e si aveva anche la sensazione di un certo massimalismo. Tanto è vero che un gruppo, non enorme, ma nemmeno irrilevante di giovani universitari cattolici finirono con l'aderire a movimenti socialisti cristiani, addirittura comunisti cristiani, ritenendo che la risposta alle ingiustizie dovesse essere quella indicata appunto da questi movimenti.

Ebbi una idea, che poi si dimostrò del tutto sbagliata, di aprire su "Azione Fucina" un dibattito. E vero che si doveva riconoscere, che tra il Manifesto di Marx e la Rerum novarum c'era un certo numero di decenni, però questo che cosa vuol dire? E specialmente, quale è la prospettiva nella quale noi vogliamo muoverci?

Aprimmo questo dibattito su "Azione Fucina". Ci arrivò immediatamente il blocco, e tramite il nostro assistente avemmo l'ordine di non aprire assolutamente questo dialogo. Però avemmo anche un consiglio da parte di monsignor Montini:  "Studiate meglio Toniolo!". E cominciammo a studiare; tra noi, e anche in qualche altro dibattito.

E cosa ci colpì subito? Ci colpì questo atteggiamento culturalmente importante, di costruire cioè un sistema, di elaborare una dottrina non tanto essendo contro qualcuno, ma avendo delle ispirazioni di carattere positivo.

Se guardiamo la storia del Toniolo pre-politico, certo che è una storia drammatica. Quelli di noi che fanno politica, vuoi in attività di servzio o nella riserva che sia, dovrebbero ogni giorno ringraziare il Signore per essere nati quando siamo nati. Noi infatti abbiamo avuto tante generazioni che ci hanno preceduti che sono state tormentate dal disagio di mettere insieme la propria coscienza di cattolici e la propria coscienza di italiani.

Nel vedere allora il Toniolo pre-politico c'è da vederlo da un lato che potremmo chiamare organizzativo, e cioè l'Opera dei Congressi, le unioni, i rapporti con attività internazionali. Allora fare un viaggio a Friburgo era una cosa molto importante... E tutto questo con una fisionomia tutta particolare di Toniolo, tanto è vero che era considerato moderato, termine che spesso viene anche usato malamente dimenticando che tra l'altro la moderazione è una virtù; basti ricordare che quando va in crisi l'Opera dei Congressi per rimettere un po' d'ordine il Papa prega il Toniolo di fare uno schema di organizzazione di che cosa si poteva fare.

Ed è importante il pre-politico anche nell'altro senso, e cioè che immettendo questo concetto dell'etica non è che si trattasse di nebbia che veniva sovrapposta o di una limitazione, ma una ispirazione:  vedere cioè l'uomo al centro della preoccupazione politica nel senso migliore di questa parola. Certo, con onestà intellettuale, perché altrimenti fare delle enunciazioni populiste è facile; nessuno infatti deve dimenticare che nessuno può dare quello che non ha. In caso contrario le enunciazioni rimarrebbero delle vaghe aspirazioni.

La serietà di Toniolo non sta tanto nell'aver creato una dottrina "applicativa", ma degli indirizzi. La serietà dell'introdurre questo fattore dell'etica, e che poi è il fattore dell'umanesimo; fattore che non toglie la necessità di essere validamente all'altezza di quelle che sono delle situazioni.
Per concludere, penso che una delle cose che più mi ha colpito - e penso che sia vera perché c'è in tutte le biografie di Toniolo, e mi ha colpito proprio perché ricompone questo lungo dissidio - ed è relativa alla difficoltà di essere dei buoni cittadini e dei buoni cattolici:  e lo ricompone bene.

Del resto chi visita Roma può avere una splendida prova di come le cose poi si aggiustano, andando a San Lorenzo al Verano. Lì c'è sepolto Pio ix (non expedit) e nell'atrio c'è sepolto De Gasperi (altro expedit, visto che la vita politica l'ha fatta e anche in maniera importante). Ma di Toniolo, ripeto, mi ha colpito una cosa che spero sia vera e che è bella:  quando aveva tre anni il padre - era il giorno della disfatta austriaca a Goito e della resa di Peschiera - gli dà in mano un piccolo tricolore e gli dice:  "Ricordati che questo è molto importante!".


(©L'Osservatore Romano - 17-18 gennaio 2011)

Caterina63
00giovedì 28 luglio 2011 18:50

Verso la Beatificazione del Magistrato Livatino


Canicattì, 3 ottobre 1952 – Agrigento, 21 settembre 1990

Nasce a Canicattì (Agrigento) il 3 ottobre 1952, primo e unico figlio di Vincenzo, avvocato, e di Rosalia Corbo. Negli anni del liceo studia intensamente, inoltre s’impegna nell’Azione Cattolica. Si laurea in giurisprudenza a Palermo nel 1975. A ventisei anni, nell’estate del 1978, fa il suo ingresso in Magistratura. Dopo il tirocinio presso il Tribunale di Caltanissetta, il 29 settembre 1979 entra alla Procura della Repubblica di Agrigento come Pubblico Ministero. Per la profonda conoscenza che ha del fenomeno mafioso e la capacità di ricreare trame, di stabilire importanti nessi all’interno della complessa macchina investigativa, gli vengono affidate delle inchieste molto delicate. E lui, infaticabile e determinato, firma sentenze su sentenze: è entrato ormai nel mirino di Cosa Nostra. I

l 21 settembre 1990 mentre sta percorrendo, come fa tutti i giorni, la statale 640 per recarsi al lavoro presso il Tribunale di Agrigento viene raggiunto da un commando di quattro sicari e barbaramente trucidato.

L’Italia scopre nel sacrificio del “giudice ragazzino” l’eroismo di un giovane servitore dello Stato che aveva vissuto tutta la propria vita alla luce del Vangelo. Di recente Mons. Carmelo Ferraro, vescovo di Agrigento, ha avviato la sua causa di beatificazione.


Il 21 settembre 1990, memoria di S. Matteo apostolo, è una giornata calda ma non afosa, tipica del mite autunno siciliano. Sono le otto, il giudice Rosario Livatino riordina alacremente i fascicoli processuali. Gesti preparatori, gli stessi di ogni mattina. Mancano appena due settimane al suo trentottesimo compleanno.
Alle 8.30 sta percorrendo, come fa tutti i giorni, la statale 640 per recarsi al lavoro presso il Tribunale di Agrigento. Sullo scorrimento veloce Agrigento-Caltanissetta viene raggiunto da un commando e barbaramente trucidato.

Un’ondata di commozione in quei giorni percorse allora il nostro Paese, nell’apprendere la sua storia dalle pagine dei giornali. L’Italia avrebbe scoperto nel sacrificio del “giudice ragazzino” l’eroismo di un giovane servitore dello Stato che aveva vissuto tutta la propria vita alla luce del Vangelo.

Nato a Canicattì (Agrigento) il 3 ottobre 1952, figlio unico di Vincenzo e Rosalia (il padre è avvocato, figlio a sua volta di avvocati), il piccolo Rosario è un bambino mite, silenzioso, dolcissimo, dai grandi occhi scuri e vellutati. I suoi giochi preferiti: macchinine e soldatini; e poi c’è a riempirgli assai presto le giornate la passione precoce per la lettura. Un’infanzia serena, la sua, vissuta nella semplicità e nel decoro di una famiglia borghese, appartata e schiva, che lo segue con attenzione e tenero affetto.
Negli anni del liceo Livatino è il ragazzo che scendeva di rado a fare ricreazione per restare in classe ad aiutare qualche compagno in difficoltà. Aperto ai bisogni degli altri, ma riservato su di sé, studia intensamente, inoltre s’impegna nell’Azione Cattolica.

(…)Per il liceale affascinato da Dio arriva infine il giorno fatidico della scelta: che cosa farà da grande? E non ha alcun dubbio: farà il giudice.
Nel ‘78, a ventisei anni, può coronare il suo sogno. Sulla propria agenda quel giorno scrive con la penna rossa, in bella evidenza: “Ho prestato giuramento; da oggi sono in Magistratura”. E poi, a matita, vi aggiunge: “Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l’educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige”.

Livatino avverte infatti in maniera molto forte il problema della giustizia e lo assume ben presto come una vera missione. Il dramma del giudicare un altro essere umano, di dover decidere della sua sorte, non è cosa da poco per chi senta profondo in sé il tarlo della coscienza unito a un sincero senso di carità. Sono valori che riecheggiano pure nella Christifideles Laici (1988), sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, laddove si può anche leggere che “la carità che ama e serve la persona non può mai essere disgiunta dalla giustizia”(§ 42).
Ma come si fa, noi ci chiediamo, ad esercitare il diritto in Sicilia? Qui lo Stato è da sempre percepito – e sempre lo sarà – come “straniero”. La verità, si dice, ha sette teste. Come afferrarla? E come riuscire a farla trionfare nell’isola dai mille volti, l’isola “plurale” secondo la bella e calzante definizione di Gesualdo Bufalino?
E’ con questa difficile realtà che il giovane magistrato, fresco di laurea e di entusiasmo, dovrà fare i propri conti molto presto.

Il 29 settembre 1979 Livatino entra alla Procura della Repubblica di Agrigento come Pubblico Ministero. Dopo l’iniziale apprendistato, le prime inchieste importanti. E’ abile, intelligente, professionale; comincia a diventare un punto di riferimento per i colleghi della Procura.
Da Canicattì tutte le mattine raggiunge la sede del Tribunale, ad Agrigento, una manciata di chilometri percorsi con la sua utilitaria. Prima di entrare in ufficio, la visita puntuale alla chiesa di S. Giuseppe, vicino al Palazzo di Giustizia, dove si ferma a pregare; quindi, il lavoro indefesso al Tribunale fino a sera inoltrata.
Nell’aula delle udienze aveva voluto un crocefisso, come richiamo di carità e rettitudine. Un crocefisso teneva inoltre anche sul suo tavolo, insieme a una copia del Vangelo, tutto annotato: segno che doveva frequentarlo piuttosto spesso, almeno quanto i codici, strumenti quotidiani del suo lavoro.

(…)Il suo sincero senso del dovere messo al servizio della giustizia ne fa una specie di missionario: il “missionario” del diritto. Per la profonda conoscenza che ha del fenomeno mafioso e la capacità di ricreare trame, di stabilire importanti nessi all’interno della complessa macchina investigativa, gli vengono affidate delle inchieste molto delicate. E lui, infaticabile e determinato, firma sentenze su sentenze: è entrato ormai nel mirino di Cosa Nostra.

Domanda che gli venga affidata una difficile inchiesta di mafia perché è l’unico tra i sostituti procuratori di Agrigento a non avere famiglia: con fiducia totale si affida nelle mani di Dio (“Sub Tutela Dei”, annota nella sua agenda).
Ma Rosario non era un eroe: faceva semplicemente il suo dovere. E lo faceva coniugando le ragioni della giustizia con quelle di una incrollabile e profondissima fede cristiana.
“Impegnato nell’Azione Cattolica, assiduo all’eucaristia domenicale, discepolo del crocifisso”, sintetizzò nell’omelia delle esequie mons. Carmelo Ferraro, fotografandolo con pochi rapidi tratti. Uomo di legge, uomo di Cristo.
(…)Da quando Rosario non c’è più, lei non ha smesso un solo giorno di girare l’Italia in lungo e in largo, recandosi nelle scuole, ma anche in televisione, dovunque insomma la chiamassero per parlare del “suo” giudice. E’ la professoressa Ida Abate, che fu sua insegnante di latino e greco al liceo classico: per noi è stata un’autentica miniera di notizie, ricordi e documenti che ci hanno reso possibile ricostruire la vita di Rosario Livatino nel profilo che abbiamo realizzato per le Ed. Paoline.

Sull’allievo scomparso Ida Abate ha speso fiumi di parole, ha scritto molte lettere e testimonianze, e di recente è stata incaricata dal Vescovo di Agrigento, mons. Ferraro, di raccogliere le voci, i racconti, le dichiarazioni di quanti conobbero in vita Rosario, così da poter dare inizio a quel lungo e complesso iter che forse un giorno lo porterà – a Dio piacendo – sugli altari.

(…)Di Rosario molte cose si sono conosciute solo dopo la sua morte. Della sua carità, del suo amore per gli ultimi, per i poveri. Il custode dell’obitorio ricordava allora con le lacrime agli occhi tutte le volte che lo aveva visto pregare accanto al cadavere di individui di cui egli ben conosceva la fedina penale, pregiudicati in cui si era imbattuto svolgendo il suo lavoro di sostituto procuratore al Tribunale di Agrigento, e ai quali aveva pure applicato la legge, ma che non per questo cessavano di essere suoi fratelli in Cristo nella sventura.
“Un martire della giustizia e, indirettamente, anche della fede…”, ha detto di lui Giovanni Paolo II il 9 maggio del 1993, in occasione della sua visita pastorale in Sicilia.

A dieci anni dalla sua morte, la lezione morale che ci trasmette è quella di un testimone radicale della Giustizia, che in essa credeva profondamente, come progetto di fede e come esercizio di carità.

Autore: Maria Di Lorenzo
fonte: Santi e Beati

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Caterina63
00domenica 29 aprile 2012 14:04
BEATIFICAZIONE TONIOLO:DE GIORGI, LAICO IRREPRENSIBILE E FEDELE


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 29 apr.


Il nuovo beato Giuseppe Toniolo, laico impegnato nell'Azione Cattolica, nel mondo politico e nell'insegnamento all'Universita', "si presenta a noi, come un italiano che ha amato e servito ia Chiesa e l'Italia, da cristiano e cittadino esemplare: e' questa la vera laicita'". Lo ha affermato il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo e ex assistente ecclesiastico dell'Azione Cattolica, delegato dal Papa a presiedere il rito di beatificazione nella Basilica di San Paolo.
Nell'omelia, il porporato ha ricordato "la splendida testimonianza" offerta da Toniolo "con la sua vita interiore incarnata nella storia, con l'amore sincero alla Chiesa che considerava sua madre, con il prestigio morale della condotta privata e pubblica trasparente e irreprensibile, con l'indomito coraggio di essere e di dirsi cristiano in un contesto di aggressivo laicismo".
Toniolo, ha scandito De Giorgi, "fu sempre fedele ai quattro Papi del suo tempo: li guardava con occhi di fede e li difendeva con amore di figlio. Ed essi sapevano di poter contare su di lui, in un momento storico in cui l'unita' dei cattolici, a causa della complessa questione romana, esigeva mediatori intelligenti e sicuri, costruttori di ponti e non di fossati, uomini di relazioni e di sintesi, come lui". Da parte sua, ha continuato De Giorgi, Toniolo offri' alla Chiesa "la sua vasta e profonda cultura scientifica".
Professore universitario unanimemente stimato e poi uomo politico, Toniolo "volle farsi eco del Magistero, "sempre docilmente, additandolo, soprattutto ai cattolici impegnati nel sociale e nel politico, come un punto di riferimento sicuro: sia per operare in modo competente e coerente, sia per evitare il rischio di essere strumentalizzati da quanti negano o combattono il Vangelo e i valori cristiani". Questi valori, ha spiegato il cardinale, "non sono in contrasto con gli autentici valori umani, ma ne sono l'espressione piu' piena: li confermano, li sostengono, li elevano e li promuovono, per la piu' efficace realizzazione del bene comune, fine preminente dell'azione sociale e politica". Ecco perche', ha poi osservato De Giorgi, "Toniolo si presenta a noi come uno di quei cristiani con le braccia alzate verso Dio", dei quali ha bisogno lo sviluppo integrale dell'uomo e della societa', come il Papa ha auspicato nella Enciclica Caritas in Veritate nella quale hanno trovato conferma e sviluppo non poche intuizioni innovative del Beato, come la centralita' della persona nel mondo del lavoro, l'insopprimibile fondamento etico dell'economia, la rilevanza antropologica della questione sociale, l'importanza del Vangelo nella costruzione della societa'". "Alla vigilia dell'Anno della Fede - ha quindi concluso l'arcivescovo emerito - Toniolo e' certamente uno dei testimoni che il Santo Padre ha indicato come coloro che per fede, nel corso dei secoli, hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesu' la' dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica" .




BEATIFICAZIONE TONIOLO: DE GIORGI LEGGE DECRETO, FESTA IL 7/10


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 29 apr.


Il cardinale Salvatore De Giorgi, delegato del Papa, ha letto pubblicamente il decreto di beatificazione di Giuseppe Toniolo nella Basilica di San Paolo fuori le mura, gremita da migliaia di fedeli.
Subito dopo e' stato srotolato il drappo con l'immagine del nuovo beato. Benedetto XVI ha stabilito che la festa liturgica di Toniolo sia celebrata il 7 ottobre, giorno della sua morte.
Nel momento in e' stata scoperta l'immagine del beato Giuseppe Toniolo, cioe' dopo che il cardinale Salvatore De Giorgi ha pronunciato la formula di rito che definisce il nuovo beato "padre di famiglia, laico di Azione cattolica, sapiente educatore dei giovani", Francesco Bortolini, il ragazzo che dopo un gravissimo incidente ha ricevuto la guarigione per intercessione di Toniolo, ha portato personalmente le reliquie del nuovo beato accanto all'altare.
Al termine del rito e' previsto un collegamento con piazza San Pietro per la recita del Regina Coeli con il Papa che rivolgera' alcune parole ai partecipanti alla beatificazione che seguiranno la preghiera dalla Basilica di San Paolo attraverso maxi-schermi.
Tra le iniziative che accompagnano la beatificazione, da segnalare quella del vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo, che ha invitato a una colletta nelle parrocchie a sostegno del "Fondo straordinario di solidarieta' per il lavoro" domenica 29 aprile in coincidenza con la beatificazione di Giuseppe Toniolo.
La diocesi di Vittorio Veneto, che ospita le reliquie di Toniolo a Pieve di Soligo, ha varato invece l'iniziativa "Cinque pani e due pesci" che ha trasformato in ordinario il fondo straordinario di solidarieta', scelto come forma di impegno concreto al termine di una settimana sociale diocesana sull'ispirazione del beato economista.


DOPO IL REGINA COELI

Cari fratelli e sorelle!

Un saluto speciale rivolgo ai pellegrini riuniti nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, dove stamani è stato proclamato Beato Giuseppe Toniolo. Vissuto tra il XIX e il XX secolo, fu sposo e padre di sette figli, professore universitario ed educatore dei giovani, economista e sociologo, appassionato servitore della comunione nella Chiesa. Attuò gli insegnamenti dell’Enciclica Rerum novarum del Papa Leone XIII; promosse l’Azione Cattolica, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, le Settimane Sociali dei cattolici italiani e un Istituto di diritto internazionale della pace. Il suo messaggio è di grande attualità, specialmente in questo tempo: il Beato Toniolo indica la via del primato della persona umana e della solidarietà. Egli scriveva: «Al di sopra degli stessi legittimi beni ed interessi delle singole nazioni e degli Stati, vi è una nota inscindibile che tutti li coordina ad unità, vale a dire il dovere della solidarietà umana».


Sempre oggi a Coutances, in Francia, è stato beatificato anche il sacerdote Pierre-Adrien Toulorge, dell’Ordine Premostratense, vissuto nella seconda metà del secolo XVIII. Rendiamo grazie a Dio per questo luminoso “martire della verità”.


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