di Stefano Chiappalone


«La bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo» (Benedetto XVI)


La “Cerca” della Bellezza

Ha il tema del pellegrinaggio, dell’essere in cammino, e ha il tema della bellezza, della espressione della verità nella bellezza, della continuità tra tradizione e rinnovamento. Io penso che questi due temi del viaggio siano anche un messaggio: essere in cammino, non perdere il cammino della fede, cercare la bellezza della fede, la novità e la tradizione della fede che sa esprimersi e sa incontrarsi con la bellezza moderna, con il mondo di oggi» (B.XVIa).

Il Papa ci propone non “il pellegrinaggio” (a Santiago di Compostela) e “la bellezza” (della Sagrada Familia) considerati isolatamente, bensì, unendoli in un unico tema, un ben più affascinante pellegrinaggio alla ricerca della bellezza. Secondo Benedetto XVI, «
la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra speranza» (B.XVI b); dunque la ricerca della bellezza non è superflua, né priva di riflessi sulla vita – e infatti noi senza accorgercene siamo perennemente alla ricerca della bellezza, anche nella scelta dell’arredamento o dell’abbigliamento. Immaginiamo di eliminare tutto ciò che consideriamo bello nella nostra vita quotidiana e questa non sarà più tanto differente da un lager… Al contrario questo pellegrinaggio è una necessità innata, che conferisce senso alla vita, è in grado di appagarci e di guarire le ferite dell’anima, e più che una semplice ricerca si configura come una “Cerca”, proprio come quella del Santo Graal, con la quale ha molte cose in comune (forse perché, in ultima analisi, è la stessa cosa…): è un pellegrinaggio esteriore e interiore; richiede nobiltà e purezza di spirito; e ha il suo vertice nell’Eucaristia, sacramentum caritatis, ma potremmo dire anche sacramentum pulchritudinis. I Cavalieri del Graal non cercavano un oggetto qualsiasi, ma volevano giungere a contemplare una visione estetica e mistica (le “meraviglie del Graal”) senza la quale la loro vita, neanche le loro virtù cavalleresche avrebbero avuto senso.

Avventura e ascesi per tornare bambini

Innanzitutto, cos’è un pellegrinaggio? È molto più che un movimento puramente fisico: «Andare in pellegrinaggio non è semplicemente visitare un luogo qualsiasi per ammirare i suoi tesori di natura, arte o storia. Andare in pellegrinaggio significa, piuttosto, uscire da noi stessi per andare incontro a Dio là dove Egli si è manifestato, là dove la grazia divina si è mostrata con particolare splendore e ha prodotto abbondanti frutti di conversione e santità tra i credenti». (B.XVIc)
Dunque, esso è in primo luogo un’ascesi – «
uscire da noi stessi» – alla ricerca di «verità e di bellezza, di un’esperienza di grazia, di carità e di pace, di perdono e di redenzione» (B.XVIe).
Così nella Cerca: la disposizione d’animo dei cavalieri è quella del pellegrino, non quella del turista; vengono più volte ammoniti e confessati da eremiti; e la loro Cerca è allo stesso tempo esteriore e interiore, combinando avventura e ascesi.

L’ascesi non va intesa in senso moralistico, non è una sorta di autoflagellazione, piuttosto consiste nel ripulire le lenti appannate, purificare il cuore e lo sguardo poiché «
tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano» (Il Piccolo Principe) e insieme all’“innocenza primordiale” hanno perso quel senso di meraviglia, di stupore, che facilita l’accesso alla bellezza. Questa infatti non è un “di più”, un’aggiunta decorativa appiccicata al reale; ma è il reale stesso nel suo mostrarsi infinito. L’ammirazione, lo stupore, non è un semplice sentimento soggettivo, ma è quello sguardo più profondo e più vero sul reale. L’adulto che si sorprende ad “ammirare” come un bambino è in grado di «uscire dalla quotidianità, dal mondo dell’utile, dell’utilitarismo, uscire solo per essere realmente in cammino verso la trascendenza» (B.XVIa); non ha nostalgia della sua infanzia, bensì dello sguardo che aveva nella sua infanzia.

Non vede tanto cose nuove, quanto le stesse cose in modo nuovo, come avviene nelle fiabe: «
Le fiabe narrano in larga misura di cose semplici o fondamentali, non toccate dalla Fantasia, ma queste semplicità sono rese tanto più luminose dalla loro incastonatura. … È stato nelle fiabe che, per la prima volta ho scoperto la potenza delle parole e la meraviglia di cose come la pietra, il legno, il ferro, la casa e il fuoco, il pane e il vino» (JRRTa). Questa “magia” che svela l’insospettata bellezza delle cose più quotidiane, restituisce quella “purezza di cuore” che è garanzia, secondo la promessa del Signore, di “vedere Dio”, poiché chi è più simile al cuore di Dio fa meno fatica a vederne il volto, a scorgerne le tracce già in questo mondo. È la stessa purezza di cuore per cui lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton godeva del medesimo senso di meraviglia dei bambini, i quali vedono lontano perché hanno due caratteristiche: sono puri e fanno domande – e fanno la “domanda giusta”, come al Re Pescatore.

Lancillotto (e Ginevra) e Parsifal

Lancillotto invece, che da un pezzo ha perso la purezza di cuore, vorrebbe trovare il Santo Graal, lo cerca, ma ha scelto anche il ripiegamento in quella che Joseph Ratzinger definisce «la bellezza mendace, falsa, una bellezza abbagliante che non fa uscire gli uomini da sé per aprirli nell’estasi dell’innalzarsi verso l’alto, bensì li imprigiona totalmente in se stessi. E’ quella bellezza che non risveglia la nostalgia per l’indicibile, la disponibilità all’offerta, all’abbandono di sé, ma ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di piacere» (JR). Durante l’apparizione del Graal, Lancillotto resta addormentato: «Dev’essere un cavaliere che ha su di sé un grave peccato che non ha mai confessato; un cavaliere talmente colpevole che Nostro Signore non ha voluto che assistesse a questo prodigio» (CdG).

Alla fine giungerà ad una contemplazione imperfetta e lui stesso alla fine riconoscerà che avrebbe potuto vedere di più se non fosse stato per i suoi peccati: «
se non fosse stato per colpa dei miei peccati e della mia sventura avrei visto ancora di più; ma a causa della slealtà che Dio scoprì in me persi il potere degli occhi e del corpo» (CdG). Del resto già era stato ammonito da un santo eremita: «Lancillotto, se non sarete attento nell’astenervi dal commettere peccato mortale e non abbandonerete i pensieri terreni e le delizie del mondo, invano andrete in questa Cerca»e «Se il Santo Graal apparisse davanti a voi, non credo che lo potreste vedere più di quanto un cieco possa scorgere una spada piantata davanti ai suoi occhi» (CdG), perché solo chi cerca trova, solo chi fa le domande ottiene le relative risposte e Lancillotto, diviso tra il Graal e Ginevra, rischia di perdere di vista l’obiettivo. La vera bellezza invece sazia, come il Santo Graal di cui si nutre il Re Pescatore, come quell’ostia che «sostiene e conforta la sua vita, tanto essa è santa, ed egli stesso [il Re] è sì santo che nulla lo fa vivere se non l’ostia del Graal»(ChdT).

Benedetto XVI ha insistito molto sulla differenza – discernimento – tra la vera e la falsa bellezza: quest’ultima è a portata di mano, ma rinchiude in se stessi, non nutre, non sazia, non guarisce, anzi approfondisce le ferite; quella invece di rinchiuderci ci apre all’infinito, ci permette di percepire che «L’unica cosa che amiamo nella vita sono le presenze che l’attraversano come messaggere d’altri mondi» (NGD).

Se Lancillotto non è puro, Parsifal è indifferente: pur vedendo il Graal, non pone la domanda che potrebbe guarire il Re Pescatore; resta indifferente e anche la sua contemplazione è incompleta – è l’errore di chi non si pone la questione della bellezza, non tiene conto di questa “necessità” e non si sentirà mai realizzato, mentre chi cerca la bellezza ricomincia a vivere anche nelle situazioni peggiori, perché «La bellezza è il volto dell’amore che risplende nella desolazione» (Scruton). Possiamo avere tutto nella vita, ma se manca il desiderio della bellezza vuol dire che questa vita è vuota.

Galaad, fra’ Mario e Gaudì

Galaad è il vero cavaliere, il puro, l’unico mosso dal solo desiderio di vedere il Graal. Cerca il Regno di Dio e in sovrappiù vede tutte le meraviglie del Graal e guarisce il re pescatore. Ha cercato e ha trovato, tanto che nella visione del Graal lo stesso Nostro Signore dice: «da mortali siete diventati creature spirituali e mi avete cercato tanto che non posso più nascondermi ai vostri occhi» (CdG). La sua purezza gli ha permesso di giungere alla contemplazione perfetta del Graal, gli ha concesso la vista più acuta di tutti, proprio come i bambini – e i monaci! Anche questi ultimi cercano e «Il cercare dei monaci, sotto certi aspetti, porta in se stesso già un trovare» (B.XVId).

Senza scomodare i capolavori creati dalla civiltà monastica, che tuttora ammiriamo, pensiamo a un luogo familiare per alcuni di noi, come l’eremo di Minucciano. Anche solo visivamente è bello, è un angolo, uno squarcio di paradiso, in cui l’infinito si affaccia nel finito, e nella liturgia l’invisibile irrompe nel visibile. Sarebbe altrettanto bello senza le generazioni di eremiti succedutisi nei secoli in quel luogo, fino ai tre che ben conosciamo? Forse il segreto sta negli occhi di bambino che fanno capolino tra le barbe da centenari di fra’ Mario, fra’ Claudio e fra’ Lorenzo: occhi che conoscono e riconoscono la vera bellezza. Dietro le barbe di Gandalf guizzano occhi da elfo! Apparentemente hanno rifiutato il mondo, in realtà hanno rinunciato solo a ciò che gli avrebbe impedito di giungere alla contemplazione perfetta e saziarsi della vera bellezza, Cristo stesso, “il più bello tra i figli dell’uomo” (salmo 44). Hanno rinunciato a Lancillotto per diventare Galaad e contemplare le meraviglie del Graal.

Lo stesso vale per Gaudì, «architetto geniale e cristiano coerente, la cui fiaccola della fede arse fino al termine della sua vita, vissuta con dignità e austerità assoluta» e, pur non essendo un monaco, la sua “ascesi” gli ha permesso di «superare la scissione [...] tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza». Il risultato è il «miracolo architettonico” della Sagrada Familia, “uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa» (B. XVIb).

L’unica grande cosa da amare su questa terra

Come la Cerca del Graal è scandita dalle soste in eremi e monasteri dove i cavalieri si fermano ad assistere all’Ufficio Divino e alla Messa, così anche la ricerca di Gaudì attingeva ai tre libri della natura, della Scrittura e della Liturgia: «Così unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella Liturgia» (B.XVIb). Quest’ultima è la scuola privilegiata per imparare a riconoscere la bellezza, di cui è modello supremo; la Liturgia è bellezza “operante” che realmente nutre, sazia e guarisce, poiché in essa agisce il vero Santo Graal, il vero calice del Sangue di Nostro Signore che porta con Sé tutte le meraviglie del Paradiso. Per questo Tolkien ci propone «l’unica grande cosa da amare sulla terra: il Santissimo Sacramento. [...] Qui tu troverai avventura, gloria, onore, fedeltà e la vera strada per tutto il tuo amore su questa terra, e più di questo: la morte. Per il divino paradosso che solo il presagio della morte, che fa terminare la vita e pretende da tutti la resa, può conservare e donare realtà ed eterna durata alle relazioni su questa terra che tu cerchi (amore, fedeltà, gioia), e che ogni uomo nel suo cuore desidera» (JRRTb).


Abbreviazioni:

B.XVIa = Benedetto XVI, intervista concessa durante il volo papale il 6 novembre 2010

B.XVIb = Benedetto XVI, Dedicazione della chiesa della Sagrada Familia, 7 novembre 2010

B. XVIc = Benedetto XVI, Visita alla Cattedrale di Santiago di Compostela, 7 novembre 2010

B.XVId = Benedetto XVI, Incontro con il mondo della cultura al Collège des Bernardins, 12 settembre 2008

B.XVIe = Benedetto XVI, Santa Messa in occasione dell’anno compostelano, 6 novembre 2010

JR = Joseph Ratzinger, Il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza, Meeting Rimini 2002

JRRTa = Tolkien, Sulle Fiabe

JRRTb = Tolkien, La realtà in trasparenza

NGD = Nicolás Gómez Dávila, In margine ad un testo implicito

CdG = Anonimo, La cerca del Graal

ChdT = Chretien de Troyes, Perceval o La cerca del Graal