Benedetto XVI: i veri diritti della Famiglia e dei Figli a stare con un padre ed una madre

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Caterina63
00lunedì 8 febbraio 2010 16:57
UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, 08.02.2010

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti alla XIX Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che si svolge dal 8 al 10 febbraio corrente sul tema dei diritti dell’infanzia, nel XX anniversario della Convenzione Internazionale sulle misure a tutela del bambino, adottata dalle Nazioni Unite il 20 novembre 1989.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle
!

All’inizio della XIX Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, sono lieto accogliervi con il mio cordiale benvenuto! Tale momento istituzionale vede quest’anno il vostro Dicastero particolarmente rinnovato non soltanto nel Cardinale Presidente e nel Vescovo Segretario, ma anche in alcuni Cardinali e Vescovi del Comitato di Presidenza, in taluni Officiali e coniugi Membri, come pure in numerosi Consultori. Mentre ringrazio di cuore quanti hanno concluso il proprio servizio al Pontificio Consiglio e coloro che tuttora vi prestano la loro preziosa opera, invoco su tutti copiosi doni dal Signore.
Il mio grato pensiero va, in particolare, al defunto Cardinale Alfonso López Trujillo, che per ben 18 anni ha guidato il vostro Dicastero con appassionata dedizione alla causa della famiglia e della vita nel mondo di oggi. Desidero, infine, manifestare al Cardinale Ennio Antonelli le espressioni della mia viva gratitudine per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi, e per aver voluto illustrare i temi di questa importante Assemblea.

La presente attività del Dicastero si colloca tra il VI Incontro Mondiale delle Famiglie, celebratosi a Città del Messico nel 2009, e il VII, in programma a Milano nel 2012. Mentre rinnovo la mia riconoscenza al Cardinale Norberto Rivera Carrera per il generoso impegno profuso dalla sua Arcidiocesi per la preparazione e la realizzazione dell’Incontro del 2009, esprimo fin d’ora la mia affettuosa gratitudine alla Chiesa Ambrosiana e al suo Pastore, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, per la disponibilità a ospitare il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Oltre alla cura di tali eventi straordinari, il Pontificio Consiglio sta portando avanti varie iniziative per far crescere la consapevolezza del fondamentale valore della famiglia per la vita della Chiesa e della società. Tra queste si collocano il progetto "La famiglia soggetto di evangelizzazione", con cui si vuole predisporre una raccolta, a livello mondiale, di valide esperienze nei diversi ambiti della pastorale familiare, perché servano di ispirazione ed incoraggiamento per nuove iniziative; e il progetto "La famiglia risorsa per la società", con cui si intende porre in evidenza presso l’opinione pubblica i benefici che la famiglia reca alla società, alla sua coesione ed al suo sviluppo.

Un altro importante impegno del Dicastero è l’elaborazione di un Vademecum per la preparazione al Matrimonio.

Il mio amato Predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica
Familiaris consortio affermava che tale preparazione è "più che mai necessaria ai giorni nostri" e "comporta tre principali momenti: uno remoto, uno prossimo e uno immediato" (n. 66).
Riferendosi a tali indicazioni, il Dicastero si propone di delineare convenientemente la fisionomia delle tre tappe dell’itinerario per la formazione e la risposta alla vocazione coniugale. La preparazione remota riguarda i bambini, gli adolescenti e i giovani. Essa coinvolge la famiglia, la parrocchia e la scuola, luoghi nei quali si viene educati a comprendere la vita come vocazione all’amore, che si specifica, poi, nelle modalità del matrimonio e della verginità per il Regno dei Cieli.

In questa tappa, inoltre, dovrà progressivamente emergere il significato della sessualità come capacità di relazione e positiva energia da integrare nell’amore autentico. La preparazione prossima riguarda i fidanzati e dovrebbe configurarsi come un itinerario di fede e di vita cristiana, che conduca ad una conoscenza approfondita del mistero di Cristo e della Chiesa, dei significati di grazia e di responsabilità del matrimonio (cfr ibid.). La durata e le modalità di attuazione saranno necessariamente diverse secondo le situazioni, le possibilità e i bisogni.

Ma è auspicabile che si offra un percorso di catechesi e di esperienze vissute nella comunità cristiana, che preveda gli interventi del sacerdote e di vari esperti, come pure la presenza di animatori, l’accompagnamento di qualche coppia esemplare di sposi cristiani, il dialogo di coppia e di gruppo e un clima di amicizia e di preghiera.
Occorre, inoltre, porre particolare cura perché in tale occasione i fidanzati ravvivino il proprio rapporto personale con il Signore Gesù, specialmente ascoltando la Parola di Dio, accostandosi ai Sacramenti e soprattutto partecipando all’Eucaristia.

Solo ponendo Cristo al centro dell’esistenza personale e di coppia è possibile vivere l’amore autentico e donarlo agli altri: "Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" ci ricorda Gesù (Gv 15,5). La preparazione immediata ha luogo in prossimità del matrimonio.

Oltre all’esame dei fidanzati, previsto dal Diritto Canonico, essa potrebbe comprendere una catechesi sul Rito del matrimonio e sul suo significato, il ritiro spirituale e la cura affinché la celebrazione del matrimonio sia percepita dai fedeli e particolarmente da quanti vi si preparano, come un dono per tutta la Chiesa, un dono che contribuisce alla sua crescita spirituale. E’ bene, inoltre, che i Vescovi promuovano lo scambio delle esperienze più significative, offrano stimoli per un serio impegno pastorale in questo importante settore e mostrino particolare attenzione perché la vocazione dei coniugi diventi una ricchezza per l’intera comunità cristiana e, specialmente nel contesto attuale, una testimonianza missionaria e profetica.
La vostra Assemblea Plenaria ha per tema: "I diritti dell’Infanzia", scelto con riferimento al XX anniversario della Convenzione approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU, nel 1989.

La Chiesa, lungo i secoli, sull’esempio di Cristo, ha promosso la tutela della dignità e dei diritti dei minori e, in molti modi, si è presa cura di essi. Purtroppo, in diversi casi, alcuni dei suoi membri, agendo in contrasto con questo impegno, hanno violato tali diritti: un comportamento che la Chiesa non manca e non mancherà di deplorare e di condannare.

La tenerezza e l’insegnamento di Gesù, che considerò i bambini un modello da imitare per entrare nel regno di Dio (cfr Mt 18,1-6; 19,13-14), hanno sempre costituito un appello pressante a nutrire nei loro confronti profondo rispetto e premura. Le dure parole di Gesù contro chi scandalizza uno di questi piccoli (cfr Mc 9,42) impegnano tutti a non abbassare mai il livello di tale rispetto e amore. Perciò anche la
Convenzione sui diritti dell’infanzia è stata accolta con favore dalla Santa Sede, in quanto contiene enunciati positivi circa l’adozione, le cure sanitarie, l’educazione, la tutela dei disabili e la protezione dei piccoli contro la violenza, l’abbandono e lo sfruttamento sessuale e lavorativo.

La Convenzione, nel preambolo, indica la famiglia "quale ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli". Ebbene, è proprio la famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, l’aiuto più grande che si possa offrire ai bambini. Essi vogliono essere amati da una madre e da un padre che si amano, ed hanno bisogno di abitare, crescere e vivere insieme con ambedue i genitori, perché le figure materna e paterna sono complementari nell’educazione dei figli e nella costruzione della loro personalità e della loro identità.

E’ importante, quindi, che si faccia tutto il possibile per farli crescere in una famiglia unita e stabile. A tal fine, occorre esortare i coniugi a non perdere mai di vista le ragioni profonde e la sacramentalità del loro patto coniugale e a rinsaldarlo con l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, il dialogo costante, l’accoglienza reciproca ed il perdono vicendevole.

Un ambiente familiare non sereno, la divisione della coppia dei genitori, e, in particolare, la separazione con il divorzio non sono senza conseguenze per i bambini, mentre sostenere la famiglia e promuovere il suo vero bene, i suoi diritti, la sua unità e stabilità è il modo migliore per tutelare i diritti e le autentiche esigenze dei minori.

Venerati e cari Fratelli, grazie per la vostra visita! Sono spiritualmente vicino a voi e al lavoro che svolgete in favore delle famiglie ed imparto di cuore a ciascuno di voi e a quanti condividono questo prezioso servizio ecclesiale la Benedizione Apostolica.


     
Caterina63
00lunedì 8 febbraio 2010 17:13


 


Caterina63
00sabato 13 febbraio 2010 18:27
Il discorso del Papa ai partecipanti all'assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita

La vita soggetto di diritto e non oggetto di arbitrio



La legge morale naturale è fondamento della dignità della persona e garanzia da manipolazioni o arbitrii nei confronti della vita umana. Lo ha ribadito il Papa sabato mattina, 13 febbraio, parlando ai partecipanti all'assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita.

Cari Fratelli nell'Episcopato
e nel Sacerdozio,
Illustri Membri della Pontificia Academia Pro Vita
Gentili Signore e Signori!

Sono lieto di accogliervi e di salutarvi cordialmente in occasione dell'Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, chiamata a riflettere su temi attinenti al rapporto tra bioetica e legge morale naturale, che appaiono sempre più rilevanti nel contesto attuale per i costanti sviluppi in tale ambito scientifico. Rivolgo un particolare saluto a Mons. Rino Fisichella, Presidente di codesta Accademia, ringraziandolo per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi a nome dei presenti. Desidero, altresì, estendere il mio personale ringraziamento a ciascuno di voi per il prezioso e insostituibile impegno che svolgete a favore della vita, nei vari contesti di provenienza.
 
Le problematiche che ruotano intorno al tema della bioetica permettono di verificare quanto le questioni che vi sono sottese pongano in primo piano la questione antropologica. Come affermo nella mia ultima Lettera enciclica Caritas in veritate:  "Campo primario e cruciale della lotta culturale tra l'assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell'uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale:  se l'uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio.
 
Le scoperte scientifiche in questo campo e le possibilità di intervento tecnico sembrano talmente avanzate da imporre la scelta tra le due razionalità:  quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa nell'immanenza" (n. 74). Dinanzi a simili questioni, che toccano in modo così decisivo la vita umana nella sua perenne tensione tra immanenza e trascendenza, e che hanno grande rilevanza per la cultura delle future generazioni, è necessario porre in essere un progetto pedagogico integrale, che permetta di affrontare tali tematiche in una visione positiva, equilibrata e costruttiva, soprattutto nel rapporto tra la fede e la ragione.

Le questioni di bioetica mettono spesso in primo piano il richiamo alla dignità della persona, un principio fondamentale che la fede in Gesù Cristo Crocifisso e Risorto ha da sempre difeso, soprattutto quando viene disatteso nei confronti dei soggetti più semplici e indifesi:  Dio ama ciascun essere umano in modo unico e profondo. Anche la bioetica, come ogni disciplina, necessita di un richiamo capace di garantire una coerente lettura delle questioni etiche che, inevitabilmente, emergono dinanzi a possibili conflitti interpretativi.
 
In tale spazio si apre il richiamo normativo alla legge morale naturale. Il riconoscimento della dignità umana, infatti, in quanto diritto inalienabile trova il suo fondamento primo in quella legge non scritta da mano d'uomo, ma iscritta da Dio Creatore nel cuore dell'uomo, che ogni ordinamento giuridico è chiamato a riconoscere come inviolabile e ogni singola persona è tenuta a rispettare e promuovere (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1954-1960). Senza il principio fondativo della dignità umana sarebbe arduo trovare una fonte per i diritti della persona e impossibile giungere a un giudizio etico nei confronti delle conquiste della scienza che intervengono direttamente nella vita umana
.

È necessario, pertanto, ripetere con fermezza che non esiste una comprensione della dignità umana legata soltanto ad elementi esterni quali il progresso della scienza, la gradualità nella formazione della vita umana o il facile pietismo dinanzi a situazioni limite. Quando si invoca il rispetto per la dignità della persona è fondamentale che esso sia pieno, totale e senza vincoli, tranne quelli del riconoscere di trovarsi sempre dinanzi a una vita umana.

Certo, la vita umana conosce un proprio sviluppo e l'orizzonte di investigazione della scienza e della bioetica è aperto, ma occorre ribadire che quando si tratta di ambiti relativi all'essere umano, gli scienziati non possono mai pensare di avere tra le mani solo della materia inanimata e manipolabile. Infatti, fin dal primo istante, la vita dell'uomo è caratterizzata dall'essere vita umana e per questo portatrice sempre, dovunque e nonostante tutto, di dignità propria (cfr. Congr. per la Dottrina della fede, Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica, n. 5). Contrariamente, saremmo sempre alla presenza del pericolo di un uso strumentale della scienza, con l'inevitabile conseguenza di cadere facilmente nell'arbitrio, nella discriminazione e nell'interesse economico del più forte.

Coniugare bioetica e legge morale naturale permette di verificare al meglio il necessario e ineliminabile richiamo alla dignità che la vita umana possiede intrinsecamente dal suo primo istante fino alla sua fine naturale. Invece, nel contesto odierno, pur emergendo con sempre maggior insistenza il giusto richiamo ai diritti che garantiscono la dignità della persona, si nota che non sempre tali diritti sono riconosciuti alla vita umana nel suo naturale sviluppo e negli stadi di maggior debolezza. Una simile contraddizione rende evidente l'impegno da assumere nei diversi ambiti della società e della cultura perché la vita umana sia riconosciuta sempre come soggetto inalienabile di diritto e mai come oggetto sottoposto all'arbitrio del più forte. La storia ha mostrato quanto possa essere pericoloso e deleterio uno Stato che proceda a legiferare su questioni che toccano la persona e la società, pretendendo di essere esso stesso fonte e principio dell'etica.

Senza principi universali che consentono di verificare un denominatore comune per l'intera umanità, il rischio di una deriva relativistica a livello legislativo non è affatto da sottovalutare (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1959). La legge morale naturale, forte del proprio carattere universale, permette di scongiurare tale pericolo e soprattutto offre al legislatore la garanzia per un autentico rispetto sia della persona, sia dell'intero ordine creaturale. Essa si pone come fonte catalizzatrice di consenso tra persone di culture e religioni diverse e permette di andare oltre le differenze, perché afferma l'esistenza di un ordine impresso nella natura dal Creatore e riconosciuto come istanza di vero giudizio etico razionale per perseguire il bene ed evitare il male. La legge morale naturale "appartiene al grande patrimonio della sapienza umana, che la Rivelazione, con la sua luce, ha contribuito a purificare e a sviluppare ulteriormente" (cfr. Giovanni Paolo ii, Discorso alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, 6 febbraio 2004).

Illustri Membri della Pontificia Accademia per la Vita, nel contesto attuale il vostro impegno appare sempre più delicato e difficile, ma la crescente sensibilità nei confronti della vita umana incoraggia a proseguire con sempre maggiore slancio e con coraggio in questo importante servizio alla vita e all'educazione ai valori evangelici delle future generazioni. Auguro a tutti voi di continuare lo studio e la ricerca, perché l'opera di promozione e di difesa della vita sia sempre più efficace e feconda. Vi accompagno con la Benedizione Apostolica, che volentieri estendo a quanti condividono con voi questo quotidiano impegno.


(©L'Osservatore Romano - 14 febbraio 2010)

Caterina63
00mercoledì 30 marzo 2011 13:50
Messaggio del Papa alle commissioni episcopali di famiglia e vita dell'America Latina e dei Caraibi riunite a Bogotá

Scuola di convivenza
e strumento di concordia


Scuola di convivenza e strumento di concordia Nell'incontro con Cristo le famiglie dell'America latina e dei Caraibi troveranno la forza per rispondere alle sfide poste dai rapidi cambiamenti culturali che caratterizzano questo tempo, dalla povertà, dall'instabilità sociale e da tutti quei programmi educativi che banalizzano la sessualità. Lo scrive il Papa nel messaggio indirizzato al cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, in occasione dell'incontro dei vescovi responsabili delle commissioni episcopali per la pastorale di famiglia e vita dell'America latina e dei Caraibi, in corso a Bogotá.

Di seguito una nostra traduzione italiana del messaggio del Papa all'incontro di Bogotá.

Al venerato fratello
Cardinale ENNIO ANTONELLI
Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia

Sono lieto di salutare cordialmente lei, Eminenza, e gli altri cardinali, vescovi e sacerdoti che partecipano all'incontro dei responsabili delle Commissioni Episcopali di Famiglia e Vita dell'America Latina e dei Caraibi, che si svolge a Bogotá.

Come ho ribadito nella V conferenza generale dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi, la famiglia è il valore più caro ai popoli di quelle nobili terre. Per questo motivo, la pastorale familiare ha un posto rilevante nell'azione evangelizzatrice di ognuna delle diverse Chiese particolari, promuovendo la cultura della vita e lavorando affinché i diritti delle famiglie siano riconosciuti e rispettati.

Si constata però con dolore come i focolari domestici stiano subendo sempre più situazioni avverse provocate dai rapidi cambiamenti culturali, dall'instabilità sociale, dai flussi migratori, dalla povertà, dai programmi di educazione che banalizzano la sessualità e da false ideologie. Non possiamo restare indifferenti di fronte a queste sfide. Nel Vangelo troviamo la luce necessaria per rispondere ad esse senza perderci d'animo.

Cristo con la sua grazia ci spinge a lavorare con diligenza ed entusiasmo per accompagnare ognuno dei membri delle famiglie nella scoperta del progetto di amore che Dio ha per la persona umana. Nessuno sforzo sarà pertanto inutile nel promuovere tutto ciò che può contribuire a far sì che ogni famiglia, fondata sull'unione indissolubile fra un uomo e una donna, porti a termine la sua missione di essere cellula viva della società, vivaio di virtù, scuola di convivenza costruttiva e pacifica, strumento di concordia e ambito privilegiato in cui, in modo gioioso e responsabile, la vita umana viene accolta e protetta, dal suo inizio fino al suo termine naturale. Vale anche la pena continuare ad incoraggiare i genitori nel loro diritto e obbligo fondamentale di educare le nuove generazioni nella fede e nei valori che nobilitano l'esistenza umana. Non dubito che la missione continentale promossa ad Aparecida, e che tante speranze sta risvegliando ovunque, serva per ravvivare negli amati Paesi latinoamericani e dei Caraibi la pastorale matrimoniale e familiare. La Chiesa può contare sulle famiglie cristiane, chiamandole a essere un vero soggetto di evangelizzazione e di apostolato e invitandole a prendere coscienza della loro preziosa missione nel mondo.

Incoraggio quindi tutti i partecipanti a questa significativa riunione a sviluppare nelle loro riflessioni le grandi linee pastorali tracciate dagli episcopati riuniti ad Aparecida, permettendo in tal modo alla famiglia di vivere un profondo incontro con Cristo attraverso l'ascolto della sua Parola, la preghiera, la vita sacramentale e l'esercizio della carità. In tal modo, la si aiuterà a mettere in pratica una salda spiritualità che favorisca in tutti i suoi membri una decisa aspirazione alla santità, senza timore di mostrare la bellezza degli alti ideali e le esigenze etiche e morali della vita in Cristo. Per promuovere ciò, è necessario incrementare la formazione di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, si dedicano all'evangelizzazione delle famiglie. Allo stesso modo, è importante intraprendere percorsi di collaborazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per continuare a tutelare intensamente la vita umana, il matrimonio e la famiglia in tutta la regione.

Concludo esprimendo il mio affetto e la mia solidarietà a tutte le famiglie dell'America Latina e dei Caraibi, in particolare a quelle che si trovano in situazioni difficili. Mentre affido alla potente protezione della Santissima Vergine Maria i frutti di questa lodevole iniziativa, imparto loro di cuore l'implorata Benedizione Apostolica, che estendo con piacere a quanti sono impegnati nell'evangelizzazione e nella promozione del bene delle famiglie.

Dal Vaticano, 28 marzo 2011



(©L'Osservatore Romano 30 marzo 2011)
Caterina63
00sabato 15 ottobre 2011 19:09

Il Papa: E' primariamente nella famiglia che si apprende come il giusto atteggiamento da vivere nell'ambito della società, anche nel mondo del lavoro, dell'economia, dell'impresa, deve essere guidato dalla caritas, nella logica della gratuità, della solidarietà e della responsabilità gli uni per gli altri

IL PAPA E LA CRISI ECONOMICA: LO SPECIALE DEL BLOG

Vedi anche:

Il Papa invita a riscoprire il valore della "gratuità" e della "solidarietà" nell'attuale frangente di crisi del lavoro e dell'economia (TMNews)

Il Papa alla Fondazione “Centesimus Annus”: in questo tempo di crisi, dare un volto umano all’economia

Il Papa: "L'economia salvaguardi la famiglia" (Repubblica)


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle
,

sono molto lieto di accogliervi in occasione dell'annuale Convegno della Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice, che vi ha visti riuniti per due giorni di studio sul tema del rapporto tra famiglia e impresa. Ringrazio il Presidente, Dott. Domingo Sugranyes Bickel, per le cortesi parole che mi ha indirizzato, e saluto cordialmente voi tutti. Ricorre quest'anno -- come è stato ricordato -- il 20° anniversario dell'Enciclica Centesimus annus, del Beato Giovanni Paolo II, pubblicata a 100 anni dalla Rerum Novarum, ma anche il 30° dell'Esortazione apostolica Familiaris consortio. Tale duplice ricorrenza rende ancora più attuale e opportuno il vostro tema. In questi 120 anni di sviluppo della dottrina sociale della Chiesa sono avvenuti nel mondo grandi mutamenti, che non erano neppure immaginabili all'epoca della storica Enciclica del Papa Leone XIII. Tuttavia, al mutare delle condizioni esterne non è cambiato il patrimonio interno del Magistero sociale, che promuove sempre la persona umana e la famiglia, nel loro contesto di vita, anche dell'impresa.

Il Concilio Vaticano II ha parlato della famiglia in termini di Chiesa domestica, di «santuario intoccabile» dove la persona matura negli affetti, nella solidarietà, nella spiritualità. Anche l'economia con le sue leggi deve sempre considerare l'interesse e la salvaguardia di tale cellula primaria della società; la stessa parola «economia» nella sua origine etimologica contiene un richiamo all'importanza della famiglia: oikia e nomos, la legge della casa.

Nell'Esortazione apostolica Familiaris consortio il Beato Giovanni Paolo II ha indicato per l'istituzione familiare quattro compiti che vorrei richiamare brevemente: la formazione di una comunità di persone; il servizio alla vita; la partecipazione sociale e la partecipazione ecclesiale. Sono tutte funzioni alla cui base c'è l'amore, ed è a questo che educa e forma la famiglia. «L'amore -- afferma il venerato Pontefice -- tra l'uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata ed allargata, l'amore tra i membri della stessa famiglia -- tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari -- è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e familiare» (n. 18). Allo stesso modo, l'amore è alla base del servizio alla vita, fondato sulla cooperazione che la famiglia dona alla continuità della creazione, alla procreazione dell'uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio.

Ed è primariamente nella famiglia che si apprende come il giusto atteggiamento da vivere nell'ambito della società, anche nel mondo del lavoro, dell'economia, dell'impresa, deve essere guidato dalla caritas, nella logica della gratuità, della solidarietà e della responsabilità gli uni per gli altri. «Le relazioni tra i membri della comunità familiare -- scrive ancora il Beato Giovanni Paolo II -- sono ispirate e guidate dalla legge della gratuità che, rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda» (n. 43). In questa prospettiva la famiglia, da mero oggetto, diventa soggetto attivo e capace di ricordare il «volto umano» che deve avere il mondo dell'economia. Se questo vale per la società in genere, assume rilievo ancora maggiore nella comunità ecclesiale. Anche nell'evangelizzazione, infatti, la famiglia ha un posto di rilievo, come ricordavo recentemente ad Ancona: essa non è semplicemente destinataria dell'azione pastorale, ma ne è protagonista, chiamata a prendere parte all'evangelizzazione in modo proprio e originale, mettendo al servizio della Chiesa stessa e della società il proprio essere e il proprio agire, come intima comunità di vita e di amore (cfr. Esort. ap. Familiaris consortio, n. 50). Famiglia e lavoro sono luoghi privilegiati per la realizzazione della vocazione dell'uomo, che collabora all'opera creatrice di Dio nell'oggi.

Come avete rilevato nei vostri lavori, nella difficile situazione che stiamo vivendo, assistiamo, purtroppo, ad una crisi del lavoro e dell'economia che si accompagna ad una crisi della famiglia: i conflitti di coppia, quelli generazionali, quelli tra tempi della famiglia e per il lavoro, la crisi occupazionale, creano una complessa situazione di disagio che influenza lo stesso vivere sociale. Occorre perciò una nuova sintesi armonica tra famiglia e lavoro, a cui la dottrina sociale della Chiesa può offrire il suo prezioso contributo. Nell'Enciclica Caritas in veritate ho voluto sottolineare come il modello familiare della logica dell'amore, della gratuità e del dono va esteso ad una dimensione universale. La giustizia commutativa -- «dare per avere» -- e quella distributiva -- «dare per dovere» -- non sono sufficienti nel vivere sociale. Perché vi sia vera giustizia è necessario aggiungere la gratuità e la solidarietà. «La solidarietà è anzitutto sentirsi tutti responsabili di tutti, quindi non può essere delegata solo allo Stato.
Mentre ieri si poteva ritenere che prima bisognasse perseguire la giustizia e che la gratuità intervenisse dopo come un complemento, oggi bisogna dire che senza la gratuità non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia... Carità nella verità, in questo caso, significa che bisogna dare forma e organizzazione a quelle iniziative economiche che, pur senza negare il profitto, intendono andare oltre la logica dello scambio degli equivalenti e del profitto fine a se stesso» (n. 38). «Il mercato della gratuità non esiste e non si possono disporre per legge atteggiamenti gratuiti. Eppure sia il mercato sia la politica hanno bisogno di persone aperte al dono reciproco» (n. 39).

Non è compito della Chiesa definire le vie per affrontare la crisi in atto. Tuttavia i cristiani hanno il dovere di denunciare i mali, di testimoniare e tenere vivi i valori su cui si fonda la dignità della persona, e di promuovere quelle forme di solidarietà che favoriscono il bene comune, affinché l'umanità diventi sempre più famiglia di Dio
.

Cari amici, auspico che le riflessioni emerse nel vostro Convegno vi aiutino ad assumere sempre più attivamente il vostro ruolo nella diffusione e nell'applicazione della dottrina sociale della Chiesa, senza dimenticare che «lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l'amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l'autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato» (n. 79). Con questo augurio, mentre vi affido all'intercessione della Vergine Maria, imparto di cuore a tutti voi e ai vostri cari una particolare Benedizione Apostolica.



Benedict XVI



Caterina63
00venerdì 25 maggio 2012 00:22

Care mamme, per salvare i figli servono i papà È la donna che legittima la figura paterna. Ma se questa sparisce, i ragazzi crescono insicuri e arrendevoli. Perché non conoscono più l’essere “maschi”
dal blog ilsegnodeitempi

di Stefano Zecchi

Tratto da Il Giornale dell’8 maggio 2012

La paternità, oggi, è qualcosa di diverso rispetto a pochi decenni fa: un dato di fatto, in una società ormai «mammocentrica», dove cioè le mamme sembrano farla da padrone. E il padre che cosa fa, che rapporto ha o dovrebbe avere col figlio? Lo racconta, attarverso riflessioni e soprattutto attraverso la sua esperienza personale, Stefano Zecchi nel suo nuovo libro, «Dopo l’infinito cosa c’è, papà?», in uscita per Mondadori. Lui, che è diventato padre a 59 anni, e che per il figlio è disposto a rinunciare a qualunque impegno. Pubblichiamo una parte del primo capitolo del libro.

La madre possiede un potere smisurato: quello di legittimare o erodere, fino a farla sparire, l’immagine del padre. È lei che gli assegna la funzione paterna. Se questo non accade, se la moglie non riconosce uno spazio d’azione al marito, una dimensione assolutamente sua che lei non possa invadere, provoca – da irresponsabile – l’assenza del ruolo paterno e commette un’ingiustizia verso il marito che mina alla base la stessa struttura famigliare e con essa il sistema educativo.

Le madri di oggi hanno generalmente un proprio lavoro, una professione che dà loro molta autonomia, che comporta responsabilità, obblighi decisionali, scelte impegnative (…). Proprio per questo tipo di vita (…) la madre tende a surrogare le funzioni paterne. Senza volerlo – nel migliore dei casi – finisce per assumere anche in famiglia quelle responsabilità, quei ruoli decisionali che dovrebbero essere del padre (…).

Le conseguenze, più generali, sono sotto gli occhi di tutti. Senza un suo ruolo specifico, sollevato dai propri compiti, il padre ha un alibi perfetto (fornitogli dalla moglie) per disinteressarsi della famiglia e dell’educazione del figlio. «Chi me lo fa fare?» pensa, e dice: «Vuol fare tutto lei! Perché devo mettermi a discutere, contrattare, litigare… Cresca lei i figli come vuole!». Chiude la porta e arrivederci, ovviamente con la disapprovazione della moglie che non gli risparmia critiche tutte le volte che lo vede, mentre proprio lei dovrebbe farsi un vero esame di coscienza che potrebbe rimettere a posto la relazione.

Ma c’è anche il padre che reagisce diversamente. Affettuoso nonostante tutto, desidera essere vicino al figlio e alla moglie (…). E finisce per fare il «mammo», cioè il collaboratore domestico della mamma. Per un po’ è felice, si trova ad affrontare funzioni nuove, compiti prima di allora sconosciuti: la madre è contenta, il figlio gli sorride, lui si commuove. Con il passare del tempo si accorge però che quel ruolo è umiliante, che l’ape regina lo costringe a fare il fuco. Il ruolo di mammo è una rinuncia alla sua virilità, a quella virilità che dovrebbe essere alla base della sua educazione del figlio. Ecco il povero papà-mammo immalinconirsi. Non può reagire: e come farebbe? Non vuole sbattere la porta e andarsene, ma vorrebbe fare il papà, non il mammo! Non sa più che pesci prendere.

È inutile andare a spiare il mammo a casa sua (…) C’è però un luogo pubblico in cui si riconosce immediatamente il mammo: il supermercato. È impossibile non identificarlo:lo vedete un po’ curvo spingere faticosamente il carrello della spesa come il condannato ai lavori forzati spinge la carriola piena di pietre che ha appena finito di spaccare con le sue nude mani. Davanti a lui la mogliemadre impettita, sicura di sé, incede con passo ardimentoso, afferrando dallo scaffale di destra il pacco di pannolini, da quello di sinistra la confezione di omogeneizzati. Li getta nel carrello senza neppure voltarsi per vedere dove vanno a finire, perché tanto sa che il marito è esattamente un passo dietro a lei. Il mammo procede spingendo il carrello pesante, con lo sguardo vago, assente.
Voi credete che stia sognando spiagge caraibiche, palmeti, mari cristallini, ragazze in costume adamitico… No. Lui sta sognando l’ufficio. Quello è il suo regno! I colleghi, i dipendenti, il principale, discussioni, liti, decisioni, in cui la moglie non può ficcare il naso. Quello è il suo vero mondo, dove si sente realizzato, lo spazio dove ha un proprio ruolo: non la famiglia, in cui si sente un disperso e non sa cosa fare, in preda ai dubbi sulla propria identità. Anche come mammo (…) non è niente. Svirilizzato. Se la percentuale maggiore di padri si suddivide in fuggiaschi, cioè quelli che se la danno a gambe perché tanto con i figli è la madre a voler fare tutto, e mammi, è chiara la ragione per cui oggi si vive in una società mammizzata, dove crescono adolescenti insicuri, impauriti, che si arrendono di fronte a modeste difficoltà e crollano al primo insuccesso perché non hanno avuto quell’esperienza della realtà e quell’apertura al mondo che si riceve attraverso l’educazione paterna (…).

La madre, oggi, deve saper fare un passo indietro: sia lei a spingere il carrello della spesa e lasci (suggerisca, invogli) il marito a giocare con il figlio, perché gli trasmetta la sua maschilità e quella rappresentazione della vita che gli consentirà la formazione di un’identità precisa.

Poi, nell’adolescenza, il figlio avrà tempo di mettere in discussione il quadro educativo, «la legge del padre», ma se, durante la propria esperienza di formazione, ha avuto a che fare solo con la figura materna o un suo simulacro, quello del mammo, non avrà né consapevolezza della propria identità, né punti di riferimento reali con cui confrontarsi. Solo interiorità, solo la carezza della mamma che, completamente diversa da quella del padre, lo tiene lontano dalla vita vera. Alla prima difficoltà, questi giovani mammizzati si perdono, credono che tutto sia vano, diventano indifferenti. E l’indifferenza può esplodere nel nichilismo più violento contro gli altri e contro se stessi.

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