Benedetto XVI visita la nuova sede della Specola Vaticana

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Caterina63
00giovedì 17 settembre 2009 10:03
Benedetto XVI visita la nuova sede della Specola Vaticana

Astronomi del Papa, con la testa tra le nuvole alla ricerca di Dio


di Francesco M. Valiante
 

Al confine tra fede e scienza, tra Chiesa e mondo. La Specola Vaticana cambia casa e per gli astronomi del Papa il trasloco è questione di appena un pugno di chilometri:  giusto quelli che separano il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, concesso loro da Pio xi nel 1935, dalla nuova sede del monastero delle basiliane, situato nel punto in cui l'estremo lembo meridionale delle Ville Pontificie lascia il posto al territorio di Albano. Ma per il gesuita argentino José Gabriel Funes, direttore dell'Osservatorio dal 2006, c'è anche qualcosa di più. "In questa collocazione - spiega al nostro giornale - mi sembra di poter leggere quasi una metafora della missione della Specola:  dentro la Chiesa, vicini al Papa, ma sulla frontiera con il mondo, aperti al dialogo con tutti, con chi crede e con chi non crede". 

Benedetto XVI visita mercoledì sera la vostra nuova sede. Che significato ha questo gesto?

Direi che è anzitutto un segno della considerazione che la Chiesa e lo stesso Pontefice hanno nei confronti della Specola. Ed è una nuova tappa nel cammino della nostra lunga storia:  consideri che dal 1891, anno in cui Leone xiii ha rifondato l'Osservatorio, questa è la quarta sede che cambiamo. Senza contare che dal 1981 la Specola ha anche un secondo centro di ricerca a Tucson, in Arizona.

Com'è strutturata la nuova sede?

Nei locali del monastero delle basiliane, che sorge nella storica piazza Pia di Albano, sono stati trasferiti anzitutto gli uffici e la biblioteca. Nell'edificio c'è anche la sala conferenze, la zona scuola e la residenza della comunità dei gesuiti. Abbiamo poi una foresteria per gli ospiti, destinata ad accogliere studiosi e ricercatori. Nella nuova sede sono stati portati inoltre la collezione di meteoriti e alcuni oggetti preziosi, come antichi telescopi e astrolabi.

Resta ancora qualcosa nel Palazzo Pontificio?

Restano anzitutto i due telescopi più grandi sotto le cupole della terrazza - quello visuale Carl Zeiss e il doppio astrografo - che saranno utilizzati ancora per scopi didattici. E poi nelle Ville Pontificie rimangono altri due strumenti di osservazione di grande valore storico:  il telescopio Schmidt, che veniva usato per la ricerca prima della fondazione del centro in Arizona, e il telescopio detto Carte du ciel. Soprattutto quest'ultimo riveste un significato particolare, perché si tratta di uno dei primi grandi progetti astronomici realizzato a livello internazionale, a cui la Specola ha partecipato come partner. In attesa di restaurarlo e di inserirlo in un futuro museo dell'astronomia - che speriamo di realizzare a Castel Gandolfo - il telescopio costituirà uno dei pezzi forti della mostra che si apre il prossimo 15 ottobre presso i Musei Vaticani.

Di che cosa si tratta?

In occasione dell'Anno internazionale dell'astronomia, proponiamo un percorso attraverso la storia dei telescopi e degli strumenti di osservazione, con oggetti di grande pregio che provengono per la maggior parte da osservatori italiani. Altri sono stati messi a disposizione dalla Specola, altri ancora dagli stessi Musei Vaticani, come le splendide tavole dipinte da Donato Creti (1671-1749) raffiguranti le osservazioni astronomiche. La mostra - che si concluderà il 16 gennaio prossimo - è organizzata in collaborazione con l'Istituto nazionale di astrofisica.

Ci sono altre iniziative in programma per i prossimi mesi?

Ce ne saranno diverse. Ricordo solo quella più vicina:  dal 6 all'11 novembre, insieme con la Pontificia Accademia delle Scienze, abbiamo organizzato nella Casina Pio iv un convegno sull'astrobiologia. Sarà un incontro per specialisti, dedicato al tema della ricerca della vita nell'universo.

Un tema a lei particolarmente congeniale, a giudicare dall'eco che lo scorso anno hanno avuto le sue affermazioni sulla possibilità di credere in Dio e nell'esistenza di altri esseri nell'universo. Non ha cambiato idea in questi mesi?

Certamente no. Anzi, le dirò di più:  ho scoperto che cose non diverse da quelle che ho detto le sosteneva già due secoli fa padre Angelo Secchi (1818-1878), astronomo gesuita direttore dell'Osservatorio del Collegio Romano, primo scienziato a classificare le stelle in base ai loro spettri.

Questo vuol dire che non è lontano il momento in cui l'uomo potrà incontrare altre creature extraterrestri?

Andiamoci piano. Anche se non si può escludere a priori questa possibilità, ritengo che sia molto difficile pensare di poter stabilire un contatto del genere. C'è l'ostacolo quasi insormontabile delle distanze nell'universo. Ma a escluderlo è anche l'evoluzione dello sviluppo scientifico:  basti considerare che con l'attuale tecnologia già facciamo fatica ad andare oltre il sistema solare.

Comunque nessun pentimento o scomuniche?

Finora non ho ricevuto convocazioni dalla Congregazione per la Dottrina della Fede o dalle autorità accademiche. Scherzi a parte, come scienziato resto sempre pronto ad aggiornare le mie idee di fronte a ulteriori acquisizioni della ricerca. Per esempio, sul tema dell'estensione spaziale e temporale dell'universo. Che io giudico finito - ha 14 miliardi di anni - ma che altri invece ritengono infinito. Ci sono teorie interessanti in proposito - per esempio quella del cosiddetto multiverso - anche se finora restano meramente speculative:  il problema è come provarle.

Ma l'astronomia è più scienza empirica o filosofia di vita?

Direi che i confini tra l'astronomia e la filosofia o la teologia non sono sempre così netti. Lo vediamo, per esempio, nelle scuole estive che organizziamo per i giovani. Si capisce che gli studenti hanno dentro domande che vanno oltre l'interesse meramente scientifico. Nel giugno scorso abbiamo tenuto a Sassone un convegno con i nostri ex alunni e abbiamo dedicato un intero pomeriggio a discutere dell'astronomia come strumento di dialogo tra gli uomini. I giovani si aspettano sempre qualcosa di più del semplice dato empirico. 

E che cosa può offrire loro l'astronomia?

Tanto per cominciare, può aiutarli a comprendere che tutti gli uomini della terra sono sotto lo stesso cielo e guardano lo stesso cielo.

Questo è solo un punto di partenza. E poi?

Può educarli alla collaborazione. È evidente che oggi non si può fare ricerca senza collaborazione. Un Paese da solo non può costruire un grande telescopio:  è necessario lavorare con altre persone, anche di altra religione o cultura. Ecco come l'astronomia può porsi al servizio del dialogo.

Ma è possibile oggi una collaborazione tra Paesi segnati da enormi disparità sociali e culturali?

Questa è la sfida più grande che ci sta davanti. Dobbiamo trovare il modo di coinvolgere anche i Paesi più poveri. Il mio sogno è che si aiuti soprattutto l'Africa, attraverso progetti educativi e formativi. Uno dei problemi più gravi è proprio l'ignoranza, che incide anche nel rapporto con la religione, dando origine a estremismi e fondamentalismi.

Guardando continuamente il cielo l'astronomo non rischia di dimenticare che c'è anche un mondo a cui pensare?

Per questo io dico che bisogna avere gli occhi puntati verso l'alto ma i piedi per terra. Oggi ci sono urgenze drammatiche. Interi popoli non hanno neanche il necessario per sopravvivere:  e la nostra risposta non può essere, ovviamente, quella di costruire un telescopio. Però la ricerca scientifica richiede una cultura dello sforzo, del lavoro. E questo può essere utile soprattutto ai giovani.

Perché un giovane dovrebbe trovare interessante l'astronomia?

Io posso solo dirle che avevo appena sei anni quando il primo uomo è arrivato sulla luna. Da qui è nato il mio interesse per l'astronomia. Così a 14 anni ho deciso:  voglio fare l'astronomo. Sarebbe bello che tutti i ragazzi avessero questa possibilità. È importante motivarli verso questo tipo di interesse, anche perché i messaggi che ricevono oggi sono di tutt'altro genere.

Vale a dire?

Secondo una mentalità diffusa, per diventare uno scienziato bisogna essere per forza atei. Non è vero. Lo ha detto molto bene il Papa nella messa dell'Epifania, quando ha ricordato i "non pochi scienziati che - sulle orme di Galileo - non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi, le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità". Io ho scelto di fare l'astronomo perché credo che nell'universo è possibile trovare Dio. E continuo a farlo con la stessa convinzione.


(©L'Osservatore Romano - 17 settembre 2009)
Caterina63
00giovedì 17 settembre 2009 10:12
                       
(specola vaticana Castelgandolfo -Roma)


SPECOLA VATICANA

L’Osservatorio Astronomico, o Specola Vaticana, è un istituto di ricerca scientifica direttamente dipendente dalla Santa Sede; esso fa capo al Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

La Specola Vaticana può essere considerata uno degli Osservatori astronomici più antichi del mondo.

La sua origine infatti risale alla seconda metà del secolo XVI, quando Papa Gregorio XIII fece erigere in Vaticano nel 1578 la Torre dei Venti e vi invitò i Gesuiti astronomi e matematici del Collegio Romano a preparare la riforma del calendario promulgata poi nel 1582. Da allora, con sostanziale continuità, la Santa Sede non ha cessato di manifestare interesse e di dare il proprio appoggio alla ricerca astronomica. Questa antica tradizione raggiunse il suo apice nel secolo ventesimo con le ricerche compiute presso il Collegio Romano dal famoso astronomo gesuita P. Angelo Secchi, che per primo classificò le stelle in base ai loro spettri. Fu sulla base di questa lunga e ricca tradizione che Leone XIII, per contrastare le persistenti accuse fatte alla Chiesa di essere contraria al progresso scientifico, con il Motu proprio Ut mysticam del 14 marzo 1891 fondò l'Osservatorio sul colle Vaticano, dietro la Basilica di San Pietro.

Con direttore e personale forniti da diversi Ordini religiosi come Barnabiti, Oratoriani, Agostiniani, Gesuiti, la Specola operò in Vaticano per poco più di 40 anni, occupandosi principalmente dell'attuazione, insieme ad altri osservatori, del grande programma internazionale della Carta Fotografica del Cielo. Nel 1910, San Pio X dette alla Specola più ampi spazi, assegnandole il villino che Leone XIII aveva fatto costruire nei giardini vaticani e nominando direttore Padre G. Hagen, sj. Ma agli inizi degli anni trenta, l'aumento delle luci elettriche che aveva accompagnato la crescita urbana della Città Eterna aveva reso il cielo di Roma così luminoso da rendere impossibile agli astronomi lo studio delle stelle più deboli. Pio XI dispose allora che la Specola si trasferisse nella sua residenza estiva a Castelgandolfo, sui Colli Albani a circa 35 km a sud di Roma.

In questo ambiente così ricco di storia, intorno al 1935 fu rifondato e affidato ai Gesuiti un moderno Osservatorio dotato di tre nuovi telescopi e di un laboratorio astrofisico per analisi spettrochimiche. Tra i vari programmi di studio cui dette inizio il nuovo ente va ricordata in modo particolare un’importante ricerca sulle stelle variabili. Nel 1957 poi, con l'istallazione di un telescopio a grande campo di tipo Schmidt e l'aggiunta di un moderno centro di calcolo, si potè estendere la ricerca a nuovi campi come lo sviluppo di nuove tecniche per la classificazione delle stelle in base ai loro spettri: ricerca questa ancora in atto alla Specola.

A causa del dilatarsi continuo della città di Roma e dei suoi dintorni, il cielo di Castelgandolfo si fece così luminoso da costringere ancora una volta gli astronomi ad andare altrove per le loro osservazioni. Perciò nel 1981, per la prima volta nella sua storia, la Specola fondò un secondo centro di ricerca, il "Vatican Observatory Research Group" (VORG), a Tucson in Arizona. Gli astronomi del Vaticano hanno i loro uffici presso l'Osservatorio Steward dell'Università di Arizona e, sulla base di assoluta parità di esame delle loro proposte di osservazione, possono accedere a tutti i moderni telescopi situati nella zona.

Nel 1993 la Specola, in collaborazione con l'Osservatorio Steward, ha portato a termine la costruzione del Telescopio Vaticano a Tecnologia Avanzata (VATT), collocandolo sul Monte Graham (Arizona), il migliore sito astronomico del continente nordamericano. Il VATT è il primo telescopio ottico-infrarosso facente parte dell'Osservatorio Internazionale del Monte Graham: un progetto che sarà completato nei prossimi anni con la costruzione di telescopi tra i più grandi e sofisticati del mondo.

Lo specchio primario del VATT, del diametro di circa 2 metri, è il primo ad essere stato costruito con la nuova tecnica del forno rotante. Avendo a disposizione un proprio telescopio, gli astronomi della Specola potranno finalmente sviluppare a Tucson, come hanno potuto fare negli anni passati a Castelgandolfo, programmi continui di ricerca a lunga scadenza. Così dai suoi due centri, Castelgandolfo e Tucson, l'Osservatorio Vaticano continuerà i suoi studi che comprendono tra l'altro modelli cosmologici, classificazione spettrale di stelle peculiari, distribuzione di stelle ricche e povere in metalli, stelle binarie con scambi di materia, materiale presente nelle nubi oscure in cui si formano nuove stelle, polvere che avvolge stelle giovani, storia della scienza.

La Specola svolge questi programmi in collaborazione con molti istituti astronomici di altri Paesi, come Argentina, Brasile, Canada, Cile, Finlandia, Italia, Lituania, Sud Africa e Stati Uniti ed è membro della Unione Astronomica Internazionale (IAU) e del Centro Internazionale per l'Astrofisica Relativistica (ICRA). Nel 1987 la Specola Vaticana, in collaborazione con il Centro per la Teologia e le Scienze Naturali con sede a Berkeley, California, ha dato inizio a una serie di seminari di studio in campo interdisciplinare che interessa scienza, filosofia e teologia sul tema dell’azione divina in prospettiva scientifica.

 

A Castelgandolfo la Biblioteca, ricca di circa 22.000 volumi, possiede una preziosa collezione di libri antichi tra cui opere di Copernico, Galileo, Newton, Keplero, Brahe, Clavio, Secchi; accoglie anche una importante collezione di meteoriti, preziose per le informazioni che ci possono dare sui primordi del sistema solare. I risultati delle ricerche vengono pubblicati su riviste internazionali.
 
Il Rapporto Annuale viene inviato a circa 400 istituti sparsi nel mondo. Ogni due anni circa si organizzano incontri internazionali in cui vengono invitati una ventina di scienziati per trattare argomenti oggetti di studio dell'Osservatorio e i cui atti vengono poi pubblicati in apposito volume. Sempre a Castelgandolfo, nel 1986 è stata organizzata una scuola estiva di astronomia della durata di un mese per 25 studenti di varie parti del mondo, nella quale eminenti studiosi hanno svolto programmi su argomenti particolari. L'iniziativa, ripetuta nel 1988, ha ormai assunto una scadenza biennale.

A Castelgandolfo inoltre, per periodi più o meno lunghi, vengono ospitati degli scienziati che intendono collaborare alle ricerche dei nostri astronomi.

 

L'Osservatorio è finanziato annualmente dalla Santa Sede; tuttavia, per l'attuazione di programmi particolari come il VATT, l'Osservatorio conta sull'aiuto di amici e benefattori e a questo scopo si è fondata la Società "Vatican Observatory Foundation", esente da tasse nello Stato di Arizona.








                                  

(400 ANNI DALLA SCOPERTA DEL TELESCOPIO - Galileo Galilei)


si legga anche:
Chiarimenti sul caso Galileo Galilei




Caterina63
00giovedì 17 settembre 2009 17:38
Benedetto XVI alla nuova Sede della Specola Vaticana a Castelgandolfo

Pope Benedict XVI (2L) visits the new home of the Vatican Observatory at the Pontifical Villas in Castel Gandolfo on the outskirts of Rome on September 16, 2009.
Pope Benedict XVI visits the new home of the Vatican Observatory at the Pontifical Villas in Castelgandolfo near Rome September 16, 2009. Picture taken September 16, 2009.

Pope Benedict XVI (R) visits the new home of the Vatican Observatory at the Pontifical Villas in Castel Gandolfo on the outskirts of Rome on September 16, 2009.

Pope Benedict XVI visits the new home of the Vatican Observatory at the Pontifical Villas in Castelgandolfo near Rome September 16, 2009. Picture taken September 16, 2009.

un pezzo di meteorite

Pope Benedict XVI examines a Martian rock while visiting the new home of the Vatican Observatory at the Pontifical Villas in Castelgandolfo near Rome September 16, 2009. Picture taken September 16, 2009.


Caterina63
00venerdì 18 settembre 2009 00:43
La benedizione dei nuovi locali della Specola Vaticana

Marte nelle mani del Papa


di Gianluca Biccini

Non capita tutti i giorni di vedere il Papa che ha tra le mani una pietra quasi certamente proveniente da Marte, che osserva al microscopio un frammento di meteorite rinvenuto vicino alla "sua" Monaco di Baviera, che sfoglia antichi volumi di Copernico, Keplero e Newton.specola vaticana

È accaduto mercoledì pomeriggio, 16 settembre, a Castel Gandolfo, nel corso della visita di Benedetto XVI ai nuovi edifici della Specola Vaticana. Gli astronomi gesuiti hanno infatti lasciato in giugno il Palazzo Pontificio - che li ospitava con i loro strumenti dal 1935 - trasferendosi nell'antico monastero delle basiliane, situato sempre all'interno delle Ville Pontificie, ma all'estremo confine meridionale, dove si accede anche dal cancello che affaccia su piazza Pia, nel centro storico di Albano.
 
Nei locali ristrutturati il Papa ha trascorso quasi un'ora con la piccola comunità scientifica, in un clima molto familiare. Accompagnato dall'arcivescovo James Michael Harvey, prefetto della Casa pontificia, dai monsignori Georg Gänswein, suo segretario particolare, e Alfred Xuereb, della Segreteria particolare, e da Saverio Petrillo, direttore delle Ville Pontificie, Benedetto XVI è stato accolto dal cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato, da cui la Specola dipende, e dall'arcivescovo Carlo Maria Viganò, segretario generale; dai padri gesuiti Adolfo Nicolás Pachón, preposito generale, e José Gabriel Funes, direttore dell'Osservatorio dal 2006. All'ingresso, il Pontefice è stato salutato con un applauso dalla comunità e dal personale, quindi ha benedetto i locali e guidato un breve momento di preghiera, al termine del quale il cardinale Lajolo gli ha mostrato la targa marmorea a ricordo dell'avvenimento.

È seguita la visita agli uffici, alla sala conferenze, alla zona scuola, alla biblioteca e alla residenza dei gesuiti che lavorano all'Osservatorio. Tra antichi telescopi e astrolabi, Benedetto XVI si è soffermato davanti alla ricca collezione di meteoriti, dalle quali gli studiosi ricavano preziose informazioni sui primordi del sistema solare. L'astronomo statunitense Guy Consolmagno, fratello gesuita, ha prelevato dalla bacheca alcuni reperti a cominciare da quello di Nakhla - dal nome della località egiziana in cui è stato avvistato e rinvenuto nel 1911 - che sarebbe piovuto sulla terra dal "Pianeta rosso" milioni di anni fa. Il Pontefice ha preso in mano il piccolo minerale - avvolto in un fazzoletto bianco - e incuriosito ha fatto alcune domande sulla sua composizione, chiedendo anche com'è stato possibile accertare che sia di provenienza marziana. Poi ha toccato un grosso pezzo del "Canyon Diablo", l'enorme meteorite che circa decine di migliaia di anni fa colpì la terra in Arizona, nel punto dove ora si trova il cratere più famoso del mondo.

meteoriteInfine ha ammirato un piccolo frammento di terreno lunare.
 
Successivamente nella sala conferenze l'ingegner Cuscianna, direttore dei Servizi tecnici del Governatorato, ha illustrato al Papa i lavori eseguiti:  è stata prevista anche una foresteria destinata ai ricercatori esterni. Quindi nella biblioteca, il giovane padre David Brown, laureato a Oxford, gli ha mostrato antiche edizioni di opere che hanno fatto la storia dell'astrofisica e della cosmologia:  De revolutionibus orbium coelestium di Copernico; Epitome astronomiae di Keplero; Philosophiae naturalis  principia  mathematica  di Newton. Benedetto XVI li ha sfogliati con cura soffermandosi in particolare su Le stelle di padre Angelo Secchi - che per primo classificò gli astri in base ai loro spettri - il cui nome gli ha evocato ricordi sul suo ministero di giovane sacerdote a Monaco. E con il pensiero alla città è tornato quando subito dopo, al microscopio, ha potuto osservare un frammento di meteorite rinvenuto nel 1768 proprio nella terra bavarese che 82 anni fa ha dato i natali a Joseph Ratzinger. 

Infine, raggiunto in ascensore il piano superiore, il Papa si è inginocchiato in preghiera nella piccola cappella della comunità dei gesuiti, della quale è superiore padre Giuseppe Koch. Al termine Benedetto XVI ha firmato la pergamena che sarà collocata a fianco di quella con i nomi dei suoi predecessori. Tra questi spicca l'autografo di Pio xi, che per una singolare coincidenza porta la data di esattamente 75 anni prima:  il 16 settembre 1934.

Nel corso dell'incontro padre Funes ha anche parlato del libro The hevavens proclaim. Astronomy and Vatican edito quest'anno dalla Libreria Editrice Vaticana e ha fatto ripercorrere al Pontefice la storia di uno degli Osservatori astronomici più antichi del mondo, la cui origine risale alla seconda metà del sedicesimo secolo, quando Gregorio XIII fece erigere in Vaticano nel 1578 la Torre dei Venti, invitando i gesuiti astronomi e matematici del Collegio Romano a preparare la riforma del calendario che porta il suo nome, realizzato poi nel 1582. Sulla base di questa tradizione Leone xiii, per contrastare le accuse di oscurantismo rivolte alla Chiesa, con il motu proprio Ut mysticam del 14 marzo 1891 rifondò poi l'Osservatorio sul colle Vaticano, dietro la basilica di San Pietro.

Da allora, quella attuale è la quarta sede. Senza contare che dal 1981 la Specola ha anche un secondo centro di ricerca negli Stati Uniti a Tucson, ospite dell'università dell'Arizona, dove i gesuiti - in collaborazione con l'Osservatorio Steward - hanno portato a termine la costruzione del primo telescopio ottico-infrarosso, collocandolo sul Monte Graham, il migliore sito astronomico del continente nordamericano. Il Telescopio vaticano a tecnologia avanzata è un gioiello la cui realizzazione è stata possibile grazie alla Vatican Observatory Foundation, presieduta dal gesuita George Coyne,  già  direttore  della  Specola, anch'egli presente alla cerimonia inaugurale di mercoledì pomeriggio.


(©L'Osservatore Romano - 18 settembre 2009)

Caterina63
00giovedì 10 dicembre 2009 19:49
Presentato ai Musei il volume curato dal gesuita Guy Consolomagno
L'astronomia e il Vaticano


Svelato il mistero dell'alieno che da più parti si sussurrava fosse sbarcato in Vaticano. È il meteorite rinvenuto vicino a Monaco di Baviera e custodito presso la Specola Vaticana che si ritiene provenga dal pianeta Marte, peraltro già mostrato a Benedetto XVI quando visitò la Specola. Ne ha parlato il direttore padre José Gabriel Funes, presentando - giovedì mattina 10 dicembre, nei Musei Vaticani - il volume L'infinitamente grande. L'Astronomia e il Vaticano a cura di Guy Consolmagno (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana - De Agostini, 2009, pagine 232, euro 29,90). Il volume, ha spiegato il gesuita, si propone di spiegare con un linguaggio accessibile i più grandi concetti scientifici relativi all'astronomia.

Si pensa, ha detto Funes, che l'universo sia nato circa 14.000.000.000 di anni fa e che contenga più o meno 100.000.000.000 di galassie, per cui tenendo conto della popolazione mondiale toccano almeno 15 galassie per ogni abitante della terra. Sono dati che il direttore di solito illustra ai 25 studenti che ogni anno partecipano alla Vatican Summer School of Astronomy per incoraggiarli allo studio. Per far comprendere la distanza temporale trascorsa tra il Big Bang e la fondazione della Specola il religioso ha preso come riferimento un ipotetico calendario cosmico, nel quale il Big Bang viene collocato al 1 gennaio, la nascita della terra al 3 settembre, "e - ha detto usando una metafora - l'inizio dell'attività della Specola a un secondo fa".

Anche il cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, ha ricordato come la Specola rappresenti la continuazione della tradizione del Collegio Romano e dei suoi astronomi e ha ribadito l'interesse della Santa Sede per l'astronomia. Ripercorrendo le iniziative promosse dallo Stato della Città del Vaticano in questo anno, il porporato ha detto che il volume "vuole essere in particolare una testimonianza del positivo ed aperto rapporto della Chiesa con la scienza astronomica".

Don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana, ha annunciato la firma dell'accordo con le edizioni Monte Carmelo di Burgos per la pubblicazione in Spagna del libro e con la Spolok per la Slovacchia. Si aggiungono a quella in inglese già uscita per Houer Sunday Visitor. Ulteriori trattative sono in corso per la pubblicazione in altre lingue. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, che ha moderato l'incontro, si è detto orgoglioso per la presenza dei Musei Vaticani nelle iniziative per l'anno dell'astronomia.

Il gesuita Sabino Maffeo ha ripercorso le tappe principali della storia della Specola, mentre il professor Ugo Amaldi dell'Università degli studi di Milano-Bicocca, ha illustrato a grandi linee gli studi in corso al Cern di Ginevra.


(©L'Osservatore Romano - 11 dicembre 2009)


Caterina63
00venerdì 28 maggio 2010 23:24
Nel 1910 la Specola Vaticana fotografò il passaggio di Halley

E padre Lais catturò la cometa


di Alessandro Omizzolo
Specola Vaticana

Le comete, uno dei fenomeni celesti più affascinanti, da sempre hanno suscitato, e suscitano, stupore e meraviglia; e, in certi momenti, anche paura.

Da molti, ad esempio, il passaggio della cometa di Halley nel 1910, esattamente cento anni fa, fu interpretato come un segno premonitore di tristi eventi che si sarebbero presto verificati, e lo scoppiare del primo conflitto mondiale pochi anni dopo fu considerato da non pochi come la conferma di quella triste previsione. Un episodio accaduto nel 1910 è prova dell'atteggiamento timoroso della gente nei confronti del passaggio della cometa. Fu riferito al Papa Pio x che dovendosi procurare dell'ossigeno per un moribondo, non fu possibile trovarne nelle farmacie di Roma, poiché tanti in perfetta salute ne avevano fatto incetta per timore di venire soffocati dai gas velenosi della coda della cometa (episodio riportato in Sabino Maffeo, La Specola Vaticana. Nove Papi, una missione, 2001, p. 73).

Ma al passaggio delle comete, almeno nell'antichità, si associavano anche eventi felici cosicché non era raro che la salita al trono di un nuovo sovrano venisse associata al passaggio di questo astro. Dunque il cielo portatore anche di segni positivi. Lo stesso racconto della nascita di Gesù, così come viene riportato dai vangeli, è associato alla comparsa di un fenomeno celeste che spinse i Magi a mettersi in moto e partire dall'oriente alla ricerca della persona alla quale quel segno era associato.

Al di là di questo genere di approcci, resta sempre l'indagine scientifica del fenomeno cometa, indagine alla quale, e non solo sul tema comete ma su tutti i temi dell'astrofisica, si dedicano anche gli astronomi della Specola Vaticana. Si può far risalire a tale impegno scientifico l'indagine che il padre oratoriano Giuseppe Lais (1845-1921) condusse cento anni fa sulla cometa di Halley che anche allora solcò i cieli non mancando di suscitare interesse e meraviglia, trattandosi di una cometa che con una periodicità di settantasei anni torna a farsi vedere e a dare spettacolo di sé in cielo. Proprio allora con uno dei telescopi della Specola Vaticana, allora collocati all'interno delle mura vaticane, si osservò e si fotografò la cometa di Halley.

Il telescopio usato era quello dedicato alla realizzazione del grande progetto mondiale della Carta Fotografica del Cielo, progetto al quale anche la Specola Vaticana partecipò impegnandosi a fotografare una precisa porzione di cielo e a pubblicare di questa regione del cielo le mappe fotografiche e le posizioni di tutte le stelle, fino a una certa luminosità, in esse contenute. Il lavoro durò parecchi anni e gli astronomi della Specola Vaticana riuscirono a mantener fede all'impegno preso di fronte alla comunità astronomica internazionale pubblicando e le mappe fotografiche e le coordinate delle stelle in esse presenti.

Durante la realizzazione della Carta del Cielo avvenne il passaggio della cometa di Halley e si approfittò della qualità dello strumento a disposizione per ottenere delle fotografie della cometa. Le fotografie di allora a distanza di cento anni, non cessano di meravigliare e il loro contenuto scientifico viene oggi riproposto della Specola Vaticana alla comunità scientifica internazionale che ne fosse interessata.

Da alcuni anni, infatti, è in fase di realizzazione presso la Specola un impegnativo progetto consistente nel digitalizzare le lastre fotografiche dell'archivio astronomico; un progetto che ha un duplice fine:  preservare l'informazione contenuta nelle lastre, destinate inevitabilmente a deteriorarsi, e rendere tale informazione disponibile alla comunità scientifica internazionale per tutte quelle indagini che su queste immagini possono ancora essere fatte. Un esempio può aiutare a fare capire come questo può avvenire.

Dalle lastre vaticane, come del resto dalle lastre di qualsiasi altro osservatorio astronomico, è possibile ricavare la posizione delle stelle rilevate; la stessa informazione oggi la si ottiene con satelliti che riescono a dare con elevata precisione la posizione di milioni di stelle. Ma le stelle all'interno della via Lattea si muovono, e allora avere la possibilità di confrontare la loro posizione attuale con quella che avevano cinquanta o cento anni fa diventa una opportunità unica per studiare in dettaglio come avviene il moto delle stelle. Con l'uso di software specifici è possibile associare a ogni stella presente nell'immagine le sue coordinate astronomiche e quindi ottenere un catalogo contenente la posizione di ogni stella dell'immagine stessa. Il confronto tra le posizioni di questo catalogo e quelle ottenute dai satelliti oggi in uso, consente di rivelare i moti propri delle stelle all'interno della via Lattea.

Un altro esempio di utilizzo delle immagini digitalizzate riguarda le stelle variabili e anche i quasar variabili più luminosi. Per entrambi questi tipi di oggetti, maggiore è la copertura temporale sulla loro variazione di luminosità e tanto più è possibile studiare e definire i meccanismi alla base di tali variazioni. Dalle immagini digitalizzate è possibile ricavare la luminosità di questi oggetti nei tempi passati e cosi aggiungere punti importanti nella curva che rappresenta le loro variazioni di luminosità.

Il progetto dunque si rivela ricco di opportunità e soprattutto di nuovi dati da offrire alla comunità astronomica internazionale. Anche in questo lavoro la Specola Vaticana si situa in posizione d'eccellenza essendo stata tra le prime istituzioni scientifiche astronomiche a decidere di avviare questo progetto di recupero e di conservazione del patrimonio di informazioni che le sue lastre custodiscono.



(©L'Osservatore Romano - 29 maggio 2010)
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