La Sacra Scrittura interpretata in questa maniera è veramente il pane quotidiano della nostra anima. Se i Padri parlano del pane soprannaturale della nostra anima, non pensano generalmente o esclusivamente al pane eucaristico, ma quasi sempre alla Sacra Scrittura. Anzi, in molte cose si faceva un parallelo tra Sacra Scrittura e l'eucaristia; si trattava la Scrittura con rispetto, come l'eucaristia, fu conservata in preziosissime custodie; come l'eucaristia, esposta su di una specie di trono, circondata di lumi e così via. Non soltanto con l'eucaristia si può paragonare la Sacra Scrittura, ma pure, come l'abbiamo già detto, con tutto il mistero dell'Incarnazione. E, se l'essenza della nostra santificazione consiste nel seguire il Verbo Incarnato ed assimilarcelo dove lo troviamo, dobbiamo pure cercarlo nelle Scritture, dove si nasconde o piuttosto dove si presenta in un modo adeguato alla nostra povera intelligenza: "Ricordatevi, dice S. Agostino, che c'è un solo Verbo di Dio che si dilata in tutte le Scritture divine e che dalle molte bocche dei santi Scrittori risuona un solo Verbo . Quello era nel Principio presso Dio, ivi non ha sillabe in cui esprimersi, perché non ha tempi. Non dobbiamo meravigliarci, se a causa della nostra debolezza discese alle minute suddivisioni dei nostri suoni, siccome discese anche per assumere la debolezza del nostro corpo" (In Ps. 103, 4, 1). Siccome le Sacre Scritture sono una specie di Incarnazione, risulta pure per esse la necessità di adattarsi alle nostre intelligenze per poi elevarle alla sublime altezza della divinità. La lettura della Sacra Scrittura diventa così una parte della nostra elevazione: "La Scrittura non potrà elevarci, se non discende a noi, come anche il Verbo Incarnato si abbassò per elevarci, non cadde, per rimanere prostrato. Se abbiamo riconosciuto chi discese, eleviamoci con chi ci eleva" (S. Agostino, In Joannem, 107, 6).
Il parallelismo tra Verbo Incarnato e Sacra Scrittura va ancora più lontano. La Scrittura partecipa in qualche modo anche alla passione di Cristo. La parte materiale e umana della Scrittura, il testo sacro, è stato trasformato, sfigurato, maltrattato nel corso dei secoli. Anzi, talvolta l'aspetto esterno della Scrittura, cioè il suo senso immediato e letterale, sembra tanto umano che facilmente potrebbe dare scandalo. E difatti, quelli che non vedono nella Scrittura il divino che vi si nasconde, prendono scandalo e non capiscono la sua altezza: "La Scrittura ha, dice S. Agostino, la sua propria lingua; chi non conosce questa lingua, si conturba" (In Joannem, 10, 2). Come per arrivare alla divinità di Gesù Cristo e della sua Chiesa ci vuole la fede, cosi pure bisogna aver ;la fede per darsi allo studio della Sacra Scrittura e per vedere la sua sublimità e il suo senso divino non ostante la veste talvolta molto umana e umile.
La Sacra Scrittura che partecipa in un certo modo anch'essa all'Incarnazione è dunque unita come questa all'esistenza della Chiesa, all'opera della redenzione. Nel paradiso terrestre la Sacra Scrittura non sarebbe stata necessaria; anche dopo la fine del mondo non si avrà più bisogno della Scrittura: "Quando… verrà nostro Signor Gesù Cristo… e illuminerà le tenebre occulte e manifesterà i pensieri dei suoi… allora per la presenza di tale luce solare saranno inutili le lanterne. Allora non si leggerà il profeta, non si spiegherà il libro dell'Apostolo, non si avrà bisogno della testimonianza di Giovanni, non sarà necessario lo stesso Vangelo. Tutte le Scritture saranno allora tolte di mezzo" (S. Agostino, In Joannem, 35,9). Le scritture sono dunque, come i sacramenti, una consolazione data alla Chiesa per il tempo del suo pellegrinaggio; arrivata la parusia e la fine di tutte le cose, esse perderanno il loro valore. Questo però non può che sottolineare la loro importanza per la vita attuale, nella quale la Sacra Scrittura è una certa anticipazione della conoscenza futura, come i sacramenti sono una anticipazione della vita beata. Ne risulta la necessità di formarsi in questa vita con l'istruzione data dalla Sacra Scrittura, come vero nutrimento della nostra mente. La Scrittura fornisce all'intelligenza umana quelle conoscenze e quella consolazione che nella vita attuale deve avere, finché ritorni Cristo.
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Abbiamo fino adesso parlato della dignità della Sacra Scrittura e della sua importanza per la vita spirituale. Questo ci dimostra che la Scrittura appartiene a ciò che nell'ordine attuale è stato da Gesù Cristo stesso istituito per la nostra salvezza.
Sta in intimo rapporto con l'Incarnazione e con la vita della Chiesa, è fonte di istruzione e di consolazione fino al ritorno del Signore essendo uno dei vincoli che ci unisce al Verbo divino.
Dobbiamo esporre ancora la relazione che la S. Scrittura ha immediatamente colla santificazione dell'individuo.
Una retta interpretazione suppone nel leggente un certo grado di santità e di tranquillità spirituale, altrimenti il lettore non vedrà che le difficoltà del testo, le apparenti contraddizioni e tutto questo gli toglierà il frutto di una lettura che gli giovi. S. Agostino ammonisce: "Nelle Scritture regna la pace e tutto vi è ben disposto, l'uno non contraddice l'altro. Anche tu liberati dalla lite del tuo cuore, cerca di capire l'armonia delle Scritture. La verità dirà forse qualche cosa contro se stessa?" (In Joannem, 19, 7). L'avvicinarsi però alla Sacra Scrittura con buone disposizioni è non soltanto opera della nostra volontà, ma pure della grazia divina. Bisogna sempre pregare per poter capire la Scrittura: "Mosè scrisse questo; scrisse e se ne andò; passò di qua per arrivare a te; ed ora non è più innanzi a me. Se l'avessi qui, lo prenderei, lo pregherei, lo scongiurerei in tuo nome a manifestarmi queste cose. E porgerei ben attento le orecchie del mio corpo al suono delle parole che uscissero dalla sua bocca… Non potendolo dunque interrogare, mi rivolgo a te, Verità, a te, di cui egli pieno disse cose vere. E prego te, mio Dio, ti prego, abbi misericordia dei miei peccati. Tu che hai fatto che il tuo servo dicesse queste cose, fa che anche io possa capirle" (Confessioni, 11, 3).
È dunque divino dono capire le Scritture, capirle soprattutto nel senso più importante in quanto sono nutrimento spirituale per le nostre anime.
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Le Scritture sono un nutrimento spirituale per tutti. In altri libri spirituali bisogna accuratamente distinguere se un libro sia veramente adatto allo stato attuale di un'anima, se forse la sua lettura non sia più nociva che utile. Molti Padri hanno osservato che nelle Sacre Scritture però si trova cibo spirituale veramente adatto per tutti. Seguiamo l'esposizione che di questo ci ha lasciato uno dei più grandi tra gli interpreti della S. Scrittura, S. Gregorio Magno. Dice p. es. nella sua esposizione delle profezie di Ezechiele (2, 5, 4-5) che il senso letterale, il senso storico, specialmente delle parti che contengono insegnamenti sulla morale, si possono facilmente capire e costituiscono un'ottimo nutrimento per i cosiddetti "semplici", cioè quelli che non hanno una vita spirituale molto sviluppata (benché forse siano molto pii). Altre parti della Scrittura sono più oscure. Questo fatto stesso sarà per quelli che sono spiritualmente già più forti, uno stimolo continuo, di esercitarsi nell'interpretazione e di cercare il senso profondo, nascosto (basta ricordarsi con quanto sforzo intellettuale Origene o S. Agostino si sono applicati a certi passi oscuri della S. Scrittura, per convincersi dell'esattezza di questa affermazione di S. Gregorio). Questi passi però non sono adatti per i "semplici": essi non li gusteranno, ci passeranno sopra. Alcuni testi dei libri sacri anzi sono, secondo S. Gregorio, così difficili che nessuno di noi arriverà mai a capirli. Questi passi saranno uno strumento per esercitare la nostra umiltà. La Scrittura ha dunque talvolta l'intenzione di esercitarci direttamente nella pratica della virtù. Anzi S. Gregorio crede che per questa ragione alcune cose sono dette nella Scrittura di tal maniera che sono chiare soltanto per quelli che abitano già lassù nell'eterna patria; a noi però non vengono mai spiegate chiaramente. Una parte dunque della Scrittura serve per esercitarci nella virtù specialmente nell'umiltà; l'altra poi che già capiamo, ci serve di norma della vita e ci fa crescere in questa maniera nella perfezione.
In un altro passo (Ez 1, 7. 8-9) spiega S. Gregorio i diversi sensi della Sacra Scrittura. Il primo è il senso che noi possiamo chiamare "semplice", il quale diventa norma per la vita pratica. Questo senso è già di grande utilità, però ancora imperfetto. Oltre a questo senso c'è quello chiamato spirituale. Questo ci si presenta, quando il testo della Scrittura invita alla contemplazione e ne fornisce la materia. Dice il Santo testualmente: Divina eloquia cum legente crescunt, cioè, chi è più perfetto, più esercitato, più spirituale, capisce più profondamente le Sacre Scritture, penetra più a fondo in un testo, vede in esso materia di sublime contemplazione. Lo stesso testo invece dice forse per un altro una cosa piuttosto semplice, meno profonda. In questo consiste proprio il carattere soprannaturale delle Sacre Scritture che non sono limitate ad un primo semplice intendimento.