Cattolicesimo e Islam

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(Teofilo)
00venerdì 2 ottobre 2009 22:45
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Consiglia  Messaggio 1 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°Raptor  (Messaggio originale)Inviato: 26/03/2004 7.32
ISLAM E CATTOLICESIMO


( Diritto naturale, diritto positivo, legge mosaica, legge cristiana e
dottrina sociale.
Comprendere il problema della libertà religiosa, in rapporto al diritto
naturale, è fondamentale per capire la differenza sostanziale fra islam e
cattolicesimo )



La legge naturale - riassunta da Dio nei dieci comandamenti - è enunciata
soltanto nei suoi principi generali e, più da questi principi si passa alle
conclusioni, più riescono oscure e dubbiose le sue prescrizioni.
Conseguentemente sono sempre più possibili le divergenze di opinioni.

  La legge naturale, inoltre,  non è determinata circa tutte le questioni
che sono necessarie al bene comune: si richiede, quindi, la legge positiva
come una particolarizzazione, traduzione e determinazione della legge
naturale, con una maggiore specificazione e un adattamento ai vari casi
concreti e circostanze particolari: per es. il codice della strada, come e
quando si devono pagare le tasse, quando un'azione può essere tollerata
perché appartiene alla sfera privata ecc.

  La legge naturale è perfetta, la legge positiva, invece, è e sarà sempre
imperfetta e sempre perfettibile.

  Con Mosè inizia una formulazione primitiva del diritto positivo, un
tentativo di capire e applicare la legge naturale. La società di Israele era
una società rozza e pressoché anarchica, era priva di forze dell'ordine, il
potere centrale era debole, i giudici erano i capi famiglia - spesso
parziali o venali -: la legge del taglione veniva applicata da chiunque era
in grado di farlo, ma solo in questo modo poteva essere tutelato l'ordine
pubblico.

  La donna era proprietà del marito e poteva essere ripudiata  per qualsiasi
motivo   ( Deut 24,1 ), la poligamia era un dato di fatto e solo al sommo
sacerdote era prescritta la monogamia ( Levitico 21,13-14 ). La legge del
taglione - richiederai vita per vita, occhio per occhio, dente per dente
ecc-  ( Deut 19,21 ) segnava un progresso rispetto ai costumi primitivi
dove, per un piccolo oltraggio, veniva tolta la vita al colpevole. La donna
infedele era sempre considerata adultera ma la legge non esigeva la fedeltà
del marito: questi commetteva adulterio solo seducendo una donna sposata o
fidanzata e in questo caso è al matrimonio altrui che egli nuoceva e non al
suo, ledendo i diritti di proprietà dello sposo. Il padrone, inoltre, poteva
abusare sessualmente delle schiave ( Es.21,7-11).

  Gesù introduce novità radicali nella legge mosaica per condurla a pienezza
( Mt 5,17 ), il che significa purificarla dai precetti meramente umani ( Mt
15,9 ).

  Gesù fa questo soprattutto attraverso l'assistenza alla Chiesa da lui
fondata, mediante lo Spirito Santo che ispira il Magistero e fa emergere con
crescente chiarezza, nel corso dei secoli, tutta la verità che era contenuta
nelle parole dette da Gesù.

  Dal magistero della Chiesa nasce e si sviluppa la dottrina sociale che
fornisce ai laici i criteri di giudizio e i principi di riflessione per
valutare la maggiore o minore conformità dei sistemi politici in rapporto
alle esigenze della legge naturale. La Dottrina sociale indica quelle regole
fondamentali entro cui i sistemi politici, la scienza giuridica e quella
economica possono muoversi in piena autonomia dando luogo ad una pluralità
di scelte diverse e tutte legittime       ( cfr Giovanni Paolo II, Il Papa
alla Chiesa Italiana,1 aprile 1985, Elle di ci,  p.18, anche in L'
Osservatore Romano 1 novembre 1981; cfr  Congregazione per la dottrina della
fede,  Libertà cristiana e liberazione        n. 72 ).

  Giovanni Paolo II insegna che la Chiesa cattolica non si identifica con
alcuna società e con alcuna cultura ma la Chiesa giudica positivamente la
direzione, l'orientamento intrapreso da una società verso l'amicizia con
Dio. In questo senso, Pio XII insegnava che non si deve identificare
medioevo e civiltà cattolica ma si deve giudicare positivamente lo sforzo
compiuto dalla società medioevale per dirigersi verso l'amicizia con Dio (
cfr  Giovanni Paolo II, Insegnamenti vol. V, 1, p.131; Pio XII, Discorsi e
radiomessaggi, vol. IX, p.77 ).

  Ogni cristianità sarà sempre e soltanto un tentativo imperfetto e
perfettibile di conoscere e applicare la legge naturale. Per questo motivo
ogni società che si dirigerà verso l'amicizia con Dio non potrà mai
costruire il paradiso in terra: - noi cristiani sappiamo che il - paradiso
in terra - è tramontato dai tempi di Adamo ed Eva, e che i nostri sforzi non
raggiungeranno mai la società perfetta: semplicemente perché il peccato è
nell'uomo e, anche con le leggi umane più perfette, produce frutti di
ingiustizia e di morte. Gesù ha una frase terribile:- i poveri li avrete
sempre con voi-( Mt 26,11; Gv 12,8 ).-

( Piero Ghedo in Piero Gheddo e Roberto Beretta, Davide e Golia, i cattolici
e la sfida della Globalizzazione, ed. San Paolo, Cinisello Balsam-Milano
2001, p.83 ).

  Poiché i nostri sforzi non raggiungeranno mai la società perfetta, nessuna
società che si dirigerà verso l'amicizia con Dio sarà uguale alle precedenti
cristianità che si sono incarnate nella storia: l'unico dato comune sarà la
tensione, lo sforzo fatto per dirigersi verso la legge naturale.

  Il pensatore cattolico Gòmez Dàvila scrive:- la cristianità non ha mai
preteso, né lo pretenderà se riuscita, di essere il Regno di Dio. Ma una
società di peccatori cristiani-  Gòmez Dàvila precisa anche che il cattolico
controrivoluzionario - non auspica che si torni indietro, ma che si cambi
direzione-.

  Questo è l'autentico significato dell'insegnamento di Nostro Signore -
Date a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare -, cioè ,
come spiega il Magistero della Chiesa da Lui assistito, tale insegnamento
riguarda la distinzione fra potere temporale e autorità spirituale, fra
legge naturale e legge positiva, fra paradiso e mondo. Questa distinzione è
assente nella religione mussulmana perché in tale religione non c'è il
concetto di peccato originale. Per tale motivo il mussulmano identifica il
Regno di Dio con la situazione di massimo potere temporale esercitato dalle
popolazioni mussulmane stesse. La religione mussulmana è una religione
politica che, non riconoscendo la distinzione fra Cesare e Dio, non
riconosce il diritto della persona umana alla libertà religiosa: infatti,
nei paesi mussulmani il passaggio dall'Islam al cristianesimo è punito con
la morte fisica e, nei casi migliori, con la morte civile.

( cfr Giovanni Cantoni, Aspetti in ombra della legge sociale dell'Islam, ed,
Centro Studi sulla Cooperazione - A. Cammarata -, San Cataldo   (
Caltanisetta )  2000 ).

  Il teologo mussulmano Ghaleb Bencheikh, il cui padre è stato rettore della
Moschea di Parigi, in un libro intervista - Che cosè l'islam? Per favore
rispondete. Mondadori, Milano, Gennaio 2002- cerca di dimostrare le affinità
dell'islam con il cristianesimo.

  Nonostante le tante affinità che Bencheikh sottolinea, egli stesso non
riesce a nascondere alcune differenze sostanziali.

  Anche se egli dice che nessun hadith di Maometto parla in modo specifico
della organizzazione politica, è costretto ad ammettere che nel testo
coranico non c'è l'equivalente del - date a Cesare quel che è di Cesare -
( p.75 op. cit. ) che distingue la religione dalla politica.

  Ugualmente, anche se dice che nel Corano non è prevista la punizione
legale per l'apostata, è costretto ad ammettere che l'islam applica per l'
apostata la legge mosaica la quale prevede la pena capitale.

  L'islam rimane fedele alla legge mosaica, considerata non come una
formulazione primitiva del diritto positivo ma come legge di Dio ( p.79
op.cit.).

   La dottrina sociale della Chiesa in tema di libertà religiosa è in
armonia con la distinzione che deve essere posta fra Cesare e Dio, ma nello
stesso tempo è in armonia con il rispetto che deve essere dovuto alla legge
naturale.

  Il Concilio Vaticano II che, nella dichiarazione Dignitatis Humanae del 7
dicembre 1965, si occupa in maniera organica del problema della libertà
religiosa dice:" - (.) questo Concilio rimedita la tradizione sacra e la
dottrina della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi in costante armonia
con quelli già posseduti -" ( Dignitatis Humanae n.1 )

  Il diritto alla libertà religiosa non è la licenza morale di aderire all'
errore né un implicito diritto all'errore

( cfr Leone XIII lett.enc. Libertas praestantissimum; Dignitatis Humanae
n.2; Catechismo della Chiesa Cattolica n.2108 ).

  Tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità, specialmente in
ciò che concerne Dio e la sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire alla verità
man mano che la conoscono e a rimanerle fedeli

( cfr Dignitatis Humanae n.1; Catechismo della Chiesa Cattolica n.2104 ).

  A fondamento del diritto alla libertà religiosa, dice Giovanni Paolo II,
"-(.) non c'è il relativismo o l'indifferentismo religioso, quasi non
esistesse una verità ed ogni opzione rivestisse lo stesso valore. C'è invece
la dignità della persona umana, la quale ha, per natura, il diritto e il
dovere di cercare la verità, e può farlo in modo veramente umano, solo se è
effettivamente libera"

( Angelus del 18-2-1996 cfr G. Cantoni, M. Introvigne, Libertà religiosa,
sette e diritto di persecuzione, cristianità, Piacenza 1996, p.23 ).

  Tale diritto alla libertà religiosa, inoltre, non si contrappone alle
esigenze della carità che spinge i cristiani ad indicare agli uomini la vera
fede e la vera religione e non può porre sullo stesso piano tutte le
religioni come se fossero tutte egualmente vere ( cfr Dignitatis Humanae
n.14 ).

  Che cos'è, dunque, questo diritto alla libertà religiosa?  Questo diritto
consiste nella legittima pretesa della persona di non patire coazione
sociale e politica in campo religioso: si tratta di una immunità ( cfr  G.
Cantoni, op. cit. p.23 ).

  In materia di religione gli esseri umani devono essere immuni dalla
coercizione da parte del potere umano, non devono essere forzati ad agire
contro le proprie coscienze e non devono essere limitati o impediti fino a
quando, nell'esercizio della loro libertà, non vengono a ledere i diritti
naturali degli altri uomini: ogni individuo ha diritto, nei confronti del
potere umano, alla libertà religiosa che include il diritto di manifestare
il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e include
anche il diritto di poter cambiare religione.

  Il diritto al libero esercizio della religione non può essere illimitato
ma deve essere contenuto entro i giusti limiti di norme giuridiche conformi
alla legge morale naturale: il libero esercizio della religione diventa
reato quando calpesta i diritti naturali, sacri ed inviolabili degli uomini
( cfr Pio VI, Breve Quod Aliquantm;  Pio IX lett. Enc. Quanta Cura;
Dignitatis Humanae n. 2 e n.7 ).

  Lo stato non può ammettere, ad esempio, quelle azioni compiute in nome
della religione che comportano il suicidio collettivo, l'uccisione della
moglie quando muore il marito, la mutilazione degli organi genitali
femminili, la poligamia che nega i diritti della donna, la pena di morte per
chi cambia religione.

  Nella dottrina della Chiesa bisogna distinguere tra la legge evangelica
( che riguarda soltanto coloro che hanno il dono della fede ) e la legge
morale naturale  ( che è la legge di Dio scritta nella natura umana e
riassunta da Lui nei comandamenti  dopo  il peccato originale ), legge
morale da cui nascono i diritti umani naturali i quali, in quanto naturali,
riguardano non solo i cristiani ma tutti gli uomini.

  I diritti naturali fondamentali dell'uomo, della famiglia e della comunità
devono costituire il fondamento della stessa democrazia se essa non vuol
diventare una democrazia totalitaria.

  Se la stessa democrazia non si riconosce limitata da regole ultime che
neppure il principio di maggioranza può cambiare, che cosa impedirà alla
metà più uno dei consociati di votare per la distruzione della democrazia
stessa? Che cosa impedirà alla metà più uno dei consociati - in tempo di
odio etnico - di votare per la pulizia etnica e per la persecuzione di un'
etnia minoritaria ? Queste regole ultime, questi diritti naturali
fondamentali devono costituire quell'unità fondamentale, di cui parla
Giovanni Paolo II, che deve venire prima di ogni pluralismo, anzi, è proprio
tale unità che consente al pluralismo di essere legittimo e fruttuoso.

( cfr Giovanni Paolo II, ai partecipanti al Congresso promosso dalla CEI nel
90° anniversario della Rerum Novarum, L'osservatore Romano 1 novembre
1981 ).

  Questi diritti  sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi
sono il fondamento della legittimità morale di ogni  autorità: una società
che li irride o rifiuta di riconoscerli nella propria legislazione positiva,
mina la propria legittimità morale.

( cfr Catechismo della Chiesa Cattolica  n.1930, 1957, 2070, 2071, 2073 ).

  I cristiani laici devono continuamente adoperarsi, mediante mezzi legali e
con il dibattito razionale, per porre alla base dell'ordinamento giuridico
il rispetto della legge morale naturale.

( cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n.2105; Concilio Vaticano II,
Apostolicam actuositatem n.5, n.7 e n.13, Gaudium et spes n.41 ).

  Il libero esercizio della religione, se contenuto entro i giusti limiti
costituiti dal rispetto dei diritti umani, non si contrappone alla legge
morale naturale. Il diritto alla libertà religiosa della persona nei
confronti dello stato non abolisce il dovere dello stato ( quando la
maggioranza è cattolica ) di dare alla religione cattolica un particolare
aiuto e un particolare riconoscimento come, ad esempio, garantire l'
insegnamento della dottrina cattolica nelle scuole pubbliche ( per chi ne fa
richiesta ), come esporre il simbolo della croce nei locali pubblici,
riconoscere come feste dello stato alcune feste della religione cattolica.
Lo stato è espressione della società e se la società è nella sua maggioranza
cattolica, lo stato è tenuto a riconoscere e rispettare questo dato di
fatto, allo stesso modo in cui, per esempio, riconosce come particolarmente
rappresentativi solo certi sindacati, pur garantendo piena libertà sindacale
a tutti.

  I cristiani sono chiamati ad essere la luce del mondo e a manifestare la
regalità di Cristo su tutta la creazione e in particolare sulle società
umane. Lo stato, quando la sua maggioranza è costituita da cristiani, ha il
dovere di far conoscere agli uomini il culto della vera religione

( cfr Leone XIII lett. Enc. Immortale Dei; Pio XI lett.enc. Quas primas ;
Catechismo della Chiesa Cattolica n.2105 ).

 L'ordinamento giuridico dello stato ( considerate le caratteristiche
culturali di un popolo ) può attribuire ad una comunità religiosa uno
speciale riconoscimento civile purché, nello stesso tempo, venga rispettato
il diritto di tutte le persone alla libertà in materia religiosa

(  cfr Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae n.1; Catechismo della Chiesa
Cattolica n. 2107 ).

  Il diritto alla libertà religiosa non si contrappone, dunque, alla
regalità sociale di Cristo.

    Il Concilio Vaticano II "- (.) lascia intatta la dottrina tradizionale
cattolica sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera
religione e l'unica Chiesa di Cristo-" ( Dignitatis Humanae n.1 ).

  Un'ultima riflessione è necessaria sul libero esercizio del pensiero e
delle opinioni nella società e sulle sue implicazioni con il bene comune.

  La libertà di pensiero è un diritto riconosciuto dalle società
democratiche ma le stesse democrazie si rendono conto che il libero pensiero
non è sempre innocuo perché alcune idee, che contrastano fortemente con i
diritti umani, possono indurre altri a commettere reati.

  Nella stessa società di oggi, dove è diffuso il relativismo etico, alcune
manifestazioni del libero pensiero, come quelle a favore del razzismo e dell
'antisemitismo, sono spesso condannate e punite come apologia di reato
perché contrastano con i valori condivisi da larga parte della società.

  In questo caso il cattivo teorico viene riconosciuto capace di istigare e
indurre gli altri a commettere reati: le cattive idee, infatti, precedono
sempre le cattive azioni.

  Se, ad esempio, i teorici del razzismo fossero stati fermati in tempo, la
società, forse, non avrebbe conosciuto Adolf  Hitler e  l'olocausto.

  Se è vero che nella storia ci furono abusi commessi da parte di alcuni
uomini della Chiesa, è pure vero che questo avvenne soltanto quando la
cristianità fu aggredita dai suoi nemici. Tali abusi, tuttavia, non devono
far dimenticare l'evento miracoloso ed unico nella storia rappresentato
dalla prima evangelizzazione.

  La prima evangelizzazione dura tre secoli, dal 33 al 383  ( editto di
Tessalonica ): la diffusione del cristianesimo nella società, nella cultura
e nelle istituzioni avviene con la sola testimonianza e con la sola
predicazione. Tre secoli in cui non ci sarà un solo atto di violenza da
parte di un solo cristiano.

  Maometto, a differenza di Nostro Signore Gesù Cristo, non operò miracoli a
conferma della autenticità della sua rivelazione ma come segno della sua
missione divina disse di essere stato mandato con la potenza delle armi.
Potenza delle armi, dunque, come surrogato del miracolo e come segno divino.

  - Al di là delle valutazioni che si possono esprimere sull'Islam, resta il
fatto che, storicamente, esso si diffuse grazie alla forza delle armi.

  L'espansione islamica ha inizio subito dopo l'Egira (622). Dai primi colpi
di mano a danno delle carovane di passaggio si passa ad attacchi sempre più
impegnativi fino a condurre vere e proprie battaglie, come quella di Al-Badr
con la quale l'armata islamica conquista la Mecca.

  Maometto prende parte a non meno di 80 battaglie. Il fatto più sanguinoso
della sua carriera bellica è senz'altro l'esecuzione di 900 ebrei del clan
Banu Curayza, colpevoli di non voler sottomettersi (.) Poco prima di morire
Maometto ordina di invadere l'Impero Bizantino varcando i suoi confini in
Transgiordania-

(  Islam: religione di pace?, in  Tradizione, famiglia, proprietà, anno 7,
n.3-4, settembre-novembre 2001, filiale di Padova, p.25 ).


( Bruto Maria Bruti )
(Teofilo)
00venerdì 2 ottobre 2009 22:46
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Consiglia  Messaggio 2 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 26/03/2004 12.49
All'interessante ricostruzione del Bruti, che puntualmente ringrazio.......vorrei proseguire con un articolo apparso oggi su:

IDEE
Due studiosi francesi tracciano un itinerario dall'antichità ad al-Qaeda. Va letto come forma di lotta o come aberrazione politica?

Terrore, che storia

Ancor più della guerriglia, il terrorismo è l’arma del debole contro il forte. E cerca di bloccare le coscienze. Da Bakunin a Ossama Benladen

Da Parigi Daniele Zappalà

«Solo una profondità di campo può permetterci di cogliere le poste in gioco attuali di questo fenomeno i cui effetti sono lontani dall'essere esauriti». Il triste fenomeno in questione è il terrorismo, la profondità è quella storica, mentre a lanciare in questi termini un nuovo tentativo di "comprensione" della piaga più inquietante del nuovo millennio sono due ben noti studiosi francesi, Gérard Chaliand e Arnaud Blin, entrambi docenti allo stesso tempo in Europa e negli Stati Uniti. Lo fanno, da curatori e coautori, in una voluminosa Histoire du terrorisme. De l'Antiquité à Al Qaida (Bayard Editions), che uscirà nei prossimi giorni nelle librerie transalpine e già fa discutere.
Il terrorismo contemporaneo in una prospettiva storica, dunque. Una mossa di partenza già satura di insidie, compresa quella di una sottile forma di condiscendenza intellettuale (l'apparizione a ridosso degli eccidi di Madrid, invece, è solo il frutto di una coincidenza: l'uscita era prevista da tempo). Sfogliando l'opera, in effetti, ci si può chiedere quasi subito se sia legittimo istituire legami fra periodi così lontani e diversi come il segmento dell'età medievale in cui operò all'interno del mondo islamico la Setta degli assassini, la stagione del Terrore durante la Rivoluzione francese, l'attualità degli ultimi mesi.

Il primo collante che permette agli autori di spingersi indietro nel tempo? fino alla "preistoria del terrorismo" individuata nelle azioni omicide della setta degli Zeloti, attiva in Palestina nel I secolo dopo Cristo?, è la ripresa dell'accezione di "terrorismo" del sociologo Raymond Aron: «Un'azione violenta è definita terrorista quando i suoi effetti psicologici sono incommensurabili rispetto ai suoi risultati puramente fisici». Una definizione forse sempre meno vera (dato l'enorme potenziale di distruzione "fisica" dei terrorismi di oggi) ma che rende conto della portata sistemica del fenomeno, capace di paralizzare e opprimere in modo più o meno acuto intere so cietà o addirittura insiemi di società. È questa costante di fondo, spiegano Chaliand e Blin, ad aver storicamente forgiato il terrorismo come "strategia d'insurrezione" a sè stante. A esercitarla, sono stati quasi sempre dei gruppi minoritari, anche se non mancano gli esempi di "terrorismi di Stato" (a cominciare da quello dei mongoli sotto Gengis Khan).

Il terrorismo di cui si occupa l'opera è quello "politico", finalizzato a uno scopo più o meno determinato legato alla dimensione del potere. E per comprenderlo fino in fondo, secondo gli autori, «occorre considerarlo come un modo di lotta piuttosto che come un'aberrazione sociale o politica, e affrontare il fenomeno da un punto di vista più tecnico che morale». Dell'"amoralità" dell'opera Chaliand e Blin si scusano fin dall'inizio, ma le quasi 700 pagine dell'Histoire tendono a fare astrazione della condanna e dell'orrore dell'opinione pubblica verso il terrorismo. O meglio, la percezione del terrorismo diventa l'oggetto di una parallela storia nella storia, data l'importanza capitale che per gli autori questa "componente" ha sempre giocato nel "meccanismo" terrorista.
«Oggi, il terrorismo è, ancor più che la guerriglia, l'arma quasi unica del debole contro il forte», scrivono Chaliand e Blin in apertura. «Il suo impatto ha per bersaglio soprattutto le coscienze. In questo senso, il terrorismo è la forma più violenta di guerra psicologica».

Essa si fonda su un ingrediente, il terrore (da terrere, far tremare), utilizzato il più delle volte con fredda premeditazione. Un ingrediente tanto potente da sedurre nella storia spesso lo stesso potere politico costituito, dall'impero di Sargon d'Assiria in poi.
Grandi esperti di relazioni internazionali e di problemi strategici, Chaliand e Blin non sono storici di formazione. E di fatto, l'analisi dei secoli passati lascia il sospetto di qualche volo pindarico. La terza parte del volume «Dal 1968 ai giorni nostri»? successiva a «L'era moderna, dal 1789 al 1968»? copre più della metà dell'opera ed è certamente la più dettagliata e completa.
Un interesse a sé stante, poi, suscitano gli ampi "annessi": fra questi, oltre a mappe e statistiche sul terrorismo contemporaneo, anche alcuni scritti teorici come «Rivoluzione, terrorismo e banditismo» (1869) dell'anarchico russo Mikhail Bakunin o testi programmatici di movimenti terroristi contemporanei come Fatah, i Fratelli musulmani, i Tupamaros in Uruguay, fino alle dichiarazioni più recenti e verificate di Osama Bin Laden.
L'Histoire di Chaliand e Blin ha certamente una forte vocazione enciclopedica (sottolineata dall'editore). Ed è in quest'ottica che può essere letta e consultata anche da chi rimane scettico sull'approccio di fondo, talora cugino solo lontano del metodo storico propriamente detto.



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Consiglia  Messaggio 3 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 27/07/2004 14.31
Abbiamo avuto modo di approfndire in altri forum che l'errore più grande dell'Islam attuale è un pò come il protestantesimo....LA SOLA SCRIPTURA....per loro esiste così il...SOLO CORANO....
Tuttavia grazie al dialogo interreligioso molti gruppi di Musulmani stanno avviandosi alla comprensione, approfondendo invece il Corano il quale è indiscutibilmente comunque sia legato alla nostra Bibbia......
Prova ne è quanto segue:
Sebbene cristiani e musulmani non siano d’accordo sul significato del ministerio di Gesù sulla terra, essi onorano la Sua esistenza dal modo unico in cui Egli venne sulla terra: la Sua nascita soprannaturale e da una vergine.
E' Nel Corano che viene riportato che  Maria chiese all’angelo come sarebbe potuta rimanere incinta dal fatto che "...mai un uomo mi ha toccata?" (sura 3:47). L’angelo rispose che era stato deciso così (sura 19:21). Ma perché questo bambino doveva venire al mondo in questo modo? Qual era il significato della sua nascita da una vergine? La maggior parte dei musulmani probabilmente non saprebbe cosa rispondere perché il Corano non dà nessuna spiegazione al riguardo.
A volte, però, il Corano invita i musulmani a rivolgersi ai cristiani, coloro ai quali è stata data una precedente rivelazione, incredibile ma vero..... Così vi leggiamo: "E se dubiti a proposito di ciò che abbiamo fatto scendere su di te, interroga coloro che già prima recitavano le Scritture (nota: la Bibbia). La verità ti è giunta dal tuo Signore..." (sura 10:94, 21:7). La sua nascita verginale lo esentò dall’essere imputato del peccato di Adamo. Egli era differente perché Suo Padre era differente (ricorda il detto il simile produce il simile).
Questo non significa che Gesù fu concepito da Dio in un modo fisico (come i musulmani addebitano ai cristiani di credere). No, questo sarebbe blasfemo! Le Sacre Scritture ci dicono che la potenza dello Spirito Santo fece sì che il bambino si formasse nel seno di Maria (Matteo 1:20). Come potrebbe essere impuro qualcosa prodotto dallo Spirito Santo?
Egli era il bambino, chiamato sia nel Corano (sura 19:19) che nella Bibbia (Ebrei 1) da Gabriele "il Santo", che non appartiene a quella catena di maledizione e corruzione che risale fino ad Adamo. Qui c’è un "nuovo Adamo", un essere umano che non è sotto la maledizione di Dio, un servitore amato da Dio nel quale Egli si è potuto compiacere (Luca 3:22). Non c’era vergogna, colpa o corruzione in questo uomo. Come prova di ciò, vediamo che la sua santità non passò inosservata, anche da parte di coloro che non facevano parte del Suo gruppo, ma che anzi lo perseguitarono e lo disprezzarono. Alla fine della Sua vita Pilato disse che egli non trovava nulla di male in Gesù e si lavò le mani per discolparsi della sua crocifissione. Perfino un demone si rivolse a Lui chiamandolo: "Il Santo di Dio" (Luca 4:34). Per questo possiamo dire che è in Cristo Gesù CHE TUTTI POSSIAMO INCONTRARCI E RITROVARCI. Tutti noi "figli esuli di Eva" come diciamo nel "Salve Regina", quando chiediamo che CI VENGA MOSTRATO IL FIGLIO SUO GESU'.....
Noi sappiamo che il simile produce il simile, perciò perché Gesù non doveva essere il Santo? Ed allora, che dire di Sua madre? È grazie a Sua madre che sappiamo che Egli aveva una natura umana. Grazie alla Sua nascita verginale Gesù aveva la natura umana e la natura di Dio, tuttavia Egli era una persona. Il significato delle Sue due nature richiederebbe troppo spazio per essere spiegata, ma è sufficiente dire che in Gesù, Dio è rivelato in forma umana come Dio manifestato in carne (1Timoteo 3:16). La Sua nascita verginale, comunque, sta alla base di queste due nature: come nato da una donna, ha una natura umana, come nato da una vergine, sottolinea la Sua natura divina.....
Per comprendere questa verità, abbiamo bisogno di sapere perché Dio è venuto tra noi.
Il Corano non ci parla della maledizione di Adamo e ci dice poco o niente delle conseguenze e del rimedio al peccato. Non ci dice nulla nemmeno del significato della nascita verginale. La Bibbia ha queste risposte......
Alla prossima....
Fraternamente Caterina

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Inviato: 27/07/2004 15.43
Questo messaggio è stato eliminato dal gestore o dall'assistente gestore.

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Consiglia  Messaggio 5 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 27/07/2004 15.49
Rimetto il testo perchè la traduzione dal Corano era incomprensibile....
 
Un altro grande rispetto che NOI potremmo imparare dai Musulmani...è l'uso del termine....DIO.......da noi forse troppo mercantizzato....da loro nemmeno nominato, infatti non lo chiamano mai "DIO" e gli Ebrei scrivono "D-o"....ma scrivono e dicono ALLAH......che vuol dire appunto "Il MISERICORDIOSO"....non è il pronunciamento di un "nome", ma è l'espressione di una fede e di una fiducia molto profonda che forse noi abbiamo un tantino perso.....
Dice Allah l’Altissimo: Troverai che i più acerrimi nemici dei credenti sono i giudei ed i politeisti  e troverai che i più prossimi all’amore per i credenti sono coloro che dicono “In verità siamo nazareni”, perché tra loro ci sono uomini dediti allo studio e monaci che non hanno alcuna superbiaV:82...
....
la frase in rosso è l'espressione tipica del nostro: "Dio ha detto!"......Maometto era affezionato ai monaci tanto che spesso li difendeva e non voleva che qualcuno facesse loro del male.............SIAMO NAZARENI...cioè...SIAMO CRISTIANI.......vi è dunque nel Corano una sorta di comunione che se approfondita sarà in futuro possibile.....del resto i Musulmani credono che LA VERGINE CONCEPI' PRODIGIOSAMENTE.....e alcune comunità venerano questa Vergine......lo scoglio da superare sarà in futuro accettare LAMORTE E RISURREZIONE DI GESU'.....per la nascita grazie a Dio qualcosa si sta muovendo....inimmaginabile solo fino 50 anni fa......
Scrive un musulmano:
...sebbene ormai gli stessi cristiani siano oggi divisi in centinaia di sette, le une avversarie delle altre e differenti tra loro per teologia, orientamento e applicazione del culto,risulta di fatto abbandonata dalla grande magioranza di essi la pratica religiosa ed i precetti contenuti nel Vangelo di Gesù figlio di Maria (Pace di Dio su entrambi)
.......
volevo segnalarvi la tipica aggiunta che essi fanno SEMPRE quando nominano Gesù o Maria: Pace di Dio su entrambi........oppure usano il " Benedetto sia"....insomma, un rispetto che forse potremmo non scimmiottare, MA INIZIARE AD APPREZZARE......
Ovviamente non miro all'utopia......la separazione è grande..ma il rispetto nella convivenza è possibile....del resto essi dicono:
....Lo studio del Nobile Corano e la sua aplicazione rigorosa nella vita del credente, cosi come l’osservanza degli insegniamenti e delle tradizioni (sunna) del Profeta Muhammad (PBSL) rapresentano l’unica via percorribile dell’umanità verso una dirittura morale ed etica in questo mondo, ma ancor di più l’unca strada che potra condurci verso la Salvezza Enterna  e il Perdono del compassionevole.....
.......
Come dare loro torto?
Abbiamo abbandonato le nostre tradizioni etiche e morali...abbiamo abbandonato lo studio della Bibbia.....e quali frutti pensiamo di portare?
I musulmani sono contro l'aborto e contro il divorzio....noi siamo da anni alla nascita ZERO.....e siamo divisi....testimoniamo l'adulterio e l'aborto......
Ricordo sempre le parole di Gesù: "Ma quando il Figlio dell'uomo tornerà sulla terra, TROVERA' ANCORA LA FEDE NELL'UOMO? "
Fede in chi?
E leggiamo ancora:
....."Aggrappatevi tutti insieme alla corda di Allah e non dividetevi tra voi e ricordate la grazia che Allah vi ha concesso: quando eravate nemici è Lui che ha riconciliato i cuori vostri  e per grazia sua siete diventati fratelli. E quando eravate sul ciglio di un abisso di fuoco, è Lui che vi ha salvati. Così Allah vi manifesta i Suoi segni affinché possiate guidarviIII:102/103..
........
queste parole del Corano sembrano molto familiari vero?..... del resto sappiamo che il Corano è nato da una sorta di copiatura mischiati anche ai Vangeli apocrifi.....così come risulta infatti da uno apocrifo che Gesù non sarebbe morto in croce.....
Essi ancora scrivono:
.....Del resto non dimentichiamoci mai che mussulmani, cristiani ed ebrei hanno in comune lo stesso Iddio CreatoreSublime ed e proprio da questo importantissimo punto di partenza che I non islamici debbono partire alla ricerca della verità non dimenticando però ciò che Allah il Vero ci rivela in questi fondamentali versetti “Di: “Di: “Crediamo in Allah e in quello che ha fatto scendere su di noi e in quello che ha fatto scendere su di Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe e le tribù, e in ciò che, da parte del Signor, è stato dato a Mosè, a Gesù e ai profeti: non facciamo alcuna differenza tra loro e a Lui siamo sottomessi . III:84,85...
....
In questa Sura vi è sottointeso chiaramente comunque sia una sorta di SOTTOMISSIONE SIA A MOSE' CHE A GESU'.....non facendo fra di loro una "distinzione".....non è molto, ma è già qualcosa... e vi è anche una sorta di condivisione con I SANTI.....dice il Corano:
.....Non considerate morti quelli che sono stati uccisi sul sentiero di Allah. Sono vivi invece e ben provvisti dal loro Signore , lieti di quello che Allah, per Sua Grazia, concede. E a  quelli che sono rimasti  dietro di loro, danno la lieta novella: “ Nessun timore, non ci sarà afflizione”.  III:169,170....
Dunque un Dio dei vivi e non un Dio dei morti....una buona base per il futuro dialogo.....
Fraternamente Caterina

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Consiglia  Messaggio 6 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 27/07/2004 16.06
....e forse non tutti sanno che.....
La Moschea di Omar e la Chiesa del Santo Sepolcro, in Gerusalemme, sono il simbolo attuale di una convivenza che seppur difficile, è comunque sia una testimonianza che insieme si può convivere......
La storia di questa Terra oggi martoriata ci dice che quando il califfo Omar sconfisse i bizantini e conquistò Gerusalemme, volle entrare nella città accompagnato solo da un esiguo numero di seguaci. Annunciando alla cittadinanza che la vita e le proprietà di tutti erano salve e che i luoghi di culto non sarebbero mai stati eliminati, chiese al Patriarca Cristiano Sofronio di accompagnarlo a visitare i luoghi sacri.Il Patriarca lo invitò a pregare nella Chiesa del Santo Sepolcro, ma lui preferì pregare all’esterno, dicendo che se avesse accettato di entrare, future generazoni di Musulmani avrebbero avuto una scusa per trasformare il luogo in moschea.
L’Islam tollera le altre fedi?
Il Corano dice: Allah non vi proibisce di agire con bontà ed equità verso coloro che non vi combattono per religione e non vi hanno scacciato dalle vostre dimore, poiché Allah ama gli equanimi. (Corano 60:8)
Una delle funzioni della Legge Islamica è quella di proteggere le minoranze, ecco perché luoghi di preghiera non Musulmani sono sorti un po’ ovunque nel mondo islamico. La storia è ricca di esempi di tolleranza da parte dei Musulmani nei confronti di altre religioni: quando il califfo Omar entrò in Gerusalemme, nell’anno 634, l’Islam concesse libertà di culto a tutte le comunità religiose della città. La Legge Islamica consente anche alle minoranze non musulmane di stabilire una propria corte di giustizia con regole specifiche per le diverse minoranze.....
Tuttavia appare che all'oggi qualcosa è cambiato......
Quella tolleranza si è trasformata in un incubo per migliaia di donne con la falsa legge coranica (cioè non esiste) dell'infibulazione...con la stessa legge del Taglione dove le mani di piccoli giovani vengono tagliate in piazza se hanno rubato una mela.....Con l'intolleranza invece che emerge dalle radiocronache contro i cristiani i quali, anche se turisti, non possono portare un crocifisso visibile al collo.....
Ma leggiamo quanto segue che è al dir poco stupefacente:
.....Che cosa pensano i Musulmani di Gesù?

I Musulmani rispettano e onorano Gesù e aspettano la sua seconda venuta. Lo considerano uno dei più grandi messaggeri divini. Un Musulmano non si riferisce mai a lui chiamandolo semplicemente Gesù, ma aggiungendo sempre le parole la pace sia con lui. Il Corano conferma la sua nascita da una donna vergine (un capitolo del Corano si intitola Maria), e Maria è considerata la donna più pura dell'universo. Così il Corano descrive l'Annunciazione:
"In verità!" disse l'Angelo,
"O Maria! Dio ti ha prescelta, ti ha purificata e ti ha eletta fra le donne di tutte le nazioni. "In verità!" disse l'Angelo, "O Maria! Dio ti annunzia la buona novella di una Parola che viene da Lui, il suo nome sarà il Messia, Gesù figlio di Maria, eminente in questo mondo e
nell'altro, ed uno di coloro che sono più vicini a Dio. “Egli parlerà al popolo dalla culla alla maturità, ed egli sarà tra i giusti."
Ella disse: "O mio Signore! Come potrò avere un figlio se nessun uomo mi ha toccata? Egli disse: " E' così, Dio crea ciò che Egli vuole. Allorché ha deciso una cosa non ha che da dire:"Sii, ed essa è". (Corano 3:42-45-46-47)
Gesù nacque miracolosamente attraverso lo stesso potere che portò Adamo in vita senza che vi fosse un padre:
“La somiglianza di Gesù di fronte a Dio è come quella di Adamo: Dio lo creò dalla polvere e poi gli disse: Sii. Ed egli fu.” (Corano 3:59)
Durante la sua missione profetica Gesù operò molti miracoli. Il Corano ci dice che egli disse:
“E ne farà un messaggero per i figli di Israele (che dirà loro). Io son venuto da voi con un Segno dal Vostro Signore. Ecco io plasmerò per voi con dell’argilla una figura di uccello e poi vi soffierò sopra e con il permesso di Dio diventerà un uccello: ed io con il permesso di Dio guarirò coloro che sono nati ciechi , ed i lebbrosi, e risusciterò i morti. E vi dichiaro, ciò che mangiate, e ciò che accumulate nelle vostre case, certamente in ciò vi è un Segno per voi, se siete veramente credenti”. (Corano 3:49)
Né Muhammad, né Gesù sono venuti a cambiare la dottrina fondamentale del credere in un Unico Dio, annunciata da profeti precedenti, bensì a confermare e dare nuova linfa a tale dottrina. Nel Corano è scritto che Gesù ha detto di essere venuto:
“(Io sono venuto) per confermare la Legge che esisteva prima di me. E per rendere lecito parte di ciò che vi era stato proibito; Io son venuto da voi con un Segno dal vostro Signore. Dunque siate timorati di Allah e seguite le mie istruzioni”. (Corano 3:50)
Il Profeta Muhammad disse:
Chiunque crede che non vi sia altro dio all'infuori di Allah, e che Muhammad é il suo Profeta, che Gesù è il servitore e il messaggero di Allah, sua parola soffiata in Maria e spirito da Lui emanato e che Paradiso ed Infermo sono verità. sarà accolto da Allah in Paradiso.

(Da un Hadith di Bukhari)
......
al di là di qualche errore dottrinale del tipo...ALLAH HA CREATO....Gesù quando nel Credo diciamo che non fu creato ma generato della stessa sostanza.....possiamo dire che ci sono molti elementi interessanti da poter un domani e dall'oggi condividere.....e come possiamo notare MARIA E' UN ELEMENTO CHE UNISCE.....è definita LA PIU' PURA DELL'UNIVERSO....ed un intero capitolo del Corano le viene dedicato.....
Fraternamente Caterina
entrambi i messaggi offerti da:
(cliccando sopra avrete le pagine)

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Consiglia  Messaggio 7 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 28/07/2004 10.33
Facciamo ora un passo indietro nella storia.....una piccola cronologia degli eventi.....
Ci faremo aiutare dal libro di Cardini, L'Europa e l'Islam, edita da Laterza, che si presenta come una sintetica ricostruzione storica del rapporto tra tali due civiltà, visto però dall'ottica europeo-cristiana....
Interessante anche perchè risulta essere abbastanza obiettivo....
....suggerisce Cardini, non sono mancati intrecci e connivenze tra i due mondi, che la storia ha d’altronde visto variegati e frastagliati al loro interno. Così ad esempio la celebre battaglia di Poitiers viene presentata in termini molto meno epici di quelli percepiti dai medioevali contemporanei (o di poco successivi al 732): si sarebbe trattato di una delle tante scaramucce tra franchi e arabi, priva di un valore davvero risolutivo; tant'è che anche dopo Poitiers la spinta penetrativa araba nell'Europa meridionale non avrebbe conosciuto una significativa battuta d'arresto, ma si sarebbe protratta per lunghi anni ancora, fino alle soglie del secondo millennio. Gli intrecci tra Cristianita' e Islam d'altra parte, sono testimoniati sotto lo stesso impero di Carlo Magno, allorchè il capo dei Franchi potè scendere in Spagna nel 778, ricorda Cardini, grazie ad un accordo con l’emiro arabo di Barcellona, nemico del califfo di Cordova; lo stesso Carlo, ancora, inviò ambasciatori al califfo di Baghdad, che gli fece avere in dono un elefante, animale a cui il Re dei Franchi pare tenesse particolarmente (p. 24/5). Anche a livello culturale, nel Medioevo non mancavano crepe nell’edificio di una compatta avversione antimusulmana. È vero che S.Bernardo e S.Tommaso concordavano nel dipingere a tinte fortemente negative l’Islam. Il secondo riteneva che "il Profeta" aveva attirato fedeli alla sua nuova religione promettendo loro una sfrenata libertà sessuale. Il primo si spingeva a parlare di "malicidio", come giusta eliminazione fisica di un nemico "obbiettivamente portatore del male e del peccato" (p. 123) non altrimenti contrastabile. È vero, ancora, che nell’immaginario collettivo medioevali i saraceni (o agareni) vengono dipinti in termini mostruosi: "sono neri, cornuti, digrignano i denti" (p. 119). Tuttavia non mancava nello stesso mondo cristiano europeo chi sapeva apprezzare alcuni valori dell’Islam, o meglio dei mussulmani. Così, in un componimento monastico del XII secolo, ricorda Cardini, il "Re di Babilonia" "è presentato come non privo di magnanimità; e solo la forza delle armi lo induce a piegarsi all’Anticristo" (p. 124), altri componimenti di simile tenore non erano assenti nella letteratura medioevale(pp. 125/7).
Non poteva mancare, nella ricerca cardiniana di "benevolenze" cristiane verso l’Islam, un doveroso ricordo della figura del Santo di Assisi. Certo, Francesco va in Oriente per predicarvi il Vangelo, non certo per proporre un qualche "compromesso" interreligioso, né egli, che pur non amava la guerra, ma ancor più era obbediente al Papa, prende posizione contro l’idea di crociata; tuttavia, nota l’Autore, "nell’incontro di Francesco col sultano (…) vi è la consapevolezza (…) che l’Islam fa parte del disegno provvidenziale. (..) I saraceni sono come "lupi": ma anche "fratello lupo" è, appunto, fratello." (p. 147).
Riguardo alle crociate Cardini tende anche qui a sfatarne la dimensione più epica. Non ci sarebbe stata da parte di Urbano II l’idea di una crociata come compatta unione della Cristianità europea contro il comune, mortale nemico, islamico: l’idea sarebbe stata ben più circoscritta e modesta (p. 89). Del resto i conquistatori arabi della Città Santa non si sarebbero comportati complessivamente in modo negativo: nel VII secolo il Califfo si sarebbe incontrato con Patriarca di Gerusalemme trattandolo con deferenza (p. 82), e solo nell’XI si sarebbero verificate, ad opera degli sciiti egiziani, quelle azioni di percecuzione, tra cui la distruzione della chiesa della Anastasis che avrebbero allarmato l’Occidente. Cardini, in tale linea, evidenzia come, una volta liberati i Luoghi Santi, fu un grave errore quello degli Europei che sempre di nuovo vi affluivano in armi, di non ascoltare il parere dei "Franchi" che già vi si erano stanziati e conoscevano la mentalità della gente del posto. La "saggezza" di questi ultimi fu sopraffatta dalla rozzo schematismo integralista degli europei di più recente arrivo, impedendo così una integrazione e una stabilizzazione delle conquiste crociate (pp. 93 sgg.).
La caduta di Costantinopoli poi, e l’avanzata degli Ottomani nella penisola balcanica sono da leggersi come dovute non meno alle divisioni e alle rivalità tra gli europei che alla bellicosità del "nemico esterno"; troppi, nota Cardini, nei territori cristiani d’Oriente, preferivano "il turbante" dei nuovi conquistatori alla "tiara" del Pontefice Romano, memori della tragica esperienza della quarta crociata, allorché si era cercato di forzare un ritorno alla comunione con Roma. Anche dopo la caduta della Seconda Roma nelle mani dei turchi, fatto che pure destò grandissima impressione, tra i sovrani cristiani prevalse la diffidenza reciproca e il timore che la lotta contro gli Ottomani fosse usata per meschine finalità egemoniche (pp. 194/5).
Per due secoli, così, l’Europa soprattutto nella sua frontiera orientale e meridionale, dovette subire la pressione dell’Islam Ottomano. Ma, sottolinea impietosamente l’Autore, fu in gran parte colpa delle divisioni tra gli stessi cristiani, se i mussulmani poterono compiere atti di audacia e di ferocia tali da imprimere una durevole ferita alla coscienza europea. La stessa tragica vicenda di Otranto, cittadina martirizzata dai Turchi nel 1480, non sarebbe forse stata possibile senza oscure complicità occidentali (in particolare di Firenze e di Venezia).
In questo senso giocò anche la Riforma protestante: senza la minaccia turca Lutero avrebbe, ricorda Cardini, probabilmente fatto la fine dei tanti eretici bassomedioevali, ben presto arsi sul rogo e impossibilitati a diffondere le loro idee (p. 237: "Det Türcke ist der lutheranischen Glück"); d’altra parte senza Lutero e la Riforma il pericolo turco avrebbe potuto essere ben più rapidamente e incisivamente rintuzzato. Non per nulla l’effetto complessivo di quella grave divisione tra i cristiani che fu la Riforma fu una riabilitazione dell’Islam, usato da tutti gli schieramenti in lizza come termine di paragone (più positivo) degli avversari: i Turchi erano meno viziosi degli infedeli cristiani (cattolici o protestanti che fossero). Se incontestabile fu la portata della battaglia di Lepanto, e il valore eroico di personaggi come il Re Sebastiano di Portogallo, che perse la vita in una impresa dal forte sapore crociato nel 1578, resta, secondo l’Autore, che la grande paura dei Turchi, divampata tra il ‘500 e il ‘600 soprattutto nelle zone costiere dell’Europa mediterranea, fu un fenomeno complesso e polivalente. Non solo la paura europea dei pirati mussulmani era contrappesata da una paura mussulmana dei pirati europei, che non erano poi molto meno attivi in razzie di schiavi (come documentano le non infrequenti torri di avvistamento costruite sulla costa nordafricana); ma essere rapiti dai mussulmani non era visto da tutti come il massimo dei mali: non pochi, specie tra i diseredati, vedevano in tale evento la possibilità di riscatto e di ascesa sociale (p. 243 sgg.), e in effetti si segnalano molti casi di cristiani, rapiti dai Turchi, che divennero, dopo aver rinnegato la fede, "rais della flotta e caid governatori dei territori interni", come "il ligure Osta Morato, che divenne bey di Tunisi nel 1637" o Alì "Piccinino", veneziano, che divenne governatore di Algeri (p. 245).
Dal ‘700 la fortuna dell’Islam ottomano conosce un irreversibile parabola di declino. E l’Occidente, proprio per questo, lo guarda non più con angosciata preoccupazione, ma con divertita ironia, a cui non è estranea una certa simpatia. È il tempo delle "turcherie", del Flauto magico di Mozart, col personaggio del Moro Monostrato, che incarnava "la decadenza sapienziale di un Oriente preda del regressivo bigottismo saraceno" (p. 288). L’illuminismo europeo salutava con favore il declino di una civiltà così contrastante, nei suoi aspetti pubblici, con la ragione laica, pur non potendo evitare un’ultima benevolenza verso certi aspetti privati dell’Islam, ispirati a "cortesia" e "ospitalità" (p. 285).
Tra le vicende successive merita ricordare la questione ebreo-palestinese, al cui riguardo Cardini sottolinea le responsabilità britanniche (p. 310/11): ebrei e arabi si sarebbero trovati –"al di là delle intenzioni e degli interessi di entrambi"- gli uni contro gli altri (p. 311). E proprio alla incapacità occidentale di capire le legittime istanze arabe, evidenziatasi secondo Cardini in particolare con la guerra dei Sei Giorni, si dovrebbe l’attesto del processo di occidentalizzazione del mondo islamico e l’impetuosa avanzata del fondamentalismo, dilagato soprattutto a partire dalla rivoluzione iraniana (p.313).
Com’è ovvio l’ultimo argomento toccato dall’Autore è quello della "Terza ondata" islamica, dopo quella da occidente, fermata dai Carolingi e dai Sassoni nell’Alto medioevo e definitivamente rintuzzata con la presa di Granada, e quella da oriente, scatenata dagli Ottomani all’inizio dell’epoca moderna, vi è, dalla fine del ‘900, "l’ondata" islamica degli immigrati. Cardini, traendo le fila delle sue costanti sottolineature, nota come la civiltà europea non possa paventare una dissoluzione provocata da agenti esterni: è piuttosto lei stessa, pur forte sotto il profilo tecnologico ed economico, ad essere non solo politicamente debole e insicura, ma culturalmente incerta circa la propria identità; a sua volta l’Islam non dovrebbe essere visto come una inesorabile minaccia, come un monolite invincibile: si tratta di una realtà complessa e variegata al suo interno, la cui aggressività culturale va relazionata anche a fattori di percepita inferiorità economica (p. 314/5). Non vi è nulla di già predeterminato: se l’Europa saprò riscoprire le sue radici, sembra dire Cardini, non c’è pericolo islamico che la possa scuotere; viceversa, un perdurante nichilismo scettico pago dell’istante effimero, chiosiamo noi, non appare capace di garantire un incontro davvero soddisfacente né una integrazione davvero armonica e rispettosa....
....
radici....che invece abbiamo negato....
(Teofilo)
00venerdì 2 ottobre 2009 22:47
Rispondi
Consiglia  Messaggio 8 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 28/07/2004 10.57
...e veniamo ad oggi.......inserisco solo una parte,poi il resto leggetelo dal collegamento perchè è molto interessante:
 

Don Giampiero Alberti

Nel primo incontro abbiamo parlato dell’Islam e avevamo concluso che, forse, è meglio parlare poco di Islam in generale ma parlare di musulmani, della Rivelazione islamica, del Corano, della Sura, delle Tradizioni: abbiamo fatto un breve excursus storico citando le quattro Scuole Giuridiche, le Scuole Teologiche di pensiero fino ad arrivare ai nostri giorni e renderci conto di ciò che abbiamo attorno a noi, nel mondo musulmano.

Inizio allora con una premessa: la loro è una presenza reale e approfittiamo per fare loro gli auguri per la festa di ‘Id al-fitr, cioè la festa della rottura del digiuno che cade proprio oggi, durante la quale esprimono la loro riconoscenza a Dio per tutto ciò che sono riusciti a fare. Il milione di persone italiane musulmane non è grande, però significativo, una presenza in aumento e non più in una fase provvisoria come si poteva pensare qualche anno fa, una realtà estremamente eterogenea di musulmani, per questo dobbiamo parlare di tanti gruppi di musulmani: l'Italia è forse il paese più eterogeneo del mondo musulmano (Riflessione: a Roma è stata voluta e costruita la più grande Moschea d'Europa da dove la "mezza-luna" guarda il Cristo di in marmo posto sulla Basilica di s.Pietro...). La Francia, per esempio, ha quasi tutti algerini, tunisini, marocchini; l’Inghilterra ha gli indiani, la Germania ha i turchi e l'Italia che ospita tutti i gruppi: pakistani, asiatici, albanesi, marocchini, tunisini, egiziani, palestinesi, oltre a musulmani che provengono dal Nord Europa.

Se nell’Europa si sta sviluppando sempre di più questa presenza, tanto da poter parlare di Islam europeo, con una sua connotazione ben chiara, con personaggi che stanno facendo questa nuova storia dell’Islam, attraverso caratteristiche, dei modi di leggere il Corano e di viverlo, questo è possibile perché si ritrovano dentro una società diversa da quella dei paesi islamici. Lo scrittore Tarik Ramadan del quale sono stati tradotti in italiano parecchi suoi libri, sta cercando di fare capire come la cosiddetta Tradizione, la Shari’a, può restare dentro le nostre Costituzioni, pur essendo la cosa non facile.

Un Islam italiano diversissimo: tempo fa ero riuscito a portare da Parigi un famoso professore che doveva parlare sul Libro Sacro e quando in una comunità ho invitato ad essere presenti ad ascoltarlo, mi sono sentito rispondere che quel professore non era musulmano: ho pensato che - come nel mondo cattolico o nel mondo protestante non è facile creare unità - così anche tra di loro non è facile creare sensibilità comuni.

Ecco che allora nel mondo islamico italiano e soprattutto milanese abbiamo gruppi diversi. Abbiamo una Moschea a Segrate, un gruppo in via Padova, un altro in viale Jenner, gruppi di senegalesi, gli Sciiti, e poi due gruppi Sunniti Sufi; una situazione per la quale parlare di Islam e di musulmani richiede innanzitutto di sapere con chiarezza con chi parliamo. Quando incontro un musulmano, la prima cosa che gli chiedo è da dove viene, che Tradizione ha, perché è conoscendo ciò, che si riesce anche nella facilità di rapporti. Oggi ho incontrato i pakistani ed erano meravigliati che i musulmani non accettano il dialogo, però non facciamo un tutt’uno: abbiamo delle realtà distinte, abbiamo persone che si accolgono, con una cultura, inoltre abbiamo il musulmano che non pratica, come c’è il cristiano che va in chiesa a Natale e a Pasqua e facendo magari la guida turistica in Marocco, pretende di parlare dell’Islam o del Cristianesimo .

Le cose bisogna conoscerle e in questo senso, ricordo che quando domandavo i motivi della Tradizione mi sentivo rispondere: " Andiamo dall’Iman a domandarglielo". D’altra parte è comprensibile che talvolta non sia una religione conosciuta profondamente, pronta per essere spiegata anche da chi la pratica con coscienza. Inoltre, si creano situazioni particolari: noto che in questo periodo c’è un iperislamizzazione, perché questi immigrati, arrivando qui, temono di perdere la loro identità, e dunque forzano un po’ le cose: ragazze che in Palestina non si erano mai messo il velo, arrivando qui se lo sono messo . ......

Una religione che è però una religione universale, un musulmano sente che deve annunciare a tutti la fede islamica e vorrebbe portarla a tutti: inoltre è una fede ultima e definitiva, perché la parola di Dio, il Corano, è la rivelazione che ha completato e corretto le due precedenti rivelazioni, ovvero Ebraismo e Cristianesimo, una fede che spinge i musulmani a sentirsi a posto ed è questo sentirsi a posto che rende difficoltoso il dialogo e a ritenerlo inutile.....

Che fare di fronte a tutto questo? Bloccare il flusso di queste persone? Fare barricate? Incontrarsi dialogando? Mediare? Non lo so, vi offro però una riflessione frutto di anni di esperienza e di qualche scontro......

ESPERIENZA DI DIALOGO E SCONTRO .....

Pensate ai nostri peccati di apostasia, oggi cosa vuol dire lasciare una religione per prenderne un’altra? C’entra il concetto di libertà, di libertà religiosa, di libertà dello spirito e quando vi è denigrazione di una religione, ciò può essere davvero il male che si crea e si compie. Ma se la scelta libera di alcuni valori religiosi può arrivare a una religione, credo che oggi questo sia un valore dell’umanità e dell’uomo, perché siamo qui per cercare di convertirci a Dio, di capire se esiste Dio di fronte a tante relazioni o comunque di fronte a un mondo che oggi si presenta abbastanza materialista. Cosa testimonierà questa presenza di Dio? Il dono della fede. Ma cosa è il dono della fede che uno dice di avere e l’altro lo nega...

E sarà la carità, la scommessa dell’amore fino alla croce che testimonierà il nostro cristianesimo? E su questo punto potremo davvero unirci, cristiani e musulmani, comportandoci come persone che donano la vita senza la violenza? Vedete che allora c’è un cammino nuovo che ci aspetta e questo avverrà nella reciproca conoscenza....

............


Rispondi
Consiglia  Messaggio 9 di 26 nella discussione 
Da: floppyInviato: 28/07/2004 11.55
Cara Caterina, apprezzo il tuo modo di fare ecumenismo, ma dopo che ti leggo ben volentieri, questa volta non sono d'accordo su questi approcci.
Sembra che qui stiamo ricadendo nell'errore fatto con i comunisti del 1968 che ebbe a sfociare nella Teologia della Liberazione di recente condanna.
Questo Gesù che viene strumentalizzato con lo scudo di una falsa carità che non potrà che portare altre deviazioni alla fede cristiana.
Sono d'accordo che la Riforma protestante non ha fatto altro che confermare l'Islam e portarlo dove oggi è arrivato, ma poi non lamentiamoci dei fondamentalisti Pentecostali.
Ti ricordi cosa scrivevo qui? DIALOGO CON L'ISLAM
il post 51 del 20 maggio del 2002:
i vostri sforzi sono molto lodevoli, ma inutili, sono di un paese del Lazio, il nostro parroco una sera è stato aggredito e spaventato a morte (è stato male per tre giorni, ha 56 anni) da due italiani (si, italiani), musulmani, egli stava portando l'Eucarestia ad una coppia di anziani che non possono più muoversi troppo e lui gli porta anche la spesa. Gli hanno sputato in faccia, gli hanno menato, il parroco, viste le Ostie per terra, le ha subito raccolte e messe in bocca per salvarle, e loro gli spaccato il setto nasale mentre dicevano: < voi cristiani morirete tutti, la guerra santa islamica è cominciata, Allah è con noi.>
Alla polizia lui non ha voluto denunciare nessuno, ma sono stati presi e hanno confessato, dopo 15 giorni sono usciti in libertà protetti dal loro capo islamico di zona che ha pagato la cauzione. Il loro capo islamico gli ha intimato di non fare più queste cose, ma nemmeno lui ne i colpevoli sono mai venuti a visitarlo ne a chiedergli scusa. La polizia ha detto che se non c'è denuncia, avendo loro capito che avevano fatto del male, per la Legge italiana va bene così. Ora in paese c'è paura, lo sfottò sottile continua e nessuno vuole il dialogo.
Quindi puoi ritrascrivere tutta la Bibbia cara Caterina, ma il musulmano medio è pericoloso perchè non cerca il dialogo dialogare per loro è contro Allah perchè il Corano dice che esistono soltanto loro e noi siamo gli infedeli.
Aveva ragione la Vergine a Fatima: < Pregate, pregate, pregate!>
E leggi oggi cosa arriva:
10 Maggio 2004
PAKISTAN
Giovane cattolico muore sotto le violenze per convertirlo all’Islam
Crescono le tendenze alle conversioni forzate

Lahore (AsiaNews/Ucan) – Un ragazzo cattolico è morto sotto le violenze dei rapitori che cercavano di convertirlo all’islam. Il fatto ha suscitato scandali e critiche da parte dei cristiani e la Commissione episcopale di Giustizia e Pace ha deciso di citare in corte i responsabili.

Il giovane è morto per le violenze inflitte su di lui da parte di un insegnante e alcuni studenti di una scuola islamica. Una dichiarazione della Commissione di Giustizia e Pace afferma che l’incidente riflette “una pericolosa tendenza alle conversioni forzate”.

Lo scorso 17 aprile Javed Anjum, 18 anni, studente di economia e commercio si era fermato a bere dell’acqua  da un rubinetto a Toba Tek Singh, 310 km a sud di Islamabad. Un insegnante e alcuni studenti della Jamia Hassan bin Almurtaza Madrasa , una scuola religiosa islamica delle vicinanze, lo hanno catturato. Per 5 giorni egli è stato torturato finché le sue condizioni sono divenute così gravi che i suoi torturatori lo hanno portato a una stazione di polizia affermando che Javed Anjum aveva cercato di rubare una pompa elettrica per l’acqua e lo hanno denunciato per furto. Il giovane è stato preso in consegna dalla polizia fino al 24 aprile, quando alcuni medici lo hanno finalmente curato. Ma era troppo tardi. Secondo l’inchiesta della Commissione episcopale, il giovane è morto il 2 maggio in un ospedale di Faisalabad, per “blocco renale”. Nei giorni precedenti i medici avevano anche diagnosticato la rottura di alcune costole e la perdita della vista.

Secondo Giustizia e Pace, la polizia si è rifiutata di verificare le cause delle ferite di Anjum, e di investigare sulle accuse sporte contro di lui.

Il capo della Commissione episcopale, Peter Jacob, ha dichiarato che i responsabili della scuola islamica stanno cercando di dare l’impressione che Anjum fosse un drogato. Anche i responsabili politici musulmani locali stanno difendendo e proteggendo la scuola. “Tutto questo mostra – dice Jacob – che i colpevoli sono coscienti di quanto hanno fatto e disperatamente cercano di nasconderlo attraverso false accuse”.

La Commissione episcopale afferma che “l’intolleranza religiosa e la discriminazione sono le ragioni alla base di alcuni incidenti successi di recente, in cui alcuni giovani non musulmani sono stati con la forza convertiti all’islam e circoncisi contro la loro volontà”.

Lo scorso novembre un altro ragazzo pakistano cattolico, il 15enne Zeeshan Gill è stato preso da alcuni compagni di scuola e costretto a diventare musulmano. Alcuni insegnanti islamici lo hanno minacciato e picchiato, costringendolo a seguire lezioni alla Madrasa Jamia al Qasim al Aloom, una scuola islamica con annesso un collegio. Zeeshan Gill è riuscito poi a fuggire, ma da allora lui e i suoi parenti si sono nascosti per paura di essere uccisi.

La Commissione di Giustizia e Pace ha chiesto al governo del Punjab non solo di fare giustizia nel caso di Anjum, ma “di prendere misure a lungo termine per sradicare l’odio religioso e di seguire la legge, mettendo in atto provvedimenti contro questi odiosi crimini”. In una dichiarazione pubblica si domanda al governo federale “di assicurare uguaglianza nei diritti e nelle opportunità, unico modo per costruire una società basata sulla giustizia, la pace e i diritti umani”.

Va notato che l’insegnamento ufficiale dell’islam proibisce la conversione forzata.

Io invece vi dico che sono delusa da un atteggiamento continuamente di sottomissione alle regole dell'Islam.
Complimenti anche al nostro Paese che fino a quando non libererà della piaga comunista che sostiene l'Islam in Italia e vuole rimuovere ogni crocifisso, non avremo la possibilità di far valere la nostra dignità di cristiani a casa nostra e i nostri diritti.
Scusami lo sfogo, non ce l'ho con te, mi sei moltocara per quello che porti avanti, so che questo forum vuole mirare alla conoscenza del Corano che anch'io lo rispetterei se lo avessi davanti in una conversazione, ma non illudiamoci, gli scontri li avremo e sarà versato molto sangue.

 

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Consiglia  Messaggio 10 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 28/07/2004 13.29
...Caro.....floppy....(non ricordo se avevi dato un nome, ma mi pare fossi un uomo,comunque è irrilevante......)
Accolgo il tuo  sfogarti.....trovo che sia giustificato....
e francamente ti confesso che mi hai messo un tantino in difficoltà....... e si... non so cosa risponderti oltre, ovviamente, le frasi belle del Vangelo sul perdono....
Sono andata a rileggermi il collegamento....e ho letto che Billoben al quale anche  rivolgesti il messaggio che hai riportato....ti chiedeva SCUSA a nome dei musulmani per quanto era accaduto a quel sacerdote....
Insomma...anche se potrà sembrare banale per taluni..LA LEGGE DEL TAGLIONE AI CRISTIANI NON SI ADDICE......
Abbiamo indubbiamente il diritto alla difesa...ed è quanto la stessa Commissione Episcopale ha avviato circa la nuova recente notizia di questo giovane ucciso...... e se clicchi anche qui:
Nuove Catacombe  .......altro che legge del Taglione ci vorrebbe....ma noi inseriamo quei fatti per sensibilizzare noi e quanti leggono ad una COMUNIONE DI PREGHIERA E DI RISVEGLIO circa il cosa potremmo fare in un non troppo lontano futuro......
Su una frase che hai scritto concordo.....tu dici:
Sembra che qui stiamo ricadendo nell'errore fatto con i comunisti del 1968 che ebbe a sfociare nella Teologia della Liberazione di recente condanna.
Questo Gesù che viene strumentalizzato con lo scudo di una falsa carità che non potrà che portare altre deviazioni alla fede cristiana.
.......
sono d'accordo...il rischio è grande.....ecco perchè è ancora più importante il discorso anche dell'unità dei cristiani, divisi non potremmo mai affrontare una situazione che sta degenerando a macchia d'olio.....abbiamo bisogno di rivendicare l'unità del Corpo di Cristo che è la Chiesa...... combattere divisi significa semplicemente dare adito ai musulmani di continuare a sgretolare ulteriormente l'Europa.....
NON abbiamo di fronte UN NEMICO attenzione.....smettiamola di vedere l'Islam come un "nemico"......ma dobbiamo "combatterlo" nel momento in cui ci venisse, da parte loro, obbligata una conversione.....e come combattere? CON LA TESTIMONIANZA TENACE E DI FEDELTA' A CRISTO.....
Il successo attuale dell'Islam,oltre ad essere un progetto politico di sinistra......è anche provocato DALLA DECRISTIANIZZAZIONE DELLE MASSE......dal laicismo dilagante....e poichè l'uomo non può fare a meno di Dio...il richiamo che sente dentro dovrà prima o poi scontrarsi e confrontarsi con la realtà degli eventi.....qui o avviene il rifiuto di Dio....o lo si accoglie nel primo posto in cui ci sentiamo al fine soddisfatti.....
Caro floppy.....sta anche a noi impedire che "altri" ci vengano a togliere il diritto alla fede che professiamo.....e quando questi "altri"non saranno più solo extracomunitari-immigranti...ma saranno ITALIANI MUSULMANI..... rivendicheranno anch'essi gli stessi diritti....e sarà li che prevedo delle dure battaglie.....
Per ora fraternamente Caterina

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Consiglia  Messaggio 11 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 29/07/2004 14.35
dalla repubblica.it di oggi:
Ankara, 14:25
Turchia, integralisti bloccano soccorsi: annegate 5 sedicenni
Ankara, 14:25
Turchia, integralisti bloccano soccorsi: annegate 5 sedicenni

Gli insegnanti coranici avrebbero lasciato affogare in mare in Turchia cinque ragazze sedicenni, bloccando i soccorritori perché il Corano vieterebbe contatti uomo-donna a meno che non si tratti di parenti stretti. E i genitori delle ragazze avrebbero tenuto la bocca chiusa sulla vicenda, senza sporgere denuncia. Sarebbe avvenuto la settimana scorsa nei pressi del villaggio di Urla, vicino Izmir (Smirne). La storia, tutta da verificare, è stata riportata dal quotidiano turco "Hurriyet".
****************
se andassimo a scandagliare il Corano..... probabilmente vi troveremmo anche una condanna per una storia  del genere.........abbiamo da poco segnalato l'atto eroico dell'evangelico che non ha esistato di mettere a rischio la sua vita per salvare una bambina....e il sacerdote un anno fa che salvò alcuni ragazzi e ragazze per finire di morire stremato dalla fatica......
Ogni LIBRO definito Sacro....dovrebbe contenere in sè elementi unanimi di misericordia e di VITA PER LA VITA....e non di lasciar morire delle ragaezze solo perchè un costume interpretativo del Corano  vieterebbe......che degli uomini tocchino donne che stanno per morire.....
Il Corano questi elimenti li ha eccome.....perchè dunque INTERPRETARLI DIVERSAMENTE?
Come la Legge del Taglione...OCCHIO PER OCCHIO.....così è il danno della SOLA SCRIPTURA O SOLO CORANO......
Tirandoci in faccia versetti per versetti non faremo altro che portare nel mondo una pericolosa AUTODEMOLIZIONE......
Fraternamente Caterina
(Teofilo)
00venerdì 2 ottobre 2009 22:50
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Consiglia  Messaggio 12 di 26 nella discussione 
Da: Crociato2Inviato: 02/08/2004 13.37
Buon giorno a tutti.
Potremmo rintracciare molte testimonianze di musulmani convertiti grazie proprio alle dottrine cattoliche, ma poi risulteremmo troppo di parte.
Se vi può tornare utile qui abbiamo la testimonianza di un protestante che è diventato Ortodosso ed oggi lavora instancabilmente per il dialogo intereligioso con i musulmani evidenziando bene quali sono i pericoli della  fede a discapito della verità. Il problema rilevante è che fino a quando Protestanti e Cristiani non raggiungeranno unità almeno in alcune forme fondamentali del Cristianesimo, sia musulmani che altri, difficilmente potranno osservare che tutti abbiamo qualcosa in comune che ci unisce e che a dividerci è la dottrina della Sola Scriptura e del Solo Corano o della Sola Thorà come è stato fatto osservare.
by, Luca
Daniel Lieuwen, lettore nell'Arcidiocesi Antiochena Ortodossa d'America, è un convertito all'Ortodossia dal Protestantesimo. Di professione ricercatore informatico nel campo dei sistemi operativi, è autore di uno studio storico sulla nascita del Canone del Nuovo Testamento, che esamina molte pratiche a cui i protestanti muovono obiezioni, mostrando come tali pratiche siano anteriori all'accettazione comune del Libro dell'Apocalisse e alla rimozione di altri libri (come Il Pastore di Erma) dal Canone. In questo saggio si occupa di due tipiche obiezioni protestanti all'Ortodossia: la natura della fede e il valore delle icone
Coloro che pensano di poter avere Cristo come Salvatore ma non come Signore, mostrano uno spirito antinomico così estremo che è difficile considerarli cristiani anche nel senso più nominale della parola. I musulmani e gli ebrei ortodossi, con la loro riverenza per la legge di Dio sembrano più vicini allo spirito del cristianesimo di quanto lo siano questi "cristiani"). Sia gli ortodossi che i protestanti sono teoricamente d'accordo che senza l'azione di Dio nell'Incarnazione, l'uomo non può lasciare il proprio stato innaturale e peccaminoso, e giungere a Dio: ha bisogno della grazia. Avendo concordato su questo punto, essi sono in disaccordo sulla funzione delle opere. Parte del problema è che gli ortodossi sono ben più reticenti dei protestanti a parlare della salvezza come di un evento singolo. Piuttosto, la nostra salvezza e la nostra santificazione sono viste come parte di un processo continuo, cosicché per essere tecnicamente corretti non si potrebbe parlare di essere stati salvati senza parlare di essere nel processo della propria salvezza, e sperando infine di essere salvati al Giudizio Finale in modo conclusivo e decisivo

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Consiglia  Messaggio 13 di 26 nella discussione 
Da: Crociato2Inviato: 02/08/2004 14.03
Una singolare iniziativa di dialogo tra cristiani e musulmani, nelle Filippine e in altri Paesi asiatici.



Sono noti i fatti di violenza per mano di estremisti islamici da anni in atto nell’isola di Mindanao, nelle Filippine. Di meno si conosce sui negoziati di pace, sulla mediazione portata avanti da 7 anni sia dai vescovi cattolici e protestanti e religiosi musulmani. Tanto che si è costituito un organismo permanente che comprende anche due membri del governo responsabili dei colloqui di pace con i gruppi dei ribelli.

Un’esperienza questa che si è rivelata così costruttiva, da indurre i membri di questo organismo di promuovere il dialogo anche in altri Paesi dell’Asia. Fatto che è avvenuto recentemente a Pasay City, nelle Filippine. Per la prima volta si sono incontratI, in più di 100, vescovi cattolici, di altre Chiese cristiane, e ulamah, cioè religiosi musulmani, provenienti da 13 Paesi: dall’Indonesia, al Bangladesh e India, da Singapore allo Sri Lanka e Uzbekistan. Vi è intervenuto anche il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Michael Fitzgerald.

E’ dunque un altro volto dell’Islam quello che si è mostrato a Pasay City. Ce ne parla, al microfono di Fabio Colagrande, lo stesso mons. Fitzegerald.

**********
R. – Gli estremisti, i violenti, sono pochi: la maggioranza dei musulmani vogliono la pace, ma vogliono la pace con la giustizia.

D. – Comunque, la religione continua ad essere apparentemente causa di conflitti, soprattutto nell’Asia. Perché?

R. – Non credo che la religione sia ‘causa’ di conflitto, ma un ‘fattore’ del conflitto; entra nel conflitto e può aggravare il conflitto, ma normalmente non è la causa. Le cause sono altrove; le cause sono politiche economiche o sociali, ma la differenza di religione è un fattore che fortifica questo aspetto di conflitto.

D. – Questo incontro nelle Filippine ha visto dialogare i musulmani con i cristiani, sia cattolici che protestanti. Questo dialogo ecumenico favorisce in qualche modo l’incontro interreligioso?

R. – Il fatto che in molti Paesi dell’Asia, ad eccezione delle Filippine, i cristiani siano una piccola minoranza, rende più necessaria la collaborazione ecumenica tra cattolici e cristiani di altre Chiese e comunità. E questo si è avverato in questo Forum tra vescovi e ulamah. All’inizio erano solo i vescovi cattolici che si incontravano con i capi religiosi musulmani nelle Filippine; e poi, quasi dall’inizio hanno aperto anche a vescovi di altre Chiese, e questo è un buon esempio. Credo che sia importante che i cristiani siano uniti nell’incontrare persone di altre religioni.

D. – L’incontro si è concluso con un documento: i rappresentanti di diverse religioni hanno preso degli impegni molto importanti. Li vuole riassumere?

R. – E’ un documento che afferma la loro responsabilità, che riconosce la debolezza e le mancanze, come ad esempio il fatto che non abbiamo sempre rettificato i pregiudizi che possono contribuire alle discordie, ma anche si afferma che a volte le religioni sono manipolate. C’è un appello ad una maggiore responsabilità, un appello per contribuire alla pace, una condanna della violenza ... Noi come credenti di religioni di pace – si afferma - siamo chiamati a proclamare, a vivere e lavorare per la pace e condannare ogni forma di estremismo, di oppressione e di terrorismo. Crediamo che questi atti siano attacchi alla nostra dignità, che è comune. Poi questo documento parla anche dei ‘pilastri della pace’ - questo è preso dall’enciclica di Giovanni XXIII, Pacem in Terris - verità, giustizia, amore e libertà, e si è aggiunta anche la sincerità e la preghiera.

D. - Secondo lei, quella vissuta nelle Filippine, è un’esperienza di dialogo e di incontro delle religioni per risolvere i conflitti che può essere in qualche modo esportata?

R. – Credo che sia un incoraggiamento. A Mindanao, cercano di estendere questo dialogo non solo ai vescovi ed ai capi religiosi musulmani, ma anche ai capi locali, agli imam, ai parroci. Questo mi sembra molto importante: a livello di villaggio, di quartiere si incontrano e poi aiutano la popolazione ad incontrarsi.


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Consiglia  Messaggio 14 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 03/08/2004 14.39
Un pastore evangelico chiede:
Perchè nei Paesi islamici la morte infantile è così frequente, gli ospedali e i pubblici servizi sono quasi assenti e la dignità della donna viene costantemente violata?
.........
diciamo subito che la morte infantile avviene anche in Africa che se è vero che non è a maggioranza cristiana comunque i cristiani ci sono......specie evangelici che stanno superando i cattolici con tutti i loro gruppi denominazionali......e dove gli ospedali NON prolificano....e dove la dignità della donna è ugualmente calpestata.....ma su quest'ultima questione....c'è da chiedersi perchè si permetta ad un pastore di nome Butindaro di CALPESTARE UGUALMENTE LA DIGNITA' DELLA DONNA...accusandola e minacciandola di dannazione eterna PERCHE' SI DEPILA......O PERCHE' PORTA UNA MINIGONNA.......Per tutti i bibliolatri
Alcune chiese evangeliche OBBLIGANO LE DONNE  a portare il velo......obbligano le donne a non truccarsi e a non portare monili.......
Le donne fra gli evangelici vivono contraddizioni...in alcune chiese possono diventare pastore, in altre è severamente proibito....solo i pastori poi VENDONO CASSETTE DI PREDICAZIONE...le donne non lo possono fare.....
Consultate gli indici di libri di predicazioni...sono tutti UOMINI......la donna evangelica deve del resto essere sottomessa al marito in termini SCRITTURALI......è la DONNA AD ESSERE RIPUDIATA il più delle volte, raramente avviene il contrario......
Guardate i siti evangelici...non ne esite uno che sia fondato e gestito da donne evangeliche (chissà forse avremmo lanciato ora l'idea?......), la maggior parte delle donne dei pastori poi, fanno loro da segretarie.....
Infine è vera una cosa...GRAZIE INVECE AL CRISTIANESIMO e più prettamente alla Chiesa che la donna ha avuto riconoscimenti per il suo genio femminile in questi 2000 anni...certo, fu anche perseguitata....umiliata, ma nei termini dottrinali ed esegetici la Donna nella Chiesa ha trovato una collocazione CHE LA ELEVA NELLA SUA DIGNITA' MATERNA......:
ha fondato Istituti, Missioni e Congregazioni.......
ha scritto opere letterarie di spiritualità e di esegetica......
nel ricordo della Comunione dei Santi ha pari dignità con l'uomo.....
e l'unica realtà di fede CRISTIANA che l'ha riconosciuta nel ruolo di...DOTTORE DELLA CHIESA.......è stato proprio nella Chiesa.....
La donna nella Chiesa è:  suora, missionaria, mistica, madre di famiglia, laica nel mondo con un comportamento cristiano...
Nell'esempio del pastore potremmo citare CUBA...e già...perchè grazie al comunismo allora...la mortalità infantile è stata ridotta all'1%........anche l'analfabetismo è stato ELIMINATO....oggi il 96% dei bambini cubani è istruito...peccato un particolare....l'istruzione non permette la conoscenza di Cristo......
In compenso da 10 anni a questa parte nella Cuba dei vacanzieri è arrivato al 69 % la prostituzione...e al 30% l'abuso sui minori.....
Nell'Islam una cosa è veramente da accogliere come una meditazione....non c'è la prostituzione e l'abuso sui minori si paga in alcuni luoghi con la morte......
Comprendiamo bene che quando una Legge è un obbligo la si digerisce male....tuttavia io credo che non è certo colpa del Corano o dell'Islam in sè a creare queste aberrazioni...il problema va cercato altrove perchè come abbiamo dimostrato anche i cristiani hanno molti problemi.....
Fraternamente Caterina

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Consiglia  Messaggio 15 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 03/08/2004 23.07
Parlamo de cose serie che è mejo........

Dichiarazione congiunta
sulla situazione in Iraq del Comitato
Islamo-Cattolico di Coordinamento


Pubblichiamo in una nostra traduzione italiana la Dichiarazione congiunta sulla situazione in Iraq del Comitato Islamo-Cattolico di Coordinamento: 
In quanto Presidenti del Comitato Islamo-Cattolico di Coordinamento condanniamo con fermezza, a suo nome, gli atti terroristici che continuano a essere perpetrati in Iraq e che coinvolgono anche la popolazione civile. In particolare, condanniamo gli attacchi suicidi in aree nelle quali si trovano luoghi di culto e che sono rivolti sia contro musulmani sia contro cristiani riuniti per la preghiera.
Tali atti di cieca violenza offendono il sacro nome di Dio e la vera religione. Manifestano un grossolano fraintendimento della storia e della cultura di questo Paese dolorosamente provato. Essi rappresentano una grave minaccia alla coesistenza pacifica e allo  sviluppo  ordinato  della  società  irachena.
Auspichiamo sinceramente che, con l'aiuto di Dio Onnipotente e Misericordioso, il popolo iracheno possa finalmente godere del dono della pace, in un clima di rispetto reciproco e di autentica collaborazione fra tutti i suoi cittadini di qualsiasi tradizione religiosa.

Prof. Dr. HAMID BIN AHMAD AL-RIFAIE
Presidente del Forum Islamico
Internazionale per il Dialogo

Gedda, Jumada 2nd 16, 1425 H
Arcivescovo MICHAEL L. FITZGERALD
Presidente del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso

Vaticano, 2 agosto 2004 A.D.


(©L'Osservatore Romano - 4 Agosto 2004)

Rispondi
Consiglia  Messaggio 16 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSNdiscepolo7777Inviato: 09/08/2004 12.02
Cara Caterina,
sono molto perplesso non tanto dalle tue posizioni, ma dal tono e dal modo con cui ti esprimi. Sembra quasi che tu consideri più tuoi fratelli i musulmani dei protestanti.

Sono molto, molto perplesso. E poi (scusami la franchezza), fa veramente ridere l'accusa a Lutero di avere favorito in qualche modo l'avanzata dell'Islam. I primi responsabili dell'avanzata dll'Islam sono proprio le chiese che poi hanno dato vita alla chiesa cattolica e a quella ortodossa. Le divisioni fra i cristiani sono iniziate ben prima di Lutero.

Un'altra cosa. Cerca di limitare i punti sospensivi. Sei quasi illegibile.
Pace.
FA
Consiglia  Messaggio 17 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 09/08/2004 13.31
Ciao discepolo, benvenuto........
dici bene...SEMBRA.....ma non è così..............per me i protestanti-evangelici sono realmente FRATELLI....non ho dunque la necessità di convincermi di questo e farne partecipi gli altri.....più difficile come ben sai è infatti la questione con i musulmani.......che al di là dell'enorme separazione che divide restano PER ME ugualmente FRATELLI....ma che non riconoscendo Cristo...Gesù però MORI' ANCHE PER LORO......
In molti Paesi anch'essi sono vittime del loro stesso fondamentalismo...molti musulmani sono morti perchè s'indirizzavano alla conoscenza del cristianesimo......
Lutero si...amico mio...FU COLPEVOLE DI UNA GRAVISSIMA DIVISIONE......nessuno nega la necessità di una Riforma che occorreva fare, ma non era creando una chiesa fuori che questa Riforma poteva avvenire......
Lutero fu colpevole COME LO FUMMO NOI......e come lo sono oggi molti evangelici che negano Maria quale MADRE DI DIO che per oltre 1500 anni tutta la chiesa così ha predicato......mentre da dopo il 1600 iniziarino, Avventisti, Montanisti, nuovi Modalisti..ecc....a negare la verità trinitaria....togliendo a Maria il ruolo che Dio le diede THEOTOKOS.........
ma rispettiamo i forum per parlare di Maria ce ne sono altri......
Le divisioni fra cristiani certamente iniziarono prima....ma non nei termini enunciati da Lutero eliminando le FONDAMENTA DELLA DOTTRINA CRISTIANA.......
le divisioni c'erano già al tempo degli apostoli....poi scrivi:
....I primi responsabili dell'avanzata dll'Islam sono proprio le chiese che poi hanno dato vita alla chiesa cattolica e a quella ortodossa. ...
.....
amico mio...sei a corto di storia.....se per te la "chiesa cattolica" ha preso un altra strada dissociandosi da una chiesa che non sapete identificare....... fin dal primo secolo dopo gli apostoli abbiamo nomi di vescovi cattolici (cioè UNIVERSALI) aricioè espressione di UNA SOLA GRANDE CHIESA CHE SI ANDAVA FORMANDO......essi credavano nell'intercessione dei santi, nella VERGINE MADRE DI DIO, nell'Eucarestia quale vero Corpo e Sangue di Cristo....celebravano riti e Liturgie......l'identificazione era CHIESA OCCIDENTALE DI RITO LATINO (Roma) CHIESA ORIENTALE DI RITO GRECO  (Oriente-Alessandria, antiochia, poi Costantinopoli)....VOI DOVE ERAVATE?
Dove eravate nei Concilii??
Maometto aveva ottimi rapporti con i MONACI CRISTIANI.....mai fu fattoloro del male...la guerra vera e propria iniziò con la questione di Bisanzio....nessuno nega colpe e responsabilità, troppo comodo, caro discepolo, uscirtene oggi per CONDANNARE.....dove era la TUA chiesa all'epoca.......qui rimaniamo a discutere sui musulmani....
(Teofilo)
00venerdì 2 ottobre 2009 22:52
Rispondi
Consiglia  Messaggio 19 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 20/08/2004 23.30
29 Aprile 2004
VATICANO - ISLAM
No del Vaticano alle chiese usate come moschee

di Bernardo Cervellera

http://www.asianews.it/dos.php?l=it&dos=&art=696

Città del Vaticano (AsiaNews) –  Può una cattedrale cristiana  essere usata anche dai musulmani? Al Vaticano sembra “problematico”. La polemica sull’uso della cattedrale di Cordoba è giunta fino ai vertici della Curia romana, ma a differenza di quanto dichiarato da rappresentanti islamici, non è mai giunta una richiesta formale. AsiaNews, che segue gli sviluppi dell’Islam in tutto il mondo, ha intervistato mons. Michael L. Fitzgerald, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Mons. Fitzgerald consiglia ai musulmani di Cordoba di “accettare la storia” senza volersi “prendere delle rivincite”, allo stesso modo in cui i cattolici non rivendicano edifici passati sotto l’Islam: “Il Santo Padre ha fatto visita alla Moschea Ummayade di Damasco [che era una basilica bizantina – ndr]… ma non ha chiesto di celebrare la messa nella moschea”. Alle autorità spagnole, socialiste e dell’Izquierda Unita, che consigliavano l’uso comune del monumento per mostrare una chiesa “aperta e dialogica”, mons. Fitzgerald dice che essi “non hanno la sensibilità teologica necessaria per capire la posizione della Chiesa”. In futuro gli Stati si potranno accollare il compito di tenere luoghi di culto (in aeroporti, prigioni, ecc…) ad uso di ogni religione, ma non le chiese, né le moschee. Ecco di seguito l’intervista completa a mons. Fitzgerald.

Eccellenza , i musulmani di Cordoba dicono che hanno inoltrato una domanda al Vaticano per poter utilizzare la cattedrale della città come moschea. E’ vero?

Nel marzo scorso il nostro Consiglio, insieme al World Islamic Call Society, che ha sede in Libia a Tripoli, ha organizzato un colloquio sulla formazione dei sacerdoti e degli Imam. Nella delegazione islamica vi erano dei rappresentanti spagnoli. Durante questo convegno il sig. Escudero di Cordoba ha presentato una richiesta in spagnolo, con una lettera del sindaco di Cordoba, indirizzata al capo della delegazione musulmana, dott. Sherif, e ha accennato al loro desiderio di uso comune della cattedrale. Ma lui non l‘ha considerata. E noi stessi, abbiamo detto al dott. Sherif che questo problema non era a tema nel convegno. Nell’ultima sessione, quando si discuteva la dichiarazione finale del convegno, il sig. Escudero ha di nuovo sollevato il problema di Cordoba. E io ho risposto che sull’uso della cattedrale la responsabilità è del vescovo della città, è responsabilità della chiesa locale.

Ma sarebbe possibile l’uso della cattedrale anche per i musulmani?

Ci vuole una riflessione più generale: come vi sono complessi monumentali a Cordoba, così ci sono altri edifici nel mondo che hanno cambiato l’uso originario – tipo la Aghia Sophia a Istanbul, divenuto un museo islamico, anche se c’è pressione da parte di alcuni musulmani di ritornare all’uso di moschea. Il Santo Padre ha fatto visita alla Moschea Ummayade di Damasco, pregando di fronte al mausoleo di san Giovanni Battista, ma il Papa non ha chiesto di celebrare la messa nella moschea. È difficile mettere insieme la convivenza fra cristiani e musulmani, volendo risalire la storia, o volendo prendersi delle rivincite. Bisogna accettare la storia e andare avanti.

L’uso di un edificio comune per diverse comunità è problematico. Vi sono spazi utilizzati in questo senso, ad esempio le cappelle negli aeroporti, ma non sono delle vere chiese, né delle moschee. Sono spazi interreligiosi: possono essere usati da ebrei, cristiani, musulmani, o persone di altre religioni. Ma questa è una specie di convenzione, per permettere l’uso comune. Questa non è però la realtà di Cordoba, dove l’edificio appartiene a una comunità specifica.

Ma non è che quando i musulmani pregano in un luogo, questo non diventa subito "Dar al –Islam, terra dell’Islam e loro proprietà?

No, non sempre. I musulmani hanno pregato perfino in Vaticano, in questo edificio, ma non lo rivendicano. Una strada dove i musulmani svolgono la preghiera non appartiene alla comunità islamica.

Le autorità politiche di Cordoba suggeriscono alla Chiesa di permettere l’uso della cattedrale ai musulmani, rispettando "il valore universale dell’edificio" e mostrando una chiesa aperta e dialogica. Lei cosa pensa?

Le autorità politiche spagnole cercano di accontentare tutti i componenti della società. Ma talvolta non hanno la sensibilità teologica necessaria per capire la posizione della Chiesa. Anche noi vogliamo vivere in pace, con le persone delle altre religioni, ma non vogliamo essere spinti, manipolati e andare contro le stesse regole della nostra fede.

Gli stati hanno problemi a mettere insieme identità differenti e convivenza sociale. Ci potrà essere in futuro un uso comune delle strutture?

Come ho già detto vi sono attualmente i luoghi di culto negli aeroporti. Vi è necessità anche nelle prigioni. In molti carceri vi sono musulmani che vogliono pregare e hanno bisogno di un luogo. Là dove c’è la cappella cristiana, conviene continuare a usarla come tale e non è opportuno utilizzarlo come luogo comune di culto. Lì dove non c’è un luogo di preghiera, le autorità statali possono anche pensare a un luogo comune.

In nome di che cosa non va usata una chiesa come moschea?

Se è una cappella cattolica, con la presenza del Santissimo Sacramento, non converrebbe celebrare la preghiera di un'altra tradizione religiosa.

In questo tentativo dei musulmani di usare la cattedrale di Cordoba come moschea, alcuni vedono un tentativo di "invasione islamica" dell’Europa. Qual è la sua opinione?

Vi sono alcuni musulmani che giudicano l’Europa in piena decadenza e hanno lo scopo e l’aspirazione che l’Europa sia islamizzata. Per loro l’Islam è la risposta per una rinascita religiosa. Non sono un gruppo maggioritario, ma esistono. Però vi sono anche musulmani che vogliono semplicemente convivere con altre fedi, in un modo compatibile con la legge e la tradizione del paese in cui si trovano.



Vedi anche
29-04-2004 Spagna – Islam - Musulmani chiedono di usare la cattedrale di Cordoba ...
29-04-2004 SPAGNA - Islam - La moschea-cattedrale di Cordoba (Scheda)
  4-07-2004 vaticano - Papa: Cattolici e ortodossi insieme per risvegliare le ...
27-06-2004 vaticano - Papa: Maria ci ottenga l’unione fra cattolici e ...
29-04-2004 islam - Chiese cristiane trasformate in moschee (Scheda)

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Consiglia  Messaggio 20 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 06/10/2004 16.21
Tre anni di lotta al terrorismo

Da “La Civiltà Cattolica” n. 3703 del 2 ottobre 2004


C’è una tragica linea ideale che l’11 settembre 2001 parte da New York e il 1° settembre 2004 giunge a Beslan, nell’Ossezia del Nord. È la linea del terrorismo di matrice islamica, che in tre anni ha seminato la morte in molti punti del pianeta: 2.823 morti a New York e Washington (11 settembre 2001), 202 morti a Bali (Indonesia, 12 ottobre 2002), 21 morti a Jerba (Tunisia, 11 aprile 2002), 31 morti in Pakistan (marzo-giugno 2002), 45 morti in Marocco (16 maggio 2003), 52 morti a Riyadh (Arabia Saudita, 12 maggio e 8 novembre 2003), 63 morti in Turchia (15-20 novembre), 175 morti nel teatro Dubrovka e 39 nella metropolitana di Mosca (6 febbraio 2004), 191 morti a Madrid (Spagna, 11 marzo 2004). La serie si chiude per ora con i 400 morti – tra cui 156 bambini – della scuola di Beslan (1-3 settembre 2004). In questo elenco non sono compresi gli innumerevoli attentati che quasi ogni giorno insanguinano, da una parte, la Palestina e, dall’altra, l’Iraq, le cui vittime ormai non si contano più.

Questo per dire che tre anni di lotta al terrorismo islamico hanno conseguito scarsi risultati. Non solo non sono stati catturati i capi di al-Qaeda, ma essi possono fare da al-Jazira – l’emittente televisiva del Qatar, che sta rendendo al terrorismo islamico un grande e prezioso servizio – proclami minacciosi; e, se parecchi terroristi, in genere di livello medio-basso, sono stati uccisi o catturati, un numero probabilmente maggiore ne ha preso il posto. E ciò nonostante due guerre (Afghanistan e Iraq) da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati e una (Cecenia) da parte della Russia; e benché gli Stati Uniti abbiano speso – a quanto si dice – ben 144 miliardi di dollari per combattere il terrorismo.

Così oggi il mondo si trova sotto attacco da parte di un terrorismo che in pochi anni è molto cambiato – purtroppo in peggio – rispetto al passato anche recente.

* * *
In realtà, il terrorismo islamico non è cambiato nei suoi fini che persegue fin dalla sua nascita ad opera di Osama bin Laden: combattere i giudei e i "crociati" (i cristiani, visti come i nemici da sempre dell’islam); combattere contro il mondo occidentale – in primo luogo gli Stati Uniti – che cerca di dominare i popoli islamici e di derubarli delle loro ricchezze e che, d’altra parte, per il suo ateismo e per la sua corruzione, costituisce un grave pericolo per la fede islamica; vendicare le offese e i danni che il colonialismo occidentale ha arrecato sia alla dignità dei popoli islamici, sia alla loro cultura e al loro sviluppo economico; privare del potere quei governi dei paesi a maggioranza islamica che si sono alleati con l’Occidente e hanno permesso che militari americani calpestassero il suolo sacro di un paese musulmano e se ne servissero come base logistica e militare per combattere contro altri paesi musulmani e depredarli del petrolio, la grande ricchezza che Allah ha dato ai "credenti", negandola agli "infedeli".

Se questi fini del terrorismo islamico restano immutabili, sono cambiate almeno in parte le strategie.

Anzitutto si sono moltiplicate le sigle, anche allo scopo di confondere gli avversari, i quali non sanno se i gruppi che agiscono sotto nomi nuovi siano formazioni veramente nuove oppure siano formazioni vecchie con nomi nuovi. Così tutte le analisi, che si compiono sui gruppi terroristici allo scopo di individuarli, risultano spesso carenti e servono poco allo scopo che ci si prefigge nel redigerle: quello di conoscere i movimenti dei gruppi terroristici e i legami che stringono tra loro.

È poi probabile che i gravi colpi ricevuti in questi anni da al-Qaeda ne abbiano incrinato l’unità della direzione, anche se l’egiziano Ayman al-Zawahiri, autore nel 2001 del pamphlet “Knights under the Prophet’s Banner” (Cavalieri sotto la bandiera del Profeta [Maometto]), ideologo del Jihad islamico e progettista, insieme con Osama bin Laden, dell’attentato dell’11 settembre 2001, parlando recentemente dal video di al-Jazira, ha proferito gravi minacce contro l’Occidente come vice di Osama bin Laden nella direzione di al-Qaeda. Quello che è certo è che al-Qaeda si muove sotto la direzione di capi locali che, mentre intrattengono stretti contatti con il centro direttivo, hanno il vantaggio di conoscere le situazioni locali e quindi di colpire con maggiore precisione ed efficacia.

Ad ogni modo, si deve rilevare che né il terrorismo né gli Stati Uniti sono riusciti in questi tre anni a raggiungere i loro scopi.

Infatti il terrorismo ha arrecato gravi danni agli Stati Uniti e ai loro interessi economici nel mondo, ma non ne ha scalfito la potenza; soprattutto, non è riuscito a mobilitare le masse musulmane e a prendere il potere in nessuno stato a maggioranza islamica; anzi, ha perduto la roccaforte afghana e ha perduto l’appoggio di molti musulmani residenti in Europa.

Da parte loro, gli Stati Uniti non sono riusciti a battere il terrorismo; anzi, con la guerra contro l’Iraq, lo hanno fatto nascere e crescere in un paese – l’Iraq – dove prima della guerra non esisteva.

* * *
Il mutamento più grave avvenuto nel terrorismo è il superamento del senso, sia pure minimo, di umanità.

A Beslan i terroristi – e tra essi c’erano anche donne – hanno preso in ostaggio donne e bambini, li hanno malmenati, se ne sono fatti scudo e poi hanno sparato contro di essi, uccidendone un gran numero.

In Iraq i terroristi non solo hanno compiuto sanguinosi attentati contro gli stessi iracheni, ma con estrema ferocia hanno catturato e sgozzato persone innocenti, facendone poi trasmettere dalla compiacente al-Jazira le immagini filmate dello sgozzamento.

In tal modo il terrorismo ha voluto mostrare che non si fermerà neppure dinanzi agli atti di più orrenda ferocia, pur di raggiungere i propri obiettivi. Tanto più che si tratta di colpire i nemici di Allah e dei "credenti", che non solo sono "infedeli" e "corrotti", ma bestemmiano contro il Profeta, negano che egli sia l’Inviato di Allah, negano l’unicità di Allah associandogli altre divinità, rigettano la Rivelazione contenuta nel "glorioso Corano", e soprattutto cercano di insidiare la fede dei credenti col loro razionalismo e il loro laicismo e di corromperne i costumi con la loro civiltà atea e materialista.

I terroristi di oggi desiderano creare nel mondo spavento e paura e in tal modo indebolire i loro avversari, costringendoli a spendere somme enormi per difendersi dagli attentati, a restringere gli spazi di libertà e di movimento dei loro cittadini, ad essere sempre in ansia e in allarme, sapendo che il terrorismo è oggi internazionale e può colpire in qualsiasi luogo e in ogni momento.

Di qui il ricorso che esso fa ai mezzi di comunicazione. Purtroppo i media occidentali, concedendo un grande spazio alle imprese dei terroristi – uno spazio, si noti, tanto più grande quanto più è spaventosa la loro ferocia –, rendono al terrorismo un grande servizio, che mai esso avrebbe potuto sperare di ottenere con i propri mezzi.

* * *
Un fatto per certi aspetti nuovo nella storia del terrorismo è il legame che esso oggi stabilisce col nazionalismo: in Russia col nazionalismo ceceno e caucasico; in Iraq col nazionalismo iracheno.

In tal modo il terrorismo dà alle sue imprese più orribili, come l’eccidio di donne e bambini perpetrato a Beslan, un alone di legittimità e di grandezza che certamente non merita. Le azioni terroristiche, cioè, anche le più orrende e crudeli, ricevono un’apparente legittimazione per il fatto che aiutano un popolo a conquistare la propria indipendenza, e sono azioni ritenute eroiche perché il terrorista sacrifica la propria vita per la liberazione di un popolo dal dominio straniero.

Così, per quanto riguarda la tragedia di Beslan, si deve ricordare che essa è stata compiuta da un commando terrorista di 33 persone, organizzato da Shamil Salmanovic Basaiev, un ceceno che da molti anni combatte per l’indipendenza della Cecenia dalla Russia, come egli stesso ha raccontato sul sito internet degli indipendentisti ceceni (kavkazcenter.com), facendo sapere, fra l’altro, che la strage, da lui attribuita all’intervento dei militari russi, è costata 8.000 euro. L’azione era diretta – dice Basaiev – non a uccidere i bambini (la strage sarebbe stata compiuta dalle forze speciali russe per ordine di Putin), ma a ottenere l’indipendenza della Cecenia: "indipendenza in cambio di sicurezza".

La stessa cosa è avvenuta in Iraq: terroristi sono giunti da ogni parte per combattere per l’indipendenza dell’Iraq, che è oggi un paese "occupato" militarmente dagli americani, e dalle altre forze della coalizione, e governato politicamente da iracheni "traditori", imposti dall’America e ligi ai suoi interessi in campo petrolifero. Di qui gli attentati terroristici contro i membri del governo provvisorio e contro gli iracheni che vogliono arruolarsi nella polizia o nell’esercito; di qui i rapimenti di persone che appartengono a nazioni che hanno militari in Iraq (ma non solo quelle) e che vengono usate come arma di ricatto per costringere tali nazioni a ritirare le loro truppe di "occupazione".

Non conta nulla per i terroristi il fatto che si tratti di persone che sono in Iraq per ragioni di lavoro o per motivi umanitari, com’è il caso di due giovani italiane, Simona Pari e Simona Torretta, che da molto tempo lavoravano a Baghdad nell’organizzazione umanitaria "Un ponte per...", per ripristinare e migliorare l’attività scolastica con il programma Farah (speranza) per l’educazione in Iraq. Quello che conta, per i terroristi, è che sono "italiane", per di più "donne" e dunque possono servire per ricattare il governo italiano e costringerlo a ritirare i militari italiani che "occupano" Nassiriya.

Purtroppo i terroristi iracheni sono capaci di compiere atti di orrenda ferocia e di ostentarli in televisione o nei loro siti web, mostrando lo sgozzamento o il taglio della testa delle loro vittime. Questo fatto – tristissimo – non fa presagire nulla di buono per coloro che sono in mano ai rapitori iracheni. Motivo ulteriore di angosciosa preoccupazione è il fatto che i rapitori mantengono un lungo e assoluto silenzio sul destino delle persone rapite, allo scopo evidentemente di accrescere l’angoscia della gente e spingerla a far pressione sui propri governi, perché ritirino i militari dall’Iraq, e di tenere sulla corda i governi interessati. [...]

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Il link alla rivista dei gesuiti di Roma i cui articoli sono rivisti e autorizzati dalla segreteria di stato vaticana:

> “La Civiltà Cattolica”

E un servizio di www.chiesa su un precedente editoriale della “Civiltà Cattolica”, anch’esso sull’islam, che ebbe una risonanza straordinaria in tutto il mondo:

> Chiesa e islam. “La Civiltà Cattolica” rompe la tregua (21.10.2003)
(Teofilo)
00venerdì 2 ottobre 2009 22:53
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Consiglia  Messaggio 21 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 06/10/2004 16.25
”Apocalypse Now” islamica. Un commento di Pietro De Marco


A commento del “mutamento più grave” avvenuto secondo “La Civiltà Cattolica” nel terrorismo islamico dell’ultima fase – ossia il suo colpire gli operatori umanitari e il suo uccidere i bambini – il professor Pietro De Marco, esperto di geopolitica religiosa e professore alla Facoltà Teologica di Firenze e dell’Italia Centrale, ci ha trasmesso una nota.

In essa egli osserva che se “il terrorismo colpisce un Occidente solidale, fatto di persone vicine alle sofferenze delle popolazioni”, è perché “per gli integralisti islamici tale Occidente non esiste, non deve esistere”. Essi vogliono “dimostrare che c'è un solo Occidente, quello che deve essere combattuto”. Ma oltre a questo, i terroristi vogliono anche “occultare le molte facce dell’Occidente, in Iraq e altrove, e specialmente il legame positivo, anzi necessario (che sfugge allo stesso volontariato pacifista) tra la presenza attiva dell'Occidente armato e quella dell'Occidente solidale e imprenditivo, alla base della costruzione di un paese nuovo”.

Quanto all’uccisione deliberata dei bambini, De Marco richiama una scena del film “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola. Il colonnello Walter Kurtz interpretato da Marlon Brando, eroe di guerra trasformatosi in capo di un sanguinario esercito irregolare contro i Vietcong, rivela un episodio del conflitto del Vietnam che è il perno etico dell'intera azione drammatica:

"Ricordo quand'ero nelle forze speciali. Andammo in un campo a vaccinare dei bambini contro la polio. Lasciato il campo fummo raggiunti da un vecchio in lacrime, cieco. Dopo la nostra partenza erano venuti i Vietcong e avevano tagliato ogni braccio vaccinato. Le piccole braccia erano lì, in un mucchio".

Dice ancora Kurtz: "Mi ricordo che ho pianto come una madre. Poi, improvvisamente, ho capito, come fossi stato colpito da una pallottola di diamante in piena fronte: erano quadri addestrati, non erano dei mostri; che genio, che volontà, e che moralità c'era in quella volontà. Per questo loro erano più forti di noi. Ci servono uomini con senso morale e che, allo stesso tempo, siano capaci di utilizzare i loro primordiali istinti di uccidere senza discernimento. È il voler giudicare che ci sconfigge".

De Marco osserva: “Il terrorismo sposato dal purismo islamico, non meno che da sue contraffazioni, sembra aver visto ‘Apocalypse Now’ e voler imitare i Vietcong del racconto, per sperimentare due esiti radicali”.

Il primo esito è “quello, appunto, della ‘moralità’ di una lotta che non deve permettere che il nemico sia buono”. Colpendo le organizzazioni umanitarie, il terrorista lo fa “per affermare la propria autorità sul Bene e sul Male: non è ora il momento del Bene, ovvero non vi è Bene ora se non nel male dell'Altro”. Mentre nell’uccidere i bambini “il terrorista afferma una sovranità sopra la morale e le regole culturali ordinarie, poiché non può, quindi non deve, esservi niente di ordinario fino al successo della causa”.

Il secondo esito “conta sulla nostra impossibilità di esercitare una risposta simmetrica, se non individuale e maledetta come quella di Kurtz, a questa ‘superiore moralità’ che sospende ogni moralità. Conta sul rifiuto occidentale cristiano a seguire fino in fondo la via terroristico-etica. La scandalosa ‘mediocritas’ cristiana sopprime piuttosto il terrorista che nasce dal proprio seno, colpisce l'eretico che tenta l'aldilà del Bene e del Male : come in ‘Apocalypse Now’ ove Kurtz sarà abbattuto”.

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Il testo integrale della nota di Pietro De Marco, ricca di altri spunti di riflessione:

> “Apocalypse Now”, Conrad, Eliot e il terrorismo islamista

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Un libro


Il ruolo cruciale svolto dal fattore religioso nel terrorismo islamico suicida è al centro del saggio pubblicato in questi giorni in Italia da uno studioso americano di economia religiosa, Laurence R. Iannaccone della George Mason University di Fairfax, Virginia, e da Massimo Introvigne fondatore e direttore del CESNUR, Centro Studi sulle Nuove Religioni.

I due autori individuano così la ragione fondamentale del successo dell’impresa terroristica in campo musulmano, e l’antidoto da adottare:

“A differenza di quanto avviene nel mondo cristiano, la domanda di estremismo religioso disposta a percorrere la strada della violenza (che esiste potenzialmente in ogni religione) incontra in campo musulmano un’offerta adeguata. Esistono cioè organizzaazioni che beneficiano del sostegno almeno passivo di vasti network all’interno della tradizione religiosa di cui fanno parte e che reclutano, addestrano e organizzano i terroristi suicidi. [...] Contro le imprese terroriste la sola concorrenza in grado di sottrarre loro quote di mercato e di consumatori è la concorrenza di un vigoroso islam conservatore, che è stato ovunque represso e che invece è importante favorire e rafforzare”.

Laurence R. Iannaccone, Massimo Introvigne, “Il mercato dei martiri. L’industria del terrorismo suicida”, Lindau, Torino, 2004, pp. 160, euro 14,00.

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Sulla politica vaticana per l’Iraq d’oggi:

> Il Vaticano impegna in Iraq le sue divisioni. Sotto le insegne NATO (28.9.2004)

E sempre in questo sito, una selezione di articoli sull’Iraq e il mondo musulmano:

> Focus su ISLAM

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Consiglia  Messaggio 22 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 12/10/2004 11.12
Quanto segue è legato al post n. 21.....da un altro punto di vista.....certamente non cattolico.....
Le trappole dei sionisti cristiani

Analisi  di Barbara Spinelli

 

6 aprile 2003

Da quando è cominciata la guerra delle truppe inglesi e statunitensi in Iraq si parla molto, a Gerusalemme, dell’Israelizzazione dell’America di Bush. E’ un termine coniato dall’editorialista Gideon Samet, sul giornale Ha’aretz, e descrive bene il rapporto fra le due nazioni man mano che procede la guerra per la conquista di Baghdad.

Fra le condotte dei due Stati sono apparentemente numerose le somiglianze, e una certa affinità sembra esistere anche sul piano psicologico, fra due nazioni che si sentono egualmente minacciate da un nemico che mette in forse la loro stessa esistenza: dal terrorismo kamikaze, e da forme d’odio che spesso paiono irrazionali, e in ambedue i casi sono comunque vissute come espressioni di rigetto razziale.

Anche il governo americano corre il pericolo di perdere la vittoria che sta per ottenere, così come le classi dirigenti d’Israele hanno perso successivamente la vittoria ottenuta trentasei anni fa nella guerra dei Sei giorni, e poi in maniera ancora più palese la guerra del Libano nell’82. I commentatori israeliani non si stancano di mettere in guardia l’alleato Usa: «State attenti a non agire come noi abbiamo agito in Libano» - ripetono - e cercate di capire meglio i paesi in cui entrate, le passioni che agitano la loro storia, le nascoste aspirazioni che li animano. Anche Israele fu accolta con entusiasmo dagli sciiti del Libano, quando li liberò militarmente dal dispotismo arabo-nazionalista dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina: ma poco dopo finirono col ribellarsi a quella che presto non fu più interpretata come liberazione, ma come occupazione.

Il governo di Begin voleva ridisegnare il Medio Oriente e insediare a Beirut un governo amIco, proprio come oggi desidera Bush. Ma il premier cristiano-maronita Bashir Gemayel venne assassinato da agenti siriani, pochi giorni dopo esser nominato grazie all'intercessione di Israele, e il figlio Amin Gemayel deluse il governo Begin. Contemporaneamente, nel settembre ‘82, vi fu il massacro di civili palestinesi a Sabra e Chatila, commesso da milizie cristiane con la complicità dei soldati di Sharon. Alla fine gli estremisti sciiti che avevano tanto applaudito i liberatori dettero vita alla più micidiale delle organizzazioni anti-israeliane: il gruppo terrorista dei Folli di Dio, gli Hezbollah. Ha detto una volta Henry Kissinger che Israele non ha una vera politica estera ma solo esigenze di politica esterna, e spesso questa caratteristica sembra dominare anche il comportamento del governo Bush.

Ancor più spettacolare è l’affinità che sembra esistere sul piano spirituale e culturale, fra Israele e una parte consistente del conservatorismo cristiano americano. E’ un’affinità che risale agli anni in cui il Likud di Menahem Begin consolidò il proprio potere, nei primi Anni Ottanta, e nel mondo americano iniziarono a moltiplicarsi le correnti fondamentaliste e apocalittiche delle sette evangelicali. George W. Bush ha rapporti stretti con queste sette, anche se a più riprese - da quando è Presidente - ha dovuto distanziarsi dalle loro dichiarazioni anti-musulmane e anti-arabe. Il cristianesimo cattolico è in forte conflitto con il loro radicalismo, come ha spiegato lucidamente Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, su La Stampa (28-3-03).

Sono affinità messe in rilievo con frequenza da chi oggi si sente protetto dalla politica americana, e in modo speciale dal filoebraismo che sembra ispirarla. E i dibattiti ne risentono al punto da risultare non di rado infecondi, anche in Italia: se sei amico degli ebrei non puoi che appoggiare l’America; e se critichi l’America, sei sospettabile di antisemitismo. Ma queste somiglianze tra America e mondo ebraico possono divenire una trappola mortale per Israele, qualora i suoi dirigenti si aggrappassero a esse con eccessiva fiducia e compiacimento. In primo luogo possono divenire una trappola politico-religiosa, perché il fondamentalismo cristiano negli Stati Uniti è solo strumentalmente e provvisoriamente filo-israeliano, filo-ebraico.

Nella visione apocalittica delle sette evangelicali, lo Stato d’Israele deve esistere e grandemente espandersi affinché siano create le condizioni del Secondo Avvento di Gesù: un avvento che comporterà tuttavia la fine dello Stato d’Israele, la conversione in massa degli ebrei, e il loro sciogliersi definitivo nel cristianesimo che trionferà all’indomani dell’Armageddon, la finale lotta tra bene e male.

Nelle stesse visioni, Israele è al tempo stesso condizione del ritorno messianico e figura dell’Anticristo: il diabolico nemico di Gesù «è ebreo e maschio», annuncia il tele-evangelista reverendo Falwell, e Auschwitz non è stato «altro che il preludio» del giudizio di Armageddon, secondo il reverendo Chuck Missler. Questi sono i tele-evangelisti che oggi sostengono le guerre preventive, che si dicono sionisti cristiani, e che favoriscono un’offensiva in Iraq per la difesa di una Grande Israele. Ambedue elette da Dio, la nazione americana e quella israeliana hanno un comune compito di redenzione del mondo, dicono ancora gli evangelicali, ma alla fine una delle due - la nazione terrena - sarà inghiottita dall’altra, la nazione celeste. A parole Israele è difesa. In realtà viene usata.

Tutto questo getta una luce altamente equivoca, sull'entusiasmo che Israele suscita nel nuovo conservatorismo rivoluzionario americano e in chi acriticamente lo caldeggia in Italia o Europa. La storia del fondamentalismo «cristiano-sionista», la sua predicazione, sono caratterizzate da correnti antisemite che possono tornare alla luce, se perdura l'offensiva terrorista all’America e se il dopo-guerra in Iraq si complica o degenera. Da questo punto di vista l’Inghilterra di Blair ha una visione più lungimirante, profonda. Non è traversata da correnti evangelicali, ed è più attenta - grazie all’esperienza coloniale e alla lotta anti-terrorista in Irlanda - alle possibili suscettibilità nazionali o religiose delle etnie che abitano l’Iraq: sciite, sunnite e curde.

La seconda trappola è più politica, e riguarda le trattative di pace in Medio Oriente. Il presidente Bush ha volutamente ignorato il monito di molti avversari di una guerra unilaterale - compresi avversari repubblicani come Baker, Scowcroft - e non ha ascoltato le parole di chi sconsigliava un intervento prima che fosse ripreso un fruttuoso negoziato nel vicino Oriente. Ma è probabile che la posizione della Casa Bianca muti, a guerra finita, perché alla lunga Washington non può convivere con un mondo arabo ed europeo ostile: alla lunga, le arti della diplomazia e della politica torneranno a essere indispensabili, e il peso dei fondamentalisti cristiani potrebbe diminuire dopo il cambio di regime in Iraq. L’alleanza tra Bush e Sharon potrebbe esser messa a dura prova, come già lasciano presagire le dichiarazioni di Condoleezza Rice: appena conclusa la guerra occorrerà mettersi a lavorare seriamente attorno alla realizzazione del piano di pace Usa, ha detto il consigliere per la sicurezza nazionale, e avviare il negoziato in due fasi per la creazione di uno Stato Palestinese entro il 2005.

E’ importante che Blair insista con forza su questo punto, oltre che sulla futura centralità dell’Onu. Nel discorso di fine anno, il 1° gennaio 2003, il premier inglese è stato particolarmente severo: «Dobbiamo al più presto riprendere le trattative di pace in Medio Oriente, altrimenti ci renderemo davvero colpevoli della doppiezza morale di cui oggi siamo accusati». E ancora: «Dobbiamo tendere la mano al mondo arabo e musulmano, e provare a capire la collera che esso sente di fronte a una trattativa di pace che ha dimostrato di essere così lenta, dolorosa, e letale». Questo significa due cose, per Sharon: la lotta al terrorismo kamikaze è giustificata, ma Israele deve al contempo riprendere il dialogo con i palestinesi e smantellare le colonie nelle terre occupate.

Per il momento, il fondamentalismo cristiano consola Israele, la riempie d’orgoglio. Sharon si sente confortato, quando il ministro della Difesa Rumsfeld parla di «territori cosiddetti occupati». Ma le sette evangelicali americane contribuiscono alla fossilizzazione dogmatica dei dirigenti israeliani: sono potentemente anti-islamiche senza avere un piano che tuteli Israele nel lungo periodo, sono contrarie a qualsiasi accordo di pace come all'internazionalizzazione di Gerusalemme, hanno legami intensi con i coloni nei territori occupati, sono favorevoli a un’Israele che non rinunci a Gaza, alla Cisgiordania, al Golan. Solo in apparenza sono amiche di Israele. Alla lunga, sono i complici di quello che potrebbe divenire, apocalitticamente, il suo suicidio.

A meno che la guerra non si estenda a Siria e Iran, l’America potrebbe prendere le distanze da Israele più celermente del previsto. Quello sarà un giorno di amaro risveglio, per gli ebrei di Israele come per parte degli ebrei nella diaspora. Si capirà, allora, che gli amici tanto vantati erano falsi amici. Che la prudenza di Giovanni Paolo II e il suo costante richiamo all’Onu sono preferibili alla retorica del fondamentalismo cristiano statunitense, troppo filosemita per poterci fare sopra un investimento. Che il sionismo cristiano è un’insidia, tesa da chi crede con tutta l’anima nell’Israelizzazione dell’America, e nella violenza creativa delle guerre condotte in nome di Dio.

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Consiglia  Messaggio 23 di 26 nella discussione 
Da: Crociato2Inviato: 12/10/2004 12.13
Buon giorno a tutti.
Non ho sbagliato forum, inserirò lo stesso articolo solamente per sottolineare come i nemici della Chiesa siano semplicemente aumentati.
<... Ruggero diede immediatamente le sue ultime istruzioni alle truppe. Non appena ebbe concluso di farlo arrivò un altro soldato che era partito in avanscoperta, lo scudiero Aubry, con il viso insanguinato, unico superstite di una pattuglia massacrata.
E allo stesso tempo i Turchi, divisi in numerevoli squadroni, apparvero su tutte le alture che circondavano il campo.
Ruggero dopo essersi gettato per l'ultima volta ai piedi della Croce, lancia il suo appello:
- Nel nome del nostro Signore Gesù Cristo, da veri cavalieri, per la difesa della fede, avanti! -
Ma contro più di quarantamila Turchi non c'erano che settecento cavalieri e tremila fanti meno armati, ma carichi di fede...
Malgrado questa notevole inferiorità numerica, il valore normanno, nelprimo scontro, fece indietreggiare il nemico, ma questo vantaggio durò poco.
(...)
L'armata franca era quasi completamente distrutta. Ruggero rimaneva da solo con pochi fedeli.
Seppe morire da cavaliere, si lanciò contro lo squadrone più numeroso turco, un colpo di spada sul viso, all'altezza degli occhi, lo portò alla morte. Cadde ai piedi della Croce, sussurrando: - Domine! Miserere nobis! -
Centoquaranta furono i soli superstiti, i prigionieri invocarono la morte e maledirono di non essere morti in battaglia. I Turchi diedero libero sfogo alla vendetta: i prigionieri venivano trascinati nudi, a colpi di frusta, in gruppi di due o trecento legati con delle corde gli uni agli altri. Venivanoportate delle giare d'acqua, chi avesse voluto bere avrebbe dovuto convertirsi e rinnegare Cristo, chi s'accostava alle giare senza abiurare, veniva ucciso all'istante.
La metà dei prigionieri morì a causa delle torture, pochi furono i prigionieri che abiurarono la fede cristiana, impavidi il rimanente, si lasciò morire...>
(Ciò che non sapevate sulle Crociate: R.Grousset " Onori e disonori di un periodo storico fra i più travagliati, riletti senza pregiudizio" 10 euro - riferimentio del testo è a pag.113)
by, Luca
(Teofilo)
00venerdì 2 ottobre 2009 22:55
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Consiglia  Messaggio 24 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 15/10/2004 19.42
L’Europa è cristiana: ma nel suo cielo brilla la mezzaluna turca
Si discute ai vertici della Chiesa se sia giusto o no considerare la Turchia musulmana parte dell’Europa. Ratzinger dice no. Ma i sì sono sempre più numerosi. E convincenti

di Sandro Magister                                    

ROMA – Sul preliminare via libera dato il 6 ottobre dalla Commissione Europea ai negoziati per il possibile ingresso della Turchia nell’Unione, il Vaticano si è per ora astenuto da ogni commento pubblico ufficiale.

Ai diplomatici che riservatamente l’interpellano, la segreteria di stato risponde che non ha ragioni pregiudiziali per opporsi a una decisione dell’UE che ammettesse la Turchia, a condizione che questa rispetti gli standard di democraticità richiesti e garantisca le libertà religiose più di quanto non faccia oggi, in particolare per le minoranze cristiane.

Al di fuori dell’ufficialità, i pareri sono però più netti. Alcuni sono contro e altri, in misura crescente, a favore.


IL NO DI RATZINGER


Tra i contrari c’è un dirigente vaticano molto autorevole: il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede.

Ratzinger ha detto il suo no in due occasioni recenti: in un’intervista a “Le Figaro Magazine” del 13 agosto e in un discorso del 18 settembre agli operatori pastorali della diocesi di Velletri, di cui è titolare, riportato dal quotidiano cattolico di Lugano, in Svizzera, “Il Giornale del Popolo”.

In entrambi i casi ha precisato di esprimere un’opinione non della Santa Sede ma sua personale.

A “Le Figaro Magazine”, intervistato da Sophie de Ravinel, Ratzinger ha detto:

“L'Europa è un continente culturale e non geografico. È la sua cultura che le dona una identità comune. Le radici che hanno formato e permesso la formazione di questo continente sono quelle del cristianesimo. [...] In questo senso, la Turchia ha sempre rappresentato nel corso della storia un altro continente, in permanente contrasto con l'Europa. Ci sono state le guerre con l'impero bizantino, la caduta di Constantinopoli, le guerre balcaniche e la minaccia per Vienna e l'Austria. Penso quindi questo: sarebbe un errore identificare i due continenti. Significherebbe una perdita di ricchezza la scomparsa della cultura in favore dei benefici in campo economico. La Turchia, che si considera uno stato laico, ma fondato sull'islam, potrebbe tentare di dar vita a un continente culturale con alcuni paesi arabi vicini e divenire così la protagonista di una cultura che possieda la propria identità, ma che sia in comunione con i grandi valori umanisti che noi tutti dovremmo riconoscere. Questa idea non si oppone a forme di associazione e di collaborazione stretta e amichevole con l'Europa e permetterebbe il sorgere di una forza comune che si opponga a qualsiasi forma di fondamentalismo”.

E ha ribadito nel successivo discorso a Velletri, secondo quanto riferito da “Il Giornale del Popolo” e da un dispaccio dell’Ansa del 20 settembre:

“Storicamente e culturalmente la Turchia ha poco da spartire con l'Europa: perciò sarebbe un errore grande inglobarla nell'Unione Europea. Meglio sarebbe se la Turchia facesse da ponte tra Europa e mondo arabo oppure formasse un suo continente culturale insieme con esso. L'Europa non è un concetto geografico, ma culturale, formatosi in un percorso storico anche conflittuale imperniato sulla fede cristiana, ed è un fatto che l'impero ottomano è sempre stato in contrapposizione con l'Europa. Anche se Kemal Ataturk negli anni Venti ha costruito una Turchia laica, essa resta il nucleo dell'antico impero ottomano, ha un fondamento islamico e quindi è molto diversa dall'Europa che pure è un insieme di stati laici ma con fondamento cristiano, anche se oggi sembrano ingiustificatamente negarlo. Perciò l'ingresso della Turchia nell’UE sarebbe antistorico”.


DA TAURAN A RUINI, A TUCCI


Quand’era ministro degli esteri della Santa Sede anche l’arcivescovo Jean-Louis Tauran aveva formulato riserve sull’ingresso nell’Unione della Turchia, a suo parere esterna all’Europa per geografia, religione e cultura. In un’intervista al “Corriere della sera” del 25 maggio 2003, Tauran aveva suggerito piuttosto di includere “paesi come la Moldavia e l’Ucraina”, entrambi europei e cristiani.

E alla proposta di dar la precedenza a Moldavia e Ucraina si era associato, in quello stesso mese di maggio 2003, il cardinale Camillo Ruini, vicario del papa per la diocesi di Roma e presidente della conferenza episcopale italiana. Nella conferenza stampa a conclusione di un’assemblea della Cei, Ruini aveva invitato a “ponderare bene” la questione, perché da un lato c’è “l’interesse dei cristiani di Turchia” a entrare in Europa, ma dall’altro c’è che “la Turchia, pur avendo una costituzione laica, è una nazione nei fatti fortemente islamica, molto popolosa e con una dinamica demografica molto positiva”.

Oggi però, un anno e mezzo dopo, l’opinione di Ruini sembra essersi evoluta in termini più favorevoli all’ammissione della Turchia, stando a quanto scrivono il quotidiano “Avvenire” e l’agenzia SIR, l’uno e l’altra di proprietà della Cei.

Un altro cardinale che di recente si è espresso a sostegno dell’ingresso della Turchia nell’UE è Roberto Tucci, gesuita, per molti anni organizzatore dei viaggi di Giovanni Paolo II. L’ha fatto in un’intervista alla Radio Vaticana. Il principale argomento che ha addotto è di geopolitica religiosa: l’ancoraggio di un grande paese islamico autenticamente “moderato” alla democrazia europea.


I VESCOVI DI TURCHIA E GLI ORTODOSSI


Inoltre, come prevedibile, sono decisamente favorevoli all’ingresso nell’Unione i vescovi e la minuscola comunità cattolica di Turchia. Lo scorso 21 giugno i vescovi sono stati ricevuti per la prima volta, ad Ankara, dal primo ministro Tayyip Erdogan, al quale hanno espresso il loro sostegno e insieme la richiesta di un riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e delle sue proprietà, al pari di quanto il governo turco sta già deliberando per ebrei, armeni e greci.

In due successive interviste all’agenzia SIR il portavoce della conferenza episcopale turca, monsignor Georges Marovitch, ha sottolineato che “tra i paesi islamici la Turchia ha una secolare esperienza di coabitazione tra le differenti religioni”; “è un ponte tra Occidente e Oriente”; “potrebbe facilitare le relazioni tra islam e cristianesimo”; “in Europa già vivono 15 milioni di musulmani dei quali ben 5 milioni sono turchi”; e “negando l’ingresso alla Turchia si correrebbe il rischio di farla cadere nelle mani degli integralisti e fondamentalisti islamici”.

Favorevoli a una Turchia nell’UE sono anche il patriarcato ortodosso di Costantinopoli e, in genere, le Chiese cristiane di tutte le confessioni riunite nella KEK, la Conferenza delle Chiese Europee. Quest’ultima, in un comunicato diffuso il 6 ottobre, giorno del via libera preliminare ai negoziati dato da Bruxelles, ha però messo in evidenza gli ostacoli che il governo turco dovrebbe eliminare per meritarsi l’ingresso in Europa: dalla tortura nelle prigioni alle oppressioni contro le minoranze.

Tra le grandi Chiese non cattoliche, la più decisa ad opporsi all’ingresso della Turchia nell’Unione è la russa ortodossa. Una nota emessa in luglio dal dipartimento per le relazioni estere del patriarcato di Mosca rimarca che l’80 per cento del territorio turco si trova in Asia e paventa che “un’entrata della Turchia nell’UE porterà inevitabilmente anche gli altri stati che si affacciano sul Mediterraneo a reclamare un’identità europea e ad anelare ad entrare”.

Fin qui le voci istituzionali. Passando in rassegna gli intellettuali cattolici che si sono espressi sul tema, è utile segnalarne tre.


VITTORIO E. PARSI


Il primo è Vittorio E. Parsi, professore di relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano ed editorialista di “Avvenire”. Parsi è decisamente a favore dell’ingresso della Turchia nella UE, naturalmente a condizione che il governo di Ankara compia i passi necessari. E il rilievo dato dal quotidiano della CEI ai suoi editoriali sul tema indica che la sua posizione ha un crescente consenso anche ai vertici della Chiesa.

In un commento pubblicato su “Avvenire” del 22 settembre, Parsi così esordisce:

“L'idea di Europa, o meglio, l'identità dell'Unione Europea è fin dalle origini legata alla questione dei confini. Il progetto di unificazione europea nasce, com'è noto, allo scopo di sanare il più sanguinoso confine della storia europea, cioè il confine franco-tedesco. Per nulla paradossalmente, l'Europa che nasce così intrinsecamente abbarbicata ai suoi confini interni, oggi si ritrova a discutere e a dividersi ancora intorno a un confine, questa volta esterno: dove deve fermarsi la nuova Europa? Quello che siamo e che vogliamo divenire, la nostra identità europea, non è forse anche influenzata dalla decisione di chi ricomprendere dentro il ‘limes’ europeo e di chi escludere? La questione turca è un bell'esempio della relazione problematica tra confini, identità e idea di nuova Europa”.

Quel confine d’Europa che il cardinale Ratzinger circoscrive con decisione, escludendo la Turchia, Parsi lo problematizza. È un confine geografico, storico, culturale, religioso.


PIETRO DE MARCO


E su questo stesso confine ha scritto cose di grande interesse un altro studioso cattolico, Pietro De Marco, esperto di geopolitica religiosa e professore alla Facoltà Teologica di Firenze e dell’Italia Centrale, anch’egli contrarissimo ad amputare la Turchia dall’Europa.

De Marco rivaluta con forza la figura d’Europa antecedente la spaccatura tra Maometto e Carlo Magno: l’Europa che tra il V e il VI secolo si estende “dalle isole britanniche alla penisola arabica, dalla pianura sarmatica alle coste africane, governata da una costellazione di poteri romano-cristiano-germanici, su cui si innesterà l'islam”.

Anche oggi, a parere di De Marco, l’Europa è questa “complexio” estesa a Oriente fino alla Persia e a Nord fino a comprendere la Terza Roma, Mosca, e la Russia:

“È una ‘complexio’ articolata in un'area occidentale cristiana, cristianocentrica, e in un’area islamica in quella che fu già bizantina. Il fulcro imperiale cristiano è dunque ad un tempo la determinazione prima e più complessa dell'Europa e la premessa dell'appartenenza all’Europa della civiltà araba e islamica. Il riconoscimento dell’Europa cristiana diviene la condizione logica del riconoscimento dell'inerenza all’Europa dell'islam”.

De Marco ha argomentato questa sua tesi in un saggio nel volume “I confini del Mediterraneo”, Titivillus Edizioni, che raccoglie gli atti della X International Summer School on Religions in Europe tenuta a San Gimignano nell’agosto del 2003.


MASSIMO INTROVIGNE


Infine, terzo studioso qui richiamato, Massimo Introvigne.

In qualità di direttore del CESNUR, Center for Studies on New Religions, Introvigne ha tenuto a metà settembre una conferenza sulla situazione politico-religiosa in Turchia alla University of Utah di Salt Lake City, che ospita uno dei più noti centri per lo studio del mondo islamico degli Stati Uniti.

Del no del cardinale Ratzinger all’ingresso della Turchia in Europa Introvigne dà una particolare esegesi. Ratzinger, a suo avviso, più che denunciare l’estraneità della Turchia accusa l’Europa di rinnegare la propria identità fondante, cristiana e culturale. Abbandonata la prospettiva del “continente culturale”, resterebbe spazio, dunque, solo al “continente economico e politico”: di esso la Turchia fa già parte e un’Europa senza più identità culturale avrebbe poche ragioni per escluderla, a dispetto dei veti francesi.

Sull’evoluzione in corso in Turchia, Introvigne mette in evidenza il ruolo del Partito della Giustizia e dello Sviluppo, AKP, attualmente al governo con primo ministro Tayyip Erdogan.

L’AKP s’è separato dal fondamentalismo islamico e dai Fratelli Musulmani per approdare a una “democrazia conservatrice” d’impronta islamica moderata. “Quello che succede in Turchia è importante perché per la prima volta in un paese musulmano un partito di origine fondamentalista si sposta verso il centro conservatore, mantiene buoni rapporti con gli Stati Uniti, con l’Europa e con Israele, rafforza le istituzioni democratiche e isola gli estremisti islamici”.

Il tanto invocato islam “moderato” è questo. E può affermarsi solo attraverso la democrazia, sistema moderato per eccellenza. La Turchia è la promessa migliore di una democratizzazione del mondo musulmano, condizione decisiva per sconfiggere l'estremismo jihadista puntato anche sull’Europa.

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In questo sito, una selezione di articoli sul mondo musulmano:

> Focus su ISLAM

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Consiglia  Messaggio 25 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 16/10/2004 14.46
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AFRICA/EGITTO

Le radici del terrorismo islamico? In 30 righe una lucida sintesi di un missionario che lì vive e conosce

Il Cairo (Agenzia Fides)- "L’occidente fa tanta bella sociologia ma non ha capito la complessità dell’Islam" dice all’Agenzia Fides p. Giuseppe Scatolin, comboniano e grande esperto dell’Islam. "I movimenti terroristi islamici nascono da una tradizione che è radicata fin dal primo secolo della storia islamica. Nell’Islam c’è sempre stato uno scontro tra il potere costituito e una serie di movimenti che lo contestano nel nome dell’Islam, affermando che chi è al potere non rappresenta il ver! o Islam" dice il missionario. "Non è esatto quindi affermare che l’estremismo islamico sia nato in contrapposizione all’occidente. I Wahabiti dell’odierna Arabia Saudita, ad esempio, sono nati nel diciottesimo secolo per contrastare il potere degli Ottomani, prima quindi dell’inizio del colonialismo in Medio Oriente".

"I terroristi di oggi attaccano quindi i regimi dei paesi arabi amici dell’occidente in nome del ritorno ad una presunta purezza dell’Islam primitivo" dice p. Scattolin. "I maggiori ideologici sono egiziani. In particolare è Sayyid Qutb, l’ideologo dei "Fratelli Musulmani" condannato a morte da Nasser nel 1966, a rappresentare una fonte di riferimento per la rete terroristica di Al Qaida. Pochi sanno che il termine "Al Qaida" è stato probabilmente ripreso da Bin Laden da un libro di Qutb" ricorda il missionario. "Dall’alleanza tra i fondamentalisti egiziani e i Wahabiti sauditi è nato l’odierno terrorismo islamico. Un’alleanza che l’occidente ha colpevolmente ignorato o ha addirittura incoraggiato ai tempi dell’invasione sovietica dell’Afghanistan. Si sono impiegati gli islamisti come combattenti per cacciare i sovietici dall’Afghanistan, ignorando completamente che i fondamentalisti hanno una loro agenda anti-occidentale. Eppure negli scritti di Qutb era scritta a chiare ! lettere la dichiarazione di guerra all’occidente" afferma p. Scattolin.

Sulle prospettive future p. Scattolin afferma: "O l’Islam riesce a slegare la religione dalla politica oppure la questione islamica diventerà un grosso problema anche all’interno della stessa Europa. Allo stato attuale nell’Islam religione e politica sono intrinsecamente legati. Cresceranno quindi le richieste da parte dei musulmani immigrati di adottare leggi statali che recepiscono i precetti della Sharia. È come se gli induisti volessero imporre il sistema delle caste in Europa"

"Il problema è che nell’Islam sunnita, al quale aderiscono il 90% dei fedeli musulmani, non ha un’autorità definita in grado di operare una revisione della Sharia che tenga conto dei diritti umani e dei concetti di democrazia" prosegue il missionario. "È quindi difficile nel breve termine prevedere l’emergere di correnti sufficientemente forti e rappresentative in grado di conciliare l’Islam con la democrazia". (L.M.) (Agenzia Fides 13/10/2004)

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Consiglia  Messaggio 26 di 26 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 10/11/2004 13.09

INTERVISTA
«I fondamentalisti parlano come se rigettassero l’intero Occidente, ma la loro organizzazione e le loro idee ne sono molto influenzate» Parla Nikki Keddie, storica Usa dell’islam e premio Balzan 2004

www.avvenire.it

Gli ayatollah ci copiano

«Nelle religioni del Libro le Scritture possono essere citate per sostenere sia il pacifismo sia la guerra santa»
«La reazione all'imperialismo occidentale è un dato importante nel fanatismo, anche se non spiega tutto»

Di Edoardo Castagna

All'ayatollah Khomeini radio e televisione piacevano molto. Difficile parlare di modernità e tradizione, di radicalismo e di tolleranza a proposito di un insieme tanto vario ed eterogeneo come il mondo musulmano. Semplificazioni e generalizzazioni portano fuori strada; vista più da vicino, la storia dei Paesi islamici offre un panorama articolato e complesso, dove tendenze distinte convivono.
Nikki Keddie è una precorritrice degli studi sull'islam; da quarant'anni indaga il Medio Oriente, l'Iran in particolare, e quest'attività verrà sancita del premio Balzan che Ciampi le consegnerà il prossimo 18 novembre a Roma. Dalla sua opera emerge che non solo l'Oriente non è necessariamente e radicalmente opposto all'Occidente, ma anzi che ne include molti elementi, sempre più diffusi.


Professoressa Keddie, qual è la particolarità del modello iraniano che ha così a lungo studiato?
«Fin dal successo della protesta di massa contro il monopolio britannico del tabacco, nel 1891-92, le rivolte e le rivoluzioni iraniane hanno mostrato una combinazione, assai inusuale nella storia del mondo, di autorità religiose ed elementi liberali, moderati e di sinistra. Il clero sciita in Iran (e fino alla prima Guerra mondiale anche in Iraq) si era opposto duramente all'imperialismo occidentale; in Iran rivolte e rivoluzioni hanno sempre coinvolto una parte della popolazione più larga che in ogni altro Paese del Medio Oriente, in parte per la partecipazione clericale e in parte per il sostegno dei mercanti che, nei bazar di molte città, crearono una rete nazionale alleata all'opposizione religiosa e ai riformatori intellettuali modernisti. Con gli scià Pahlavi questa alleanza venne repressa, ma riapparve con la crisi della fine degli anni Settanta. Oggi, tuttavia, la maggior parte degli iraniani avvertono come gli ayatollah siano oppressivi, danneggino l'economia e non mantengano le promesse. Probabilmente ora l'Iran ha, insieme alla Turchia, un numero maggiore di fautori della laicità rispetto a ogni altro Paese musulmano».


In Occidente, tuttavia, molti vedono nell'Iran una minaccia, parte di quella più ampia che viene dall'islam. Si parla di «scontro di civiltà»: è un approccio adeguato alle circostanze?
«Non credo. Altri due fattori mi sembrano più importanti. In primo luogo i Paesi musulmani possiedono la maggior parte del petrolio mondiale, e perciò l'Occidente è particolarmente preoccupato di controllare i loro governi; in secondo luogo, c'è la questione di Israele. Mentre dal punto di vista americano la creazione di Israele fu una necessità, considerati gli orrori dell'era nazista, dal punto di vista degli arabi fu invece l'acquisizione di terra araba da parte di un gruppo occidentale non musulmano. La questione, centrale, è stata poi esacerbata da iniziative come il rovesciamento, da parte degli Stati Uniti, del governo popolare di Mohammad Mosaddeq in Iran nel 1953. Nel fanatismo islamico la reazione all'imperialismo occidentale è un elemento importante, anche se non basta a dare una spiegazione completa. Islam, cristianesimo e giudaismo si rifanno a scritture che possono essere citate per supportare un atteggiamento sia bellicista sia pacifista: in un periodo di tensioni politiche ed economiche aumenterà l'identificazione con gli elementi scritturali aggressivi. Risolvendo i problemi reali, questa idea di reciproca ostilità cadrà come è già avvenuto, per esempio, tra molti iraniani».


C'è qualche tendenza generale di fondo nell'evoluzione dell'atteggiamento islamico verso l'Occidente negli ultimi decenni?
«Il mondo musulmano include una vasta gamma di opinioni e di atteggiamenti; tuttavia, dal 1970 la visione "islamista", che vuole combinare islam e politica, è generalmente cresciuta. Gli islamisti parlano come se rigettassero l'intero Occidente, benché nei fatti gran parte della loro organizzazione e della loro ideologia abbia forti radici occidentali. Idee influenzate dall'Occidente sono popolari tra la popolazione dell'Iran, della Turchia, del Sud-est asiatico e tra molti studenti e immigrati in Occidente, anche se nei recenti decenni l'islamismo è cresciuto anche in queste aree, eccetto l'Iran. Una cosa è quasi universalmente impopolare nel mondo musulmano: la politica di Bush, in Iraq e altrove».


In quale direzione dovrebbero muoversi le ricerche per meglio comprendere il mondo islamico? Ed è corretto richiedere un simmetrico sforzo di comprensione da parte dei musulmani?
«Molti accademici in Occidente stanno compiendo eccellenti studi che contribuiscono a questa comprensione. È importante renderli accessibili al grande pubblico: sulle colonne dei giornali, in televisione, sulle riviste, nei libri divulgativi, nei siti web. Anche alcuni musulmani, come Khaled Abou el-Fadl, stanno lavorando per ottenere una nuova comprensione dell'islam. Ma gli sforzi devono aumentare, da entrambi i lati».


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