Che cosa vuol dire "commemorare i defunti"?

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
(Teofilo)
00martedì 27 ottobre 2009 18:59

 
Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 1 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978Pergamena  (Messaggio originale)Inviato: 23/10/2003 10.47
Amici...ci stiamo avvicinando al mese di Novembre...e desidero approfondire con voi questo tema per certi versi scottante.....in quanto è materia di discussione dottrinale.....
NOI NON vogliamo affrontare discussioni sterili, ma infondere nel miglior modo possibile, quel senso DELLA PIETA' che è prevista invece verso i Defunti......dalla Bibbia stessa......
Senza fare appunto discussioni sui diversi "CREDO O NON CREDO", sappiamo accogliere con PROFONDA UMILTA' la Grazia che il Signore ci ha dato attraverso questo grande Mistero di COMUNIONE NELLA PREGHIERA......
Signore,
la morte è un mistero
che sgomenta
e non può essere buono
per il fatto che non capiamo.
Per non lasciarci travolgere
bisogna andare di là con chi va,
invece di fissare il vuoto
che è rimasto di qua
e che cerca di inghiottirci.
In fondo, è pietà per noi,
più che per i nostri,
che sono nella pace eterna.
Ancoriamo il cuore alla preghiera.
Non cerchiamo di capire, amiamo...
I morti vogliono questo da noi.
(Don Primo Mazzolari)
Il suffragio amorevole per quanti riposano in Cristo
di Cesare Giraudo 

“… solo questo chiediamo: che vi ricordiate di noi all’altare di Dio”

I defunti hanno un ruolo importante nella preghiera eucaristica. Nel momento del Sanctus essi guidano la nostra lode, in quello dell’intercessione siamo noi a pregare per loro. E quando il sacerdote pronuncia i loro nomi non riduce l’ampiezza della Messa, che resta di tutti, e per tutti domanda la trasformazione nel corpo mistico di Cristo.
Continuando l’esame della preghiera eucaristica, incontriamo l’intercessione per i defunti. Con essa domandiamo per i nostri morti, come abbiamo fatto per le varie componenti della Chiesa n
el mondo, la stessa cosa già chiesta per noi che ci apprestiamo a fare la Comunione, cioè la trasformazione “in un solo corpo”. Questa supplica, che il sacerdote eleva in ogni Messa, richiama l’attenzione di tutti, compresi coloro che varcano la porta della chiesa solo per la morte di un congiunto o di un amico, dal momento che tocca corde dolorosamente sensibili.
Perché dunque preghiamo per i nostri defunti proprio nella preghiera eucaristica? La ragione è semplice: se per fede sappiamo che essi vivono in Dio, però non ci è dato conoscere a quale grado di purificazione siano giunti. Ne consegue che dobbiamo pregare per tutti i nostri morti, principalmente in quella preghiera che è culmen et fons della liturgia stessa.


I defunti hanno un ruolo importante durante la preghiera eucaristica. Al momento del Sanctus — come abbiamo visto in precedenza (cf articolo pubblicato nel numero di maggio) — sono stati i nostri morti, con la loro voce possente, a prenderci per mano, dando consistenza alla nostra debole lode. Ora, nel momento dell’intercessione, siamo noi che ci disponiamo a prenderli per mano. Essi infatti non sono più in grado di rivolgere personalmente a Dio la domanda che implica l’effettiva partecipazione al corpo sacramentale. Per questo noi veniamo incontro alla loro debolezza e, sostituendoci amorevolmente alla loro bocca non più in grado di comunicare, domandiamo per essi, attraverso la nostra comunione di suffragio, quella trasformazione escatologica che ardentemente attendono.

Cominciamo con il proporre il testo di due preghiere eucaristiche a noi familiari.

1. L’intercessione per i defunti nelle preghiere eucaristiche romane

Nel canone romano così prega la Chiesa: “Ricordati, o Signore, dei tuoi fedeli N. e N. che ci hanno preceduto con il segno della fede e dormono il sonno della pace. Dona loro, Signore, e a tutti quelli che riposano in Cristo, la beatitudine, la luce e la pace”.
Pur nella sua sobrietà, l’intercessione romana non manca di fascino. La designazione dei defunti come coloro che dormono il sonno della pace non è un’invenzione geniale del canone romano, ma testimonia un modo di sentire ben radicato nella tradizione. Parlando della morte di Lazzaro, Gesù stesso l’ha presentata con il linguaggio della dormizione e del sonno ristoratore (cf Gv 11,11-13). D’altronde pure noi ci serviamo della parola “cimitero”, che alla lettera significa “luogo dove si dorme”. Per coloro che già si sono addormentati, che possiamo domandare di meglio, se non la beatitudine, la luce e la pace? Si tratta di una richiesta essenziale, ma densa di significato.
Ben più estesa, rispetto all’intercessione del canone romano, è la
variante propria che figura nella terza preghiera eucaristica. In questa formula — che ovviamente comporta tutti gli adattamenti necessari al maschile e al femminile, al singolare e al plurale — così leggiamo: “
Ricordati del nostro fratello N. che oggi hai chiamato a te da questa vita; e come per il Battesimo l’hai unito alla morte di Cristo, tuo Figlio, così rendilo partecipe della sua risurrezione, quando farà sorgere i morti dalla terra e trasformerà il nostro corpo mortale ad immagine del suo corpo glorioso. Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere della tua gloria quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te, e canteremo per sempre la tua lode...”.
Di grande efficacia sono le espressioni quando farà sorgere i morti dalla terra e quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto. Qui la Chiesa in preghiera confessa e annuncia che la morte sarà vinta dalla risurrezione, che le nostre lacrime saranno asciugate dalla contemplazione del volto di Dio, che il momentaneo distacco si risolverà nella gioia del ritrovarci insieme per sempre.

2. L’intercessione per i defunti nelle preghiere eucaristiche orientali

Per comprendere meglio le ricchezze teologiche contenute nell’intercessione per i defunti, non possiamo fare a meno di volgerci alle preghiere eucaristiche orientali. Queste dispongono di formulazioni ampie, distese, tendenzialmente esaustive e cariche di umanità.
La preghiera eucaristica di san Basilio così si esprime: “E poiché, o Sovrano, vi è un comandamento dell’unigenito tuo Figlio, che noi comunichiamo alla memoria dei tuoi santi, degnati ancora di ricordarti, Signore, anche di coloro che ti furono graditi fin da quando erano nel mondo: dei santi padri, dei patriarchi, degli apostoli, dei profeti, dei predicatori, degli evangelisti, dei martiri, dei confessori, e di ogni spirito giusto che nella fede di Cristo è giunto a perfezione. In particolare ricordati della santissima, gloriosissima, immacolata, stracolma di benedizioni, nostra Signora, madre di Dio e sempre vergine Maria; del tuo santo glorioso profeta, precursore, battista e martire Giovanni; di santo Stefano, protodiacono e protomartire; del santo e beato padre nostro Marco, apostolo ed evangelista; e del santo padre nostro e taumaturgo Basilio; di san N., di cui oggi celebriamo la memoria; e di tutto il coro dei tuoi santi, per le preghiere e le intercessioni dei quali abbi pietà di noi pure, e salvaci a causa del tuo Nome santo che è stato invocato su di noi. Allo stesso modo ricordati, Signore, di tutti coloro che, appartenuti all’ordine sacerdotale, già si sono addormentati, e di coloro che erano nello stato di laici: degnati di far riposare le anime di tutti nel seno dei nostri santi padri Abramo, Isacco e Giacobbe; distoglili da questo mondo, legali gli uni agli altri in un luogo verdeggiante, presso acqua di riposo, nel paradiso di delizie, da dove è fuggito il dolore e la tristezza e il gemito, nello splendore dei tuoi santi. Quelli, Signore, di cui hai accolto là le anime, fa’ riposare e rendili degni del regno dei cieli”.


Subito balza agli occhi una differenza
tra le liturgie del passato e quelle attuali. Mentre le preghiere eucaristiche oggi in uso, partendo dalla comunità radunata, domandano per essa una sempre ulteriore crescita in comunione con la Vergine Maria, gli apostoli e tutti i santi, invece le antiche liturgie orientali consideravano i santi come i capifila dei defunti, e anche per essi — senza neppure escludere la Tuttasanta - non avevano timore di chiedere una sempre ulteriore trasformazione escatologica. Allora la linea di demarcazione tra le due categorie non era così netta come lascia intendere la teologia cui siamo abituati. Se obiettassimo agli antichi estensori che la loro richiesta a noi pare superflua, dato che i santi canonizzati già godono in pienezza la visione beatifica, essi ci risponderebbero che nel corpo mistico, proprio perché è escatologico, esiste, anche per i santi, la possibilità di una sempre ulteriore crescita in santità, che in ogni caso spetta a Dio quantificare.
Dopo la presentazione congiunta di coloro che ti furono graditi fin da quando erano nel mondo, la preghiera di san Basilio passa in rassegna anzitutto
la schiera dei santi aureolati, cioè di coloro che, dopo una vita esemplare a vasto raggio, ci sono stati proposti a modello: i padri, i patriarchi, gli apostoli, i profeti, i predicatori, gli evangelisti, i martiri e i confessori. Di questa schiera eletta si fanno alcuni nomi. Annunciata da ben sette titoli onorifici, viene in prima posizione Maria: la santissima, gloriosissima, immacolata, stracolma di benedizioni, nostra Signora, madre di Dio e sempre vergine. Segue, in seconda posizione, Giovanni Battista, il più grande tra i nati di donna (cf Mt 11,11). Quindi sono elencati altri santi, che spesso i formulari orientali hanno tendenza a cumulare in liste interminabili.
Conclusa la memoria dei defunti con aureola in capo, si passa a fare memoria dei santi non aureolati, cioè di coloro che siamo soliti designare semplicemente con il termine defunti
. Anche se non potranno mai essere proposti solennemente a modello di vita, perlopiù a causa di un’esistenza nascosta, molti di essi ci hanno lasciato quell’esempio di vita evangelica che fa di loro i “santi delle nostre famiglie”.
Per essi domandiamo a Dio
di distoglierli da questo mondo, non già per staccarli da coloro ai quali un lutto lontano o recente li ha fisicamente strappati, bensì per legarli gli uni agli altri, vale a dire ai loro padri, alle loro madri, a tutti i parenti e amici, a tutti i membri delle piccole e grandi famiglie umane che già li hanno preceduti nella comune dimora. Le nostre difficoltà non consistono forse e principalmente nella solitudine e nelle divisioni? Non è forse il rifiuto di questo “legarci gli uni agli altri” a tormentare la vita individuale e collettiva con incomprensioni, rancori, tensioni di ogni genere, e perfino con guerre aperte? Per i defunti desideriamo un riposo pieno: per questo domandiamo che possano goderlo insieme.
Forse qualcuno potrebbe pensare che l’idea del soggiorno in un luogo verdeggiante, presso acqua di riposo, nel paradiso di delizie
dice poco a noi che, grazie a tecnologie sofisticate, ad ogni volgere di luna ci arrabattiamo per contenere i disagi degli sbalzi stagionali. Ma si tratta di un’immagine che abbiamo interesse a riscoprire, giacché squisitamente umana. Non a caso la felicità primordiale è raffigurata dal libro della Genesi nel “paradiso di delizie”, irrigato dai suoi quattro fiumi, là dove Adamo — per dirla con una traduzione letterale — “viene fatto riposare” (cf Gn 2,15).
La tematica del riposo è particolarmente accentuata nella preghiera eucaristica della Chiesa di Gerusalemme, nota come l’anafora di san
Giacomo. Così essa si esprime: “Di tutti costoro ricordati, Signore, Dio degli spiriti e di ogni carne, di quelli che abbiamo ricordato e degli ortodossi che non abbiamo ricordato: tu stesso falli riposare là nella regione dei viventi, nel tuo regno, nella delizia del paradiso, nel seno di Abramo e di Isacco e di Giacobbe, nostri santi padri, donde è fuggito il dolore, la tristezza e il gemito, dove veglia la luce del tuo volto e brilla in ogni tempo”. 

3. Il nome dei defunti nella preghiera eucaristica: un nome da dire o da non dire?

Se è importante che ogni preghiera eucaristica contempli l’allargamento della domanda fondamentale alla Chiesa purgante, non meno importante è che la comunità radunata possa proclamare a Dio, per bocca del suo presidente o del presbitero concelebrante, il nome di un particolare defunto. È questa un’antica e ininterrotta tradizione, molto cara al cuore di tutti. Nella normativa liturgica essa non conosce esclusione di giorni, in quanto si adatta perfettamente anche alla domenica, giorno memoriale della risurrezione.
Dal punto di vista teologico è di grande rilievo poter pronunciare il nome del defunto. Si tratta infatti della proclamazione sacrale del nome. A noi cristiani moderno-occidentali, con l’inflazione delle parole cui siamo abituati, purtroppo il nome dice poco. Sovente esso si riduce a un fatto di anagrafe. Ma per l’uomo antico, oppure anche per l’uomo orientale, o meglio per l’antico-orientale che ognuno di noi porta inconsapevolmente in sé, il nome è tutta quanta la persona. (Nella Bibbia è scritto che Dio fin dal nostro concepimento ci chiama per nome, non di meno continuerà a chiamarci per nome DOPO, altrimenti vana sarebbe la Comunione dei Santi che intercedono presso l'Altare di Dio: cfr Ap.8,1-6!)
In rapporto all’intercessione per i defunti, chiunque è in grado di comprendere la differenza che corre tra due prassi celebrative possibili.
L’una è data da un’assemblea eucaristica che si contenta di pregare mentalmente per un defunto di cui, al limite, — come purtroppo accade — neppure il sacerdote celebrante conosce il nome. Si prega sicuramente con le migliori intenzioni. Tra l’altro tutti sanno che la preghiera che si sta facendo non è una preghiera qualunque, ma è la preghiera eucaristica. Da ciò consegue che, seppure implicita, l’intercessione produce immancabilmente ciò che si domanda. Tuttavia, a livello di segno, dobbiamo riconoscere che il modo di domandare è carente.
L’altra prassi celebrativa è rappresentata da un’assemblea che, per bocca del suo presidente o di un presbitero concelebrante, grida a Dio — ad esempio con il canone romano —: “Ricordati, Signore, dei tuoi fedeli Michele e Margherita..., che dormono il sonno della pace...”.
Qui non possiamo fermarci alla risonanza emotiva legata alla proclamazione dei nomi. Le leggi della liturgia vanno ben oltre il dato psicologico, per coinvolgere l’uomo, tutto l’uomo, nel discorso orante che fa vibrare gli orecchi e il cuore di Dio.
Naturalmente, attraverso un’adeguata catechesi, bisognerà far comprendere ai nostri fedeli moderno-occidentali che non si tratta di dare lustro al defunto, né tanto meno ai suoi familiari. In realtà, attraverso la proclamazione sacrale del nome del defunto, si chiede a Dio di trasformarlo escatologicamente nel corpo ecclesiale, in virtù della comunione al corpo sacramentale che i presenti si apprestano a fare in suo suffragio.
Alcuni pastori temono che dire i nomi dei defunti riduca in qualche modo l’ampiezza della Messa, che è di tutti. Ma sono timori teologicamente infondati. Nelle intercessioni della preghiera eucaristica c’è spazio per tutti: per i santi come per i peccatori; per coloro che la Chiesa addita a modello, così come per il singolo e per la totalità di quanti — sia in vita sia in morte — attendono di conformarsi escatologicamente all’immagine perfetta di Dio. Diciamo anzi che, più i nostri defunti sono in situazione di attesa, più essi formano l’oggetto privilegiato e proprio della nostra intercessione, intimamente correlata alla nostra presente comunione eucaristica.
Per educare i fedeli a comprendere in maniera giusta l’applicazione della Messa, sarebbe bene abituarli a considerare come normale la possibilità che, dopo la proclamazione del nome di un particolare defunto “in prima intenzione”, si aggiunga anche la proclamazione di altri nomi “in seconda intenzione”. Il pastore potrebbe aggiungere in seconda intenzione la proclamazione, ad esempio, del nome dei parrocchiani defunti nel corso del mese, oppure di una persona della cui morte si è avuta notizia, ovvero dei morti in seguito ad un incidente che ha coinvolto in qualche misura la sensibilità della comunità radunata, o ancora la commemorazione delle vittime di una calamità a livello nazionale o mondiale. Con questo accorgimento di pastorale celebrativa, e naturalmente con la necessaria catechesi periodicamente ripresa, si aiuterebbero i fedeli che hanno fatto l’offerta ad evitare ogni forma di atteggiamento possessivo nei confronti della “loro” Messa.
Quando la preoccupazione per i nostri defunti ci angoscia, giacché vorremmo conoscere con sicurezza la loro sorte, proprio allora dobbiamo interrogare la fede. Da una parte essa ci ricorda che, anche se l’inferno ossia la condizione di privazione perpetua della visione beatifica — esiste, non siamo autorizzati a collocarvi alcuno. D’altra parte solo per i defunti canonizzati essa dichiara l’avvenuto ingresso nella Chiesa trionfante. Per tutti gli altri defunti la fede, attraverso il magistero della liturgia, c’invita in pari tempo a vederli nella casa del Padre e a pregare per essi. Siccome possono aver bisogno dei nostri suffragi, a noi incombe l’amorevole debito di carità di pregare indistintamente per tutti i nostri morti, domandando per essi quella stessa trasformazione escatologica nel corpo mistico che, ai ritmi delle nostre Messe, non ci stanchiamo di domandare per ognuno di noi.

Per ora buona meditazione, fraternamente Caterina



Prima  Precedente  2-16 di 18  Successiva  Ultima  Elimina risposte 
Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 2 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSNIyvan5Inviato: 23/10/2003 14.46
Si nasce per morire ... Si muore per incominciare a vivere.
Le parole "morte" e "morti" sembrano risvegliare a volte ataviche paure. Quanto disagio si avverte molte volte di fronte alla realtà della morte!
Ma la morte altro non è che un cambiamento di stato, è l'abbandono di un abito che ci era diventato troppo stretto: la nostra corporeità.
Quelli che noi chiamiamo morti sono in realtà molto più vivi e vegeti di noi e il legame d'amore che ci aveva uniti nel corso dell'esperienza terrena non si dissolve, ma rimane impresso per l'eternità.
La morte non è un mistero, ma è solo una realtà che forse non è mai stata ben insegnata, forse perchè istintivamente ci si ritrae, forse perchè l'iconografia ce l'ha sempre erroneamente mostrata come un teschio e una terribile falce.
La crisalide esce dal bozzolo e si trasforma in farfalla ... questa è la morte.
Ciò che viene chiamato "il culto dei morti", io lo chiamerei più semplicemente "comunione delle anime", questo perchè le anime dei nostri cari non ci abbandonano mai e in qualche modo cercano sempre di aiutarci e di farsi sentire da noi. Ma non sappiamo ascoltare!
Con fraterno affetto
iyvan   

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 3 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°63CaterinaInviato: 27/10/2003 18.55

ANGELUS

Giovedì, 1° novembre 2001

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Celebriamo oggi la Solennità di Tutti i Santi. Nella luce di Dio, ricordiamo tutti coloro che hanno testimoniato Cristo durante la loro vita terrena, sforzandosi di metterne in pratica gli insegnamenti. Ci rallegriamo con questi nostri fratelli e sorelle che ci hanno preceduto percorrendo la nostra stessa strada ed ora, nella gloria del Cielo, godono del premio meritato.

Essi sono coloro che, secondo l'espressione dell'Apocalisse, "sono passati attraverso la grande tribolazione ed hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (7, 14). Hanno saputo andare controcorrente, accogliendo il "discorso della montagna" come norma ispiratrice della loro vita: povertà di spirito e semplicità di vita; mansuetudine e non-violenza; pentimento dei peccati propri ed espiazione di quelli altrui; fame e sete della giustizia; misericordia e compassione; purezza di cuore; impegno per la pace; sacrificio per la giustizia (cfr Mt 5,3-10).

Ogni cristiano è chiamato alla santità, cioè a vivere le Beatitudini. Quali esempi per tutti, la Chiesa indica quei fratelli e sorelle che si sono distinti nelle virtù e sono stati strumenti della grazia divina. Oggi li celebriamo tutti insieme, perché col loro aiuto possiamo crescere nell'amore di Dio ed essere "sale della terra e luce del mondo" (cfr Mt 5,13-14).

2. La comunione dei santi oltrepassa la soglia della morte. E' una comunione che ha il suo centro in Dio, il Dio dei viventi (cfr Mt 22,32). "Beati fin d'ora i morti che muoiono nel Signore" (Ap 14,13), leggiamo nel Libro dell'Apocalisse. Proprio la festa di Tutti i Santi illumina di significato la commemorazione di Tutti i fedeli defunti, che celebreremo domani. E' questa una giornata di preghiera e di profonda riflessione sul mistero della vita e della morte. "Dio non ha creato la morte" - afferma la Scrittura - ma "ha creato tutto per l'esistenza" (Sap 1,13-14). "La morte è entrata nel mondo per l'invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono" (Sap 2,24).

Il Vangelo rivela come Gesù Cristo avesse un potere assoluto sulla morte fisica, che Egli considerava quasi come un sonno (cfr Mt 9,24-25; Lc 7,14-15; Gv 11,11). Un'altra è la morte di cui Gesù suggerisce di aver timore: quella dell'anima, che a motivo del peccato perde la vita divina della grazia, escludendosi definitivamente dalla vita e dalla felicità.

3. Dio, invece, vuole che tutti gli uomini siano salvi (cfr 1 Tm 2,4). Per questo ha mandato sulla terra il suo Figlio (cfr Gv 3,16), perché ogni uomo abbia la vita "in abbondanza" (cfr Gv 10,10). Il Padre celeste non si rassegna a perdere nessuno dei suoi figli, ma li vuole tutti con sé, santi e immacolati nell'amore (cfr Ef 1,4).

Santi e immacolati come la Vergine Maria, modello eminente dell'umanità nuova. La sua felicità è piena, nella gloria di Dio. In Lei risplende la meta a cui tutti tendiamo. A Lei affidiamo i nostri fratelli defunti, in attesa di ritrovarci insieme, nella casa del Padre.

* * *

Questa sera, scenderò nelle Grotte vaticane per pregare accanto alle tombe dei miei Predecessori, che là sono sepolti. Spiritualmente mi recherò in pellegrinaggio in tutti i cimiteri del mondo, dove dormono coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e attendono il giorno della risurrezione.

In particolare, eleverò la mia orazione di suffragio per le tante vittime della violenza, soprattutto di questi ultimi tempi, come pure farò speciale memoria di quanti hanno sacrificato l'esistenza per rimanere fedeli a Cristo sino alla fine. La preghiera per loro si accompagna all'invocazione al Signore, perché voglia concedere conforto e sollievo a quanti sono nel dolore per la tragica dipartita dei loro cari. Su tutti scenda la benedizione di Dio!


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 4 di 18 nella discussione 
Da: quovadisInviato: 28/10/2003 11.19

" I morti non sono assenti , sono solo invisibili . Essi guardano con i loro occhi colmi di luce i nostri pieni di lacrime."

                                                                   S.Agostino

Per tutti quelli che in questo momento stanno piangendo......

Un abbraccio Q.


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 5 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 28/10/2003 11.45

NON PIANGETE SE MI AMATE

Non piangete, se mi amate! Se conosceste il dono di Dio che è nei cieli! Se poteste ascoltare il cantico degli Angeli e vedermi in mezzo a loro! Se poteste vedere con i vostri occhi gli orizzonti, i campi, senza fine e i nuovi sentieri che attraverso! Se poteste per un istante contemplare, con me e come me, la bellezza di fronte alla quale tutte le altre bellezze scomparirebbero!

Credetemi! Quando la morte verrà a spezzare le vostre catene, come ha spezzato quelle che incatenavano me, e quando un giorno che Dio però avrà fissato e conosce, la vostra anima salirà da questo cielo in cui l'ha preceduta la mia, quel giorno tornerete a vedere colui che vi amava e che sempre vi ama e incontrerete il suo cuore con ogni sua tenerezza.

Tornerete a vedermi! Ma trasfigurato e felice, non più aspettando la morte, ma avanzando con voi sui sentieri nuovi della luce e della vita, bevendo con ubriachezza ai piedi di Dio un nettare, del quale nessuno si sazierà mai, per l'eternità.

Perciò con somma verità vi chiedo di asciugare le vostre lacrime e non piangete, se mi amate!

(S.Agostino)

(Teofilo)
00martedì 27 ottobre 2009 19:00
Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 6 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°Gino¹Inviato: 29/10/2003 16.06
I defunti.
La liturgia del giorno pone l'accento sulla fede e la speranza nella vita eterna, saldamente fondate sulla Rivelazione. Significativo il brano tratto dal Libro della Sapienza 3,1-6.9: "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio; il tormento non le toccherà. Agli occhi degli stolti sembra che muoiano; la loro fine è giudicata una sciagura e la loro dipartita da noi uno sfacelo; essi in realtà sono nella pace".
Per chi ha creduto in Dio e lo ha servito la morte non è un salto nel nulla, ma nelle braccia di Dio: è l'incontro personale con lui per vivere "presso di lui nell'amore" e nella gioia della sua amicizia. Il cristiano autentico perciò non teme la morte, ma considerando che finché viviamo quaggiù "siamo esuli dal Signore", ripete San Paolo: "preferiamo esulare dal corpo e abitare presso il Signore" (2 Cor.5,6.8).
Nonostante tutto non si tratta di esaltare la morte, bensì di vederla quale realmente è nel piano di Dio: il giorno natalizio alla vita eterna.
Questa visione serena e ottimista della morte si basa sulla fede in Cristo e sull'appartenenza a lui: "la volontà di Colui che mi ha mandato è questa : che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo resusciti nell'ultimo giorno" (Gv.6,39).
Tutti gli uomini sono stati dati a Cristo ed egli li ha pagati a prezzo del suo sangue. Se essi accettano la loro appartenenza a lui e la vivono con la fede e con le opere secondo il Vangelo, possono essere certi di essere annoverati tra i "suoi" e come tali nessuno potrà strapparli dalle sue mani, nemmeno la morte.
"Sia che viviamo, sia che moriamo, apparteniamo al Signore", dice San Paolo in Rm.14,8. Siamo del Signore perché ci ha redenti e incorporati a sé, perché viviamo in lui e per lui mediante la grazia e l'amore; se siamo suoi in vita, rimarremo tali in morte.
Cristo, Signore della nostra vita, diverrà il Signore della nostra morte, che assorbirà nella sua trasformandola in vita eterna.
"Concedi, Signore, che i nostri fratelli defunti entrino nella gloria con il tuo Figlio, che ci unisce tutti nel grande mistero del tuo amore".

Rispondi
Numero di iscritti che ha consigliato questo messaggio. 0 suggerimenti  Messaggio 7 di 18 nella discussione 
Da: nylusInviato: 30/10/2003 11.19
Questo messaggio è stato eliminato dal gestore o dall'assistente gestore.

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 8 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°63CaterinaInviato: 30/10/2003 12.07
Caro nylus...devo epurare il tuo intervento perchè a noi non interessano i retroscena delle varie speculazioni......., anche perchè alcune sono discordanti..... e poichè non sta a noi giudicare il comportamento degli altri....lascerò inserita solo la tua domanda......
Da: nylusInviato: 30/10/2003 11.19
per andare a lavorare percorro la strada che costeggia  il cimitero.
di questi giorni è alquanto trafficata.
molta gente si prepara a commemorare i defunti.
 introvabili i preti (......)
e allora mi chiedo:
si commemorano i defunti oppure il corpo dei defunti?
non sarebbe meglio la cremazione, con eventuale ricordo fisico in una scatoletta (come si usava per il tabacco) e con il sicuro ricordo nella mente e nel cuore?
Nylus
............
caro Nylus...circa la questione della sepoltura, qui avrai un idea del perchè si seppelliscono i propri cari, almeno nella nostra versione, ogni cultura poi avrà i suoi metodi:
.......
la cremazione è accolta anche dalla Chiesa in risoluzione anche degli spazi sempre più limitati, tuttavia il fatto è rilegato al Vangelo che ci convince che un defunto NON è MORTO nel senso di FINITO, ma DORME......dorme il "sonno della Pace" fino al ritorno del Cristo Glorioso e Giudice....in questa rilettura del significato della sepoltura NON sta a noi giudicare se la gente torna dai suoi cari una sola volta all'anno, perchè anche in quel solo giorno, la Chiesa si augura che per i tiepidi avvenga un cambiamento, che per gli increduli avvenga una conversione.....
TUTTO l'anno NOI ricordiamo i Defunti, sia familiari sia che sparsi nel mondo, CREDENTI O NON CREDENTI, attraverso la Messa, anche se NON è stata segnalata per qualcuno in particolare.....ecco a cosa serve questo forum, a far comprendere che OGNI Messa è PER TUTTI I DEFUNTI.....il Sacrificio Eucaristico non è solo rivolto alla persona che fa celebrare la Messa per un suo caro, ma è PER TUTTI......indistintamente.....
Tutto l'anno sia la preghiera del Rosario, sia la Messa, sia nella Preghiera dei Fedeli in ogni domenica, RICORDIAMO TUTTI i Defunti......questo giorno che segue alla Festa di tutti i Santi, vuole invece ricordare ai vivi che QUI SIAMO DI PASSAGGIO......., non solo, questa Commemorazione è nata insieme a quella dei Santi per mitigare il fatidico Halloween......per evitare che si riducesse il tutto ad una festa pagana......dimenticando il trionfo di Cristo sulla morte e su OGNI PAURA.....
Ben venga questa festa dunque, se almeno una volta all'anno qualcuno si ricorderà che ha un proprio caro da RICORDARE......
All'ingresso di un cimitero hanno scritto:
"Ciò che TU SEI.....io ero......
ciò che io sono oggi......tu sarai......"
Forse un modo per esorcizzare la paura della morte?........
chissà.....
Siamo persone deboli nylus.....forse cremando un defunto e rilegandolo in una scatoletta...potrebbe finire in una scatola d'immondizia durante un trasloco......
Nel caso della nostra tradizione....abbiamo invece l'opportunità di MEDITARE SUL NOSTRO DESTINO.....e di ricordarci che la "pietà commemorativa" aiuta si relativamente il defunto, ma ancora di più...AIUTA NOI che ancora non siamo in grado di percepire la realtà di questo passaggio......
Un appunto sulla questione dei preti introvabili......tralascio la questione del "listino prezzi"......perchè non è come tu dici e qui ora non ci interessa....., la questione dell'offerta del resto è sempre un tasto dolente.....che troverà ogni volta gli scontenti.....e coloro che si sentono in diritto di giudicare eventuali usi e costumi, dimenticando che per il mondo protestante la questione non esiste relativamente perchè li si paga la decima......cosa che non avviene fra i parrocchiani....ma questo è un altro forum.....
I preti sono introvabili per due motivi.....uno ce ne sono di meno e noi siamo aumentati.........secondo un brutto vizio della gente è di ricorrere alle Messe e al prete specialmente in questo periodo così da mandare in tilt gli stessi sacerdoti.....un pò come partire per le vacanze.....tutti si riducono all'ultimo fine settimana specifico...così da mandare in tilt gli autocaselli......
Ti confesso che io faccio il contrario......le Messe le faccio dire nel corso dell'anno e in questi giorni lascio il posto ai ritardatari.......tanto il suffragio che la Chiesa compie è valido anche per le mie intenzioni.....ecco la Comunione dei Santi.....che s'intreccia nel mistero dell'Amore Misericordioso di Dio.....
Fraternamente Caterina

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 9 di 18 nella discussione 
Da: nylusInviato: 30/10/2003 13.00
approvo la potatura, caterina
i tralci che impediscono a quelli sani di crescere vanno potati, così come la mia descrizione che offuscava il pellegrinaggio ai cimiteri dei sinceri.
mi ero lasciato trasportare dalla disapprovazione.
Nylus

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 10 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°63CaterinaInviato: 30/10/2003 14.23
(Grazie nylus....per aver capito.....)

PAROLE DEL SANTO PADRE PAOLO VI
PER LA RICORRENZA DEI DEFUNTI


Martedì 2 novembre 1965

     

SIAMO QUI riuniti con il proposito di onorare religiosamente i nostri defunti: coloro cioè che ci hanno preceduti « cum signo fidei et dormiunt in somno pacis ». Ognuno - come è ovvio - ricorda anzitutto i propri cari, specie coloro la cui dipartita è meno lontana, sì che la cicatrice del dolore non è ancora rimarginata. Poi il pensiero torna alle persone conosciute, a coloro che hanno avuto con noi vincoli di parentela, o rapporti di professione ed amicizia, che con noi hanno condiviso le vicende del pellegrinaggio terreno, partecipando alla nostra vita sociale.

L’animo, il ricordo si volge quindi a tutti gli scomparsi appartenenti alle singole parrocchie, ai paesi, ai centri urbani: specialmente alla città e diocesi di Roma, alla nostra terra, al popolo tra cui viviamo.

L’orizzonte si allarga ancora, e sentiamo doverosa la preghiera per gli. altri defunti, a cominciare dalle vittime delle guerre del nostro tempo, sino ai molti caduti anche in questi giorni perchè gli uomini non sono capaci di essere fratelli. Si arriva, infine, con tale sentimento di umana pietà, all’aiuto cristiano a quanti sono avvolti dall’oblio, a pro dei quali nessuno prega, e che proprio da noi aspettano l’aiuto per passare dalle sofferenze della espiazione alla luce del Signore..

Un sacro dovere, dunque, di religiosa, universale solidarietà.

Si tratta, è vero, d’un obbligo triste e penoso: ed esso rimarrebbe nei termini d’un dolore sconsolato, se noi ci limitassimo solo all’aspetto umano di quanto sentiamo di fronte alla morte. Sappiamo tutti che tale condoglianza non è sufficiente e che il considerare solo in termini terreni ciò che avviene con la morte e dopo la morte, ci atterrisce. Le cognizioni umane, in proposito, non ci dicono nulla: e generano soltanto smarrimento, fantasie, sconforto. Perciò non bastano questi limitati sentimenti a commemorare degnamente e piamente i nostri defunti. Occorre ben altro: ed ecco la lampada della nostra santa Religione venirci incontro per illuminarci, guidarci ed indicare, in ogni momento, quel che si deve pensare e compiere dinanzi al trapasso dalla esistenza nel tempo all’eternità.

Non è che questa lampada dissipi, nel campo in esame, tutte le tenebre, San Paolo ci ricorda che noi, adesso vediamo come per riflesso, in aenigmate. Nondimeno quel che la Religione ci fa intravvedere della vita d’oltre tomba è tale da darci grandi certezze, alimentate e sorrette dalle tre virtù teologali. La fede, la speranza, la carità vengono ad impartirci insegnamenti di luce sì da rendere possibile, anzi doverosa, una comunione con i nostri defunti.

Ben oltre i semplici eppur apprezzabili dati della ragione, che arriva a dimostrare l’immortalità dell’anima senza però nulla dirci della vita futura, la fede ci dà il quadro completo della vita, anzitutto di quella presente, per quindi elevare il nostro spirito ed immergerlo nella somma verità: noi siamo immortali. Noi non moriremo più: siamo nati ieri e abbiamo davanti a noi l’eternità da vivere. La morte che può essere vicina e che, comunque, per la durata del tempo, non è lontana, tocca solo in una maniera episodica la nostra esistenza.

Siamo usciti dalle mani di Dio, che ci ha creati, per vivere sempre. Questa coscienza, di cui ora disponiamo, non si spegnerà mai. Ognuno può dire: il mio essere non sarà più assorbito da un sonno di morte, cioè di annullamento e di distruzione.

Vivrò! Questa nozione, che ci fa contemplare il vero programma e panorama della nostra esistenza, è, da un lato, consolantissima; dall’altro ci prospetta gravi pensieri di arduo dominio. Se siamo fatti per la eternità, che rapporto c’è fra la vita presente e quella futura? Mirabile è la risposta. Noi sappiamo che la morte va considerata come una lanterna posta ad illuminare il mutamento della nostra vita temporale, facendoci ben vedere un rapporto di responsabilità nei confronti del nostro destino eterno. Siamo noi a formare la nostra fisionomia per l’avvenire. Quel che facciamo ora ha una ripercussione nell’eternità. Di qui il peso e il valore della nostra vita presente. « Opera enim illorum sequuntur illos »: è stato letto poco fa nel brano dell’Apocalisse. Le nostre azioni ci seguono: diventano perciò di una importanza enorme. Bisogna pensarle e considerarle appieno; occorre essere perfetti, essere santi. Ogni azione, infatti, ha la sua portata al di là del tempo; incide non nel vuoto, ma nel nostro essere. Saremo, di fronte a Dio, quali ci stiamo plasmando con la nostra volontà, con le nostre virtù.

Consegue doverosa una domanda: come si perverrà a un grado di perfezione, alla piena corrispondenza al supremo destino stabilito da Dio? Rimanendo uniti, sempre, alle fonti della vita: a Cristo Signore benedetto, il Quale ha proclamato: « Ego sum resurrectio et vita »: Io sono la risurrezione e la vita. Così è: questa la norma indefettibile, Quale gioia il ricordare che, nell’imminenza della nostra nascita alla vita soprannaturale, quando abbiamo ricevuto il santo Battesimo, alla richiesta: che cosa cerchi dalla Chiesa? qualcuno ha dato, per noi, la risposta splendente: cerco la fede! E che cosa ti dà la fede? La vita eterna!

La fede ci inserisce nell’albero dell’eterna vita: Cristo. L’essere uniti con Cristo è necessità essenziale per noi. Se siamo innestati in Lui e cristiani vivi, il nostro destino è bene assicurato e i nostri giorni possono anche consumarsi rapidamente: non importa. Sappiamo d’essere incamminati non verso l’oscurità, l’annullamento, il castigo del nostro essere, ma verso l’oceano della vita: Cristo, la nostra redenzione e salvezza, il nostro premio. Giunge ora la speranza a fornirci anch’essa i suoi beni. Il primo è il conforto: è il togliere le inquietudini che non hanno sollievo; è il sentire vicino a noi la voce grave e autorevole del Maestro ripeterci: « Noli fiere »: non piangere! Un pianto disperato non è cristiano, lacrime che scorrono senza consolazione non sono lacrime benedette. E Gesù spiega: Sì, tu puoi sentire il dolore, la morte, la separazione dai tuoi, l’intera amarezza retaggio della prima colpa; puoi sì piangere, ma non con la disperazione nel cuore e con gli occhi annebbiati e incapaci di scorgere la luce che ti aspetta.

Non vogliate piangere - scrive San Paolo ai Tessalonicesi - come coloro «qui spem non habent», giacchè appunto il Cristianesimo, la nostra fede, la nostra unione con Cristo ci danno l’incrollabile sicurezza. « Spe salvi facti sumus »: già con la speranza siamo salvi. Potenzialmente, anzi, sin d’ora siamo al di là dell’abisso tenebroso, al di là della morte: e possiamo procedere con quella serenità, che rende accetta ed agevole la stessa vita presente.

Abbiamo un pegno nella bontà di Dio, nella sua fedeltà, larghezza e misericordia. Egli ci aspetta, ci chiama; perciò sostiene il nostro pellegrinaggio terreno con la sicurezza dell’incontro finale con Lui.

Ed ecco la carità. Fiorisce cioè questa eccelsa virtù che, come dice San Paolo, giammai verrà meno, e non si spegnerà. La fede, la speranza si risolveranno nella visione di Dio e nel suo godimento nella vita futura. La carità no: quel che oggi noi compiamo nella ricerca di Dio, nel volergli bene, nel seguirne i precetti e nell’essere uniti a Cristo: questo slancio, che si chiama amore soprannaturale, carità, durerà sempre. Sarà il nostro sentimento indistruttibile. Adesso palpita nel desiderio, domani rifulgerà nella pienezza del possesso: ma rimarrà sempre identico per origine e natura. Sarà sempre l’anelito di congiungerci al Signore: ad esso è assicurato un totale compimento.

Ora, sappiamo che questo vincolo esistente fra Dio e noi arriva a porsi in comunicazione anche con le anime dei nostri defunti. Il messaggio di amore che noi loro mandiamo perviene ad esse attraverso il misterioso canale costituito dalla Comunione dei Santi, il regno della carità. Riusciamo, quindi, a metterci in reale comunicazione con i trapassati e a ricevere da loro qualche messaggio, non fosse altro che il ricordo dei loro atti ed esempi edificanti; e sentirci, così, già in società restituita, anzi piena, con tutti i nostri defunti.

Quale la conclusione di quanto si è qui rammentato? Dobbiamo attuare in esercizio volenteroso i grandi suggerimenti di fede, di speranza e di carità: e guardare sì la vita con il richiamo luminoso che ci viene dai nostri defunti, ma soprattutto possedere .questo supremo, vittorioso slancio di amore, che il Signore dà e fa circolare tanto in questa vita quanto in quella della beatitudine.

A che cosa ci obbligano, allora, i rapporti, indicatici dal Signore, con coloro che ci hanno preceduti? Essi ci richiamano proprio a quel dovere che noi stiamo adesso piamente compiendo: suffragare i nostri Morti. La comunicabilità dei meriti è uno dei frutti della sopravvivente carità. Noi possiamo aiutare i cari defunti; possiamo beneficarli. Che cosa non faremmo, se ci fossero vicini? Ebbene: li abbiamo, in certo modo, accanto, e proprio nel circuito della carità. Cerchiamo, perciò, di essere solleciti e generosi con il suffragio. Tutti sanno come esso si esprima: con le opere buone, i sacrifizi, specialmente con le elemosine e con la preghiera.

È quanto facciamo in questo momento, cercando di dilatare il nostro cuore per includervi, insieme con i nostri cari, tutti gli altri a cui la carità ci indirizza: cioè il mondo intero e tutti i defunti che fanno parte della Chiesa in stato di purificazione. Cerchiamo di consolare questa immensa schiera di anime non solo con la nostra memoria, ma proprio con la carità della nostra preghiera, del nostro suffragio.

E quel Dio, che è così buono d’averci dato la vita, quel Dio che veglia sopra di noi e ci ha fatti cristiani, riversando sulle nostre anime tante grazie, mentre sta a vedere se di esse ci accorgiamo, se rispondiamo con amore all’amore, accoglierà certamente il nostro impegno di carità per i diletti Defunti. Ascolterà le nostre preci, affretterà per loro il giorno solare della vita eterna; e darà a noi più salda certezza; anche un anticipo del nostro destino supremo. Saremo salvi per la bontà del Signore. E così sia!


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 11 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°63CaterinaInviato: 30/10/2003 14.32

OMELIA DEL GIORNO 1° Novembre 2001

"IL MOMENTO PIU’ IMPORTANTE”

Mi ha veramente stupito una mamma che un giorno, al termine di un discorso, mi fece una domanda che conteneva quasi un rimprovero e non lo era. Mi invitava a quella riflessione che dovrebbe segnare i passi della nostra esistenza, corta o lunga che sia. “Perché voi sacerdoti, che siete o dovreste essere i maestri della vera vita, da tanto tempo non ci parlate della morte? Non vi pare che vi fermiate troppe su quanto passa a volte come una brezza ed a volte come una tempesta, ma passa, e non ci ricordate del momento decisivo, quello della morte? E’ il momento del fare i conti di un dono avuto e speso: un conto che ci farà Colui che ci ha dato il dono, Dio”.
Ed è vero. A volte viviamo non ponendoci neppure il problema del perché ci è stata data la vita e soprattutto del come farne uso. A volte sembra che viviamo alla giornata. Il domani è un altro giorno che rischia di passare inosservato. Ed è come se giorni fossero un “quotidiano” che si legge in fretta e si getta tra la carta straccia nulla rimanendo di quanto è stato scritto.
Un tempo era come un ritornello catechistico quello che le nostre mamme ci mettevano sulla bocca fino a farlo diventare carne della nostra carne, ossia i “quattro novissimi: morte, giudizio,
inferno e paradiso”.
Oggi forse non sappiamo più dare il vero significato al dono della vita o gliene diamo uno che è nettamente errato. Così il grande dono si ritorce contro di noi e contro Dio che ce 1’ha dato.
Non ci si ripete mai abbastanza dicendo che LA NOSTRA VITA E’ da una eternità PRESENTE NEL CUORE DEL PADRE, ossia Dio. Nessuno è qui per caso: come per una giornata di festa o di lutto. Se Dio, il Padre, ci ha creato, dovrebbe essere chiaro a me, a tutti che ci ha destinati ad essere come Lui., in festa nella sua casa, il Cielo. “Carissimi, ci ammonisce 1’apostolo Paolo, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli. È” (Gv. 1 Lettera, 3,1-3)
Viene da domandarsi perché allora ci ha messi su questa terra, dove sembra che troppe volte venga come cancellato la gioia che ci fece conoscere Dio quando a Natale ci donò Suo Figlio perché stesse con noi e sentimmo allora il gioioso canto degli angeli che sembravano aprirci uno spiraglio sul Cielo, la nostra vera casa: sembra affermarsi il buio del venerdì santo quando Gesù morì in croce. La risposta è molto semplice. Questo dono della vita - continuo a chiamarlo dono - non è stato dato perché noi ne facessimo un uso distorto, ma come una prova che consiste nel costruire o raccontare giorno per giorno, azione per azione che vivere per noi è amare Dio con tutto noi stessi - ossia mettere Dio al di sopra di ogni altra creatura e amare il nostro fratello. Come un continuo “ti amo” ed è la santità che ci rende degni della resurrezione, ossia del tornare alla casa del Padre.
Viviamo sì, ma cercando una buona salute, avere tanti soldi e facendo di questi il nostro grande amore, cercando prestigio. Forse non ci rendiamo conto neppure che la ricchezza, la bellezza, la stessa salute, sono un pericoloso effimero che non costruiscono paradiso, ma troppe volte anzi costruiscono 1’inferno per tanti. Questi beni, sono beni per 1’eternità quando non sono idoli che ti rubano 1’anima, ma sono invece beni per lodare Dio e fare del bene al prossimo. Non fa mai paura la morte per chi ha sempre avuto gli occhi rivolti al Cielo, cercando appassionatamente la casa del Padre. “Le anime dei giusti - dice la Sapienza - sono nelle mani di Dio; nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace”. (Sp.3,1-9)
E quanti, che sono stati compagni nella nostra vita, ora sono là, vicino a Dio, speriamo, a conoscere tutta la gioia che è vivere nella casa del Padre! Sono tanti i miei amici che non sono più con me ora, ma sono nella verità e sono quindi santi tra i santi. Da mia mamma a mio papà, ai miei amici, tanti, ma tanti amici.
Andando al cimitero pare che rivivano e mi attendano. Verrà il mio giorno, il nostro giorno, in cui “passeremo” da questa terra al cielo. Come sarà quel momento il più importante della vita, che introduce nella eternità?
Quanti hanno vissuto una vita con la saggezza evangelica, ossia si sono preoccupati di interpretare questo breve o lungo soggiorno su questa terra onorando il dono della vita, che è vivere bene facendo la volontà di Dio nella continua ricerca del volto del Padre e sentendosi pellegrini in cammino verso la casa del Padre, per questi non esiste la paura, la morte altro non è che il “transito” ossia il ritorno a casa. Ed è festa. Ne ho visto tanti, donne e uomini, morire sorridendo come se in quel momento intravedessero il volto del Padre che li attende.
Purtroppo è difficile essere santi quaggiù è facile portarsi dietro tante colpe che hanno bisogno di essere espiate. Da qui la necessità di commemorare i nostri defunti con le preghiere e le elemosine come suggerisce la Bibbia.
Fa male, recandoci nei cimiteri, assistere ad un vero mercato che si limita a mostrare la bellezza delle tombe, senza mettersi in comunione con i nostri morti. Trionfa il consumismo, la voglia di apparire in tutto, anche là dove dovrebbe essere visibile la serietà, la sofferenza e il ricordo dei nostri defunti che tanto si attendono da noi.
Siano allora questi giorni, festa di tutti i santi (e chissà quanti amici e parenti appartengono alla schiera dei beati) e di commemorazione dei defunti, una occasione per guardare in faccia alla morte come il momento più importante della nostra vita, un momento irrepetibile e sintonizzare la nostra quotidianità su quel momento, vivendo non da smemorati, ma con la fede di chi deve sapere che verrà anche per noi quel giorno ed essere vigilanti, come le vergini sagge del Vangelo che attesero 1’arrivo dello Sposo con le loro lampade accese per entrare a nozze con Lui. E non sentirci dire “Non vi conosco”.

Antonio Riboldi

- Vescovo -

(Teofilo)
00martedì 27 ottobre 2009 19:01
Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 12 di 18 nella discussione 
Da: filadelfiaInviato: 31/10/2003 19.42
Un caro salutonel Signore
                                          
      (riflessione sui nostri cari dipartiti nel Signore)
               Non è per sempre che i nostri cari saranno lontani
  La morte è una triste separazione, anche per noi cristiani. E' una triste separazione, in un certo senso, per quelli di noi che sono rimasti indietro in questa vita e nello stesso tempo è anche triste per coloro che se ne vanno avanti, il doverci lasciarci indietro per un po di tempo. Ma grazie a Dio, il nostro dolore non è come quello di coloro che non hanno nessuna speranza, perché noi sappiamo che saremo riuniti di nuovo "nella casa del Padre" (Gv.14,1-2). Dobbiamo essere separati per un poco, a confronto della vita eterna che abbiamo davanti, ma questo farà si che ci apprezzeremo l'un l'altro anche di più, come dice bene quella canzone della l'ontananza. Così il Signore ci riunirà ancora in quella fantastica riunione di vera fratellanza e famigliare in cielo, mamma mia che giorno d'amore sarà quello!
  In un certo modo la morte nasconde, ma non divide. I nostri cari non sono che dall'altro la di Cristo, loro sono con Gesù e Gesù è con noi (Matt.28,20); in Lui noi siamo ancora uniti. I nostri cari sono col Signore, e se noi ci manteniamo vicini al Signore, non possiamo esser lontani da loro.
         Che il Signore ci tenga tutti vicini a lui e noi con il suo amore uniti gli uni gli altri. filadelfia 

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 13 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°Gino¹Inviato: 01/11/2003 16.47
Riposare in Dio

Commemorazione di tutti i defunti B  -  2 novembre 2003
Gb 19,1.23-27      -      Rm 5,5-11      -      Gv 6,37-40

LETTURA
Il testo
Giobbe allora rispose: Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro sul piombo, per sempre s'incidessero sulla roccia! Io lo so che il mio Vendicatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero.
Momento di silenzio
Lasciamo che la voce del Verbo risuoni in noi.
MEDITAZIONE
Domande
Io lo so. La mia fede nella risurrezione è certezza nei miei pensieri e desideri, oppure non sa dove poggiare e vaga alla ricerca di sensazioni?
Senza la mia carne, vedrò Dio. La mia vita è proiettata nella eternità di Dio oppure ciò che mi prende completamente è la mia vita materiale, terrena?
Chiave di lettura
Io lo so che il mio Vendicatore è vivo. Il Vendicatore nella terminologia ebraica è colui che riscatta, il Go'el, il parente prossimo che libera. Dio si è fatto parente prossimo del popolo, si prende cura di lui e lo conduce a libertà: Giobbe sa che Dio lo libererà dalla morte alla fine dei tempi e che potrà finalmente contemplarlo.
Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. La morte fa paura a tutti. Quel mistero nascosto nel soffio di vita che se ne va porta tanta trepidazione anche in chi crede che Cristo è risorto e che farà risorgere anche noi. La carne che è stata il tempio del Verbo tra gli uomini potrà riposare nell'attesa finché tutto l'uomo vedrà l'Amore.
I miei occhi lo contempleranno non da straniero. Quanto è consolante pensare che per il Signore non siamo stranieri. Essere figli è tutt'altro che stranieri! I figli non provano timore nei confronti dei genitori, perché sanno, che se sono esigenti, lo sono per amore. Dio è Padre. La dolcezza di questo nome ci risuoni dentro il cuore mentre visitiamo i nostri cari che sono passati da questo mondo a Lui. E quel mormorio che canta dentro ogni cuore risuoni per noi nel momento della morte: Vieni al Padre!
Riflessione
La morte: nascita al cielo la chiama la Chiesa per i suoi figli santi. Allora la nostra vita in terra è come una gravidanza. Viviamo nel grembo della Chiesa finché ci partorirà alla Vita, quella di lassù. Perché temere? Il dolore del parto lo sente la madre, non il figlio. Il grido della nascita -la morte- altro non sarà che il primo vagito.
PREGHIERA
"Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. Nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero,  la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace… Coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell'amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti".  
CONTEMPLAZIONE
Signore, prendimi per mano quando arriverà il momento della partenza da questo mondo. La vita non è tolta, ma trasformata, ci dice la Chiesa. E io lo credo con tutta me stessa. La mia vita sei tu, Gesù. Cosa potrò di più desiderare che stare con te per sempre? Con te che sei la luce, il pane, la vita, la verità. Percorrendo te, che sei la via, giungerò a contemplare il volto del Padre. Che io porti strette in cuore le tue parole, tracce della tua eternità fra noi. Tu, Signore, asciugherai le nostre lacrime, e potremo finalmente abitare la Gerusalemme nuova, la Sposa dell'Agnello immolato. In questo giorno che mette in animo tanta malinconia che io possa, mio Dio, riceverti insieme a tutti coloro che riposano in pace. Nel momento in cui tu entri in me attraverso la Comunione io rivedo tutti perché tu sei il Paradiso, Signore Gesù, tu l'unico senso della vita umana.  
Sia lodato Gesù Cristo.
Pace a tutti, Gino

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 14 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 03/11/2003 20.07
Giovanni Paolo II alla preghiera dell'Angelus
nella Solennità di Tutti i Santi
e nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti

Il Rosario via semplice verso la santità

"Il Rosario può veramente essere una via semplice e accessibile a tutti verso la santità, che è la vocazione di ogni battezzato, come ben sottolinea l'odierna ricorrenza". Lo ha affermato Giovanni Paolo II nella meditazione che ha preceduto la preghiera mariana dell'Angelus, recitata con i fedeli in Piazza San Pietro sabato 1° novembre, Solennità di Tutti i Santi. "A noi, pellegrini sulla terra, i santi e i beati del Paradiso - ha detto il Papa - ricordano che il sostegno d'ogni giorno per non perdere mai di vista questo nostro eterno destino è anzitutto la preghiera. Per molti di loro è stato il Rosario - preghiera a cui era dedicato l'Anno ieri concluso - ad offrire un mezzo privilegiato per il loro quotidiano colloquio con il Signore. Il Rosario li ha condotti a un'intimità sempre più profonda con Cristo e con la Vergine Santa". Giovanni Paolo II ha concluso la meditazione rivolgendosi a Maria, "Regina di tutti i Santi, già immersa totalmente nella gloria divina", perché aiuti "a procedere con slancio sul cammino esigente della perfezione cristiana. Ci faccia comprendere ed apprezzare - ha aggiunto - sempre più la recita del Rosario come itinerario evangelico di contemplazione del mistero di Cristo e di adesione fedele alla sua volontà". Dopo la Benedizione Apostolica il Papa ha elevato la sua "orazione di suffragio per coloro ai quali più nessuno pensa, come pure per le tante vittime della violenza, affidando tutti alla divina Misericordia".

La morte non è l'ultima
parola sulla sorte umana


La Chiesa "invita i credenti a guardare al mistero della morte non come ultima parola sulla sorte umana, ma come al passaggio verso la vita eterna". Sono le parole di Giovanni Paolo II all'Angelus recitato, domenica 2 novembre, con i fedeli presenti in Piazza San Pietro, nel giorno dedicato alla commemorazione dei defunti. "Il nostro sguardo orante si volge a coloro che hanno lasciato questo mondo e attendono di raggiungere la Città celeste - ha detto -. Da sempre la Chiesa ha esortato a pregare per i defunti". Il Papa ha quindi affermato che "è importante e doveroso pregare per i defunti, perché anche se morti nella grazia e nell'amicizia di Dio, essi forse abbisognano ancora di un'ultima purificazione per entrare nella gloria del Cielo". Il suffragio per loro - ha proseguito - "si esprime in vari modi, tra i quali anche la visita ai cimiteri. Sostare in questi luoghi sacri costituisce un'occasione propizia per riflettere sul senso della vita terrena e per alimentare, al tempo stesso, la speranza nell'eternità beata del Paradiso".
Dopo la Benedizione Apostolica, il Papa si è rivolto ai fedeli di espressione polacca. "Ringrazio gli abitanti di Cracovia - ha detto tra l'altro il Santo Padre - per essersi ricordati dei miei genitori e di mio fratello. Dio ve ne renda merito!". Infine Giovanni Paolo II ha salutato tutti i pellegrini presenti in Piazza San Pietro ringraziandoli per aver offerto la preghiera dell'Angelus "per i defunti, in particolare per i più dimenticati".


(©L'Osservatore Romano - 3-4 Novembre 2003)

Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 15 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 24/05/2004 14.59
Riallacciandomi a questo forum: Per Rausman..che ci legge con affetto^__^.......
si legge in giro veramente che esiste non solo una profonda ignoranza, ma forse anche un tantino di veleno contro questa pratica....e come rispondere a queste persone ignoranti che vanno in giro dicendo che questa dottrina ha portato e porta milioni di frutti CATTIVI perchè tali persone invocano Dio che conceda misericordia ai Defunti?
Rispondergli solo dicendo che questi cretini cattolici che da secoli, da 2000 anni pregano per i Defunti, in questo momento stanno anche pregando PER I DEFUNTI LORO..... DI COLORO CHE IGNORANTI E VELENOSI.....sostengono una bestemmia pregare per la loro pace......in Cristo.....
Con la parola "suffragio" si indica l’aiuto che i viventi possono dare alle anime di coloro che soffrono in questa attesa che purificherà le loro imperfezioni IN CRISTO, CON CRISTO E PER CRISTO.....per poter entrare perfetti in Paradiso....E' per noi la meravigliosa COMUNIONE DEI SANTI, e per mezzo di Cristo, CON Cristo e IN Cristo questa Comunione dei Santi ci concede uno stretto legame fra cielo e terra, fra la Chiesa in terra e la Chiesa Mistica in attesa del ritorno glorioso di Cristo. Le nostre preghiere per i defunti possono infatti dar loro un grande aiuto. Diceva S. Giovanni Crisostomo: "Bisogna soccorrere i defunti non con le lacrime, ma con le preghiere, le elemosine e la carità"
Anche S. Agostino sottolinea la grande importanza delle preghiere per i defunti dicendo: "Una lacrima per i defunti evapora, un fiore sulla tomba appassisce, una preghiera, invece, arriva fino al cuore dell’Altissimo"

Preghiera di S. Ambrogio

"O Signore, accorda a N... il riposo che hai preparato per i Santi. Io l’amavo e non lo lascierò finché per le preghiere non sarà ricevuto lassù, sul monte santo di Dio, dove lo chiamano i cari che l’anno preceduto" 

De Profundis (Salmo 129)

Il De Profundis è una preghiera è adatta per aiutare tutti i defunti, anche coloro che sono morti senza il conforto dei Sacramenti.

Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia preghiera.

L’anima mia spera nel Signore.

Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono: e avremo il tuo timore. Io spero nel Signore, l’anima mia spera nella sua parola.

L’anima mia spera nel Signore.

L’anima mia attende il Signore più che le sentinelle l’aurora. Israele attenda il Signore, perché presso il Signore è la misericordia, e grande presso di lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.

L’anima mia spera nel Signore....

.......

Ma l'ignoranza di queste persone che NON credono nella Preghiera ai defunti SI DILEGUA quando non sanno spiegare perchè allora seppelliscono  E PREGANO IN CHIESA LORO PER UNO CHE è MORTO......o certo, essi giustificano che fanno CORDOGLIO SOLO QUEL GIORNO DEI FUNERALI...e allora che differenza fa se si prega per un giorno solo o per tutta la vita?

Ma ti diranno che loro NON stanno pregando per quel defunto.....ma ricordano solo le sue gesta.........si rasenta l'idolatria e nemmeno se ne rendono conto.....

Vi lascio con questa scena riportata anche dal sito Valdese e dalla parrocchia Cattolica in questione, dovuta ad un fatto vero......

Buona meditazione....

Siamo all’interno di una chiesa Cattolica. Accanto c'è una piccola chiesa Valdese di un piccolo comune nel cuore di uno dei tanti distretti industriali sorti nel Nordest italiano. Le fabbriche piccole e medie della zona hanno attirato una cospicua comunità di ghanesi. Essi sono di religione protestante ed appartengono ad una delle tante chiese pentecostali africane, nate in questi ultimi decenni. Il parroco cattolico ospita alcuni immigrati nella sua canonica, trasformata in parte in centro di prima accoglienza, in accordo con il pastore valdese che da solo non ce la fa. Egli da qualche tempo, inoltre, non si pone molti problemi nel costatare che l’asilo parrocchiale ospita ormai più bambini di famiglie ghanesi protestanti, che non di famiglie locali cattoliche. Un giovane ghanese, che temporaneamente aveva trovato una prima sistemazione nel centro di accoglienza, un triste giorno muore d’infarto. Il parroco, dopo una prima incertezza, decide di celebrare il funerale in chiesa, su richiesta degli amici stessi del ragazzo che lasciano sterefatto il parroco. Sa che il giovane era protestante. Telefona, perciò, al pastore valdese della chiesa di Verona ed assieme decidono di organizzare un rito funebre che in qualche modo si presenti come una preghiera ecumenica: celebrata in una chiesa cattolica, ma seguendo un canovaccio più vicino allo stile protestante, in sostanza si applichino preghiere per i defunti tratte dalla Bibbia per mezzo dei Salmi, ma senza fare accenni al Purgatorio. Il giorno della celebrazione la chiesa si riempie all’inverosimile di connazionali del giovane deceduto, accorsi da varie parti d’Italia. I parrocchiani sono incuriositi e prendono parte anche loro all’evento. La cerimonia ha inizio con una certa solennità. Ben presto i ghanesi occupano lo spazio sacro e impongono un altro ritmo, secondo la loro spiritualità carismatica e secondo uno stile religioso africano (che esalta danza e canto), a tutto il rito. I due celebranti sono così tagliati fuori e assistono, fra lo stupefatto e l’incuriosito, alla trasformazione di un rito d’elaborazione del lutto in una festa gioiosa. La cerimonia finisce. E il povero parroco intuisce lo stupore disegnato sui volti dei suoi parrocchiani abituati alla compostezza dei funerali cattolici, ma anche il pastore valdese rimane senza parole. La domanda che il parroco si pone alla fine è molto semplice: fin  dove è possibile spingersi quando vengono superati i confini simbolici che marcano le differenze fra un sistema di credenza religioso rispetto ad un altro. Come cattolico – si chiede il parroco- ho fatto bene a lasciare che in chiesa si celebrasse un rito secondo forme culturali e religiose diverse da quelle volute e dettate da Santa Madre Chiesa? In termini più generali, il confronto così ravvicinato fra culture ed identità etniche diverse solleva un interrogativo ancor più inquietante: come salvare le radici dell’identità cristiana senza perdere di vista lo spirito della carità che consiglia il buon cristiano ad accogliere coloro che si presentano “avendo fame” e “senza dimora”? Come continuare ad essere accogliente rifugio degli “esiliati” senza smarrire la propria identità religiosa e culturale? Non c’è il rischio di una mescolanza – il metissage – di credi religiosi che alla lunga non può che generare sincretismi o, peggio, disorientamento culturale? La risposta gli giungerà dal suo vescovo il quale, pur avendo ravvisato un aver superato i limiti dogmatici, tuttavia ciò che è avvenuto è pur rimasto dentro i canoni della Bibbia, accontentando di fatto, e forse per la prima volta, le esigenze di tre culture diverse. Anche se il vescovo si è solo basato sull'ecciozionalità del momento specifico e non certo come prassi abituativa, cioè, occorrerà valutare in futuro i diversi aspetti. In fondo ciò che era importante era ritrovarsi uniti in Cristo per accompagnare l'anima del giovane prematuramente scomparso, nella gioia comune dei Santi i quali non solo partecipano pregando Dio della sorte dei viventi, ma ci attendono ad una Comunione piena. Anche il pastore Valdese è rimasto alla fine soddisfatto della ricchezza che l'incontro ha riservato a tutti i partecipanti, diminuendo quel divario creato dalle incomprensioni di culture diverse. L'evento che comunque è stato occasionale ha contribuito ad aprire un nuovo forum alla Tavola Valdese Ecumenica che vedrà nei prossimi tempi un approfondimento circa proprio i funerali delle persone, specialmente quando in esse vi erano rapporti ecumenici.


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 16 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 25/05/2004 15.08
Vorrei riportarvi un fatto riportato da mons.G.Ravasi su Avvenire il 28.12.1997, che a sua volta l'ha appreso dal Bloc-notes dello scrittore francese Francois Mauriac.  
 Il titolo che ha dato all'articolo è:   Nella Preghiera la nostra anima si trasfigura.
< Una giovane protestante era torturata: questo accedva in una località dell'Algeria. Ed ecco che, tra due applicazioni di corrente elettrica, la giovane sfinita grida: " GESU' !!".
   Allora il capo (il bolc-notes non dice che uniforme portassero), fece segno ai carnefici di fermarsi, dicendo: " Fermi!...Ha dato un nome...!!", e la povera martire morì poco dopo! 
C'e una forte carica di sarcasmo in questo episodio della "sporca guerra d'Algeria", noi però desideriamo porre l'accento sul valore di quel NOME, soprattutto quando è pronunciato nel momento del dolore, della sconfitta, nel termine di questo cammino, nella tortura, nella disperazione....! 
Non esistono barriere di fronte al nome di Gesù, chi le vuole innalzare non ha ancora compreso che cosa vuol dire essere cristiani. Ai funerali della giovane andarono tutti, nessuno sapeva chi aveva accanto se un protestante o un cattolico o un ateo, ma uno accanto all'altro, in un silenzio carico di mistero, dal profondo del proprio cuore ognuno innalzava preghiere come riteneva opportuno, il prete era in borghese con una piccola croce sul bavero per non disturbare l'occhio. Lo scrittore riporta che a quei funerali ben una "dozzina" di musulmani si convertirono, ma non specifica a quale chiesa, era forse importante?
Ogni anno, in quella località, cattolici e protestanti, in silenzio, commemorano la giovane coraggiosa cristiana,
con la speranza che ben presto tutti i cristiani possano vedersi, insieme, trasfigurati nel volto del Cristo >.  
Sia Lodato Gesù Cristo

Prima  Precedente  17-18 di 18  Successiva  Ultima  Elimina risposte 
Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 17 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 03/06/2004 9.39
Da CE porto una domanda che ci riguarda tutti.......
 
Carissimi,
riprendendo l'argomento delle messe per i defunti, vorrei porre questa prima domanda ai nostri amici cattolico-romani.
Vorrei chiedere loro: quali sono i criteri che spingono un prete a stabilire che la persona per cui celebra la messa si trovi in Purgatorio e non in Paradiso, e viceversa?
pastore Luca
...........
Finalmente una domanda interesante......
Un prete NON PUO' STABILIRE QUESTI CRITERI......
Quando io, per esempio faccio celebrare una Messa in suffragio di un Defunto, so che tale Sacrificio Eucaristico verrà elargito  A CHIUNQUE, DEFUNTO, NECESSITA DELLA MISERICORDIA DI DIO.......il concetto dei defunti di serie "A-o-B"....è stata una deformazione causata anche dalle accuse che la Riforma ha lanciato contro le indulgenze.....Gli abusi che si compivano NON intaccavano comunque la verità della dottrina che riguarda il Culto ai Defunti.....Culto sempre presente nella Chiesa fin dal primo secolo come insegna la stessa Chiesa Ortodossa.....
Dunque viene ora un altra domanda:
Ma se il defunto per cui si prega è in Paradiso cosa accade?
NULLA!! Semplicemente che essendo l'offerta IL SACRIFICIO DELLA CROCE DI CRISTO, essa andrà a beneficio delle Anime più dimenticate......, nulla va sprecato quando si prega....nessuna preghiera s'interrompe......ma va a vantaggio di altri.....questo è alla base della COMUNIONE DEI SANTI...se il defunto per cui si vuole pregare è già considerato da Dio "santo", egli stesso in questa Comunione si premunisce con TUTTA la Chiesa a vantaggio di anime dimenticate......
Con la stessa Chiesa Ortodossa noi da 2000 anni abbiamo appreso che:
......Perché dunque preghiamo per i nostri defunti proprio nella preghiera eucaristica? La ragione è semplice: se per fede sappiamo che essi vivono in Dio, però non ci è dato conoscere a quale grado di purificazione siano giunti. Ne consegue che dobbiamo pregare per tutti i nostri morti, principalmente in quella preghiera che è culmen et fons della liturgia stessa.....

1. L’intercessione per i defunti nelle preghiere eucaristiche romane

Nel canone romano così prega la Chiesa: “Ricordati, o Signore, dei tuoi fedeli N. e N. che ci hanno preceduto con il segno della fede e dormono il sonno della pace. Dona loro, Signore, e a tutti quelli che riposano in Cristo, la beatitudine, la luce e la pace”.
Pur nella sua sobrietà, l’intercessione romana non manca di fascino. La designazione dei defunti come coloro che dormono il sonno della pace non è un’invenzione geniale del canone romano, ma testimonia un modo di sentire ben radicato nella tradizione. Parlando della morte di Lazzaro, Gesù stesso l’ha presentata con il linguaggio della dormizione e del sonno ristoratore (cf Gv 11,11-13). D’altronde pure noi ci serviamo della parola “cimitero”, che alla lettera significa “luogo dove si dorme”. Per coloro che già si sono addormentati, che possiamo domandare di meglio, se non la beatitudine, la luce e la pace? Si tratta di una richiesta essenziale, ma densa di significato.
Ben più estesa, rispetto all’intercessione del canone romano, è la
variante propria che figura nella terza preghiera eucaristica. In questa formula — che ovviamente comporta tutti gli adattamenti necessari al maschile e al femminile, al singolare e al plurale — così leggiamo: “
Ricordati del nostro fratello N. che oggi hai chiamato a te da questa vita; e come per il Battesimo l’hai unito alla morte di Cristo, tuo Figlio, così rendilo partecipe della sua risurrezione, quando farà sorgere i morti dalla terra e trasformerà il nostro corpo mortale ad immagine del suo corpo glorioso. Accogli nel tuo regno i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che, in pace con te, hanno lasciato questo mondo; concedi anche a noi di ritrovarci insieme a godere della tua gloria quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te, e canteremo per sempre la tua lode...”.
Di grande efficacia sono le espressioni quando farà sorgere i morti dalla terra e quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto. Qui la Chiesa in preghiera confessa e annuncia che la morte sarà vinta dalla risurrezione, che le nostre lacrime saranno asciugate dalla contemplazione del volto di Dio, che il momentaneo distacco si risolverà nella gioia del ritrovarci insieme per sempre.

2. L’intercessione per i defunti nelle preghiere eucaristiche orientali

Per comprendere meglio le ricchezze teologiche contenute nell’intercessione per i defunti, non possiamo fare a meno di volgerci alle preghiere eucaristiche orientali. Queste dispongono di formulazioni ampie, distese, tendenzialmente esaustive e cariche di umanità.
La preghiera eucaristica di san Basilio così si esprime: “E poiché, o Sovrano, vi è un comandamento dell’unigenito tuo Figlio, che noi comunichiamo alla memoria dei tuoi santi, degnati ancora di ricordarti, Signore, anche di coloro che ti furono graditi fin da quando erano nel mondo: dei santi padri, dei patriarchi, degli apostoli, dei profeti, dei predicatori, degli evangelisti, dei martiri, dei confessori, e di ogni spirito giusto che nella fede di Cristo è giunto a perfezione. In particolare ricordati della santissima, gloriosissima, immacolata, stracolma di benedizioni, nostra Signora, madre di Dio e sempre vergine Maria; del tuo santo glorioso profeta, precursore, battista e martire Giovanni; di santo Stefano, protodiacono e protomartire; del santo e beato padre nostro Marco, apostolo ed evangelista; e del santo padre nostro e taumaturgo Basilio; di san N., di cui oggi celebriamo la memoria; e di tutto il coro dei tuoi santi, per le preghiere e le intercessioni dei quali abbi pietà di noi pure, e salvaci a causa del tuo Nome santo che è stato invocato su di noi. Allo stesso modo ricordati, Signore, di tutti coloro che, appartenuti all’ordine sacerdotale, già si sono addormentati, e di coloro che erano nello stato di laici: degnati di far riposare le anime di tutti nel seno dei nostri santi padri Abramo, Isacco e Giacobbe; distoglili da questo mondo, legali gli uni agli altri in un luogo verdeggiante, presso acqua di riposo, nel paradiso di delizie, da dove è fuggito il dolore e la tristezza e il gemito, nello splendore dei tuoi santi. Quelli, Signore, di cui hai accolto là le anime, fa’ riposare e rendili degni del regno dei cieli”.

Fraternamente Caterina


Rispondi
Consiglia Elimina    Messaggio 18 di 18 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 10/06/2004 15.12
" Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno"
(Lc.23, 39.43)
Ciò che di magnifico prevale da questa frase non è tanto il discorso solito che facciamo sulla CONVERSIONE del "Buon Ladrone", quanto quella CERTEZZA che la morte è solo UN PASSAGGIO da una vita mortale ad una vita IMMORTALE......Da una cetechesi autentica vi riporto questa meditazione......
" Durante una visita pastorale ad una Parrocchia di Milano, mi si presenta un papà con il suo bambino (mi confidava il card. G.Colombo). - Eminenza -mi dice il papà- ascolti mio figlio, vorrebbe farle una domanda -.
Io mi curvo per ascoltarlo, avrà avuto si e no 7,8 anno e mi dice: " Io so chi sono i due crocifissi vicino a Gesù, ma io NON VOGLIO MORIRE!! Che cosa c'è dopo? "
L'angoscia di questo bambino era palese, il papà mi confidò che da un pò di tempo il bambino era in quelle condizioni e non sapeva come intervenire!
Ho preso il bambino accanto a me e ci siamo seduti ad un banco, ed ho pregato il Signore perchè non è mai facile nè scontato rispondere ad un bambino.
All'istante mi è venuto in mente Lazzaro e le parole delicate ed amorevoli che Gesù trovò per conoslare il dolore dei familiari: "DORME".....I primi cristiani sono rimasti fedeli al messaggio d'amore verso i defunti che Gesù insegnò loro "DORMONO".....e da loro è nato il termine CIMITERO per il luogo della sepoltura, parola che proviene dal greco e vuol dire DORMIRE-DORMITORIO, dove le persone ATTENDONO IL RISVEGLIO, nell'attesa da subito i cristiani si sono premuniti nel ricordare questi cimiteri mediante preghiere e commemorazioni soprattutto verso i martiri cristiani.
E' nato così fra me e il bambino un amichevole colloquio familiare: " Tu vai a scuola? Studi? Giochi? Fai molte cose durante il giorno e giunta la sera arrivi che sei stanco, ti viene sonno e desideri addormentarti. Magari qualche volta non vuoi andare a dormire, altre volte invece ci vai volentieri, vero? " Il bambino sorrideva ed ascoltava interessato....e proseguii: " Quando vai a dormire, ecco, il morire è un pò la stessa cosa, è un addormentarsi per risvegliarsi però in un altra realtà tutta diversa che non mi è possibile spiegarti, perchè io non ci sono stato, ma Gesù si e dopo essere morto prima di ritornare al Padre, si è fatto vedere e toccare dai suoi Apostoli, ha mangiato con loro proprio per rassicurarli e per far dire loro al mondo intero che dopo questa morte inizia una vita tutta diversa e tutta nuova che sarà per sempre. Vedi, io sono vecchio, e ci credo! Quando ci sveglieremo da questo addormentarsi per sempre da qui, ci risveglieremo in una casa molto più bella, conoscerai quel Padre che invochiamo nella Preghiera che Gesù ci ha insegnato, ci ritroveremo con i nonni che si sono addormentati e che ora ci pensano, pregano con noi, ci aspettano per vederci come loro felici di aver conosciuto questo Regno dei Cieli". Il bambino allora mi chiese: " Se io prego per i defunti allora mi sentono?" " Certo! I corpi dormono, ma l'anima attende la risurrezione, l'anima non è dentro il cimitero, molte sono già con Gesù che ci ha detto che la risurrezione avviene con il corpo che si trasforma. Queste anime che stanno già con Lui perchè sulla terra hanno fatto molto bene, formano la Comunione dei Santi con la quale noi ci ritroviamo sempre quando preghiamo insieme alla Messa, ti piace andare alla Messa? " " Si! L'anno prossimo faccio anche la Prima Comunione e non vedo l'ora, mi piace di più quando cantiamo insieme e quando il parroco fa vedere a tutti che Gesù è in quell'Ostia che alza...è vero che lì ci sono anche gli Angeli che adorano Gesù?"
" Certo! Gli Angeli sono sempre alla presenza di Dio, lo amano immensamente, per questo abbiamo gli Angeli Custodi, essi che sanno tutta la verità ci proteggono da quanti ci vogliono ingannare, ma bisogna che anche noi ci sforziamo e ci facciamo furbi per non ascoltare chi ci vuole far credere alle cose non vere e che ci allontanerebbero da Gesù, tu gli vuoi bene a Gesù?"
" Si, tanto!"
" Ed ora dimmi, hai ancora paura della morte?"
"Un pò si, ma se penso a Gesù ora non ho più paura!"
" E la risposta che ti ho dato, pensi che sia sufficiente?"
" Per ora si! Domani ti posso chiedere altre cose?"
" Se ci sarò volentieri, altrimenti puoi chiedere anche al tuo parroco, anche lui ti darà delle buone risposte che però tu dovrai imparare a ricordare per farle crescere nel tuo cuore, poi puoi parlarne anche a casa, e dire ai tuoi genitori di adoperare la Bibbia, ci sono molte informazioni lo sai? " e guardando al papà gli fece una strizzatina dell'occhio per ricordargli il suo dovere di cristiano.....
Si alzarono ed insieme accesero un cero per i nonni del bambino e pregarono insieme per tutti i defunti del mondo!"
( A.Anzani Colombo, "Il bambino in braccio", Milano 1991 )
Fraternamente Caterina
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 02:37.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com