4. L’applicazione alle "sette"
A partire dalla metà degli anni 1960, per una serie complessa di ragioni, si diffonde in Occidente un gran numero di nuovi movimenti religiosi, che i loro oppositori chiamano "sette". A fianco di un’opposizione religiosa alle "sette", che critica la loro dottrina, si diffonde un’opposizione di tipo psicologico e politico, la quale ritiene — ancora una volta — che a idee così strane non ci si possa convertire liberamente, e applica alle "sette" le teorie del "lavaggio del cervello". La leadership del nascente movimento anti-sette è assunta da psichiatri e da psicologi, come Louis J. West (1924-1999) e Margaret T. Singer. Benché invochino volentieri il modello di Lifton — che molti anni più tardi, ormai invecchiato, spenderà qualche parola a loro favore —, questi autori applicano in realtà alle "sette" piuttosto il diverso modello elaborato dalla CIA, che non s’interessa ai — veri o presunti — fattori predisponenti e insiste sull’efficacia "magica" di tecniche capaci di manipolare chiunque. Le teorie anti-sette del "lavaggio del cervello" hanno un effimero successo negli anni 1970 e nei primi anni 1980, ma sono in seguito screditate dalla reazione — se non unanime, largamente maggioritaria — degli studiosi accademici di nuovi movimenti religiosi, i quali fanno notare che le cosiddette "sette" hanno in realtà un successo minore di quanto molti pensino, e un turnover altissimo, così che non sembrano certo in possesso di tecniche "magiche" di conversione. Un episodio importante si verifica nel 1987 quando la teoria del "lavaggio del cervello" è criticata apertamente dall’autorevole APA, l’American Psychological Association, fra l’altro con il rigetto di un progetto di rapporto preparato da un comitato guidato dalla Singer. A partire dalla sentenza californiana Fishman, del 1990, la maggioranza dei tribunali americani rifiuta le teorie del "lavaggio del cervello". Molto più che negli Stati Uniti d’America, i movimenti anti-sette continuano però a essere influenti in Europa, dove la storia della controversia negli Stati Uniti d’America è spesso ignorata e ritornano proposte di legge che vorrebbero incriminare sinonimi del "lavaggio del cervello", dalla "manipolazione mentale" alle "tecniche psicagogiche": anche se la sentenza della Corte Costituzionale, che nel 1981 ha eliminato dall’ordinamento della Repubblica Italiana il reato di plagio, rende queste strade più difficilmente percorribili.
5. I pericoli
La lotta alle "sette" scatenata in paesi come la Francia e il Belgio — con assurde liste di "sette pericolose" che vanno dai quaccheri a movimenti cattolici — mostra come siano rischiose le teorie del "lavaggio del cervello". Il successo di qualunque idea religiosa — o politica — che sembri inaccettabile a chi propone queste teorie è immediatamente attribuito al "lavaggio del cervello", con conseguente proposta di misure repressive. Vi sono certamente in certi nuovi movimenti religiosi — non in tutti — casi di maltrattamenti, di minacce, di abuso dello stato di debolezza di minorenni o di incapaci di intendere o di volere, ovvero la messa in opera di strategie di persuasione che, di per sé lecite, diventano illecite per l’oggetto: per esempio, quando i fedeli sono persuasi al suicidio o a compiere atti di terrorismo. In questi casi — che naturalmente si verificano anche al di fuori delle religioni — l’applicazione attenta delle norme esistenti del diritto penale comune è auspicabile e necessaria, senza che sia necessario né opportuno creare nuovi "delitti di setta" o incriminare la fantomatica ed elusiva "manipolazione mentale". Ultimamente, le teorie del "lavaggio del cervello" costituiscono — oltre ogni considerazione di tipo tecnico — uno dei molteplici volti del moderno relativismo. Postulano che le scelte si dividano non in giuste e in sbagliate, ma in libere e non libere. Una volta eliminate le scelte sbagliate come pseudo-scelte non libere, tutte le opzioni libere possono essere dichiarate buone. Una scelta invece può essere insieme sostanzialmente libera — certo condizionata, ma non determinata da fattori e influenze esterne — e sbagliata o immorale: è quello che il cristiano chiama peccato. Se si rinuncia a questo principio di responsabilità, che è a fondamento del lavoro sia dei tribunali sia dei confessionali, l’uomo è ridotto a un robot che non agisce ma "è agito" da altri.
Per approfondire: Massimo Introvigne, Il lavaggio del cervello: realtà o mito?, Elledici, Leumann (To) 2002. Si troveranno documenti e indicazioni sulla bibliografia scientifica — prevalentemente di lingua inglese — sul sito Internet del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni www.cesnur.org.