Chiarimenti sul DIALOGO INTERRELIGIOSO e l'incontro ad Assisi

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00giovedì 20 gennaio 2011 11:47
Amici.... da quando il santo Padre ha annunciato il prossimo incontro ad Assisi, si sono aperti diversi fronti che stanno creando pareri pro e contro dimenticando, tuttavia, alcuni aspetti fondamentali che vogliamo riassumere qui..... forse è inutile sottolineare che noi STIAMO CON IL PAPA, ma attenzione agli slogan.... stare con il Papa non significa tacere i pericoli e le ambiguità che spesso prevalgono nel presentare questi incontri....

Innanzitutto la si finisca di confondere il Dialogo interreligioso dall'Ecumenismo....

il Dialogo Interreligioso non è l'Ecumenismo, esso si PROPONE ai non cristiani attraverso di un contesto di DIALOGO nel quale cercare non tanto ciò che ci unisce MA CIO' CHE POSSIAMO CONDIVIDERE IN UN MONDO, IN UNA SOCIETA' CHE PRETENDEREBBE DI SCACCIARE DIO.... Tutte le religioni che hanno davvero a cuore la ricerca di Dio, non possono ignorare L'APPELLO E L'INIZIATIVA DELLA SANTA CHIESA CATTOLICA....
in questo link:
S. Tommaso d'Aquino insegna come si fa il vero DIALOGO

leggiamo:

 è illuminante rilevare il metodo di Tommaso nel dialogo con la cultura del suo tempo. Si nota anzitutto il principio fondamentale della sua ricerca o della sua "etica mentale", espresso in questi termini e da lui attributo a sant'Ambrogio:  "Al principio di ogni verità, chiunque sia colui che la professi, vi è lo Spirito Santo (omne verum, a quocumque dicatur a Spiritu sancto est)" (Super evangelium Joannis, capitolo 1, lectio 3).

se dunque, la verità sulla difesa della RELIGIONE E IL DIRITTO AD ESERCITARLA e la concezione della difesa della Famiglia e una morale davvero cristiana che si ponga con coraggio CONTRO L'ABORTO in difesa della vita, se dunque tutto ciò ci perviene anche dalle altre religioni in questi DIALOGHI INTERRELIGIOSI, che ben vengano!!
"CHIUNQUE SIA COLUI CHE PROFESSA LA VERITA', VI E' LO SPIRITO SANTO"

Diverso è invece l'Ecumenismo che si attua infatti fra Cristiani e Cristiani NON cattolici.... con l'Ecumenismo ci si addentra all'interno di Dottrine che mentre taluni gruppi di cristiani hanno rigettato creando la divisione e lo scandalo, i NON cristiani DISCONOSCONO perchè nessuno ha loro annunciato il Cristo....

Chiarite queste differenze, come dobbiamo agire davanti a questi Annunci e preparativi?
Innanzi tutto CON LA PREGHIERA.... la preghiera e la fiducia che il Sommo Pontefice è guidato dallo Spirito Santo e non dallo "spiritello d'Assisi" che come lo "spirito del concilio" ci rammentano di come questi "spirito" non hanno nulla di SANTO... o si segue lo SPIRITO SANTO IL QUALE E' UNO SOLO ED E' LA TERZA PERSONA DELLA SANTISSIMA TRINITA' E NON CERTO UN VENTICELLO PRIMAVERILE.... oppure è meglio ritirarsi e mettersi a pregare senza pretendere di poter parlare  rischiando di confondere le genti....


Riguardo ad Assisi dunque, si legga anche:
LA DOMINUS JESUS a dieci anni dalla sua promulgazione

Chiarito questo andiamo a cominciare....

su Facebook ho ricevuto l'interessante invito a meditare sull'omelia di mons. Fellay della FSSPX  che, ovviamente, si pone contro questo incontro interreligioso....
nell'invitarvi a leggere quanto dice, vi invito anche a non rigettare TUTTO, ma con discernimento a trattenere ciò che di buono sappiamo di condividere.... al termine del testo seguiranno alcuni scambi di opinione....


Mons. Bernard Fellay condanna con forza il prossimo convegno delle religioni ad Assisi!!

pubblicata da Giovanni Giuseppe Vannini il giorno giovedì 20 gennaio 2011 alle ore 8.52

"Siamo profondamente indignati. Protestiamo con forza contro tale ripetizione delle giornate di Assisi. Tutto quello che abbiamo detto, tutto quello che già Mons. Lefebvre aveva detto all’epoca, lo facciamo nostro. E’ evidente, carissimi fedeli, che una simile cosa esige riparazione… Il Salmo 95 afferma che tutti gli dei pagani, sono demoni e Assisi, sarà piena di demoni.

E’ la Rivelazione, è la Fede della Chiesa e l’insegnamento della Chiesa. Dov’è allora, la continuità? Dov’è, la rottura? …


Se vogliamo essere salvati, non c’è che una via, ed è proprio quella di Nostro Signore Gesù Cristo…

Pretendere di realizzare la pace sulla terra dimenticando questo mistero, (la divinità di Gesù Cristo) è affidarsi ad illusioni folli, alle utopie. Non è mai stato ciò che ha insegnato la Chiesa.”



Predica del 9 gennaio 2011 a S. Nicolas du Chardonnay, Parigi


Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo,


Carissimi fedeli, se c’è una festa che deve riempirci di gioia, è proprio l’Epifania, festa tra le più antiche di tutta la liturgia che fino a Giovanni XXIII era annoverata tra le più importanti di tutto l’anno liturgico e che, da allora, è stata sminuita, declassata, in molti paesi perfino riportata alla domenica. Dobbiamo chiederci da una parte il perché di questa gioia – cosa celebriamo oggi, cosa vuole festeggiare la Chiesa? – e dall’altra anche il perché di questa degradazione. Epifania, Epifania del Signore, vuol dire manifestazione. Questa festa la troviamo nelle liturgie greche, dove è più antica del Natale , e vi sono riunite le principali manifestazioni della divinità del Verbo incarnato.


Queste manifestazioni sono tre. L’Epifania è chiamata comunemente Festa dei Re, i Re Magi, perché effettivamente – ed è il Vangelo di oggi –vi vediamo questi re, venuti da paesi stranieri, stranieri non solo dal punto di vista territoriale, geografico, ma provenienti da nazioni pagane. La Chiesa vuole vedervi la venuta alla fede di tutti quelli che, fino allora, non avevano avuto accesso al Vecchio Testamento , riservato e ristretto al popolo eletto; ebbene, oggi sono tutte quelle nazioni che, a nome di quei tre re, vanno da Nostro Signore Gesù Cristo per adorarlo.


La seconda manifestazione è quella del Battesimo di Nostro Signore, in cui si fa sentire la Voce del Padre e in cui vediamo anche Dio Spirito Santo in modo visibile sotto forma di quella colomba che si posa su Nostro Signore; manifestazione ancora una volta della divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. La terza è il primo miracolo di Nostro Signore. Questa volta, è Gesù stesso a provare di essere Dio, veramente Dio. Facendo qualcosa che è al di sopra di tutte le forze, di tutte le capacità delle creature, in questo primo miracolo in cui trasforma l’acqua in vino: il miracolo di Cana. Sono questi tre avvenimenti ad essere celebrati nella festa dell’Epifania. Non li ritroviamo tanto nell’evocazione della Santa Messa, ma già nel breviario, nelle antifone, vengono manifestati. Dato che sono molto importanti, la Chiesa li riprende un po’ per volta: il Battesimo di Nostro Signore lo celebrerà in modo indipendente nell’Ottava dell’Epifania e poi, la Prima domenica dopo l’Epifania, celebrerà il miracolo di Cana.


Ma tutte queste feste ,oggi, sono riunite; e anche nella liturgia latina, questa festa è più antica del Natale. Dove risiede la sua importanza? Sicuramente nell’affermazione della realtà della divinità di Nostro Signore Gesù Cristo , quel piccolo neonato di cui abbiamo appena celebrato la nascita. Egli è veramente uomo, Egli è veramente Dio. Essendo Dio, fatto uomo, non ha perso nulla della Sua divinità e degli attributi della divinità. Il fatto che sia uomo, che sia visibile presso di noi come un bambino con tutte le fragilità e le debolezze di un neonato, non toglie assolutamente nulla alla Sua maestà infinita, alla Sua Onnipotenza, e dunque Egli ha diritto, da parte di ogni creatura, all’adorazione dovuta all’unico vero Dio.


Ed è ciò che celebriamo, vedendo i re magi, dei re, delle persone importanti, dei rappresentanti, diciamo, di tutti i popoli pagani e che vengono dopo aver scorto la stella nel firmamento, quella nuova stella, quel segno chiarissimo annunciato in una profezia del Vecchio Testamento, la profezia di Balaam. Essi vengono. Dobbiamo ammirare, quest’iniziativa! Mettersi in cammino perché è apparsa una stella nel cielo, fare migliaia di chilometri – e, all’epoca, non era facile come oggi! – e lasciarsi condurre da quella stella che effettivamente fa loro da guida, li precede per tutto il tragitto fino a Gerusalemme e poi fino a Betlemme, quando Nostro Signore non era più nel presepio. I re magi trovano il Bambino con Sua Madre in una casa. È del tutto comprensibile che san Giuseppe e la Santa Vergine non abbiano lasciato troppo a lungo Nostro Signore in quell’abitazione più che precaria che era la stalla ed abbiano trovato qualcosa di più degno, di più consono nei primi anni fino all’evento che seguirà immediatamente la visita dei re magi. Ebbene, la Sacra Famiglia vive, vive a Betlemme in un’indifferenza possiamo dire totale da parte del popolo ebraico. Egli è il Salvatore, il Messia ed è completamente ignorato, in un silenzio impressionante. E quando arrivano i re magi fanno sensazione. Tutta Gerusalemme sarà in subbuglio. Quando Erode chiederà agli specialisti, agli esperti dell’epoca, agli scribi: “ Che succede? Dove deve nascere questo Messia? ” non c’è assolutamente nessuna esitazione, notate bene. Quegli scribi conoscono benissimo la Scrittura e quando si chiede loro “ Dove nascerà quel Bambino? ”, senza nessuna esitazione affermano: a Betlemme. Sarà quella la risposta di Erode ai re magi. Sanno e non sanno. In teoria, sanno tutto. In pratica ignorano superbamente la realtà.


Viene voglia di fare un parallelo. Nel sentire questa storia di Assisi , viene davvero voglia di fare un parallelo. In teoria, sanno, in teoria, credono, ma nella realtà, credono veramente? Credono veramente che Nostro Signore sia Dio? Credono veramente che dalla Sua mano dipenda la pace degli uomini, delle nazioni? Credono veramente a tutte le conseguenze immediate, dirette, della Sua divinità? Non è per fare un pic-nic che vanno ad Assisi! Vanno forse, proprio come i re magi, per adorare il vero Dio, e ad aspettare da Lui, a chiedere a Lui la pace? Vanno forse dal Re della Pace, rex pacificus?


Ahimè, come si ripete la storia! Sì, noi siamo profondamente indignati. Protestiamo con forza contro tale ripetizione delle giornate di Assisi. Tutto quello che abbiamo detto, tutto quello che già Mons. Lefebvre aveva detto all’epoca, lo facciamo nostro. E’ evidente, carissimi fedeli, che una simile cosa esige riparazione. Che mistero! Adorare cosa vuol dire? Adorare, vuol dire innanzitutto riconoscere, riconoscere la divinità; l’adorazione, la si dà soltanto a Dio. E riconoscere questa divinità implica immediatamente la sottomissione, una dichiarazione di sottomissione alla sovranità di Dio; significa riconoscere che Dio ha ogni diritto su di noi, che noi siamo realmente in totale dipendenza, in assoluta dipendenza da Dio per esistere, per vivere, per agire, per pensare, per desiderare, per volere. Ogni bene che possediamo proviene dalla bontà di Dio e ciò è vero non solo per i credenti, non solo per i cristiani, ma per ogni creatura. Dio, Creatore di tutte le cose visibili e invisibili, è anche Colui che governa il mondo, Colui che regge ogni cosa con la potenza del Suo Verbo, Colui nel quale ogni cosa ha la propria consistenza. Padrone della vita e della morte, degli individui e delle nazioni, Dio Onnipotente ed Eterno cui sono dovuti ogni onore e gloria.


Sì, adorare, significa porsi in una condizione di umiltà che riconosce i diritti di Dio. Andiamo, andiamo da Nostro Signore anche se Egli nasconde la Sua divinità. Anche se è piccolo piccolo tra le braccia di Sua Madre, è veramente Dio; è il vero Dio mandato dalla misericordia del Padre per salvarci perché si è fatto uomo – e diventando uomo è diventato Salvatore – ed il Suo Nome imposto da Dio stesso, è Gesù il Salvatore, l’unico Nome dato sotto il cielo per mezzo del quale possiamo essere salvati, il solo Salvatore, il solo Santo, “ Tu solus sanctus ”, che vieni a portarci una cosa inaudita, l’invito all’eternità della felicità di Dio. Come sperare di poter ricevere le Sue bontà quando Lo insultiamo, quando Lo ignoriamo, quando Lo sminuiamo? E’ insensato! Come sperare la pace tra gli uomini quando ci si fa beffe di Dio. Il pensiero moderno fa delle specie di proiezioni davvero strane col pretendere che tutte le religioni, alla fine, adorano lo stesso ed unico vero Dio, cosa che è del tutto falsa. Anche nella Rivelazione, si trova già nei Salmi, il Salmo 95: tutti gli dei pagani, sono demoni, sono demoni, e Assisi, sarà piena di demoni. E’ la Rivelazione, è la Fede della Chiesa, è l’insegnamento della Chiesa. Dov’è allora, la continuità? Dov’è, la rottura? Che mistero!


Sì, carissimi fedeli, se vogliamo essere salvati, non c’è che una via, ed è proprio la via di Nostro Signore Gesù Cristo. Questi magi recano tre doni, e la Chiesa, fin dai tempi più remoti vede in essi tre atti, tre riconoscimenti di Nostro Signore e al contempo, tre doni da parte delle creature: l’oro, l’incenso, la mirra. L’incenso, lo si dona a Dio, l’oro, che è un’espressione di potenza, lo si dona ai re, e la mirra, che per la sua amarezza esprime già quello che accadrà a Nostro Signore fatto uomo, incarnato. Essa rende già omaggio al Suo Sacrificio e alla Sua Passione, rende omaggio al Suo Sacerdozio, a Nostro Signore, Dio, Re, Sacerdote. Ci sono tanti tesori in questa Festa; è inesauribile. Bisognerebbe dilungarsi su ogni ciascuno di essi, ma non c’è tempo. Domandiamo a Dio e alla Chiesa, tutte le grazie racchiuse in questa Festa, perché possiamo beneficiare di tutte queste grazie: essere rafforzati nella fede nella divinità di Nostro Signore per essere capaci con i fatti di riconoscere la Sua regalità, aderendo pienamente al Suo Sacrificio cui Egli ci invita.


E’ vero, è morto, è morto da solo per tutti, ma la Salvezza –dice sant’Agostino– non la compirà senza di noi. Colui che ti ha riscattato senza di te, non ti salverà senza di te. E’ necessaria, è Dio stesso a richiedere questa unione, questa associazione al Suo Sacrificio in riparazione dei peccati. Voi sapete, carissimi fedeli, ciò che è accaduto così poco tempo dopo questa festa, appena la notte seguente… Che mistero la vita di Nostro Signore, e quanti insegnamenti per noi! Le nazioni hanno appena reso omaggio al Re dei Re. Che gioia straordinaria! Ma nella notte, un angelo appare a san Giuseppe e gli dice: “ Prendi la Madre e il Bambino, Erode viene ad ucciderlo ” E sarà la strage degli Innocenti. Qui c’è tutto un mistero, mistero di sofferenze legato a Nostro Signore e al riconoscimento di ciò che Egli è. Mistero legato a quella grande, terribile cosa che è il peccato. Pretendere di realizzare la pace sulla terra dimenticando questo mistero, è affidarsi ad illusioni folli, alle utopie. Non è mai stato ciò che ha insegnato la Chiesa. E’ vero, noi salutiamo Nostro Signore come Re della Pace. Ma è anche vero che fino alla fine dei tempi, la Chiesa avrà da soffrire e ci saranno persecuzioni contro di lei. Non è un caso che essa si chiami militante. I discepoli di Nostro Signore Lo seguiranno nella persecuzione.


Viviamo nella nostra religione e non nelle illusioni, miei carissimi fedeli. Che grandi misteri! Il perché Dio abbia permesso la persecuzione del Bambino Gesù, quei martiri, quegli innocenti che non avevano fatto niente di male. Potremmo quasi dire che questi santi Innocenti diventano martiri a loro insaputa, a causa dell’odio contro Nostro Signore Gesù Cristo. I cristiani di oggi vorrebbero ricevere un trattamento diverso da parte del mondo? Nessuno qui può essere superiore al Maestro, “ Se il mondo Mi ha odiato, odierà anche voi ”, disse Nostro Signore. E’ così. Non serve a niente voler piacere al mondo. É un errore, è falso e porta ad una falsa religione. Quanti tesori nella festa odierna. Andiamo ancora una volta dalla Madonna, chiediamo a Lei – che conservava tutte queste cose nel suo cuore – di capire un po’ meglio, di aderire con tutto il cuore a questi grandi misteri.


E’ difficile ammettere ed accettare tutto questo. Amiamo la pace certo, non ci piace essere disturbati. Non ci piace la persecuzione. E a chi potrebbe mai piacere? Ma ecco che il mistero della Redenzione passa dalla croce, passa dalla sofferenza. E Dio invita quelli che Lo amano a seguirlo. “ Se qualcuno Mi ama, rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la croce, la sua croce quotidiana, e Mi segua ”. Il Signore non promette una pace sulla terra, Lui che è il Re della Pace e che è stato salutato con “ Pace agli uomini di buona volontà ” . Bisogna mantenere tutto questo. Bisogna tentare di far regnare la pace di Nostro Signore, che è innanzitutto la pace delle anime prima di essere la pace delle armi.


Associamoci ai re magi. Chiediamo loro quei lumi, quella prudenza per giungere fino a Nostro Signore e per non tradirlo. Essi ripartono da un’altra strada. Non denunceranno Gesù ad Erode che vuol fargli del male. Chiediamo in questi tempi difficili una luce che ci guidi, che ci faccia agire giustamente. Finora, è evidente che Dio ha benedetto la via che seguiamo; via di fedeltà alla Tradizione della Chiesa cattolica. E’ talmente chiaro che non esista un’altra via. Noi non ne prenderemo altre. Con la Grazia di Dio e con il Suo Aiuto.


Sì, domandiamo la Fede, carissimi fedeli, quella Fede che ha portato i re magi a mettersi in cammino, e non a restare nell’indifferenza, nella routine di tutti i giorni. Si sono lasciati toccare da quel segno che Dio aveva messo nel cielo. Ebbene, lasciamoci anche noi toccare da quei piccoli segni che Dio ci dà ogni giorno. Quei piccoli segni con cui ci ricorda che Egli è veramente il nostro Dio e vuole essere nostro Padre che ci ama, e aspetta che noi Lo riconosciamo come Tale.


Non perdiamo, carissimi fedeli, questa gioia, la gioia di essere con Dio. Che essa domini i dolori, le sofferenze, la collera. Che resti al di sopra di tutto questo e ci aiuti a restare indefettibilmente uniti tramite la grazia e nella grazia e la Fede in Nostro Signore Gesù Cristo e nella Sua unica Chiesa, la Chiesa Cattolica, Romana, Una, Santa Cattolica e Apostolica. I tempi sono difficili; è la nostra prova, ma abbiamo anche la grazia di Dio. Quanti contrasti nel silenzio, nella discrezione di questa Festa ; è come Natale, da un lato vediamo giungere la carovana dei re, da un altro questo silenzio. Non c’è nessuno oltre ai re magi che va a quella casa, è sorprendente! Il Vangelo non ci dice di più. Ebbene, nella fede c’è un po’ di questo, c’è la discrezione. Dio non ha voluto imporre. Potrebbe moltiplicare i miracoli, tutte quelle manifestazioni che si impongono, a tutti gli uomini, come avverrà alla fine del mondo quando Nostro Signore comparirà sulle nubi, quando non ci sarà più spazio per le obiezioni. Saranno tutti proni, prostrati davanti a quella manifestazione indiscutibile della divinità. Ma in questo tempo di Fede, Dio ci chiede questo sforzo, lo sforzo della Fede. Chiediamo la grazia di non cadere nell’indifferenza del mondo, di fronte al mistero di Nostro Signore che viene fino a noi e ci chiede di andare da Lui. Offriamogli davvero quei tre tesori in cui la Chiesa vede la Fede, la Speranza e la Carità, in modo tale da amare ogni giorno sempre di più Dio e ottenere per le anime attorno a noi, e per noi stessi, la grazia quotidiana, la fedeltà e la pace tanto desiderata.


Così sia.


Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo


† Bernard Fellay




*******************************************************************************

segue uno scambio di opinioni:


Stefano  Questa è un Omelia degna di un Servo di Dio, Signore Misericordioso mandaci dei Pastori degni del tuo Nome.

  • Adriana Bonino Caro Giò forse mi scomunicherai,ma secondo me lo "spirito d'Assisi" non andrebbe visto come un'equiparazione delle religioni,ma come un cercare la Pace non quella scritta sulle bandiere,ma quella reale, quella che incomincia con la pace del cuore.^__^

  • Stefano  Non si può cercare un compromesso con chi professa una Fede falsa, meglio essere perseguitati per Amore del vero Dio, che infangare l'onore della Vera Fede. Dio si è fatto uccidere sulla Croce per Ribadire agli Uomini la sua Vera esistenza. Non ci può essere compromesso con nessuno.
  •  
    Adriana  ma allora non ci sarà mai la Pace! Pregare insieme non mi sembra sia cercare un compromesso
    circa un'ora fa ·

  • Stefano  La Pace non ci sarà Mai lo dice Gesù, sarete perseguitati per colpa mia. Se l'uomo non si convertirà alla vera Fede e noi tutti non ci convertiamo veramente a Cristo non ci sarà mai la Pace. La Pace è solo una falsa speranza, solo se viviamo pienamente in Cristo ci sarà pace.  
  •  
  • Caterina63
  • Attenta Adriana... non esiste alcuno "spirito" se non lo Spirito Santo, già Benedetto XVI ha condannato più volte questa espressione "spirito del concilio", ecc.. ^__^
    Concordo con le PREOCCUPAZIONI suscitate da mons. Fellay ma non concordo...
    sul "partito preso" di condanna, senza valutare minimamente che questo evento, SE BEN FATTO E CON LE PAROLE DEL PAPA INVITANTI ALLA CONVERSIONE, può tornare utile e giusto...
    Ritengo che si sia sbagliato il luogo dando all'evento una scandenza d'anniversario che seppur corretto dall'allora Ratzinger con la Dominus Jesus, questa scadenza e luogo alla fine consacrano ciò che avvenne ad Assisi, compreso il pollo sacrificato sull'altare di santa Chiara....
    Ritengo uno sbaglio che si usi Assisi e san Francesco nel modo sbagliato, come se san Francesco fosse un sincretista delle religioni....
    Cara Adriana, ciò che va accolto dalle parole di mons. Fellay è L'APPELLO ALLA CHIAREZZA E LA CONDANNA DELLE AMBIGUITA'... ma la sua voce flebile non sarà ascoltata e presa ancora una volta come un attacco e una minaccia al Papa... :-(
    Ritengo che un discorso assai più breve di mons. Fellay, concentrato esclusivamente sulle ambiguità, sarebbe stato più utile e credibile....
    Quando si scrive troppo si rischia sempre di uscire "fuori tema" o di esagerare con certe condanne... ^__^
  • Adriana  Come sempre sei la chiarezza in persona; mi hai rasserenato. Grazie Tea e grazie Giò^__^
  •  
    Caterina63
  •  Non sfugga a molti L'APPELLO al nuovo Papa del cardinale Biffi che parla proprio delle ambiguità di Assisi, leggete qui, all'ultimo messaggio:
    http://difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9168033
     
  •  
    Caterina63
  • Concordo con Stefano: NESSUN COMPROMESSO, ma il dialogo SI! il problema di questo evento è l'ambiguità con la quale viene preparato e divulgato... questo incointro può essere letto solo alla luce della Dominus Jesus... ma molti non lo faran...no, questo è il problema...
    quanto al discorso della pace ritengo che ci sia molta confusione ma non dimentichiamo che MAI la Chiesa ha mosso guerra a qualcuno...la Chiesa SI E' SEMPRE DIFESA, oggi se ritiene che la difesa sia il dialogo e non le armi o una flotta come sotto Pio V, è legittimo e da approvare.. ^__^ finchè potrà la Chiesa DEVE DIALOGARE e senza dubbio, senza ambiguità DEVE dialogando, PARLARE DI CRISTO E DI CONVERSIONE.... altrimenti il dialogo sarà sterile e sfocerà esso stesso in una guerra.... La colpa e la responsabilità di questa situazione ecclesiale E' NOSTRA è di quanti hanno abiurato al Battesimo, è del nostro occidente senza Dio che vuole eliminare il Crocefisso...è dei cattolici che appoggiarono l'aborto e il divorzio....è di chi propaganda LUSSURIA E VIZIO... La Chiesa ha sempre cercato ALLEATI negli stati, negli imperi, fra re e imperatori... se oggi è costretta a cercare ALLEATI che difendano il diritto alla religione ed all'esercizio della propria fede, questo è solo colpa nostra, di noi che abbiamo, nel ricco Occidente, abbandonato Dio.... Attualmente la battaglia della Chiesa E' SU TUTTI I FRONTI a cominciare DALL'ETICA E DALLA MORALE, non esiste solo il problema liturgico, questo è un problema interno alla Chiesa.... mentre l'etica e la morale riguardano TUTTI I POPOLI DI OGNI CULTURA, LINGUA E NAZIONE ANCHE SE NON CATTOLICI e il Papa da questi cerca alleati, questo non è un compromesso, ma una necessità a fronte di milioni di vite ABORTITE E MIGLIAIA DI FAMIGLIE SPACCATE....la minaccia alla Famiglia è una minaccia ALLA CHIESA...;-)









  • Caterina63
    00giovedì 20 gennaio 2011 12:01
     Anche da Messainlatino ci giungono profonde discussioni fra pro e contro, ma dialoghi assai utili alla comprensione dei fatti che stiamo vivendo per trarne BUONE LEZIONI, con  il sano discernimento...

    alcuni link interessanti che vi invito a leggere:

    Uno, nessuno, centomila (Assisi).

    Le firmatarie dell'appello per Assisi scrivono a Messainlatino

    Santità, abbiamo paura per l'incontro di Assisi





     Molto, molto interessante è lo studio approfondito della risposta di Don Alfredo Morselli circa la nostra adesione alla scelta del Pontefice e che ben vale postare integralmente....


    Santo Padre, io non ho paura!


    Santo Padre, io non ho paura!

    di don Alfredo M. Morselli


    È stato pubblicato, sul quotidiano Il Foglio, in data 10 gennaio 2011, un accorato appello al Santo Padre, riguardante il prossimo incontro inter-religioso che si svolgerà ad Assisi nell’ottobre di quest’anno. In questo appello, gli autori (Francesco Agnoli, Lorenzo Bertocchi, Roberto de Mattei, Corrado Gnerre, Alessandro Gnocchi, Camillo Langone, Mario Palmaro, Luisella Scrosati, Katharina Stolz) esprimono diverse perplessità sull’evento in questione, e le loro preoccupazioni.

    Innanzi tutto ho constatato la pacatezza e la correttezza formale dell’intervento, nonché il rispetto per il Santo Padre in esso manifestato. Valuto positivamente che il dibattito si svolga in simile modo.

    Ho però, in coscienza, gravi ragioni per dissentire dalle conclusioni degli stimatissimi autori sopra menzionati, e ho motivi per valutare molto positivamente il prossimo incontro inter-religioso di Assisi.

    Con l’aiuto della Beata Sempre Vergine Maria, proverò ad esporre le suddette ragioni, non perché mie, ma perché mi sembrano quelle della Chiesa.


    Cosa mi induce a salutare con favore il prossimo incontro di Assisi?

    Ciò che mi induce a valutare positivamente l’evento di Assisi è sostanzialmente una frase di San Tommaso, il quale insegna che, negli ultimi tempi, l’anticristo sarà avversario di ogni uomo religioso, pur seguace di false religioni: “L’anticristo si prepone a tutte… le modalità di intendere Dio”, anche nel caso Dio “si dica secondo [una qualsiasi] opinione [come nel caso dei falsi dei pagani, delle cui divinità sta scritto] tutti gli dei delle nazioni sono demoni” [1].

    Sono convito che i motivi che spingeranno l’anticristo a preporsi ad ogni religione sono gli stessi che spingono - ovviamente in direzione opposta e giusta - Benedetto XVI a ritornare, con la Chiesa Cattolica, ad Assisi, sulle orme di Giovanni Paolo II.

    E adesso provo a spiegare quanto affermo.


    L’attuale contingenza storica.

    Ci troviamo in una fase della storia del mondo dove – per quanto riguarda la religiosità dell’uomo, siamo precipitati in un baratro profondissimo, e – per certi aspetti -, mai visto prima d’ora.

    L’antropologo P. W. Schmidt S.D.V.[2] ha potuto scientificamente provare che nel mondo non esiste un popolo primitivo naturalmente a-religioso e che non abbia un qualche riferimento ad un unico Dio supremo – quindi che non sia in qualche modo implicitamente monoteista.

    Anche S. Paolo all’areopago poté lodare gli Ateniesi per la loro religiosità: “Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi”[3].

    Agli Apostoli bastava annunciare ai pagani quale fosse il Dio vero tra tanti falsi, e spiegare agli Ebrei che il Dio vero è anche Trino, e che Cristo è Dio.

    Ma, nel secolo scorso, sulla scena di questo mondo, dopo lunga gestazione, si è levato il grido empio: Dio è morto.[4] E questo grido ha infettato milioni di persone, che vivono non solo nell’ateismo pratico, ma arrivano a condannare ogni fenomeno religioso.

    Un importate indicatore di questa patologia sociale è stata la pubblicità pro ateismo sugli autobus di Londra, nell’ottobre 2008. Cartelloni disposti sulle fiancate dei mezzi contenevano la scritta "There's probably no God. Now stop worrying and enjoy your life" (Probabilmente Dio non c’è. Ora smetti di preoccuparti e goditi la tua vita)[5].

    In base a quanto detto, ci troviamo oggi di fronte alla necessità di mostrare, - non per fare sincretismo, ma proprio per porre le condizioni per poter scegliere la vera religione - , che innanzi tutto bisogna essere religiosi.

    Ed ecco il motivo per cui l’anticristo non sopporterà nessuna religione, nemmeno le false, perché vorrà tagliare l’albero della Verità alla radice. La sua dottrina sarà: “Uomini, non siate religiosi”.


    La percezione del dovere di essere religiosi, primo passo per la conversione dell’ateo.

    Adesso dobbiamo semplicemente fare ciò che San Paolo e Sant’Ireneo chiamavano ricapitolazione. Ridare al mondo Cristo Capo (Instaurare omnia in Christo) percorrendo a ritroso quella che era stata la via della perdizione.

    La Chiesa – mi si perdoni un esempio - sta mettendo i sassolini perché Pollicino possa percorrere a ritroso la via della morte percorsa fino ad oggi.

    E la prima indicazione della Chiesa, nel confronto col mondo, è, oggi, giustamente: bisogna essere religiosi.


    Dalla religione alla fede

    Senza fede è impossibile piacere a Dio[6], scrive San Paolo. Dobbiamo anche dire che mai la Chiesa ha creduto che, in caso di ignoranza invincibile, per salvarsi fosse necessario professare integralmente la religione Cattolica[7].

    Esemplare è il caso del centurione Cornelio, le cui preghiere - pur non essendo egli ancora cristiano - erano gradite a Dio[8]: San Tommaso dice che erano gradite perché aveva la fede implicita, a tal punto che non si può dire che fosse infedele:

    “Quanto al centurione Cornelio si deve notare che egli non era infedele: altrimenti il suo operare non sarebbe stato accetto a Dio, al quale nessuno può essere gradito senza la fede. Però egli aveva una fede implicita, non ancora rischiarata dalla verità evangelica. Ecco perché gli fu inviato S. Pietro, per istruirlo pienamente nella fede”[9].

    In che cosa consiste questa fede implicita: San Tommaso non ha prescritto un minimo materiale (anche se i teologi hanno discusso a lungo su questo punto), ma ha insegnato che a un pur minimo materiale deve corrispondere un massimo formale.

    Ogni uomo, per salvarsi, deve fare tutto quello che può per arrivare alla fede vera[10].


    La dinamica dell’atto di fede

    L’atto di fede è un atto umano, e quindi si può riconoscere in esso un’intenzione, un’esecuzione e una fruizione[11].

    L’intenzione della fede è data dalla conoscenza e dalla scelta di rapportarsi al fine (Dio), l’esecuzione è data dalla conoscenza e dalla scelta dei mezzi (gli articoli del Credo), la fruizione è data dal riposo nel fine delle potenze umane implicate nell’atto in questione (la vita soprannaturale del cristiano).

    Nell’atto di fede dunque, la scelta del fine coincide con il primo atto di religione, con cui si riconosce la necessità di un essere supremo e della totale dipendenza da lui; la scelta dei mezzi consiste nel prendere atto che gli articoli del Simbolo sono credibili (necessità dell’apologetica e dei preambula fidei!), e che quindi bisogna credere, e così dare alla fede un oggetto conforme al vero (la cosiddetta fides quae, e non solo fides qua e nemmeno solo sentimento religioso).

    La fruizione è data da quell’esperienza di cui la Chiesa canta nec lingua valet dicere, nec littera exprimere,[12] quando “l’uomo si abbandona tutto a Dio”[13].


    Perché dunque Assisi?

    Oggi non basta più, come è bastato fino a 100 anni fa, indicare agli infedeli i mezzi da eleggere per credere (gli articoli del Credo), ma bisogna ribadire a tutto il mondo a-religioso la necessità di rapportarsi al fine ultimo; senza questa prima disposizione, non si potranno mai scegliere i mezzi (la vera religione).

    Pio XI nella Mortalium animos diceva di non fare riunioni in cui si potesse pensare che si onora Dio indifferentemente con qualsiasi culto: e condannava “la falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio”.

    Assisi è una riunione per mezzo della quale il Papa indica al mondo la necessità di essere religiosi, invita gli uomini ad essere religiosi quanto è loro dato ed essi possono (si suppone, è chiaro, la buona fede), senza dire che tutte le religioni sono buone e lodevoli. E lodevole la virtù di religione praticata come meglio uno può, come il centurione Cornelio, non le false religioni in quanto tali. E quindi non vi è contraddizione tra il presente e il passato.


    Lo scandalo.

    Lo scandalo (atto che favorisce la caduta in peccato del prossimo) è da evitarsi assolutamente quando è dato oggettivamente (scandalum datum et acceptum), cioè quando si tratta di un atto a sua volta disonesto, che non esaurisce la malizia in se stesso, ma provoca altri peccati.

    Lo scandalo è da evitarsi ugualmente per quanto possibile, anche quando è meramente ricevuto (mere receptum), quando cioè non è un atto cattivo in sé, ma può indurre ugualmente i deboli a peccare. Per illustrare come si deve far di tutto per evitare questo tipo di scandalo, si è soliti citare la frase di San Paolo: “Per questo, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai più carne, per non dare scandalo al mio fratello”[14], anche se mangiare carne sacrificata agli idoli in sé non è peccato.

    Ma i moralisti sono concordi nell’ammettere la liceità dello scandalo mere receptum, quando l’effetto positivo è superiore a quello negativo, e viene ravvisata una certa necessità di porre l’atto, pur scandaloso per i pusilli.

    Applichiamo ora ad Assisi questi principi generali.

    Si sono verificati – soprattutto nel 1986 – degli atti non solo scandalosi, ma anche disgustosi e peccaminosi, che sono da evitarsi in futuro (polli sgozzati sull’altare di santa Chiara secondo riti tribali e la teca con una statua di Budda posta sopra l’altare della chiesa di san Pietro etc,). Ma questi atti si sono svolti in modo del tutto scollegato dal magistero e dalle azioni del Pontefice.

    Tolti questi atti, è lecito porre il presunto scandalo di Assisi?

    Visto che si tratta, in ultima analisi, di una valutazione prudenziale, alla fine, sta solo al Papa decidere; il Papa è assistito dallo Spirito Santo anche nelle decisioni pratiche.

    È chiaro che non si potrà esigere una definizione per accettare docilmente la decisione ultima, o rifugiarsi nell’aut aut “o infallibile o libera discussione”.


    La gente non capisce?

    Il Cristianesimo è una siffatta realtà dove per convertire le masse bisogna convertire le persone una per una, e spiegar loro le cose una alla volta.

    E come la mettiamo con la ormai famosa povera suora che dopo Assisi ha finalmente capito che tutte le religioni sono uguali? Si fa presto ad usarla come probatio contra Assisim, ma è un po’ più lunga – direi quasi crocifiggente - spiegarle come stanno le cose.

    Che fare allora? O non facciamo niente perché la storia si farebbe troppo lunga, oppure cominciamo subito, perché, prima si comincia, prima si finisce.

    Il Cielo – non perché ne abbia bisogno, ma perché vuole renderci in un certo modo concause dell’opera della Redenzione – aspetta la nostra risposta. Che l’Immacolata ci prenda per mano e ci faccia compiere la scelta giusta.

    Stiatico di San Giorgio di Piano, 11 gennaio 2011.



    [1] “Dicitur autem Deus tripliciter. Primo naturaliter. Deut. VI, 4: audi, Israel, dominus Deus tuus, Deus unus est. Secundo opinative. Ps. XCV, 5: omnes dii gentium Daemonia. Tertio participative. Ps. LXXXI, 6: ego dixi: dii estis. Omnibus autem his se praeferet Antichristus.”; Super II Thes., cap. 2, l. 1.

    [2] 1868–1954.

    [3] At 17, 22.

    [4] Csì diceva Pio XII: “nel corso di questi ultimi secoli si è tentata la disgregazione intellettuale, morale e sociale dell’unità nell’organismo misterioso di Cristo. Si è voluta la natura senza la grazia; la ragione senza la fede; la libertà senza l’autorità; e qualche volta anche l’autorità senza la libertà. Questo nemico è diventato sempre più concreto, con un’audacia che Ci lascia stupefatti: Cristo sì, la Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. E infine il grido empio: Dio è morto; o piuttosto Dio non è mai esistito. Ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo su fondamenti che Noi non esitiamo a indicare col dito come i principali responsabili della minaccia che pesa sull’umanità: un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio”; All’Unione Uomini di Azione Cattolica (12.10.1952).

    [5] Per ulteriori informazioni, vedi news.bbc.co.uk/2/hi/7681914.stm.

    [6] Eb 11, 6.

    [7] S. Pio X, Catechismo maggiore: “171 D. Ma chi si trovasse, senza sua colpa, fuori della Chiesa, potrebbe salvarsi? R. Chi, trovandosi senza sua colpa, ossia in buona fede, fuori della Chiesa, avesse ricevuto il Battesimo, o ne avesse il desiderio almeno implicito; cercasse inoltre sinceramente la verità e compisse la volontà di Dio come meglio può; benché separato dal corpo della Chiesa, sarebbe unito all’anima di lei e quindi in via di salute”.

    [8] At 10, 31-32: “Cornelio allora rispose: "Quattro giorni or sono, verso quest'ora, stavo facendo la preghiera delle tre del pomeriggio nella mia casa, quando mi si presentò un uomo in splendida veste e mi disse: "Cornelio, la tua preghiera è stata esaudita e Dio si è ricordato delle tue elemosine”.

    [9] “De Cornelio tamen sciendum est quod infidelis non erat, alioquin eius operatio accepta non fuisset deo, cui sine fide nullus potest placere. Habebat autem fidem implicitam, nondum manifestata evangelii veritate. Unde ut eum in fide plene instrueret, mittitur ad eum Petrus”; S Th. II II q. 10 a. 4 ad 3.

    [10] “...etiam ad fidem habendam aliquis se praeparare potest per id quod in naturali ratione est; unde dicitur, quod si aliquis in barbaris natus nationibus, quod in se est faciat, deus sibi revelabit illud quod est necessarium ad salutem, vel inspirando, vel doctorem mittendo. Unde non oportet quod habitus fidei praecedat praeparationem ad gratiam gratum facientem; sed simul homo se praeparare potest ad fidem habendam, et ad alias virtutes et gratiam habendam”; In IV Sent., II, d. 28 q. 1, a. 4 ad 4.

    [11] Una magistrale disamina di questi aspetti dell’atto di fede è svolta in A. Gardeil, La credibilité et l'Apologétique, Paris 1912.

    [12] Inno liturgico Iesu dulcis memoria.

    [13] Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 5; cf. anche S. Pio X: “La fede […] lega tutto l'uomo e lo soggetta al suo supremo Fattore e Moderatore”; Lett. enc. Acerbo nimis, IV.

    [14] 1 Cor 8, 13.



    *******************************


     nel link del titolo dell'articolo, entrerete nel forum del Blog con ben oltre 300 interventi, tanto è l'interesse suscitato dall'argomento e dai consigli di Don Alfredo.... leggerli ci aiuta a comprendere un pò la situazione...

    Interessante questo appunto:

    Loquor
    Caro e rev.do don Alfredo Morselli,  
    la ringrazio di cuore per l'articolo davvero molto interessante. A mio avviso l'intervento su Il Foglio ed il suo, lungi dall'escludersi a vicenda, si bilanciano. Mi spiego. L'appello su Il Foglio chiede soprattutto di rimanere lontani dallo "spirito di Assisi", non tanto nel senso inteso da Giovanni Paolo II, quanto da quello che tanta confusione ha generato, confusione alimentata anche dalla mancanza, a livello organizzativo, di alcuni importanti accorgimenti per evitare il "cocktail religioso". Solo in questo modo lo scandalo potrà essere minore, come lei dice, al bene che se ne potrebbe ricavare. Non ho il minimo dubbio che il Papa non intenda minimamente favorire lo scandalo...  
    Occorre tenere anche presente che oltre alla grande crisi ateo-secolarista che affligge l'uomo contemporaneo, c'è anche la grande insidia neognostica (non ho buona memoria: non ricordo più se sia stato il Cardinal Ratzinger o Giovanni Paolo II a dichiararlo). Sarà pertanto importantissimo che l'incontro di Assisi non alimenti ancor più questa grande insidia.  
    Mi sembra pertanto che non si possano ragionevolmente assumere posizioni unilaterali (Assisi sì, Assisi no), che non fanno altro che generare acredine e basta; occorre piuttosto aver grande fiducia nel Santo Padre, pregare e sacrificarsi, oltre - perché no? - a dare qualche contributo perché tale incontro venga recepito nel modo corretto (ovviamente da parte di chi vuol capire...).  
    Ancora un grazie ed un saluto. Se non le rubo troppo tempo mi piacerebbe avere una sua risposta alle presenti considerazioni. Grazie.

    *****************

    che lo stesso Don Alfredo quota al 100%.....

    LDCaterina63
    A quanto detto da Don Alfredo, segnalammo a suo tempo anche questi passi tratti dalle parole dell'allora card. Ratzinger e riportate dal blog unafides e per le quali vi riporto il seguente passo:  
     
    "In riferimento ad Assisi – tanto nel 1986 quanto nel 2002 – ci si è chiesti ripetutamente e in termini molto seri se questo sia legittimo. La maggior parte della gente non penserà che si finge una comunanza che in realtà non esiste? Non si favorisce così il relativismo, l’opinione che in fondo siano solo differenze secondarie quelle che si frappongono tra le “religioni”? Non si indebolisce così la serietà della fede, non si allontana ulteriormente Dio da noi, non si consolida la nostra condizione di abbandono? Non si possono accantonare con leggerezza tali interrogativi. I pericoli sono innegabili, e non si può negare che Assisi, particolarmente nel 1986, da molti sia stato interpretato in modo errato. Sarebbe però altrettanto sbagliato rifiutare in blocco e incondizionatamente la preghiera multireligiosa così come l’abbiamo descritta. A me sembra giusto legarla a condizioni che corrispondano alle esigenze intrinseche della verità della responsabilità di fronte ad una cosa così grande come è l’implorazione rivolta a Dio davanti a tutto il mondo. Ne individuo due:  
     
    1. Tale preghiera multireligiosa non può essere la norma della vita religiosa, ma deve restare solo come un segno in situazioni straordinarie, in cui, per così dire, si leva un comune grido d’angoscia che dovrebbe riscuotere i cuori degli uomini e al tempo stesso scuotere il cuore di Dio.  
     
    2. Un tale avvenimento porta quasi necessariamente ad interpretazioni sbagliate, all’indifferenza rispetto al contenuto da credere o da non credere e in tal modo al dissolvimento della fede reale. Perciò avvenimenti del genere devono restare eccezionali, e dunque è della massima importanza chiarire accuratamente in che cosa consistano.  "









    Caterina63
    00venerdì 21 gennaio 2011 10:27

    “Perché restiamo cattolici e papisti ma non amiamo i cocktail religiosi”

    Il giornale on line Il Predellino ha intervistato Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi, autori dello splendido volume “Viva il Papa”, pubblicato recentemente da Vallecchi. L’intervista aiuta a comprendere cosa si muova all’interno della Chiesa e cosa abbia spinto alcuni intellettuali cattolici tra cui appunto Palmaro e Gnocchi, a firmare un appello al Santo Padre sui rischi dell’annunciato raduno religioso di Assisi.

    si legga anche:

    Uno, nessuno, centomila (Assisi).

    Le firmatarie dell'appello per Assisi scrivono a Messainlatino

    Santità, abbiamo paura per l'incontro di Assisi




    di Andrea Camaiora


    Certo che voi due amate proprio sollevare polemiche. L'appello che avete firmato con altri sul Foglio ha fatto scoppiare un putiferio. Avete scandalizzato gli opinionisti cattolici più gettonati. Non ditemi che non ci avevate pensato prima!

    Ciascuno di noi due è dotato di una moglie, regolarmente denunciata, che questa domanda l’ha posta prima della pubblicazione della lettera. Vinte le obiezioni delle legittime consorti, abbiamo scritto e firmato ugualmente il documento per un semplice motivo: crediamo che non ci sia nulla di scandaloso nel fatto che dei figli parlino a loro padre. Questo è l’animo con cui quel documento è stato pensato, scritto e pubblicato. Qualcuno può forse impedire a un figlio di dire ciò che pensa a suo padre? Ci pare proprio di no. Improvvisamente abbiamo scoperto di avere tanti fratelli toccati dalla sindrome del fratello maggiore un po’ bisbetico, forse facili alla censura quel tantino che basta ai fratelli minori per invidiare per un attimo, ma solo per un attimo, lo scriva, i figli unici. Perché a noi piacciono le famiglie numerose. Piuttosto, se c’è qualcosa che deve stupire in proposito, sta nelle reazioni davvero spropositate. Evidentemente abbiamo toccato dei nervi scoperti, ma non certo quelli del Santo Padre.

    Dicono siate dei presuntuosi che vogliono insegnare al Papa a fare il Papa…

    Hanno detto di peggio. Hanno detto persino che avremmo voluto intimidire il Papa. Alberto Melloni, il capofila del progressismo cattolico alla bolognese, sul “Corriere della Sera”, ci ha gratificato di “zelo untuoso e cortigiano” capace di “adulazione intimidatoria” e di “ricatto laudativo”. Non solo: ha ipotizzato pure “qualche sponda interna alle Congregazioni vaticane”. Troppa grazia san Melloni. Il fatto invece, ribadiamo, è molto semplice. Il Santo Padre, che è nostro Padre almeno quanto lo è del professor Melloni, annuncia una decisione che pertiene al governo della Chiesa e non al magistero. Alcuni suoi figli, ripensando alla storia recente della Chiesa, si preoccupano di alcune possibili conseguenze e, legittimamente, poiché si tratta di un atto di governo, pensano di esprimere i loro timori. Ebbene, a chi dovevano scrivere? Al maresciallo dei carabinieri? O al professor Melloni? O, magari, andare per via gerarchica cominciando dal proprio parroco, che avrebbe sottoposto la questione al consiglio pastorale, poi si sarebbe consultato con il vicario e, in attesa di una risposta che non sarebbe mai arrivata, avrebbe lanciato messaggi subliminali durante tutte le omelie da qui all’eternità? Il bello della Chiesa è che ciascun cattolico può ricorrere all’istanza suprema. Certo, sono molti, troppi, quelli che sono abituati a seguire vie oblique, a giocare di sponda e, proprio per questo, pensano che gli altri agiscano come loro. Così, se qualcuno va per la via diritta spariglia e rovescia il banco. Ma adesso permette che le facciamo noi una domanda?

    A questo punto…

    Ha notato che gli attacchi sono venuti, come nella miglior tradizione, dal fronte progressista e da quello conservatore? Nell’avanspettacolo napoletano di venerata memoria, questa si chiama “carrettella di andata e ritorno”. Siccome l’avanspettacolo è una scienza esatta e, quindi, ama le simmetrie, abbiamo visto i progressisti come il buon Melloni trasformarsi accesi papisti reazionari e abbiamo visto i conservatori ergersi a difensori della deriva progressista purché paludata in manifestazioni esteriori accettabili a palati di media esigenza. Nella realtà, nessuno è entrato davvero in argomento. Nessuno ha portato un’obiezione che fosse una alle nostre osservazioni. Nessuno si è preso la briga di notare che nel testo sono citati fior di documenti del magistero, da Leone XIII a Pio XI. Il massimo che hanno saputo fare è stato quello dire che, dato quanto scritto da Benedetto XVI prima e dopo la sua elezione al soglio pontificio, non si possono accampare certi timori. Ma noi abbiamo parlato di fatti concreti: chi li ha smentiti? Il problema dell’incontro di Assisi non è rappresentato solo dal Budda sul tabernacolo o dai pollo sgozzati sugli altari. È l'idea che i cattolici preghino insieme alle altre religioni l’equivoco da evitare. Secondo noi è giusto coltivare il dialogo e perfino l’amicizia con tutti, ma quando si tratta di pregare, i cattolici preghino da cattolici e con i cattolici. La tradizione della Chiesa e' sempre stata questa. E non basta dire che questo non accadrà ad Assisi. Il fatto è che Assisi, in tantissimi cattolici, genererà comunque questo equivoco. Quando si firma un appello come questo nel 2011 non ci si aspetta di essere capiti e approvati da tutti e subito. Stiamo a vedere che cosa succede nei prossimi cinquant'anni. Il tempo è galantuomo.

    Ci sarà pur stata una critica che vi ha fatto pensare di aver sbagliato…

    A ora non ci risulta, nessuno è entrato nel merito. Pensi che qualcuno, attaccandoci senza argomenti per quello che abbiamo detto, ha tentato di screditarci per quello che non abbiamo detto. Il nostro errore sarebbe stato quello di non aver parlato del secondo raduno di Assisi, perché quello sì che sarebbe stato perfetto. Qui non c’è tempo di entrare nel dettaglio, ma rincresce dover spiegare a chi si occupa di comunicazione la ricaduta mediatica dell’evento capofila sulla serie eventi che lo ripetono anche se con modalità parzialmente diverse. Per quanto si possano differenziare, gli atti successivi avranno sempre il marchio del primo. Che, nella fattispecie, non è stato un bello spettacolo. Dunque siamo stati attaccati anche per ciò che non abbiamo detto. Diciamo che siamo stati condannati per non aver commesso il fatto. Non male per un mondo cattolico che, in questi decenni dovrebbe essere divenuto progressivo e liberale.

    Però vi ha attaccati anche Avvenire, il quotidiano dei vescovi.

    È vero. Lo ha fatto cinque giorni dopo l’uscita dell’appello, quando ormai non ci pensava più nessuno. Ce l’hanno segnalato la sera alcuni amici con un messaggino. Un capolavoro di giornalismo dove le famose “cinque W” che vengono impresse nella testa dei praticanti il primo giorno di scuola o di redazione si faticano a trovare. “Chi, cosa, dove, quando e come” non si può dire che siano le stelle polari quell’articolo in cui il redattore non trova di meglio che citare gli insulti di Melloni. Una ritorsione personale più che un articolo di giornale. E, da questo punto di vista, onore a Melloni, che dice quel che pensa usando parole sue.

    Che cosa ricavate da tutto questo?

    Che in questo mondo cattolico così pluralista e democratico c’è posto per tutti tranne per coloro che la pensano diversamente. Che il Santo Padre non ha mandato le guardie svizzere ad arrestarci e a perquisire le nostre case o i nostri giornali. Che un sacco di cattolici ci hanno scritto e telefonato per sottoscrivere l’appello. Che le nostre mogli, come al solito, avevano ragione, ma avevano anche torto.

    ****************************

     Alcune mie considerazioni:

    Il vero problema di questi "appelli" è che probabilmente il Papa non li leggerà MAI! e di conseguenza rischiano di rimanere semplicemente una sorta di merce che in questo ulteriore testo è spiegata benissimo in questa frase geniale:  
     
    Evidentemente abbiamo toccato dei nervi scoperti, ma non certo quelli del Santo Padre.  
     
    Di nervi scoperti ce ne sono a josa...di fatto ciò che conta oggi è L'OPINIONE, da qualunque parti arrivi...  
    I "timori" descritti dall'appello sono reali, non una opinione... così come il "contrappello" di Don Alfredo "Santo Padre io non ho paura", descrive una ulteriore realtà  che aiuta a mettere gli animi in serenità nell'attesa, per altro, che il Papa parli....  
     
    C'è da dire che la situazione è in sè ingarbugliata.... come Cattolici dovremmo essere sicuri e certi di ciò che il Papa "dirà" in questo genere di incontri: parlerà di Cristo, di conversione.... ma ahimè, sono molti anni che in questi incontri il "valore dell'andare d'accordo" ha di gran lunga superato il valore della CONVERSIONE A CRISTO.... ergo, come cattolici in verità, noi NON sappiamo più cosa il Papa dirà in questi incontri.... ed è in questa attesa che gli animi si accendono, s'infuocano e finiscono per battagliare "IN PREVISIONE DI...."  
     
    Il Papa, nella visita ai luterani a Roma aveva suscitato le solite polemiche, poi è andato ed ha parlato... non ha fatto sincretismo, ha sottolineato che "non possiamo fare la comunione insieme", ma ciò che è mancato è il richiamo alla CONVERSIONE mentre c'è stato un richiamo ad una conversione DA AMBO LE PARTI.... che "noi" ci si debba convertire OGNI GIORNO è palese, non scontato ovvio, ma palese, è un impegno...  
    ma che il concetto di conversione sia di pari passo con il mondo luterano, bè, questo fa confondere gli animi a tal punto che è di ieri una triste notizia:
    per la conclusione della settimana di preghiera che sta avvenendo, ...Verrà piantato e benedetto un albero presso la Basilica di S. Paolo fuori le Mura come momento centrale di un incontro, organizzato in gemellaggio con il progetto ecumenico del “Giardino di Lutero” a Wittenberg, in Germania.... alla cerimonia ci sarà un cardinale, il Presidente del PC per l'unità dei cristiani Koch... la motivazione: FESTEGGIAMENTI PER I 500 ANNI DELLA RIFORMA DI LUTERO....  
     
    Allora mi fermo e mi domando: ma a questo punto, perchè, se sono una brava luterana, dovrei convertirmi alla Chiesa di Roma? SIAMO AMICI!! io credo in Cristo, siamo solo diversi, ma ci siamo capiti, ci vogliamo bene ed evangelizziamo LO STESSO CRISTO....cosa mi manca? NULLA!!!  
    Manca solo la beatificazione di Lutero e l'unità sarà fatta!!  
    Ovvio che il Papa non lo farà... ma ciò che maturerà il PICCOLO GREGGE confuso e sollecitato a non discutere su queste iniziative perchè SONO BUONE, porterà questi fedeli al SINCRETISMO...  
     
    In compenso quest'anno abbiamo i 550 anni dalla Canonizzazione di santa Caterina da Siena... al momento non è prevista alcuna iniziativa ufficiale della Chiesa di Roma, tranne a Siena dove la giunta comunale si sta prodigando con i frati e le suore domenicane per delle ottime iniziative locali....  
     
    Faccio osservare che il cardinale Biffi, nella sua "cosa direi al nuovo Papa" letta all'ultimo conclave, aveva sottolineato l'importanza di LIBERARE I CATTOLICI DALLA CONFUSIONE E DALLE MILLE AMBIGUITA'.... DI GUIDARE IL GREGGE CON CHIAREZZA....  
    nessuno ha mai pensato che il cardinale Biffi stesse dicendo al futuro Papa che manca ai fedeli la guida!!! certo è che diceva la verità nel parlare di CONFUSIONE E DI AMBIGUITA'.... a forza di CORRERE VERSO GLI ALTRI si sta rischiando di confondere il gregge...  
    Quando Gesù racconta di lasciare le 99 pecore per andare a cercare quella smarrita, PER RIPORTARLA ALL'OVILE, sottolinea che il gregge era lasciato AL SICURO.... il punto è che il gregge cattolico non è affatto al sicuro.... e la 99esima pecora che si va cercando NON LA SI PORTA ALL'OVILE,MA LA SI INCORAGGIA A RIMANERE DOVE STA...  
     
    Dire queste cose NON è andare contro il Papa.... ma con il Papa sollecitarci TUTTI alla realtà della situazione che è piena di ambigue iniziative che VANNO CHIARITE per evitare il dilagare della confusione, o peggio, del sincretismo...


    [SM=g1740733]

    Benedetto XVI inizia il 2011 con l'annuncio di una nuova giornata di Assisi,
    25 anni dopo quella voluta da Giovanni Paolo II.

     Città del Vaticano, 1 gen. - Benedetto XVI ricorderà ad Assisi la Giornata Mondiale di preghiera per la pace voluta da Papa Wojtyla 25 anni fa, quando il Papa polacco convocò nella città umbra i capi di tutte le religioni del mondo. "In questo anno 2011 ricorrerà - ha detto Ratzinger all'Angelus - il 25esimo anniversario della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace che il Venerabile Giovanni Paolo II convocò ad Assisi nel 1986. Per questo, nel prossimo mese di ottobre, mi recherò pellegrino nella città di san Francesco, invitando ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà -(AGI) -



    vedremo... nel frattempo leggiamo...


    Preghiera multireligiosa e interreligiosa

    Nell’epoca del dialogo e dell’incontro delle religioni è sorto inevitabilmente il problema se si possa pregare insieme gli uni con gli altri. A questo proposito oggi si distingue preghiera multireligiosa e interreligiosa. Il modello per la preghiera multireligiosa è offerto dalle due giornate mondiali di preghiera per la pace, nel 1986 e nel 2002, ad Assisi. Appartenenti a diverse religioni si radunano. […] Tuttavia le persone radunate sanno pure che il loro modo di intendere il “divino”, e quindi la loro maniera di rivolgersi a esso, sono così diversi che una preghiera comune sarebbe una finzione, non sarebbe nella verità. Esse si raccolgono per dare un segno del comune anelito [alla pace e alla giustizia, ndr], ma pregano – anche se in contemporanea – in sedi separate, ciascuno a modo proprio. […]


    In riferimento ad Assisi – tanto nel 1986 quanto nel 2002 – ci si è chiesti ripetutamente e in termini molto seri se questo sia legittimo. La maggior parte della gente non penserà che si finge una comunanza che in realtà non esiste? Non si favorisce così il relativismo, l’opinione che in fondo siano solo differenze secondarie quelle che si frappongono tra le “religioni”? Non si indebolisce così la serietà della fede, non si allontana ulteriormente Dio da noi, non si consolida la nostra condizione di abbandono? Non si possono accantonare con leggerezza tali interrogativi. I pericoli sono innegabili, e non si può negare che Assisi, particolarmente nel 1986, da molti sia stato interpretato in modo errato. Sarebbe però altrettanto sbagliato rifiutare in blocco e incondizionatamente la preghiera multireligiosa così come l’abbiamo descritta. A me sembra giusto legarla a condizioni che corrispondano alle esigenze intrinseche della verità della responsabilità di fronte ad una cosa così grande come è l’implorazione rivolta a Dio davanti a tutto il mondo. Ne individuo due:


    1. Tale preghiera multireligiosa non può essere la norma della vita religiosa, ma deve restare solo come un segno in situazioni straordinarie, in cui, per così dire, si leva un comune grido d’angoscia che dovrebbe riscuotere i cuori degli uomini e al tempo stesso scuotere il cuore di Dio.


    2. Un tale avvenimento porta quasi necessariamente ad interpretazioni sbagliate, all’indifferenza rispetto al contenuto da credere o da non credere e in tal modo al dissolvimento della fede reale. Perciò avvenimenti del genere devono restare eccezionali, e dunque è della massima importanza chiarire accuratamente in che cosa consistano. Questo chiarimento, in cui deve risultare nettamente che non esistono le “religioni” in generale, che non esiste una comune idea di Dio e una comune fede in Lui, che la differenza non tocca unicamente l’ambito delle immagini e delle forme concettuali mutevoli, ma le stesse scelte ultime – questo chiarimento è importante, non solo per i partecipanti all’avvenimento, ma per tutti quelli che ne sono testimoni o comunque ne sono informati. L’avvenimento deve presentarsi in sé stesso e davanti al mondo in modo talmente chiaro da non diventare dimostrazione di relativismo, perché si priverebbe da solo del suo senso.


    Mentre nella preghiera multireligiosa si prega nello stesso contesto, ma separatamente, la preghiera interreligiosa significa un pregare insieme di persone o gruppi di diversa appartenenza religiosa. È possibile fare questo in tutta verità e onestà? Ne dubito. Comunque devono essere garantite tre condizioni elementari, senza le quali tale pregare diverrebbe la negazione della fede:


    1. Si può pregare insieme solo se sussiste unanimità su chi o che cosa sia Dio e perciò se c’è unanimità di principio su cosa sia il pregare: un processo dialogico in cui io parlo a un Dio che è in grado di udire ed esaudire. In altre parole: la preghiera comune presuppone che il destinatario, e dunque anche l’atto interiore rivolto a Lui, vengano concepiti, in linea di principio, allo stesso modo. Come nel caso di Abramo e Melchisedek, di Giobbe e di Giona, dev’essere chiaro che si parla col Dio unico che sta al di sopra degli dèi, col Creatore del cielo e della terra, col mio Creatore. Dev’essere chiaro dunque che Dio è “persona”, vale a dire che può conoscere ed amare; che può ascoltarmi e rispondermi; che Egli è buono ed è il criterio del bene, e che il male non fa parte di Lui. […]


    2. Sulla base del concetto di Dio, deve sussistere pure una concezione fondamentalmente identica su ciò che è degno di preghiera e può diventare contenuto di preghiera. Io considero le richieste del Padre nostro il criterio di ciò che ci è consentito implorare da Dio, per pregare in modo degno di Lui. In esse si vede chi e come è Dio e chi siamo noi. Esse purificano la nostra volontà e fanno vedere con che tipo di volontà stiamo camminando verso Dio, e che genere di desideri ci allontana da Lui, ci metterebbe contro di Lui. Richieste che fossero in direzione opposta alle richieste del Padre nostro, per un cristiano non possono essere oggetto di preghiera interreligiosa, e di nessun tipo di preghiera.


    3. L’avvenimento deve svolgersi nel suo complesso in modo tale che la falsa interpretazione relativistica di fede e preghiera non vi trovi alcun appiglio. Questo criterio non riguarda solo chi è cristiano, che non dovrebbe essere indotto in errore, ma alla stessa stregua anche chi non è cristiano, il quale non deve avere l’impressione dell’interscambiabilità delle “religioni” e che la professione fondamentale della fede cristiana sia di importanza secondaria e dunque surrogabile. Per evitare tale errore bisogna pure che la fede dei cristiani nell’unicità di Dio e in quella di Gesù Cristo, il Redentore di tutti gli uomini, non sia offuscata davanti a chi non è cristiano.


    (tratto da J.Ratzinger,
    Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena, 2003, pagg.110-114)









    Caterina63
    00giovedì 27 gennaio 2011 00:23

    Alcuni esempi di come approfondire un fruttuoso dialogo senza falsità, senza sincretismi....

    ***

    Il dolore nelle religioni monoteiste


    Quali spiegazioni offre la fede agli uomini che soffrono


    di Mariaelena Finessi

    ROMA, mercoledì, 24 novembre 2010 (ZENIT.org).- Il dolore, tema fra i più universali, visto nell'ottica della scienza, della filosofia e delle religioni. Questo lo scopo del colloquio messo in piedi lo scorso anno dalla facoltà di Medicina dell’Università La Sapienza di Roma. Di quell'incontro, nato anche per tracciare le dimensioni del dolore cronico (tanto ampie da avere pesanti risvolti socio-economici in termini di perdita di lavoro e comparsa di depressione) sono stati pubblicati finalmente gli atti.

    A presentarli al pubblico, alcuni giorni fa, tre esponenti – ognuno a proprio modo – delle tre grandi religioni monoteiste, per raccontare come il Cristianesimo, l'Islam e l'Ebraismo risolvono la questione della sofferenza nella vita degli uomini: Gaspare Mura (docente di Filosofia alle Pontificie Università Urbaniana e Lateranense), Khaled Fouad Allam (docente di Sociologia del mondo musulmano all’Università di Trieste) e David Meghnagi (docente di Psicologia della Religione e di Pensiero Ebraico).

    Premesso che «la sofferenza appartiene alla vicenda storica dell'uomo – come ben spiegò Giovanni Paolo II nel 2000, in occasione del Giubileo degli ammalati -, il quale deve imparare ad accettarla e superarla», è vero che le risposte che le tre religioni monoteiste danno al quesito del dolore, «convergono tutte – per Gaspare Mura - intorno ad una figura simbolica, quella di Giobbe».

    «La ragione per cui ci si riannoda al Libro di Giobbe è che questi non è un personaggio storico ma è figura di narrazione simbolica, è un pagano che non appartiene ad alcuna determinata tradizione religiosa». In altri termini, «Giobbe è "l'uomo" che, nella nudità della sua esistenza, pone le supreme questioni sul dolore a rappresentanza di ogni uomo, di ogni epoca e di ogni cultura».

    Ulteriore elemento, è che Giobbe non pone questioni astratte intorno al dolore, non domanda come i filosofi il "perché delle cose", «soprattutto Giobbe mostra che non esiste nessuna tecnica, nemmeno quella terapeutica o psicoanalitica, capace di rispondere al senso esistenziale profondo del dolore».

    E così, «il fedele dell’Islam vede in Giobbe – continua Mura - la pazienza con cui il vero credente deve accettare dall’Onnipotente non solo i beni, ma anche i mali che nella sua imperscrutabile volontà gli assegna per metterlo alla prova e premiarlo della vittoria; e soprattutto vede nella figura di Giobbe anche un invito a tutti coloro che sono vicini ad un uomo che soffre, a farsi compassionevoli, ad esercitare la virtù della bontà, dell’assistenza, della pietà, cosicché il dolore di uno possa tornare a beneficio di tutti».

    «Da Ferdinand de Saussure – spiega poi Allam - sappiamo che la lingua forma la coscienza. Possiamo dunque ricercare le forme verbali che indicano una situazione di dolore nel Corano, perché attraverso esse possiamo riconoscere la semantica del dolore nell’Islam e dunque la percezione che i musulmani hanno di quella esperienza». Non si dice «io sono malato» ma semplicemente «malato», come ad indicare il dominio della malattia sul soggetto. «Si nota come qui l’individuo perda la sua autonomia, perché tutto risulta rimesso alla volontà divina».

    Vero è che si «si riesce a sopportare il dolore - aggiunge Meghnagi - se c'è una porta aperta verso il futuro». «Nel rapporto che l'Ebraismo istituisce con Dio, se questo "fallisce", non è sostituito. È reso migliore. Anche in questo caso si ricorre all'esempio di Giobbe che accusa il suo Dio ma non lo nega. Lo richiama alle sue responsabilità, ma non lo rifiuta».

    Dopo la Shoah, con l'uomo messo a dura prova, che va chiedendosi dove è Dio ad Auschwitz, «i testi della tradizione non riescono più a dire qualcosa che non rischi di suonare come un insulto. Il lutto ha investito i fondamenti della civiltà e i suoi simboli religiosi. Nei lager se c'è stato miracolo, è di aver continuato a credere nel bene. Nonostante tutto e perché non v'è altra scelta. Non è più Dio a salvare gli uomini, come nelle vecchie teodicee trionfali. È l'uomo a portare sulle spalle l'idea di Dio, a farla esistere per salvare il mondo».

    Se voi mi farete esistere - recita un antico Midrash – io esisto.

    Quanto al Cristianesimo, può essere citato – tra i tanti – Jung che nel suo celebre "Risposta a Giobbe" afferma che la risposta al perché di Giobbe è il «perché» pronunciato da Cristo sulla croce: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Ovvero è  in Cristo che Dio risponde a Giobbe, accogliendo su di sé il «perché» e la stessa sofferenza di Giobbe. Giacché in Cristo Dio ha veramente incontrato il male e lo ha combattuto e vinto in modo definitivo anche per noi.

    «In finale – spiega Mura -, la teologia crucis si fonda sulla grande speranza che l’uomo nutre, di avere Dio non come semplice interlocutore o come spettatore del suo dramma o addirittura come avversario, ma come cobelligerante nella lotta contro il male e la sofferenza. Il Padre, secondo la preghiera insegnata dal Signore, è colui che «libera dal male», cioè è a fianco di ogni uomo per liberarlo dal male e dalla sofferenza».

    Il senso profondo del Libro di Giobbe non consiste allora nel chiarire l’enigma del male quanto piuttosto nell’indicarci la maniera in cui è possibile affidarsi a Dio pur nella sofferenza. «Credere a Dio nonostante», dice Ricoeur. «Solo così – conclude Gaspare Mura - è possibile amare Dio senza interesse, rinunciando alla ricompensa per le proprie virtù e rinunciando pure al desiderio di immortalità».

    Alla fine, scrive Ricoeur, «è detto che Giobbe è giunto ad amare Dio per nulla, facendo così perdere a Satana la sua scommessa iniziale».


    India: mozzata la mano a un professore cattolico accusato di blasfemia


    ROMA, mercoledì, 7 luglio 2010 (ZENIT.org).- Un gruppo di sconosciuti ha tagliato la mano e parte del braccio destro di un professore universitario indiano cattolico accusato di aver diffamato Maometto in un questionario per gli esami.

    L'attacco è avvenuto il 4 luglio a Muvattupuzha, nel distretto di Ernakulam, nello Stato indiano del Kerala, ricorda l'agenzia AsiaNews.

    Il professor TJ Joseph, secondo la ricostruzione della polizia, stava tornando con la famiglia dal servizio domenicale quando è stato fermato vicino casa da un gruppo di persone su un camioncino.

    Dopo aver costretto Joseph a uscire dall’auto, gli assalitori lo hanno attaccato con coltelli e spade, recidendogli poi la mano e parte del braccio destro e gettandoli a circa 200 metri di distanza.

    Il docente ha subito anche altre profonde ferite sul corpo e necessita di diverse chirurgie plastiche.

    Joseph, keralese, che insegna al Newman’s College di Thodupuzha, è libero su cauzione. Lo scorso marzo aveva preparato un questionario per gli esami in un collegio privato e secondo i musulmani aveva inserito delle domande offensive verso Maometto.

    Dopo le proteste di alcuni gruppi islamici è stato sospeso dalla scuola. In seguito, ha chiesto scusa pubblicamente per il suo “errore non intenzionale”.

    Il Ministro dell’Educazione, M.A. Baby, ha condannato l’accaduto, esprimendo il suo dispiacere perché alcuni hanno trasformato il questionario degli esami in un problema di scontro interreligioso.

    Sajan K. George, presidente del Global Council of India Christians (Gcoi), ha condannato “l’atto barbaro” e ha chiesto che “gli assalitori vengano portati davanti alla giustizia presto”.

    “Spero non avvenga – come di solito – che la denuncia scompaia negli archivi della polizia, a causa di minacce dei militanti islamici del Kerala”, ha confessato.

    “La legge islamica non è la legge del nostro Paese!”, ha aggiunto.

    A suo avviso, nello Stato del Kerala si assiste a una crescita dell'estremismo islamico. “Il progetto di questi militanti islamici è provocare pacifiche comunità cristiane e provocare una guerra civile – ha dichiarato –. Il rapido incremento della popolazione musulmana e la loro influenza nelle elezioni fa crescere problemi di sicurezza per i cristiani in tutto il Paese”.

    L’attentato è stato condannato anche da molte organizzazioni musulmane, come la Indian Union Muslim League (Iuml), il cui capo supremo, Panakad Hyderali Shiyab Thangal, ha chiesto che i colpevoli vengano perseguiti con durezza e riferendosi al questionario composto da Joseph ha detto che “un errore non può essere corretto con un altro errore”.

    Le autorità del Newman’s College hanno dichiarato ad AsiaNews che nella domanda il professor Joseph non intendeva assolutamente offendere la religione musulmana, ma chiedeva solo di precisare la punteggiatura di un racconto sulla storia di un venditore di pesce di nome Muhammad che, nonostante lavori molto, diviene sempre più povero. Disperato, prega Dio e domanda a suo fratello il perché della sua situazione. Il fratello risponde a Muhammad: “Perché tu continui a chiamare Dio, Dio, Dio…”.

    La sorella maggiore del professor Joseph, suor Mary Stella Thenganakunnel, ha definito il fratello “un martire del dialogo islamo-cristiano, nel Kerala e in tutto il mondo”.

    “Perdoniamo tutti – ha detto a nome della sua famiglia – e non nutriamo né sentimenti di rancore, né di risentimento. Desideriamo solo che le sofferenze di mio fratello possano portare frutti per l’apertura di canali di dialogo fra Cristianesimo e Islam”.

    La religiosa, appartenente alla congregazione delle Suore di San Giuseppe di Cluny, ha anche sottolineato “il grandissimo sostegno, tra cui donazioni di sangue, della gente musulmana a poche ore dall’attacco” al docente.

    “Mio fratello ha solo parlato di perdono, di perdono, di perdono”, ha aggiunto.

    La suora ha infine espresso il suo ringraziamento “al nostro amato Santo Padre Benedetto XVI e alla Chiesa cattolica per le sue iniziative verso il mondo musulmano; iniziative all’insegna del dialogo serio e della comprensione reciproca con i fratelli e le sorelle musulmani”.




    *****************************


    Cardinal Tauran: le religioni devono difendere il patrimonio morale comune


    Congresso di responsabili delle religioni mondiali in Kazakistan


    ASTANA (Kazakistan), giovedì, 9 lulgio 2009 (ZENIT.org).- "L'unità della famiglia umana è il fondamento ultimo di una solidarietà globale e la base della ricerca di valori etici comuni, che fortunatamente ai nostri giorni suscitano un interesse crescente".

    Lo ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il Cardinale Jean-Louis Tauran, intervenendo alla terza edizione del Congresso dei leader delle religioni mondiali, celebrata ad Astana il 1° e il 2 luglio.

    L'incontro è un'iniziativa del Presidente del Kazakistan, Nursultan A. Nazarbayev, dei rappresentanti delle maggiori confessioni religiose del mondo e di personalità di spicco della politica e della cultura internazionali.

    Il Congresso è stato dedicato alla riflessione sulla funzione delle religioni nella costruzione di un mondo di tolleranza, di rispetto reciproco e di collaborazione, come ha riportato "L'Osservatore Romano".

    Tre tavole rotonde hanno permesso di approfondire temi come il riconoscimento dei valori etici e spirituali per un'etica universale, i possibili ambiti di dialogo e di cooperazione e le prospettive di solidarietà, soprattutto in tempo di crisi.

    "I credenti ritengono che l'etica non solo possa produrre norme di comportamento, ma debba anche plasmare la coscienza umana e contribuire a scoprire le esigenze della legge naturale: dobbiamo fare il bene ed evitare il male", ha affermato il Cardinal Tauran.

    "Questo è un principio fondamentale che si impone su tutti e che permette il dialogo fra persone di diverse culture e religioni", ha sottolineato.

    "In quanto credenti, dunque, dobbiamo riuscire a indicare ai nostri fratelli, uomini e donne, che i nostri valori sono fondamentali per loro al fine di promuovere la comprensione e il riconoscimento reciproci e la cooperazione fra tutti i membri della famiglia umana", ha aggiunto.

    Il porporato ha quindi definito la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948 "una delle espressioni più alte della coscienza della storia moderna".

    A suo avviso, questo testo ha contribuito a rendere gli uomini e le donne del nostro tempo "consapevoli del patrimonio di valori inerenti alla famiglia umana e alla sua dignità".

    Allo stesso modo, Tauran ha ricordato l'urgenza di "verificare che nella nostra vita la verità prevalga sull'ambiguità", perché "bisognerebbe contrastare la tendenza a separare i diritti umani dalle dimensioni etica e razionale".

    Secondo il Cardinale, il legislatore dovrebbe agire "in modo eticamente responsabile perché la politica non può prescindere dall'etica e il diritto civile e l'ordine legale non possono prescindere dalla superiore legge morale".

    "Le grandi saggezze e filosofie religiose devono testimoniare l'esistenza di un patrimonio morale ampiamente condiviso, che forma la base di ogni dialogo su questioni morali", ha commentato.

    "Tale patrimonio esprime un messaggio etico universale che l'uomo può decifrare. La forma e l'ampiezza di queste tradizioni possono differire in maniera considerevole secondo culture e situazioni, ma, nonostante questo, ci ricordano l'esistenza di un patrimonio di valori morali comuni a tutti gli esseri umani".








    Caterina63
    00giovedì 3 febbraio 2011 13:08

    non si può promuovere questo sincretismo e poi avvertire che bisognerà badare a evitare il sincretismo


    Pubblichiamo un articolo dell'abbé Paul Aulegnier, uno dei fondatori dell'Istituto del Buon Pastore, a proposito della convocazione delle religioni del mondo ad Assisi, annunciata da Benedetto XVI per il prossimo ottobre.
    L'articolo è stato pubblicato sul sito dello stesso abbé Aulagnier, nella sezione “regards sur le monde”, il 18 gennaio 2011

    Perché il 27 ottobre 2011 non dobbiamo «commemorare questo gesto storico» di Assisi 1986


    Il 1 gennaio 2011, in occasione della preghiera dell’Angelus, il Papa Benedetto XVI ha annunciato la sua intenzione di rinnovare la cerimonia interreligiosa di Assisi del 27 ottobre 1986:

    «nel prossimo mese di ottobre, mi recherò pellegrino nella città di san Francesco, invitando ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà, allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore e di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace».

    Lo aveva già annunciato nel suo messaggio per la Pace per l’anno 2011, dal titolo: Libertà religiosa, via per la pace.

    Egli scriveva: «Nel 2011 ricorre il 25° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace, convocata ad Assisi nel 1986 dal Venerabile Giovanni Paolo II. In quell’occasione i leader delle grandi religioni del mondo hanno testimoniato come la religione sia un fattore di unione e di pace, e non di divisione e di conflitto. Il ricordo di quell’esperienza è un motivo di speranza per un futuro in cui tutti i credenti si sentano e si rendano autenticamente operatori di giustizia e di pace».

    Si sa tuttavia che il Papa Benedetto XVI, allora ancora cardinale, non volle assistere a questa «Giornata mondiale di preghiera per la pace», a causa del rischio di sincretismo in una simile giornata. Così come, da quando è assiso sul soglio di Pietro, in due occasioni ha voluto apportare delle precisazioni su questa giornata, forse in vista dell’anniversario.

    In un messaggio indirizzato al vescovo di Assisi, il 2 settembre 2006, egli scriveva: «Per non equivocare sul senso di quanto, nel 1986, Giovanni Paolo II volle realizzare, e che, con una sua stessa espressione, si suole qualificare come “spirito di Assisi”, è importante non dimenticare l’attenzione che allora fu posta perché l’incontro interreligioso di preghiera non si prestasse ad interpretazioni sincretistiche, fondate su una concezione relativistica. […] Perciò, anche quando ci si ritrova insieme a pregare per la pace, occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni. Fu questa la scelta del 1986, e tale scelta non può non restare valida anche oggi. La convergenza dei diversi non deve dare l'impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla».

    Ma, semplice appunto, non ha pregato lui stesso con i giudei e i rabbini della sinagoga di Roma in occasione della sua ultima visita?

    Una cosa sono le parole, altra cosa gli atti.

    E in visita ad Assisi, il 17 giugno 2007, il Papa ha dichiarato nuovamente nella sua omelia: « La scelta di celebrare quell’incontro ad Assisi era suggerita proprio dalla testimonianza di Francesco come uomo di pace, al quale tanti guardano con simpatia anche da altre posizioni culturali e religiose. Al tempo stesso, la luce del Poverello su quell’iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana, giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l’autentico dialogo interreligioso. […] Non potrebbe essere atteggiamento evangelico, né francescano, il non riuscire a coniugare l’accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la certezza di fede che ogni cristiano, al pari del Santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come via, verità e vita dell’uomo, unico Salvatore del mondo».

    Le intenzioni di Benedetto XVI sono certamente chiare e oneste… ma esse non possono impedire, de jure, il rischio di sincretismo, di relativismo e di indifferentismo. Come dice molto bene Romano Amerio, nel suo libro “Stat Veritas”: «Questo è puro parlato:… non si può promuovere questo sincretismo e poi avvertire che bisognerà badare a evitare il sincretismo» (Chiosa 51).

    Non è neanche perché questa riunione si svolge ad Assisi, in cui il Poverello ha impresso il suo marchio del dono di sé a Cristo, che ad essa, di per sé, si può assicurare una corretta ortodossia. Si può essergli infedeli.

    Di più, il 27 ottobre 1986, con Giovanni Paolo II, forse si voluto stare attenti «perché l’incontro interreligioso di preghiera non si prestasse ad interpretazioni sincretistiche» avendo cura « che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni». Desiderio sincero, certo, ma che non fu e non poteva essere realizzato, tanto che si può parlare, a giusto titolo, della giornata pancristiana di Assisi o dell’«illusione pancristiana di Assisi».

    In effetti, ad Assisi, il 27 ottobre 1986, i cattolici non hanno pregato, al pari dei «rappresentanti delle altre religioni», per conto loro, come lascia intendere Benedetto XVI, secondo i propri riti e nella piena «espressione della propria fede», ma si sono riuniti in «preghiera ecumenica» con i «rappresentanti delle confessioni e delle comunità cristiane» nella cattedrale di San Rufino. Cosa chiaramente riportata da L’Osservatore Romano del 27/28 ottobre 1986. Là il Papa, spogliatosi di ogni insegna del suo primato, diede il via, sempre nella sua qualità di ospite – ciò che sarà Benedetto XVI il prossimo 27 ottobre – ad una celebrazione tipicamente protestante con lettura di passi della Bibbia, frammisti a canti, e conclusi dalla «preghiera universale», quella «di tutta la Chiesa». Testimonianza, questa, che si ritrova a pagina 3 del citato numero de L'Osservatore Romano.

    Il saluto indirizzato all’assemblea, letto dall’«ospite», Giovanni Paolo II, ha parlato senza dubbio di «serie questioni che ancora ci dividono », ma ha anche detto che «il nostro presente grado di unità in Cristo è nondimeno un segno per il mondo che Gesù Cristo è veramente il principe della pace». Meglio ancora, ha concluso auspicando che la preghiera : « deve farci crescere nel rispetto degli uni verso gli altri come esseri umani, come Chiese e comunità ecclesiali» (Discorso ai rappresentanti delle confessioni e delle comunità cristiane, Cattedrale di San Rufino, 27 ottobre1986; vedi anche L’Osservatore Romano del 27/28 ottobre 1986).

    Nessun’altra distinzione, se non quella imposta dal suo ruolo di «ospite che invita», è stata riconosciuta al Papa dal cerimoniale ecumenico. Cosa che scandalizzò talmente Mons. Lefebvre che vide in questo un’ingiuria al Vicario di Cristo. E perfino la preghiera finale dei «pancristiani», sulla piazza della Basilica inferiore di San Francesco è stata iniziata da una donna «pastore», mentre il Papa era solo quarto «tra tanti saggi».

    A rincarare la dose, l’indomani dell’«incontro di Assisi», il cardinale Etchegaray dichiarava: «Per me la preghiera della Chiesa cristiana nella cattedrale di San Rufino è stata il momento, il tempo forte di tutta la giornata… La qualità e l’intensità di questa preghiera era tale che tutti sembravano illuminati come da una nuova comune effusione dello Spirito Santo». È così che egli si è «ridicolmente e sentimentalmente» espresso sul quotidiano Avvenire del 2 novembre 1986. E occorre ricordare che egli fu il grande organizzatore della giornata di Assisi.

    Gioco forza si è costretti a riconoscere che nella Babele di Assisi i cardinali e lo stesso Papa hanno rappresentato di fatto, non la Chiesa cattolica, ma la «Chiesa cristiana» che comprende i non cattolici.

    E chi erano quelli che componevano questa «Chiesa cristiana» che secondo il cardinale Etchegaray avrebbe avuto la sua Pentecoste ad Assisi? Le «diverse Chiese e confessioni che hanno Cristo per fondamento», ci dice L’Osservatore Romano del 27/28 ottobre 1986. In pratica: la Chiesa ortodossa, le «Chiese» riformate e la Chiesa cattolica. Evidentemente questa «Chiesa cristiana» non era la Chiesa cattolica, ma una super-chiesa che supera ed include la Chiesa cattolica stessa, al pari delle altre sedicenti «Chiese».

    Che ecclesiologia!

    In effetti, la preghiera della «Chiesa cristiana» ad Assisi non è stata quella della Chiesa cattolica, la cui fede si esprime pienamente nella Santa Messa, «sacrificio vero e autentico», come insegna il Concilio di Trento al contrario degli autori di queste «confessioni e comunità cristiane» riuniti con i cattolici a San Rufino. Il rito della Nuova Messa è stato celebrato il 27 ottobre di buon mattino, dal Papa, Giovanni Paolo II, a Perugia, prima di essere condotto ad Assisi, dove il cerimoniale lo ha ecumenicamente confuso con i suoi «fratelli separati» - e questo Benedetto XVI, malgrado la sua intenzione, non potrà fisicamente evitarlo – per pregare con loro «ecumenicamente» e «senza trionfalismo», spogliato della dignità di Vicario di Cristo, dimentico che la Chiesa cattolica è tutt’uno con Cristo che deve regnare eternamente su tutte le cose, tutti i beni, tutti gli esseri. Questo gli deriva di diritto divino. Ma questo non potrà essere confessato dal Papa. Eppure è la sua funzione!

    Ma c’è di più, ad Assisi la Chiesa cattolica è stata messa, non al livello delle false religioni, che si dicano cristiane o no, ma al di sotto di esse. Si è ricordato al cardinale Etchegaray che è stato permesso a tutti di «esprimersi nella pienezza della propria fede» (DC del 7/21 settembre 1986), ma questo non è stato permesso ai cattolici; «che la preghiera di ciascuno è stata rispettata», ma quella dei cattolici non lo è stata. E quando, mettendo in moto il carosello finale sulla piazza bassa di San Francesco, si è trionfalmente dichiarato: «Ci siamo riuniti in piena fedeltà alle nostre tradizioni religiose, profondamente coscienti dell’identità di ciascuno dei nostri impegni della fede» (O. R., cit., p. 4), questo era vero per tutti salvo che per i cattolici, né per la loro preghiera, né per il loro Pontefice, Lui, che è pur sempre il Vicario di Cristo…

    Infine, mentre era stato previsto con gran cura che i rappresentanti delle false religioni si riunissero, secondo il loro desiderio, «insieme per pregare, ma senza pregare insieme» (Radio Vaticana), i rappresentanti ufficiali dell’unica vera religione hanno pregato unendosi ai rappresentanti delle false religioni sedicenti cristiane.

    La pratica pancristiana di Assisi basta a dimostrare, tra l’altro, che vent’anni di falso ecumenismo sono bastati perché tra i cattolici, a cominciare dalla gerarchia, prendesse piede l’indifferentismo pancristiano. Oggi tutto appare legittimo.

    Per tutte queste ragioni, la «giornata di Assisi» non può essere né rinnovata né commemorata; essa non è «commemorabile»; essa non è degna della Chiesa cattolica, essa è «spregevole».



    Caterina63
    00venerdì 4 febbraio 2011 11:12

    Sensus fidei e spirito di Assisi


    La supplica di alcuni cattolici italiani a Benedetto XVI, perché non si rechi ad Assisi nel prossimo ottobre, ha suscitato un vivace dibattito in cui, accanto ad apprezzamenti anche autorevoli, non sono mancate, come era prevedibile, critiche e perplessità. Mi sembra inutile rispondere alle accuse di parte progressista, che vedono in questo evento l’occasione del rilancio di un ecumenismo sincretista: queste critiche costituiscono infatti la migliore conferma dell’opportunità del nostro appello. Credo necessario invece rispondere alle critiche di parte conservatrice, mosse da fratelli nella fede che hanno presumibilmente il nostro medesimo amore alla Chiesa.

    Tali critiche potrebbero essere riassunte in questi termini: l’incontro di Assisi annunciato da Benedetto XVI potrà anche non piacerci; tuttavia non si può criticare un Papa per ciò che ha fatto (Giovanni Paolo II nel 1986) o per ciò che ha intenzione di fare (Benedetto XVI nel 2011), pretendendo di spiegargli ciò che è bene per la Chiesa. Dai fedeli, soprattutto se laici, si esige un religioso assenso ad ogni iniziativa e decisione del Sommo Pontefice.

    La risposta a questa critica ci viene dal Catechismo, dalla tradizione teologica, dalla storia della Chiesa e dall’Insegnamento pontificio. Il Catechismo ci insegna che il sacramento del Battesimo ci incorpora alla Chiesa, facendoci partecipi della sua missione (n. 1213) e quello della Confermazione obbliga tutti i battezzati "a diffondere e a difendere con la parola e con l’opera la fede come veri testimoni di Cristo" (n. 1285). La promessa della divina assistenza dello Spirito Santo, più volte ripetuta dal Signore agli Apostoli (Gv. 14, 16-17; 26-26); non si manifesta solo attraverso il Magistero, ma anche attraverso il consenso dell’universitas fidelium, come hanno spiegato, contro i protestanti, il grande teologo domenicano Melchior Cano nel De Locis theologicis e san Roberto Bellarmino nel De ecclesia militante. I teologi successivi hanno distinto tra la infallibilitas in docendo e la infallibilitas in credendo della Chiesa, quest’ultima basata sul senso della fede, cioè sulla capacità del credente di discernere quello che è conforme con la fede da quello che non lo è, non per via di ragionamento teologico, ma per una sorta di conoscenza per connaturalità. La virtù della fede (habitus fidei), ricevuta con il Battesimo, spiega infatti san Tommaso d’Aquino, produce una connaturalità dello spirito umano con i misteri rivelati, che fa in modo che l’intelletto di ogni battezzato sia, come per istinto, attirato dalle verità soprannaturali e aderisce ad esse.

    Nel corso della storia della Chiesa il sensus fidei dei semplici fedeli è stato talvolta più conforme alla Tradizione apostolica di quello dei Pastori, come accadde durante la crisi ariana del IV secolo, quando la fede fu mantenuta da una minoranza di santi e indomiti vescovi, come Atanasio, Ilario di Poitiers, Eusebio di Vercelli e soprattutto dal popolo fedele, che non accompagnava le diatribe teologiche ma conservava, per semplice istinto soprannaturale, la buona dottrina. Il Beato Newman scrive che "in quel tempo di immensa confusione il divino dogma della divinità di Nostro Signore fu proclamato, inculcato, mantenuto e (umanamente parlando) preservato molto più dalla Ecclesia docta che dalla Ecclesia docens".

    Il ruolo di ogni battezzato nella storia della Chiesa è stato ricordato da Benedetto XVI nel suo discorso del 26 gennaio 2011, in cui il Papa ha ricordato la missione di "due giovani donne del popolo, laiche e consacrate nella verginità; due mistiche impegnate, non nel chiostro, ma in mezzo alle realtà più drammatiche della Chiesa e del mondo del loro tempo". Sono santa Caterina da Siena e santa Giovanna d’Arco, "forse le figure più caratteristiche di quelle "donne forti" che, alla fine del Medioevo, portarono senza paura la grande luce del Vangelo nelle complesse vicende della storia. Potremmo accostarle alle sante donne che rimasero sul Calvario, vicino a Gesù crocifisso e a Maria sua Madre, mentre gli Apostoli erano fuggiti e lo stesso Pietro lo aveva rinnegato tre volte". La Chiesa, in quel periodo, viveva la profonda crisi del grande scisma d'Occidente, durato quasi 40 anni. In quest’epoca altrettanto drammatica che la crisi ariana, le due sante furono guidate dalla luce della fede più di quanto non accadde ai teologi e agli ecclesiastici del tempo e il Papa applica alle due laiche le parole di Gesù secondo le quali i misteri di Dio sono rivelati a chi ha il cuore dei piccoli, mentre rimangono nascosti ai dotti e sapienti che non hanno l'umiltà (cfr. Lc. 10, 21).

    E’ in questo spirito che abbiamo espresso tutte le nostre perplessità e riserve di fronte a quell’incontro interconfessionale di Assisi del 27 ottobre 1986, che non fu un atto magisteriale, ma un gesto simbolico, il cui messaggio venne affidato non a scritti o a parole, ma al fatto stesso e alla sua immagine. Un settimanale italiano ne riassumeva allora il significato con le parole del padre Marie-Dominique Chenu: "E’ il rigetto ufficiale dell’assioma che un tempo veniva insegnato: fuori della Chiesa non c’è salvezza" ("Panorama", 2 novembre 1986). Ero ad Assisi quel giorno ed ho una documentazione fotografica di quanto accadde, ad esempio nella chiesa di San Pietro, dove alla presenza del Santissimo Sacramento, una piccola statua di Budda fu intronizzata sopra l’altare che custodisce le reliquie del martire Vittorino, mentre su uno stendardo posto davanti allo stesso altare si leggeva "Mi dedico alla legge del Budda". Come cattolico provai e continuo a provare ripugnanza per quell’evento, che non merita a mio avviso di essere riportato alla memoria se non per prenderne le distanze. Sono certo che Benedetto XVI non ha nessuna intenzione che si ripetano gli abusi di allora, ma viviamo in una società mediatica e il nuovo incontro di Assisi rischia di avere lo stesso significato che fu attribuito al primo dai mezzi di comunicazione e di conseguenza dall’opinione pubblica mondiale, come già sta accadendo.

    Oggi viviamo un’epoca drammatica in cui ogni battezzato deve avere il coraggio soprannaturale e la franchezza apostolica di difendere a voce alta la propria fede, seguendo l’esempio dei santi e senza lasciarsi condizionare dalla "ragion politica", come troppo spesso accade anche in campo ecclesiastico. E’ la consapevolezza della nostra fede e nessun altra considerazione, che ci ha spinto a respingere Assisi I e ad esprimere al Santo Padre, con reverente rispetto, tutte le nostre preoccupazioni davanti all’annuncio di un prossimo Assisi II.


    Roberto de Mattei


    Ringraziamo sentitamente il prof. de Mattei per questo intervento che ci dedica.
    Enrico






    ****************************

    Ringrazio il prof. De Mattei soprattutto per l'approfondimento del "sensum fidei" del Cattolico e del contesto in cui si svolse quell'ASSIS-E (più che Assisi... )  ossia: UN SIMBOLO.... Wink  
     
    Io voglio solo sperare che l'allora Ratzinger che disse queste parole che riporto... le rammenti anche oggi che è Benedetto XVI....  
     
    segnalammo a suo tempo anche questi passi tratti dalle parole dell'allora card. Ratzinger
    e riportate dal blog unafides e per le quali vi riporto il seguente passo:    
       
    "In riferimento ad Assisi – tanto nel 1986 quanto nel 2002 – ci si è chiesti ripetutamente e in termini molto seri se questo sia legittimo. La maggior parte della gente non penserà che si finge una comunanza che in realtà non esiste? Non si favorisce così il relativismo, l’opinione che in fondo siano solo differenze secondarie quelle che si frappongono tra le “religioni”? Non si indebolisce così la serietà della fede, non si allontana ulteriormente Dio da noi, non si consolida la nostra condizione di abbandono? Non si possono accantonare con leggerezza tali interrogativi. I pericoli sono innegabili, e non si può negare che Assisi, particolarmente nel 1986, da molti sia stato interpretato in modo errato. Sarebbe però altrettanto sbagliato rifiutare in blocco e incondizionatamente la preghiera multireligiosa così come l’abbiamo descritta. A me sembra giusto legarla a condizioni che corrispondano alle esigenze intrinseche della verità della responsabilità di fronte ad una cosa così grande come è l’implorazione rivolta a Dio davanti a tutto il mondo. Ne individuo due:    
       
    1. Tale preghiera multireligiosa non può essere la norma della vita religiosa, ma deve restare solo come un segno in situazioni straordinarie, in cui, per così dire, si leva un comune grido d’angoscia che dovrebbe riscuotere i cuori degli uomini e al tempo stesso scuotere il cuore di Dio.    
       
    2. Un tale avvenimento porta quasi necessariamente ad interpretazioni sbagliate, all’indifferenza rispetto al contenuto da credere o da non credere e in tal modo al dissolvimento della fede reale. Perciò avvenimenti del genere devono restare eccezionali, e dunque è della massima importanza chiarire accuratamente in che cosa consistano.  "

    Caterina63
    00domenica 6 febbraio 2011 13:03

    Predica di Padre Konrad del 23.1.2011 sull' Ecumenismo


    ( invitiamo tutti a NON estrapolare singole frasi e a strumentalizzarle pro o contro qualcuno, vanificando l'intero contesto della predica....questo genere di catechesi, infatti, NON SI PONE CONTRO LE AZIONI E IL PARLARE DEL SOMMO PONTEFICE CHE HA UNA VISIONE UNIVERSALE=CATTOLICA della situazione, quanto piuttosto è UN DIRE A NOI, CATTOLICI, COME DOBBIAMO INNANZI TUTTO VIVERE E TESTIMONIARE QUESTO DIALOGO PERCHE' SIA FRUTTUOSO....)

             padre Konrad



    In nomine Patris, et Filii, et Spiritui Sancti.

    In questa settimana di Preghiera per l'unione dei Cristiani, vogliamo considerare il fenomeno dell'Ecumenismo.
    L'etimologia del termine "ecumenismo" è "Oikoumené" la parola greca che significa "mondo", il termine "ecumenismo" significa dunque, qualche cosa che riguarda tutto il mondo, qualche cosa di universale, qualche universalismo.
    Ora, il termine Ecumenismo (con il suo significato di universalismo), viene inteso in due sensi distinti: primo senso è che tutto il mondo deve divenire cattolico; il secondo senso è che tutti gli uomini si devono unire sulla base di ciò che hanno in comune.
    Il primo senso di Ecumenismo è il senso Cattolico, il secondo senso è il senso non cattolico!
    Che il primo senso è Cattolico è già chiaro nell'etimologia del termine "cattolico" che significa "intero", viene dalla parola greca "olos" e si rapporta tra l'altro al genere umano itero.
    Ecumenismo, nel secondo senso, non è una faccenda Cattolica, ma politica, perchè non spetta al bene ultimo dell'uomo in cielo come il cattolicesimo, ma spetta al suo bene su questa terra: spetta alla sua pace con altri quaggiù.
    Ecumenismo nel secondo senso, che è purtroppo il senso lunge il più comune, non solo non corrisponde al cattolicesimo, ma è anche ostile al Cattolicesimo, perchè se cerchiamo solo ciò che ci unisce con altre Confessioni Cristiane, o con altre religioni (come se ci fossero altre religioni fuori che la sola vera Religione Cattolica), se cerchiamo solo ciò che ci unisce con loro, neghiamo o almeno trascuriamo e diluiamo, un articolo di fede dopo l'altro; cercando solo ciò che ci unisce ai luterani, neghiamo, per esempio, la natura sacrificale della Santa Messa, i Sette Sacramenti, il culto alla Madonna; cercando ciò che ci unisce ai musulmani, per esempio, neghiamo o trascuriamo il mistero della Santissima Trinità, la divinità e la missione salvifica di Nostro Signore Gesù Cristo + che costituiscono, infatti, il nucleo essenziale della fede.
    Così il Cattolicesimo scende in una specie di vago cristianesimo in confronto con le altre confessioni, o in confronto con le altre religioni scende in una specie di vago umanesimo, o ricerca di essere simpatici a tutti!

    Era questo il motivo dell'Incarnazione, della vita, della passione, della morte in Croce tra spasimi atroci di  dolore di Nostro Signore Gesù Cristo + ? Domando!
    Qualcuno proverà forse a difendere questo falso ecumenismo, che è la condivisione di ciò che è comune a tutti, dicendo che è una forma di amore, e l'amore è nell'analisi finale, lo scopo della nostra vita e Dio stesso è l'amore; la Santissima Trinità è un mistero di amore tra le Tre Persone Divine +. Ebbene è vero che la condivisione di tutto ciò che è comune tra Cattolici ed altri è una forma di amore, ma è anche vero che l'amore è cieco! e deve essere guidato dalla conoscenza.
    L'uomo ha due facoltà principali dell'anima: la conoscenza e la volontà (o amore razionale), e tutte e due devono adoperarsi nel suo agire. Sul livello sovrannaturale questa conoscenza è la conoscenza della fede, e questo amore è l'amore della Carità, e tutte e due si devono adoperare nel suo agire: e la Fede e la Carità.
    Non basta avere la fede per essere salvati; non basta amare per essere salvati, ma occorre la fede e la carità.
    Rispondiamo dunque, a questa obiezione "che l'amore basti" dicendo che la conoscenza è anche necessaria.
    Ma bisogna aggiungere (insieme) che la conoscenza, ha la precedenza sull'amore perchè, come ho già detto, l'amore è cieco e deve essere guidato dalla conoscenza: prima di amare devo sapere cosa amare e come amare. Se un ubriaco mi chiede cento euro ed io glieli do, non pratico l'amore perchè non lo posso amare in questo modo dando i soldi...
    Sul livello soprannaturale la fede (come conoscenza sovrannaturale), ha la precedenza sulla Carità (come amore soprannaturale). L'oggetto della Fede è Dio, la Santissima Trinità e non posso amarLo con la carità prima di conoscerLo con la Fede.
    Sul livello più profondo possiamo dire con Romano Amerio, nel suo libro ammirevole "Jota Unum", che la conoscenza precede l'amore, ultimamente, nel mistero della Santissima Trinità stessa, perchè la conoscenza di Dio tramite il Verbo precede l'amore di Dio tramite lo Spirito Santo: la processione del Figlio dall'intelletto del Padre, precede la processio dello Spirito Santo dall'amore reciproco del Padre e nel Figlio.
    In questo modo possiamo dire che Dio, prima di essere un mistero di Amore è un mistero di Conoscenza.
    Vediamo dunque che gli ecumenisti falsi si sbagliano quando dicono che "basta amare", necessario è piuttosto, ribadisco, sia la conoscenza, sia l'amore e, la conoscenza, ha la precedenza sull'amore; la fede sulla carità, il vero sul bene.

    Come si esercita l'Ecumenismo?
    L'Ecumenismo Cattolico avviene tramite l'insegnamento. Il primo compito della Chiesa è di insegnare la fede: la Chiesa è in possesso della fede che è la verità assoluta ed immutabile e deve insegnarla agli altri per la loro salvezza perchè per essere salvati devono conoscere Dio con la Fede e amarLo con la carità (di per se stesso e tramite il vicario) per glorificarLo quaggiù e in cielo per salvare le loro anime.
    L'Ecumenismo falso... si esercita tramite il così detto "dialogo" che viene inteso come una specie di relazione reciproca con l'altro, dove l'uno è aperto all'altro e l'uno impara dall'altro a vicenda, in un tipo di processo senza termine in ricerca di una verità elusiva o mutabile, considerata come meno importante del dialogo stesso o dell'amore che lo costituisce.
    Per valutare questo concetto di dialogo bisogna spiegare che la santa Chiesa Cattolica ha ricevuto la VERITA' da Dio stesso che è la Verità tutta intera.
    Nostro Signore Gesù Cristo + di cui il Nome sia sempre adorato e benedetto, disse: "Io vi manderò lo Spirito della verità, che vi condurrà alla verità intera", questa verità è la verità sovrannaturale, il contenuto della fede, la verità assoluta e immutabile, più stabile della terra, delle stelle, della luna e del sole, perchè "il cielo e la terra passeranno ma - dice il Signore - le mie parole non passeranno".
    Le parole del Signore, la verità della fede, sono immutabili e non cambieranno: neanche uno jota cambierà, e nessun uomo di Chiesa ha il potere di cambiare il minimo dettaglio della fede.

    Ora, la santa Chiesa Cattolica ha ricevuto un mandato del Signore, da predicare questa fede raccontato alla fine del vangelo di san Matteo con le parole: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni battezzandole, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato"; alla fine del vangelo di san Marco, con le parole: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura, chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato"; alla fine di san Luca, con le parole: "Il Cristo doveva patire e risorgere e nel Suo nome saranno predicate a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati".
    Queste parole alla fine dei vangeli sono, per così dire, lo strumento per comunicare il contenuto dei vangeli alla terra intera, per comunicare gli avvenimenti e le parole di quei trentatre anni di vita terrena dell'adorabilissimo Figlio di Dio e di Maria che hanno cambiato per sempre la faccia di questa terra e hanno determinato definitivamente il destino eterno di ogni uomo, dall'inizio dei tempi fino alla loro fine.

    Questo mandato è il "munus docendi" di Nostro Signore Gesù Cristo + stesso che ha tre "munera": il munus docendi, il munus regendi e il munus santificandi: tre uffici: quello di insegnare, quello di governare, quello di santificare, Questi tre Uffici li ha tramandati alla Sua Chiesa una, santa, Cattolica ed Apostolica e ad ogni membro del Suo Clero.

    Insegnare la fede è dunque un ufficio, un compito, un obbligo della Chiesa e del Suo Clero: "guai a me se non predico il vangelo" dice san Paolo.
    Insegnare la fede significa che la Chiesa che è in possesso della verità, la comunichi a qualcuno che non è in possesso di questa verità, ad una persona che ne è ignorante affinchè anche lui la conosca.
    Non è un processo interminabile di dialogo, di discussione, di interessamento da parte della Chiesa alle opinioni false di altri, per cercare insieme  una specie di...amalgamo  del vero e del falso, nell'interesse di una convivenza puramente terrena.
    Piuttosto è una comunicazione della verità, dell'unica verità: dalla verità soprannaturale e assoluta, la Verità che in fin dei conti è Nostro Signore Gesù Cristo + stesso che disse: "IO SONO LA VERITA' " affinchè ogni uomo venga alla conoscenza di questa verità e ogni uomo venga salvato!
    Amen

    In Nomine Patris, et Filii et Spiritui Sancti
    Sia lodato Gesù Cristo +





    san Simonino a venezia

    Caterina63
    00domenica 20 febbraio 2011 23:35

    IMPORTANTE RIFLESSIONE DI PADRE GIOVANNI SCALESE DAL SUO "SENZA PELI SULLA LINGUA"


    "Semina Verbi"

    È ormai diventato un luogo comune ritenere che nelle religioni non-cristiane siano presenti alcuni semina Verbi (= germi del Verbo) o che esse costituiscano una sorta di praeparatio evangelica (= preparazione al Vangelo). All’origine di tale convinzione c’è l’insegnamento del Concilio Vaticano II. Il Decreto sull’attività missionaria afferma:

    «[I cristiani] conoscano a fondo le loro [= dei non-cristiani] tradizioni nazionali e religiose; con gioia e rispetto scoprano i germi del Verbo in esse latenti» (Ad gentes, n. 11; cf Lumen gentium, n. 17).

    Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa si afferma:

    «La divina Provvidenza [non] nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che senza colpa non sono ancora arrivati ad una esplicita conoscenza di Dio, e si sforzano, non senza la grazia divina, di vivere una vita onesta. Poiché ciò che in essi si trova di buono e di vero è ritenuto dalla Chiesa come preparazione al Vangelo, e dato da colui che illumina ogni uomo perché abbia finalmente la vita» (Lumen gentium, n. 16; cf Catechismo della Chiesa cattolica, n. 843).

    La Dichiarazione sulle religioni non-cristiane, per esprimere il medesimo concetto, ricorre all’immagine del raggio di luce:

    «La Chiesa cattolica non rigetta nulla di quanto c’è di vero e di santo in queste religioni. Guarda con sincero rispetto a quei sistemi di agire e di vivere, a quei precetti e a quelle dottrine che, sebbene differiscano in molti punti da ciò che essa pensa e propone, tuttavia non di rado riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini» (Nostra aetate, n. 2).

    Dopo il Concilio, le metafore dei semina Verbi e della praeparatio evangelica sono state riprese dai Sommi Pontefici. Paolo VI, nell’Esortazione apostolica sull’evangelizzazione, afferma:

    «[Le religioni non-cristiane] sono tutte cosparse di innumerevoli “germi del Verbo” e possono costituire una autentica “preparazione evangelica”, per riprendere una felice espressione del Concilio Vaticano II tratta da Eusebio di Cesarea» (Evangelii nuntiandi, n. 53).

    Da parte sua, Giovanni Paolo II, nella sua prima enciclica, scrive:

    «Giustamente i Padri della Chiesa vedevano nelle diverse religioni quasi altrettanti riflessi di un’unica verità come “germi del Verbo”, i quali testimoniano che, quantunque per diverse strade, è rivolta tuttavia in una unica direzione la piú profonda aspirazione dello spirito umano, quale si esprime nella ricerca di Dio ed insieme nella ricerca, mediante la tensione verso Dio, della piena dimensione dell’umanità, ossia del pieno senso della vita umana» (Redemptor hominis, n. 11).

    Sembrerebbe dunque di trovarci dinanzi a una dottrina consolidata, oltretutto ben radicata nella tradizione, visto che le espressioni usate sono di origine patristica. L’immagine dei semina Verbi è tratta da san Giustino e da Clemente Alessandrino; il concetto di praeparatio evangelica invece, come ci ricordava Paolo VI, lo troviamo in Eusebio di Cesarea. Tutto vero. Il problema è: siamo sicuri che i Santi Padri, con tali espressioni, si riferissero alle religioni non-cristiane (che a quel tempo si identificavano con la religione pagana)? Faccio rispondere a questa domanda uno dei maggiori patrologi del XX secolo, Berthold Altaner (Patrologia, Marietti, 7ª ed., 1977). A proposito di Giustino, che parla dei “germi del Verbo” nelle sue Apologie, scrive:

    «Con la sua teoria del λόγος σπερματικός [logos spermatikos] Giustino getta un ponte tra la filosofia antica e il Cristianesimo. In Cristo apparve, in tutta la sua pienezza, il Logos divino, ma ogni uomo possiede nella sua ragione un germe (σπέρμα) del Logos. Questa partecipazione al Logos, e conseguente disposizione a conoscere la Verità, fu in alcuni particolarmente grande; cosí nei Profeti del giudaismo e, fra i greci, in Eraclito e Socrate. Molti elementi della verità sono passati, cosí egli opina, nei poeti e nei filosofi greci dell’antica letteratura giudaica, poiché Mosè era ritenuto lo scrittore assolutamente piú antico. Di conseguenza i filosofi, in quanto vissero e insegnarono conformemente alle regole della ragione, furono dei Cristiani, in un certo senso, prima della venuta di Cristo. Tuttavia solo dopo questa venuta i Cristiani sono entrati in possesso della verità totale e sicura, priva di ogni errore. Il pensiero teologico di San Giustino è fortemente influenzato dalla filosofia stoica e platonica» (pp. 70-71).

    Quanto a Eusebio, che compose un’opera dal titolo Praeparatio evangelica, Altaner scrive:

    «La Praeparatio evangelica (Εὐαγγελικὴ προπαρασκευή), in 15 libri, composta tra il 312 e il 322, vuole dimostrare ai catecumeni e ai pagani, forse scossi dagli attacchi di Porfirio, come i Cristiani abbiano avuto ragione nel preferire il Giudaismo al paganesimo. La “Filosofia degli Ebrei” è superiore alla cosmogonia e alla mitologia dei pagani. I sapienti pagani, soprattutto Platone, hanno attinto dall’A.T.» (p. 223).

    Come si può vedere, i Santi Padri non rinvengono alcun “germe del Verbo” nella religione pagana, né considerano questa una “preparazione al Vangelo”. Tali immagini vengono da loro applicate non alla religione, ma alla cultura del tempo, in particolare alla filosofia e alla poesia, le quali, secondo loro, avrebbero attinto a Mosè. I primi cristiani non hanno mai fatto proprio alcun elemento della religione pagana, mentre non si sono fatti scrupolo di adottare le categorie dell’ellenismo addirittura per esprimere la loro fede. La preoccupazione dei cristiani dei primi secoli non era il dialogo interreligioso, ma l’inculturazione del Vangelo.

    Una conferma a questo, che è stato l’atteggiamento della Chiesa di tutti i tempi fino al Vaticano II, la troviamo in Padre Matteo Ricci (1552-1610). Solitamente il missionario gesuita viene proposto come antesignano dell’attuale dialogo interreligioso, vista la sua simpatia nei confronti del confucianesimo. Ma non si tiene conto che tale simpatia scaturiva proprio dalla «consape­volezza che nessun elemento vi era nel confucianesimo che potesse far pensare ad una religione … il confucianesimo, lungi dal presentarsi alla stregua di una religione, perseguiva lo scopo di dare una giusta e retta amministrazione al gover­no del paese» (Franco Di Giorgio). Al contrario, Padre Ricci non si fece scrupolo di criticare il taoismo e il buddismo, che considerava inconciliabili col cristianesimo.

    Ci si potrebbe dunque chiedere se, su questo punto, il Concilio non rappresenti una rottura con la tradizione o, piuttosto, una sua legittima evoluzione. Non sta a me dare una risposta a questa domanda, che pure costituisce un problema di capitale importanza. L’unica cosa che posso dire è che non mi sembra corretto affermare, come fa Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis, che «i Padri della Chiesa vedevano nelle diverse religioni quasi altrettanti riflessi di un’unica verità come “germi del Verbo”». Un Papa ha tutta l’autorità di interpretare la rivelazione, ma non ha autorità di stravolgere la storia.




    L'argomento ha suscitato interesse dal Blog di Raffaella e vi propongo qui le discussioni:

    Anonimo ha detto...

    La Redemptor hominis è del 1979.
    Ratzinger arrivò a Roma solo nel 1981.

    21 febbraio 2011 19:36

    ***********************

    Fabiola ha detto...

    Tra l'altro ciò che sostiene Padre Scalese è stata affermazione costante di tutta la teologia di un certo Joseph Ratzinger.
    Il filosofo Robert Spaemann in un commento alla lectio di Regensburg scrive: L'aspetto provvidenziale della prima inculturazione ellenistica fu che il cuore della cultura ellenistica era già universalistico, così da preparare il terreno all'universalismo della fede cristiana. Delle religioni non universalistiche dell'antichità i cristiani non seppero che farsene e non furono disposti a entrare con loro in alcun genere di simbiosi. (Autori vari, Dio salvi la ragione, pagg.150-151- Siena).

    21 febbraio 2011 19:49

    **************************

     Caterina63 ha detto...

    e che c'entra l'arrivo di Ratzinger?
    il concetto Semina Verbi esposto da Giovanni Paolo II che sarebbe del Conc. Vat. II è l'arma con la quale si fa anche l'Assisi multireligioso...

    ergo c'è un errore di fondo che padre Scalese ha sollevato ma che altrove si denunciava da tempo, solo che nessuno ci ascoltava...speriamo che a padre Scalese diano ascolto ^__^

    quanto a Ratzinger lui parò i colpi con la Dominus Jesus, è vero, ma non basta.... non basta se ciò che ha detto un Papa, riscontrandone l'errore, non sarà corretto!

    21 febbraio 2011 19:51


     
    ******************

     Anonimo ha detto...

    I miei complimenti a Padre Scalese, di cui ammiro la indipendenza e la profondità di giudizio.
    Non sempre sono stato daccordo con lui, ma sono sicurissimo della sua limpidezza e dirittura intellettuale.
    In questo caso concordo in pieno e lo ringrazio per avermi illuminato.
    un sacerdote

    21 febbraio 2011 19:55


    ***********************************

    Andrea ha detto...

    E' vero, ed è importantissimo, ciò che padre Scalese sottolinea, cioè che l'incontro della Chiesa con l'esistente ambiente pagano (nei primissimi secoli) avvenne non nel segno della RELIGIONE, bensì in quello della CULTURA.
    In altre parole, alla "religione" pagana (peraltro già ampiamente svuotata dall'interno, tanto che ben pochi "pregavano" nei modi antichi) non venne riconosciuto alcun valore veritativo.

    Diversa è la situazione missionaria dei secoli più vicini a noi.
    Nel complesso, credo che sia opportuno ribadire la distinzione "classica" tra FALSI DEI e VERA RELIGIONE: NON "false religioni" e "vero Dio".
    Con tale distinzione, si mette l'accento sulla fallacia degli "idoli" (rappresentazioni umane di Dio) e sul carattere razionale e aperto all'Oggetto (Dio) della religione cattolica, e non si cade nell'insulto ai tentativi religiosi umani ("false religioni") né nella "costrizione" di Dio al ruolo di oggetto scolastico ("vero Dio").

    Per Caterina: attenzione, cara Caterina, a farti portare da p.Scalese o da altri sul terreno della censura a Giovanni Paolo II o ad altri Papi. Come sai, il Magistero pontificio non è un "optional". Cordialmente

    21 febbraio 2011 20:04

    ********************************


     Caterina63 ha detto...

    Per Caterina: attenzione, cara Caterina, a farti portare da p.Scalese o da altri sul terreno della censura a Giovanni Paolo II o ad altri Papi. Come sai, il Magistero pontificio non è un "optional". Cordialmente

    ***********

    censura ad un Pontefice? ma di che stiamo parlando?
    attenzione a come usaiamo certi termini eh! ^__^

    rilegga con attenzione, non è una censura, padre Scalese fa emergere UN ERRORE di interpretazione...
    semmai sarà compito degli "esperti" verificare se l'errore è così o si tratta di una reinterpretazione di una interpretazione e non solo da parte di padre Scalesi, ma anche di altri, errata!
    ^__^
    Benedetto XVI con gli incontro relativi con la FSSPX ha permesso e sta permettendo che il MAGISTERO ecclesiale sia passato al setaccio...erg?
    dove sta scritto che non se ne possa parlare?

    Qui non c'è ne aria di censura, nè di contestazione ne di altro, usiamo bene i termini.... san Paolo si permise di riprendere pubblicamente Pietro per un argomento analogamente grave...

    ^__^ cordialmente e fraternamente!

    21 febbraio 2011 20:47

    *********************************

    Gonzaga Gonza
    ha detto...

    Per Andrea.....
    Se un Papa sbaglia.....sbaglia. Punto!
    I Papi non godono sempre della infallibilità. Mi pare che Padre Scalese abbia sollevato una questione seria. I Papi vanno valutati alla luce di tutto il magistero dei pontefici precedenti. Possono approfondire la Verità perenn, ma non cambiarla.
    Carerina fidati di Padre Scalese e lascia stare le chiacchiere di Andrea....

    22 febbraio 2011 05:59

    ***********************************


    Andrea ha detto...

    No, cara Caterina, padre Scalese dice che Giovanni Paolo II "stravolge la storia", e questa è una vera censura al Papa (in un atto di Magistero ufficiale).

    Se il Magistero viene "passato al setaccio", non è certo per concludere "teniamo il buono e buttiamo il resto", ma per dire "cerchiamo di capire a fondo, senza steccati e antipatie".


    Per Gonzaga: la questione se "i Papi vadano valutati alla luce dei predecessori" o, viceversa, se "solo il Papa regnante al momento ci dica qual è la corretta interpretazione del Magistero precedente" è esattamente quella esplosa tra de Mattei (prima tesi) e Introvigne (seconda tesi) in occasione della recentissima pubblicazione dell'opera di de Mattei sul Concilio Vaticano II.

    http://www.cesnur.org/2010/mi-dema.html

    Ribadendo la mia stima e la mia gratitudine per il prof. de Mattei, dico che in questa occasione egli ha completamente torto.




    ****************************************

    Caterina ha detto:

    Mio caro Andrea, non dimentichi che il famoso MEA CULPA di Giovanni Paolo II aprì una gravissima disputa TEOLOGICA perchè mise in dubbio IL MAGISTERO DI ALCUNI SUOI PREDECESSORI LEGALMENTE RICONOSCIUTI ^__^
    Ci volle sia la penna di Ratzinger, ancora una volta, sia la penna del cardinale Giacomo Biffi per RIDIMENSIONARE E CORREGGERE la portata delle responsabilità gettate ai destinatari PONTEFICI DEL PASSATO ai quali si rinfacciava il Mea Culpa di oggi CONTRO UN MAGISTERO PONTIFICIO, LEGITTIMO del passato....
    Il Magistero è davvero INFALLIBILE quando si esprime in materia DOTTRINALE...
    ora, nello specifico padre Scalese sta solo correggendo UNA INTERPRETAZIONE CHE GIOVANNI PAOLO II HA DATO DEL SENSO LETTERALE E SIGNIFICATIVO DEI "SEMINA VERBI", dove sta dunque l'errore?
    Per un periodo c'è stata anche la tendenza ad accusare i Padri della Chiesa di ANTISEMITISMO ebraico mentre si trattava di ANTIGIUDAESIMO il chè è tutt'altra cosa:
    nell'antisemitismo si colpisce LA RAZZA e questo avvenne con la Rivoluzione francese grazie anche a Voltaire....da qui nasce quell'antisemitismo che portò all'olocausto...
    nell'antigiudaesimo invece, i Padri della Chiesa, vollero eliminare QUEL SINCRETISMO con il quale, ancora ai loro tempi, comunità cristiane e giudaiche CONVIVEVANO sacrificando parte della Rivelazione e della Dottrina sulla santissima Trinità....il senso della Messa e dunque il vero significato dell'AGNELLO SACRIFICATO...
    Come la si vuole interpretare dunque questa storia?

    Si legga attentamente il cardinale Biffi, spero che non lo accuserà di essere contro il Papa....eppure limpidamente sostiene di Giovanni XXIII che fu un grande pastore d'anime, ma un PESSIMO MAESTRO....
    e ne spiega le motivazioni nel suo libro "memorie di un cardinale italiano"....
    Così come sostiene DELLE STRAVAGANZE INTRAPRESE DA WOJTYLA CHE HANNO DANNEGGIATO QUELLA ERMENEUTICA DELLA CONTINUITA' alla quale oggi Benedetto XVI ci sta riconducendo...
    Ma per ricondurci alla VERITA' TUTTA INTERA, caro Andrea, non si deve temere di dire quando un Papa sbaglia ^__^
    in tal caso non è messa in discussione la sua beatificazione, poichè i santi non sono tali perchè non hanno mai sbagliato ^__^
    Piuttosto, invece di ripetere a tiritera che si tratta di censura (il che non lo è affatto, la Chiesa NON E' UN SOVIET)... risponda a padre Scalese portando a sua volta delle prove che contraddicano la sua CORREZIONE LEGITTIMA...
    ^__^



    ********************
    Andrea ha detto...

    Cerco di rispondere, cara Caterina:

    1- la Chiesa non è un Soviet, ma si basa sul principio di autorità: il Magistero (Papa o Vescovi in unione col Papa) è costituito da Cristo non come "luogo di dibattito" (da cui escludere le sole definizioni dogmatiche), ma come GUIDA VIVA per la Chiesa. E' Cristo stesso che è presente in mezzo a noi, come lei sa bene da S.Caterina da Siena.

    2- la tesi di p.Scalese è che la Chiesa non abbia MAI considerato esistenti e operanti nelle "religioni" dei "semina Verbi", e quindi confligge direttamente con il Magistero.

    Vogliamo sottilizzare? oltre a ribadire quanto ho detto il 21 alle 20:04, cioè che l'"incontro" ai tempi della prima evangelizzazione avvenne con la cultura e non con il Paganesimo religioso, possiamo dire che il concetto di "RELIGIONE" è equivoco, nel senso che ciò che noi conosciamo come tale, grazie alla Chiesa, è qualcosa di molto diverso dalla struttura naturale di rapporto con "il divino" che esiste nel mondo.
    Il discorso è complesso, ma uno spunto è costituito dal fatto che l'homo religiosus non cristiano non può neppure ipotizzare che con il Sommo Dio ("Dio ignoto") sia possibile un dialogo d'amore, e si rivolge a una miriade di (falsi) dèi, cioè esseri semi-celesti, che sono al livello della sua religiosità.

    Per l'uomo non-cristiano, la "cultura" è sacra e la "religione" è profetica, mentre per il Cattolico la cultura è profetica (uso della ragione come strumento per investigare questo mondo,in attesa di entrare nel mondo definitivo) e la religione è sacrale (studio e culto di Dio Rivelante, nei modi che Egli ci ha comunicato).

    Se tutto questo è vero, allora non è vero ciò che p.Scalese sostiene (nessun "seme del Verbo"), ma è vero che i "semi" sono presenti nel mondo, purché ci si intenda bene sul concetto di religioni e si affermi che la Cristianità non E' una religione, ma Ha una religione.

    3- che Giovanni Paolo II si sia contrapposto ad alcuni suoi predecessori mi pare un'enormità.
    I suoi "nostra culpa" (della Chiesa) del 2000 non avevano per nulla il senso di "Questo o quel Papa ha sbagliato", ma di "Uomini del Clero e del popolo cristiano hanno commesso colpe che hanno oscurato la Luce di Cristo che splende sul volto della Chiesa".

    Le interpretazioni massonizzanti ("finalmente il Papa ha chiesto scusa agli eretici") o quelle della San Pio X ("il Papa ha buttato a mare la Chiesa di sempre") sono totalmente fasulle.

    4- detto tutto questo, il fatto che una spinta massonica (naturalistico/relativistica) interna alla Chiesa sia esistita ed esista è evidente.
    Lo dicevo esplicitamente sul blog di Tornielli.

    Cordialmente





    ****************

    la mia risposta:

    Gentile Andrea, provo a rispondere usando la sua medesima numerazione:

    1. Il principio di autorevolezza si, autorità fine a se stessa no...infatti santa Caterina da Siena si permetterà di andare a riprendere il Papa da Avignone per ricordargli IL SUO COMPITO ^__^ ossia lo corregge in ciò che fu un errore: andare via da Roma...
    Ora per 70 anni di cattività avignonese, nessuno si sogna di dire che venne meno l'autorità del Papa e la sua infallibilità, tuttavia è palese che quel trasferimento fu politico e fu uno sbaglio...santa Caterina da Siena si permise di dire al Papa che era uno sbaglio rimanere li...per essere convincente ci volle la grazia di Dio che le rivelò di un voto segreto fatto da Papa Gregorio il quale l'aveva persino dimenticato... ^__^
    Papa Onorio (se non erro) non ascoltò i consigli della santa senese, ma la usò per la fedeltà ch'Ella riversava per la Chiesa e il Papa, santa Caterina morendo se ne rammaricava, sottolineando come avesse dato la sua vita per la Chiesa in continua lotta interna...


    2. la testi di padre Scalese la possiamo interpretare in quel PRIMO COMANDAMENTO nel quale Dio ci vieta di adorare altri dei...
    ora, pur d'accordo tutti noi che lo Spirito Santo soffia dove e come vuole, è impensabile ed eretico affermare o pensare che lo Spirito Santo possa sollecitare i non cattolici a RIMANERE DOVE SONO ADORANDO IL PROPRIO DIO... ^__^
    Il Dio di cui la Chiesa deve parlare e portare è quello rivelato in Gesù Cristo, i "semina verbi" che senza dubbio ANIMANO in qualche modo anche chi è fuori della Chiesa, non possono essere che la spinta dello Spirito Santo a RICONOSCERE IL DIO RIVELATO, tutte le altre divinità sono dal vero Dio VIETATE....
    Ratzinger lo spiegò benissimo: "NON POSSIAMO PREGARE INSIEME" se manca dunque la preghiera COMUNE, va da se che qualcosa in queste interpretazioni sono sbagliate da DOPO il Concilio...


    3. il senso del Mea Culpa fu sofferto ed ambiguo, lo spiegò Ratzinger in qualità di Prefetto...e lo spiega il cardinale Biffi....quando il Papa si rese conto delle AMBIGUITA', chiese a Ratzinger di preparare un testo DI CHIARIMENTI, ma oramai la divulgazione del primo impatto era fatta....non furono pochi, spiegò Ratzinger, a ritenere in modo erroneo quel Mea Culpa come se i Predecessori avessero scritto un Magistero di errori....
    Provi ad interrogare laici e preti e scoprirà come sul Mea Culpa hanno memorizzato il primo impatto e non le correzioni di Ratzinger...
    non sono fatti fasulli ^__^


    4. non ho mai messo in mezzo la massoneria....è un articolo che per prudenza non cito mai ^__^
    Tutto sommato mi pare che non siamo lontani dal comprenderci, soprattutto per il fatto che padre Scalese ha tutta la legittima serietà di poter sottolineare ciò che ritiene un errore... ciò che manca in chi contesta il chiarimento di padre Scalese, è il portare prove che dicano il contrario come lui ha portato delle prove...


    Fraternamente LDCaterina63
    e grazie per queste condivisioni interessantissime...




    Caterina63
    00martedì 1 marzo 2011 12:41
    [SM=g1740733] Lezione 1 - Sul dialogo interreligioaso: Sulla giornata di Assisi. di padre Giovanni Cavalcoli o.p.

    Cf. Notiziario n. 5: "Dalle lettere di P.Tomas Tyn, OP, a P.Giovanni Cavalcoli, OP del 1987"
    ( www.studiodomenicano.com/notizia
    rio.htm )

    it.gloria.tv/?media=134083



    [SM=g1740722]



    Lezione 2: Gesù unica via di salvezza.

    it.gloria.tv/?media=134681



    [SM=g1740757]


    Lezione 3: Fede e battesimo per la salvezza.

    it.gloria.tv/?media=135213



    [SM=g1740733]




    (seguiranno le altre Lezioni)

    Caterina63
    00giovedì 3 marzo 2011 18:43

    L'Islam, il nemico di sempre.

    E' stato assassinato ieri in Pakistan l'unico ministro cattolico del governo di quel paese, odiato dagli islamici perché proponeva l'abrogazione, o l'addolcimento, della infame legge sulla "blasfemia", che rende impossibile la vita ai cristiani del paese poiché il loro stesso esistere, pregare, praticare la Fede è blasfemo agli occhi dei macomettani. Gli assassini quasi certamente rischiano, se mai fossero scoperti, il destino dei loro colleghi egiziani che hanno ucciso sei copti mentre uscivano da Messa: i tribunali del 'laico' Egitto li hanno appena assolti (vedi qui).
    Ecco lo struggente testamento spirituale di questo nuovo martire.



    "Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.

    Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.

    Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. Lamia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita.

    Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.

    Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione.

    Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna".


    Fonte: Cantuale Antonianum


    Una proposta. Perché, a margine del prossimo incontro di Assisi, incentrato proprio a incrementare la pace e la tolleranza tra religioni, non celebrare solennemente la beatificazione di questo grande cattolico e nominarlo patrono dei troppi cattolici perseguitati per la Fede? Se non ci sbagliamo, in caso di martirio non è nemmeno necessario attendere la prova di un miracolo.


    ****************************

     riportiamo a seguire la replica di Padre Giovanni Scalese ad alcuni usi del suo articolo Semina Verbi, qui postato al messaggio n. 8.... la replica non è rivolta al Difendere....e la condividiamo, condividiamo le sue perplessità....

    Effetti benefici?

    Il mio post di quindici giorni fa sui Semina Verbi ha avuto una discreta risonanza. Esso è stato segnalato e commentato da diversi blog. La cosa, naturalmente, non può che farmi piacere. Tra i siti che hanno ripreso integralmente la mia riflessione c’è quello di Una vox. Va dato atto a tale sito di aver sempre difeso la tradizione, anche quando non era di moda. Per diversi anni l’ho visitato regolarmente perché esso costituiva per me l’unica fonte di informazione sul mondo tradizionalista. Per cui, anche se spesso non mi trovavo d’accordo con le sue posizioni, l’ho sempre considerato con grande rispetto. Questa volta però sento di dover fare qualche precisazione, dal momento che non mi sembra che ciò che è stato scritto come introduzione al mio post corrisponda a verità. Ecco il commento di Una vox:

    «Pubblichiamo un articolo apparso, il 20 febbraio 2011, sul sito internet Querculanus e redatto dallo stesso creatore del sito: il Padre Giovanni Scalese. Lo pubblichiamo perché riteniamo che si tratti di un chiaro esempio di come la liberalizzazione della celebrazione secondo il Messale tradizionale e la remissione della cosiddetta scomunica ai quattro Vescovi della Fraternità San Pio X, oltre alle levate di scudi contro il Papa e contro la Tradizione Cattolica, possano generare riflessioni interessanti, che fino a qualche mese fa sembravano appannaggio esclusivo ed eccentrico dei fedeli tradizionali. In particolare, in questo articolo, il Padre Scalese dice a chiare lettere, del Vaticano II, ciò che i fedeli tradizionali ripetono da 40 anni e per cui sono stati bollati come ribelli e scismatici. Il Padre Scalese è un sacerdote barnabita ben lontano dall’essere sospettabile di “tradizionalismo”, le sue riflessioni, quindi, possono considerarsi come uno dei frutti benefici che l’influenza e la presenza dei fedeli tradizionali hanno prodotto, prima silenziosamente, oggi apertamente e pubblicamente. Abbiamo già pubblicato qualche altra riflessione del Padre Giovanni Scalese: Concilio e “spirito del Concilio” […]

    Precisazione necessaria. Alcuni passaggi degli articoli di Padre Giovanni Scalese richiederebbero delle precisazioni, soprattutto in relazione al Concilio, ai documenti del Concilio e alla liturgia moderna, ma non è questo che piú conta, in questa occasione, poiché la cosa importante è che si possano finalmente criticare, in maniera seria e ponderata, il Concilio, la liturgia moderna e il Papa senza per questo incorrere in sanzioni morali o disciplinari e in ostracismi o emarginazioni».

    Ciò che mi sembra non corrispondere al vero è il pensare che le mie riflessioni siano conseguenza della liberalizzazione della Messa tridentina o frutto dell’influsso benefico esercitato dai fedeli tradizionali. Sia ben chiaro, non voglio apparire un “duro e puro” che non si lascia in alcun modo influenzare dal mondo che lo circonda; anzi, sono profondamente convinto che dobbiamo saper cogliere i “segni” dei tempi in cui viviamo. Non vorrei però essere scambiato per uno dei tanti tradizionalisti dell’ultim’ora, che hanno improvvisamente scoperto la tradizione col motu proprio Summorum Pontificum. Quanto vado scrivendo è il frutto di una riflessione che certamente tiene conto anche di tanti contributi recenti, ma che affonda le sue radici lontano nel tempo.

    Quanto all’intervento sui Semina Verbi, vorrei innanzi tutto spiegare quale è stato il motivo occasionale che lo ha originato. Dovendo insegnare, oltre che storia e filosofia al liceo, anche religione nella scuola secondaria di primo grado, nel libro di testo di terza media ho trovato una lezione sul pluralismo religioso, che riportava un brano di una catechesi di Giovanni Paolo II del 1998, dove appunto si parlava dei «semi del Verbo presenti e operanti nelle diverse religioni». Siccome la cosa non mi tornava, ho sentito il bisogno di fare una ricerca, il cui risultato è stato il post che ho pubblicato. Certamente nel fare tale ricerca ero in qualche modo condizionato anche dall’annuncio della prossima giornata di Assisi, ma non era stato quell’evento lo stimolo per la mia riflessione. Né, tanto meno, sono andato a leggere studi di chicchessia sul tema (meno che mai, come qualcuno ha voluto insinuare, di esponenti, a me affatto sconosciuti, della Fraternità di San Pio X).

    Quanto alle mie critiche al Concilio Vaticano II, esse risalgono a non pochi anni fa: sono precedenti al mio stesso articolo Concilio e “spirito del Concilio” (che è stato scritto nel giugno del 2008 e pubblicato su questo blog nel gennaio del 2009). Per darvene una prova, vi riporto quanto affermavo in una conferenza che feci al nostro Capitolo provinciale, nel dicembre del 1999. Il titolo della conferenza era L’apostolato dei Chierici Regolari di San Paolo ieri, oggi e domani: si trattava di una riflessione sulla nostra storia. A proposito della situazione attuale facevo le seguenti considerazioni:

    «Nonostante gli sforzi di rinnovamento, la situazione attuale risulta alquanto critica sia per la Chiesa sia per la Congregazione. Per quanto riguarda la Chiesa, ci limiteremo a constatare che le grandi attese suscitate dal Concilio sono rimaste in gran parte frustrate: si era parlato di una “nuova pentecoste”, e abbiamo avuto la secolarizzazione; si sperava in un riavvicinamento fra Chiesa e mondo, e mai come ora sentiamo queste due realtà distanti fra loro; si pensava a un nuovo slancio missionario, e mai come adesso vediamo la Chiesa ripiegata su sé stessa; si attendeva un ringiovanimento della Chiesa, e mai come ai nostri giorni la vediamo popolata soprattutto da persone anziane. Si pensava che fossero sufficienti alcune riforme strutturali per rinnovare il volto della Chiesa: il lifting è stato fatto, ma il volto della Chiesa continua a essere segnato dalle rughe. C’è stata la riforma liturgica, e ci ritroviamo le chiese vuote; ci si è dedicati a un immane sforzo di catechesi, e mai come oggi è diffusa l’ignoranza religiosa; ci si è fatti un’overdose di pastorale giovanile, e i giovani hanno abbandonato gli oratori per affollare le discoteche; sono stati istituiti gli organismi di partecipazione, e quelli che dovevano essere uno strumento di comunione si sono rivelati un ulteriore motivo di burocratizzazione della Chiesa; si sono “aperti” i seminari, e si sono svuotati. Le uniche vere novità dei nostri giorni sono costituite da fenomeni in nessun modo programmati o previsti dal Concilio: l’inatteso ritorno del martirio, la stupefacente fioritura dei movimenti ecclesiali, l’incredibile richiamo esercitato a tutti i livelli da padre Pio, la sorprendente moltiplicazione delle apparizioni mariane e — perché no? — la straordinaria diffusione di Radio Maria e l’eccezionale proliferazione di siti cattolici in Internet […]».

    Le mie riflessioni si soffermavano poi sulla situazione attuale della Congregazione. La conferenza, nel suo insieme, fu bene accolta dall’assemblea; ma il passaggio su riportato fu criticato da qualche confratello, perché avevo osato mettere in discussione il Concilio, che fino ad allora costituiva un vero e proprio tabú.

    Anche per quanto riguarda la libertà di criticare il Papa, non si tratta per me di una novità. Non posso documentare i miei dubbi sulle precedenti giornate di Assisi; posso però riportare un passaggio piuttosto polemico della mia prefazione al volume di Massimo Angeleri, Rosminianesimo a Milano. Il caso di padre Gazzola (1885-1891), NED, 2001. Padre Gazzola è un barnabita (di profonda spiritualità e sicura ortodossia), che dovette soffrire molto perché accusato prima di rosminianesimo e poi di modernismo:

    «Sul Corriere della sera del 23 marzo 2000 Ernesto Galli della Loggia chiedeva che la richiesta di perdono della Chiesa per le colpe del passato, compiuta durante l’anno giubilare, si estendesse anche alle vittime della repressione antimodernistica. Anche noi, sinceramente, siamo rimasti un po’ sorpresi e delusi per questo mancato mea culpa per la durezza usata dalla Chiesa verso certi suoi figli incompresi, ingiustamente accusati, talvolta ferocemente perseguitati, ma rimasti a lei fedeli sino alla fine. Sappiamo bene che tradizionalmente la Chiesa agisce in maniera diversa: anziché riconoscere gli errori del passato e chiedere scusa a coloro che furono perseguitati, supera di fatto determinate situazioni e riabilita indirettamente i perseguitati riconoscendone la santità (si pensi, solo per fare un esempio, alla recente beatificazione di padre Pio). Ma siccome sembrava che si volesse adottare un nuovo metodo, poteva essere, questa, l’occasione per procedere a una vera e propria “riabilitazione”. Peccato! Non rimane che sperare che anche nei confronti di molte delle vittime della repressione antimodernistica, e in particolare di padre Gazzola, la Chiesa torni almeno al sistema tradizionale e le riabiliti riconoscendo pubblicamente l’eroicità delle loro virtú».

    Anche in tal caso mi presi una bella lavata di capo da un confratello Vescovo, perché mi ero permesso di criticare pubblicamente il Papa. 

    Per quanto riguarda la liturgia, il Prof. Dante Pastorelli di Firenze ha in piú occasioni testimoniato che, quando i tradizionalisti erano considerati ancora come degli appestati, io li ospitai gratuitamente alla Querce per un loro incontro, non perché ne condividessi le posizioni, ma semplicemente perché ho sempre pensato che nella Chiesa ci sia posto per tutti: se c’è posto per tanti riti liturgici (non solo tradizionali, ma perfino di nuovo conio come quello neocatecumenale), non ho mai capito perché non ci potesse essere piú posto per il rito romano antico. Questo senza mai mettere in discussione la mia convinta adesione alla riforma liturgica.

    Penso che questo basti per dimostrare che le mie attuali posizioni, pur essendo aperte a ulteriori sviluppi e a sempre possibili revisioni, non sono improvvisate o frutto di recenti ripensamenti. Semmai, se proprio devo essere sincero, dirò che i fenomeni che, secondo Una vox, starebbero esercitando un benefico influsso sulla Chiesa, secondo me, stanno piuttosto provocando un effetto contrario. Non voglio soffermarmi, almeno per il momento, su quanto sta avvenendo nella Chiesa nel suo complesso (anche se non posso nascondere l’impressione che la liberalizzazione della Messa tradizionale, anziché riportare la pace tra i fedeli, stia suscitando ulteriori divisioni). Preferisco per ora limitarmi a considerare quanto sta avvenendo in me stesso: attualmente mi sento assai piú confuso di qualche anno fa. Nonostante ci sia sempre stata una certa dialettica nella Chiesa, nonostante che abbiamo vissuto periodi di gran lunga piú confusi di quello attuale, devo però dire che io, grazie al Cielo, ho sempre potuto contare su alcuni principi abbastanza chiari, che mi hanno permesso di attraversare anche i momenti piú critici senza rimanerne travolto. In questi ultimi tempi invece ho la sensazione di non avere piú nessuna certezza. Per esempio, in campo liturgico, non avevo mai messo in discussione la validità della riforma liturgica; semmai, il problema era quello di attuarla pienamente e di eliminare gli abusi. Ora, invece, con il Summorum Pontificum (o perlomeno con certe sue interpretazioni), tutto è stato rimesso in discussione. Di fatto, il risultato del motu proprio, al di là delle intenzioni, non è stato tanto il riconoscimento ad alcuni fedeli del sacrosanto diritto di partecipare alla Messa secondo la loro legittima sensibilità, ma quello di insinuare il dubbio che la riforma liturgica in sé fosse stata un errore.

    Quanto poi alla presenza dei fedeli tradizionali, beh, devo fare una distinzione. A quelli che con coraggio e coerenza hanno difeso la tradizione in tempi non sospetti, è sempre andato tutto il mio rispetto. Non altrettanto posso dire a proposito dei tradizionalisti dell’ultim’ora, che si permettono di sparare giudizi e lanciare anatemi a destra e a manca con una superficialità, un’arroganza e una volgarità che hanno ben poco a che fare col Vangelo. Chiedo solo: dove erano questi talebani della tradizione negli anni Settanta e Ottanta? O non erano nati, o avevano ancora i calzoni corti, o, se li avevano lunghi, stavano dall’altra parte della barricata (o perché non erano credenti o, se lo erano, militavano nelle file della contestazione). Con ciò non voglio escludere la possibilità di un salutare ravvedimento; voglio solo dire che la vera conversione di solito si contraddistingue per umiltà e mitezza. La moltitudine vociante di certi tradizionalisti odierni, nonché esercitare un benefico effetto sulla Chiesa, rischia di provocare in molti una crisi di rigetto.



    Caterina63
    00giovedì 17 marzo 2011 12:47

    La risposta all’islam è tornare a Cristo


    di padre Piero Gheddo*

    ROMA, venerdì, 17 settembre 2010 (ZENIT.org).- Sul fronte della convivenza con l’islam ci sono spesso notizie negative, quasi sempre dalla parte dell’islam. Questa volta è il pastore “evangelico” (battista) Terry Jones, che si è proposto di bruciare decine di copie del Corano, dandone pubblicamente notizia a tutto il mondo. Poi, tra tira e molla, interviene anche il Presidente americano Obama e il gesto insensato, che sembrava opera di un matto autentico, non succede. Inevitabile però che queste notizie, per più d’un mese, rimbalzino in prima pagina sui media di tutto il mondo, giornali e televisioni, radio e siti internet.

    Potrebbe essere una delle tante bufale estive, a fine agosto non se ne parla più. Invece, ad inizio settembre, ecco le notizie che si potevano temere. Come  documenta “Asia News”, in varie parti dell’India (una ventina di morti) e del Pakistan sono ripresi gli attacchi alle chiese e alle istituzioni cristiane. Non solo con lanci di pietre, ma con incendi e saccheggi, anche con violenze ai cristiani che difendono i loro luoghi sacri e le loro proprietà

    Insomma, pare che la semplice notizia di un minacciato ma ipotetico gesto offensivo nei confronti dell’islam (che poi non s’è verificato) scateni l’odio anti-cristiano che agita alcune fasce o settori o gruppi dei popoli islamici, mentre non succede lo stesso fra i popoli cristiani.

    Le differenze sono queste:  

    Primo. Cristiani e musulmani vivono in epoche storiche diverse. Noi nel 2010 dopo Cristo, i musulmani nel 1400 dopo Maometto. L’evoluzione storica è stata diversa, noi siamo entrati nel “temo moderno” i musulmani vivono ancora in un tempo storico meno evoluto.

    Secondo. Contro ogni fanatismo religioso e violenza in nome della fede cristiana, c’è Gesù Cristo, che ha comandato di fare e ha fatto tutto il contrario, che s’è lasciato flagellare e appendere alla Croce ingiustamente e senza reagire, anzi pregando  per i suoi carnefici. Le radici dell’islam sono il Corano e Maometto che, com’è noto, dicono e hanno fatto cose molto diverse. Maometto è stato uomo religioso, profeta e fondatore di una religione che ha grandi valori, ma anche condottiero militare e conquistatore con la spada di nuovi popoli all’islam.  

    Le radici contano molto nella vita dei seguaci di una fede religiosa! E’ il motivo per cui l’islam non riesce ad entrare nel mondo moderno, che è nato nel mondo cristiano e dalle radici cristiane. La nostra risposta e il nostro aiuto ai fratelli e sorelle islamici non è di bruciare il Corano, ma di tornare, come popoli cristiani, a vivere e praticare la fede dei nostri padri. Oggi il nostro Occidente cristiano è religiosamente un contenitore vuoto o semi-vuoto. Stiamo ridiventando pagani e perdendo anche culturalmente la nostra identità cristiana. Inevitabile che l’islam si riproponga di conquistare i popoli europei, questa volta non con la spada, ma con la forza della fede e della sua demografia galoppante.    

    ----------

    *Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l'Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.



    *******************

    Caterina63
    00domenica 3 aprile 2011 08:43
    PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE AD ASSISI (27 OTTOBRE 2011)

    COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: GIORNATA DI RIFLESSIONE, DIALOGO E PREGHIERA PER LA PACE E LA GIUSTIZIA NEL MONDO "PELLEGRINI DELLA VERITÀ, PELLEGRINI DELLA PACE" (ASSISI, 27 OTTOBRE 2011), 02.04.2011

    Il 1° gennaio scorso,
    al termine della preghiera dell’Angelus, Benedetto XVI ha annunciato di voler solennizzare il 25° anniversario dello storico incontro tenutosi ad Assisi il 27 ottobre 1986, per volontà del venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II.

    In occasione di tale ricorrenza, il Santo Padre intende convocare, il 27 ottobre prossimo, una Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, recandosi pellegrino nella città di San Francesco e invitando nuovamente ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà.

    La Giornata avrà come tema: Pellegrini della verità, pellegrini della pace. Ogni essere umano è, in fondo, un pellegrino in ricerca della verità e del bene. Anche l’uomo religioso rimane sempre in cammino verso Dio: da qui nasce la possibilità, anzi la necessità di parlare e dialogare con tutti, credenti o non credenti, senza rinunciare alla propria identità o indulgere a forme di sincretismo; nella misura in cui il pellegrinaggio della verità è vissuto autenticamente, esso apre al dialogo con l’altro, non esclude nessuno e impegna tutti ad essere costruttori di fraternità e di pace. Sono questi gli elementi che il Santo Padre intende porre al centro della riflessione.

    Per questo motivo, saranno invitate a condividere il cammino dei rappresentanti delle comunità cristiane e delle principali tradizioni religiose anche alcune personalità del mondo della cultura e della scienza che, pur non professandosi religiose, si sentono sulla strada della ricerca della verità e avvertono la comune responsabilità per la causa della giustizia e della pace in questo nostro mondo.

    L’immagine del pellegrinaggio riassume dunque il senso dell’evento che si celebrerà: si farà memoria delle tappe percorse, dal primo incontro di Assisi, a quello successivo del gennaio 2002 e, al tempo stesso, si volgerà lo sguardo al futuro, con il proposito di continuare, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a camminare sulla via del dialogo e della fraternità, nel contesto di un mondo in rapida trasformazione. San Francesco, povero e umile, accoglierà di nuovo tutti nella sua città, divenuta simbolo di fraternità e di pace.

    Le delegazioni partiranno da Roma, in treno, la mattina stessa del 27 ottobre, insieme con il Santo Padre. All’arrivo in Assisi, ci si recherà presso la Basilica di S. Maria degli Angeli, dove avrà luogo un momento di commemorazione dei precedenti incontri e di approfondimento del tema della Giornata. Interverranno esponenti di alcune delle delegazioni presenti e anche il Santo Padre prenderà la parola.

    Seguirà un pranzo frugale, condiviso dai delegati: un pasto all’insegna della sobrietà, che intende esprimere il ritrovarsi insieme in fraternità e, al tempo stesso, la partecipazione alle sofferenze di tanti uomini e donne che non conoscono la pace. Sarà poi lasciato un tempo di silenzio, per la riflessione di ciascuno e per la preghiera. Nel pomeriggio, tutti i presenti in Assisi parteciperanno ad un cammino che si snoderà verso la Basilica di San Francesco. Sarà un pellegrinaggio, a cui prenderanno parte nell’ultimo tratto anche i membri delle delegazioni; con esso si intende simboleggiare il cammino di ogni essere umano nella ricerca assidua della verità e nella costruzione fattiva della giustizia e della pace. Si svolgerà in silenzio, lasciando spazio alla preghiera e alla meditazione personale. All’ombra della Basilica di San Francesco, là dove si sono conclusi anche i precedenti raduni, si terrà il momento finale della giornata, con la rinnovazione solenne del comune impegno per la pace.

    In preparazione a tale Giornata, Papa Benedetto XVI presiederà in San Pietro, la sera precedente, una veglia di preghiera, con i fedeli della Diocesi di Roma. Le Chiese particolari e le comunità sparse nel mondo sono invitate ad organizzare momenti di preghiera analoghi.

    Nelle prossime settimane i Cardinali Presidenti dei Pontifici Consigli per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, del Dialogo Interreligioso e della Cultura dirameranno gli inviti, a nome del Santo Padre. Il Papa chiede ai fedeli cattolici di unirsi spiritualmente alla celebrazione di questo importante evento ed è grato a quanti potranno essere presenti nella città di San Francesco, per condividere questo ideale pellegrinaggio.

    Bollettino Ufficiale Santa Sede

    Caterina63
    00venerdì 22 luglio 2011 18:52

    Assisi...

    di Francesco AGNOLI

    Recentemente l'ottimo Rodari, su Il Foglio del 7 luglio, interpretava alcuni articoli comparsi sull'Osservatore Romano come una "botta a freddo" ai firmatari dell'appello contro una nuova Assisi 1986, pubblicato qualche mese fa sul Foglio (con anche la mia firma).

    Un altro vaticanista, anch’egli molto preparato ed informato, come Andrea Tornielli, legge invece gli stessi articoli in modo opposto: "Dopo l’annuncio a sorpresa dello scorso gennaio, quando Benedetto XVI ha convocato il nuovo raduno delle religioni ad Assisi per invocare la pace, alcuni storici (tra questi Roberto de Mattei) e giornalisti cattolici vicini alla sensibilità più tradizionale hanno firmato un appello chiedendo al Papa di ripensarci. E si sono detti sicuri che qualunque cosa Ratzinger dirà o farà ad Assisi, il messaggio veicolato dai media sarà quello del sincretismo religioso, di un pericoloso abbraccio tra verità ed errore che mette tutto e tutti sullo stesso piano.

    È evidente che le perplessità esposte dai firmatari erano e sono condivise da più di qualcuno nella Chiesa, anche a livelli più alti, anche all’interno del Vaticano. Non si spiegherebbe altrimenti la sequenza pressante di autorevoli articoli che «L’Osservatore Romano» sta mettendo in pagina per spiegare il significato del gesto papale, prevenirne le interpretazioni scorrette, fissarne i contorni e i contenuti. In sostanza, gli interventi sul quotidiano vaticano servono a fronteggiare la preoccupazione (talvolta il dissenso, anche se non esplicitato) da parte dei cosiddetti ambienti «ratzingeriani». I quali ritengono che la convocazione di Assisi - voluta da Benedetto XVI senza subire pressioni né suggerimenti – non sia in linea con il suo stesso pontificato, con le sue linee programmatiche..." (Vatican Insider).

    Per Tornielli dunque sono gli stessi "ambienti ratzingeriani" ad avere paura di una nuova Assisi. Personalmente, non posso che confermarlo. Sono più d’uno gli uomini che a papa Benedetto XVI si richiamano che hanno plaudito, con discrezione, il nostro manifesto, perché temono che un'altra Assisi generi ulteriori confusioni nel già smarrito mondo cattolico.
    Ha scritto dunque il cardinal Kurt Koch sull’Osservatore Romano del 7 luglio: “…Una simile "giornata di preghiera" non deve naturalmente essere fraintesa come un atto sincretistico…”.

    E il cardinal Bertone: “…Quest'ultimo punto era di capitale importanza: il relativismo o il sincretismo, infatti, finiscono per distruggere, anziché valorizzare, la specificità dell'esperienza religiosa. Su questo aspetto si è tornati più volte in seguito, anche a motivo di interpretazioni superficiali, che non sono mancate, di quel primo incontro di Assisi”… E ancora: “La Giornata di Assisi si svolgerà all'insegna di quegli elementi che già caratterizzarono il primo raduno, venticinque anni fa: la preghiera, il digiuno, il pellegrinaggio.

    La preghiera sarà vissuta soprattutto nella dimensione del silenzio e del raccoglimento interiore, che si sono voluti privilegiare rispetto alle forme pubbliche di preghiera di ciascuna tradizione, in continuità con quanto avvenuto già nell'incontro del 2002. La preoccupazione per evitare anche solo l'impressione di qualsiasi relativismo non è solo cattolica, ed è particolarmente comprensibile nell'odierno contesto culturale, per molti versi refrattario alla questione della verità e per questo incline a una presentazione indifferenziata, e ultimamente irrilevante, del fenomeno religioso”.  (Osservatore Romano, 3 luglio 2011).

    Sembra chiaro, alla luce di questi interventi, che uomini vicini al papa, consapevoli di quello che significò Assisi 1986 (allora non apprezzato dal cardinal Ratzinger), stanno cominciando in questi tempi a mettere i puntini sulle i, per invitare i cattolici a non cadere nel sincretismo e nel relativismo religioso: appare inevitabile pensare non che lo facciano in opposizione al papa, ma, al contrario, di concerto con Lui.

    Si prepara cioè, gradualmente, una qualche correzione di rotta, rispetto al passato, come è dimostrato dal fatto che non vi sarà preghiera comune, ma, dopo il “pranzo condiviso”, “preghiera personale”, come ha dichiarato apertamente il cardinal Tauran, sempre sull’Osservatore Romano; che i luoghi sacri cattolici non saranno dati ai membri di altre religioni per i loro riti (significativa la frase di Bertone: “Ci troveremo a camminare insieme per le strade di Assisi”, non per le chiese…); che verranno invitati anche atei, non credenti, a dimostrazione del fatto che ogni dialogo può essere fatto non in nome di un presunto Dio comune, quanto della comune appartenenza, di tutti, al medesimo genere umano.

    Dialogo inter-umano, inter-culturale, dunque, se ciò significa confronto alla luce della ragione, ma ciò dovrebbe avvenire nel rispetto del principio di non contraddizione (una religione o è vera o è falsa, tertium non datur), e, quanto ai cattolici, benché molto spesso non sia così, del I comandamento e  dell’evangelico: "Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me" (Gv. 14:6). Altrimenti “mestier non era parturir Maria”…

    Fonte: Il Foglio 21.7.11

    ***********************************************************



    LA CHIESA: VOCE DI CRISTO


    Come si è visto nei post precedenti, la riunione sincretica di Assisi non può essere accettata, dunque affinché possa darsi una base teologica a tale evento è necessario andare alla fonte di questo fondamento.
    Questo argomento verrà sviscerato in altro post, ma vorrei che si ponga l’attenzione alla radice di molte aberrazioni attuate nella Chiesa post conciliare, questi errori hanno comunque una base ecclesiale che va individuata nel Concilio Vaticano II.

    Scopri l'elementa acclesiae e vinci!
    Nella dichiarazione Nostra Aetate troviamo una frase netta, inequivocabile, nessuno, come qualcuno tempo fa tentò di fare, può cercare di farla cadere nell’interpretazione del testo, tanto risulta chiara: La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni.(NA 2)

    A dire il vero ogni volta che leggo questa frase ho degli attimi di, come dire, infervoramento.
    Tralasciando l’aspetto teologico del vero e santo, che se Dio me lo concederà, verrà affrontato in seguito, vorrei, invece, soffermarmi sul termine “rigetta”.

    La Chiesa cattolica nulla rigetta….
    La nostra Santa Chiesa Cattolica, come ben sappiamo, è il Corpo Mistico di Cristo di cui lo stesso Divin Redentore ne è il Capo.
    Ora le membra di un corpo ricevono ogni cosa dal suo capo, il quale fa in modo che tutte quante contribuiscano all’intero corpo seguendo le direttive dello stesso.

    In questo corpo, il pontefice, vicario di Cristo, è guida suprema ed insieme a lui la chiesa docente.
    Questo soggetto (La Chiesa), sempre assistita dallo Spirito Santo (ben’inteso è la Chiesa ad essere assistita non l’uomo in sé) tramanda la volontà del suo Capo che si manifesta attraverso la sacra Scrittura e la Tradizione scritta ed orale le quali compongono l’oggetto della nostra fede:il depositum fidei.
    Pertanto ciò che la Chiesa dice equivale alla volontà stessa del suo divin Capo, Cristo, attraverso la Chiesa prende voce la Scrittura e la Tradizione, espressione divina della Verità.
    Non solo, ma in materia di fede e di costumi l’unanime consenso dei Padri è da considerarsi autorità irrefragabile, perché equivale alla dottrina stessa della Chiesa: questo è stato l'insegnamento dei Concili Tridentino (sess. IV) e Vaticano I (sess. III, 22), che proibirono di dare alla S. Scrittura un significato contrario alla dottrina concorde dei Padri della Chiesa.

    Vediamo, al fine di capire se la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni, cosa dice il suo Capo nelle Sacre Scritture, nel nuovo testamento e nell’insegnamento dei Padri della Chiesa.


    1)    Antico Testamento:
    In quei giorni Dio pronunciò tutte queste parole: Io sono il Signore, tuo Dio, Non avrai altri dei di fronte a Me.  Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché Io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio forte, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelle che mi amano e osservano i miei comandi. (Esodo XX, 1-3, 5-6).  Immolarono ai demoni e non a Dio (Deuteronomio, XXXII, 17).  
    Tu detesti, chi serve idoli falsi (Salmo XXX, 7) 

    L’idolo è maledetto lui e chi l’ha fatto; Perché sono ugualmente in odio a Dio l'empio e la sua empietà; principio di fornicazione fu l’idea degli idoli e il loro concepimento rovina della vita ; dalla sciocca vanità degli uomini furono introdotti nel mondo, perciò è stabilita la loro rapida fine. (Sapienza, XIV, 8,9, 12, 14)
    In quella stessa notte il Signore gli disse:….Demolisci l'altare di Baal fatto da tuo padre e taglia il palo sacro che gli sta accanto. (Giudici 6;25)

    Devasterò le vostre alture di culto, distruggerò i vostri altari per l'incenso, butterò i vostri cadaveri sui cadaveri dei vostri idoli e io vi avrò in abominio. (Levitico 26:30)

    Costoro trascurarono il tempio del Signore Dio dei loro padri, per venerare i pali sacri e gli idoli. Per questa loro colpa si scatenò l'ira di Dio su Giuda e su Gerusalemme.  (2Cronache 24:18)
    Tutte le genti che si trovano su tutta la terra si convertiranno e temeranno Dio nella verità. Tutti abbandoneranno i loro idoli, che li hanno fatti errare nella menzogna, e benediranno il Dio dei secoli nella giustizia. (Tobia 14:6)
    Perciò ci sarà un castigo anche per gli idoli de (Sapienza 14:11)

    i pagani, perché fra le creature di Dio son divenuti un abominio, e scandalo per le anime degli uomini, laccio per i piedi degli stolti.
    In quel giorno ognuno rigetterà i suoi idoli d'argento e i suoi idoli d'oro, lavoro delle vostre mani peccatrici. (Isaia 31:7)
    Santa Muerte:Scopri l'elementa ecclesiae e vinci!
    Innanzi tutto ripagherò due volte la loro iniquità e il loro peccato, perché hanno profanato il mio paese con i cadaveri dei loro idoli e hanno riempito la mia eredità con i loro abomini». (Geremia 16:18)

    2) Nuovo testamento:

    Sì, gli attributi invisibili di lui [Dio], l’eterna sua potenza e la sua divinità, fin dalla creazione del mondo si possono intuire, con l’applicazione della mente, attraverso le sue opere. Costoro sono dunque senza scusa, perché, pur avendo conosciuto Iddio, né gli diedero gloria, come a Dio, né gli resero grazie, ma vaneggiarono nei loro ragionamenti e il loro cuore insensato s’offuscò. Essi che pretendevano d’essere sapienti, divennero stolti e sostituirono la gloria del Dio immortale con immagini di uomini mortali, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.






    Disdegnarono di conservare la vera conoscenza di Dio: Iddio li diede allora in balìa della loro mentalità pervertita ed essi compirono cose indegne.
    (Romani I, 20-23, 28).


    E il Signore a me: Io sono Gesù che tu stai perseguitando. Ma alzati e sta’ ritto, giacché per questo ti sono apparso: per costituirti ministro e testimone , presso i quali [i pagani] io ti mando ad aprire i loro occhi, perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano così il perdono dei peccati. (Atti XXVI, 15-16,18).
     
    Ad Atene, nell
    attesa dei due [Sila e Timoteo], Paolo sentiva uno sdegno profondo all’osservare che la città era piena di idoli (Atti XVII, 16).
     
    [Parla Paolo per convincere il popolo pagano di Listra a non immolare tori in onore suo e di Barnaba] Gente, perché fate questo? Anche noi siamo miserabili uomini come voi, che vi stiamo istruendo per convertirvi da codesti déi vani [falsi] al Dio vivente. 
    (Atti XIV, 14).

    Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli. (Atti 17:16)

    Quando non conoscevate Dio, eravate schiavi di dei, che in realtà non lo sono. (Galati IV, 8).
     
    Badate che qualcuno non vi faccia schiavi con la vana seduzione di una filosofia ispirata alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo
    (Colossesi II, 8).
     
    Figlioli, guardatevi dagli idoli! Amen 
    (I Giovanni V, 21).
     
    Che intendo dunque dire? Che la ca
    (I Corinti X, 19-22).

    rne immolata agli idoli abbia un qualche valore? ovvero che un idolo sia qualche cosa? No, ma che quanto sacrificano i pagani, lo sacrificano ai demoni e non a Dio.  Ora, non voglio che voi siate in comunione con i demoni. Non potete bere alla coppa del Signore e alla coppa dei demoni; non potete prendere parte alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni.  Oppure, vorremmo noi provocare ad ira il Signore?  Siamo forse più potenti di Lui?

    Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele? (2Corinzi 6:15)

    Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? (2Corinzi 6:16)

    3)    Padri della Chiesa

    Giustino martire «scrivendo nella metà del II secolo, sosteneva che i poeti pagani e i compositori di miti erano stati sviati in quanto avevano confuso i demòni malvagi con gli dèi ed avevano così cantato le loro azioni (1 Apol. 5, 4; 2 Apol. 5.)»

    S. Ambrogio d Milano asseriva: vi è un solo vero Dio, il Dio di Abramo e dei Cristiani, è solo Lui che tutti gli uomini devono adorare, infatti gli dèi dei pagani sono demòni, o alterazioni rustiche e ignoranti della nozione dell’unico vero Dio che Adamo ha trasmesso ai suoi figli (Ep. 17) .

    Firmico Materno scrisse attorno al 346 il De errore profanarum religionum con estrema intransigenza nei confronti del paganesimo e chiese agli imperatori di estirpare il paganesimo che per Firmico «era sbagliato in toto ed era opera del demonio»

    Rufino di Aquileia - nel 402 - nella sua Historia ecclesiastica scrive che «il paganesimo è un errore mostruoso, opera del demonio, che è il “bugiardo” per antonomasia. Illusione, frode, inganno, menzogna sono presenti dappertutto: le credenze dei pagani sono solo errore e superstizione, il culto che vi si collega è solo magia, delitti e dissolutezze. L’insieme è un’enorme truffa ispirata dai demòni, i cui aiutanti umani - i sacerdoti pagani - si fanno beffe dei malcapitati fedeli, più vittime che colpevoli» (da il paganesimo- Don Curzio Nitoglia)

    Abbiamo già letto nei post precedenti: gli uomini allontanando lo sguardo dai beni eterni e volgendolo alle cose corruttibili per suggerimento del diavolo, sono divenuti causa della propria corruzione…divenendo fin dall’inizio inventori del proprio male.(L’incarnazione del Verbo I,5)

    Ma sotto l’ombra dei simulacri, è il diavolo a ricevere culto.(Ambrosiaster 1Cor.X,19)
    Da quanto sopra esposto la frase la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni è falsa!

    Non è vero, quindi, che la Chiesa guidata dal suo Capo  nulla rigetta delle altre false religioni.

    Nulla si può accettare delle altre false religioni.

    Purtroppo la gerarchia conciliare insiste, anche in questo caso, nel considerare i punti in comune, dimenticando quanto semplicemente diceva Sant’Agostino: In tutte queste cose essi erano con me; ma non erano e non sono con me in tutte le cose. Non sono con me nello scisma, non sono con me nell'eresia. In molte cose con me, in alcune poche non con me. Ma, a causa di queste poche cose in cui non sono con me, non giova loro l'essere con me in molte. Guardate infatti, fratelli, di quante cose buone parla l'apostolo Paolo; ma ne aggiunge una che, se manca, tutte le altre non servono a nulla. [la carità] (Enarrat. in ps. 54, 19)

    Credo a maggior ragione possa dirsi delle false religioni, la Chiesa è la voce del suo Capo, Cristo ed in questo Mistico Corpo non abbiamo due capi, non ci sono due teste: «L’unico corpo della Chiesa una ed unica –scrive Bonifacio VIII nella bolla “Unam Sanctam”- ha una sola testa, non due teste, come un mostro, e cioè Cristo e il suo Vicario, avendo il Signore detto a Pietro: Pasci le mie pecore. Le “mie” Egli dice…».

    Qual è la voce di Cristo?
    Delle due una, tertium non datur!

    Le false religioni non hanno nulla di vero e di santo, invece gli scritti conciliari cercano di far passare i punti in comune come qualche cosa di positivo e di divino: Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. (doppio Sic!) (NA 2) (sic!)

    Non c’è nulla di più falso, la luce che illumina conduce ed attira l’uomo a Dio stesso mentre come abbiamo visto l’idolatria e l’incredulità lo allontanano.

    Satana conosce bene la Verità, dovrebbero saperlo i nostri conciliari e quegli elementi di verità di cui parlano lo sono solo per accidens, se si tornasse al sano ragionamento ed alla filosofia perenne, guida sicura per la ricerca della Verità, si capirebbe facilmente che queste affermazioni sono stolte, contrarie a Dio e la vera Fede.

    Il santo dottore universale della chiesa ci spiega che la falsità non poggia sul vero che è il suo contrario, come neppure il male poggia sul bene ad esso contrario, ma sul soggetto. E ciò accade, nell'un caso e nell'altro, perché il vero e il bene sono comuni, e coincidono con l'ente. Quindi, come ogni privazione si fonda sopra un soggetto che è un ente, così ogni male poggia su qualche bene, e ogni falsità poggia su qualche verità. (ST p I Q17 a4 ad2)

    Ma è proprio l’arte del menzognero ingannare gli incauti con elementi di verità, come si può essere così insensati?

    Scopri l'elementa ecclesiae e vinci!
    Semplicemente l’opinione falsa è contraria alla Verità, non serve avere punti in comune, perché essa risulterà sempre una falsità.
    I contrari e i termini che si oppongono escludendosi l'un l'altro si riferiscono sempre allo stesso soggetto. Quindi nulla vi può essere di contrario a Dio considerato in se stesso, né quanto alla sua bontà, né quanto alla sua verità, dato che nel suo intelletto non vi può essere errore. Nel nostro pensiero tuttavia Dio ha un suo contrario, poiché alla vera opinione su Dio si oppone la falsa opinione. E in questo senso gli idoli sono chiamati menzogne opposte alla verità divina, essendo la falsa opinione che si ha degli idoli contraria all'opinione vera riguardante l'unità di Dio (ib. ad 3).

    Vorrei infine citare alcuni elementi di verità e santità del Voodoo: 

    There are a number of points of similarity between Roman Catholicism and Vodun:
    Both believe in a supreme being.
    The Loa resemble Christian Saints, in that they were once people who led exceptional lives, and are usually given a single responsibility or special attribute
    Both believe in an afterlife.
    Both have, as the centerpiece of some of their ceremonies, a ritual sacrifice and
    consumption of flesh and blood
    Both believe in the existence of invisible evil spirits or demons
    Followers of Vodun believe that each person has a met tet (master of the head) which corresponds to a Christian's patron saint. Fonte:Ht
    tp://www.religioustolerance.org/voodoo.htm                                            
                                                                                                                              Stefano Gavazzi





    Caterina63
    00martedì 30 agosto 2011 18:25


    Islam in Francia... e i Vescovi, che fanno? Si adeguano... molto ecumenicamente

    Forse per i "reazionari" tradizionalisti (come ci chiamano) potrebbe essere ostico e urticante dover imparare la lingua di Maometto (molto utile però per il "dialogo con i nostri fratelli musulmani"); ecco allora che vi forniamo la traduzione (ad opera di PerEpiscopus) del cartello che segue:

    Cari amici,

    Vi auguriamo un felice Eid Al-Fitr, pieno di gioia di servire Dio con tutto il cuore, durante il Ramadan, [che finisce il 31 agosto n.d.r.] con la preghiera, col digiuno, e l'accoglienza gentile e generosa di ogni essere umano.
    Che Dio benedica ognuno di voi, che vi sostenga con la Sua luce e la Sua forza per tutti i giorni.
    E che Ci aiuti a costruire insieme un mondo di pace, solidarietà e fraternità.
    Noi Vi esprimiamo la nostra fedele amicizia.

    Mons. Michel Dubost, Vescovo di Evry - Corbeil-Essonnes
    e la comunità cattolica







    Più che un messaggio cordiale, a noi sembra più un atto di rassegnazione. Mah.

    Più che altro: chissà a quale Dio fa invocazione il Vescovo? Al nostro? O al loro? No perchè, detta così sembra quasi che Mons. Dubost (ma lungi da noi pensare che sia realmente così), ritenga che Cristiani e Musulmani adorino lo stesso medesimo Dio.

    Per mero scrupolo, approffittiamo per ricordare che in San Giovanni si legge che Nostro Signore Gesù Cristo disse: "Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. (Gv 14, 9-11).

    A questo punto, seguendo un facile sillogismo teologico, è possibile capire che chi non vede il Figlio, non vede il Padre; che equivale a dire che chi non crede nel Figlio Gesù (Dio), non crede nel Padre (Dio). Nè nello Spirito Santo che procede da Entrambi (Dio). E quindi non crede nella Santissima Trinità. E quindi, ça va sans dire, non è Cristiano.
    Ora, siccome i Musulmani non credono in Gesù quale Dio (ma solo come profeta), comporta che essi non credono in Dio Padre (cioè nel Dio Cristiano). Infatti, ma che scoperta, i Musulmani non si chiamano (nè sono) Cristiani.

    E quindi, per dirla forse un po' sbrigativamente ma con termini comprensibili: il Dio Cristiano NON E' LO STESSO Dio musulmano. Dio Padre NON E' UGUALE ad Allah. Un Vescovo cattolico quindi non può invocare la benedizione di Allah.
    E sin qui siamo certi di non aver urtato la sensibilità di nessuno, dal momento che seguire la Logica non è, fin ora, un reato.

    Proponiamo ora una rassegna abbastanza completa di frasi di Gesù Cristo sulla "Santissima Trinità": si veda qui un nostro precedente Link


    Quindi, dal nostro punto di vista, siamo sicuri che un Vescovo Cattolico abbia invocato sui Musulmani la benedizione del Dio Cristiano (Padre, Figlio e Spirito Santo), e che l'abbia fatto con il fermo intento di dare attuazione al Messianico comando di evangelizzare tutti i popoli della terra, nella speranza in una progressiva conversione dei musulmani chei si trovano entro il territorio della sua giurisdizione.
    Ne siamo sicuri. Sì, sì!


    Roberto



    ************

    Islam in Norvegia: un convertito al cristianesimo aggredito perchè non rispetta più il Ramadan

    Un giovane afgano, convertito al cristianesimo, residente nel centro di accoglienza per domandare asilo alla città di Hå (Norvegia) è stato aggredito, da tre musulmani, lo scorso venerdì 26 agosto 2011, perché non rispettava più il Ramandan.
    Mentre uno lo teneva a terra, l'altro gli ha riversato il contenuto di un recipiente di acqua bollente sul collo e sulle spalle, mentre il terzo saccheggiava la sua camera.
    La polizia allertata, è arrivata sul posto solo dopo un'ora [non è un po' troppo?] dall'aggressione.
    L'Osservatorio sulla Cristianofobia (da cui abbiamo tratto la notizia), ci invita a riflettere e a pregare per i nostri fratelli vittime delle agressioni anticristiane, troppo spesso dimenticati o colpevolmente ignorati dalle autorità (civili e religiose).

    fonte: Observatoire de la Christianophobie via Osservatore Vaticano



    ************

    Noi Vi esprimiamo la nostra fedele amicizia.  
    Mons. Michel Dubost, Vescovo di Evry - Corbeil-Essonnes  
     
    Surprised Surprised Surprised   la nostra fedele amicizia.... ?  
    sic, sic! 

     
    Eccellenza reverendissima.... L'AMICIZIA e la FEDELTA' nell'Amicizia, sono un ATTO serio che costò al Figlio di Dio, un certo Gesù Cristo.... che se non erro E' DIO STESSO NEGATO DALL'ISLAM.... la Crocifissione....  
    Disse questo Gesù Cristo:  
    Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udito dal Padre mio. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi; e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo, affinché qualunque cosa chiediate al Padre nel mio nome, egli ve la dia” (Gv. 15,12-16).  
     
    di questo passo solitamente si cita solo il primo rigo, il comandamento dell'amore... trascurando il resto, specialmente il passo in neretto...Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando....... l'AMICIZIA di cui dovrebbe parlare un Vescovo dovrebbe essere quella del Cristo che non passava il tempo a fare gli auguri per le feste degli altri... ma le rispettava di più FACENDO LORO CONOSCERE TUTTE LE COSE CHE AVEVA UDITO DAL PADRE.....e dunque si è AMICI solo se: .... fate le cose che io vi comando..... e amare il Prossimo è far loro conoscere ciò che il Padre ha detto e voluto....: CONVERTITEVI E CREDETE AL VANGELO...  
    in questa dinamica e soltanto in questa, possiamo parlare di FEDELTA' E DI AMICIZIA....  
     
    Pertanto, Eccellenza reverendissima.... per certi AUGURI DI FEDELTA', PRIVATI DELLE PAROLE DEL CRISTO, non firmi al plurale.... non ci immischi il gregge che le è stato affidato e che non è "suo".... MA DI CRISTO.... si firmi al singolare,  
    al limite, per firmarsi al plurale poteva almeno concludere il messaggio scrivendo:  
     
     IN NOME DELLA SANTISSIMA TRINITA', PADRE E FIGLIO E SPIRITO SANTO, auspichiamo un santo Ramadan affidandolo al Cuore di Nostro Signore Gesù Cristo, perchè produca frutti di conversione all'Amore stesso di Cristo....  
     
    questo è un autentico dialogo interreligioso (amici qui l'ecumenismo non c'azzecca.... )




    Caro P.C.D.I.: Cristo non è un orpello della Storia. Cristo non è Maometto, lo dice il I comandamento.

    Dopo tanti nostri post che informavano circa l'Islam in Europa, le scelte eretiche di alcuni sacerdoti e vescovi, un nostro lettore ben informato ci invia queste riflessioni, che vi proponiamo, affinché, con un po' di sagacia, ne siano diffuse le giuste e opportune raccomandazioni e... tirate d'orecchie!
    Cari curiali: ora basta! non siamo pecoroni e ci stiamo accorgendo che state ... andando fuori dal seminato! Non potete spacciarci le altre religioni come para-cristiane. L'islam non è un Cristianesimo chiamato con un altro nome. Fate il Vostro lavoro, ma senza rinnegare Cristo! Ok il dialogo, ma restate Cristiani!

    Roberto



    "Il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso emette periodicamente comunicati vari: saluta i buddisti un giorno, i giainisti un altro, i musulmani un altro ancora. Molto ecumenicamente poco importa che siano atei, politeisti o monoteisti.
    Mandare lettere di saluti, mi si dirà, è buona educazione, e va sempre bene. Senza dubbio. Un cristiano deve cercare di volere bene a tutti, anche a chi gli pesta i calli, figuriamoci a chi, pur essendo di un'altra religione, non gli ha mai fatto nulla di male. Però si dovrebbe evitare di scrivere lettere che hanno la pretesa di un fondamento teologico o solo filosofico.
    Recita il titolo dell'ultima inviata ai musulmani dopo il Ramadam: "Insieme per promuovere la spiritualità dell'uomo". Che significa? Cosa è questa imprecisata "spiritualità"? Forse non la avevano gli antichi pagani, greci e romani? Cristo non è venuto a portarci una generica "spiritualità"...ce ne erano già tante.
    Continua: "Cristiani e musulmani, al di là delle differenze, riconoscono la dignità della persona umana...pensano che l'intelligenza e la libertà sono altrettanti doni...". Si badi, l'inciso, "al di là delle differenze", è messo lì quasi per obbligo, ma conta ben poco: condivideremmo con l'Islam la stessa concezione dei diritti umani, dell'intelligenza e della libertà. Purtroppo è una finzione che non sta in piedi. Il cristianesimo ha un'altra idea di diritti umani, rispetto all'islamismo, come pure rispetto al secolarismo; ha pure una concezione ben diversa della libertà e dell'uso della ragione. Basta leggere un qualsiasi manualetto di storia delle religioni.
    Allora perchè, in nome di un malinteso ecumenismo, fingere che Maometto e Cristo siano, in fondo, si noti l'inciso, analogo al precedente, la stessa cosa?
    Al Pontificio Consiglio dovrebbero rileggersi più spesso il I comanadamento; e mandare tante lettere, quante gli pare, con tutto l'affetto cristiano per tutti, senza, però, dire scempiaggini teologiche.
    Senza che Cristo risulti un orpello della Storia "

    Un Fedele

    ********************************

    [SM=g1740733] non possiamo prescindere dal fatto che l'ecumenismo riguarda i rapporti della Chiesa con le Confessioni Cristiane, in sostanza con i Riformati e gli Ortodossi, dal concilio, è stato esteso anche agli ebrei.    
    Per le altre religioni occorre parlare di "dialogo interreligioso"; termine peraltro improprio se è vero, com'è vero, quel che afferma Marcello Pera confermato da Benedetto XVI, che possono dialogare le culture e non le fedi.    
    Il dialogo fine a se stesso, oltre a farci correre il rischio di cadere nel sincretismo o peggio di diluire i fondamenti della nostra fede, rischia anche di diventare uno dei "nuovi idoli" di questo nostro tempo.

    Luisa
    E non dimentichiamo che secondo il card. Tauran condividiamo con i musulmani gli stessi valori famigliari....ah sì ? Ha forse dimenticato il cardinale la poligamia, la ripudiazione, la lapidazione, lo statuto della donna?  
    Non penso sia ignoranza, se non è ignoranza che cosa è?

    Embarassed  veramente Tettamanzi qui si riferisce al Corano.... in questo tema anche il Corano difende il valore della famiglia uomo e donna e a favore della vita fin dal suo concepimento.... il problema è che la poligamia e le altre forme di schiavitù della donna vengono dalle interpretazioni.... ecco perchè il Magistero della Chiesa supera ogni interpretazione, anche perchè l'Islam non ha un magistero comune ed ognuno procede come meglio vuole.....  
    ma dove sbaglia Tettamanzi e certo dialogo interreligioso è, come ha spiegato mic:  
    possono dialogare le culture e non le fedi....  
     
    la cultura familiare c'è anche con l'Islam, e generalmente con tutte le religioni, ma non la fede che sostiene per noi la Famiglia che è SACRAMENTO e che è immagine di Cristo con la sua Sposa, la Chiesa.... una differenza notevole che se tolta con quella frase eretica: "al di la delle differenze", si finisce nel sincretismo religioso trasformando la fede IN CULTURA GENERALE e rinnegando la rivelazione di Dio definendolo un "al di la...." come a dire, che ce frega della Crocifissione! questa non può dividersi, basta definirla AL DI LA DELLE DIFFERENZE....
     
    Embarassed


    ormai per le altre (false) religioni si chiede la libertà religiosa, per la nostra (unica vera) tolleranza. Il male sia libero e il bene sia tollerato. Il mondo va al contrario ...

    contro l'attuale confusione ricordiamo




    "Possiamo fare (...) della libertà religiosa un argomento ad hominem contro coloro che, pur proclamando la libertà di religione, perseguitano la Chiesa (stati laici e socialisti), o ostacolano il suo culto, direttamente o indirettamente (stati comunisti, islamici, ecc). Questo argomento ad hominem è giusto e la Chiesa non lo respinge, usandolo per difendere efficacemente il proprio diritto alla libertà. Ma non ne consegue che la libertà religiosa, considerata in se stessa, sia per i cattolici sostenibile in linea di principio, perché è intrinsecamente assurdo ed empio che la verità e l'errore debbano avere gli stessi diritti "
                                                                                                  (Padre Reginald Garrigou-Lagrange)


    [SM=g1740733]






    Caterina63
    00lunedì 3 ottobre 2011 12:13

    Sintesi del Convegno su Assisi



    “Il Santo Padre ha voluto sottolineare il concetto di pellegrinaggio verso la verità: non uno stare insieme per pregare insieme in un modo disparato con il rischio di confondere la fede rivelata soprannaturale con le credenze religiose umane e naturali, ma un camminare insieme verso l’unica Verità”. Con queste parole il Card. R.L. Burke è intervenuto al Convegno “Pellegrini della Verità verso Assisi“, organizzato dall’Associazione Catholica Spes e tenuto il 1° ottobre a Roma, per evidenziare il significato della prossima giornata convocata il 27 ottobre ad Assisi.

    Durante i lavori del convegno si è sviluppato un dibattito interessante rispetto al modo in cui i fedeli cattolici possono avvicinarsi a questo incontro per la pace e la giustizia nel mondo. Questo tipo di eventi causa fondate preoccupazioni, infatti, ancora il Card. Burke rileva che“non sono pochi i rischi che un tale incontro può sollevare quanto alla comunicazione mass-mediatica dell’evento di cui - come è chiaro - il Pontefice è ben cosciente. I mezzi della comunicazione mass-mediale diranno, anche solo con le immagini, che tutte le religioni si sono trovate insieme per chiedere a Dio la pace. Un cristiano poco formato nella fede può trarvi la conclusione gravemente erronea che una religione valga l‘altra e che Gesù Cristo è uno dei tanti mediatori di salvezza.”

    Questa preoccupazione è stata rilevata anche dagli organizzatori. Nell’introduzione ai lavori il coordinatore, Lorenzo Bertocchi, ha reso noto un interessante estratto di una lettera personale del Santo Padre inviata lo scorso 4 marzo 2011 al pastore luterano, Prof. Peter Beyerhaus. Quest’ultimo, infatti, in virtù di una lunga amicizia che risale ai tempi dell’insegnamento del Card. Ratzinger a Tubinga, nel febbraio scorso inviò una lettera al Santo Padre in cui manifestava la sua perplessità circa il rischio sincretistico di una nuova convocazione della giornata di Assisi. Per questo chiedeva a Benedetto XVI quali fossero le sue intenzioni nel parteciparvi.

    La risposta del Papa al prof. Beyerhaus era già stata richiamata, sebbene non letteralmente, in un’intervista allo stesso professore realizzata dal giornale tedesco “Kichliche Umschau” nell’aprile scorso.
    Oggi, dopo aver ricevuto una autorizzazione da parte di Beyerhaus, gli organizzatori possono rendere noto il passaggio letterale richiamato nell‘intervista:
    “Comprendo molto bene - scrive Benedetto XVI il 4 marzo 2011 - la sua preoccupazione rispetto alla partecipazione all’incontro di Assisi. Però questa commemorazione doveva essere festeggiata in ogni modo e, dopo tutto, mi sembrava la cosa migliore andarvi personalmente per poter provare in tal modo a determinare la direzione del tutto. Tuttavia farò di tutto affinchè sia impossibile un interpretazione sincretista o relativista dell’evento ed affinchè rimanga che sempre crederò e confesserò ciò che avevo richiamato all’attenzione della Chiesa con la Dominus Iesus”.

    Dopo la S.Messa, celebrata nella forma extraordinaria da Mons. Pozzo, hanno preso avvio i lavori del convegno con un intervento di P. Serafino Lanzetta sull’unicità salvifica di Cristo e della Chiesa così come presentati dalla Dominus Iesus. A seguire Don Mauro Gagliardi ha puntualizzato l’interpretazione magisteriale e quella mass-mediale delle giornate di Assisi. L’intervento di don Alessandro Olivieri Pennesi ha fornito un chiaro quadro del cosidetto “super-market religioso” con particolare riferimento ai cosiddetti movimenti religiosi alternativi. Nel pomeriggio, dopo la già citata prolusione del Card. Burke, vi è stato l’intervento di S.E. Mons. Hon Tai-Fai Savio Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
    Il dibattito conclusivo ha visto impegnati Don Nicola Bux (Noi adoriamo quello che conosciamo (Gv 4,22). Verità, Chiesa e salvezza), Don Manfred Hauke (“Semina Verbi”, oppure opera diabolica? I Padri della Chiesa sulle religioni pagane.) e il prof. Corrado Gnerre (Pellegrini della Verità verso Assisi).

    Nella lettera citata, inviata al prof. Beyerhaus, Sua Santità chiedeva all’amico di prestare totale fiducia nella sua persona sul fatto che si sarebbe impegnato ad evitare una flessione sincretista e relativista della giornata.

    Gli organizzatori del convengo e i relatori si sono trovati concordi, pur nella diversità delle prospettive, ad accordare la propria fiducia nel Santo Padre e a cooperare affinché queste sue intenzioni trovino effettiva realizzazione. Il convegno di sabato 1° ottobre è stato un esempio in tale direzione. Nei prossimi giorni verranno redatte on-line delle brevi sintesi dei singoli interventi a cui seguirà la tempestiva pubblicazione degli atti grazie alla collaborazione delle edizioni Fede&Cultura di Verona.

    Associazione Catholica Spes

    Sito del convegno: www.verumperegrinantes.blogspot.com


    [SM=g1740771]

    Padre Lanzetta, Professor Hauke, Monsignor Pozzo



    Sintesi del Convegno

    PELLEGRINI DELLA VERITA' VERSO ASSISI

    -UN APPROFONDIMENTO SUI PASSI DI BENEDETTO XVI-

    1° ottobre 2011


    Padre Serafino Lanzetta ha affrontato il tema del Convegno - “Pellegrini della Verità verso Assisi” - ponendo una considerazione molto importante: “spesso, da cinquant’anni a questa parte grossomodo, si è generato un equivoco: il Cristianesimo, come ogni altra religione, non può pretendere l’assolutezza, perché nessuno può vantare di possedere la verità. La verità è sempre più in là di noi stessi. Sì, è vero: la verità ci trascende sempre perché la verità è Dio. Però, mentre ci trascende, non si smarrisce nei tentativi pluralisti di ricercarla. Rimane sempre una e identica.” Proprio il documento “Dominus Iesus” - al centro dell'intervento di P. Lanzetta – rappresenta una risposta del Magistero della Chiesa rispetto ai problemi sollevati da certo pluralismo religioso.

    A questo proposito l'interessante relazione del prof. don Manfred Hauke – sul rapporto tra i Padri della Chiesa e le religioni pagane – ha fatto notare come fin dalle origini il cristianesimo ha dovuto confrontarsi con un pluralismo religioso molto vasto.
    Come può dunque essere riassunta la posizione dei Padri nei confronti del pluralismo religioso della loro epoca?
    La possibilità dell’uomo di essere salvato – ha spiegato don Hauke - è reale, ma è allo stesso momento minacciata dal peccato e dall’azione del diavolo. Tale influsso negativo si mostra in particolare nella venerazione degli idoli, delle immagini che rappresentavano gli dèi pagani. Gli idoli vengono strettamente legati all’azione dei demoni. Testimone di questa lettura patristica della realtà pluralistica è la traduzione dei LXX del versetto 5 del Salmo 95: Omnes dii gentium daemonia (gli dèi delle genti sono demoni).
    Si tratta dunque sostanzialmente di una posizione piuttosto negativa: di certo non si trattava di una ricezione tout-court dell’eredità religiosa pagana. I vecchi culti, secondo i Padri, dovevano cedere all’adorazione del vero Dio e dell’unico Signore Gesù Cristo. Solo per alcuni punti singoli della religione pagana venivano messi in luce degli elementi positivi mentre i cosiddetti “semi del Verbo” non erano cercati tanto nella religione quanto piuttosto nella riflessione filosofica.

    Questa razionalità filosofica come “terreno comune” su cui confrontarsi, appare la chiave interpretativa utile per approcciarsi al prossimo incontro di Assisi, i cui momenti in comune dovrebbero essere intesi non tanto come un dialogo interreligioso con una finalità religiosa, bensì riguarderanno alcune problematiche concrete, quali la pace, la persecuzione religiosa, etc., che vedono coinvolte le stesse religioni in quanto fenomeni socialmente significativi. Inutile ribadire che comunque resta il rischio dell'interpretazione mass-mediale dell'incontro, interpretazione che – è stato rilevato da tutti i relatori presenti al convegno - difficilmente potrà rendere ragione di aspetti così delicati e complessi.

    Anche Mons. Pozzo, nell'omelia della S.Messa di apertura del Convegno, ha fatto presente che questo incontro di Assisi deve collocarsi nell'ottica di un dialogo da sviluppare “nel rispetto dell'ordine naturale”. “L’incontro di Assisi – ha detto Mons. Pozzo - non è un pantheon dove tutte le religioni si mescolano o si confondono o, addirittura si equivalgono fra loro, ma è un opportunità. Perché non solo la Chiesa Cattolica, ma anche le altre confessioni cristiane e le altre tradizioni religiose, e persino uomini di buona volontà che sono ancora in ricerca verso la Luce, si ritrovano, per proseguire nell’impegno comune a difendere e a promuovere le basi fondamentali delle umana e civile convivenza nel rispetto dell’ordine naturale e nella ricerca della giustizia e della pace.”
    E' giusto ricordare che l'omelia di Mons. Pozzo si è concentrata sulla “compassione mariana” ai piedi della Croce, così il Segretario della Pontificia Commisione Ecclesia Dei non ha mancato di ricordare che “non si può stare presso la Croce di Gesù se non si sta anche presso Maria. E’ proprio lì, ai piedi della Croce, che Maria è diventata Madre della Chiesa".

    Associazione Catholica Spes


    Quando si parla di dialogo... vediamo cosa ne pensa un Dottore della Chiesa, S. Francesco di Sales

    [SM=g1740733]  S. Francesco di Sales impiegò i giorni dal 6 al 9 ottobre 1598 nel preparare i Memoriali di tutte le cose necessarie per l'inte­ra conversione dei popoli dello Chablais, di Ternier e Gaillard alla fede cattolica e per il mantenimento dei Curati: presentò tutto personalmente al Duca, che gli ordinò nuovamente di trovarsi all'assemblea del Consiglio, ove avrebbe trattato delle conclu­sioni da comunicare agli ambasciatori di Berna e Ginevra, i quali molto insistevano perchè si lasciassero almeno tre Ministri protestanti nello Chablais: uno a Tonone, uno a Bons e il terzo a Ternier.

    Vedendo che, per ragioni di Stato, alcuni Consiglieri appoggiavano questo parere, con fervore ed ardore apostolico il nostro Santo si alzò prontamente e, fatta profonda riverenza al Duca, disse queste precise parole: "Ah! Serenissimo e Cristia­nissimo Principe, se lasciate i Ministri in questa provincia, perderete le vostre terre... e perderete il Cielo, un palmo del quale vale più di tutto il mondo. Non esistono convenzioni fra Gesù Cristo e Belial!" Come se avesse parlato un Angelo, tutta l'assemblea fu commossa e il Duca espresse precisamente la sua volontà: "Voglio che i Ministri escano da queste provincie - disse - e non se ne parli più." Con questo si usci dal Consiglio, e il Principe offri un magnifico pranzo agli ambasciatori svizzeri.

    Prima di ritirarsi, fecero questi ancora un tentativo per lasciare almeno due soli Ministri nello Chablais; ma il Duca rispose loro con fermezza: "Ne sono contento, purché voi rice­viate a Ginevra e a Berna tutti i sacerdoti mandati da me." Conobbero bene gli ambasciatori esser questa risposta suggerita da Francesco di Sales, che ardeva dal desiderio di esporre la vita in servizio della Chiesa, anche in quelle altre provincie; onde si ritirarono malcontenti, senza parlare più dei loro Mini­stri. Il nostro Apostolo rimase invece molto sodisfatto, per aver vinto così la causa di Dio.


    Fonte: Sito ICRSS: http://www.icrss.it/?p=2199

    [SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740752]


    Caterina63
    00giovedì 27 ottobre 2011 20:31

    Il Papa: La critica della religione, a partire dall’illuminismo, ha ripetutamente sostenuto che la religione fosse causa di violenza e con ciò ha fomentato l’ostilità contro le religioni. Che qui la religione motivi di fatto la violenza è cosa che, in quanto persone religiose, ci deve preoccupare profondamente. In un modo più sottile, ma sempre crudele, vediamo la religione come causa di violenza anche là dove la violenza viene esercitata da difensori di una religione contro gli altri. I rappresentanti delle religioni convenuti nel 1986 ad Assisi intendevano dire – e noi lo ripetiamo con forza e grande fermezza: questa non è la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione

    PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE AD ASSISI (27 OTTOBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG

    DISCORSI, MESSAGGI ED OMELIE DEL PAPA AD ASSISI

    VIDEO INTEGRALE

    GIORNATA DI RIFLESSIONE, DIALOGO E PREGHIERA PER LA PACE E LA GIUSTIZIA NEL MONDO "PELLEGRINI DELLA VERITÀ, PELLEGRINI DELLA PACE" (ASSISI, 27 OTTOBRE 2011), 27.10.2011

    Nel 25° anniversario dello storico incontro tenutosi ad Assisi il 27 ottobre 1986 per volontà del Beato Giovanni Paolo II, il Santo Padre Benedetto XVI ha convocato per oggi una Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, recandosi pellegrino nella città di San Francesco e invitando nuovamente ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà. Il programma dettagliato della Giornata, che ha come tema Pellegrini della verità, pellegrini della pace, è pubblicato sul bollettino n. 614 del 18 ottobre scorso.
    Alle ore 8 di oggi le Delegazioni partono in treno, insieme al Santo Padre Benedetto XVI, dalla Stazione ferroviaria vaticana. Lungo il percorso il treno rallenta nelle stazioni di Terni, Spoleto e Foligno.
    All’arrivo in Assisi, le Delegazioni si recano presso la Basilica di S. Maria degli Angeli, dove alle ore 10.30 ha luogo un momento di commemorazione dei precedenti incontri e di approfondimento del tema della Giornata. Introdotti dal Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, intervengono dieci esponenti delle delegazioni presenti. Al termine delle Testimonianze per la pace, il Santo Padre Benedetto XVI pronuncia un discorso.
    Alle ore 13, nel Refettorio del Convento della Porziuncola, i delegati condividono un pranzo frugale. Viene poi lasciato un tempo di silenzio, per la riflessione di ciascuno e per la preghiera.
    Nel pomeriggio, tutti i fedeli presenti in Assisi partecipano ad un cammino che si snoda verso la Basilica di San Francesco. Il pellegrinaggio, a cui prendono parte nell’ultimo tratto anche i membri delle delegazioni, si svolge in silenzio, lasciando spazio alla preghiera e alla meditazione personale.
    Alle ore 16.30, nella Piazza Inferiore della Basilica di San Francesco, si tiene l’incontro conclusivo della Giornata, con il rinnovo solenne dell’Impegno comune per la pace. La monizione iniziale è del Card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Introdotti poi dal Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, intervengono dodici delegati e l’impegno di ciascuno alla pace è sancito dalle parole finali del Papa: "Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo! In nome di Dio ogni religione porti sulla terra Giustizia e Pace, Perdono e Vita, Amore!". Alcuni giovani consegnano quindi ai Capi Delegazione una lampada accesa. Lo scambio comune del saluto di pace è introdotto dalla monizione del Card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il Papa pronuncia quindi un saluto di congedo.
    Al termine, il Santo Padre e i Capi Delegazione scendono nella Cripta e sostano davanti alla tomba di San Francesco.
    Alle ore 19 il treno con a bordo il Santo Padre e le Delegazioni lascia la stazione di Santa Maria degli Angeli e riparte alla volta di Roma. L’arrivo alla stazione ferroviaria vaticana è previsto per le ore 20.45.
    Riportiamo di seguito il testo del discorso che il Papa pronuncia in fine mattinata nella Basilica di Santa Maria degli Angeli:

    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Cari fratelli e sorelle,
    distinti Capi e rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e delle religioni del mondo,
    cari amici,

    sono passati venticinque anni da quando il beato Papa Giovanni Paolo II invitò per la prima volta rappresentanti delle religioni del mondo ad Assisi per una preghiera per la pace. Che cosa è avvenuto da allora? A che punto è oggi la causa della pace? Allora la grande minaccia per la pace nel mondo derivava dalla divisione del pianeta in due blocchi contrastanti tra loro. Il simbolo vistoso di questa divisione era il muro di Berlino che, passando in mezzo alla città, tracciava il confine tra due mondi.
    Nel 1989, tre anni dopo Assisi, il muro cadde – senza spargimento di sangue. All’improvviso, gli enormi arsenali, che stavano dietro al muro, non avevano più alcun significato. Avevano perso la loro capacità di terrorizzare. La volontà dei popoli di essere liberi era più forte degli arsenali della violenza. La questione delle cause di tale rovesciamento è complessa e non può trovare una risposta in semplici formule. Ma accanto ai fattori economici e politici, la causa più profonda di tale evento è di carattere spirituale: dietro il potere materiale non c’era più alcuna convinzione spirituale. La volontà di essere liberi fu alla fine più forte della paura di fronte alla violenza che non aveva più alcuna copertura spirituale. Siamo riconoscenti per questa vittoria della libertà, che fu soprattutto anche una vittoria della pace. E bisogna aggiungere che in questo contesto si trattava non solamente, e forse neppure primariamente, della libertà di credere, ma anche di essa. Per questo possiamo collegare tutto ciò in qualche modo anche con la preghiera per la pace.

    Ma che cosa è avvenuto in seguito? Purtroppo non possiamo dire che da allora la situazione sia caratterizzata da libertà e pace. Anche se la minaccia della grande guerra non è in vista, tuttavia il mondo, purtroppo, è pieno di discordia. Non è soltanto il fatto che qua e là ripetutamente si combattono guerre – la violenza come tale è potenzialmente sempre presente e caratterizza la condizione del nostro mondo. La libertà è un grande bene. Ma il mondo della libertà si è rivelato in gran parte senza orientamento, e da non pochi la libertà viene fraintesa anche come libertà per la violenza. La discordia assume nuovi e spaventosi volti e la lotta per la pace deve stimolare in modo nuovo tutti noi.

    Cerchiamo di identificare un po’ più da vicino i nuovi volti della violenza e della discordia. A grandi linee – a mio parere – si possono individuare due differenti tipologie di nuove forme di violenza che sono diametralmente opposte nella loro motivazione e manifestano poi nei particolari molte varianti. Anzitutto c’è il terrorismo, nel quale, al posto di una grande guerra, vi sono attacchi ben mirati che devono colpire in punti importanti l’avversario in modo distruttivo, senza alcun riguardo per le vite umane innocenti che con ciò vengono crudelmente uccise o ferite.

    Agli occhi dei responsabili, la grande causa del danneggiamento del nemico giustifica ogni forma di crudeltà. Viene messo fuori gioco tutto ciò che nel diritto internazionale era comunemente riconosciuto e sanzionato come limite alla violenza. Sappiamo che spesso il terrorismo è motivato religiosamente e che proprio il carattere religioso degli attacchi serve come giustificazione per la crudeltà spietata, che crede di poter accantonare le regole del diritto a motivo del "bene" perseguito. La religione qui non è a servizio della pace, ma della giustificazione della violenza.

    La critica della religione, a partire dall’illuminismo, ha ripetutamente sostenuto che la religione fosse causa di violenza e con ciò ha fomentato l’ostilità contro le religioni. Che qui la religione motivi di fatto la violenza è cosa che, in quanto persone religiose, ci deve preoccupare profondamente. In un modo più sottile, ma sempre crudele, vediamo la religione come causa di violenza anche là dove la violenza viene esercitata da difensori di una religione contro gli altri. I rappresentanti delle religioni convenuti nel 1986 ad Assisi intendevano dire – e noi lo ripetiamo con forza e grande fermezza: questa non è la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione.

    Contro ciò si obietta: ma da dove sapete quale sia la vera natura della religione? La vostra pretesa non deriva forse dal fatto che tra voi la forza della religione si è spenta? Ed altri obietteranno: ma esiste veramente una natura comune della religione, che si esprime in tutte le religioni ed è pertanto valida per tutte? Queste domande le dobbiamo affrontare se vogliamo contrastare in modo realistico e credibile il ricorso alla violenza per motivi religiosi. Qui si colloca un compito fondamentale del dialogo interreligioso – un compito che da questo incontro deve essere nuovamente sottolineato.

    Come cristiano, vorrei dire a questo punto: sì, nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura. Il Dio in cui noi cristiani crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia. La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è "Dio dell’amore e della pace" (2 Cor 13,11).

    È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificare continuamente la religione dei cristiani a partire dal suo centro interiore, affinché – nonostante la debolezza dell’uomo – sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo.

    Se una tipologia fondamentale di violenza viene oggi motivata religiosamente, ponendo con ciò le religioni di fronte alla questione circa la loro natura e costringendo tutti noi ad una purificazione, una seconda tipologia di violenza dall’aspetto multiforme ha una motivazione esattamente opposta: è la conseguenza dell’assenza di Dio, della sua negazione e della perdita di umanità che va di pari passo con ciò. I nemici della religione – come abbiamo detto – vedono in questa una fonte primaria di violenza nella storia dell’umanità e pretendono quindi la scomparsa della religione. Ma il "no" a Dio ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé, ma prendeva come norma soltanto se stesso. Gli orrori dei campi di concentramento mostrano in tutta chiarezza le conseguenze dell’assenza di Dio.

    Qui non vorrei però soffermarmi sull’ateismo prescritto dallo Stato; vorrei piuttosto parlare della "decadenza" dell’uomo, in conseguenza della quale si realizza in modo silenzioso, e quindi più pericoloso, un cambiamento del clima spirituale. L’adorazione di mammona, dell’avere e del potere, si rivela una contro-religione, in cui non conta più l’uomo, ma solo il vantaggio personale. Il desiderio di felicità degenera, ad esempio, in una brama sfrenata e disumana quale si manifesta nel dominio della droga con le sue diverse forme. Vi sono i grandi, che con essa fanno i loro affari, e poi i tanti che da essa vengono sedotti e rovinati sia nel corpo che nell’animo. La violenza diventa una cosa normale e minaccia di distruggere in alcune parti del mondo la nostra gioventù. Poiché la violenza diventa cosa normale, la pace è distrutta e in questa mancanza di pace l’uomo distrugge se stesso.

    L’assenza di Dio porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo. Ma dov’è Dio? Lo conosciamo e possiamo mostrarLo nuovamente all’umanità per fondare una vera pace? Riassumiamo anzitutto brevemente le nostre riflessioni fatte finora. Ho detto che esiste una concezione e un uso della religione attraverso il quale essa diventa fonte di violenza, mentre l’orientamento dell’uomo verso Dio, vissuto rettamente, è una forza di pace. In tale contesto ho rimandato alla necessità del dialogo, e parlato della purificazione, sempre necessaria, della religione vissuta. Dall’altra parte, ho affermato che la negazione di Dio corrompe l’uomo, lo priva di misure e lo conduce alla violenza.

    Accanto alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio. Persone del genere non affermano semplicemente: "Non esiste alcun Dio".

    Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui. Sono "pellegrini della verità, pellegrini della pace". Pongono domande sia all’una che all’altra parte. Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri.

    Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta. Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo per i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile. Per questo ho appositamente invitato rappresentanti di questo terzo gruppo al nostro incontro ad Assisi, che non raduna solamente rappresentanti di istituzioni religiose.

    Si tratta piuttosto del ritrovarsi insieme in questo essere in cammino verso la verità, dell’impegno deciso per la dignità dell’uomo e del farsi carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto. In conclusione, vorrei assicurarvi che la Chiesa cattolica non desisterà dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo. Siamo animati dal comune desiderio di essere "pellegrini della verità, pellegrini della pace".
































    Caterina63
    00giovedì 27 ottobre 2011 21:10

    Per una caratterizzante "terza via" anche nella lettura di "Assisi III"

    David, Pio VII "assiste" all'incoronazione di Napoleone


    "Assisi III" è ormai alle porte. Ne parlammo già il 13 aprile, al punto 4 dell'articolo "La necessità teologica ed ecclesiale di una “terza via”: né vortice “scismatico” né conformismo “allineato” (prima parte)". In tal sede abbiamo espresso la posizione di questo «libero sito», il cui direttore «appartiene all'Istituto del Buon Pastore»; e che vede la collaborazione anche di fedeli laici che all’Istituto guardano con interesse.


    Dicemmo:


    a -  Che siamo «fortemente avversi agli incontri interreligiosi, posizione pubblica e nota sia al Santo Padre che alla Chiesa in generale».


    b -   Che, più ampiamente, «quando l’Osservatore Romano ha scritto, con firma di Renzo Gattegna, che la Chiesa Cattolica deve rinunciare a convertire gli ebrei, la nostra rivista ha sottoscritto una pubblica denuncia presentata alla Congregazione per la Dottrina della Fede, già nel dicembre 2010 (un mese prima dell’annuncio d’Assisi III) e ha in seguito pubblicato un articolo in merito».


    c -   Che «il motivo di un tale incontro», più che meramente teologico, poteva essere «legato, più di quanto si creda, all’attuale equilibrio internazionale o ad equilibri interni al mondo ecclesiastico». Tant’è che al punto 3 non a caso avevamo parlato di «atti non infallibili che l’autorità fa o subisce, propone o sembra proporre».


    d - Che, da osservatori, vedevamo una contraddizione in taluni che affermavano contemporaneamente  «l’indicibile gravità dell’incontro Assisi III» (sicché noi saremmo stati, a loro giudizio, troppo moderati a riguardo) e il successo dei «colloqui teologici Econe-Roma» ( colloqui che, a detta loro, dovevano correggere i principi della crisi e convertire Roma): «in effetti, vista l’impostazione “dottrinale” che si è voluto dare a tali incontri, se vanno bene allora vorrà dire che di fatto l’attuale ecumenismo non pone problemi agli interlocutori».


    e -   Che «conoscendo il pensiero dell’allora card. Ratzinger e le sue passate affermazioni sull’impatto disastroso di questi avvenimenti» - il che già all’epoca ci lasciava presagire che ci fosse qualcosa di strano in tale convocazione - ritenevamo di diversificarci dai «rapidissimi commenti» (talvolta addirittura «epiteti») nei confronti del Santo Padre, comparsi su alcuni «siti d’area tradizionale». Preferimmo in coscienza dire intanto quanto sopra riportato, e «aspett[are] gli eventi per conoscere a fondo quale sia, nella “mens” del Papa, il motivo di un tale incontro» e poterne perciò dire di più.



    Come allora promesso, torniamo sulla materia; e lo facciamo adesso appunto perché ora abbiamo un ulteriore elemento, di grande importanza, per la comprensione di tale avvenimento. Infatti in questi giorni è stato diffuso (casualmente?) un testo, scritto di pugno dal Santo Padre in risposta alle preoccupazioni sull’incontro espresseGli da un vecchio amico, il pastore luterano Peter Beyerhaus (alle volte si trova l’audacia dove meno si crederebbe…). Esaminiamo dunque con attenzione la risposta, chiaramente privata ma altresì disvelatrice, di Benedetto XVI:


    «Comprendo molto bene la sua preoccupazione rispetto alla mia partecipazione all’incontro di Assisi. Però questa commemorazione deve essere celebrata in ogni caso e, dopo tutto, mi sembrava che la cosa migliore fosse andarvi personalmente per poter cercare in tal modo di determinare la direzione del tutto. Tuttavia farò di tutto affinché sia impossibile una interpretazione sincretista dell’evento ed affinché ciò resti ben fermo, che sempre crederò e confesserò quello che avevo richiamato all’attenzione della Chiesa con l’enciclica Dominus Iesus»[1].



    È un brano impressionante. Ne emerge con chiarezza che ciò che solitamente si dà per scontato, ovvero che il Papa determini la direzione delle cose nella Chiesa, in realtà non lo è affatto: il Papa ritiene di poter soltanto «cercare in questa maniera di determinare la direzione del tutto». Infatti «questa commemorazione deve essere celebrata in ogni caso». Perché ?  Il Papa non lo specifica, ma si faccia attenzione al concatenamento del discorso: prima non smentisce affatto l’atteggiamento preoccupato dell’interlocutore, dando anzi l’idea di condividerlo; poi dipinge l’atto in questione come inevitabile anche se Lui non vi fosse andato, ovvero indipendente dalla Sua presenza, e in dipendenza da ciò è il suo andarvi personalmente per cercare di ridurre i pericoli. Dunque un atto, più che voluto, subìto. È l’interpretazione che emerge, in sede confidenziale ma per iscritto, da Benedetto XVI in persona.


    Ed è un’interpretazione da cui esce contraddetta ogni lettura ideologica dell’avvenimento, su entrambi i fronti.


    Infatti, contrariamente a certi commenti temerari di esponenti dell’ “ala dura” del mondo tradizionalista,  il motivo non ne risulta ascrivibile a fattori prevalentemente teologici, ad una cieca volontà ecumenista del Pontefice regnante, ma ai condizionamenti in cui Egli si ritrova.


    Ma contraddetta ne esce anche l’attitudine, parimenti astratta, di certo mondo tradizionale che però vorrebbe mostrarsi allineato anche ad atti del genere; ad esempio volendo assolutamente applicare l’ermeneutica della continuità anche ad Assisi III, e per questa via dandone una valutazione sostanzialmente positiva (se non quasi di lode). Infatti è chiaro – anche dal suo libro con l’allora presidente del Senato italiano Marcello Pera – che Joseph Ratzinger è orientato a sostituire, dolcemente e diplomaticamente, il dialogo propriamente interreligioso con il dialogo sostanzialmente interculturale: ma con un po’ di senso della realtà è altrettanto chiaro che tali incontri di fatto si prestano a gravi pericoli. L’intento correttivo di Assisi I è un aspetto reale della questione;  ma reale è pure il fatto che ufficialmente Assisi III è presentato come atto celebrativo d’Assisi I. Naturalmente resta da vedere cosa di preciso verrà detto e fatto ad Assisi, ma da vescovi e sacerdoti abbiamo già udito discorsi fuori dalle rotte dell’ortodossia che han preso lo spunto dall’evento annunziato.



    Rileggiamo il brano di S.S. Benedetto XVI, ragionandoci, e vedremo che quel che ne emerge non è la valutazione di un bene, ma piuttosto di un danno che, ritenendo di non poter fare altro, si cerca di ridurre. Un servile “tradizionalismo” ultra-ratzingeriano (timoroso o complessato), che invece di limitarsi a giuste spiegazioni si sentisse obbligato addirittura a condividere ed approvare Assisi III, sebbene non si tratti neppure di atto magisteriale o di legge della Chiesa, si ritroverebbe “a sinistra” non soltanto di mons. Gherardini e delle sue riserve sull’abuso della nozione d’ “ermeneutica della continuità”, ma si ritroverebbe anche a sinistra di Papa Ratzinger. Renderebbe con ciò un buon servizio al Santo Padre, pur trovandosi in condizioni di maggior libertà? Quale ragion d’essere gli resterebbe?




    Don Stefano Carusi


    [1] Il testo è stato reso noto - con l'autorizzazione di Peter Beyerhaus - nel corso di una conferenza tenuta dal dott. Lorenzo Bertocchi al Convegno realizzato a Roma lo scorso 1 ottobre "Pellegrini della Verità verso Assisi. Un approfondimento sui passi di Benedetto XVI", Atti in corso di pubblicazione (ed. Fede e Cultura). http://verumperegrinantes.blogspot.com/2011/10/interessante-dibattito-con-un-inedito_02.html#more
    Caterina63
    00venerdì 28 ottobre 2011 11:36

    Assisi 2011, istruzioni per l'uso

    Da La Bussola:


    del

    27-10-2011

    Presentiamo la prolusione svolta dal cardinale Raymond Leo Burke al Convegno Pellegrini della Verità verso Assisi, svoltosi lo scorso 1 ottobre a Roma. Gli atti del Convegno sono stati raccolti nel volume Le religioni ad Assisi. Nessuna rinuncia alla verità, in uscita nei prossimi giorni per i tipi della veronese Fede e Cultura e ordinabile qui.

    card. Raymond L. Burke




    Il fine che ha mosso il nostro incontro è quello di far emergere anzitutto la grande sfida che oggi interpella il cristianesimo nel confronto con le altre religioni, in una cultura pluralista e in una società fortemente secolarizzata, sorda al sacro, intollerante nei suoi confronti e allo stesso tempo così avida di superare ogni diversità, passando a fianco della verità su Dio e sull’uomo. Si combatte la religione, la si vuole escludere dall’areopago politico-culturale, relegandola nell’ambito della mera soggettività e del sentimento, ma si vuole anche tentare una certa omologazione religiosa, tacendo le diversità e inverandole in un nome di un dio dal volto policromo, un dio con tanti volti quanti sono gli uomini religiosi, quante sono le loro religioni.


    Il relativismo, mentre tenta di accomunare ogni manifestazione del sacro in una subdola tolleranza religiosa, pretende anche di superare il fenomeno del sacro, allontanando l’uomo dalla verità e quindi dal problema della religio vera. Si tratta perciò di una vera sfida, come più volte denunciato dal Romano Pontefice, Papa Benedetto XVI: il relativismo è una perniciosa malattia del nostro Occidente secolarizzato, apparentemente benevolo e tollerante verso tutti, ma dal cuore insofferente nei confronti di Dio, della verità della persona umana, della coscienza come sacrario dell’uomo.


    Penso, per esempio, al Discorso del Santo Padre nell’incontro con le autorità civili durante il Viaggio Apostolico nel Regno Unito, il 17 settembre 2010, nella Westminister Hall. Riferendosi a questo discorso nell’Allocuzione al Collegio dei Cardinali, la Curia Romana e il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, nel tempo di Natale, il 20 dicembre 2010, il Santo Padre ha dichiarato: «Mi piacerebbe parlare dettagliatamente dell’indimenticabile viaggio nel Regno Unito, voglio però limitarmi a due punti che sono correlati con il tema della responsabilità dei cristiani in questo tempo e con il compito della Chiesa di annunciare il Vangelo. Il pensiero va innanzitutto all’incontro con il mondo della cultura nella Westminster Hall, un incontro in cui la consapevolezza della responsabilità comune in questo momento storico creò una grande attenzione, che, in ultima analisi, si rivolse alla questione circa la verità e la stessa fede. Che in questo dibattito la Chiesa debba recare il proprio contributo, era evidente per tutti. Alexis de Tocqueville, a suo tempo, aveva osservato che in America la democrazia era diventata possibile e aveva funzionato, perché esisteva un consenso morale di base che, andando al di là delle singole denominazioni, univa tutti. Solo se esiste un tale consenso sull’essenziale, le costituzioni e il diritto possono funzionare. Questo consenso di fondo proveniente dal patrimonio cristiano è in pericolo là dove al suo posto, al posto della ragione morale, subentra la mera razionalità finalistica di cui ho parlato poco fa. Questo è in realtà un accecamento della ragione per ciò che è essenziale. Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l’essenziale, di vedere Dio e l’uomo, ciò che è buono e ciò che è vero, è l’interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà. È in gioco il futuro del mondo».


    Il vero senso del pellegrinaggio ad Assisi è la ricerca della verità che è Cristo, che ci libererà dalla schiavitù del relativismo, permettendoci di capire sempre più chiaramente la vera natura dell’uomo e l’inviolabilità della coscienza umana.


    L’incontro di oggi cerca di lumeggiare i presupposti indispensabili per intendere in modo corretto il prossimo incontro interreligioso di Assisi, presupposti, del resto, già evidenziati dall’allora Card. Joseph Ratzinger, e ora tenuti in gran conto nel raduno che si approssima. Il Santo Padre ha voluto sottolineare il concetto di “pellegrinaggio” verso la Verità: non uno stare insieme per pregare insieme, in modo disparato, col rischio di confondere la fede rivelata soprannaturale, con le “credenze religiose” umane e naturali, ma un camminare insieme verso l’unica Verità. Anche il cristiano cammina, non però solo allo scopo di “cercare la verità”, ma per lasciarsi da essa interamente possedere, certo che la verità non è una somma matematica o un sistema più o meno razionale, ma una Persona, il Signore Gesù Cristo. Camminiamo verso la verità, andando incontro a Cristo e lasciando che Cristo incontri ogni uomo di buona volontà. Camminiamo verso di Lui perché Cristo è per primo venuto verso di noi.


    Il Santo Padre ha voluto dare al prossimo raduno di Assisi anche un volto diverso: non si tratta tanto di un incontro interreligioso quanto di un dialogo interculturale sui passi della razionalità, bene prezioso dell’uomo in quanto tale. L’incontro vedrà, infatti, la partecipazione anche di persone non credenti, ma che avvertono nell’istanza religiosa un bene umano positivo e arricchente la società stessa. Sono persone che vedono con la ragione la necessità del bene razionale e naturale per l’uomo, ma non sono ancora giunte al traguardo religioso. Il camminare verso la Basilica di San Francesco, del Santo di Assisi, sarà poi un camminare silenzioso: nel silenzio infatti Dio parla all’uomo.


    Del resto, però, non sono pochi i rischi che un tale incontro può sollevare, quanto alla comunicazione massmediatica dell’evento, di cui, come è chiaro, il Pontefice è ben cosciente. I mezzi della diffusione mass-mediale diranno, anche se solo con le immagini, che tutte le religioni si sono ritrovate insieme per chiedere a Dio la pace. Un cristiano poco formato nella sua fede, facilmente potrà trarne la conclusione gravemente erronea che una religione valga l’altra e che Gesù Cristo sia uno dei tanti mediatori di salvezza. Oltretutto, si tratta di modi di pensare non tanto isolati e causati dall’ignoranza del cristiano mancante di una buona catechesi, ma purtroppo, da diversi anni, propalati come nuove teologie del pluralismo religioso.


    Per questa ragione il nostro incontro vuole sottolineare, facendo eco al Magistero recente, particolarmente articolato nella Dichiarazione Dominus Iesus della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 6 agosto 2000, la dottrina cattolica circa il dialogo interreligioso. Ahimè, il pluralismo religioso è finito con l’essere inteso, anche nella Chiesa, non solo tale di fatto ma purtroppo anche di principio. La Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 24 gennaio 2001, con la quale si riprovavano le aperture sincretistiche del Padre Jacques Dupuis, contenute nel suo libro, Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, in effetti sintetizza i principali errori in questa materia, facendo riferimento in particolare all’insegnamento del Magistero presentato nella Dichiarazione Dominus Iesus.


    Vorrei riportare questi errori principali in modo schematico, per renderci conto della grande posta in gioco quando si affronta il tema del dialogo interreligioso:


    I. A PROPOSITO DELLA MEDIAZIONE SALVIFICA UNICA E UNIVERSALE DI GESÙ CRISTO


    1. Deve essere fermamente creduto che Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, è l’unico e universale mediatore della salvezza di tutta l’umanità.


    2. Deve essere pure fermamente creduto che Gesù di Nazareth, Figlio di Maria e unico Salvatore del mondo, è il Figlio e il Verbo del Padre. Per l’unità del piano divino di salvezza incentrato in Gesù Cristo, va inoltre ritenuto che l’azione salvifica del Verbo sia attuata in e per Gesù Cristo, Figlio incarnato del Padre, quale mediatore della salvezza di tutta l’umanità. È quindi contrario alla fede cattolica non soltanto affermare una separazione tra il Verbo e Gesù o una separazione tra l’azione salvifica del Verbo e quella di Gesù, ma anche sostenere la tesi di un’azione salvifica del Verbo come tale nella sua divinità, indipendente dall’umanità del Verbo incarnato.



    II. A PROPOSITO DELL’UNICITÀ E PIENEZZA DELLA RIVELAZIONE DI GESÙ CRISTO


    3. Deve essere fermamente creduto che Gesù Cristo è il mediatore, il compimento e la pienezza della rivelazione. È quindi contrario alla fede della Chiesa sostenere che la rivelazione di/in Gesù Cristo sia limitata, incompleta e imperfetta. Inoltre, benché la piena conoscenza della rivelazione divina si avrà soltanto nel giorno della venuta gloriosa del Signore, tuttavia la rivelazione storica di Gesù Cristo offre tutto ciò che è necessario per la salvezza dell’uomo e non ha bisogno di essere completata da altre religioni.


    4. È conforme alla dottrina cattolica affermare che i semi di verità e di bontà che esistono nelle altre religioni sono una certa partecipazione alle verità contenute nella rivelazione di/in Gesù Cristo. È invece opinione erronea ritenere che tali elementi di verità e di bontà, o alcuni di essi, non derivino ultimamente dalla mediazione fontale di Gesù Cristo.


    III. A PROPOSITO DELL’AZIONE SALVIFICA UNIVERSALE DELLO SPIRITO SANTO


    5. La fede della Chiesa insegna che lo Spirito Santo operante dopo la risurrezione di Gesù Cristo è sempre lo Spirito di Cristo inviato dal Padre, che opera in modo salvifico sia nei cristiani sia nei non cristiani. È quindi contrario alla fede cattolica ritenere che l’azione salvifica dello Spirito Santo si possa estendere oltre l’unica economia salvifica universale del Verbo incarnato.


    IV. A PROPOSITO DELL’ORDINAZIONE DI TUTTI GLI UOMINI ALLA CHIESA


    6. Deve essere fermamente creduto che la Chiesa è segno e strumento di salvezza per tutti gli uomini. È contrario alla fede cattolica considerare le varie religioni del mondo come vie complementari alla Chiesa in ordine alla salvezza.


    7. Secondo la dottrina cattolica anche i seguaci delle altre religioni sono ordinati alla Chiesa e sono tutti chiamati a far parte di essa.


    V. A PROPOSITO DEL VALORE E DELLA FUNZIONE SALVIFICA DELLE TRADIZIONI RELIGIOSE


    8. Secondo la dottrina cattolica si deve ritenere che «quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica». È dunque legittimo sostenere che lo Spirito Santo opera la salvezza nei non cristiani anche mediante quegli elementi di verità e di bontà presenti nelle varie religioni; ma non ha alcun fondamento nella teologia cattolica ritenere queste religioni, considerate come tali, vie di salvezza, anche perché in esse sono presenti lacune, insufficienze ed errori, che riguardano le verità fondamentali su Dio, l’uomo e il mondo.


    Inoltre, il fatto che gli elementi di verità e di bontà presenti nelle varie religioni possano preparare i popoli e le culture ad accogliere l’evento salvifico di Gesù Cristo, non comporta che i testi sacri delle altre religioni possano considerarsi complementari all’Antico Testamento, che è la preparazione immediata allo stesso evento di Cristo».


    Questa notificazione e la stessa Dichiarazione Dominus Iesus, furono davvero provvidenziali. Infatti, molti – i fautori della discontinuità – ritenevano che col Vaticano II la Chiesa dovesse abbandonare il suo insegnamento assertivo e censorio, per limitarsi ad una descrizione dei dati di fede di tipo pastorale, lasciando così pullulare gli errori. Invece, il Magistero funge da guida per i fedeli, indicando loro la verità rivelata da custodire fedelmente e mettendoli in guardia dagli errori dottrinali e morali.


    L’incontro con i capi delle altre religioni, pertanto, non vuole minimamente offuscare, nel Magistero e nella coscienza dei fedeli, il dovere che ha la Chiesa di annunciare a tutti la salvezza in Gesù Cristo per mezzo della Chiesa. La Chiesa non potrà mai esimersi dal dovere di far seguire al dialogo l’annuncio del Vangelo.


    Dominus Iesus, citando il Catechismo della Chiesa Cattolica, ha ribadito ciò con fermezza: «“Dio ‘vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità”’(1Tm 2,4): vuole la salvezza di tutti attraverso la conoscenza della verità. La salvezza si trova nella verità. Coloro che obbediscono alla mozione dello Spirito di verità sono già sul cammino della salvezza; ma la Chiesa, alla quale questa verità è stata affidata, deve andare incontro al loro desiderio offrendola loro. Proprio perché crede al disegno universale di salvezza, la Chiesa deve essere missionaria”. Il dialogo perciò, pur facendo parte della missione evangelizzatrice, è solo una delle azioni della Chiesa nella sua missione ad gentes. La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni. La Chiesa infatti, guidata dalla carità e dal rispetto della libertà, dev’essere impegnata primariamente ad annunciare a tutti gli uomini la verità, definitivamente rivelata dal Signore, ed a proclamare la necessità della conversione a Gesù Cristo e dell’adesione alla Chiesa attraverso il Battesimo e gli altri sacramenti, per partecipare in modo pieno alla comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. D’altronde la certezza della volontà salvifica universale di Dio non allenta, ma aumenta il dovere e l’urgenza dell’annuncio della salvezza e della conversione al Signore Gesù Cristo».


    In conclusione, potremmo interpretare l’animo di Papa Benedetto XVI, il quale ha voluto l’incontro di Assisi, alla luce di una sua omelia, pronunciata in S. Pietro, nella Solennità dell’Epifania 2007. Diceva in modo accorato il Pontefice: «Mi riferisco alle guide spirituali delle grandi religioni non cristiane. A distanza di duemila anni, possiamo dunque riconoscere nelle figure dei Magi una sorta di prefigurazione di queste tre dimensioni costitutive dell’umanesimo moderno: la dimensione politica, quella scientifica e quella religiosa. L’Epifania ce lo mostra in stato di "pellegrinaggio", cioè in un movimento di ricerca, spesso un po’ confusa, che, in definitiva, ha il suo punto d’arrivo in Cristo, anche se qualche volta la stella si nasconde. Al tempo stesso ci mostra Dio che a sua volta è in pellegrinaggio verso l’uomo.Non c’è solo il pellegrinaggio dell’uomo verso Dio; Dio stesso si è messo in cammino verso di noi: chi è infatti Gesù, se non Dio uscito, per così dire, da se stesso per venire incontro all’umanità? […] Ai capi dei popoli, ai ricercatori e agli scienziati, oggi più che mai, è necessario affiancare i rappresentanti delle grandi tradizioni religiose non cristiane, invitandoli a confrontarsi con la luce di Cristo, che è venuto non ad abolire, ma a portare a compimento quanto la mano di Dio ha scritto nella storia religiosa delle civiltà, specialmente nelle "grandi anime", che hanno contribuito a edificare l’umanità con la loro sapienza e i loro esempi di virtù. Cristo è luce, e la luce non può oscurare, ma solo illuminare, rischiarare, rivelare. Nessuno pertanto abbia paura di Cristo e del suo messaggio!».


    Preghiamo perché per il prossimo incontro del Santo Padre con i capi delle altre religioni e i non-credenti ad Assisi sia un vero pellegrinaggio verso Cristo, pienezza della rivelazione di Dio a noi. Certamente, Egli ci sarà per venire incontro a tutti quanti faranno il pellegrinaggio ad Assisi per cercarlo.

    [SM=g1740722]

    suggeriamo anche l'approfondimento interessante di don Alfredo Morselli, cliccate qui


    Le osservazioni del prof. de Mattei sull'incontro di Assisi

    Proseguiamo il discorso 'a consuntivo' sull'incontro interreligioso di Assisi, con questo intervento del prof. de Mattei che ringraziamo per l'analitico contributo.
    Enrico


    Dopo Assisi 3. Alcune riflessioni

    di Roberto de MATTEI


    Come firmatario di un appello a Sua Santità Benedetto XVI affinché recedesse dalla decisione di celebrare il venticinquennale del primo raduno interreligioso di Assisi, a riunione avvenuta, non posso non esprimere alcune riflessioni su di essa.

    Quale che sia il giudizio che si voglia dare sul terzo incontro di Assisi, va sottolineato che esso ha certamente rappresentato una oggettiva correzione di rotta rispetto alle due riunioni precedenti, soprattutto riguardo al pericolo di sincretismo. Va letto, a questo proposito, con attenzione, il discorso del Cardinale Raymond Leo Burke al Convegno Pellegrini della Verità verso Assisi, svoltosi lo scorso 1 ottobre a Roma, che offre una attendibile chiave di interpretazione dell’evento.

    Nella "giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo" che si è svolta il 27 ottobre, non vi è stato alcun momento di preghiera da parte dei presenti, né in comune né in parallelo, come invece era accaduto nel 1986 con i vari gruppi religiosi riuniti in vari luoghi della città di san Francesco. E' noto del resto che l'allora cardinale Ratzinger evitò di partecipare all'incontro e la sua assenza fu interpretata come una presa di distanza dagli equivoci che l'iniziativa era destinata a produrre.

    Benedetto XVI ha voluto dare al raduno del 27 ottobre un volto diverso dagli incontri precedenti: non tanto quello, ha spiegato il cardinale Burke, “di un incontro interreligioso quanto di un dialogo interculturale sui passi della razionalità, bene prezioso dell’uomo in quanto tale”. Due testi ci aiutano a capire il pensiero di Benedetto XVI in materia di “dialogo”: il primo è la lettera inviata al filosofo Marcello Pera, già presidente del Senato, in occasione dell'uscita del suo libro Perché dobbiamo dirci cristiani (Mondadori, Milano 2008), in cui Benedetto XVI scriveva che “un dialogo interreligioso nel senso stretto della parole non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali delle decisioni religiose di fondo. Qui il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari”.

    Il secondo documento è anch'esso una lettera, indirizzata il 4 marzo 2011 al pastore luterano tedesco Peter Beyerhaus, che gli aveva manifestato timore per la nuova convocazione della giornata di Assisi. Benedetto XVI gli scrive: “Comprendo molto bene la sua preoccupazione rispetto alla partecipazione all’incontro di Assisi. Però questa commemorazione doveva essere festeggiata in ogni modo e, dopo tutto, mi sembrava la cosa migliore andarvi personalmente, per poter provare in tal modo a determinare la direzione del tutto. Tuttavia farò di tutto affinché sia impossibile un'interpretazione sincretista o relativista dell’evento, e affinché resti fermo che sempre crederò e confesserò ciò che avevo richiamato all’attenzione della Chiesa con la Dominus Iesus”.

    L’interpretazione sincretistica o relativista dell’evento effettivamente non c’è stata, o è stata attenuata, e i mass-media hanno dedicato, anche per questo, ben poco spazio all’evento.

    Un altro aspetto di Assisi 3 suscita però delle perplessità che non possono essere sottaciute. Il dialogo interculturale si può intrecciare con credenti di altre religioni non su base teologica, ma su quella razionale della legge naturale. La legge naturale non è altro che il Decalogo, compendio dei due precetti della carità, amore di Dio e amore del prossimo, espressi nelle due tavole consegnate a Mosé dal Signore stesso. E' possibile che, malgrado le false religioni che professano, vi siano credenti di altre religioni che cerchino di rispettare quella legge naturale che è universale e immutabile, perché comune ad ogni essere umano (cosa peraltro molto difficile senza l'aiuto della Grazia). La legge naturale può costituire un “ponte” per portare questi “infedeli” alla pienezza della verità, anche soprannaturale. Molto più problematico è invece il dialogo con coloro che non credono in nessuna religione, ovvero con gli atei convinti.

    La legge naturale non consta infatti di sette comandamenti che regolano la vita tra gli uomini, ma di un insieme di dieci comandamenti, dei quali i primi tre impongono di rendere culto a Dio. La verità espressa dal Decalogo è che l’uomo deve amare Dio al di sopra di tutte le creature e amare queste secondo l’ordine da lui stabilito. L'ateo rifiuta questa verità ed è privo di quella possibilità di salvarsi che è offerta, sia pure in via eccezionale, ai credenti di altre religioni. E se è possibile l’ignoranza incolpevole della vera religione cattolica, non è possibile l’ignoranza incolpevole del Decalogo, perché la sua legge è scritta “sulle tavole del cuore umano col dito stesso del Creatore” (Rm. 2, 14-15). Esiste certo la possibilità di una ricerca o "pellegrinaggio" verso la verità anche da parte dei non credenti. Ciò avviene quando il rispetto della seconda tavola della legge (l’amore del prossimo) spinge progressivamente a cercarne il fondamento nella prima tavola (l’amore di Dio). E' la posizione dei cosiddetti "atei devoti", come Marcello Pera e Giuliano Ferrara i quali, come ha giustamente osservato Francesco Agnoli (Io cattolico pacelliano, dico al card. Ravasi che ad Assisi ha sbagliato atei, “Il Foglio”, 29 ottobre 2011) , “un bel po’ di strada insieme ai credenti la hanno fatta e la fanno di continuo, con l’uso della ragione”. Essi, oggi, nei confronti di alcuni precetti del decalogo si mostrano più fermi e osservanti di molti cattolici. Ma gli atei convocati ad Assisi non hanno nulla di "devoto": appartengono a quella categoria di non-credenti che ha in spregio non solo i primi tre comandamenti, ma tutta la tavola del Decalogo.

    E' una posizione che la filosofa e psicanalista Julia Kristeva ha ribadito sul "Corriere della Sera" - che ha ospitato, in extenso, il suo intervento ad Assisi (Un nuovo umanesimo in dieci principi, “Corriere della Sera”, 28 ottobre 2011). A differenza di altri studiosi laici, che riscoprono il fondamento metafisico della legge naturale, la Kristeva ha rivendicato, una linea di pensiero che dal Rinascimento arriva all'Illuminismo di Diderot, Voltaire e Rousseau, compreso il marchese de Sade, Nietzsche e Sigmund Freud, ovvero quell'itinerario che, come hanno dimostrato insigni studiosi dell'ateismo da Cornelio Fabro (Introduzione all’ateismo moderno, Studium, Roma 1969) ad Augusto Del Noce (Il problema dell’ateismo, Il Mulino, Bologna 2010), porta proprio a quel nichilismo, che la psicanalista francese, senza negare la propria visione atea e permissiva della società, vorrebbe contrastare in nome di una collaborativa "complicità" tra umanesimo cristiano e umanesimo secolarizzato. L’esito di questa pacifica coesistenza tra il principio ateo di immanenza e un vago richiamo alla religiosità cristiana non può essere che il panteismo, caro a tutti i modernisti, antichi e contemporanei.

    Il punto in cui Assisi 3 rischia di segnare un pericoloso passo avanti nella confusione che oggi attanaglia la Chiesa è proprio questo, enfatizzato da tutti i mass-media: l'estensione dell'invito, oltre che a esponenti delle religioni di tutto il mondo, anche ad atei ed agnostici, scelti tra i più lontani dalla metafisica cristiana. Ci chiediamo quale dialogo sia possibile con questi "non credenti" che negano in radice la legge naturale. La distinzione tra atei “combattivi” e atei “collaborativi” rischia di ignorare la vis aggressiva insita nell’ateismo implicito, non espresso in maniera militante ma proprio per questo più pericoloso. Gli atei dell’UAAR hanno almeno qualcosa da insegnare ai cattolici: professano i loro errori con uno spirito di militanza a cui i cattolici hanno abdicato nel difendere le loro verità. Ciò accade, ad esempio, quando da parte cattolica si criticano le crociate, che non furono una deviazione della fede, ma imprese ufficialmente promosse dai Papi, esaltate dai santi, fondate sulla teologia e regolate, per secoli, dal diritto canonico. Se allora la Chiesa sbagliò, non potrebbe sbagliare chi oggi predica il buonismo e l'arrendismo di fronte ai nemici, esterni e interni, che incalzano? E se la Chiesa, come sappiamo, non sbaglia nel suo insegnamento, quale deve essere la regola di fede ultima del cattolico in momenti di confusione come l’attuale? Sono domande che ogni semplice fedele ha il diritto di porre, rispettosamente, alle autorità supreme della Chiesa, all'indomani del 27 ottobre 2011.



    Caterina63
    00venerdì 4 novembre 2011 21:01

    Africa. Quella religione che immola i bambini



    Da Sandro Magister:

    ROMA, 3 novembre 2011 – Il primo personaggio a destra nella foto, accanto al papa, al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e al rabbino David Rosen, è il professor Wande Abimbola, nigeriano.



    Ad Assisi, al "pellegrinaggio" promosso da Benedetto XVI lo scorso 27 ottobre, Abimbola ha preso la parola "a nome dei capi e dei seguaci delle religioni indigene d'Africa". Lui stesso è sacerdote e rappresentante mondiale della religione Ifa e Yoruba, diffusa in larga parte dell'Africa subsahariana e arrivata anche nelle Americhe sulla rotta delle migrazioni.


    Parlando ad Assisi, Abimbola ha chiesto che "alle religioni indigene africane venga dato lo stesso rispetto e considerazione delle altre religioni".


    E Benedetto XVI – che quando scrive i discorsi di suo pugno, come in questo caso, non è mai politicamente corretto – l'ha preso in parola.


    Nel discorso tenuto poco dopo ai trecento esponenti religiosi e "cercatori della verità", il papa ha espresso considerazioni critiche su tutte le religioni, comprese le religioni tradizionali africane. Le ha accomunate in una storia fatta anche di "ricorso alla violenza in nome della fede": una storia, quindi, bisognosa per tutte di purificazione.


    Ma due giorni dopo l'incontro di Assisi, Benedetto XVI è stato ancor più crudo e mirato. Ricevendo in Vaticano i vescovi dell'Angola in visita "ad limina", ha denunciato una violenza che in nome delle tradizioni religiose africane arriva persino ad uccidere bambini ed anziani:


    "Uno scoglio nella vostra opera di evangelizzazione è il cuore dei battezzati ancora diviso fra il cristianesimo e le religioni tradizionali africane. Afflitti dai problemi della vita, non esitano a ricorrere a pratiche incompatibili con la sequela di Cristo. Effetto abominevole di ciò è l’emarginazione e persino l’uccisione di bambini ed anziani, a cui sono condannati da falsi dettami di stregoneria. Ricordando che la vita umana è sacra in tutte le sue fasi e situazioni, continuate, cari vescovi, ad alzare la vostra voce a favore delle sue vittime. Ma, trattandosi di un problema regionale, è opportuno uno sforzo congiunto delle comunità ecclesiali provate da questa calamità, cercando di determinare il significato profondo di tali pratiche, d’identificare i rischi pastorali e sociali da esse veicolati e di giungere a un metodo che conduca al loro definitivo sradicamento, con la collaborazione dei governi e della società civile".


    Già due anni prima, nel 2009, nel corso del suo viaggio in Angola, Benedetto XVI aveva sollevato la questione:


    "Tanti vivono nella paura degli spiriti, dei poteri nefasti da cui si credono minacciati; disorientati, arrivano al punto di condannare bambini della strada e anche i più anziani, perché – dicono – sono stregoni".


    E aveva anche respinto un'obiezione corrente nella stessa Chiesa:


    "Qualcuno obietta: 'Perché non li lasciamo in pace? Essi hanno la loro verità; e noi, la nostra. Cerchiamo di convivere pacificamente, lasciando ognuno com’è, perché realizzi nel modo migliore la propria autenticità'. Ma, se noi siamo convinti e abbiamo fatto l’esperienza che senza Cristo la vita è incompleta, le manca una realtà – anzi la realtà fondamentale –, dobbiamo essere convinti anche del fatto che non facciamo ingiustizia a nessuno se gli presentiamo Cristo e gli diamo la possibilità di trovare, in questo modo, anche la sua vera autenticità, la gioia di avere trovato la vita. Anzi, dobbiamo farlo, è un obbligo".


    Anna Bono, esperta di tradizioni africane, ha commentato sul giornale cattolico on line "La Bussola Quotidiana":


    "Ciò che il papa ha denunciato non succede solo in Angola. In Africa la stregoneria è una delle più radicate e persistenti istituzioni tribali. Se ne parla poco, forse anche perché la sua esistenza contraddice la prevalente rappresentazione delle comunità tradizionali africane come modelli di pacifica convivenza, tolleranza, equità e armonia sociale, depositarie di valori umani che l’Occidente avrebbe invece sacrificato al potere e al denaro".


    Nello stesso commento, Anna Bono riferisce alcuni casi recenti di uccisioni di bambini per motivi di stregoneria in vari paesi dell'Africa, o di loro mutilazioni "a causa delle proprietà speciali attribuite ai loro organi", come avviene con gli albini.


    C'è chi è rimasto stupito per una denuncia così esplicita di tali uccisioni, fatta da Benedetto XVI parlando ai vescovi dell'Angola.


    I discorsi del papa ai vescovi in visita "ad limina", infatti, passano sempre al vaglio della diplomazia vaticana, di solito molto prudente.


    Questa volta, però, anche il revisore che se ne è più di tutti occupato, in segreteria di Stato, sapeva il fatto suo.


    L'arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, oggi sostituto segretario di Stato per gli affari generali, cioè numero due del governo centrale della Chiesa subito dopo il cardinale Tarcisio Bertone, era nunzio in Angola quando Benedetto XVI visitò quel paese, con tappa precedente nel Camerun, e sollevò il velo su quell'abominio.


    Il 18 novembre prossimo papa Joseph Ratzinger si recherà in Benin per consegnare a una rappresentanza di vescovi del continente l'esortazione apostolica conclusiva del sinodo dei vescovi del 2009, dedicato appunto all'Africa.


    Sarà interessante vedere che cosa il documento dirà sulle religioni tradizionali africane

    [SM=g1740733]

    Caterina63
    00giovedì 24 novembre 2011 00:09
    Dopo Assisi....

    di P.Giovanni Cavalcoli, OP


     

     

    Come sappiamo l’incontro di Assisi ha avuto una risonanza mondiale, tanto da attirare l’interesse e l’approvazione del Presidente degli Stati Uniti Obama, che ha fatto giungere al Papa una significativa lettera, nella quale si cita esplicitamente il valore unificante, umanizzante e pacificante della “fede” religiosa.

    Come pure è stato notato dalla stampa internazionale, l’impostazione che Benedetto XVI ha voluto dare a quest’ultima edizione dell’incontro di Assisi, ha avuto, nei confronti del primo incontro ideato dal Beato Giovanni Paolo II nel 1986, un carattere meno accentuatamente religioso e più marcatamente umanistico, nel senso che il Papa ha voluto invitare non soltanto uomini religiosi o esplicitamente credenti, ma anche intellettuali o filosofi di provata serietà culturale, ma estranei all’interesse religioso o teistico, tanto che i giornalisti han parlato di “atei” ed “agnostici”.assisi

    In realtà il Papa ha parlato piuttosto di persone “alla ricerca della verità”, che è ben altra cosa, anche se questa ricerca può esistere anche in chi, come dice la Lumen Gentium (n.16) del Concilio Vaticano II, “non è ancor giunto ad un’esplicita conoscenza dell’esistenza di Dio”. Ma anche costoro, se sono in buona fede e seguono il dettame della retta coscienza naturale, realizzano, in forza dell’azione della grazia della quale essi sono inconsapevoli, già un rapporto positivo e salvifico con Dio, conosciuto non per Se Stesso e in Se Stesso, ma attraverso il prossimo e nel prossimo, verso il quale essi intendono agire con onestà e giustizia. Infatti, come spiega Cristo nel c.25 di Matteo, queste persone servono Cristo senza saperlo ed alla risurrezione dei giusti nell’Ultimo Giorno riceveranno, seppure con sorpresa, il premio eterno.

    Chi cerca sinceramente e con coerenza la verità, la giustizia, l’onestà, la pace, la realizzazione della dignità umana, il bene comune della società, anche con sacrificio e pagando di persona, per ciò stesso cerca Dio, anche se crede di essere un ateo o un agnostico o in questo modo viene qualificato dagli altri. Viceversa, ci può essere chi, pur sapendo bene che Dio esiste e che anzi si è incarnato in Cristo, tuttavia pone in primo piano i propri interessi, non si cura di obbedire alla legge divina, strumentalizza la religione per fini di successo o di potere o addirittura la prende a pretesto per esercitare sugli altri violenza ed oppressione.

    Ebbene costui, ha fatto capire chiaramente il Papa, non può far parte degli incontri di Assisi ed è certo riprovevole davanti a Dio, mentre il personaggio del primo tipo, per quanto apparentemente empio ed irreligioso, in realtà è accetto a Dio ed è in comunione con Lui, anche se non lo sa o non lo comprende con chiarezza e certezza. E’ sempre la solita storia evangelica del fariseo e del buon samaritano o del fariseo e del pubblicano.

    Il Papa peraltro, onde evitare ogni equivoco, ha detto chiaramente che non solo distrugge l’uomo la violenza perpetrata in nome della religione, ma anche quella attuata in nome dell’ateismo, riallacciandosi così alla famosa e fortissima condanna dell’ateismo presente negli insegnamenti del Concilio. Ed anche se il comunismo non vi è nominato, non è difficile vedere qui il comunismo ateo, ma non solo questo, giacchè tante oggi purtroppo sono le forme dell’ateismo, come per esempio quella nichilista, scettica, esistenzialista, evoluzionista, positivista e freudiana.

    Indubbiamente anche l’agnosticismo, ossia il non pronunciarsi circa l’esistenza di Dio, l’evitare di toccare la questione o addirittura l’indifferenza al fatto che esista o no, non è oggettivamente un fenomeno positivo e non può non destare preoccupazione, anche se non può escludersi del tutto - occorre vedere caso per caso -, che questo atteggiamento mentale, che può sembrare infingardo ed opportunista, possa nascondere, al di là dell’aspetto esplicito, un reale rapporto con Dio, magari mal concettualizzato o non del tutto consapevole.

    Naturalmente il pacifismo predicato dal Papa non va confuso con quel pacifismo qualunquista, relativista ed imbelle che finisce poi per cedere alla prepotenza dei violenti rinunciando ad una legittima difesa di se stessi e degli oppressi. A tal riguardo bisogna dire che se la religione è incompatibile con la violenza, non lo è con un giusto uso della forza, si tratti della coercizione esercitata dall’autorità pubblica o della legittima difesa, pubblica - la cosiddetta guerra giusta - o privata, giacchè, se la violenza è ingiustizia, in casi estremi si può dare un moderato uso della forza, che è giustizia.

    Ora, sappiamo bene come la giustizia corrisponde ad un preciso comando divino e quindi in questo senso non solo la religione è compatibile con un giusto uso della forza, ma nelle dovute circostanze e nei giusti limiti, lo prescrive. E lo prescrive proprio come difesa contro i nemici della pace e per ottenere una giusta pace, giacchè, in questo senso, si può dire, anche se ciò può apparire paradossale, che nella vita presente, considerando le conseguenze del peccato originale, l’uso della forza è inseparabile dalla giustizia e dalla pace, non perché debba essere messo allo stesso livello, ma, come ho detto, proprio come condizione per l’esistenza di una pace sicura e ben difesa.

    Passando sul piano religioso, bisogna allora ricordare che Gesù, benchè sia indubbiamente il Principe della pace e ci doni quella pace che il mondo non può dare, nel contempo Egli dice di non essere venuto a portare la pace, ma “una spada” (Mt 10,34). Ciò evidentemente non significa una impensabile contraddizione nelle parole di Nostro Signore, ma è un riferimento a quella che Paolo chiama “buona battaglia”, e che consiste nella energia necessaria per opporsi ai corruttori della religione, agli ingiusti e ai falsificatori del concetto di Dio, nonché nella fortezza necessaria per sopportare gli insulti dei nemici di Dio fino, se necessario, al martirio.

    Certamente quest’ultimo incontro di Assisi non ha escluso del tutto la preghiera e il Papa ha giustamente fatto l’elogio della religione come principio di verità, come fattore di giustizia, di pace, di umanesimo. Tuttavia, come c’era da aspettarsi e come era giusto che fosse in questa particolarissima circostanza, il Papa, proprio quel Ratzinger che da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò il famoso documento Dominus Iesus sul primato del cristianesimo sulle altre religioni e su Cristo unico Salvatore, si è astenuto completamente dal fare l’apologia e l’esaltazione della sua fede di cattolico ed ancora più di Successore di Pietro, riferendosi pertanto, così almeno mi par di capire, non alla religione soprannaturale o rivelata o “positiva”, basata su di una fede, qual è il cristianesimo, ma quali sono pure altre religioni come l’ebraismo, l’islamismo, il brahmanesimo o il buddismo, dotate di una letteratura sacra, ma alla religione naturale, frutto della semplice ragione e quindi patrimonio di fatto o di diritto comune all’intera umanità, in quanto l’uomo è per essenza, come sappiamo bene da Aristotele, animal rationale.

    Del resto la religione naturale, sapientemente teorizzata dal S.Tommaso d’Aquino nella famosa Somma Teologica(1), è il presupposto della religione rivelata, così come il buon funzionamento della ragione è il presupposto per l’esercizio della fede teologale o della fede cattolica.

    La ragione naturale conduce di per sé alla scoperta dell’esistenza di Dio, partendo all’esperienza delle cose, del mondo e del sé, come insegna la Scrittura (Rm 1,20 e Sap 13,5), insegnamento più volte ribadito dalla Chiesa, in particolare nel Concilio Vaticano I. Da qui il fatto che tutti gli uomini, in quanto esercitano la ragione, sanno che Dio esiste, sono naturalmente “monoteisti”, anche se poi di fatto spesso, soprattutto nell’antichità, la religione è inquinata dal politeismo, dal panteismo, dall’animismo, dall’animalismo, dall’idolatria, dalla superstizione e dalla magia. E questa coscienza, magari oscura ed implicita dell’esistenza di Dio e di un rapporto con Lui (positivo o negativo) è testimoniata anche dal Vangelo, laddove in Mt 24 Cristo dice che tutti gli uomini dovranno presentarsi davanti al suo tribunale.

    In base a queste considerazioni credo che le preoccupazioni di certi cattolici che il Papa con queste iniziative ceda al relativismo, al soggettivismo, all’opportunismo o all’indifferentismo, si dimentichi del primato e dell’universalità del cristianesimo o delle esigenze della verità, crei confusione e scetticismo, indebolisca la spinta missionaria, scenda a compromessi col buonismo rahneriano e modernista, ebbene sono convinto che tutte queste preoccupazioni sono infondate, anche se so benissimo che anche un Papa in un’iniziativa pastorale e di ciò qui si tratta, può anche sbagliare.

    A fugare però tali timori inconsistenti, anche se da prendere in considerazione, credo che possano servire, oltre alle altre considerazioni già fatte, anche le seguenti: chi ha avuto l’idea dell’incontro? Con chi si sono incontrati gli invitati? Chi ha avuto la funzione preminente e direttiva? Chi ha scelto gli invitati? Dove è stato fatto l’incontro? Chi ha deciso il programma?

    Il lettore intelligente capisce subito rispondendo spontaneamente a queste domande come in fin dei conti all’incontro di Assisi Roma sia luminosamente emersa su tutte le altre religioni mondiali e anche sulla cultura internazionale rappresentate da eminenti personaggi appartenenti a quelle religioni ed a quella cultura. Quindi il Papa non ha avuto bisogno di fare speciali discorsi sulla superiorità del cristianesimo, ma ha silenziosamente e significativamente dimostrato tale superiorità con tutto l’insieme dei fatti suddetti, che costituiscono la risposta implicita alle suddette domande.

    Infine un’ultima osservazione: il luogo dell’incontro: Assisi, emanante uno straordinario fascino spirituale legato al conosciutissimo carisma francescano Pax et Bonum, dono dello Spirito Santo, i cui effetti santificanti operano in quel sacro luogo da otto secoli. L’irraggiamento spirituale che da tanto tempo promana da questo luogo santo non può non avere avuto una funzione significativa riguardo alla buona riuscita dell’incontro e per questo noi tutti cattolici dobbiamo ringraziare i nostri fratelli francescani i quali, in tutto il mondo ci danno l’esempio di quella mitezza che è predicata da Nostro Signore, e di quella capacità di dialogo e di convivenza con membri di altre religioni come per esempio quella islamica. Pensiamo infatti ad esempio al fatto che l’Ordine di San Francesco fin dalla sua fondazione convive pacificamente e bene accetto, nonostante tante sofferenze, in Terra Santa insieme con Ebrei e con Mussulmani. Dunque vogliamo affidare all’intercessione del Santo d’Assisi nuove ispirazioni per l’edificazione della pace nella verità e nella giustizia per la Chiesa e per la società di oggi.


    Bologna, 29 ottobre 2011



    NOTE


    1)  II-II,qq. 81-100.
    Caterina63
    00venerdì 9 dicembre 2011 09:18
    [SM=g1740733] Vorrei segnalare due punti di riferimento dal Discorso del Papa ieri, davanti all'Immacolata , perchè furono oggetto e lo sono ancora oggi, di contestazione...  
     
    1 -  si chiedeva, in nome dell'ecumenismo di MITIGARE quell'interpretazione "troppo mariana" di Apocalisse 12 a riguardo di Maria, nei confronti della "sensibilità" dei protestanti....  
    2 -  si chiedeva alla Chiesa in nome del dialogo interreligioso.... di mitigare il riferimento a quella LUNA sotto i suoi piedi per non colpire troppo la sensibilità dei musulmani che nella mezzaluna hanno il loro simbolo....  
     
    ieri il Papa ha messo a TACERE ogni discussione in proposito con due parole sui due punti, davvero magisteriali e dottrinali, queste le sue parole:  
     
    1 - Qual è il significato di questa immagine? Essa rappresenta nello stesso tempo la Madonna e la Chiesa.  
    Anzitutto la “donna” dell’Apocalisse è Maria stessa.  
    (...)  
    così, per una grazia e un privilegio singolare di Dio Onnipotente, Maria l’ha lasciata dietro di sé, l’ha superata. E questo si manifesta nei due grandi misteri della sua esistenza: all’inizio, l’essere stata concepita senza peccato originale, che è il mistero che celebriamo oggi; e, alla fine, l’essere stata assunta in anima e corpo nel Cielo, nella gloria di Dio.  
     
    2 - Questa donna tiene sotto i suoi piedi la luna, simbolo della morte e della mortalità. Maria, infatti, è pienamente associata alla vittoria di Gesù Cristo, suo Figlio, sul peccato e sulla morte; è libera da qualsiasi ombra di morte e totalmente ricolma di vita.  
    (...)  
    E così questa immagine della corona di dodici stelle ci introduce alla seconda grande interpretazione del segno celeste della “donna vestita di sole”: oltre a rappresentare la Madonna, questo segno impersona la Chiesa, la comunità cristiana di tutti i tempi. Essa è incinta, nel senso che porta nel suo seno Cristo e lo deve partorire al mondo: ecco il travaglio della Chiesa pellegrina sulla terra, che in mezzo alle consolazioni di Dio e alle persecuzioni del mondo deve portare Gesù agli uomini.  
    E’ proprio per questo, perché porta Gesù, che la Chiesa incontra l’opposizione di un feroce avversario, rappresentato nella visione apocalittica da “un enorme drago rosso” (Ap 12,3). Questo dragone ha cercato invano di divorare Gesù – il “figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni” (12,5) –, invano perché Gesù, attraverso la sua morte e risurrezione, è salito verso Dio e si è assiso sul suo trono.  
     
      [SM=g1740722] con buona pace di tutti, questo è l'autentico tono del dialogo interreligioso e di ogni ecumenismo....

    [SM=g1740771]

    Islam e piani di Dio

    di Piero Gheddo
    28-01-2012


    Una domanda che spesso si fanno gli studiosi dell’islam è questa: “Che posto ha l’islam nei piani di Dio? E’ possibile che l’islam sia nato e si sia diffuso così rapidamente senza avere un suo ruolo storico nei piani di Dio?”. Naturalmente nessuno conosce o può conoscere il pensiero di Dio. Ma è possibile proporre e discutere varie ipotesi, per chiarificarci le idee e avere di fronte all’islam un atteggiamento che favorisca “il dialogo”, come il Papa e i vescovi continuamente raccomandano, e non “lo scontro di civiltà” (o la “III guerra mondiale” come alcuni pessimisti immaginano).

    Nel 2007 in Libia, il vescovo di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, mi diceva: “Ritengo che l’islam abbia un significato nella storia e nei piani dì Dio. Non è nato per caso. Io penso che oggi l’islam ha il compito storico di richiamare in modo forte e anche scioccante, contraddittorio a noi cristiani occidentali, secolarizzati e laicizzati (viviamo come se Dio non esistesse), il senso della presenza di Dio in ogni momento della vita dell’uomo e della società, il dovere di essere sottomessi a Dio, il forte senso di appartenenza ad una comunità religiosa universale, il coraggio di essere testimoni di Dio. E poi la preghiera. Vado a visitare – mi diceva mons. Martinelli - molte famiglie musulmane amiche. Una volta non era prevista la mia visita ed era il tempo della preghiera: in una stanza c’erano sette uomini in ginocchio che pregavano rivolti alla Mecca. L’islam significa sottomissione a Dio. Noi in Occidente abbiamo perso questo riferimento a Dio e al soprannaturale. Non approviamo certamente uno stato teocratico e meno che mai il terrorismo o “la violenza per Dio”), ma nemmeno lo spirito prevalente nella società occidentale, che pensa di fare a meno di Dio per risolvere i problemi dell’uomo”.

    Il card. Carlo Maria Martini nel suo “L’lslam e noi” (1990) si poneva anche lui questa domanda: “Cosa pensare dell’islam in quanto cristiani? Che cosa significa per un cristiano, dal punto di vista della storia della salvezza e dell’adempimento del disegno divino nel mondo? Perchè Dio ha permesso che l’islam, unica tra le grandi religione storiche, sorgesse sei secoli dopo l’evento cristiano, tanto che alcuni tra i primi testimoni lo ritennero un’eresia cristiana?... In un mondo occidentale che ha perso il senso dei valori assoluti e non riesce più in particolare ad agganciarli ad un Dio Signore di tutto, la testimonianza del primato di Dio su ogni cosa e della sua esigenza di giustizia, ci fa comprendere i valori storici che l’Islam ha portato con sé e che ancora può testimoniare nella nostra società”.


    Nella intervista al padre Davide Carraro del Pime, giovane missionario che ha studiato l’arabo per due anni in Egitto ed è già stato in Algeria dove tornerà presto, mi dice: “Ho visto in Algeria che quando risuona la voce del muezzin, si fermano i pullman, i mezzi pubblici, per consentire a chi vuole di fare la sua preghiera in pubblico. In Egitto no, ma anche in Egitto il richiamo pubblico alla preghiera è molto forte tre volte al giorno e molti si fermano a pregare. Il senso della presenza di Dio nella giornata lavorativa è forte e richiama anche noi cristiani, i copti egiziani e gli operatori occidentali nei pozzi di petrolio in Algeria".


    “Sono stato un anno in Algeria come cappellano nei pozzi petroliferi del deserto del Sahara, continua Davide, ad Hassi-Messaoud, una città in pieno deserto dove c’è una chiesa e i lavoratori cattolici del petrolio, italiani, francesi, spagnoli, filippini, ecc. In questa città ci sono una sessantina di Compagnie del petrolio e io andavo a visitarle tutte per invitarle a Messa. In questa città avevo la mia sede e poi a Natale e Pasqua venivo chiamato in altri centri petroliferi per la funzione religiosa e incontrare i petrolieri. Allora con i loro piccoli aerei andavo da una parte e dall’altra del deserto e celebravo la Messa nelle varie Compagnie. Hassi-Messaoud, con 50.000 abitanti, è solo una città petrolifera e ci sono gli uffici delle Compagnie petroliere, con circa 2.000 stranieri e gli altri algerini. E’ una vera città con tutto, ristoranti, prostituzione, discoteche, pensioni, hotel, negozi, ecc.

    I cattolici venivano a Messa e dicevano che nel loro paese in Europa a Messa ci andavano pochissimo. Qui, nell’atmosfera che si respira in un paese islamico, sembrava loro naturale andare a chiedere l’aiuto di Dio. Non solo, mi dicevano, ma vedendo la fede dei musulmani siamo provocati e interrogati a ripensare alla nostra fede cristiana”.

    Dico a Davide che nel 2007 ero a Tripoli e in una festa degli italiani nei locali dell’ambasciata d’Italia ho incontrato un ingegnere di Torino con la sua signora, in Libia da anni per lavoro, che mi confidavano: ”In Italia a Messa non ci andiamo quasi mai, ma in questa non facile società islamica ci andiamo sempre, abbiamo ritrovato il senso di appartenere ad una comunità di fede che ti sostiene e la gioia degli antichi canti natalizi e devozioni che avvicinano a Dio. Abbiamo tre figli in Italia, due già sposati, e tornando diremo anche a loro questa nostra esperienza”.


    Non tiro nessuna conclusione, penso che questo tema, qui appena accennato, dovrebbe essere provocatorio per tutti noi battezzati e credenti in Cristo: quanto e come Dio è presente nella nostra vita quotidiana?

    ****************

    [SM=g1740733] breve riflessione:

    l'argomento "Islam" affrontato in questo modo deve essere condiviso da tutti noi..... [SM=g1740722]
    perchè il problema parte dalla tiepidezza dei Cristiani nei confronti di Dio e non dall'Islam che continua a sottomettersi a Lui e ad adorarlo, seppur a modo loro....
    Prendiamo la loro preghiera, TRE VOLTE AL GIORNO... NOI ABBIAMO L'ANGELUS, TRE VOLTE AL GIORNO , ma quante volte ci fermiamo per dirlo con somma gioia?  L'Angelo del Signore portò l'annuncio a Maria; ed Ella concepì per opera dello Spirito Santo.....
    quanti Cristiani, specialmente che si dicono Cattolici, lo dicono tre volte al giorno? Quanti Cattolici si fermano in quello che stanno facendo per pensare a Dio?
    Il Musulmano PREGA!! a modo suo, ma prega.... e cosa ha da insegnare a noi oggi? certo, non la dottrina, MA IL MODO DI PREGARE, il ricordo stesso che esiste Dio e il ricordo stesso che Cristiano significa proprio essere suo DISCEPOLO.... il musulmano si sente sottomesso a Dio, NOI NE SIAMO I DISCEPOLI ma che paradosso! non vogliamo più sottometterci a LUI ai suoi divini comandamenti....
    e ce la prendiamo con i Musulmani?
    ma per favore! siamo più coerenti, VIVIAMO il nostro Cattolicesimo ed abbiamo l'umiltà di imparare dagli altri, anche non cattolici, che ogni giorno è una gioia ed un bene rivolgersi a Dio e docilmente sottometterci alla Sua volontà: SIA FATTA LA TUA VOLONTA'.... diciamo nel Padre Nostro, ma resta il dubbio per quanto davvero ci crediamo.....
    Non c'è una guerra fra religioni, ma solo la guerra contro le tenebre, quelle tenebre che si annidano sui criatiani perchè non temono più Dio ed anzi lo deridono....

    [SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

    Caterina63
    00mercoledì 22 febbraio 2012 22:19
    [SM=g1740733] E MÒ SCOPRIAMO CHE LA CHIESA FU DALL’INIZIO (LA SOLA) MAESTRA DI TOLLERANZA
     
    Il problema non è il dialogo. Ma la mancanza di apologetica
     
    Una riflessione documentata e anche storiografica sulla libertà religiosa, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso. Su quando nel dialogo la Verità smette di essere la protagonista e protagonisti diventiamo noi, le comparse. Un’analisi di Nostra Aetate e Gaudium et spes, le rubiconde mele “avvelenate” (da qualcuno) della Chiesa contemporanea.
     
    di Tea Lancellotti
     
     
    I DOCUMENTI DEL CONCILIO CHE DOVEVANO UNIRE. DOVEVANO…
     
    Giovanni Paolo II, nel discorso al Sacro Collegio del 23 dicembre 1982, in occasione della VI Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese disse: «Celebrando la Redenzione andiamo al di là delle incomprensioni e delle controversie contingenti per ritrovarci nel fondo comune al nostro essere cristiani». Questo, in sintesi, è uno dei pilastri dei nuovi cambiamenti voluti dal Concilio Vaticano II: guardando al Cristo che diciamo di credere e predicare è indispensabile, in questo tempo, andare oltre le incomprensioni e le controversie e ritrovarci, ripartire, da quel fondo comune al nostro essere cristiani, ossia di Cristo. Non si tratta di perseguire “esclusivamente” quel quid che ci unisce, quanto piuttosto, superate le diffidenze maturate nel corso della storia soprattutto per questioni politiche, perseguire anche altre strade fra le quali quella del “ciò che ci unisce”, una strada effettivamente mai percorsa prima dalla Chiesa, ma non per questo illegittima. Questa è l’unica novità autentica del Concilio! L’errore fondamentale che è stato fatto è quello di aver pensato o addirittura pensato di insegnare una “nuova dottrina” e dunque una “nuova Chiesa”.
     
     
     
    CONCILIO, DIALOGO E LIBERTÀ RELIGIOSA: NULLA DI NUOVO SUL FRONTE TRADIZIONALE
     
     
    Con questo piccolo lavoro dimostreremo che non è così. Non c’è nessuna “nuova” dottrina: piuttosto la novità del percorrere una strada che la Chiesa avrebbe già dovuto intraprendere ma che, per motivi storici ed altro, non poté perseguire.
     
    Questo aspetto legittimo della Chiesa ha tuttavia dato origine anche alle false interpretazioni, fino a giungere spesso a dei pericolosi sincretismi o a porre la Chiesa sullo stesso piano delle altre comunità non cattoliche o, persino, sullo stesso piano delle altre religioni.
     
    Per rispondere adeguatamente alle tante domande sull’argomento, è fondamentale partire da questa affermazione ufficiale: il 29.6.2007 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha espresso per volere del santo padre Benedetto XVI una Dichiarazione che chiarisse, una volta per tutte, la situazione dottrinale e magisteriale della Chiesa e per una corretta applicazione del Concilio Vaticano II. Cinque risposte a cinque quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina cattolica sulla Chiesa. Rileggiamo quello che maggiormente interessa noi riguardo all’argomento trattato.
     
    Primo quesito: “Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha forse cambiato la precedente dottrina sulla Chiesa?
     
    Risposta: Il Concilio Ecumenico Vaticano II né ha voluto cambiare né di fatto ha cambiato tale dottrina, ma ha voluto solo svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente.

    Proprio questo affermò con estrema chiarezza Giovanni XXIII all’inizio del Concilio. Paolo VI lo ribadì e così si espresse nell’atto di promulgazione della Costituzione Lumen Gentium: “E migliore commento sembra non potersi fare che dicendo che questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito; ciò che era meditato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione”. I Vescovi ripetutamente manifestarono e vollero attuare questa intenzione”
     
     
     
    IL CASINO NASCE DAL DEFINIRE “CHIESE” LE COMUNITÀ PROTESTANTI
     
     
    Se molti che vogliono percorrere il cammino ecumenico si ostinano nel definire “chiese” quelle che non lo sono, ossia tutte le comunità protestanti, non è colpa del Concilio. Anche in questo caso, infatti, il documento fa luce:
     
    Quinto quesito: Perché i testi del Concilio e del Magistero successivo non attribuiscono il titolo di “Chiesa” alle Comunità cristiane nate dalla Riforma del 16° secolo ?
     
    Risposta:
     
    Perché, secondo la dottrina cattolica, queste Comunità non hanno la successione apostolica nel sacramento dell’Ordine, e perciò sono prive di un elemento costitutivo

    essenziale dell’essere Chiesa. Le suddette Comunità ecclesiali, che, specialmente a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale, non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico, non possono, secondo la dottrina cattolica, essere chiamate “Chiese” in senso proprio”
     
    Eppure dobbiamo tristemente costatare che non pochi Pastori definiscono “chiese” queste comunità, ma, ripetiamo, la colpa non è del Concilio: è di chi si ostina ancora ad imporre le proprie opinioni, anche sottoforma a volte di messaggi pastorali nei quali si usa il termine “chiesa” senza tenere a mente queste precisazioni. E quel che è più triste è che molti sostengono l’errore che fanno volontariamente in nome “del Concilio”.
     
     
     
    MA QUANDO MAI I PADRI DELLA CHIESA SONO STATI “ANTISEMITI”!
     
    Vogliamo specificare che “noi”, che qui tentiamo di sviscerare l’argomento senza pretendere di dare risposte definitive, ci riteniamo un pò nel mezzo, con il Papa, in un difficile equilibrio fra i due estremi, catalogati oramai come progressisti da una parte e fondamentalisti (tradizionalisti) dall’altra: una posizione anch’essa scomoda perché facilmente attaccabile da entrambi gli estremi. Ma che è anche l’unica postazione che riteniamo plausibile, ossia “con il Papa”, fiduciosi nelle scelte che compie anche quando non le comprendiamo pienamente. Questo non esclude una serie di analisi e continui approfondimenti degli argomenti che, al di là di chi ha torto o ragione, ci coinvolgono tutti, perché interessano tutta la Chiesa e hanno ripercussioni sul mondo intero. Dunque, a certi gruppi troppo “tradizionalisti” (leggasi fondamentalisti) così come a chi soffia sul falso “spirito del Concilio” (leggasi progressisti) per alimentarlo, vogliamo ricordare in breve il pensiero della Chiesa in duemila anni di storia.
     
    I Padri della Chiesa, memori di questo passo: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17), i Padri, dicevo, sono sempre stati consapevoli che compito della Chiesa non è mai stato quello di vietare (a parte il peccato) agli altri di professare il proprio credo, quanto quello di portare al mondo la conoscenza di questo compimento e della venuta del Messia. Così come è assurdo attribuire, oggi, ai Padri della Chiesa l’accusa di antisemitismo, quando essi non intervenivano mai sulla razza in quanto tale ma sul rifiuto di accogliere il Messia. C’è, pertanto, una bella differenza!

     
     
    PERFIDO E’ CHI DÀ DEL PERFIDO AL “PERFIDO”. A PROPOSITO DI “PERFIDI GIUDEI”

     

    Eugenio Zolli, il rabbino che si "arrese a Cristo"
     
    Un esempio concreto è il termine “perfidi”… a proposito di “perfidi giudei”. Leggiamo questo passo:
     
    598. La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che ” ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle [...] sofferenze ” del divino Redentore. (434) Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, (435) la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei:” È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno condotto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell’iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti – afferma san Paolo – se lo avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria (1 Cor 2,8). Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici “.
     
    Qualcuno potrebbe pensare che si tratta del Concilio o del Catechismo. In effetti è così: ma non appartengono al Vaticano II o all’ultimo Catechismo della Chiesa Cattolica. Queste parole sono del Concilio di Trento, in particolar modo arrivano dal Catechismo Tridentino. Sorprendente vero? Dov’è l’accusa di “deicidio”? Al contrario, già in quel concilio, la Chiesa aveva chiarito la situazione. Rimaneva solo da spiegare il termine “perfidi”: cosa volevano intendere i Padri con questo vocabolo?
     
    Per comprenderlo, occorre far presente che il significato dei termini è cambiato da quando vennero usati con la loro etimologia originaria. Così, un autentico apologeta, oggi, si sforza di ricercare il significato delle parole e, in base a questo, prova a comprendere cosa intendessero dire i Padri ai loro tempi.
     
    Nel suo libro su Pio XII del 2001 Andrea Tornielli chiarisce il qui pro quo con una limpidezza che è saggio riportare:
     
    Come tutti i filologi sanno, il termine perfidi in latino ha soltanto il significato di “miscredenti”, riferito a coloro che non vogliono accettare la fede cristiana. Nessuno ha mai detto “perfido” ad un giudeo, nel termine che si traduce oggi. Gli dicevano “perfidus”, cioè “che non crede” nella seconda Persona della Santissima Trinità. Infatti i giudei non credono nella seconda Persona della Santissima Trinità. Ma con l’introduzione dei messalini in lingua volgare e le traduzioni, quel perfidi latino si era trasformato nell’inglese perfidious, nel francese perfide, nel tedesco treulos, nell’olandese trouweloos, nell’italiano perfidi…

    Da una constatazione si era cioè passati a una condanna morale.
     
    Eugenio Zolli (il Rabbino di Roma, amico di Pio XII che poi si convertì alla Chiesa richiedendo egli stesso come dono il nome di Eugenio) chiese a Pio XII di cancellare l’espressione. Il Papa rispose che il significato della parola latina non conteneva un giudizio morale, ma soltanto la constatazione che i giudei rifiutano la fede cristiana ed erano dunque infedeli. Ma fece fare una precisazione sull’argomento dalla Sacra Congregazione dei Riti, pubblicata il 10 giugno 1948. Dunque i perfidi Judaei erano soltanto i giudei infedeli e non perfidi.
     
    L’espressione sarà definitivamente abolita da Giovanni XXIII. Oggi nella liturgia del Venerdì Santo i cristiani pregano soltanto “per gli Ebrei”, senza l’aggiunta di aggettivi”.
     
     
     
    IL “DIALOGO” E’ CON TUTTI. MA L’ECUMENISMO E’ FRA SOLI CRISTIANI. E POI SI PENSI A GESÙ E LA PROSTITUTA…
     
     
    Questo viene detto riguardo all’Ebraismo. E riguardo alle altre Religioni? Differenze sostanziali non ce ne sono. Si parla, infatti, di dialogo “interreligioso” nei confronti di tutte le “religioni” non cristiane, mentre si parla di “ecumenismo” per il dialogo fra cristiani separati, ossia solo fra coloro che credono in qualche modo nella Santissima Trinità, nell’Incarnazione di Dio e nella Sua Morte e Risurrezione, ma che tuttavia non sono nella Chiesa.Infine, si parla oggi anche di “cortile dei gentili”, con attenzione all’insegnamento paolino, per intrattenere un dialogo franco e sincero nei riguardi di chi cerca ancora un “Dio”, oseremo dire “gli atei aperti, devoti”.
     
    Nostra Aetate parte da un incrocio irrinunciabile: la Chiesa, Nuovo Testamento, e Israele, l’Antico Testamento, sono inseparabili. Nel bene o nel male i nostri destini sono legati. Gesù è ebreo; Maria, sua Madre, è ebrea; la genealogia descritta da Matteo lega Giuseppe alla discendenza del re Davide al quale è unita indissolubilmente tutta la storia della Salvezza. Perciò non possiamo essere antisemiti: sarebbe una contraddizione in termini ed una contraddizione teologica. Al tempo stesso, non temiamo alcun confronto, non temiamo alcun dialogo, non temiamo alcuna religione. Di conseguenza, il rispetto e il dialogo non possono fare altro che aumentare la stima verso la Verità, verso Gesù Signore se coloro che si dicono cattolici sanno essere veri testimoni.
     
    Gesù assume su di sé il sacerdozio regale; mantiene il sacrificio diventando Egli stesso il Sacrificio “unico e perfetto” a Dio gradito; Gesù così completa la Legge, rompe ogni schiavitù e la Legge diventa dono e regola di salvezza, non già di terrore. Un esempio concreto è il passo evangelico sulla donna adultera che stava per essere lapidata: Gesù non abolisce la Legge, ma la supera facendo leva sulla dignità della vita umana, richiamando i suoi giudici alle coscienze e al perdono, quando questi vengono chiamati a lanciare la loro pietra se si fossero ritenuti, in coscienza, senza peccato. Alla donna, dopo averle confermato il perdono, Gesù rivolge il suo paterno monito: “và e non peccare più!”. Dunque, in un breve dialogo, il Signore non mette da parte la legge o la dottrina, ma la vive, la mette al confronto con le coscienze di tutti i presenti, lascia decidere a loro; alla donna fa vedere il volto misericordioso di Dio, senza rinunciare ad ammonirla per evitare che cada di nuovo nel peccato.

    Questa è la vera base per ogni autentico dialogo con i non cattolici o con gli atei.
     
    Nostra Aetate e la Gaudium et spes, partendo dal Concilio, si irradiano nel mondo con queste intenzioni, ma senza dubbio tra il dire e il fare qualcosa è andato storto ed oggi, questi due testi sono quelli che maggiormente dividono all’interno della Chiesa.
     
     
    MANCO AVEVA FATTO IN TEMPO A MORIRE CRISTO, CHE COMPARVE IL PRIMO MELLONI DEL CRISTIANESIMO: QUEL DISGRAZIATO DI MARCIONE
     

    Qualcuno in Occidente sta barando: la Chiesa di Cristo è disarmata. Molto meno disarmati sono islamici e occidentali ormai senza alcuna fede
     
    Riguardo agli Ebrei, occorre dire che la famosa Diaspora non comincia con l’avvento del Cristo né per colpa dei cristiani: essa era già iniziata secoli prima dell’Incarnazione di Dio. La stessa distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. non è attribuibile ai Cristiani: il Tempio subì la distruzione qualche decennio dopo la morte in croce del “Sacerdote regale ed unico”. Dalla morte di Gesù cambia tutto: da qui inizia il cammino della Chiesa con Gesù quale Sacerdote attraverso i “suoi”, attraverso coloro che lo accoglieranno senza più distinzione fra razza, popolo, lingua o nazione; da qui crollano tutte le frontiere; da qui si avvia il nuovo popolo redento; da qui nascono anche molte incomprensioni, ma nasce e si sviluppa l’apologetica, gli scritti dei Padri della Chiesa, ecc.; da qui nasce e si sviluppa l’insegnamento della dignità umana e della sua libertà che ha in Cristo la massima espressione.
     
    I Padri della Chiesa hanno sempre sostenuto strenuamente che è lo stesso Dio vivente che parla a tutti noi nell’Antico come nel Nuovo Testamento, cominciando a condannare Marcione quando nell’anno 100 voleva separare l’Antico dal Nuovo Testamento vedendo nei due testi due divinità contrapposte…
     
    Ricordando che il precetto fondamentale del cristianesimo è quello dell’amore di Dio verso il prossimo, promulgato già nell’Antico Testamento e confermato da Gesù, è del tutto normale e legittimo che questo obbliga cristiani ed ebrei, o persone di altre religioni, in ogni relazione umana senza eccezione alcuna. Dice Nostra Aetate: “I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra, hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce. (..) La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è « via, verità e vita » (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose. (NOTA DELL’AUTRICE: basti pensare che l’Incarnazione di Dio, l’avvento del Messia, non avvenne solo per gli ebrei o solo per i cristiani, ma per tutto il genere umano e fin anche per la natura stessa che, come ci rammenta san Paolo “soffre a causa del Peccato e attende la redenzione”).
     
    Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.”
     
     
     
    LO SCHIFO E LA VERGOGNA VIENE DA NOI CRISTIANI, NON DALLE “ALTRE RELIGIONI”. E GREGORIO MAGNO INSEGNA LA TOLLERANZA RELIGIOSA
     
    E allora, cosa c’è di sbagliato in Nostra Aetate o Gaudium et spes? Nulla, almeno a riguardo delle intenzioni. Se il dialogo non funziona e la gente non si converte, non è colpa di questo, ma di come viene impostato; dipende da noi aver abbandonato la dottrina cristiana: l’aborto, il divorzio, l’orgoglio gay, l’eutanasia, la genetica incontrollata, ecc… non l’hanno mica pretesi come legge “le altre religioni” ma noi, noi che ci dicevamo cristiani! Questo è lo scandalo e l’infruttuosità del dialogo.

    Leggiamo san Gregorio Magno, che fu anche papa (590 – 604), cosa scrisse nella lettera “Qui sincera” al vescovo Pascasio di Napoli, nov. 602: “Tolleranza dell’altrui convinzione religiosa. Coloro che con sincera intenzione desiderano portare alla retta fede quanti sono lontani dalla religione cristiana, debbono provvedere con (parole) attraenti, e non aspre, che un sentire ostile non allontani coloro la cui mente avrebbe potuto essere stimolata dall’adduzione di una chiara motivazione. Infatti chiunque agisca diversamente e li voglia con questo pretesto allontanare dal culto consueto del loro rito, dimostra di impegnarsi maggiormente per i propri interessi che per quelli di Dio.

    “Alcuni giudei appunto, che abitano a Napoli, si sono lamentati presso di Noi, asserendo che qualcuno si sforza irrazionalmente di impedire loro la celebrazione di alcune loro feste, che ad essi (cioè) non sia permesso di celebrare le loro feste come finora a loro e in tempo lontano addietro ai loro antenati era lecito osservare e celebrare. Se la verità sta in questo modo, evidentemente prestano opera per una causa totalmente inutile. Infatti che cosa porta di utilità impedire un’antica usanza, se ciò a loro non giova nulla per la fede e la conversione? O perché stabilire per i giudei regole come debbano celebrare le loro festività, se con ciò non possiamo guadagnarli (alla fede)? Si deve perciò piuttosto agire in modo che, provocati dalla ragione e dalla mansuetudine, vogliano seguirci, non fuggire, affinché, mostrando loro dai loro Scritti ciò che noi affermiamo, li possiamo con l’aiuto di Dio convertire (portandoli) nel grembo della madre chiesa.

    “Perciò la tua fraternità, per quanto con l’aiuto di Dio potrà, li sproni con moniti alla conversione e non permetta che vengano di nuovo disturbati per via delle loro festività, ma abbiano la libera concessione di osservare e di celebrare tutte le loro ricorrenze e feste, come finora hanno fatto.”
     
    La lettera ci racconta un episodio grave dal quale emerge che i giudei confidavano nell’aiuto del Pontefice e conoscevano i loro diritti a tal punto da andare dal Papa per lamentarsi del fatto che tali diritti non erano rispettati, e il Papa li difende: difende la libertà religiosa! Ed è bene ricordare che, in Spagna, i Mori, dopo le svariate lotte, andavano d’accordo con gli ebrei e i cristiani e che la prima traduzione della Bibbia in arabo avviene in Spagna”.
     
    Esiste anche un’altro documento antico che appoggia e sostiene Nostra Aetate ed è di papa Alessandro II (1061 – 1073), la lettera “Licet ex” al principe Landolfo di Benevento, scritta nel 1065, e che richiama la lettera di san Gregorio Magno:
     
    “Quantunque noi non dubitiamo affatto che proceda dal fervore della pietà il tuo nobile proposito di condurre i giudei al culto della cristianità, tuttavia poiché sembra che tu lo faccia con disordinato fervore, abbiamo ritenuto necessario indirizzarti la nostra lettera a modo di ammonizione.
     
    “Si legge, infatti, che il Signore nostro Gesù Cristo non ha ridotto con la violenza nessuno al suo servizio, ma con l’umile esortazione, avendo lasciato a ciascuno la libertà del proprio arbitrio, non giudicando ma effondendo il proprio sangue, ha distolto dall’errore tutti coloro che ha predestinato alla vita eterna. Così pure il beato Gregorio in una sua lettera proibisce che questo stesso popolo sia condotto alla fede con la violenza”.
     
    (Se volete approfondire, alla Redazione Papalepapale potete chiedere anche la versione originale, scritta in latino).
     
     
     
    LUTERO: SE SI CONVERTONO, BENE; ALTRIMENTI, VADANO A MORÌ AMMAZZATI! IL MAESTRO DELL’INTOLLERANZA RELIGIOSA
     

    Ignaro che stava per essere strumentalizzato e prossimo a diventare un eresiarca. Infatti, quella di attaccare "tesi" sulle porte delle chiese era un consolidato uso tutto accademico fra professori (o studenti) di teologia, che davano il via a "disputatio" fra dissimili tesi teologiche, nei campi della teologia aperti alla speculazione. Lutero voleva limitarsi a fare questo: il diavolo, invece ci mise la coda. Successivamente accetto di vendergli l'anima. Per orgoglio, vigliaccheria e convenienza.
     
    Che cosa è accaduto dunque, perché l’ultimo Concilio presentasse questo progetto della Chiesa come se fosse “nuovo”, alimentando, di conseguenza, quella rottura con la tradizione vera della Chiesa?
     
    I veri persecutori erano i protestanti: non è una cattiveria ma una constatazione. Purtroppo, venne a crearsi una forte chiusura anche da parte della Chiesa dopo il disastro della Riforma. Leggiamo un passo della Lettera di Martin Lutero, una citazione lunga e dolorosa, ma necessaria:

    Ammonimento ai Giudei (15 febbraio 1546): “(..) Per di più nella vostra regione avete ancora Giudei, che fanno gravi danni. Ora vogliamo comportarci con loro cristianamente e offrire la fede cristiana, perché vogliano accettare il Messia, che è pur sempre loro consanguineo: nato dalla loro carne, dal loro sangue e vera stirpe di Abramo, di cui si vantano, anche se io temo che il sangue giudeo sia ormai diventato acquoso e inquinato. Questo dovete offrire loro e cioè che si vogliano convertire al Messia e si facciano battezzare, dimostrando così la loro serietà: se non si comportano così non dobbiamo tollerarli. E’ Cristo che ci ordina di farci battezzare e di credere in Lui. E se ora non riusciamo a credere con fermezza come dovremmo, Dio avrà tuttavia pazienza con noi.
     
    “Ora invece con i Giudei accade che essi bestemmiano e oltraggiano ogni giorno il nostro Signore Gesù. Intanto lo fanno e noi sappiamo che non possiamo sopportare ciò. Infatti se tollero chi oltraggia, bestemmia e maledice il mio Signore Cristo, mi rendo partecipe di peccati altrui, mentre ne ho a sufficienza dei miei. Quindi, o miei Signori, non dovreste tollerarli, ma espellerli. Se però i Giudei si convertono, lasciano la loro usura e accettano Cristo, dobbiamo considerarli nostri fratelli.
     
    (..) In altra maniera non andrà, poiché la fanno troppo grossa.
     
    “Sono i nostri pubblici nemici, non la smettono di bestemmiare il nostro Signore Gesù Cristo, chiamano puttana la Vergine Maria e Cristo figlio di puttana e li chiamano mostri, bastardi. E se potessero ucciderci tutti, lo farebbero volentieri, anzi lo fanno spesso, specialmente quelli che si spacciano per medici – anche se ogni tanto aiutano – poiché alla fine il diavolo aiuta a mettere il sigillo. Così i Giudei conoscono anche la medicina che viene praticata nella terra di Roma; i Welschen, gl’italiani, sanno bene come si produce un veleno che fa morire in un’ora, un mese, un anno: l’arte la conoscono. Siate dunque decisi con loro, poiché non sanno fare altro che bestemmiare il nostro amato Signore Gesù Cristo in modo mostruoso e vogliono privarci del nostro corpo, della nostra vita, del nostro onore e dei nostri beni.
     
    Ciò nonostante vogliamo esprimere loro l’amore cristiano e pregare per loro, che si convertano, accettino il Signore, che dovrebbero onorare davanti a noi.
     
    Chi non vuole fare questo, è indubbiamente un malvagio giudeo, che non smetterà di bestemmiare Cristo, di approfittare di te e, dove può, di uccidere. “
     
     
     
    LA CHIESA DAI TEMPI APOSTOLICI ERA STATA MAESTRA DI TOLLERANZA. PECCATO CHE LUTERO E PROGRESSISTI SE NE ERANO SCORDATI…
     
     
    Tolto qualche termine forte che suona quasi come una bestemmia e per il quale ci scusiamo, ma questa è la realtà, ci sembra di leggere una lettera “fondamentalista”. Come possiamo ben verificare, il Magistero ufficiale della Chiesa aveva già insegnato “Nostra Aetate” con san Gregorio Magno, mentre il protestantesimo di Lutero insegnava l’intolleranza religiosa. Vi abbiamo portato come esempio due lettere, due modi diversi di intendere il cristianesimo e il rapporto con i non cattolici: il primo è quello autentico ed insegna la tolleranza religiosa e il rispetto dei non cattolici; il secondo, senza dubbio, è falso! Altra cosa poi sono stati i comportamenti dei singoli nella Chiesa ma per questi non spetta a noi giudicare. Inoltre solo la Chiesa Cattolica ha fatto un mea culpa per i comportamenti “dei suoi figli”, mentre ancora nulla è arrivato dalle altre comunità non cattoliche, in primis i luterani!
     
    Ciò che ci interessa è il Magistero ufficiale della Chiesa e ciò che ha insegnato fin dal primo secolo: la tolleranza della libertà religiosa. Senza dubbio sollecitava ad un impegno costante per la predicazione del Divin Verbo affinché queste “genti” – che di fatto avevano un animo sensibile, rivolto al soprannaturale, tollerate nel rispetto delle proprie usanze religiose e della propria cultura, a meno che non fosse offensiva ed irriguardosa nei confronti di Dio – affinchè queste genti, dicevo, potessero alla fine conoscere Gesù, Verità Incarnata.
     
    Ciò che accadde dopo il Concilio Vaticano II è ben diverso: si presentò la tolleranza e la libertà per le altrui convinzioni religiose come un insegnamento “nuovo” e, con questa interpretazione, si giunse al sincretismo religioso, dimenticando la sollecitazione ad essere cristiani, a testimoniarlo e a predicarlo. In una parola, si staccò questa tolleranza religiosa dal dovere di predicare e testimoniare Cristo; si tenne esclusivamente il dialogo, dimenticando i doveri del battezzato. Questo, però, non fu mai chiesto dal Concilio, né è richiesto dai suoi documenti!
     
     
     
    QUEL “VOLEMOSE BBENE A TUTTI I COSTI” CHE FA MALE ALL’ECUMENISMO
     
     
    Va sottolineato che una certa spinta ecumenica è falsa ed è quella che si fonda sul “volemose bene a tutti i costi” e sul sincretismo religioso; è quella, tanto per intenderci, che nel suo nome fece arrivare “li boni frati” a prestare l’altare di santa Chiara per far sgozzare un pollo per un rito religioso, ma – lo ribadisco – non è questo che voleva Nostra Aetate, né è quello che si proponeva di insegnare. La vera difficoltà nel comprendere correttamente certe aperture avvenute nel Concilio sta nel fatto che queste sono avvenute attraverso delle applicazioni abusive, in nome della “nuova” pastorale imposta nelle parrocchie. Imposta, pertanto, ai fedeli che di colpo si sono ritrovati, senza preparazione alcuna, ad una svolta tutta nuova quando, in verità, di nuovo non c’era nulla in sé, ma tutto andava precisato, andava ripreso spiegando più approfonditamente il Concilio di Trento (questo, per esempio, nella Nostra Aetate non viene mai citato, mentre lo stesso Concilio viene citato 5 volte nel documento Sacrosanctum Concilium in difesa della Liturgia e della lingua latina: eppure come ben sappiamo, anche queste citazioni non furono sufficienti per proteggere la Messa dalle derive che abbiamo vissuto e che ancora oggi devastano le anime dei fedeli).
     
    E, allora, come si esercita l’ecumenismo attraverso i documenti del Concilio?
     
    L’ecumenismo cattolico avviene tramite l’insegnamento. Non si scappa: la Chiesa è Mater et Magistra come dice l’enciclica, dimenticata, del beato Giovanni XXIII.

    Il primo compito della Chiesa è di insegnare la fede: la Chiesa è in possesso della fede che è la Verità assoluta ed immutabile e deve insegnarla agli altri per la loro salvezza. Così rammenta uno dei quesiti riportati sopra dalla CdF: “… Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito…”.

    Dunque, per essere salvati, tutti gli uomini, nessuno escluso, devono conoscere Dio con la fede e amarlo con la carità (di per Se Stesso e tramite il prossimo), per glorificarlo quaggiù e in cielo, e per salvare le loro anime.

    Non c’è altra via d’uscita, non ci sono “altre religioni” che possono salvare gli uomini, ma esistono le “vie straordinarie”. In un testo catechetico del 1886, con imprimatur, si spiega quanto segue: “Quando la Chiesa insegna questa Salvezza non intese mai dire che tutti gli altri che non appartengono alla Chiesa siano come eternamente dannati o perduti… ma solamente dice che la sola Chiesa di Gesù Cristo ha la potenza di condurre gli uomini alla certezza della salvezza. I mezzi per conseguire l’eterna salute sono quelli ordinari, ma anche quelli straordinari: i mezzi ordinari sono nelle mani della Chiesa e sono i suoi Divini Sacramenti, quelli straordinari sono nelle mani di Dio e sono quelli che la Chiesa definisce “strade misteriose che conducono a Dio”, tuttavia anche i mezzi straordinari si muovono in modo ordinato che ha nella Divina Eucaristia, la Santa Messa, il suo principio motore, e poi le Preghiere della Chiesa e dei fedeli, specialmente il santo Rosario. E scrive Sant’Agostino: “L’uomo non può aver salute se non nella Chiesa Cattolica. Fuori della Chiesa può trovare tutto, tranne la salute: può avere autorità, può anche possedere il Vangelo, può tenere e predicare la fede col nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, ma in nessun luogo, se non nella Chiesa potrà trovare salvezza” (Sermone ad Caesariens. Eccl. prebem. n.6).
     
     
     
    LA CHIESA: DEBITRICE DI TUTTI, SALDA IL DEBITO EVANGELIZZANDO
     
     
    Sempre da questo testo catechetico, per nulla superato, trattandosi di insegnamento di dommatica, leggiamo:
     
    In cosa consiste la Missione della Chiesa?
     
    La Bibbia e la Tradizione abbisognano d’essere interpretate, sì, anche la Tradizione ha bisogno di essere interpretata nel corso dei secoli, capita ed esposta sempre più chiaramente come la Sacra Scrittura: la prima missione di farlo spetta esclusivamente alla Chiesa docente la quale, per l’indeficiente assistenza dello Spirito Santo possiede in seno la Parola viva di Dio rivelante Sé Stesso, e che definiamo Tradizione viva della Chiesa, e derivando il Vero rivelato dalla Scrittura e dai Padri, ne determina il senso, l’unico vero senso, spiegato e sviluppato, e così nel tempo lo spiega e lo sviluppa, lo soddisfa ai bisogni intellettuali del tempo.
     
    Ma se il Divin Redentore sottrasse la fede al giudizio dei dotti, non è perciò che la scienza non concorda anch’essa come fonte ausiliare allo sviluppo delle discipline teologiche. Il pontefice Gregorio XVI, infatti, come condannò gli Ermesiani che troppo concedevano all’umana ragione, così condannò del pari il sistema dell’Abbé Bautin (1836) secondo il quale, la umana ragione, sarebbe incapace di conoscere alcuna verità religiosa che a lei dalla Tradizione non sia derivata, ossia, la pretesa del “tradizionalismo”.
     
    E’ bene insegnare soprattutto ai giovani e a quanti si dedicano all’insegnamento di materia religiosa, che la Chiesa Cattolica, fondata per tutti i tempi e per tutte le Nazioni, sa di essere “debitrice” ai popoli civili ed anche ai barbari, alle persone dotte, quanto a quelle ignoranti, come insegna l’Apostolo Paolo ai Romani 1,14-15 “Graecis ac barbaris, sapientibus et insipientibus debitor sum. Itaque, quod in me est, promptus sum et vobis, qui Romae estis, evangelizare. / Poiché sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i dotti come verso gli ignoranti: sono quindi pronto, per quanto sta in me, a predicare il vangelo anche a voi di Roma”.
     
    E’ pertanto la Chiesa stessa a favorire lo studio delle discipline teologiche, nella Sua Missione c’è la predicazione del santo Vangelo per sollecitare la Fede, quanto la sollecitazione ad impegnar la ragione rispettando l’evolversi delle dispute, tollerando le diversità delle opinioni altrui, favorendo un clima di libertà intellettuale, Essa non interviene che allora, quando vede compromessa la purità della fede, quando vede che i Dogmi sono minacciati, quando si vede costretta a farlo per proteggere il Depositum Fidei.
     
    Quindi la missione della Chiesa è evangelizzare ai popoli tutti l’annuncio del santo Vangelo, nel quale rientra tutta la Dottrina dei Sacramenti e la Legge della Chiesa, e al tempo stesso guidare e condurre i popoli non solo con la fede ma anche con la ragione, ossia, sviluppando e favorendo le dispute. Si ammonisce solo che entrambe le missioni della Chiesa, siano contestualizzate in una sola grande Missione e del suo unico scopo e fine: conoscere il Sommo Bene e il Cristo Signore affinché tutti i popoli Lo accolgano e si lascino Battezzare, perseguendo la via del bene e il suo fine ultimo: “Fur non venit, nisi ut furetur et mactet et perdat; ego veni, ut vitam habeant et abundantius habeant. / Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. ” (Gv.10,10)
     
     
     
    IL DIALOGO E’ OK QUANDO SI INTENDE “DISPUTA”. NON RELAZIONE FINE A SE STESSA CON L’ALTRO. LA VERITÀ DEVE ESSERE PROTAGONISTA NON NOI
     

    alessandro viiiPapa Alessandro VIII Ottoboni, regnò a fine '600, per circa un biennio, essendo stato eletto ormai ottuagenario
     
    Possiamo dire che fonte autentica di un sano ecumenismo non è tanto il “dialogo” quanto “le dispute” che, condotte con rispetto reciproco, non possono che dare spazio alla Verità (che nel nostro caso non è una religione culturale o una filosofia ma è la Persona, Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo) la quale, essendo appunto Dio, si farà strada facendosi conoscere.
     
    Oggi invece, il concetto di dialogo viene inteso come una specie di relazione reciproca con l’altro, dove, in un tipo di processo senza fine, ognuno rimane nelle sue convinzioni, in ricerca di una verità elusiva o mutabile, magari raggiungibile con dei compromessi, di recente condannati espressamente da Benedetto XVI. Una ricerca che penalizza, però, quella sola Verità, considerata come meno importante del dialogo stesso o dell’amore che lo costituisce. Per valutare questo concetto di dialogo, bisogna spiegare che la santa Chiesa Cattolica ha ricevuto la verità da Dio stesso che è la Verità tutta intera. Nostro Signore Gesù Cristo disse: “Io vi manderò lo Spirito della verità, che vi condurrà alla verità intera”. Questa verità è la Verità sovrannaturale, il contenuto della fede, la Verità assoluta e immutabile: più stabile della terra, delle stelle, della luna, e persino del sole, perché “il cielo e la terra passeranno ma – dice il Signore – le mie parole non passeranno”.
     
    Le parole del Signore, le verità della fede, sono immutabili e non cambieranno: neanche uno jota cambierà, e nessun uomo di Chiesa, nessun Concilio ha il potere di cambiare il minimo dettaglio della fede e di fatto questo non è avvenuto nei documenti nel Concilio.
     
    L’unico autentico dialogo è quel parlarsi rispettosamente che Gesù ci ha insegnato nel Vangelo, predicando la conversione: “convertitevi e credete al Vangelo“.
     
    Non mi sembra che Nostra Aetate o la Gaudium et spes dicano il contrario. Certo, il non aver citato nessun documento bimillenario della Chiesa, per approfondire uno sviluppo naturale e legittimo del rapporto con il prossimo non cattolico, ha causato inevitabilmente un fraintendimento nella loro interpretazione, una rottura con il passato forse per alcuni anche voluta, ma non certo magisteriale, non certo papale.
     
    Facciamo un esempio concreto: papa Alessandro VIII, con il Decreto del S. Uffizio del 7 dicembre 1690, condannava alcuni errori dei giansenisti fra i quali questi: “Pagani, Giudei, eretici e altri di questo genere non ricevono assolutamente nessun influsso da Gesù Cristo: si deduce quindi rettamente da questo che in loro c’è la nuda e inerme volontà, senza nessuna grazia sufficiente” (Denz/36a ed., n. 2305).
     
    “Il non credente in ogni azione pecca necessariamente” (Denz/36a ed., n. 2308).
     
    “Tutto ciò che non proviene dalla fede cristiana soprannaturale che opera per l’amore, è peccato” (Denz/36a ed., n. 2311).
     
    Se papa Alessandro VIII nel 1600 sosteneva che pagani, giudei, eretici ed altri potrebbero ricevere l’influsso da Gesù Cristo, perché non citarlo in Nostra Aetate o nella Gaudium et spes e mettere così a tacere ogni conflitto? Quanti cattolici oggi conoscono questi testi antichi che abbiamo riportato nell’articolo? Mi chiedo, e Dio mi perdoni, se il clero e certi vescovi li conoscono.
     
    Il vero dramma del nostro tempo non è il “dialogo” in sé ma l’assenza dell’apologetica, l’assenza della conoscenza della fede che diciamo di professare e l’avanzare delle proprie opinioni, delle proprie interpretazioni, del proprio individualismo!
     
     
     
    CONCLUSIONE. LA MISSIONE DELLA CORREZIONE FRATERNA
     
    Ascoltiamo le parole di Papa Benedetto XVI per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù, pronunciate a Lorenzago il 20 luglio 2007:
     
    “… cari amici, siate santi, siate missionari, poiché non si può mai separare la santità dalla missione. Non abbiate paura di diventare santi missionari come san Francesco Saverio, che ha percorso l’Estremo Oriente annunciando la Buona Novella fino allo stremo delle forze, o come santa Teresa del Bambino Gesù, che fu missionaria pur non avendo lasciato il Carmelo: sia l’uno che l’altra sono “Patroni delle Missioni”. Siate pronti a porre in gioco la vostra vita per illuminare il mondo con la verità di Cristo; per rispondere con amore all’odio e al disprezzo della vita; per proclamare la speranza di Cristo risorto in ogni angolo della terra”.
     
    Concludiamo con le parole dal Messaggio per la Quaresima 2012, sempre del nostro amato pontefice:
     
    “Il «prestare attenzione» al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo.
     
    (..)La tradizione della Chiesa ha annoverato tra le opere di misericordia spirituale quella di «ammonire i peccatori». E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. (..) Nel nostro mondo impregnato di individualismo, è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte» (Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (cfr 1 Gv 1,8). E’ un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi…”.


    [SM=g1740733]
    Caterina63
    00lunedì 2 aprile 2012 16:00

    SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

     

    Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali
    circa alcune sentenze ed errori insorgenti
    sull’interpretazione dei decreti
    del Concilio Vaticano II

     

     

    Giacché il Concilio Ecumenico Vaticano II, da poco felicemente concluso, ha promulgato sapientissimi Documenti, sia in materia dottrinale sia in materia disciplinare, allo scopo di promuovere efficacemente la vita della chiesa, a tutto il popolo di Dio incombe il grave dovere di impegnarsi con ogni sforzò alla attuazione di quanto, sotto l'influsso dello Spirito Santo, è stato solennemente proposto o decretato da quella universale assemblea di vescovi presieduta dal sommo pontefice.

    Spetta alla Gerarchia il diritto e il dovere di vigilare, guidare e promuovere il movimento di rinnovamento iniziato dal Concilio, in maniera che i Documenti e i Decreti conciliari siano rettamente interpretati e vengano attuati con la più assoluta fedeltà al loro valore ed al loro spirito. Questa dottrina, infatti, deve essere difesa dai Vescovi, giacché essi, con a Capo Pietro, hanno il mandato di insegnare con autorità. Lodevolmente molti Pastori hanno già cominciato a spiegare come si conviene la dottrina del Concilio.

    Tuttavia bisogna confessare con dolore che da varie parti son pervenute notizie infauste circa abusi che vanno prendendo piede nell'interpretare la dottrina conciliare, come pure di alcune opinioni peregrine ed audaci qua e là insorgenti, con non piccolo turbamento di molti fedeli. Sono degni di lode gli studi e gli sforzi per investigare più profondamente la verità, distinguendo onestamente tra ciò che è materia di fede e ciò che è opinabile; ma dai documenti esaminati da questa Sacra Congregazione risulta trattarsi di non poche affermazioni, le quali oltrepassando facilmente i limiti dell’ipotesi o della semplice opinione, sembrano toccare in certa misura lo stesso dogma ed i fondamenti della fede.

    Conviene, a titolo di esempio, accennare ad alcune di tali opinioni ed errori, così come risultano dai rapporti di persone competenti e da scritti pubblicati.

    1) In primo luogo circa la stessa Sacra Rivelazione: ci sono alcuni, infatti, che ricorrono alla Sacra Scrittura lasciando deliberatamene da parte la Tradizione, ma poi restringono l’ambito e la forza della ispirazione biblica e dell’inerranza, né hanno una giusta nozione del valore dei testi storici.

    2) Per quanto riguarda la dottrina della fede, viene affermato che le formule dogmatiche sono soggette all’evoluzione storica al punto che anche lo stesso loro significato oggettivo è suscettibile di mutazione.

    3) Il Magistero ordinario della Chiesa, particolarmente quello del Romano Pontefice, è talvolta così negletto e sminuito, fino a venir relegato quasi nella sfera delle libere opinioni.

    4) Alcuni quasi non riconoscono una verità oggettiva assoluta, stabile ed immutabile, e tutto sottopongono ad un certo relativismo, col pretesto che ogni verità segue necessariamente il ritmo evolutivo della coscienza e della storia.

    5) La stessa Persona adorabile di Nostro Signore Gesù Cristo è chiamata in causa, quando, nell’elaborazione della dottrina cristologia, si adoperano, circa la natura e la persona, concetti difficilmente conciliabili con le definizioni dogmatiche. Serpeggia un certo umanesimo cristologico che riduce Cristo alla condizione di un semplice uomo, il quale un po’ per volta acquistò la consapevolezza della sua filiazione divina. Il suo concepimento verginale, i miracoli, la stessa Risurrezione vengono ammessi solo a parale, ma vengono ridotti al puro ordine naturale.

    6) Similmente nella teologia sacramentaria alcuni elementi o vengono ignorati o non sono tenuti nel debito conto, specialmente per quanto riguarda l’Eucaristia. Circa la presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino non mancano alcuni che ne parlano inclinando ad un esagerato simbolismo, quasi che, in forza della transustanziazione, il pane e il vino non si mutassero in Corpo e Sangue di N.S. Gesù Cristo, ma fossero semplicemente trasferiti ad una determinata significazione. Ci sono alcuni che, a proposito della Messa, insistono troppo sul concetto di agape a scapito del concetto di Sacrificio.

    7) Alcuni vorrebbero spiegare il Sacramento della Penitenza come un mezzo di riconciliazione con la Chiesa, non esprimendo sufficientemente il concetto di riconciliazione con Dio offeso. Affermano pure che nella celebrazione di questo Sacramento non è necessaria l'accusa personale dei peccati, sforzandosi di esprimere unicamente la funzione sociale della riconciliazione con la Chiesa.

    8) Né mancano alcuni che o non tengono in debito conto la dottrina del Concilio Tridentino circa il peccato originale, o la spiegano in modo che la colpa originale di Adamo e la trasmissione del suo peccato ne restano perlomeno offuscate.

    9) Né minori sono gli errori che si vanno propagando nel campo della teologia morale. Non pochi, infatti, osano rigettare il criterio oggettivo di moralità; altri non ammettono la legge naturale, affermando invece la legittimità della cosiddetta etica della situazione. Opinioni deleterie vanno propagandosi circa la moralità e la responsabilità in materia sessuale e matrimoniale.

    10) A quanto s'è detto bisogna aggiungere alcune parole circa l'ecumenismo. La Sede Apostolica loda, indubbiamente, coloro che nello spirito del Decreto conciliare sull'ecumenismo promuovono iniziative destinate a favorire la carità verso i fratelli separati e ad attirarli all'unità della Chiesa; ma si duole del fatto che non mancano alcuni i quali, interpretando a modo proprio il Decreto conciliare, propugnano un'azione ecumenica tale da offendere la verità circa l'unità della fede e della Chiesa, favorendo un pernicioso irenismo e un indifferentismo del tutto alieno dalla mente del Concilio.

    Questi pericolosi errori, diffusi quale in un luogo quale in un altro, sono stati sommariamente raccolti in sintesi in questa Lettera agli Ordinari di luogo, affinché ciascuno, secondo la sua funzione ed il suo ufficio, si sforzi di sradicarli o di prevenirli.

    Questo Sacro Dicastero prega vivamente i medesimi Ordinari, riuniti in Conferenze Episcopali, di farne oggetto di trattazione e di riferirne opportunamente alla Santa Sede inviando i propri pareri prima del Natale dell'anno in corso.

    Gli Ordinari e quanti altri ai quali per giusta causa essi riterranno opportuno mostrare questa Lettera, la custodiscano sotto stretto segreto, giacché una evidente ragione di prudenza ne sconsiglia la pubblicazione.

    Roma, 24 luglio 1966.

    A. Card. Ottaviani

    [SM=g1740733] 

     

     


    Caterina63
    00domenica 3 giugno 2012 16:09

    Monoteismo ebraico cristiano e islamico. Adoriamo lo stesso Dio?

    È corretta l'affermazione del medesimo Dio
    adorato da cristiani, ebrei e islamici?


    Gerusalemme crocevia e simbolo dei tre monoteismi

    Tutto nasce da Lumen Gentium 16:
    « Infine, quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio… ».
    Questa visione ermeneutica, e le sue implicazioni nelle relazioni con le altre religioni, è presente anche nel magistero postconciliare. Basti ricordare: L’atteggiamento della Chiesa cattolica di fronte ai seguaci di altre religioni, riflessioni e orientamenti di Dialogo e Missione (1984) del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso; l’enciclica Redemptoris missio di Giovanni Paolo II (1991); Dialogo e annuncio del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (1991); Cristianesimo e religioni della Commissione teologica internazionale (1997); Dominus Iesus, la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede (2000); Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia Cristiana, Pontificia Commissione Biblica (2001). La tematica generale sarà maggiormente sviluppata nel punto 2. del cap.VI, sulla Libertà di religione.
     
    Attualmente l’affermazione è molto presente nei Discorsi di Benedetto XVI.

    Non può restare senza conseguenze una dichiarazione del genere da parte del Papa:
    « Cristiani ed Ebrei hanno una grande parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore... ».
    È pur vero che siamo innestati sulla “radice santa” del giudaismo pre-rabbinico(1) e che il Dio che si è rivelato e ha portato a compimento la Storia della Salvezza in Gesù Cristo è lo stesso dei Patriarchi e dei Profeti; ma se ci fermiamo a questo dato, ignoriamo che nella pienezza dei tempi Dio si è rivelato in Cristo Signore, che gli ebrei hanno rifiutato e continuano a rifiutare. Ed è Dio SS. Trinità, icona e fonte di tutte le nostre relazioni, che noi cristiani adoriamo, per averlo conosciuto attraverso la Rivelazione del Signore Gesù e degli Apostoli.
     
    Quel quid in più di un Dio Incarnato e Morto per i nostri peccati e Risorto per introdurci nella Creazione Nuova, fa una differenza abissale e adorare e pregare l'Uno piuttosto che l'altro non è ininfluente. Infatti, si diventa conformi (la ‘configurazione’ a Cristo di San Paolo) a Colui che si Adora, perché i nostri atteggiamenti interiori e comportamenti vi si conformano in base ad una connaturalità donata nella fede e realizzano un'antropologia e, conseguentemente, una storia diverse...
     
    È la stessa ragione per cui non possiamo affermare di adorare lo stesso Dio dell'Islam. Certamente, Dio Creatore dell'uomo e dell'universo è lo stesso; ma il rapporto che si instaura con Lui in base alla Rivelazione alla quale si aderisce rende diversi gli uomini e il loro essere-nel-mondo e quindi diversa è la storia che essi vi incarnano e scrivono...
    Maria Guarini
    ____________________________
    (1) Il cristianesimo non è una "forma di giudaismo", come anche autorevolmente affermato: «Il cristianesimo era quella forma di giudaismo ampliata fino ad attingere l’universalità, nella quale ora veniva pienamente donato quanto l’Antico Testamento fino ad allora non era stato in grado di dare». (J. Ratzinger, Fede, Verità, Tolleranza - Il Cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena, 2005).
    Quando si parla di giudaismo in riferimento al cristianesimo, bisogna intendere il giudaismo puro, con esclusione di quello spurio, che condanna e maledice i notzrì (cioè i cristiani). Questo ha inizio con l'esilio in Babilonia e sfocia, a partire dall’Assemblea di Yavne dopo la distruzione di Gerusalemme, nel giudaismo talmudico o rabbinico, che si è sviluppato contemporaneamente al cristianesimo in una netta differenziazione reciproca. Il cristianesimo, più che una 'forma' di giudaismo, ne è il compimento, nella Persona di Cristo, nei 'tempi ultimi' e nella Nuova Eterna Alleanza sancita nel Suo Sangue Prezioso.



    ******************************

    [SM=g1740733] Alcune brevi considerazioni dal Blog dove ho tratto l'articolo e raggiungibile dal link del titolo


    Possiamo dire serenamente che questa discussione l'abbia risolta Cristo stesso quando ne parla abbondantemente nei Vangeli....

    “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17)....

    e san Paolo specifica:

    Romani 11,25-33

    25 Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti.
    26 Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:
    Da Sion uscirà il liberatore,
    egli toglierà le empietà da Giacobbe.
    27 Sarà questa la mia alleanza con loro
    quando distruggerò i loro peccati.
    28 Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri,
    29 perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
    30 Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza,
    31 così anch'essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch'essi ottengano misericordia.
    32 Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!
    33 O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

    ****

    ^__^ è ovvio che il Dio dell'Antico Testamento è anche il Dio del Nuovo Testamento, altrimenti cadremmo nell'eresia di Marcione ^__^

    ma è anche ovvio che gli Ebrei adorando lo stesso Dio dell'Antico Testamento, adorano il medesimo Dio del Nuovo, ma non lo riconoscono (in Gesù Cristo) ora:
    Quanto al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio...
    c'è un velo che Dio ha posto sul loro cuore, per un SUO PROGETTO SPECIFICO ;-)
    ma questo velo non li ha portati al di fuori del Dio vero dell'Antico Testamento...

    Diversa è la situazione con i Musulmani...
    in teoria essi partono dal Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, riconoscono in Cristo un profeta (minore a Maometto), e credono nella verginità e nella santità di Maria Santissima, la Madre (incoerente ma è così)....
    Entrambi sono monoteisti... e quindi un passo ulteriore verso il riconoscimento dell'unicità di Dio in Cristo Gesù il MESSIA CHE ESSI ATTENDONO... ma che per noi è già arrivato!

    Il punto nevralgico, ma anche quello che causa più problemi, è che entrambi parliamo di quell'unico Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe... ed entrambi riconoscono i Dieci Comandamenti, credono nelle profezie che per noi si sono avverate, sul Messia, per loro no...
    quindi si, in teoria parliamo tutti del medesimo unico Dio ^__^
    ma nella pratica ci sono divergenze, divisioni e problemi che, non dimentichiamo, sono in parte anche PERMESSI DA DIO... ;-)

    così diceva Ratzinger nell'Omelia del Natale del 2000:

    È vero che anche l'Islam si considera figlio di Abramo e ha ereditato da Israele e dai Cristiani il medesimo Dio, ma esso percorre una strada diversa, che ha bisogno di altri parametri di dialogo.

    **************

    Dante Pastorelli ha detto...

    Eppure S. Giovanni è chiarissimo, sulla scorta di Gesù: "Chi ha il Figlio ha il Padre, chi non ha il Figlio non ha neppure il Padre."
    E dice anche che se qualcuno porta un Vangelo diverso non dev'esser salutato né accolto, perché chi lo accoglie si renderebbe complice delle sue opere malvagie.
    Tiriamo le conclusioni.

    ****************
    Il monito di Giovanni però riguarda le comunità Cristiane che già sotto Paolo e gli altri Apostoli, rischiavano di allontanarsi dalla retta dottrina... un 'esempio è anche in Atti 15 laddove si mettono in guardia le comunità a causa di taluni che andavano predicando Cristo, ma senza essere stati inviati da loro ;-)

    Del resto non avrebbe senso rivolgere un tale monito ai pagani, o gli atei di oggi, i quali non parlerebbero neppure di un Dio tale o di un Dio Incarnato...
    io credo, sulla scorta di altre letture edificanti di santi e Dottori, che il brano si riferisce principalmente ai cristiani mettendoli in guardia dai FALSI MAESTRI che pur predicando un Dio "medesimo" in verità non parlano di quel Dio Incarnato NELLA CHIESA... ne è l'esempio il monito paolino, mi pare in Galati od Efesine, dove ammonisce "che se arrivasse qualcuno a predicare un vangelo diverso dal suo, sia anatema"....

    nè ebrei, nè musulmani predicano un VANGELO ^__^ nè tanto meno " un Vangelo diverso dal suo... solo altri cristiani predicano un vangelo diverso, i cristiani non in comunione con Pietro... infatti essi predicano immagini diverse di Dio Incarnato, molte immagini diverse di Cristo a seconda di quante eresie sostengono...

    [SM=g1740758]


    ****************
    Caterina63
    00domenica 29 luglio 2012 14:57

    I seguaci di Abramo cercano insieme la giustizia


    Lo scambio di lettere tra il presidente iraniano Ahmadinejad e papa Benedetto XVI


    lettere tra il presidente iraniano Ahmadinejad e papa Benedetto XVI da 30giorni dicembre 2010


    Haj Sayyed Mohammad Reza Mir Tajjadini, vicepresidente della Repubblica Islamica dell’Iran, consegna a papa Benedetto XVI la lettera del presidente Ahmadinejad, il 6 ottobre 2010 [© Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran presso la Santa Sede]

    Haj Sayyed Mohammad Reza Mir Tajjadini, vicepresidente della Repubblica Islamica dell’Iran, consegna a papa Benedetto XVI la lettera del presidente Ahmadinejad, il 6 ottobre 2010 [© Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran presso la Santa Sede]

    In nome di Dio, il clemente, il misericordioso.

    A sua eminenza papa Benedetto XVI, guida della Chiesa cattolica.

    Porgo i miei saluti più calorosi e affettuosi a sua eminenza. Vorrei anche ringraziare lei e il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso per la posizione di condanna dell’atto privo di saggezza di una chiesa nello Stato americano della Florida, che con la sua offesa alla sacralità del Santo Corano ha riempito di dolore i cuori di milioni di musulmani.

    Le particolari condizioni che dominano nel mondo d’oggi e la mancanza d’attenzione dell’umanità agli insegnamenti delle religioni monoteistiche – che purtroppo sono causate dalla diffusione di correnti come il secolarismo e l’umanesimo estremista occidentale, come anche dagli stili di vita materialistici della gente, dall’utilitarismo e dalla passionalità –, hanno guadagnato terreno e hanno creato le basi per il collasso delle società umane, dei fondamenti della famiglia e della vita dei giovani. Per questo nessuno può negare che sono diventate una necessità la stretta collaborazione e l’interazione tra le religioni di origine divina per controllare sviluppi così distruttivi.


    L’appello più elevato dei profeti divini è stato al monoteismo e, sotto l’egida del monoteismo, a opporsi all’oppressione e ad applicare la giustizia; per questo i seguaci delle religioni abramitiche devono essere i primi a rafforzare la giustizia, a sradicare le oppressioni e le ingiustizie; a impedire comportamenti discriminatori e parziali che non hanno altro effetto che accumulare inimicizia e rancore e pertanto conflitti e problemi sul piano internazionale.


    La Repubblica Islamica dell’Iran, in quanto nazione fondata sulla religione e sulla democrazia, ha sempre considerato tra le priorità della sua politica estera la stretta cooperazione e lo sviluppo delle relazioni bilaterali con il Vaticano e confida che la soluzione dei mali dell’umanità come le offese alle religioni e ai profeti divini, la diffusione dell’ostilità contro le religioni, l’islamofobia e i tentativi di indebolire i pilastri e le basi della famiglia, è uno dei temi importanti sui quali potremo consultarci e interagire.
    Il sottoscritto esprime il più grande rispetto per le visuali di sua eminenza che mirano alla giustizia e per gli sforzi profusi per condannare la violenza e la discriminazione. Vorrei sottolineare nuovamente l’importanza della religione e della spiritualità per la soluzione dei problemi che affliggono il mondo e dichiarare la disponibilità della Repubblica Islamica dell’Iran a intraprendere sforzi congiunti per modificare le strutture di oppressione che dominano il pianeta.

    Mi auguro che con la benevolenza di Dio onnipotente e con la cooperazione bilaterale, saremo testimoni di un crescente slancio delle comunità umane verso la spiritualità e verso l’affermarsi della pace e della giustizia nel mondo.
    Imploro Dio onnipotente di donare salute e successo a sua eminenza nella diffusione del divino messaggio dei profeti.

    Mahmoud Ahmadinejad presidente della Repubblica Islamica dell’Iran

    (nostra traduzione dall’inglese)


    ***************


    Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, consegna al presidente Ahmadinejad la lettera a lui indirizzata da Benedetto XVI, Teheran,  9 novembre 2010 [© Associated Press/LaPresse]

    Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, consegna al presidente Ahmadinejad la lettera a lui indirizzata da Benedetto XVI, Teheran, 9 novembre 2010 [© Associated Press/LaPresse]

    Al presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, 3 novembre 2010

    A sua eccellenza Mahmoud Ahmadinejad, presidente della Repubblica Islamica dell’Iran.

    Signor presidente,
    con questa mia desidero esprimere l’apprezzamento per le cortesi espressioni di saluto e per le riflessioni che sua eccellenza ha voluto gentilmente farmi pervenire per i buoni uffici di sua eccellenza l’Hojjat ol-Eslam Haj Sayyed Mohammad Reza Mir Tajjadini, vicepresidente della Repubblica Islamica dell’Iran.

    È mio profondo convincimento che il rispetto della dimensione trascendentale della persona umana sia condizione indispensabile per l’edificazione di un ordine sociale giusto e di una pace stabile. Il rapporto personale con Dio, infatti, è fondamento primario dell’inalienabile dignità e sacralità di ogni vita umana.
    Allorché la promozione della dignità della persona umana si presenta come ispirazione principale per l’attività politica e sociale, che ha come impegno quello di perseguire il bene comune, vengono gettate basi salde e durevoli per la costruzione della pace e dell’armonia tra i popoli.

    La pace è innanzitutto dono di Dio, dono ricercato nella preghiera, ma è anche il risultato dell’impegno delle persone di buona volontà. In questa prospettiva, i credenti di ogni religione hanno una responsabilità tutta particolare e possono svolgere un ruolo determinante, collaborando a iniziative comuni. Il dialogo interreligioso e interculturale è strada fondamentale verso la pace.

    Forte di tale convincimento, la recente Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, tenutasi in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010, è stata un momento significativo di riflessione e di condivisione sulla situazione in Medio Oriente e sulle grandi sfide poste davanti alle comunità cattoliche lì presenti. In alcuni Paesi tali comunità si trovano ad affrontare situazioni difficili, discriminazione e persino violenza, e a esse manca la libertà di vivere e professare pubblicamente la propria fede. Sono certo che i lavori del Sinodo porteranno buoni frutti per la Chiesa e per la società tutta.

    I cattolici presenti in Iran e in tutto il mondo profondono ogni impegno nel collaborare con i propri connazionali per contribuire con lealtà e onestà al bene comune delle rispettive società in cui vivono, facendosi costruttori di pace e di riconciliazione.

    In questo spirito, esprimo la speranza che i cordiali rapporti già felicemente esistenti tra la Santa Sede e l’Iran continuino a progredire, e che lo stesso avvenga tra la Chiesa locale e le autorità civili. È inoltre mio convincimento che l’avvio di una commissione bilaterale sarebbe di particolare aiuto per affrontare questioni di interesse comune, tra cui quella relativa allo status giuridico della Chiesa cattolica del Paese.
    Con questi sentimenti, colgo l’occasione per porgerle ancora una volta, signor presidente, assicurazione della mia più alta considerazione.

    Dal Vaticano, 3 novembre 2010

    Benedictus PP. XVI

    *****************************

    La Chiesa cattolica in Iran


     


    di Giovanni Cubeddu


    La Repubblica Islamica dell’Iran conta oggi 77 milioni di abitanti, con un’età media di circa 26 anni. La presenza cristiana, che ammontava a 300mila fedeli, è da tempo in diminuzione a causa dell’emigrazione verso gli Stati Uniti, il Canada e l’Europa.
    La stragrande maggioranza dei cristiani appartiene alla Chiesa armena gregoriana apostolica; vi è poi la Chiesa assira dell’Oriente e varie piccole denominazioni protestanti (incluse le chiese domestiche per i musulmani convertiti, ufficialmente illegali).
    La Chiesa cattolica – che si divide tra rito caldeo, armeno-cattolico e latino – è un piccolo gregge che secondo le fonti ufficiali della locale Conferenza episcopale cattolica non supera le ottomila anime. Quattro sono i vescovi che compongono detta conferenza: due sono di rito caldeo, nelle diocesi di Teheran e di Urmia, rispettivamente il metropolita arcivescovo Ramzi Garmou (dal 2007 anche presidente della Conferenza episcopale) e il vescovo Thomas Meram; Neshan Karakeheyan è amministratore patriarcale della diocesi armeno-cattolica di Isfahan, con residenza a Teheran (circa trecento fedeli), mentre Ignazio Bedini, sdb, è arcivescovo della diocesi latina di Isfahan, con residenza a Teheran (circa duemila fedeli).
    I cristiani, con gli zoroastriani e gli ebrei, in base all’articolo 13 dell’attuale Costituzione iraniana, hanno la libertà di professare liberamente la propria fede, nell’ambito delle leggi islamiche.




    [SM=g1740733]  l'altra faccia della medaglia.....

    Il musulmano convertito


    Ilyas Khan, filantropo britannico, racconta pubblicamente la sua coraggiosa conversione dall'Islam al cattolicesimo


    di Salvatore Cernuzio

    ROMA, mercoledì, 1 agosto 2012 (ZENIT.org) – Sono tanti i musulmani che vorrebbero rinunciare alla propria fede e abbracciare il cristianesimo, ma la paura delle persecuzioni dei propri correligionari li spinge spesso a non aderirvi.

    Tuttavia c’è chi ha avuto il coraggio di fare questa scelta, non solo nell’intimo del suo cuore ma raccontandola pubblicamente sul sito del National Catholic Register.

    Si tratta di Ilyas Khan, filantropo britannico, nato da genitori musulmani, cresciuto in Gran Bretagna, banchiere di formazione, proprietario della squadra di calcio Accrington Stanley, nonché presidente della Leonard Cheshire Disability, la più grande organizzazione mondiale di aiuto alle persone disabili.

    “Alla mia fede ha contribuito molto l’educazione avuta fino ai 4 anni” ha dichiarato Ilyas all’intervistatore che gli domandava cosa lo avesse portato alla fede. “Mia madre era molto malata – prosegue - così fu una mia nonna, profondamente cattolica, ad accudirmi nei primi anni; non potevo non considerarmi se non cristiano”.

    Dai 4 anni fino ai 17 anni, però, Ilyas fu educato e cresciuto come musulmano. Racconta: “Intrapresi gli studi universitari, la Provvidenza Divina intervenne ancora e scelsi di andare a soggiornare presso la Netherhall House, uno studentato dell’Opus Dei”.

    Il tempo trascorso in quello studentato lo avvicinò alla spiritualità e alla fede cattolica. Lui stesso afferma in proposito: “Non posso dire di essere stato condotto alla fede inconsapevolmente, anzi fu proprio tra i 18 e 19 anni che scoprii personaggi come Hans Urs Von Balthasar, e consultai continuamente i testi presenti nella biblioteca dove cominciai a interessarmi di teologia, imbattendomi così in Sant’Agostino e Origene”.

    Quelle letture provocarono nel giovane Ilyas un moto interiore che già allora lo spingevano ad uscire allo scoperto e gridare il proprio credo, ma la paura di arrecare un dolore profondo ai genitori, ancora in vita, soffocò tutto.

    La svolta decisiva, ricorda Khan, fu un “maggior grado di consapevolezza di tutta la mia vita e delle mie basi morali". "Il desiderio di abbandonare l’Islam era profondo, ma è stata la spinta di Cristo che alla fine mi ha portato alla decisione” ha aggiunto.

    Un contributo fondamentale arrivò, poi, dal “vivere quotidianamente la vita della Chiesa", durante il suo soggiorno in Asia, precisamente a Hong Kong all’età di venticinque anni. Proprio lì, la chiesa cinese di San Giuseppe “fu il luogo dove mi avvicinai al cattolicesimo tradizionale. Dai venticinque anni in poi non ho mai dubitato di essere cattolico”.

    Ma ci fu un momento in particolare che segnò indelebilmente la sua fede: una “visione” durante una visita nella Basilica di San Pietro. Ricorda: “Stavo camminando per la Basilica e mi ricordo di essermi letteralmente arrestato vedendo la Pietà di Michelangelo; mi sono giunte mille domande nel guardare quel volto della Madonna che guardava il suo Figlio. Ho detto tra me e me: ‘Questo è Dio; non può non essere Dio’. Per l’Islam dire che Dio si è fatto uomo è un’eresia; lì mi son caduti tutti i dubbi. La bellezza e l’atmosfera attorno a quello spettacolo hanno segnato il punto di svolta”.

    Una grande testimonianza quella di Ilyas Khan che, se da un lato, è stata un incoraggiamento per tutti coloro che hanno ancora dubbi o paure sul proprio credo; dall’altro, ha provocato reazioni negative tradottesi in dirette minacce di odio e di morte.

    Nonostante ciò, Ilyas non ha paura di manifestare la propria fede, né di gridarne pubblicamente la bellezza, tanto da essere considerato oggi in Gran Bretagna, “il più importante neoconvertito al cattolicesimo”.





    [SM=g1740733]


    Caterina63
    00martedì 25 dicembre 2012 17:30
    [SM=g1740733] Dopo 26 anni, ha riaperto l' "asilo accanto al muro". Nel campo profughi di Aida, a Betlemme.

    [SM=g1740722] brava la suora quando dice: "questa è una scuola cristiana, NON insegnamo il Corano, ma il RISPETTO PER TUTTI" ....

    it.gloria.tv/?media=194406



    [SM=g1740717]

    Caterina63
    00sabato 12 gennaio 2013 21:43
    [SM=g1740733] Sua Em.za Card. R. Burke, Il modo corretto di intendere il raduno di Assisi

    www.gloria.tv/?media=383368




    [SM=g1740722]


    [SM=g1740766]



    Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
    Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 04:56.
    Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com