Clemente XIII e gli attacchi alla “libertas Ecclesiae”

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Caterina63
00lunedì 5 settembre 2011 23:55

Durante il periodo del cosiddetto “illuminismo” settecentesco, numerosi governi europei, ripudiando e rinunciando alle lunghe tradizioni che li volevano sostanziali sostenitori della Chiesa Cattolica e dei diritti della stessa, cambiarono la propria linea politica e cominciarono a mettere seriamente in discussione la libertas Ecclesiae. Alcune decisioni di questo tipo vennero adottate anche dallo Stato francese, suscitando la sconcertata reazione di Clemente XIII (1) il quale, tra gli altri provvedimenti, pubblicò pure l’enciclica Quam Graviter il 25 giugno 1766. 245 anni sono trascorsi da allora, ma riteniamo essa possa ancora essere riletta fruttuosamente – pur tenendo in debito conto il contesto in cui fu prodotta.

Eccone un paio di passaggi con un breve commento (traduzione da qui: http://www.totustuustools.net/magistero/c13quamg.htm):

Che sarà in seguito del divino potere della Chiesa se, quando le occorrerà praticare e valersi del suo diritto, e vorrà richiamare i fedeli all’obbedienza, dovrà soggiacere totalmente al cenno della laica potestà e non potrà esigere dai fedeli obbedienza maggiore di quella che torna a vantaggio del potere secolare?

É chiaro il richiamo del Papa alla libertà della Chiesa, che le proviene direttamente dal Suo divino fondatore. Il Concilio Vaticano II ha richiamato questa dottrina affermando che “La libertà della Chiesa è principio fondamentale nelle relazioni fra la Chiesa e i poteri pubblici e tutto l’ordinamento giuridico della società Civile.” (2)

Quale linea di demarcazione stabiliremo, al fine di riconoscere i limiti di entrambi i poteri, se è nelle mani e nell’arbitrio del potere laico la facoltà di annullare qualunque decreto della Chiesa circa la Fede o la disciplina o le norme di comportamento?

Qui papa Rezzonico riconosce che il potere spirituale e quello temporale hanno dei limiti che sono loro propri e deplora, di conseguenza, le indebite ingerenze laiche negli affari interni della Chiesa.

San Pio X nel 1913 ribadiva che “La Chiesa ha la missione di governare le anime e di amministrare i Sacramenti; e quindi, come nessun altro per nessun motivo può pretendere di penetrare nel Santuario, essa ha il dovere d’insorgere contro chiunque con arbitrarie ingerenze o ingiuste usurpazioni pretenda di invadere il suo campo” (3) e il Vaticano II affermava che “Nella società umana e dinanzi a qualsivoglia pubblico potere, la Chiesa rivendica a sé la libertà come autorità spirituale, fondata da Cristo Signore, alla quale per mandato divino incombe l’obbligo di andare nel mondo universo a predicare il Vangelo ad ogni creatura . Parimenti, la Chiesa rivendica a sé la libertà in quanto è una comunità di esseri umani che hanno il diritto di vivere nella società civile secondo i precetti della fede cristiana.” (4).

(1) Al secolo Carlo Rezzonico. Nato a Venezia nel 1693, vescovo di Padova, poi cardinale e infine Sommo Pontefice (dal 1758 sino alla morte nel 1769).

(2) Cfr. Dignitatis Humanæ, 13.

(3) Cfr. Discorso ai fedeli convenuti a Roma in occasione del XVI centenario della promulgazione dell’Editto di Costantino, 23 febbraio 1913.

(4) Cfr. Dignitatis Humanæ, 13.


Caterina63
00lunedì 5 settembre 2011 23:56
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Clemente XIII
Quam graviter


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1. Quanto gravemente siamo stati colpiti, allorché abbiamo letto i tre Decreti (Arrêts, come li chiamano) dello scorso 24 maggio, pubblicati dal Regio Consiglio del Re Cristianissimo, vi sarà facile comprendere; come li ricevemmo, fummo al contempo colpiti e sconcertati. Infatti, che sarà in seguito del divino potere della Chiesa se, quando le occorrerà praticare e valersi del suo diritto, e vorrà richiamare i fedeli all’obbedienza, dovrà soggiacere totalmente al cenno della laica potestà e non potrà esigere dai fedeli obbedienza maggiore di quella che torna a vantaggio del potere secolare? Quale linea di demarcazione stabiliremo, al fine di riconoscere i limiti di entrambi i poteri, se è nelle mani e nell’arbitrio del potere laico la facoltà di annullare qualunque decreto della Chiesa circa la Fede o la disciplina o le norme di comportamento? Voi vedete, Venerabili Fratelli, quanto la Chiesa sia oppressa in questa sorta di servaggio, e da quale grave iattura finirà per essere funestata la vigna del Signore.

Inoltre non sfuggirà alla vostra perspicacia quale flagello si debba paventare, posto che il potere secolare rivendica a sé il diritto di riesaminare le Costituzioni degli Ordini Regolari e di affrontarne la riforma, senza consultare questa Santa Sede del beato Pietro, alla quale nessuno nega che occorra rivolgersi, trattandosi di siffatte questioni, come testimoniano gli esempi, non così rari, in codesto Regno.

2. Peraltro siamo convintissimi che al Re Cristianissimo non è stato prospettato quanti gravi abusi possono aver origine da quegli editti contro la Chiesa; e non dubitiamo che la sua grande rettitudine e il suo singolare rispetto verso la Chiesa provano ripugnanza per tali abusi. Pertanto a voi compete il dovere di sottoporre alla vista di quella Maestà Regia la prova evidente di quegli abusi, descritta a vivaci colori, e voi dovete compiere tale atto con particolare sollecitudine in quanto lo stesso Re Cristianissimo ha espressamente dichiarato di voler porgere benevolo e indulgente ascolto alle vostre eventuali recriminazioni, se vorrete rivolgervi a lui. Affinché Voi possiate più agevolmente essere ammessi al suo cospetto, Venerabili Fratelli, Noi scriviamo a quella Maestà Reale rivelandogli il profondo dolore che Ci provenne da quegli editti e Lo richiamiamo al suo sentimento religioso perché Vi ascolti con animo sereno, quando solleciterete il suo reale soccorso in modo che si rivelino alla Chiesa la sua forza operante e il potere che egli ebbe da Cristo Signore. E a Voi, Venerabili Fratelli, di cui non loderemo mai abbastanza l’ardentissimo zelo e l’amore verso Dio e la Sposa di Gesù Cristo, impartiamo l’Apostolica Benedizione con tutto l’affetto del Nostro animo.

Dato a Roma, il 25 giugno 1766, ottavo anno nel Nostro Pontificato.



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