Convegno 10-12 dicembre 2009 "DIO OGGI" organizzato dalla Cei (di sandro magister)

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Caterina63
00sabato 20 giugno 2009 18:37

Priorità. Anche nella classifica della CEI Dio è salito in testa

La cosa è passata inosservata. Ma dall’ultima assemblea generale della conferenza episcopale italiana è uscito l’annuncio di un evento che non ha precedenti, nella storia della CEI.

Si tratta di un convegno il cui titolo è: “Dio oggi”. Sottotitolo: “Con lui o senza di lui cambia tutto”. Si terrà a Roma dal 10 al 12 dicembre nell’Auditorium di via della Conciliazione. È stato ideato dal comitato per il progetto culturale presieduto dal cardinale Camillo Ruini.

Basta scorrerne il programma per capirne l’assoluta novità.

Non sarà un convegno strettamente “di Chiesa”. Spazierà dalla filosofia alla teologia, dall’arte alla musica, dalla letteratura alla scienza. E gli oratori saranno di grande rilievo nei rispettivi campi: siano essi cattolici o no, credenti od agnostici.

Non sarà neppure una sfilata di opinioni giustapposte, tanto meno una sorta di “cattedra dei non credenti”. Il disegno è assolutamente mirato. Punta deciso a quella “priorità” che per Benedetto XVI “sta al di sopra di tutte”, in un tempo “in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento”.

La priorità cioè – come ha scritto papa Joseph Ratzinger nella sua lettera ai vescovi del 10 marzo scorso – “di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio. Non a un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine (cfr. Giovanni 13, 1), in Gesù Cristo crocifisso e risorto”.

Ad aprire il convegno saranno, nel pomeriggio di giovedì 10 dicembre, il cardinale Ruini (titolo della relazione: “Colui che fa la differenza”) e il filosofo tedesco Robert Spaemann (”Una nuova via razionale verso Dio”).

[Per inquadrare la visione di Spaemann c'è il servizio di www.chiesa: "Un filosofo rilancia la scommessa del papa: vivere come se Dio ci fosse", con un suo brano "ad hoc" tratto dal suo ultimo libro].

Subito dopo, in contemporanea, si discuterà su Dio nel cinema e nella televisione (con Mariarosa Mancuso, Aldo Grasso…), su Dio nella letteratura e nella poesia (con Aharon Appelfeld…), su Dio e l’anima (con Giacomo Canobbio, Giorgio Israel…), su Dio nel mercato librario (con i risultati di un’inchiesta).

Chiuderà questa prima tornata una “conversazione su Dio” tra il cardinale Carlo Caffarra, Giuliano Ferrara e Aldo Schiavone.

Venerdì 11 dicembre i due relatori saranno il cardinale Angelo Scola (”Fine della modernità: eclissi e ritorno di Dio”) e il filosofo inglese Roger Scruton (”L’illusione scientista”).

Seguirà una discussione su Dio nell’arte figurativa di ieri e di oggi, tra monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio della cultura, e il professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani.

Nel pomeriggio, i relatori saranno Massimo Cacciari (”Parlare di Dio oggi”) e Remi Brague (”I tre monoteismi”).

Subito dopo, in contemporanea, si discuterà su Dio nella musica ieri e oggi (Pierangelo Sequeri, Pierpaolo Bellini), su Dio e la violenza (Emanuele Severino, Angelo Panebianco…), su creazione ed evoluzione (Denis Alexander, Fiorenzo Facchini…).

Chiuderà la seconda giornata una “conversazione su Dio” tra monsignor Bruno Forte, Ernesto Galli della Loggia, Salvatore Natoli.

Sabato 12 dicembre la sessione finale sarà dedicata a Dio e le scienze. Presiederà Ugo Amaldi. E ne tratteranno Martin Nowak (”Dio e la biologia”), George Coyne (”Narrano i cieli la gloria di Dio”) e Peter van Inwagen (”Dio e l’ontologia”).

Questo il programma di massima del convegno. Va aggiunto che vi sono altri segni di quanto la CEI metta sempre più al centro la questione di Dio.

Proprio in questi giorni la commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, presieduta da Bruno Forte, ha diffuso una “
Lettera ai cercatori di Dio“, offerta “a chiunque voglia farne oggetto di lettura personale, oltre che come punto di partenza per dialoghi destinati al primo annuncio della fede in Gesù Cristo”.


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La pagina verrà aggiornata appena si avranno ulteriori notizie...

Caterina63
00giovedì 10 dicembre 2009 18:58
Messaggio del Papa al convegno del Comitato per il progetto culturale della Cei

La fede in Dio apre all'uomo
l'orizzonte di una speranza certa




Contro "la tendenza a relegare Dio nella sfera privata, a considerarlo come irrilevante e superfluo, o a rifiutarlo esplicitamente", il Papa auspica che il Convegno in corso a Roma dal 10 al 12 dicembre su iniziativa del Comitato per il progetto culturale della Cei "possa contribuire $\a diradare quella penombra che rende precaria e timorosa per l'uomo del nostro tempo l'apertura verso Dio". Lo ha scritto nel messaggio al presidente della Conferenza episcopale italiana, che viene letto giovedì pomeriggio, all'apertura dei lavori. Ecco il testo del messaggio di Benedetto XVI.




Al Venerato Fratello
il Signor Cardinale
Angelo Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente della Conferenza
Episcopale Italiana


In occasione del Convegno "Dio oggi: con lui o senza di lui cambia tutto", che si svolge a Roma dal 10 al 12 dicembre, desidero manifestare a Lei, venerato Fratello, alla Conferenza Episcopale Italiana e, in particolare, al Comitato per il Progetto Culturale, vivo apprezzamento per tale importante iniziativa, che affronta uno dei grandi temi che da sempre affascinano ed interrogano lo spirito umano. La questione di Dio è centrale anche per la nostra epoca, nella quale spesso si tende a ridurre l'uomo ad una sola dimensione, quella "orizzontale", ritenendo irrilevante per la sua vita l'apertura al Trascendente. La relazione con Dio, invece, è essenziale per il cammino dell'umanità e, come ho avuto modo di affermare più volte, la Chiesa e ogni cristiano hanno proprio il compito di rendere Dio presente in questo mondo, di cercare di aprire agli uomini l'accesso a Dio.

In questa prospettiva si pone l'evento internazionale di questi giorni. L'ampiezza di approccio alla importante tematica, che caratterizza l'incontro, permetterà di tracciare un quadro ricco e articolato della questione di Dio, ma soprattutto sarà di stimolo per una più profonda riflessione sul posto che occupa Dio nella cultura e nella vita del nostro tempo. Da una parte, infatti, si intende mostrare le varie strade che conducono ad affermare la verità circa l'esistenza di Dio, quel Dio che l'umanità ha da sempre in qualche modo conosciuto, pur nei chiaroscuri della sua storia, e che si è rivelato con lo splendore del suo volto nell'alleanza con il popolo di Israele e, al di là di ogni misura e attesa, in modo pieno e definitivo, in Gesù Cristo. Questi è il Figlio di Dio, il Vivente che entra nella vita e nella storia dell'uomo per illuminarle con la sua grazia, con la sua presenza. Dall'altra parte, si vuole mettere proprio in luce l'importanza essenziale che Dio ha per noi, per la nostra vita personale e sociale, per la comprensione di noi stessi e del mondo, per la speranza che illumina il nostro cammino, per la salvezza che ci attende oltre la morte.

Verso questi obiettivi sono indirizzati i numerosi interventi, secondo le molteplici prospettive che saranno oggetto di studio e di confronto: dalla riflessione filosofica e teologica alla testimonianza delle grandi religioni; dallo slancio verso Dio, che trova espressione nella musica, nelle lettere, nelle arti figurative, nel cinema e nella televisione agli sviluppi delle scienze, che cercano di leggere in profondità i meccanismi della natura, frutto dell'opera intelligente di Dio Creatore; dall'analisi dell'esperienza personale di Dio alla considerazione delle dinamiche sociali e politiche di un mondo ormai globalizzato.

In una situazione culturale e spirituale come quella che stiamo vivendo, dove cresce la tendenza a relegare Dio nella sfera privata, a considerarlo come irrilevante e superfluo, o a rifiutarlo esplicitamente, auspico di cuore che questo evento possa contribuire almeno a diradare quella penombra che rende precaria e timorosa per l'uomo del nostro tempo l'apertura verso Dio, sebbene Egli non cessi mai di bussare alla nostra porta. Le esperienze del passato, anche non lontano da noi, insegnano che quando Dio sparisce dall'orizzonte dell'uomo, l'umanità perde l'orientamento e rischia di compiere passi verso la distruzione di se stessa.

La fede in Dio apre all'uomo l'orizzonte di una speranza certa, che non delude; indica un solido fondamento su cui poter poggiare senza timore la vita; chiede di abbandonarsi con fiducia nelle mani dell'Amore che sostiene il mondo.

A Lei, Signor Cardinale, a quanti hanno contribuito a preparare il Convegno, ai Relatori e a tutti i partecipanti va il mio cordiale saluto con l'augurio di un pieno successo dell'iniziativa. Accompagno i lavori con la preghiera e con la mia Benedizione Apostolica, propiziatrice di quella luce dall'alto, che rende capaci di trovare in Dio il nostro tesoro e la nostra speranza.

Dal Vaticano, 7 Dicembre 2009






(©L'Osservatore Romano - 11 dicembre 2009)


Caterina63
00sabato 12 dicembre 2009 08:55

Trovata una nuova prova dell’esistenza di Dio

Il filosofo Spaemann, consigliere del Papa, lancia un’ipotesi interessante. “Una dimostrazione di Dio che sia, per così dire, Nietzsche-resistente, una dimostrazione di Dio a partire dalla grammatica, più esattamente dal cosiddetto ‘futurum exactum’ (il futuro anteriore)”.

“Una dimostrazione di Dio che sia, per così dire, Nietzsche-resistente, una dimostrazione di Dio a partire dalla grammatica, più esattamente dal cosiddetto ‘futurum exactum’ (il futuro anteriore)”. E’ con questa interessante provocazione intellettuale che il filosofo tedesco Robert Spaemann interverrà giovedì al convegno “Dio oggi”, organizzato a Roma dalla Cei. “Una nuova prova dell’esistenza di Dio” da parte di uno dei massimi critici cattolici della modernità, rubricato fra i “consiglieri del Papa” Benedetto XVI, con il quale Spaemann ha studiato. Nato a Berlino nel 1927 e capostipite di una generazione di pensatori tedeschi sopravvissuta al nazionalsocialismo, autore di importanti saggi come “Persone” e “Natura e ragione”, Spaemann è anche noto come “l’Emmanuel Lévinas cattolico”. A lui si devono alcune fra le più radicali sentenze del pensiero contemporaneo, a cominciare dalla celebre tesi secondo cui “non c’è etica senza metafisica”.

 
 Erede della prestigiosa cattedra che fu di Hans Georg Gadamer, professore emerito a Monaco e visiting professor in numerose università del mondo, Robert Spaemann nella sua conferenza sosterrà che dire di qualcosa che “è”, ed è “adesso”, equivale a dire nel futuro che quella cosa “è stata”. “In questo senso ogni verità è eterna”, afferma Spaemann. “Poiché non possiamo pensare ad alcun presente senza un relativo futurum exactum, ci possiamo pensare presenti e reali solo se pensiamo a Dio. Se noi oggi siamo qui, noi domani saremo stati qui. Se la realtà esiste, allora il futuro anteriore è inevitabile e con esso il postulato del Dio reale”.  

L’affascinante tesi di Robert Spaemann fa il paio con quanto Joseph Ratzinger affermò per la prima volta, da filosofo oltre che da teologo, nel discorso a Subiaco del 1° aprile 2005, nella sua ultima conferenza pubblica prima d’essere eletto Papa. Ovvero l’idea di vivere “come se Dio ci fosse”, si creda o no nella rivelazione. L’ipotesi di Spaemann non è estranea neppure ad altri pensatori del nostro tempo. Se per il grande antropologo francese Claude Levi-Strauss il fatto che l’uomo parli più lingue era il “mystère suprême”, il critico inglese George Steiner è arrivato molto vicino agli esiti metafisici di Spaemann quando ha scritto che la traduzione è un postulato metafisico e che “chiusa la porta del futuro, ogni conoscenza è inerte”. Perché secondo Steiner “è solo con il linguaggio che l’uomo può affrancarsi dal tempo e dalla morte”.  

Il punto di partenza dell’analisi di Spaemann, che nella sua relazione attacca duramente anche lo scientismo e il naturalismo contemporanei, è l’idea che “la traccia di Dio nel mondo da cui oggi dobbiamo prendere le mosse, è l’uomo, siamo noi stessi”. La personalità dell’uomo sta e coincide con “la sua capacità di verità”. E’ questo che viene oggi posto in questione da biologi, teorici dell’evoluzione e delle neuroscienze. Il massimo ideologo del nichilismo moderno, Friedrich Nietzsche, diceva che non possiamo liberarci di Dio “finché continuiamo a credere alla grammatica”. “Il problema è che non possiamo fare a meno di credere alla grammatica”, replica Spaemann. Col venir meno del pensiero della verità viene meno anche il pensiero della realtà. “Il nostro dire e pensare ciò che è, è strutturato in forma inevitabilmente temporale”. L’inevitabilità del futuro anteriore implica quindi l’inevitabilità di pensare un “luogo”, come lo chiama Spaemann, “dove tutto ciò che accade è custodito per sempre”. Altrimenti dovremmo accettare l’assurdo pensiero che ciò che ora è, un giorno non sarà più stato. “E di conseguenza non è reale neppure adesso”. 

Qualsiasi cosa ne possa nascere in futuro, quel che è accaduto un tempo è, e resterà sempre, vero. “Nessuna parola pronunciata un giorno sarà un giorno non pronunciata, nessun dolore non sofferto, nessuna gioia non vissuta. Il passato può diradare, ma non si può fare in modo che non sia stato”, dice Spaemann. “Che esista un essere che nella nostra lingua si chiama ‘Dio’ è una vecchia diceria che non si riesce a mettere a tacere”, aveva scritto Spaemann in un suo celebre libro. “Questo essere non fa parte di ciò che esiste nel mondo. Dovrebbe essere piuttosto la causa e l’origine dell’universo”. Nietzsche aveva ragione a scrivere che per liberarsi di Dio ci saremmo dovuti liberare della grammatica. Ma anche lui non poté fare a meno di conformare i suoi pensieri alla grammatica. Spaemann ricorda la storiella della scritta sul muro: “Dio è morto. Firmato: Nietzsche”, sotto la quale qualcuno ha scritto: “Nietzsche è morto. Firmato: Dio”.

 

 FOGLIO QUOTIDIANO

http://www.donboscoland.it/

Caterina63
00sabato 12 dicembre 2009 18:24
Si è concluso il convegno del Progetto culturale della Cei
Dio oggi non è negato ma sconosciuto


Si è chiuso a Roma, all'Auditorium della Conciliazione, il convegno "Dio oggi: con lui o senza di lui cambia tutto" organizzato dal comitato per il Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana. Pubblichiamo stralci dall'intervento conclusivo del presidente della Pontificia Accademia per la Vita e rettore della Pontificia Università Lateranense.

di mons. Rino Fisichella

"Quando uno ha finito, allora comincia" (Siracide, 18, 6). È proprio così. Concludere queste giornate ricche di provocazioni su diversi fronti dalla cultura alla fede, equivale a iniziare a riflettere con maggior intensità sui contenuti che sono stati partecipati. Nella lectio conclusiva del suo insegnamento nel 1993, l'ideatore della "teologia politica", Johann Baptist Metz, diceva: "La crisi che ha colpito il cristianesimo europeo non è più primariamente o almeno esclusivamente una crisi ecclesiale (...) La crisi è più profonda: essa non ha affatto le sue radici solo nella situazione della Chiesa stessa: la crisi è divenuta una crisi di Dio. Schematicamente si potrebbe dire: religione sì, Dio no; dove questo no a sua volta non è inteso nel senso categorico dei grandi ateismi. Non esistono più grandi ateismi. L'ateismo di oggi può in realtà già di nuovo riprendere a parlare di Dio - distrattamente o tranquillamente - senza intenderlo veramente".

In una parola, si ammette che la crisi odierna è determinata dal potere e sapere parlare di Dio; la cosa non può lasciare neutrali soprattutto a oltre 40 anni dal Vaticano ii che aveva tra i suoi scopi quello di parlare di Dio all'uomo di oggi in modo comprensibile. La crisi che viviamo, comunque, si potrebbe riassumere in maniera ancora più sintetica: Dio oggi non è negato, è sconosciuto. Probabilmente, all'interno di quest'espressione c'è qualcosa di vero circa il modo di porsi del nostro contemporaneo dinanzi alla problematica che ruota intorno al nome di "Dio". Per alcuni versi, si potrebbe dire che si è passati dal "Dio: un'ipotesi inutile" di venerata memoria, al "Dio: la possibilità buona per l'uomo" di Gianni Vattimo nell'ultima pubblicazione di alcune settimane fa su questo tematica.

Questi giorni hanno permesso di riflettere, di vedere, di ascoltare e discutere sul tema "Dio" in riferimento ai diversi segmenti in cui la cultura si organizza: dalla filosofia alla teologia; dalla scienza al cinema, dalla bellezza delle arti alla letteratura; insomma, un tour de force che ha mostrato le metamorfosi della cultura contemporanea e la stabilità dell'opera d'arte che non conosce trascorrere del tempo. In una parola, potremmo affermare che si è gettato un sasso nello stagno su due fronti: quello dell'indifferenza, che spesso domina il contesto culturale su questa problematica, e quello dell'ovvietà che evidenzia quanta ignoranza domini spesso sovrana sui contenuti religiosi. Indifferenza e ovvietà, purtroppo, rodono alla base quel comune senso religioso che è ancora presente in Italia, rendendo sempre più debole la domanda religiosa e, soprattutto, la sua scelta consapevole e libera. Avere provocato un'ampia riflessione su questo tema è un servizio che si rende alle giovani generazioni più che a quanti vi hanno partecipato.

Noi adulti, alla fine, siamo qui convenuti avendo un'idea chiara della fede in Dio o della sua negazione; probabilmente, l'intensità delle giornate ha permesso che qualche conoscenza ulteriore si sia aggiunta a quanto già possedevamo. Il problema, però, resta per le generazioni che seguiranno, a cui dobbiamo trasmettere con responsabilità non solo le certezze che abbiamo conquistato, ma anche il tentativo di dissolvere i dubbi che ci accompagnano per permettere che si fomenti una cultura che sappia ancora domandare, ricercare e giungere a soluzioni originali capaci di rispondere allo spirito del tempo.

Ritorna immediata, per poter compiere una sintesi di quanto è stato detto in questi giorni, la scena familiare di Paolo per le vie di Atene (Atti, 17, 16-34). Non è cambiato molto da allora. Le strade delle nostre città - sempre più monotone per la ripetitività dei modelli offerti dall'appiattimento urbanistico di questi decenni, da dove sembra scomparsa ogni forma di nuova bellezza - sono cariche di nuovi idoli. L'interesse verso un generico senso religioso - venuto meno nei decenni passati - sembra voler riprendersi una sorta di rivincita in un mondo che mostra ancora la via della secolarizzazione, anche se non è più così chiara ed evidente la strada che vuole seguire, come ha mostrato la relazione del cardinale Angelo Scola.

Espressioni religiose si moltiplicano, spesso prive di spessore razionale per dare maggior spazio all'emotività, mentre nuovi messia dell'ultima ora appaiono di nuovo all'orizzonte, predicando l'imminente fine del mondo. È necessario chiedersi chi sono i nuovi Paolo di Tarso coscienti di essere portatori di una bella notizia che entra nell'areopago del nostro piccolo mondo con la convinzione e la certezza di voler annunciare lo Theòs àgnostos.

Nel mistero dell'enigmaticità della propria esistenza personale, del cosmo e di quanto ci circonda deve sorgere l'interrogativo che tocca il senso e il significato dell'esistenza. Ricorrere, mitologicamente, al "fato" - come molti oggi sono tentati di fare - potrebbe essere una scappatoia facile e già utilizzata nel passato, ma si verrebbe a compromettere il valore della libertà personale che è quanto di più geloso ognuno dovrebbe conservare. In questo richiamo ultimo e radicale alla libertà nel suo rapporto con la verità si esprime anche l'originalità del cristianesimo.

Niente come la fede nel Dio che si fa uomo provoca la libertà ad assumere in prima persona il principio di responsabilità. Il Dio che ama come Gesù è il Dio responsabile del fratello che non rimane nella solitudine della morte. Senza Dio viene meno la possibilità dell'autocomprensione, dell'esercizio della libertà e della responsabilità sociale. Dunque, è proprio vero: con lui o senza di lui cambia tutto.


(©L'Osservatore Romano - 13 dicembre 2009)


Caterina63
00lunedì 15 marzo 2010 18:59
La nuova cosmologia e la ricerca di una struttura matematica ideale

Dio non può essere solo una spiegazione


Pubblichiamo ampi stralci del capitolo scritto dal gesuita presidente del Vatican Observatory Foundation contenuto nel volume Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto (Siena, Cantagalli, 2010, pagine 236, euro 15,50) che raccoglie le relazioni del convegno organizzato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana tenuto lo scorso dicembre.


di George V. Coyne

L'evoluzione è una caratteristica intrinseca all'universo dalla quale non si può prescindere quando si voglia dare una spiegazione sia del suo insieme, sia delle sue parti. Tenendo conto dell'età dell'universo, la comparsa della vita è un fatto relativamente recente. Non c'è dubbio che in questi ultimi tempi sia molto cresciuto l'interesse per la vita extraterrestre. Tuttavia ciò che veramente deve sorprenderci non è tanto scoprire che la vita si trovi nell'universo anche fuori della Terra, ma piuttosto che semplicemente nell'universo esista la vita.

Il fatto è che ci vollero dodici miliardi di anni prima che, con l'evoluzione dell'universo in espansione, si realizzassero le condizioni necessarie affinché la vita potesse iniziare a esistere; condizioni che, in questa lunga evoluzione, non poterono attuarsi senza il continuo concorso di circostanze fisiche particolari ritenute indispensabili per l'esistenza stessa della vita. Davanti a questo fatto si può ragionare in due modi:  la vita non ha altro significato che quello di essere lo stadio finale del lungo processo di evoluzione dell'universo; oppure, è il culmine dello svolgersi estremamente lungo e delicato di un programma rappresentato dalle leggi fisiche insite nell'universo.

Oggi si ritiene che la vita sia comparsa, nelle sue prime forme microscopiche, poco più di tre miliardi di anni fa; cioè circa tredici miliardi di anni dopo il Big Bang Perché essa ha impiegato tanto tempo ad apparire? Si ritiene che per produrre le quantità di elementi chimici indispensabili alla vita siano state necessarie tre generazioni di stelle. Infatti gli elementi pesanti si creano per nucleosintesi solo all'interno delle stelle e solo quando le stelle muoiono essi vengono diffusi nello spazio per dare origine a una nuova generazione di stelle. La durata della vita di una stella dipende dalla sua massa e può variare da parecchi milioni di anni per stelle di grande massa, a diversi miliardi di anni per stelle di piccola massa. È comunque certo che sono stati necessari circa dieci miliardi di anni di evoluzione stellare per produrre idrogeno, azoto, ossigeno, carbonio, e così via. Ripeto che l'universo è per sua natura evolutivo e dovette evolversi fino a diventare grande e vecchio prima che potessimo esistere noi. Sono stato tentato di dire "perché potessimo esistere noi", ma così avrei introdotto il concetto filosofico di finalità che, come tale, esula dal campo della scienza. Al mio parere ci porterebbe anche a una immagine di Dio creatore non coerente con la nostra conoscenza dell'universo creato.

La comparsa della vita nell'universo pone naturalmente una serie di problemi scientifici ai quali, a mio parere, non è stata ancora data una soluzione adeguata. Tenendo conto che per l'emergenza della vita era necessaria una particolarissima sintonia (fine-tuning) delle costanti e delle leggi fisiche della natura, potremmo chiederci come mai essa sia potuta semplicemente apparire. La vita, infatti, sarebbe stata impossibile anche se una sola di queste costanti avesse avuto un valore differente. Di nuovo per trovare una spiegazione siamo sempre tentati di ricorrere a un'immagine, al mio parere sbagliata, di Dio creatore che per sua libera volontà ha accordato le costanti della natura.

Ma noi ci siamo e la nostra esistenza è intimamente legata alla materia e all'energia dell'universo di cui siamo parte. I nostri atomi si scambiano continuamente con quelli dell'universo, al punto che ogni anno il 98 per cento del nostro corpo si rinnova. Ogni nostro respiro mette in circolo miliardi e miliardi di atomi già riciclati nelle ultime settimane dal respiro di altri viventi. Nulla di ciò che ora forma i miei geni vi esisteva un anno fa. Tutto viene rinnovato, rigenerato ogni momento attingendo a quella fonte di materia e di energia che è l'universo. La mia pelle si rinnova ogni mese e il mio fegato ogni sei settimane. Possiamo dire che, tra tutti gli esseri dell'universo, noi siamo i più riciclati! Qualsiasi immagine di Dio, sorgente universale della vita, deve rispondere a tali fatti scientifici.

Riflettendo ora su quanto è avvenuto nell'universo a partire dal suo inizio, possiamo dire che c'è stata una continua trasformazione di energia in forme sempre più complesse di materia. All'inizio c'era solo energia; poi, in base alla famosa equazione di Einstein, l'energia si è trasformata in materia dando origine a quark, atomi, molecole, galassie, stelle, pianeti, organismi prebiotici, e finalmente l'uomo. Noi siamo il risultato di un processo continuo di trasformazione dell'energia dell'universo in forme sempre più complesse di materia. Da poco abbiamo cominciato a renderci conto che questo processo non avvenne sempre in modo deterministico e ordinato, ma che in ogni fase del suo sviluppo evolutivo ebbero parte anche il caso e l'imprevedibilità.

Quanto detto riporta a una domanda:  la vita, a livello dell'intelligenza e dell'autocoscienza rappresenta un fattore importante per l'evoluzione futura dell'universo? È una domanda che forse porterebbe fuori del campo delle scienze della natura. Preferisco tuttavia correre il rischio ricapitolando le domande fatte in un'ultima domanda tendenziosa:  esistiamo solo per riciclare l'energia nella forma in cui ci viene fornita dall'universo, oppure siamo esseri speciali, in cui l'universo trova la possibilità di passare dalla materia allo spirito?

È in questo quadro generale dell'universo in evoluzione in cui si colloca la vita, e noi con essa, che vorrei presentare, in corrispondenza di una nuova cosmologia, la proposta di una nuova immagine di Dio creatore. La novità della nuova cosmologia di cui intendo parlare non può essere ben compresa senza fare riferimento alla storia di come essa ha avuto origine. Nei secoli XVI e XVIi era diffusa e persistente l'idea, già condivisa dai pitagorici, che il compito dei fisici fosse di scoprire qualcosa come un grande progetto trascendentale incarnato nell'universo. Si ritiene, infatti, che uno dei fattori essenziali che contribuirono alla nascita della scienza moderna fu la teologia cristiana della creazione e dell'incarnazione. A proposito dell'incarnazione, il concetto del Lògos incarnato di cui parla il prologo del vangelo di Giovanni, si rivelò particolarmente appropriato; esso richiamava in qualche modo i concetti platonici e pitagorici del mondo delle idee eterne e del carattere trascendentale della matematica.

Però, la comparsa, all'inizio di questo secolo, della meccanica quantistica e della teoria della relatività e più recentemente della dinamica dei sistemi non lineari contribuì subito a introdurre concetti scientifici meno trascendentali. Per esempio, gli studi della dinamica dei sistemi non lineari hanno dato origine a due nuovi campi di studio:  la teoria del caos e la complessità. L'immensa varietà di forme e strutture esistenti sia nel mondo inorganico che in quello organico mette alla prova qualunque teoria che ponga a fondamento della fisica una serie di leggi deterministiche.

Tuttavia, applicando alle leggi della fisica l'analisi matematica dei sistemi non lineari, si ottengono modelli matematici che permettono una conoscenza delle strutture dei cambiamenti:  cambiamenti però di cui non è possibile predire il risultato finale, in quanto non si è in grado di prevedere l'effetto prodotto da piccole perturbazioni che si accumulano con leggi non lineari. In definitiva il mondo sensibile ha una ricchezza tale da mettere in crisi l'analisi matematica più sofisticata.

Davanti alla constatazione del fatto che nell'universo esiste la vita, possiamo porci delle domande. Se avessimo conosciuto le condizioni fisiche dell'universo in espansione in un istante molto vicino al Big Bang avremmo potuto predire l'apparizione della vita? Ritengo che chi fa una ricerca onesta risponderebbe che saremmo stati in grado di predire l'emergere e l'esatta natura e l'intensità delle quattro forze fondamentali e la fisica che conosciamo. Ma è vero o no che siamo costretti a dire che la vita è il risultato di tante biforcazioni avvenute in obbedienza a una termodinamica non lineare, tale che noi non saremmo mai stati in grado di prevederla, anche nel caso che avessimo posseduto la conoscenza di tutte le leggi della fisica macroscopica e microscopica? E in tale contesto come dobbiamo immaginare Dio, sorgente universale di tale vita?

Benché l'affermazione possa apparire molto sintetica, penso tuttavia sia corretto dire che, da Platone a Newton, la disputa circa la parte avuta dalla matematica nella comprensione scientifica dell'universo si è svolta tutta in una cornice religiosa. Ancora oggi sentiamo ripetere dagli scienziati il ritornello della scoperta della "mente di Dio". A noi spetta il compito di fare un serio tentativo, sia di valutare questa lunga storia, sia di dare senso alla sua eco che ancora risuona al giorno d'oggi. Ritengo che nella maggior parte dei casi, con questo termine, si voglia significare la struttura matematica ideale alla quale corrisponde, secondo Platone, il mondo delle ombre nel quale viviamo. La "mente di Dio" sarebbe una teoria unificata che ci permetterebbe di comprendere tutte le leggi fisiche e le condizioni iniziali dell'universo. Si può dire che nel caso di una cosiffatta teoria, avremmo anche una comprensione adeguata della vita?

A mio giudizio il concetto di "mente di Dio" nella nuova cosmologia non implica alcun carattere di intenzionalità. Ma può la vita essere spiegata senza far ricorso alla intenzionalità? Riconosco il carattere piuttosto pretenzioso di queste domande; esse vanno al di là del campo di competenza proprio dello scienziato. Penso però che dobbiamo anche guardarci da una seria tentazione presentata dalla nuova cosmologia. Come già detto, nella cultura della nuova cosmologia Dio viene visto essenzialmente, se non esclusivamente, come una spiegazione e non come una persona. Dio rappresenta la struttura matematica ideale, la teoria del tutto. Secondo questa cultura Dio è Spiegazione. Ma lo studioso teologo sa bene, come sanno tutti i credenti, che Dio è molto più di questo e che la rivelazione nella quale Dio ha rivelato se stesso nel tempo è più che una comunicazione di un'informazione.

Anche se scopriremo la "mente di Dio", non per questo avremo necessariamente trovato Dio. Però, il Dio che si rivelò a noi tramite i nostri antenati, ci sta ancora svelando il grande mistero della sua realtà tramite la nostra conoscenza dell'universo da Lui creato.



(©L'Osservatore Romano - 15-16 marzo 2010)
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