Dalla Chiesa in Olanda e Germania, Nord-Europa

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Caterina63
00venerdì 8 gennaio 2010 18:08

In Olanda non c'è più posto per il bambino Gesù. O invece sì

Chiese che non sono più chiese ma condominii, negozi o moschee. Un cattolicesimo in pericolo di sparire. Un reportage da Amsterdam con un'intervista al cardinale Simonis: "Dobbiamo ricominciare da capo"

di Sandro Magister




ROMA, 30 dicembre 2009 – Fino a mezzo secolo fa, il cattolicesimo olandese e fiammingo appariva di costituzione robusta, forte delle sue tradizioni, attivo nelle missioni. Un suo simbolo era padre Jozef Damiaan de Veuster (1840-1889), apostolo dei lebbrosi in un'isola del Pacifico, proclamato santo da Benedetto XVI lo scorso 11 ottobre.

Pochi giorni fa, alla vigilia di Natale, è morto a Nimega all'età di 95 anni un altro grande simbolo di questo cattolicesimo, il teologo domenicano Edward Schillebeeckx, fiammingo di nascita, olandese d'elezione.

Simbolo però, questo, non della fioritura ma dell'impressionante decadenza che la Chiesa delle Fiandre e dell'Olanda ha vissuto nell'ultimo mezzo secolo.

Schillebeeckx ha riflesso questa metaformosi nella sua stessa vita di teologo. Negli anni del Concilio Vaticano II e del primo dopoconcilio fu una star di risonanza mondiale, campione della nuova teologia al passo con la cultura dominante. Ma poi fu quasi dimenticato, anche da quei cattolici che l'avevano osannato.

L'oblio che è caduto su di lui è andato di pari passo con ciò che nel frattempo accadeva nel cattolicesimo olandese, sempre più dimentico di sé, sempre più secolarizzato, sempre più in pericolo di scomparire.

L'inchiesta riprodotta qui sotto fotografa l'attuale profilo della Chiesa cattolica in Olanda. Un paese nel quale oggi il 41 per cento della popolazione dichiara di non avere alcun credo religioso e il 58 per cento non sa più che cosa sia il Natale. Una Chiesa nella quale vi sono domenicani e gesuiti che teorizzano e mettono in pratica messe senza più sacerdozio né sacramento cristiano, nelle quali sono i presenti a "consacrare" collettivamente, attorno a "una tavola aperta anche a gente di differenti tradizioni religiose".

Tutto questo mentre contemporaneamente una città come Rotterdam è stata ampiamente islamizzata, come www.chiesa ha mostrato in un servizio choc di pochi mesi fa.

L'inchiesta che segue è di Marina Corradi ed è stata pubblicata il 23 dicembre su "Avvenire", il quotidiano di proprietà della conferenza episcopale italiana. Ha per epicentro Amsterdam.

Accompagna il reportage un'intervista al cardinale Adrianus Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht.

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Ad Amsterdam, che cosa resta del Natale

di Marina Corradi



Amsterdam­ è festosa, in questi giorni natalizi. Sfarzose luminarie illuminano la Damrak e piazza Dam. Piste di pattinaggio affollate di ragazzi ridenti, Babbi Natale, e le note di “Jingle bells” che escono dai grandi magazzini affollati. Ma cosa resta del Natale in un paese fra i più secolarizzati d’Europa, dove il 58 per cento della popolazione, secondo un’indagine, non sa cosa esattamente­ è accaduto, quel giorno? In un paese con 900 mila immigrati arabi su 16 milioni di abitanti, e venti moschee nella sola Amsterdam?

La Oude Kerk, la più antica chiesa della città, costruita nel 1309, si erge con la sua mole nel cuore del centro. Attorno,­ il Red Light District, il quartiere a luci rosse. Dalle vetrine in cui stanno esposte, le prostitute sudamericane e dell’Est bussano ai vetri per attirare l’attenzione dei passanti. Qualcuna indossa un berretto da Babbo Natale. Le guardi e cerchi di immaginare quale storia le ha condotte qui. Loro sorridono, ammiccanti. Ma le mille luci della città sono una ubriacatura che copre la falsa allegria di questi vicoli. Vai oltre. La Neuwe Kerk, la chiesa dove venivano incoronati i re d’Olanda, ­è un museo. L’unica­ "chiesa" affollata in città­ è di Scientology, sei piani in pieno centro. "Istituto di tecnologia religiosa"­, si legge su un manifesto all’interno. Offrono, gratis, test sullo stress. C’è un sacco di gente.

È strano questo susseguirsi di chiese che non sono più chiese: ma condominii, locali, moschee. Osservi i netturbini, i manovali nelle strade, i camerieri nelle pizzerie: sono quasi tutti marocchini o turchi. Quasi un milione di mani. E anche se quasi altrettanti immigrati vengono da paesi cristiani, gli olandesi, di tutti questi islamici, hanno paura. Il partito di Gert Wilders, della destra populista, è ­il secondo per consensi, e le elezioni sono fra pochi mesi. Due terzi degli olandesi dicono che gli immigrati sono troppi. In periferia ci sono quartieri come Slotervaart, ghetti unicamente islamici, dove incontrare un olandese è ­quasi impossibile. Se ne sono andati tutti. Rotterdam poi ha una percentuale di islamici ancora più alta, e un sindaco musulmano. Un giornale americano l’ha chiamata "incubo Eurabia"­. In realtà, le donne velate che incontri nel centro delle città olandesi sono meno numerose che in certi quartieri di Milano. Benché gli omicidi di Van Gogh e Fortuyn abbiano scosso profondamente gli olandesi, ed esistano imam fondamentalisti, in grande maggioranza gli islamici sembrano voler lavorare e vivere in pace.

La paura dell’­Eurabia­ sembra in verità solo un fatto conseguente a un fenomeno ancora più radicale: la secolarizzazione quasi totale di un paese che, fino all’ultima guerra, era cattolico o protestante, comunque cristiano. Un crollo: solo il 7 per cento dei cattolici oggi va a messa la domenica. Viene battezzato il 16 per cento dei bambini. Su nozze gay ed eutanasia l’Olanda­ è stata pioniera. ­"Dopo il Concilio Vaticano II – dice il professor Wim Peeters, insegnante al seminario della diocesi di Haarlem-Amsterdam – la Chiesa olandese­ è entrata in una crisi profonda. La generazione degli anni Cinquanta se ne­ andata, e ha dimenticato di educare i suoi figli". Nel 1964 anche l’insegnamento religioso nelle scuole­ è stato abolito. Due generazioni di olandesi hanno dimenticato l’alfabeto cristiano. Nel registro del seminario di Haarlem, il numero dei preti ordinati precipita alla fine degli anni Sessanta. Nel 1968, nemmeno uno. "­Io credo – dice Peeters – che non avremmo niente da temere dall’islam, se fossimo cristiani. E spesso sembra che gli olandesi oggi abbiano paura di tutto: di avere figli, come degli immigrati. Ma la paura è l’esatto contrario della fede".

Cercando, ancora, il Natale, in Oudezijds Voorburgwal al numero 40, nel Red Light District, c’è un piccolo portone. All’ultimo piano del Museum Amstelkring c’è una chiesa, una chiesa clandestina, risalente al tempo delle persecuzioni calviniste che proibivano il culto cattolico. Nel sottotetto un altare, un organo, dieci panche cui i fedeli accedevano di nascosto. "Ons’Lieve Heer op Solder", si chiama la chiesa: ­il nostro caro Signore in soffitta­. Cristo in soffitta, ti chiedi,­ è questo il Natale di Amsterdam?

Eppure. Nel seminario di Haarlem-Amsterdam oggi ci sono 45 seminaristi, riflesso anche di una forte presenza neocatecumenale. Monsignor Josef Punt, il vescovo, spiega che oggi qualcosa ­è cambiato rispetto alla crisi più dura, venti o trenta anni fa. Se nel '68 da questo seminario non uscì un solo sacerdote, dice, "oggi ogni anno in tutta l’Olanda vengono ordinati 15 nuovi preti, che mantengono gli organici a livello stabile. In questa diocesi alcune centinaia di persone chiedono ogni anno il battesimo da adulti. Si percepisce una nuova domanda, generata dal senso di vuoto. Certo, parliamo di piccoli numeri. Siamo una Chiesa missionaria. Tutto­ è da ricominciare da capo. Stiamo creando nei monasteri fuori città dei centri di evangelizzazione per chi, lontano dalla fede, voglia riscoprirla. Nella nostra scuola cattolica a Haarlem non riusciamo ad accogliere tutte le domande di iscrizione. Io ho la sensazione che questi genitori, pure non più credenti, siano affascinati dalla bellezza del cristianesimo, e la desiderino per i figli".

Occorre fiducia per crederci, in questa cittdove dai campanili di chiese che non sono più chiese le campane suonano dolci melodie natalizie. Mille Babbi Natale, e nessun presepe. Tranne uno, piccolissimo, nelle stanze dell’Esercito della Salvezza, vicino alla Centraal Station, alla mensa dei poveri. Venti clochard intirizziti dal freddo, thermos giganti di caffè caldo, e quel piccolo presepe. E poi ancora, in Egelantinstraat 147, quasi periferia, una casa povera. Suoni, ti apre una suora di Madre Teresa. Sono in quattro. Qui, ogni mattina, c’è la messa, ogni sera i vespri. Una cappella disadorna, due suore in adorazione. Sotto l’altare, la mangiatoia del presepe.

Ma se il senso del Natale è una domanda, un’attesa, allora lo incontri ancora nelle vie di questa città. È lo zoccolo vuoto che i bambini depongono nel camino la notte di Santa Klaus, il 5 dicembre, aspettando un dono. Sono quei clochard, e anche, se le guardi negli occhi, quelle giovani prostitute nelle vetrine del Red Light District. Sono i vecchi soli che camminano esitanti sulla neve, temendo di cadere e di finire invalidi in un ospedale dove forse li guarderanno come pesi inutili. Sono le ragazzine alla tavola di una pizzeria italiana dietro il Dam, che cantano tenendosi per mano­: "I wish you a merry Christmas and a happy new year"­. Già, un anno felice. "Nonostante tutto – ci ha detto il professor Wim Peeters – la domanda della felicità, e quindi di Dio, resta sempre, nel cuore dell’uomo­".

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"Due generazioni sono state perdute"

Intervista con il cardinale Adrianus Simonis



L’arcivescovo emerito di Utrecht, cardinale Adrianus Simonis, 78 anni,­ è il "grande vecchio"­ della Chiesa olandese. ­conosciuto e amato nel paese, anche dai musulmani. "Forse perchè – spiega sorridendo – ho detto che i musulmani fedeli a Dio andranno nei cieli più alti del Paradiso".

Ma sulla sua Olanda il cardinale, che oggi vive in un paesino del Brabante, Nieuwkuijk, sembra meno ottimista.

"Sì, forse ci sono dei segni di una nuova tendenza, ma parliamo di numeri piccolissimi­", dice.­ "Rimane quella cifra, quel 58 per cento di olandesi che non sanno più cosa sia esattamente il Natale. C’è chi, guardando l’Olanda,­ è turbato dal numero delle moschee. Lo posso capire, ma il problema autentico qui è anteriore alla immigrazione: ­è che noi ci siamo perduti, abbiamo perso la nostra identità cristiana. Se questa identità fosse forte, non avremmo paura degli islamici. Si, esiste in Olanda il problema di un fondamentalismo islamico, ma la maggior parte degli immigrati non lo segue. Più che l’integralismo, nelle giovani generazioni islamiche mi preoccupa l’avanzare della secolarizzazione. Temo che finiranno col convertirsi alla vera religione che domina l’Occidente: il relativismo".

(E in effetti, guardando i giovani marocchini nei McDonald’s di Amsterdam, e le loro sorelle in fuseax attillati, viene da domandarsi se le nuove generazioni musulmane non stiano già omologandosi, in tutti in sensi, a noi).

D. – Eminenza, e il razzismo, la xenofobia, non sono problemi qui?

R. – Io non credo. Gli olandesi sono un popolo tollerante. Non vedo all’orizzonte un’onda razzista­.

D. – A Haarlem il vescovo dice che si comincia ad avvertire nei giovani un senso di vuoto, la mancanza di ciò che­ è stato dimenticato…

R. – È vero, in molti avvertono il vuoto. Ma non sanno andare oltre, non sanno cosa domandare, e a chi. Non sono stati educati a riconoscere e a percepire il desiderio del loro cuore. In questo senso sono convinto, come il vescovo Punt, che la Chiesa olandese è ­veramente chiamata a essere missionaria. Due generazioni sono state perdute. Si tratta di ricominciare da capo, e dentro a una cultura indifferente al cristianesimo, in mezzo a media non amichevoli­.

D. – Lei ha 78 anni. Era un bambino ai tempi della guerra. L’Olanda non era, allora, un paese fortemente cristiano? E poi, cosa­ è successo?

R. – Probabilmente era un cristianesimo troppo segnato da un rigido moralismo. Ne­ è seguita una ribellione radicale, come radicale­ è il carattere degli olandesi. Non sono capaci di credere solo “un po’” in qualcosa. Aut, aut. Sono diventati l’opposto di ciò che erano”.

D. – Tuttavia, nel seminario di Haarlem ci sono oggi 45 studenti, e alcune centinaia di adulti ogni anno chiedono il battesimo. Ad Amsterdam ho trovato le suore di Madre Teresa in adorazione davanti al Crocifisso. Pochi, ma forti, i cattolici qui…

R. – È vero. Certo in una situazione come questa il sale­ è costretto, come dire, a diventare più salato…

D. – Cosa intende dire, nelle messe di Natale, ai fedeli?

R. – Che forse hanno scordato il fatto cristiano, quello che ne è ­l’essenza: Dio si è fatto uomo,­ è venuto al mondo nella povertà, umile e fragile come un bambino neonato, per amore nostro.

D. – Sa, eminenza, che poco fa nel piccolo paese qui vicino, Drunen, ho visto un centinaio di bambini uscire dalla chiesa cattolica dove c’era stata una funzione di Natale?

R. – Dev’essere quel giovane prete appena arrivato, che si dà da fare…­"

La storia che ricomincia, ancora. Per ricominciare, basta la faccia di un cristiano.

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Il giornale di proprietà della conferenza episcopale italiana che ha pubblicato il reportage e l'intervista di Marina Corradi:

> Avvenire

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Un esempio della metamorfosi secolarizzante di una parte della Chiesa olandese è in questo servizio di www.chiesa:

> In Olanda inventano un'altra messa. Col copyright dei domenicani (3.10.2007)

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La valutazione critica dell'opera del teologo olandese Edward Schillebeeckx scritta da Franco Giulio Brambilla, vescovo ausiliare di Milano e preside della facoltà teologica dell'Italia settentrionale, su "L'Osservatore Romano" del 29 dicembre 2009:

> Una teologia tramontata con il "secolo breve"

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Il servizio di www.chiesa di pochi mesi fa sulla città olandese che è oggi la più islamizzata d'Europa:

> L'Eurabia ha una capitale: Rotterdam (19.5.2009)

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POST SCRIPTUM – Su "Avvenire" del 2 gennaio 2010 Wim Peeters, portavoce deel vescovo della diocesi di Haarlem-Amsterdam, ha reagito all'inchiesta di Marina Corradi pubblicata sullo stesso giornale pochi giorni prima. E la giornalista gli ha replicato. Ecco qui di seguito il botta e risposta:

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Caro direttore, l’articolo sul Natale in Olanda, pubblicato in "Avvenire" il 23 dicembre scorso, offre uno spaccato acuto e ben approfondito della situazione culturale nel nostro paese, e in particolare ad Amsterdam. Tuttavia si tratta di una visione parziale, dovuta allo spazio necessariamente limitato che un quotidiano può offrire sulle sue pagine. I suoi lettori potrebbero così pensare che la Chiesa cattolica ad Amsterdam quasi non esista. Al contrario. Nel centro storico della città ci sono cinque chiese cattoliche, aperte tutti i giorni. Se qualcuno volesse seguire la messa, o confessarsi, potrebbe scegliere tra otto celebrazioni diverse tutti i giorni, e queste a distanza di poche centinaia di metri l’una dall’altra. La domenica, poi, ce ne sono ancora di più: fuori dal centro, sempre ad Amsterdam, ci sono altre trenta chiese (ce n’è solo una che è stata trasformata in moschea, 35 anni fa).

In dieci anni le persone che vengono in chiesa la domenica sono aumentate, da 6 mila a 8 mila circa: numeri non spettacolari, certo, ma significativi, soprattutto per la forte presenza di giovani. Ogni anno, poi, ci sono celebrazioni particolari e molto seguite come la processione in occasione del Corpus Christi. C’è la processione silenziosa del Santo Miracolo (Stille Omgang) in marzo, e quel giorno decine di migliaia di persone camminano in silenzio nel quartiere a luci rosse, in memoria del miracolo dell’eucaristia avvenuto l700 anni fa. Sarebbe di grande aiuto ai suoi lettori se ci fosse l’opportunità di dare anche rilevanza a questi fatti. In questo modo potranno avere un quadro più complete di quello che sta accadendo ad Amsterdam. Una città in cui, nonostante quello che è successo negli ultimi anni, la Chiesa ­è presente con molti giovani preti e diaconi, con i sacramenti e l’impegno accanto alla gente. Venite a vedere di persona!

Wim Peeters
portavoce del vescovo della diocesi di Haarlem-Amsterdam

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Risponde Marina Corradi

– Il servizio da Amsterdam voleva dare un’idea di ciò che si percepisce del Natale in una città fra le più secolarizzate d’Europa. In questo senso, agli occhi del visitatore non­ è molto rilevante se le chiese di Amsterdam diventate musei o locali fossero originariamente protestanti o cattoliche: comunque sono visibilmente chiese, e sono un segno triste per il cristiano che vi si imbatte. Del resto, la stessa vostra diocesi, mi­ è stato detto, non può mantenere e potrebbe dover demolire molte chiese forse di non grande valore artistico, ma che appartenevano a comunità evidentemente ora svuotate. Personalmente, poi, ho cercato due volte di entrare nella principale chiesa cattolica della città, San Nicola, ma alle 11 di mattina di giorni feriali l’ho trovata chiusa.
 
Mi rallegro che la frequenza alla messa domenicale ad Amsterdam sia passata da 6 mila a 8 mila presenze; ma, se la diocesi conta 600 mila cattolici, tale percentuale ­è di poco più dell’1 per cento. Se invece ci si riferisce alla popolazione cattolica della città, non è ­di molto superiore. Capisco che è ­molto importante il segno di inversione di tendenza, ma mi sembrano comunque, come ha detto lo stesso vescovo Punt e ha ribadito il cardinale Simonis, i numeri di una Chiesa missionaria. In ogni caso ho cercato e descritto i segni di una speranza: i 45 seminaristi di Haarlem, provenienti spesso da forti famiglie neocatecumenali, e anche quei cento bambini che uscivano da una messa natalizia a Drunen, nel Brabante; e quelle quattro suore di Madre Teresa intente ad Amsterdam alla loro silenziosa adorazione e alla cura dei poveri. Un seme c’è, in Olanda, nonostante la fortissima secolarizzazione. Al di là dei numeri, si tratta di curarlo, e aspettare.



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30.12.2009


 
Caterina63
00lunedì 17 ottobre 2011 11:45

Messaggio del Papa per il 50° anniversario dell'opera di aiuto Adveniat


Inviato al Vescovo di Essen


 

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 16 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del messaggio che il Papa ha inviato al Vescovo di Essen (Germania), monsignor Franz-Josef Overbeck, in occasione del 50° anniversario di fondazione dell'opera di aiuto Adveniat.

* * *

Al mio venerato Fratello Monsignor Franz-Josef Overbeck,Vescovo di Essen

Con gioia apprendo che l’Opera di Aiuto Adveniat in questi giorni celebra il suo cinquantesimo anniversario e porgo a tutti coloro che sono giunti a Essen per questa occasione, saluti affettuosi e benedizioni.

Durante il tempo di Avvento del 1961 i Vescovi tedeschi per la prima volta destinarono la colletta di Natale, svoltasi su tutto il territorio federale, ai progetti pastorali della Chiesa in America latina. Proprio da questo fedele rapporto fra la Chiesa in Germania e i fratelli e le sorelle del sud e del centro America è nata l’Opera di Aiuto Adveniat. Attraverso le loro donazioni generose e il loro impegno incondizionato i cattolici tedeschi hanno realizzato innumerevoli progetti di aiuto nei Paesi dell’America latina. Questa espressione generosa di Caritas cristiana merita un sincero riconoscimento.

Il nome Adveniat è il programma. Infatti l’Azione ha preso il nome dall’implorazione del Padre Nostro Adveniat regnum tuum, «Venga il tuo Regno». Il Regno di Dio viene introdotto fra noi dall’incarnazione di Gesù e nello stesso modo i cristiani sono chiamati a collaborare all’edificazione di tale regno. In questo senso, Adveniat permette al volto di Cristo, umano e divino, di risplendere sempre più in America latina e coopera decisamente allo sviluppo di una società vitale e degna di essere vissuta nella giustizia e nella pace. Attraverso innumerevoli progetti socio-caritativi e programmi di formazione le persone povere e svantaggiate hanno ricevuto un grande sostegno. La collaborazione al Regno di Dio ha una dimensione essenzialmente spirituale. Nel Padre Nostro, Cristo ci insegna a pregare per l’avvento del Regno. Non lo possiamo semplicemente fare poiché è soprattutto un dono. Il Regno di Dio e l’opera di Cristo vanno di pari passo. Si dispiega laddove, attraverso l’annuncio della Buona Novella e la celebrazione dei sacramenti, si verifica l’incontro con Lui, il redentore e il salvatore degli uomini. Egli stesso è la fonte della pace e il donatore della salvezza. Egli non permette che il nostro sforzo sociale rimanga meramente materiale, esteriore e vuoto, ma lo riempie dall’interno con spirito e vita. L’Opera di Aiuto Adveniat intende rivolgersi sempre all’uomo nel suo complesso, nelle sue necessità naturali e soprannaturali. Allora il Regno di Dio sorge veramente in mezzo a noi.

Già il beato Papa Giovanni XXIII, nella sua lettera dell’11 gennaio 1961 ai Vescovi della Germania ringraziava per la saggia decisione di «aiutare l’America latina». Oggi, voglio rinnovare questo ringraziamento e dire a voi e a tutti i cattolici in Germania un Vergelt’s Gott con tutto il cuore per questi cinquant’anni di aiuto proficuo. Volentieri accompagno l’opera ulteriore di Adveniat per le persone in America latina con la mia preghiera, in particolare a Nostra Signora di Guadalupe nonché ai santi patroni dell’America latina.


Vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.Benedetto XVI scrive

Dal Vaticano, 4 ottobre 2011

 


 

 

Caterina63
00mercoledì 16 maggio 2012 18:56

Il Papa al Katholikentag: Desidero dedicare qualche parola particolare ai giovani e ai giovani adulti...Abbiate il coraggio di orientarvi a Gesù Cristo! Rafforzatevi gli uni gli altri nella fede! Sostenete tra i vostri amici, a scuola, al lavoro, il messaggio del Vangelo! Così come Cristo ama la Chiesa, anche noi vogliamo amare la Chiesa. Sì, identificatevi con la Chiesa, perché Cristo s'identifica con la Chiesa, perché Cristo s'identifica con noi!



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA 98ma EDIZIONE DEL "DEUTSCHER KATHOLIKENTAG"
 
Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato al Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, S.E. Mons. Robert Zollitsch, Arcivescovo di Freiburg im Breisgau, ed ai partecipanti alla 98ma edizione del "Deutscher Katholikentag", che si svolge dal 16 al 20 maggio 2012 a Mannheim sul tema: "Osare un nuovo inizio":
 
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
 
Al mio venerato Fratello
Robert Zollitsch,
Arcivescovo di Freiburg,
ai Vescovi, ai Sacerdoti, ai Diaconi, ai Religiosi,
e a tutti i partecipanti al Katholikentag di Mannheim


Cari Fratelli e Sorelle in Cristo!


«Osare una nuova partenza»: con tale motto in questi giorni si riuniscono numerosi fedeli per il 98° Katholikentag a Mannheim.
Con affetto saluto tutti voi, che vi siete riuniti per l'apertura solenne nella Marktplatz, nel cuore della città. Il mio saluto particolare va all'arcivescovo di Freiburg e presidente della Conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, ai cardinali e ai vescovi presenti, come pure al comitato centrale dei cattolici tedeschi che, insieme all'arcidiocesi di Mannheim, è il padrone di casa di questo Katholikentag. Saluto inoltre i rappresentanti dell'ecumenismo, della vita pubblica e tutti coloro che sono collegati con voi attraverso i media. In questa occasione ricordo volentieri e con profonda gratitudine la mia visita pastorale nella nostra patria lo scorso anno e i molti edificanti incontri con persone di ogni settore della popolazione in quella grande festa della fede.

«Osare una nuova partenza» è il tema del vostro incontro a Mannheim. Che cosa ci vogliono dire in realtà queste parole? Partire significa mettersi in moto, mettersi in cammino. Spesso, però, implica anche la decisione di cambiare e rinnovare. Può partire solo chi è disposto a lasciarsi dietro il vecchio e affrontare il nuovo. Questo che cosa significa però per la comunità della Chiesa, che secondo l'Apostolo Paolo è il Corpo mistico di Cristo? Cristo è il Capo e noi siamo le membra. Non possiamo manipolare la Chiesa nel suo Capo, piuttosto, come membra, siamo chiamati a orientarci sempre di nuovo al Capo, l'«autore e perfezionatore» della nostra fede (cfr.Eb 12, 2). Il rinnovamento dà frutto solo se avviene a partire da ciò che è veramente nuovo di Cristo, che è via, verità e vita (cfr. Gv 14, 6).

Quindi la partenza riguarda ogni credente in modo personale e intimo. Attraverso il Battesimo siamo nuovi in Cristo. Il Signore ha liberato la nostra umanità dalla schiavitù del peccato e l'ha «fatta partire» verso la relazione vivifica con Dio. Questa partenza donata a partire da Dio deve quindi diventare sempre una partenza personale verso Dio. Ognuno deve preoccuparsi della sua fede personale, di viverla concretamente e di continuare a svilupparla. Ma nella nostra fede non siamo soli, isolati dagli altri. Crediamo con e nella comunità della Chiesa. La partenza di ogni battezzato è allo stesso tempo partenza nella Chiesa e con essa!

In ogni tempo ci sono state persone che hanno osato questa partenza e alle quali si è rivelata in modo particolarmente chiaro la presenza di Dio. La testimonianza di fede dei santi e della grande schiera di cristiani che hanno annunciato, lieti e impavidi, il messaggio del Vangelo agli altri, può incoraggiarci anche oggi a una nuova partenza, spronarci a un nuovo coraggio della fede. La Sacra Scrittura e la storia della Chiesa conoscono una molteplicità di persone alle quali non bastava, non poteva bastare, ciò che era comune al loro tempo.

Con cuore irrequieto e aperto, sono state capaci di sentire nella loro vita e nelle esigenze della quotidianità la «chiamata a uscire» di Dio. Non è stata l'incoerenza umana a farli partire, ma l'anelito di verità e l'ascolto della Parola di Dio. La vera partenza consiste, come ci dimostrano, nell'obbedienza e nella fiducia verso le indicazioni e la chiamata di Dio. Chi si sente interpellato da Dio e modella la propria vita a partire da questo dialogo con Dio, supera le angustie e le paure e può quindi «rispondere della speranza che è in lui» (cfr. 1 Pt 3, 15).

Un figlio della città di Mannheim, il padre gesuita, poi diventato martire, Alfred Delp, in una riflessione scritta poche settimane prima della sua morte, ci descrive le persone che osano mettersi in cammino seguendo la chiamata di Dio: «Sono queste -- scrive -- persone dallo sguardo infinito. Hanno fame e sete di ciò che è definitivo; davvero fame e sete. Sono capaci di decidere di conseguenza. Subordinano la vita alle sue definitività. Sono diventate persone che cercano, che errano perché hanno creduto di più alla chiamata interiore e al segno esteriore -- che senza la fame interiore e la curiosa attenzione non avrebbero mai notato -- che alla sicura e comoda stabilità» (Im Angesicht des Todes, 97 s.).

Cari Fratelli e Sorelle! Il Katholikentag è ospitato in una città nella quale si trova una immensa molteplicità d'idee e di concezioni, di progetti di vita e di religioni. L'avventura di una nuova partenza, in un tale ambito, significa riconoscerne le opportunità e i pericoli e creare gli spazi per una convivenza autentica. Infatti, solo un'umanità nella quale regna la «civiltà dell'amore» potrà godere di una pace vera e duratura.
Come Chiesa abbiamo il compito di annunciare in modo aperto e chiaro l'esigenza e il messaggio del Vangelo. Il contributo di tutti i battezzati alla nuova evangelizzazione è irrinunciabile. Anche il nostro Paese ha bisogno di una nuova partenza missionaria, apostolica.

Desidero dedicare qualche parola particolare ai giovani e ai giovani adulti.

Ho potuto incontrare molti di voi lo scorso anno durante la Giornata mondiale della gioventù a Madrid e, alcune settimane dopo, durante la veglia a Freiburg. A chi, come voi, ha ancora la vita davanti, viene continuamente chiesto di prendere decisioni e, anche in caso di delusioni, di rialzarsi e di modellare con forza il futuro. Abbiate il coraggio di orientarvi a Gesù Cristo!

Rafforzatevi gli uni gli altri nella fede! Sostenete tra i vostri amici, a scuola, al lavoro, il messaggio del Vangelo! Così come Cristo ama la Chiesa (cfr. Ef 5, 25), anche noi vogliamo amare la Chiesa. Sì, identificatevi con la Chiesa, perché Cristo s'identifica con la Chiesa, perché Cristo s'identifica con noi! Attingete alla vita e alla verità che Cristo ci dona nella Chiesa! Tutti noi vogliamo portare questo tesoro dell'amore di Dio agli uomini nel nostro Paese
.


Seguendo la sua Parola, vogliamo metterci in cammino (cfr. Lc 5, 5), rispondendo così alla partenza di Dio verso noi uomini.

Il 98° Katholikentag costituisce in un certo senso un preludio all'Anno della Fede, che inizieremo tra breve, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'apertura del concilio Vaticano II. Possano questi giorni diventare quindi una festa della fede e aiutare a riscoprire la fede della Chiesa nella sua bellezza e freschezza, a farla nuovamente propria in modo sempre più profondo e anche ad annunciarla in un tempo nuovo. Con questo auspicio metto lo svolgimento del Katholikentag nelle mani di Dio e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 14 maggio 2012


Benedictus pp XVI

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