E le porte degli inferi non prevarranno

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Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 18:11
La speranza e la fiducia della Chiesa e dei Cattolici


Visti i tanti denigratori della Chiesa Cattolica ( ma Gesù ci aveva avvisati che ciò sarebbe successo) abbiamo pensato che non sarebbe male inserire ciò che di buono ha fatto la Chiesa Cattolica nei 2000 anni di esistenza, soprattutto in quel credere alla promessa del Cristo: E LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO...dando così testimonianza di fortezza, sacro Timor di Dio, Fiducia, martirio...

L’opera della Chiesa


Nel suo noto volume sulla Rivoluzione francese, Pierre Gaxotte ci fa dono di questa memorabile pagina:

"Al tempo dei Romani, un’epoca rude e razionale, la Chiesa aveva recato la consolazione nella miseria, il coraggio di vivere, L’abnegazione, la carità, la pazienza, la speranza di una vita migliore, improntata a giustizia. Quando l’Impero crollò sotto i colpi dei barbari, essa rappresentò il rifugio delle leggi e delle lettere, delle arti e della politica.

Nascose nei suoi monasteri tutto ciò che poteva essere salvato della cultura umana e della scienza. In piena anarchia la Chiesa era riuscita, in sostanza, a costituire una società viva e ordinata, la cui civiltà faceva ricordare e rimpiangere i tempi tranquilli, ormai passati. Ma c’è di più: essa va incontro agli invasori, se li fa amici, li rende tranquilli, ne opera la conversione, ne convoglia l’affluire, ne limita infine le devastazioni. Davanti al vescovo che rappresenta un aldilà misterioso, il Germano viene assalito dal timore, e retrocede. Egli risparmia le persone, le case, le terre. L’uomo di Dio diventa il capo della città, il difensore dei focolari, del lavoro, l’unico protettore degli umili su questa terra.

Più tardi, quando l’epoca dei saccheggi e degli incendi sarà passata, quando occorrerà ricostruire, amministrare, negoziare, le Assemblee e i Consigli accoglieranno a braccia aperte gli uomini della Chiesa, gli unici capaci di redigere un trattato, portare un’ambasceria, eleggere un principe.
Fra le continue disgrazie (...), mentre nuove invasioni ungheresi, saracene, normanne assillano i paesi, mentre il popolo disperso si agita senza alcun indirizzo, la Chiesa ancora una volta tiene fermo.

Essa fa risorgere le tradizioni interrotte, combatte i disordini feudali, regola i conflitti privati, impone tregue e opera accordi. I grandi monaci Oddone, Odilone, Bernardo innalzano al di sopra delle fortezze e delle città il potere morale della Chiesa, l’idea della Chiesa universale, il sogno dell’unità cristiana. Predicatori, pacificatori, consiglieri di tutti, arbitri in ogni questione, essi intervengono in ogni caso e dappertutto, veri potentati internazionali, di fronte ai quali ogni altro potere terrestre non resiste che a malapena.

Attorno ai grandi santuari e alle abbazie si intrecciano relazioni e viaggi. Lungo le grandi strade, dove camminano le lunghe processioni di pellegrini, nascono le canzoni epiche. Le foreste spariscono di fronte all’assalto dei monaci che dissodano la terra. All’ombra dei monasteri le campagne rifioriscono (celebre è la canalizzazione della pianura padana); i villaggi già rovinati rinascono. Le vetrate delle chiese e le sculture delle cattedrali sono il libro pratico nel quale il popolo si istruisce (...). I Appannaggi, ricchezze, onori, tutto si mette ai piedi degli uomini della Chiesa, e l’imponenza di questa riconoscenza basta da sola a far valutare la grandezza dei benefici seminati da essi".


(Pierre Gaxotte)[SM=g1740717]



ELOGIO DI PIO IX


Autore: Franco Cardini, Il Timone - n. 10.


Papa molto amato, ma anche odiato e calunniato.
Giovanni Paolo II lo beatifica, il mondo laicista lo condanna.
Ritratto di un Papa che fu santo e re. E profeta: vide prima di tutti i guasti che avrebbero prodotto il materialismo comunista e liberista.


"Benedite, gran Dio, l’Italia": l’invocazione intensa e commossa di Pio IX, un secolo e mezzo dopo che fu proferita, si legge non senza un qualche imbarazzo. Il Mastai Ferretti era un italiano nato a Senigallia, nello Stato Pontificio, era un uomo del suo tempo, l’Ottocento, che per qualcuno è il secolo formidabile del Romanticismo che si apre con Napoleone e si chiude alla vigilia della prima Guerra mondiale, e per qualcun altro è soltanto il siècle imbécille. Non gli si può certo rimproverare di aver cullato qualche entusiasmo per gli ideali di patria, di unità e di libertà. Non ci si può meravigliare se il suo entusiasmo di patriota cattolico si scaldò per alcuni anni alla fiamma del federalismo neoguelfo.

Non ci si può scandalizzare se dinanzi agli sviluppi centralistici, autoritari e giacobini dell’ala prevalente del movimento di unità nazionale, la coscienza del suo ruolo di capo della Chiesa e di principe di uno Stato italico che aveva diritto e bisogno di preservare la sua sovranità lo spinse a chiamarsi fuori da un coro unitario sempre più egemonizzato dal militarismo e dall’espansionismo annessionistico dei piemontesi e dal radicalismo giacobino dei garibaldini.


Ho francamente qualche disagio a tornare su Pio IX dopo le polemiche nate nell’estate scorsa dalla sua beatificazione e dalla mostra che all’interno del Meeting di Rimini è stata dedicata a una rilettura della storia del Risorgimento.
 
Quanto al primo tema, non riesco francamente a convincermi che in un paese nel quale la religione cattolica è ancora forte e diffusa
anche se non più maggioritaria — sia ancora tanto radicata l’ignoranza relativa al carattere e al meccanismo dei processi di beatificazione e di canonizzazione: processi tipici ed esclusivi dell’ambito ecclesiale, che la Chiesa conduce iuxta sua propria principia e all’unico fine di stabilire se il candidato alla canonizzazione ha vissuto o no in grado eroico le virtù cristiane.


Per i cattolici, la proclamazione di un santo è uno dei pochissimi casi nei quali il pontefice romano è direttamente assistito dallo Spirito Santo e quindi infallibile. Ma nella canonizzazione non hanno alcun peso le opzioni politiche o culturali del candidato alla santità: elevare Luigi IX di Francia alla gloria degli altari non comporta affatto il santificare la prassi e gli obiettivi della "settima" e della "ottava" crociata; riconoscere la santità di Giovanna d’Arco non comporta per nulla una sanzione delle sue qualità tattiche o strategiche; beatificare Pio IX non comporta l’approvazione del suo comportamento politico in quanto sovrano dello Stato Pontificio.

Un santo può anche essere stato uno sprovveduto, uno sciocco, un fallito: questo non conta, lo Spirito soffia dove vuole. Un santo è un eroe delle virtù cristiane: la Chiesa ne decreta l’eroicità, il pontefice la legittima, lo Spirito Santo assiste quale Supremo Garante. Questo è tutto.

E non ci sono eccezioni o perplessità protestanti, o laiche, o musulmane, o ebree che tengano.


Ma bastano le ragioni della santità a ben giudicare Pio IX?

Credo che a correttamente valutarne l’opera sia necessario apprezzare anche le sue caratteristiche civili. Papa Mastai Ferretti sostenne con grande dignità l’urto dell’espansionismo piemontese e dell’aggressività massonica: difese con moderazione ma con fermezza la libertà del suo piccolo Stato investito dalla furia di forze che non esitarono ad abbandonarsi a un vero e proprio atto di brigantaggio internazionale culminato nell’aggressione e nell’invasione di uno Stato sovrano.

Il Piemonte sabaudo, ampliatosi e legittimatosi in Regno d’Italia, si comportò con lo Stato Pontificio come Hitler e Stalin, settant’anni dopo, si sarebbero comportati con la Polonia. Non è ultracattolico il dirlo: è semplicemente esito d’un’occhiata senza pregiudizi al mondo della storia.


Pio IX portò con dignità e con fermezza la sua croce: sovrano senza più regno, prigioniero nella sua stessa casa, adulato e calunniato al tempo stesso.

Difese il potere temporale: quel potere che, grazie a un’ottima e provvidenziale scelta concorde di Santa Sede e Governo italiano, è tornato sia pur simbolicamente a riproporsi mezzo secolo dopo la sua brigantesca soppressione. Non v’è dubbio che il potere temporale ha appesantito e compromesso la vita della Chiesa cattolica; ma è stato il prezzo che essa ha pagato per non finir a fungere da cappellana di palazzo di potenti della terra, come e invece accaduto alle chiese riformate e ortodosse.


Pio IX volle il Sillabo: ch’è "datato", ma che in più punti conserva intatto il suo valore profetico. Alludo ai commi 58 — 59, relativi al materialismo assoluto, che suonano profetica condanna del materialismo comunista non meno che dell’ipermaterialsrno iperliberista che presiede alla globalizzazione.


Bibliografia


* Alessandro Gnocchi Mario Palmaro, Formidabili quei Papi. Pio IX e Giovanni XXIII: due ritratti in controluce, Ancora, Milano 2000.

* Roberto De Mattei, Pio IX, Piemme, Casale Mon.to (AL) 2000.

* Rino Cammilleri, Elogio del Sillabo, Leonardo, Milano 1994.

* Angela Pellicciari Risorgimento da riscrivere, Ares, Milano 1998.

* Gerlando Lentini, La bugia risorgimentale. Il Risorgimento italiano dalla parte degli sconfitti, Il Cerchio, Rimini 1999.

* Paolo Gulisano, O Roma o morte! Pio IX e il Risorgimento, Il Cerchio, Rimini 2000.


Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 18:25
.....con una scorrevole e piacevole ricostruzione dei fatti storici....fatti che NON SI CONOSCONO E CHE NON VENGONO INSEGNATI, ma che esistono....giustamente la storia NON LA SI PUO' cancellare, ma la storia della Chiesa NON è fatta solo di Crociate ed Inquisizione, quella storia la conoscono TUTTI e la conoscono fin anche nei TERMINI PIU' DISTORTI.......si inseriscono FONTI DI PARTE, senza voler approfondire altre fonti.....
Così come nella e della Rivoluzione Francese, si ineggia al celebre motto: LIBERTA', FRATERNITA' E UGUGLIANZA.......questo motto venne negato a MIGLIAIA DI CATTOLICI che furono invece persguitati e UCCISI nella metà dell'800....di 10mila del Clero Francese, durante l'ondata contro la Chiesa, non si hanno più notizia, ma la propaganda anti-cattolica ha sempre insegnato che abbandonarono la Chiesa VOLONTARIAMENTE....in verità furono sepolti IN FOSSE COMUNI.....vennero chiusi i Monasteri, le monache furono OBBLIGATE  a fare ritorno a casa propria, chi si ribellava veniva condotto alla ghigliottina....
e mentre si massacravano i CATTOLICI si gridava: per i NON cattolici:
Liberté, Égalité, Fraternité
Ma chi vuoi che, da anti-cattolico, vada ad insegnare questi fatti?
" Papa san Pio V (quello della Battaglia di Lepanto), quando era ancora un semplice frate domenicano, aveva legato amicizia con un Ebreo onesto e molto facoltoso dal nome di ELIA CIRCASSO, il quale divenne Rabbino della Sinagoga di Roma. I due erano diventati amici e si rispettavano, pur vivendo ognuno la propria fede. Elia in un contesto del tutto sereno, decise di ricevere il Battesimo, ma esprimeva il desiderio di restare nella Sinagoga, e lo voleva proprio attraverso il frate che prima di diventare Papa con il nome di Pio V si chiamava Michele Ghilsieri.

Ma Elia si prestava titubante nei confronti della sua comunità dell'Urbe, e diplomaticamente promise che: < Ebbene, quando ti faranno Papa, mi battezzerai tu in privato, così senza dover chiedere il permesso a nessuno! > pensando che un frate così semplice ed umile quale era, mai sarebbe diventato Papa....

Ma la Provvidenza, i cui Disegni non sempre ci appaiono chiari, provvide diversamente e l'umile frate divenne Papa Pio V. Ma dalla scherzosa battuta, Elia si sentì invece indubbiamente legato.

Il vecchio Elia andò a rendergli omaggio dopo la sua elezione ed in nome della vecchia amicizia che li teneva legati. Papa Pio V lo tirò in disparte e gli disse: < Sai ho pensato di darti il mio nome, Michele, che essendo poi lo stesso nome dell'Arcangelo protettore del tuo popolo, ci terrà ancora uniti in amicizia, ti va? >

Elia fu pieno di commozione ed accettò. E il Battesimo avvenne in S.Pietro per mano dello stesso Pio V. Elia portò anche i suoi figli i quali furono battezzati e poichè non tutti avevano un cognome all'epoca, e su richiesta dello stesso Elia, papa Pio V gli dette il suo cognome, GHILSIERI. "
(Quinto Centenario della nascita di s.Pio V Antonio (Fr.Michele) Ghilsieri, domenicano in Bosco Marengo (Al) 1504-2004 " A cominciare dalle storielle poco conosciute" - Bollettino Dominicus -marzo-aprile 2004 Redazione: Fr.G.Barzaghi C.C.P. 16056244 -L.go Bellotti 1 Bergamo)


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Questa storia ci riporta alla mente un altra legata ad un altro Rabbino di Roma amico di Pio XII....


Chi era Eugenio Zolli? Rabbino capo di Roma dalla fine del 1938, sei anni dopo - nel primo autunno dopo la liberazione di Roma dall'occupazione tedesca - si convertì al cattolicesimo, e il 13 febbraio 1945 fu battezzato con il nome di Eugenio, quello del papa allora regnante (Pio XII, Eugenio Pacelli).

L'episodio fu clamoroso: esecrata dagli ebrei, la figura di Zolli divenne in qualche modo un simbolo controverso e polemico, certamente non per sua volontà, anche per gli eventi tragici che avevano colpito la comunità ebraica romana. Polemiche rinfocolate dall'autobiografia di Zolli, che uscì nel 1954 negli Stati Uniti, in un periodo in cui numerose erano le conversioni di protestanti ed ebrei alla Chiesa cattolica.


Qui l'anno prima era stato invitato per una serie di conferenze bibliche, con evidenti intenzioni apologetiche. In questo contesto uscì, con l'autorevole prefazione del delegato apostolico a Washington Amleto Giovanni Cicognani, il suo lungo e sofferto racconto autobiografico, intitolato Before the dawn, mai pubblicato in Italia, e che esattamente mezzo secolo dopo, con lo stesso titolo (Prima dell'alba, San Paolo, 284 pagine, 16 euro), è finalmente da oggi in libreria.


L'interesse per la controversa figura del rabbino convertito si è ogni tanto riacceso, soprattutto per strumentali polemiche. Generalmente rimosso in ambito ebraico, Zolli quasi scomparve anche tra i cattolici dopo gli anni del concilio Vaticano II e durante la stagione del dialogo con l'ebraismo, evidentemente perché la complessa figura del convertito imbarazzava. Ma proprio il recente intensificarsi delle relazioni tra cattolici ed ebrei ha posto le premesse per un interesse nuovo nei confronti di Israel Zoller (questo il suo nome originario). Sintomatico fu così tre anni fa il successo in Francia di un libretto, appassionato quanto modesto, di un'ebrea divenuta cattolica: tradotto nel 2002 in italiano, con un titolo per la verità infelice (Judith Cabaud, Il rabbino che si arrese a Cristo, San Paolo), il racconto della vita di Zolli ha venduto moltissimo nonostante il silenzio della grande stampa.


Solo ora però, grazie a questo bellissimo libro, la figura del rabbino divenuto cattolico - al di là di ingiuste polemiche da parte ebraica e di devote enfasi da parte cristiana - si delinea nella sua affascinante (e dolorosa) complessità per essere restituita alla storia. Fin dal recupero del testo originale italiano, finora inedito, e che è stato curato molto bene sul dattiloscritto originale da Alberto Latorre, con due brevi scritti del nipote di Zolli, Enrico de Bernart, che si sofferma soprattutto su due punti scottanti del racconto: il comportamento del nonno durante i tragici mesi dell'occupazione nazista e il rapporto del rabbino divenuto cattolico con Pio XII.

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Non andrebbero ignorate, da noi che ci diciamo CATTOLICI, queste coincidenze" ossia: l'amicizia spesso nata tra un Pontefice ed un Rabbino....fino al CONGIUNGIMENTO DELLA FEDE NEL MEDESIMO MESSIA....
e questo accadeva prima del Concilio, periodo al quale si attribuiscono alla Chiesa enormi mostruosità, occultando la LUCE....





Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 18:40

APOLOGIA DEL MEDIOVEVO CRISTIANO

Autore: Adolfo Morganti, Il Timone - n. 16.


Il "buio medioevo" e una autentica invenzione della propaganda illuminista. In realtà fu l’epoca della grande maturità del mondo cristiano occidentale. Un saggio di Franco Cardini svela la grandezza dei secoli XII e XIII.


A dispetto di tutta la produzione scientifica internazionale più aggiornata, e di decenni di sforzi da parte della cultura cattolica, nell’area linguistica italiana continua a sopravvivere una rappresentazione caricaturale del Medioevo cristiano europeo originatasi nel XVIII secolo, al tempo della polemica anticattolica illuminista, e poi proseguita da tutte le ideologie anticristiane della modernità, dal liberalismo al comunismo, al nazionalsocialismo; con una sintonia di posizioni e argomentazioni così serrata da lasciarci comprendere che il Medioevo costituisce in realtà una cartina di tornasole culturale: chi odia il cristianesimo, maxime il cattolicesimo europeo, non può che esercitarsi alla denigrazione della civiltà medievale.


Limitarsi a lamentarsi di una siffatta situazione, come sempre, non serve. Per i cristiani, italiani ed europei, è necessario dotarsi degli strumenti utili a una didattica della storia libera da ideologismi.

La Collana L’Altrotesto, promossa dall’Associazione Culturale Identità Europea, è nata a questo scopo: articolata su una serie di volumetti autonomi e arricchiti da appendici didattiche, opera delle migliori firme della cultura non conformista, con un prezzo "politico" fissato in L.12.000 (6,20 Euro) questa Collana ha conosciuto da quando è nata, nel 1999, un crescente successo che ne ha fatto un autentico "caso editoriale: il passaparola degli operatori della scuola, degli studenti, dei genitori ha dimostrato di poter supplire alla sintomatica "campagna di silenzio" con cui la stampa nazionale ha cercato di ignorare l’evento.


All’interno del XXI Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, nello scorso agosto, la presentazione degli ultimi due volumi della collana (L’apogeo del Medioevo di Franco Cardini e Lo studio della Letteratura europea. Un percorso da Dante a Solgenitsin di Rodolfo Quadrelli) ha registrato un assolutamente previsto grande successo di pubblico (dilagante fuori dalle sale messe a disposizione), e ha conosciuto momenti di grande, autentica partecipazione. In particolare, qui, ci interessa soffermarci sulla nuova, stimolante e preziosa immagine del Medioevo cristiano che emerge dal breve saggio di Franco Cardini, Apologia del medioevo cristiano.


Lungi dall’essere il tempo della stasi  dell’oscurità, della guerra endemica e della povertà culturale ed economica, nel Medioevo si può ammirare il tempo della maturità del mondo cristiano occidentale, dalla metà del XII alla metà del XIII secolo. Tempo di grande vitalità e rinnovamento religioso: concependo sé stessa come, evangelicamente, semper reformanda, la Chiesa del pieno Medioevo europeo dimostra la forza di una tensione spirituale essenziale che diviene lievito di trasformazione dell’intera società cristiana; una spinta che coinvolge tutti i ceti in cui la Cristianità sapeva articolarsi, e era costituita da almeno tre componenti: da una parte, c’era una vigorosa pattuglia di monaci e di politici ben decisa ad eliminare dal corpo del clero gli elementi indegni e a stabilire nella vita della Chiesa l’egemonia del clero sul laicato; dall’altra, c’erano dei mistici preoccupati della degradazione alla quale l’infeudamento della Chiesa ai laici aveva condotto la vita spirituale; e infine v’erano molti esponenti dello stesso basso clero e del laicato, fin da allora in prima fila nella difesa dell’esperienza cristiana e della giustizia.


Non a caso l’apogeo del Medioevo è tempo di grande espansione del monachesimo, che a sua volta cresce e si rinnova, ritornando alle origini, in una serie di esperienze a più emblematica delle quali è senz’altro quella cistercense: "Caratteristica dei cistercensi è quindi quella di un ordine seguace della povertà assoluta e informato a una visione mistica della vita religiosa - secondo quelle che erano state alcune delle esigenze di rinnovamento e di purificazione della Chiesa affiorate anche durante la riforma -‘ma che non per questo si chiude in una sorta d’immobilismo contemplativo. AI contrario, i cistercensi sono dei lavoratori dei dissodatori dei colonizzatori. In questo senso l’Ordine cistercense si sviluppa non a caso in quel XII secolo che vede in tutta Europa un grande slancio demografico ed economico. Dal centro delta Francia con le grandi abbazie di Cìteaux e di Clairvaux, i cistercensi si diffusero in tutta Europa, dalla Galizia alla Germania orientale e dalla penisola scandinava alla Sicilia." (F. Cardini, op. cit.)


E nello stesso tempo - e non a caso - è l’epoca della nascita dell’Università europea, e delle grandi scuole filosofiche cristiane, come quella di Chartres: il Medioevo cristiano si rivela essere il tempo in cui lo studio della Sapienza diviene patrimonio comune a lutto il popolo, l’epoca in cui si discuteva dello storico dibattito filosofico e teologico tra San Bernardo di Chiaravalle e Abelardo non nel chiuso delle aule accademiche, ma dentro alle botteghe e nelle piazze di Parigi.


(Non dimentichiamo la prima Università a Roma La Sapienza, nata per volontà di papa Bonifacio VIII che il 20 aprile 1303 con bolla pontificia "In suprema praeminentia dignitatis" istituì a Roma la "Studium Urbis", con circa 140 000 iscritti è l'università più grande d'Europa e la seconda al mondo per numero di studenti )

Questo impressionante dinamismo spirituale e culturale non fu sempre privo di tensioni e di conflitti: l’apogeo del Medioevo fu anche il tempo del trionfo della Chiesa gerarchica, opera di Lotario di Segni, divenuto in giovane età Papa con il nome di Innocenzo III, che con inesausta energia si dedicò alla riorganizzazione delle terre della Chiesa, alla creazione di un rinnovato rapporto con i comuni dell’Italia settentrionale e centrale, che sottraesse quello che allora si chiamava il regnum ltaliae dalle suggestioni d’un troppo stretto rapporto con la Germania, alla soluzione delle questioni aperte in Germania stessa e nel Meridione d’Italia dalla morte di Enrico VI, al tentativo di riunione della Chiesa, fin da allora divisa nei due mondi latino e greco, e all’organizzazione di una nuova Crociata per la liberazione di Gerusalemme e della Terrasanta.

Proprio quest’ultimo tentativo condusse ai triste episodio della deviazione verso obiettivi mondani della IV Crociata, e si tratta di una storia ancor oggi di grande attualità che vai la pena — a titolo di esempio — di ricordare: nel 1202 le forze crociate erano concentrate a Venezia, la quale da parte sua offriva una potente flotta - 50 galee - per trasportarle oltremare. il contributo veneziano non era tuttavia gratuito: l’armata crociata non aveva fondi sufficienti a pagare la flotta, e l’anziano ma energico doge veneziano Enrico Dandolo propose ai crociati di sdebitarsi aiutando Venezia a sottomettere la città dalmata di Zara, che le si era ribellata: così avvenne ma il saccheggio di una città cattolica come Zara da parte di truppe crociate fu un vero scandalo per tutta la Cristianità, e Papa Innocenzo III intervenne e scomunicò i Veneziani.

Nei luglio 1203 Veneziani e crociati giungevano a Costantinopoli, sconfiggevano Alessio III e restauravano sul trono imperiale Isacco e il figlio Alessio IV, ma la loro avidità provocava una rivolta d’una parte dell’opinione pubblica bizantina, stanca delle continue ingerenze occidentali nella politica dell’impero e nella stessa vita della capitale; ad essa fu risposto con un feroce saccheggio della città e con il rovesciamento dell’impero bizantino: una ferita che ancor oggi è vissuta come aperta da gran parte dei cristianesimo orientale.


Una ferita di cui il Papa non porta responsabilità, anche se fu compiuta nei nome della Croce da chi aveva già imparato a servirsi del Sacro Segno per coprire interessi mercantili assai più umani. Ma anche nella tragicità degli eventi traspare la diversa qualità di un tempo in cui il Cattolicesimo non era solamente una religione, ma l’anima di una cultura universale e di una sintonia profonda tra popoli e culture. Appare infatti incredibile a ricchezza e la complessità dell’Europa dei tempo della Cristianità: tempo di rinascita anche tecnologica ed economica. Riscoprirne l’ampiezza e la bellezza, la profonda spiritualità e quindi la capacità di cambiare a realtà e la storia, è ancor oggi privilegio e dovere di ogni cristiano.


Bibliografia


* Franco Cardini, L'apogeo del medioevo. I secoli XII-XIII
, Il Cerchio iniziative Editoriali, Rimini 2001.

* Régine Pernoud, Luce del Medioevo, ed. accresciuta a cura di Marco Respinti, Gribaudi, Milano 2000.

* Régine Pernoud, Medioevo. Un secolare pregiudizio, Bompiani, Milano 1983.

Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 18:47

LA forza dei martiri

 


Chi può ignorare quanta forza abbia donato a molti martiri il Rosario di Maria? Ecco un episodio tratto dagli atti del martirio delle undici Suore Orsoline di Valenciennes, canonizzate nel maggio 1920. Le undici vergini consacrate furono condannate a morte, ed esse si prepararono al loro supremo atto di amore con la preghiera più intensa, per presentarsi intrepide e liete al patibolo.

Condotte dinanzi ai carnefici, vennero spogliate dell'abito religioso e lasciate con una sola veste indosso. Tutte avevano fra le mani la corona del Rosario, e i carnefici volevano strappargliele. Ma esse supplicarono di non privarle di quel caro oggetto.

I carnefici non potevano capire a che cosa mai potesse servire il Rosario sul patibolo. Anche il giudice rise, ma ordinò di legare loro le mani, ponendo i Rosari sul loro capo, quasi a incoronarle in anticipo. Esultarono le sante vergini e attraversarono così la città, cantando le litanie della Madonna. Sul patibolo, vollero baciare le mani dei carnefici, e la folla commossa vide quale ansia mostravano di essere tutte le prime a morire per Gesù. Le loro anime volavano al Cielo, mentre le teste cadevano incoronate del Rosario di Maria.


(Da "Il Santo Rosario e i Santi" - P. Stefano Maria Manelli - Casa Mariana)

Se non perdòno, non posso pregare il Padre nostro

 
Carlos Meisters

   Don Oscar Romero fu ucciso, mentre celebrava Messa, perché aveva avuto il coraggio di denunciare il regime di morte. Egli è uno tra una moltitudine di uomini e donne che, in America Latina, ogni giorno sono minacciati, perseguitati, incarcerati, torturati, uccisi. La memoria di Oscar Romero è la memoria di tutti quelli, uomini e donne, che hanno dato e continuano ad dare la propria vita per la causa della giustizia e della pace, della fraternità e della libertà. Dobbiamo conservare la memoria de tutti questi martiri. Perderne la memoria è come ucciderli una seconda volta.

   Nell'Apocalisse, all'apertura del quinto sigillo, apparvero sotto l'altare le anime di coloro che erano stati uccisi a causa della Parola di Dio e della testimonianza da loro data. Essi si misero a gridare a gran voce dicendo: "Fino a quando, o Signore, tu che sei santo e verace, non farai giustizia vendicando il nostro sangue sugli abitanti della terra?" (Ap 6,9-10). Perciò, rivolgo un invito a tutti voi perché ognuno gridiate il nome di un martire, uomo o donna, bambino o adulto, religioso o laico,  che ha donato la sua vita per la giustizia e la pace, per amore della Chiesa, per il Nome di Cristo!
 Gridate! Gridiamo i nomi! Veneriamoli, fateli conoscere, imitiamoli!



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VATICANO - “Cristo ci ha lasciato due mandati precisi: predicare e guarire. La Chiesa non può rinunciare ad offrire la sua testimonianza missionaria nel mondo della Salute”. Intervista dell’Agenzia Fides al Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, il Cardinale Javier Lozano Barragan
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - La XII Giornata Mondiale del Malato si celebrerà l’11 febbraio prossimo a Lourdes, in occasione del 150° Anniversario del Dogma dell’Immacolata Concezione. Il tema della Giornata di quest’anno è infatti “L’Immacolata Concezione e la Salute nelle radici cristiane dell’Europa”. Per la circostanza l’Agenzia Fides ha incontrato Sua Eminenza il Card. Javier Lozano Barragán, Presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute ed Inviato Speciale del Santo Padre a Lourdes, a cui ha rivolto alcune domande.
5/2/2004 Agenzia Fides;

Ecco il testo dell'intervista:

Agenzia Fides: La Chiesa ha sempre considerato come parte della missione affidatale da Cristo, la sua presenza nel mondo dei malati. I primi ospedali sono stati fondati dai religiosi ed ancora oggi i dispensari dei missionari sono in molti luoghi gli unici punti di riferimento per migliaia di persone. Secondo alcuni queste persone dovrebbero essere impiegate per l’evangelizzazione diretta, lasciando alle strutture pubbliche l’assistenza sanitaria. Cosa ne pensa?
Card. Lozano Barragán: Risponderò a questa domanda con alcuni aneddoti. Una volta è venuto a farmi visita l’Ambasciatore della Libia, paese musulmano, chiedendomi a nome del Capo del governo 500 religiose da destinare agli ospedali.

In una visita ad limina un Vescovo dell’Egitto, paese musulmano, mi disse che negli ospedali gli ammalati vogliono la presenza delle religiose: preferiscono addirittura ricevere un bicchiere d’acqua da una religiosa piuttosto che medicine da un medico. Di conseguenza la Chiesa non deve rinunciare alla Pastorale della salute. I governi devono impegnarsi nei centri sanitari in accordo e in armonia con la Chiesa, che deve tuttavia dare sempre la propria testimonianza nel campo della salute. Cristo ci ha dato due mandati: predicare e guarire. La guarigione non è soltanto di tipo fisico ma anche psichico, sociale e spirituale.



 

Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 18:58

SULLE ROTTE DI CRISTO
Il cardinale Bertone: «L’epopea missionaria è una straordinaria impresa di uomini e di donne che hanno portato nel mondo la Parola della salvezza» Un viaggio attraverso esperienze e speranze

www.avvenire.it

I mari della missione
Storie di fede e di navi - attenzione, articolo del 2004


A Genova si apre una mostra ricca di reperti e documenti su sette secoli di viaggi missionari. La rassegna allestita nella chiesa di San Giovanni di Prè da dove, nel 1226, si imbarcò il primo sacerdote ligure per l'annuncio «ad gentes
»


Da Genova Adriano Torti

«Dal porto di Genova sono partiti migliaia di missionari. Molte le congregazioni, anche liguri, che hanno contribuito all'evangelizzazione del mondo. Ancora oggi oltre 70 missionari liguri operano in spirito di servizio nei vari continenti e l'avventura missionaria si apre al terzo millennio». Si può riassumere con queste parole, emblematicamente poste a conclusione del catalogo, il significato della mostra Verso altri mari. Genova e la moderna epopea del viaggio missionario che si apre domenica e fino al 3 luglio sarà visitabile presso la Chiesa Inferiore di San Giovanni di Prè, nel centro storico del capoluogo ligure.

La scelta del luogo è altamente significativa in quanto - spiega don Claudio Paolocci, prefetto della Biblioteca Franzoniana e coordinatore scientifico della mostra - «il primo documento che abbiamo è di un missionario ligure che, nel 1226, partì proprio da questa chiesa genovese». La fondazione della Commenda di Prè risale, infatti, alla fine del XII secolo al tempo in cui l'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme diede inizio ai lavori di costruzione del complesso, uno dei più importanti del Mediterraneo, costituito da due chiese sovrapposte, dagli edifici del Convento e dall'ospedale: da questa struttura partirono, per secoli, cavalieri e pellegrini per la Terra Santa.

La mostra, organizzata dai cinque Club genovesi del Serra International, il movimento cattolico sorto nel 1935 negli Stati Uniti, in collaborazione con l'arcidiocesi di Genova, l'associazione MissioGenova, la Fondazione Franzoni e con il contributo della Cassa di Risparmio di Genova e Imperia e della Regione Liguria, si inserisce tra le iniziative promosse in occasione di «Genova 2004, Capitale europea della cultura». L'idea portante di tutto il percorso espositivo è quello di presentare «il contributo reso da migliaia di uomini e donne provenienti dai più piccoli paesi dell'entroterra o appartenenti alle più potenti famiglie del Genovesato che hanno dedicato la l oro vita all'annuncio del Vangelo». La mostra, spiega ancora don Paolocci, «dopo un'ampia panoramica sull'espansione dell'evangelizzazione universale nei due trascorsi millenni, fissa l'attenzione su quei missionari, originari della terra ligure, che dal XIII secolo ad oggi hanno svolto il loro ministero nei diversi continenti».

Verso altri mari è un titolo che dà il senso di terre lontane da raggiungere attraverso viaggi lunghi e pericolosi. È quanto emerge dai numerosi diari dei missionari liguri.
Visitare la mostra vuol dire, quindi, conoscere uomini, storie, esperienze di migliaia di missionari liguri dal XIII secolo ad oggi.
Come ha affermato il cardinale Tarcisio Bertone in occasione della presentazione dell'iniziativa, «l'epopea missionaria è una straordinaria impresa di uomini e donne, un'avventura di fede che riguarda persone di ogni estrazione sociale e di ogni zona del mondo. Presentare i genovesi e i liguri che dall'antichità ai nostri giorni hanno portato nel mondo la Parola di salvezza significa ricostruire percorsi umani ispirati, che diventano storie di civiltà, di spiritualità, di culture».

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Un altra storia "curiosa"[SM=g6811] 


Leone III, papa (795-816) nell’anno 800 incoronò Carlo Magno imperatore d’Occidente in cambio di una sottoscrizione che nessun stato laico potesse giudicare la Chiesa nella cui specie aveva i sinodi e i propri tribunali per ovviare alle questioni nascenti all'interno della Chiesa. Nasce così il potere temporale del pontefice sulla città di Roma e sullo Stato Pontificio, il papa divenne "vassallo" dell’imperatore.

Ma come si giunse a questa soluzione?
Papa Leone II quando venne eletto subì molteplici angherie da parte di  aristocratici capeggiati dal primicerio dei notai Pasquale, parente di Adriano I, predecessore di Leone III, il quale ambiva al soglio Pontificio.
Mentre Papa Leone si stava recando ad una Messa pubblica, venne aggredito da briganti su commissione aristocratica, i quali volevano tagliargli la lingua e cavargli gli occhi. Con una funzione illegittima venne deposto dalla Sede di Roma ed imprigionato.[SM=g6810]
Con l'aiuto di persone fidate riuscì a fuggire e si rifugiò da Carlo Magno, il quale non fu d'accordo sul procedimento della sua destituzione.
La situazione era delicata, in ambiente franco le accuse di libertinaggio contro papa Leone III erano credute con certezza, ma il consigliere di Carlo Magno, Alcuino, ricordò all'imperatore che nessun potere sulla terra poteva giudicare la Sede Apostolica e semmai di suggerire un sinodo che chiarisse la posizione di Papa Leone III il quale venne scortato a Roma il 29 Novembre del 799.

In dicembre si condussero delle approfondite ricerche sia sugli aggressori del pontefice, sia sulle accuse mosse contro la sua moralità, ma gli stessi franchi dovettero ammetterne la sua innocenza, per questo decretarono la decisione al re.

Nel Novembre dell'anno 800 Carlo Magno giunse a Roma per partecipare al piccolo concilio fra i laici franchi e gli ecclesiastici romani, per decretare sulle accuse contro il Papa, ma l'assemblea all'unanimità decretò inaudita l'ingerenza dello Stato. Per evitare tumulti Papa Leone III decretò che si dichiarava pronto a garantire la sua innocenza "seguendo l'esempio dei suoi predecessori".

Il 23 dicembre proclamò nel Concilio un giuramento "di non aver commesso le colpe imputatigli". I franchi ammisero così di non aver alcuna prova e furono dal Carlo Magno condannati a morte, ma per richiesta di grazia di Papa Leone III la pena di morte fu commutata in esilio
.[SM=g6811]
Tuttavia, dopo l'incorazione, Carlo Magno faceva emergere la sua continua presenza anche negli affari della Chiesa e questo ai vescovi  non andava bene....Carlo Magno comprende comunque che restava limitato in alcuni campi prettamente ecclesiastici, da qui nasce l'accordo che vede differenziarsi l'azione politica da quella ecclesiastica.....in due parole il famoso "Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" cominciò  farsi strada in una netta divisione FRA STATO E CHIESA...

 E Carlo lo comprende benissimo quando  impose, in un primo tempo alla Chiesa, di aggiungere nella formulazione del "Credo" il famosta Filioque", papa Leone III vi si oppose pur condividendone il profondo significato. Fu la Chiesa Franca che di fatto e per prima fece questa aggiunta al Credo.
Quando Carlo Magno morì, Papa Leone III si sentì finalmente libero di poter lavorare nella Chiesa nella direzione spirituale e dottrinale.

L’incoronazione, episodio fondamentale nella storia occidentale, segnò la fine della dipendenza del papa dagli imperatori d’Oriente e l’inizio di una storia occidentale distinta, all'imperatore il potere temporale al pontefice quello spirituale. [SM=g6811]

Con il denaro donatogli dall’imperatore, Leone costruì e restaurò molte chiese a Roma, potè sfamare il gregge a lui affidatogli e che sovente dipendeva dalle opere di Carità della Chiesa risollevando così, per un periodo la tristezza della fame, aprendo una sorta di "refettori" nei quali vi potevano accedere i poveri....
 
[SM=g6811] 

 


Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 19:33
Rino CAMMILLERI

La vittima non chiede scusa. Ricordo di una strage a prova di «Revisionismo religioso»
tratto da Il Giornale, 11.04.2000.

Negli anni Trenta la Chiesa di Spagna subì le atrocità dei «rojos» [rossi]. Migliaia di persone massacrate. Suore violentate, crocifissioni, oltraggi alle ostie consacrate in un vero genocidio.

                                    

Dopo l'avvio dell'ormai lunga stagione dei mea-culpa ecclesiastici, culminati nella «purificazione della memoria» del 12 marzo scorso, molti si aspettavano, golosi, il seguito. Tra questi, alcuni avevano volto gli occhi, speranzosi, sulla Spagna, attendendosi una richiesta di scuse da parte della gerarchia locale per il franchismo. Invece sono rimasti a bocca asciutta, perché la conferenza episcopale spagnola ha mandato loro a dire che non ha niente di cui doversi scusare. Anzi.

Il cardinale Antonio Maria Ruoco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente dell'assemblea dei vescovi iberici, è stato esplicito: «Non è giusto né opportuno che la Chiesa chieda perdono per il ruolo che ha svolto durante la guerra civile spagnola». Questa la presa di posizione durante l'ultima riunione plenaria dei vescovi spagnoli, col pieno appoggio e consenso del nunzio apostolico di Spagna, monsignor Manuel Monteiro de Castro. «Anche la Chiesa fu vittima», ha tenuto a sottolineare il prelato. Eccome. Il cardinale ha dovuto addirittura accorpare per grandi gruppi gli oltre mille processi di beatificazione attualmente in corso per i cattolici, preti e laici, massacrati dai rojos in quella guerra per puro odio religioso. Questi si devono aggiungere all'altro migliaio già effettuato, la cui lunga serie prese il via il 22 marzo del 1986, quando l'attuale pontefice approvò il decreto di beatificazione di tre suore carmelitane martirizzate a Guadalajara. La cifra totale dei cattolici ammazzati dal '34 in poi non è nota nella sua interezza: i soli laici sono stati decine di migliaia, e si tratta di una approssimazione. Gli ecclesiastici sono 6.832 tra vescovi, preti, religiosi e suore.

Saliti al potere nel 1931, i partiti e movimenti repubblicani (cioè anarchici, comunisti, ma soprattutto socialisti), crearono immediatamente un clima di odio anticattolico che già nel '34, anno dell'insurrezione delle Asturie, in pochissimi giorni portò all'incendio di 58 chiese e all'uccisione di 12 sacerdoti, 7 seminaristi e 18 religiosi. Ma fu dal luglio del 1936 in poi che la «più spaventosa persecuzione anticristiana che il mondo abbia visto dall'epoca di Diocleziano» (parole dello storico liberale inglese Hugh Thomas) si scatenò in un crescendo di orrori. Nei modi più atroci e disumani vennero trucidati 4.184 preti diocesani (tra cui moltissimi giovani seminaristi), 2.365 frati, 283 suore, 11 vescovi. In certe diocesi, come quella famosa di Barbastro in Aragona, venne massacrato l'88 per cento del clero. Non si contano i laici uccisi solo perché trovati in possesso di una medaglietta devota o di un santino. Fu vietato perfino il tradizionale saluto adios perché conteneva la parola «Dio».

                         

Benedetto XVI: La perdita della memoria provoca la perdita dell'identità per la società nel suo complesso
Discorso ai membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche
del 7 marzo 2008

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La residenza delle suore salesiane di Madrid venne assalita e incendiata; le religiose furono violentate e poi finite a colpi di bastone. Era stata sparsa ad arte la voce che dessero ai bambini caramelle avvelenate, una vecchissima fola che risaliva ai tempi delle guerre di religione e che ogni tanto aveva fatto capolino qua e là in Europa, come preludio a un saccheggio di conventi. Già nel secolo precedente, durante le guerre carliste, per ben due volte una storia del genere era stata diffusa, ed era immancabilmente seguita una matanza de los frailes, un massacro di frati a imitazione delle stragi parigine di settembre del 1792, con macabri reperti anatomici recisi e portati a ornamento sui cappelli.

In Spagna durante la guerra civile del 1936 si arrivò a disseppellire le salme delle monache di clausura per esporle al dileggio in piazza. A qualche disgraziato toccò di venir legato vivo a un cadavere e lasciato morire così, esposto al sole, sino alla decomposizione di entrambi.

                         
(nella foto il cadavere di una monaca esposto per dileggio durante la persecuzione dei comunisti)



Le ostie consacrate venivano sottoposte a osceni oltraggi.
«Mai nella storia d'Europa e forse in quella del mondo, si era visto un odio così accanito per la religione e i suoi uomini».
È sempre Thomas, nella sua Storia della guerra civile spagnola, a parlare.

Un testimone oculare insospettabile, Salvador de Madariaga (antifranchista convinto e schierato con i repubblicani), ebbe a dichiarare alla fine: «Nessuno che abbia insieme buona fede e buona informazione può negare gli orrori di quella persecuzione: per anni bastò il solo fatto di essere cattolico per meritare la pena di morte, inflitta spesso nei modi più atroci».

Solo cattolici: pastori e Chiesa protestanti furono lasciati in pace. Il parroco di Navalmorel venne sottoposto allo stesso supplizio di Cristo: prima flagellato, poi coronato di spine (col filo spinato) e infine crocifisso. A certi religiosi fu riservata la sorte dei tori nella corrida: rinchiusi nel recinto, matati e sottoposti al taglio finale dell'orecchio. La vecchia madre di due gesuiti fu soffocata con un crocifisso incastrato in gola. Le evirazioni a freddo non si contarono. A un certo punto al fronte mancò perfino la benzina, usata per incendiare chiese, uomini, opere d'arte, antiche biblioteche religiose. Un genocidio cieco e insensato, un disastro anche culturale cui solo la vittoria di Franco pose termine.

Di che cosa dovrebbe «pentirsi» la chiesa spagnola? Eppure il primate madrileno non ha avuto parole aspre: «Semplificare i fatti per speculazioni politiche o ideologiche non contribuisce a risanare le ferite, né tanto meno a rinforzare la pace su basi veramente solide come quelle della verità».
 


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“Per il ruolo svolto durante la guerra civile spagnola la Chiesa non deve chiedere perdono a nessuno in quanto fu essa stessa vittima dell’immane tragedia”. Questa, in sintesi l’opinione dell’assemblea plenaria dei vescovi spagnoli, resa nota dal cardinale Antonio Maria Ruoco Varala arcivescovo di Madrid nel 2007.
Non si poteva, infatti, porgere l’altra guancia davanti a quella che è stata definita “la più spaventosa persecuzione anti cristiana che il mondo abbia visto dall’epoca di Diocleziano”.

L’autore di quest’ultima frase è l’inglese Hugh Thomas che nella sua “Storia della guerra civile spagnola” afferma inoltre: “Mai nella storia d’Europa e forse in quella del mondo, si era visto un odio così accanito per la religione e i suoi uomini”.

Precisiamo: per la sola religione cattolica. La macchina del revisionismo è stata dunque fermata, l’ostacolo era troppo grande da superare. Le cifre della tragedia parlano da sole: il clero ebbe circa 7000 vittime mentre i laici furono decine di migliaia (molti dei quali massacrati solo perchè in possesso di una medaglietta o un santino). L’odio anticattolico, creato ad arte dai movimenti “repubblicani”, iniziò a serpeggiare sin dal 1931 per poi manifestarsi apertamente nel ’34 durante l’insurrezione delle Asturie.

L’incendio di chiese, l’omicidio di sacerdoti, religiosi e seminaristi caratterizzarono infatti quelle giornate. Dal luglio del 1936 all’orrore non furono messi limiti.

Qualche altro esempio?
Nella diocesi di Barbastro in Aragona fu massacrato l’88% del clero. La catastrofe fu anche culturale con opere d’arte ed antiche biblioteche date alle fiamme. La Chiesa spagnola doveva forse pentirsi di ricordare?



                                      

Benedetto XVI: La perdita della memoria provoca la perdita dell'identità per la società nel suo complesso
Discorso ai membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche
del 7 marzo 2008


Caterina63
00giovedì 15 gennaio 2009 18:37


Tra gli eventi che nel XX hanno visto per protagonisti quelli che Giovanni Paolo II chiama "i nuovi martiri", uno era finora sfuggito all’attenzione del grande pubblico: il martirio subito dalla Chiesa in Messico.

Raccontiamo questa storia dimenticata, che difficilmente si trova nei libri di storia, quella di una rivolta di coraggiosi, di contadini, maestri, impiegati, madri di famiglia, che insorsero in difesa della libertà concrete (di fede, di diritto ad un insegnamento libero, ad una socialità non soffocata dallo Stato), che combatterono contro il genocidio culturale.


Messaggio Da Teofilo

Prima della celeberrima rivoluzione avvenuta agli inizi del XX secolo, il Messico aveva conosciuto, nello spazio di cinquant’anni, settantadue colpi di stato e trentasei costituzioni: la corsa al potere era continua e avveniva nel crepitio delle fucilate. Tra i vari litiganti chi seppe trarre profitto fu l’Amministrazione Statunitense, appoggiando di volta in volta gli ambiziosi contendenti e soffiando sul fuoco della discordia. Fin dai primi anni della loro indipendenza gli Stati Uniti rivolsero particolare attenzione alle ricchezze dell’ex-colonia spagnola. Ai primi dell’Ottocento incorporarono la Louisiana e la Florida, e oltre ai commerci vi impiantarono ben presto un’aggressiva attività missionaria protestante, allo scopo di "delatinizzare" quelle regioni la cui popolazione era quasi interamente cattolica. A metà del secolo, gli USA crearono un incidente diplomatico col Messico, a cui fece seguito una breve ed intensa guerra di annessione: a bandiera a stelle e strisce sventolò così in tre nuovi stati - il Texas, la California, il New Mexico - un territorio enorme e dalle immense risorse naturali. Fu sempre Washington ad appoggiare le rivolte che servivano a sbarazzarsi di uomini divenuti non graditi, sostituendoli con personaggi più malleabili, che appena giunti al potere si affrettavano a rilasciare concessioni minerarie a importanti compagnie americane per lo sfruttamento di oro, platino, mercurio, rame, ferro, carbone e argento.

Per lo più, alla vigilia della prima Guerra Mondiale, una nuova scoperta, quella del petrolio, accentuò l’interesse nord-americano per i territori al di là del Rio Grande.

Scoppiata la Rivoluzione nel 1910, una serie di ditattori si susseguì al potere: dapprima Carranza, autore nel 1917 di una Costituzione ferocemente anti-cattolica, e quindi Obregone Callas, eletti coi voti del 2% della popolazione.

La Rivoluzione, inizialmente sostenuta dalla sollevazione dei peones, che sognavano una più equa riforma agraria e che erano animati da un profondo sentimento religioso, finì in realtà per porre a capo della nazione messicana una classe dirigente massonica che diede il via ad una massiccia opera di scristianizzazione della società. Il generale Plutarco Calles fu il principale protagonista dell’opera di persecuzione. Nato negli USA, fu l’esponente di quell’ideologia apparentemente contradditoria - un misto di liberismo e leninismo, di giacobinismo e autoritarismo pragmatico - che diede i fondamenti ideologici e pratici al "Partido Revolucionario lnstitutional". Il collante di tale composita ideologia fu l’appartenenza massonica dei suoi seguaci e un nemico da abbattere con odio determinato: la Chiesa Cattolica.



In Messico, negli anni venti, le autorità pubbliche cercarono di sradicare la Chiesa e le sue istituzioni dalla vita del popolo con leggi ingiuste ed una persecuzione sanguinosa; tentarono invano di istituire una Chiesa scismatica; espulsero dal Paese i sacerdoti stranieri; ordinarono la chiusura dalle scuole cattoliche e dei seminari; mutarono le leggi e le pene dei tribunali giudiziali in norme contrarie alla Chiesa; disprezzarono le giuste rivendicazioni dei Vescovi e di molti cattolici.

La persecuzione religiosa raggiunse il suo vertice con la "Legge Calles" del 14 giugno 1926, con la quale la Chiesa Cattolica, che rappresentava non solo la religione del popolo messicano, ma la sua stessa anima e identità culturale e nazionale, fu privata di tutti i diritti.

Nel 1926, con l'idea di approfondire il proprio potere, Calles aveva inferto alcuni colpi bassi alla Chiesa, lanciando una feroce campagna anticlericale. I preti risposero con uno sciopero del culto. Per la prima volta nella storia del Messico le chiese chiusero i battenti ai fedeli. Al vedere la salute spirituale in pericolo, migliaia di contadini degli stati di Jalisco, Colima, Guanajuato, Michoacan, Zacatecas e Durango si ribellarono, inalberando il sempiterno vessillo della vergine della Guadalupe e invocando Cristo-Re (da cui i nomi cristero e cristiada ).

La guerra durò quasi 15 anni, passando per fasi alterne e coinvolgendo differenti strati di popolazione. La storia ufficiale ha preferito etichettare la cristiada come una sommossa di bigotti manipolati da preti reazionari e proprietari terrieri che si opponevano alla riforma agraria. Tuttavia, la chiesa istituzionale non chiamò mai all'insurrezione e, a partire dal 1929, scomunicò i ribelli. Da parte sua lo stato lasciò perdere l'anticlericalismo militante alla prima opportunità. I cristeros invece definivano se stessi come liberatori e non erano certo difensori del capitalismo: "guai al ricco idolatra del denaro", si legge in un loro manifesto.

In realtà, la cristiada fu una ribellione genuina in cui la Chiesa svolse suo malgrado una funzione detonante in maniera non dissimile da quanto successe decenni dopo in un paese come la Polonia. In questi casi, è importante ciò che la Chiesa rappresenta nell'immaginario collettivo. Per i contadini delle montagne del Jalisco o del Durango, poverissimi e poco informati delle circostanze politiche del momento era semplicemente intollerabile che il governo, oltre a riscuotere tasse, si impicciasse anche dell'unico bene non negoziabile: la cura dell'anima. La chiesa, se non altro, garantiva l'accesso al paradiso



Il Generale Plutarco Elías Calles era un animo deciso a portare a termine i piani di distruzione della Chiesa in Messico. Come dimostrano i fatti aveva deciso di porre fine alla Chiesa cattolica in Messico. Così lo videro i suoi contemporanei e così lo proclamò con coraggio il primo Vescovo di Huejutla, D. José Manriquez e Zárate, nella sua sesta lettera pastorale del 6 marzo 1926: "L'intenzione di Calles è di porre fine, una volta per tutte, alla religione cattolica in Messico. Il giacobinismo messicano ha decretato la morte della Chiesa Cattolica nel nostro Paese, lo sradicamento dalla società messicana e, se fosse possibile, del pensiero cattolico".

Ciononostante, vari sacerdoti decisero di restare nelle proprie comunità al servizio dei fedeli, annunciando la Parola di Dio, impartendo loro i sacramenti, assistendoli con l'esercizio della carità, imitando il Buon Pastore. Non vollero abbandonare le loro comunità cristiane; e per questo patirono pazientemente minacce, oltraggi, tormenti fisici e morali. Perdonarono i loro persecutori, e armati di una grande fede, diedero audacemente la vita per Cristo e per la Chiesa.

Nella stessa persecuzione contro la Chiesa morirono anche molti laici. Tra di essi tre giovani dell'Azione Cattolica, collaboratori del proprio parroco, che si dissero pronti ad offrire la propria vita per Cristo. Non rinnegarono la propria fede né la loro appartenenza all'Azione Cattolica, e con coraggio e serenità subirono percosse, ed infine la morte.

Il movimento "cristero" fu una protesta disperata dei cattolici messicani contro l'azione persecutoria nei confronti della Chiesa. Questo movimento non fu promosso dalla gerarchia ma condotto interamente dai laici.

Questi cercarono l'appoggio dei Pastori, che collaborarono in parte e in modo molto vario, a titolo personale.

Anche quando, prelati e sacerdoti erano d'accordo a resistere alle leggi inique contro la Chiesa, tuttavia venivano sostenute diverse opinioni riguardo alla situazione e, soprattutto, con le debite riserve riguardo a una difesa armata.

Tutto il clero appoggiò la resistenza pacifica all'azione di persecuzione del Governo. Così fece anche nei confronti del boicottaggio, dato che era stato approvato dai Vescovi.

Il comportamento dei sacerdoti venne messo in chiaro in un volantino risalente alla fine del 1926, diffuso dalla Lega Nazionale per la difesa della libertà religiosa, in cui si diceva: "Si cercò di fare dei nostri sacerdoti degli apostati, di renderli scismatici, di allontanarli dall'obbedienza al Papa, dinanzi a tutto ciò essi mantennero la loro fede e preferirono restare in miseria ed essere perseguitati".

I sacerdoti, tutti provenienti dal clero diocesano, non furono immolati in gruppo, ma anzi, al momento di venire arrestati si trovavano soli, ognuno al proprio posto. Inoltre, e per il solo fatto di essere sacerdoti, e senza alcun processo, ritenendo un crimine l'esercizio del loro ministero essi furono condotti al martirio. Nessuno appoggiò la resistenza armata del movimento "Cristero". Nel caso dei laici, furono martirizzati in quanto fedeli



L'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum sta compiendo una meritoria opera di recupero della memoria storica e di maggior conoscenza, non solo in ambito cattolico, di alcune fra le più importanti, ma misconosciute, persecuzioni di cui sono state vittime appunto i cattolici. :

"La storia della Chiesa in Messico rappresenta un esempio di coraggio e resistenza, sottomessa a una violenta ostilità dal 1911 al 1940. Fu così aspra che Pio XI la paragonò a quella dei primi secoli cristiani. Il cattolicesimo messicano non fu reazionario nei confronti dei cambiamenti sociali. "I congressi" social-cattolici anteriori alla rivoluzioni, le numerose iniziative nel campo educativo, sociale e popolare, lo dimostrano ampiamente. Ma le forze liberali e massoniche trionfatrici nel 1917, rimasero nelle mani di uomini visceralmente nemici della Chiesa. Vollero cancellare per sempre l'uomo cattolico messicano. La spiegazione di una così forte intolleranza si deve ricercare nel carattere popolare del Cattolicesimo messicano, la cui diffusione fra la gente era così incomoda da dover essere soppressa con la forza. All'inizio, poiché era impossibile realizzarlo con le armi, si cercò di farlo con le leggi. Ma quando si dimostrarono inefficaci, si tornò ai plotoni di esecuzione. Nessuno dei Martiri fu sottomesso a un processo legale; nessuno fu condannato per crimini accertati dalla legge. Come nel caso di ogni persecuzione, il motivo della condanna fu la semplice appartenenza esplicitamente professata a Gesù Cristo, vivo oggi, confessato senza ambiguità con quel grido ripetuto mille volte da quei martiri prima di morire: Viva Cristo Re! Viva la Vergine di Guadalupe!

Ai Martiri messicani si può applicare ciò che Sant'Efrem scriveva sui primi martiri: "Ecco la vita nelle ossa dei martiri: chi oserebbe dire che non sono vivi? Ecco i monumenti vivi, e chi ne può dubitare?" Ecco i monumenti vivi della presenza di Cristo, nei Martiri messicani, e nel "basso popolo cristiano", secondo l'espressione usata dai massoni e dai liberali riformisti di allora. Rimase fedele alla sua fede nonostante le ostilità della massoneria infiltrata nella borghesia economica e intellettuale "criolla", protagonista in parte dell'indipendenza e con frequenza protetta dai fratelli "del Nord" e dell'Europa.

Lo studio attento dimostra il preciso progetto di smantellare le radici cattoliche e un dichiarato disprezzo non soltanto verso tutto ciò che era "spagnolo", ma anche verso tutto ciò che era "indio", nonostante l'apparente indigenismo di molti esponenti rivoluzionari. Molti sacerdoti sono morti mentre si recavano a celebrare la messa (nonostante la proibizione di farlo); alcuni muoiono addirittura con le specie consacrate in bocca, per difenderle dalla profanazione. I Martiri muoiono invocando la Vergine di Guadalupe. È anche la prova che Guadalupe non era un mito, né una fantasia religiosa scaturita da un sincretismo, ma un Evento che ha penetrato tutta la storia cattolica messicana e latinoamericana, come hanno detto i vescovi a Puebla nel 1989. Un altro aspetto dei Martiri è il loro impegno sociale. Li vediamo immersi in una grande attività nello sforzo di migliorare le condizioni della gente, per la giustizia sociale nei circoli operai, nella stampa, nella formazione di bambini e giovani. La vita non è separata dalla fede. I sacerdoti non rinunciano al loro ministero durante la persecuzione, e vivono nascosti, viaggiando di notte da rancho a rancho. Alcuni soldati si rifiutarono di sparare ai loro sacerdoti, e pagarono con la vita il loro gesto di gratitudine, di rispetto e di fede. Quei sacerdoti erano eroici nella fedeltà quotidiana al proprio sacerdozio, nelle circostanze difficili in cui si trovavano. Questi sono gli aspetti che metterei in evidenza come chiave di lettura della storia di un martirio, una delle storie più appassionanti e appassionate del 20° secolo".

I vescovi messicani, sostenuti da Papa Pio Xl, ordinarono di chiudere al culto le chiese, dal momento che ne andava della vita stessa dei sacerdoti e della libertà del popolo di Dio.

Cominciò a scorrere il sangue dei martiri, I cattolici perseguitati trovarono il coraggio di manifestare pubblicamente la propria fede, affrontando dapprima la repressione poliziesca e quindi quella militare. Calles impose aqli impiegati cattolici una scelta: rinunciare a Cristo o perdere il posto. Su 400 maestri di Guadalajara, ben 389 preferirono essere destituiti piuttosto che rinnegare la fede.

Mentre le prigioni andavano riempiendosi sempre più, i cattolici costituitisi nella "Lega per la difesa della libertà religiosa", continuarono la battaglia civile e non violenta con il boicottaggio nei confronti dello Stato: acquistare solo lo stretto necessario, disertare teatri e luoghi di divertimento, rinunciare a viaggi, ritirare i depositi dalle banche. Il boicottaggio venne propagandato dai giovani attivisti in vari modi e in ogni parte del paese e la risposta violentissima del regime non si fece attendere: le detenzioni vennero sostituite dalle esecuzioni sommarie. Il generale Gonzales, comandante delle truppe della regione di Michoacan, emise questo decreto in data 23 dicembre 1927: "Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato".

A Citta del Messico, in tutta risposta, convennero folle di pellegrini da ogni parte della nazione, a ricordo del primo Congresso Eucaristico Nazionale, tenutasi nel 1924 con grande successo, nonostante le restrizioni governative, e sulla cima del Cubilete, centro geografico della nazione, per la prima volta venne lanciato il grido fatidico, segnale di riscossa e di insorgenza, che doveva diventare il grido dei martiri davanti ai plotoni di esecuzione o alle forche di questa nuova Vandea: "Viva Cristo Re!". Ma dì fronte agli arresti, alle confische, ai campi di concentramento, agli stupri e agli eccidi, consumati nell’indifferenza internazionale, rotta solo dalle vibranti proteste del Vaticano, i cattolici si trovarono senza altra alternativa, dopo la testimonianza, il boicottaggio e la resistenza passiva, che prendere le armi: divennero soldati, soldati di Cristo Re o, come venivano sprezzantemente definiti dai nemici, "Cristeros".

L’11 gennaio 1927 fu proclamato il Manifesto alla nazione detto "de los Altos" e nacque l’Esercito Nazionale dei Liberatori. Il programma politico prevedeva la restaurazione di tutte le libertà soppresse.

L’esercito si organizzò disponendo unicamente del sostegno dei volontari e della popolazione civile. Le colonne si spostavano continuamente in una tattica di guerriglia.

L’armata era composta di giovani, contadini e operai, studenti e impiegati, animati e uniti da uno spirito ammirevole: alla sera, prima di addormentarsi, i Cristeros cantavano l’inno "Tropas de Maria". Quando era possibile si conservava il Santissimo, e i soldati si davano il cambio ogni quarto d’ora per L’adorazione. I capi portavano la croce sul petto e i soldati l'immagine della Vergine di Guadalupe; prima di dare battaglia, tutti si facevano il segno della croce e poi si battevano al grido di "Viva Cristo Re". Lo spazio non ci consente di elencare i tanti protagonisti dell'eroica insurrezione, i valorosi e i martiri, alcuni dei quali, sotto il pontficato di Giovanni Paolo II, hanno raggiunto la gloria degli altari, come il gesuita Padre Miguel Agustin Pro, fucilato senza processo.

Fu una Vandea, abbiamo detto, ma con una conclusione diversa: il desiderio di vedere cessare definitivamente le sofferenze del popolo messicano portò l'Episcopato a siglare accordi con il governo. Il 29 giugno 1929, festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, le chiese del Messico si riaprirono al culto, e le campane tornarono a suonare nel paese: vennero celebrate Messe ovunque, tra l'entusiasmo della popolazione. I Cristeros deposero le armi: discesero dai monti, sciolsero i battaglioni che per tre anni avevano tenuto testa alle truppe governative, e tornarono ai loro villaggi e alle loro città. La gioia per il ritorno della pace si accompagnò però nei loro cuori all'amarezza per la mancata vittoria: i nemici di sempre rimanevano ai loro posti di comando e la tregua, così frettolosamente raggiunta. sapeva di compromesso.

Molti esponenti dei Cristeros si sentirono traditi: non era stato firmato un accordo, ma una resa. Numerosi membri del clero e laici noti per il loro impegno antigovernativo vennero esiliati e molti Cristeros, appena deposte le armi, furono arrestati e fucilati. Non pochi paesi che avevano dato loro ospitalità vennero saccheggiati e i sacerdoti ritornati nelle loro parrocchie divennero bersagli dell'ostilità governativa.

Prese il via un'opera più raffinata e meno cruenta di marginalizzazione dell'identità religiosa e culturale del popolo messicano.

Nel 1931 la ribellione scoppiò di nuovo, visto che gran parte dei cristeros , diffidando, non avevano consegnato le armi. Scrollati i legami istituzionali, i contenuti agrari furono questa volta più espliciti. Fatto significativo: alla rivolta si sommarono anche alcune regioni degli stati di Morelos e Guerrero, dove gli antichi zapatisti assistevano con amarezza al disfacimento dei loro ideali. Solo il presidente Cardenas (1934-1940), grazie a una politica di riforma agraria integrale, riuscì a guadagnarsi poco a poco le simpatie dei contadini e a provocare la rovina del movimento, prima nel Jalisco e poi negli altri stati. Nel 1940, non rimanevano che degli isolati fuochi di resistenza nel Durango.

Come è noto, nel momento in cui la guerra tra i cristiani e lo stato messicano ateo sembrò non poter avere una soluzione, la Santa Sede, andando incontro anche alle richieste dei vescovi locali, tentò di venire ad un compromesso richiamando i cristiani a deporre le armi. Nel frattempo, anche se senza riuscirvi, il governo messicano aveva cercato di dare vita ad una Chiesa cattolica nazionalista. Non tutti i cristiani in armi accolsero l'invito a deporle, soprattutto perché le concessioni che il governo anticlericale messicano del tempo aveva fatto a parole ai rappresentanti della Santa Sede, non furono mantenute. Anche dopo la fine degli scontri armati, continuò in forme più subdole una dura persecuzione contro i cattolici e, soprattutto, contro il clero e i religiosi e nella Costituzione messicana rimase l'articolo che non riconosce l'autonomia della Chiesa nello svolgimento della sua azione pastorale.



Bibliografia

- Paolo Gulisano, Viva Cristo Re! Cristeros: il martirio del Messico 1926-29. Il Cerchio, Rimini 1999.

- L. Zilliani, Messico Martire, Soc. Ed. S. Alessandrino, Bergamo 1935.

- Vandea e Messico, Edizioni Centro Grafico Stampa, Bergamo 1993.

Cronologia

· Dicembre 1916: attraverso elezioni manipolate, Carranza diventa Presidente del Messico. Egli si appoggia al liberalismo giacobino, al protestantesimo nordamericano e alla massoneria. Sì inaugura la serie di governi anticattolici che domineranno il Messico per tuffo il secolo XX.

· 5 febbraio 1917: viene approvata la nuova Costituzione massonica. La Costituzione proibisce l’insegnamento religioso, spoglia la Chiesa di tutti i suoi beni, limita il numero dei sacerdoti e l'esercizio del loro ministero, nega alla Chiesa personalità giuridica, vieta ai sacerdoti di avere proprietà, di votare, ereditare, ma li obbliga al servizio militare. Nel biennio successivo, undici tra arcivescovi e vescovi vengono esiliati negli USA, due a Cuba, altri in Europa. Centinaia di sacerdoti e religiosi vengono cacciati e duemila scuole cattoliche vengono chiuse.

· 1920: un colpo di Stato militare depone Carranza. lì generale Alvaro Obregòn (1880-1928) è il nuovo presidente.

· 1924: Scaduto il mandato presidenziale di Obregòn, inizia la "staffetta" con Plutarco Elias Calles.

· 21 aprile 1926: una lettera pastorale dei vescovi messicani accusa il governo di voler "annichilire il cattolicesimo", aprire le porte ai Protestanti e favorire la Massoneria.

· 14 giugno 1926: viene emanata la "legge Calles", che restringe ancor di più la libertà religiosa.

· 31 luglio 1926: per la prima volta, dopo più di 400 anni, i vescovi decidono di sospendere il culto pubblico in tutte le chiese del Messico. Si vive come in un lutto nazionale.

· Agosto 1926: si contano sei rivolte in diverse zone del Paese e numerose proteste di piazza. La rivolta dei Cristeros è iniziata. Dopo un anno, i Cristeros in armi sono circa 25.000.

· 18 novembre 1926: nell'Enciclica Iniquis afflictisque, Papa Pio Xl richiama l'attenzione della Chiesa universale sulla "paurosa situazione" dei cattolici messicani.

· 21 giugno 1929: i vescovi Ruiz Flòres e Pascual Diaz firmano con il Presidente ad interim Emilio Portes Gil un modus vivendi che pone fine agli scontri. Ilì 29 giugno si riaprono le chiese. Ma la persecuzione continua. Nel 1935 si contano in Messico poco più di 300 sacerdoti, sugli oltre 4.000 presenti all'inizio della rivolta. In 17 Stati non si tollera la presenza di alcun sacerdote. La persecuzione contro la Chiesa messicana era costata la morte di 3700 sacerdoti, di 30.000 cristeros a cui vanno aggiunti 150.000 morti tra il popolo e quasi 40.000 caduti dell'esercito governativo.


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Caterina63
00mercoledì 14 luglio 2010 09:47

La grandezza del cattolicesimo

H.W. Crocker III

Articolo pubblicato su Crisis del 4 novembre 2002 con il titolo What’s So Great About Catholicism 



Con la sua fondazione divina, consacrazione e missione, niente potrebbe essere più glorioso della Chiesa cattolica. Ma, ovviamente, molte persone - fra cui anche molti battezzati - non la vedono in questo modo.

Quando a causa dei peccati degli uomini - o del progresso materiale, o del nostro stesso egocentrismo - non riusciamo più a vedere questa realtà, è come se diventassimo ciechi su tutto. Il Rinascimento, una grande era cattolica, ha illuminato il mondo vedendolo nuovamente sia con la luce della fede che con la luce della civiltà classica, che è stata il vivaio del cattolicesimo. Allo stesso modo oggi, se guarderemo al mondo con gli occhi della fede cattolica, vedremo la nebbia dileguarsi, la nostra prospettiva approfondirsi, e vedremo risplendere la bellezza e la verità sulla puerilità della cultura popolare di massa.

Qual'è la grandezza del cattolicesimo? Qui elenco 10 elementi - in ordine decrescente - ai quali se ne potrebbero aggiungere facilmente altre centinaia.

10. La Speranza

Il paganesimo classico, come sappiamo, finiva sempre in disperazione - talvolta una nobile disperazione, ma comunque sempre disperazione. Le religioni orientali non offrono molto riguardo alla speranza poiché sono legate alla dottrina del fato, della ciclicità della storia e della scomparsa nel nirvana. Anche il Protestantesimo manca di speranza con il suo credo calvinista secondo il quale sarebbe stato meglio per la maggior parte delle persone non nascere affatto, predestinate come sono alla dannazione. Il secolarismo e il materialismo non sono migliori, poiché le ricche società secolari hanno il tasso più alto di suicidi.

Ma nella Chiesa Cattolica c'è la speranza. La salvezza è alla portata di ogni uomo che la desidera. E nonostante Gesù abbia avvisato i suoi apostoli che seguirlo avrebbe inevitabilmente significato sopportare odio e persecuzioni, ha donato loro anche questa promessa: "Le porte dell'inferno non prevarranno sulla Chiesa". Anche chi osserva dall'esterno riconosce questo fatto. Chi ha mai udito di una conversione al Metodismo sul letto di morte? La speranza viene dalla Presenza Reale.

9. L'inquisizione

L'inquisizione? Sì, non vergogniamoci. L'inquisizione è l'arma preferita di ogni nemico della Chiesa. Ci sono state varie inquisizioni. La prima in ordine di importanza nella storia della Chiesa è stata l'inquisizione contro gli Albigesi - una setta eretica che incoraggiava il suicidio, l'eutanasia, l'aborto, la sodomia, la fornicazione ed altre idee moderne che erano abominevoli per la mentalità medievale. La lotta contro gli Albigesi si trasformò in guerra - e una guerra che non poteva essere irretita all'interno dei limiti delle crociate. Così Papa Gregorio IX affidò l'estirpazione decisiva dell'eresia albigese al bisturi dell'Inquisizione piuttosto che alla spada dei crociati.

L'Inquisizione del 13° secolo incusse forse timore nella popolazione dell'Europa occidentale? No. Il suo scopo era limitato: i suoi processi e le sue pene erano più miti per gli accusati di quanto lo fossero quelli secolari. La pena inquisitoriale spesso non era niente più che una penitenza - carità, pellegrinaggio, mortificazione - che poteva essere data da un prete in confessionale. Se si era abbastanza fortunati da vivere in Inghilterra, nel nord della Francia, in Belgio, in Olanda, in Scandinavia o, ad eccezione dell'Aragona, anche nella stessa Spagna, il rischio di finire davanti a un tribunale dell'Inquisizione era praticamente nullo. Il centro dell'Inquisizione era nei distretti albigesi della Francia meridionale; in Germania, dove si erano verificati alcuni degli abusi più gravi; e in quelle parti dell'Italia invase dall'eresia anticlericale. In tutti i casi, le corti dell'Inquisizione agirono solo dove la Chiesa e lo stato erano concordi nel sostenere che la pace e la sicurezza erano minacciate.

Certamente più famosa è l'Inquisizione Spagnola. L'Inquisizione Spagnola fu una faccenda dello stato in cui il ruolo della Chiesa fu quello di agire come garante della equità e giustizia dei tribunali reali nello scovare i collaborazionisti. ( Come erano chiamati, dopo secoli di guerra contro i musulmani, coloro che non erano cattolici sinceri e ortodossi.) Un recente studio, che ha esaminato i dettagliati archivi tenuti dall'Inquisizione Spagnola, ha provato - per usare il titolo di un documentario della BBC sul tema - "Il mito dell'Inquisizione Spagnola". Ora sappiamo, aldilà di ogni dubbio, che lo sketch dei Monty Pyton sugli inquisitori che tengono un'anziana signora sulla sedia facendole il solletico con dei piumini è più vicino alla verità delle immagini di persone trafitte dalla Vergine di Norimberga. Nel corso di un anno , il numero delle esecuzioni ordinate dall'Inquisizione Spagnola - che copriva non solo la Spagna ma il suo vasto impero d'oltreoceano - era mediamente minore del numero di persone messe a morte annualmente dallo stato del Texas. E questo in un periodo in cui in Europa l'eresia era universalmente considerata un crimine capitale. Il mito dell'Inquisizione Spagnola viene da documenti falsi propagandati da oppositori protestanti e da cattolici anti spagnoli che erano piuttosto numerosi. Il fatto è che, lungi dall'essere quei tribunali assetati di sangue propagandati dal mito,  le corti dell'Inquisizione Spagnola erano le più imparziali, le più clementi e le più avanzate d'Europa.

8. Le crociate

Va bene, riconosco che questo è un altro argomento problematico per alcuni cattolici, ma siamo schietti: crediamo o no alla necessità di recuperare il mondo per Cristo e la Sua Chiesa? I cavalieri medievali prendevano sul serio questa responsabilità, indossavano la croce sui loro mantelli e sulle loro tuniche, pregavano e concepivano una fede incarnata che agiva nel mondo. Fu la guerra difensiva di questi cavalieri che respinse l'aggressione islamica e mantenne libera l'Europa occidentale. Dovremmo vergognarci di questo? No: per la Cristianità è un motivo di gloria  il fatto che nel medioevo bastasse un cenno del Papa per far muovere cavalieri fin dalla Norvegia - per non parlare dell'Inghilterra, della Francia e della Germania - desiderosi di porsi al suo servizio. In quel tempo gli uomini erano prima di tutto cattolici.

Oggi, a causa dei gruppi terroristici islamici, l'occidente sta nuovamente indossando la corazza (non stiamo forse bombarndo l'Iraq per questo?). Non dovremmo vergognarci dei nostri predecessori che dovettero fare la stessa cosa

7. La Guardia Svizzera e la Legione Straniera

Sebbene solo una di queste istituzioni sia sotto la diretta supervisione del Vaticano, entrambe si qualificano come istituzioni cattoliche. Anzi, la prossima volta che incontri un protestante che ti domanda perché sei cattolico, prova a dirgli questo (e siine fiero!!): "Sono cattolico perché credo nella Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, fondata da Gesù Cristo e dai suoi discepoli, guidata dallo Spirito Santo per mezzo del Papa di Roma che a sua volta è protetto dalle Guardie Svizzere le cui uniformi furono disegnate, si dice, da Michelangelo." Se il tuo interlocutore non cerca immediatamente istruzioni su come fare per convertirsi, sai di avere a che fare con un caso difficile.

Per quanto riguarda la Legione Straniera, credo che con la sua tradizionale apertura a uomini di ogni nazione e condizione, votati ad uno scopo comune, e con la sua tradizione di anonimato che conferisce una sorta di perdono dei peccati secolare, sia uno specchio dello spirito cattolico. Due aneddoti potrebbero aiutare a illustrare questo fatto. Innanzitutto, c'è lo spirito del realismo cattolico, forse meglio raccontato in una storia del libro The Paratroopers of the French Foreign Legion: From Vietnam to Bosnia (I paracadustisti della legione straniera: dal Vietnam alla Bosnia). Qui si narra di un cappellano cattolico in Bosnia che distribuisce medaglie della Beata vergine Maria. Egli avverte i suoi legionari che la medaglia "non sostituisce l'armatura. Non faccio del voodoo qui. Così, state attenti." Ben detto, Padre.

Se questo aneddoto parla del realismo cattolico e della legge naturale, ce n'è un'altro che ci ricorda perché i militari hanno sempre rispettato i cappellani militari cattolici più di tutti gli altri. E' tratto da A Mouthful of Rocks: Modern Adventures in the Foreign Legion di Christian Jennings: "Questo era il Padre assegnato alla nostra unità. Indossava la tenuta di combattimento al completo e una catena con un grande crocifisso argenteo, che si intonava con le ali del suo paracadute... Una recluta spagnola con cui avevo giocato a poker, all'improvviso cominciò a fare smorfie  e gesti alle spalle del Padre, quando all'improvviso, senza distogliere lo sguardo dal francese con cui stava parlando, il prete diede una gomitata in faccia allo spagnolo scaraventandolo contro un forno." Delizioso, n’est-ce pas? Questo ci ricorda anche che per la maggior parte delle persone la fede è meglio insegnata con l'azione e l'esempio piuttosto che con le parole.

6. L'arte

Sicuramente i famosi autori cattolici del mondo anglosassone - John Henry Cardinal Newman, Hilaire Belloc, G.K. Chesterton, Graham Greene, Evelyn Waugh, Siegfried Sassoon (che si convertì in tarda età), e Thomas Merton - hanno rivestito un ruolo importante nella mia conversione. Perfino i cattolici non ortodossi (come Green) hanno avuto una forte influenza su di me.

La scrittura ovviamente non è solo testimonianza artistica della fede. Il cattolicesimo si è sempre circondato di bellezza, considerandola come lo splendore della verità. Come disse Karl Adam, sacerdote e teologo tedesco, "L'arte è innata al cattolicesimo, poichè la venerazione per il corpo e per la natura è innata ad esso." L'influenza puritana è estranea al cattolicesimo - come può esserlo l'idea che fracassar gli altari, deturpare le Madonne, e rompere le vetrate delle chiese sia un atto religioso per i cattolici. La Chiesa Cattolica lascia questo talebanismo alle eresie protestanti e iconoclaste. La Chiesa Cattolica, invece, offre una celebrazione della bellezza; e la bellezza, nel nostro mondo di tatuaggi, di piercing, di gangsta rap e grattacieli di cemento, è qualcosa di cui potremmo fare maggior uso. 

5. Libertà

Sì, la buona vecchia reazionaria e repressiva Chiesa Cattolica è stata l'istituzione che nella  storia del mondo ha difeso più ardentemente di qualunque altra la libertà - sebbene quasi mai gli venga riconosciuto. Viviamo in un'epoca di ideologie deterministiche - con il destino delle nazioni e degli individui apparentemente determinato dalla razza, dall'economia, dalla storia, dalla psicologia, dalla genetica o addirittura dalla predestinazione. La Chiesa Cattolica si erge solitaria nella difesa radicale del libero arbitrio umano.

Quando i media, i protestanti e i dissenzienti dicono ai cattolici praticanti che l'istinto sessuale è così potente da non poter essere controllato, solo i cattolici dicono:"No, l'uomo è libero. Tutti i cristiani sono chiamati alla castità, e quello a cui sono chiamati sono anche in grado di realizzarlo, e alcuni possono liberamente scegliere il celibato come sacrificio per meglio servire Dio e la sua Chiesa."

Quando Massimo nel film Il Gladiatore incoraggia i suoi soldati con le parole "Quello che facciamo in questa vita si riflette nell'eternità", sta parlando come un  cattolico, non come un protestante o un musulmano che credono che l'eternità sia già scritta e che l'uomo non ha il libero arbitrio.

Quando gli scettici protestano che la prova dell'esistenza di Dio non è evidente o che un Dio che permette il male e la sofferenza deve essere Lui stesso un sadico e un malvagio, i cattolici rispondono:"Il nostro Dio ci ha fatti liberi. La vera libertà comporta sempre dei costi e delle sfide. Vedi, la nostra non è una religione irreale dove le azioni non hanno conseguenze. La nostra è una religione della vita così come è realmente. E la vita reale è una vita segnata dal peccato originale. Il cattolicesimo è una religione del pellegrinaggio, liberamente accettata, per crescere in Cristo, per vincere il peccato."

C'è un altro mito che imperversa secondo il quale il mondo occidentale non ha assaporato la libertà fino alla rivolta protestante di Martin Lutero che portò alla divisione e alla subordinazione della Chiesa allo stato nell'Europa del Nord e infine portò, in alcuni paesi, alla separazione fra Chiesa e stato e all'irrilevanza della Chiesa per lo stato. 

Ma chi sarebbe così spudorato da dire che il rinascimento - contro cui Lutero si rivoltò - non era libero? Chi  negherebbe che il grande controllo sul potere statale nel corso dell'intera storia europea, dalla conversione di Costantino fino al 20° secolo, era la Chiesa Cattolica?

Pensiamo all'imperatore romano Teodosio, comandante di tutte le legioni romane, che si privò di tutte le insegne imperiali per fare penitenza davanti ad un ecclesiastico disarmato, S. Ambrogio, vescovo di Milano. Era la Chiesa Cattolica che forniva un controllo morale sull'esercizio e sulle prerogative del potere.

Pensiamo al martirio di Tommaso Beckett e Tommaso Moro. Pensiamo alla rivolta protestante che sosteneva che il potere dello stato derivava dalle Scritture mentre il potere del Papa - il potere della Chiesa di Cristo contro le richieste dello stato - no.

Pensiamo all'illuminismo, alla rivoluzione francese, alla Kulturkampf di Bismarck e alle successive correnti intellettuali e politiche, compreso il fascismo, il comunismo e il liberalismo della nostra stessa epoca, tutte vedevano - o vedono - lo stato come la cosa essenziale, la centralizzazione dell'autorità statale come obbiettivo primario e la direzione statale come strumento essenziale di riforma. E qual'era l'ostacolo sulla strada di questi "riformatori"? La Chiesa Cattolica. Era la Chiesa che asseriva l'indipendenza delle "istituzioni sussidiarie". Era la Chiesa che difendeva i diritti della famiglia contro lo stato. Era la Chiesa che protestava, con le parole di Papa Pio XI, contro il "culto pagano dello stato".

4. I santi

Il cattolico non è mai solo. Dio è sempre vicino. Il cattolico ricorda Maria. Ricorda il suo sì all'Incarnazione. Ricorda quelli che lo hanno preceduto: la teoria di santi dalle personalità così varie, così libere e tuttavia così devoti alla singolare via che li conduce alla santità e all'unione con Dio.

I cattolici non sono estranei alla storia. Non stanno da soli con la loro Bibbia e le loro coscienze. I cattolici vivono la storia. Sono parte dei 2000 anni di pellegrinaggio dell'umanità con Dio.

Nel Credo apostolico, la prima formula che abbiamo del credo cristiano, la Bibbia non è mai menzionata. La coscienza individuale non è mai menzionata. Ciò che è  menzionato è la storia: "nato dalla Vergine Maria, soffrì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto."

Ciò che viene affermato è la fede in Dio; nella vita, risurrezione e giudizio di Gesù; quindi la litania finale."Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la comunione dei Santi, il perdono dei peccati, la risurrezione del corpo e la vita eterna."

Per i cattolici la vita è cosa buona; il corpo è cosa buona (e questo è il motivo per cui sarà risuscitato); ed è bene per l'uomo, se ricordiamo la Genesi, non essere solo. Nella Chiesa Cattolica l'uomo non è  mai solo ma vive nel Corpo di Cristo, la Chiesa militante, in cui riceve i sacramenti del suo pellegrinaggio terreno; nelle sue preghiere per i defunti rimane in comunione spirituale con la Chiesa sofferente; imitando i santi e implorando la loro intercessione, il cattolico guarda avanti alla Chiesa trionfante in cielo.

I santi ci mostrano la via. I cattolici non presumono di salvarsi solo per la fede - come pensano i protestanti. La salvezza, ovviamente, viene dalla grazia di Dio. Ma come parte della nostra libera accettazione di quella grazia, siamo chiamati a diventare santi: a lavorare, ad agire, a partecipare nel dramma terreno in cui combattiamo per vivere una vita da santi - per vivere, cioé, la vita di Cristo. Nessuno di noi è un eletto, predestinato alla salvezza, con gli altri (la maggioranza) predestinati all'inferno come ha insegnato Calvino. Il cattolico crede di essere chiamato ad opere di misericordia corporale e spirituale e che queste lo aiutino, con la grazia di Dio, ad espiare i peccati. I  modelli a cui guardare nel nostro interminabile sforzo di santificazione sono Gesù, gli apostoli e i santi.

3. L'unità

Quando proclamiamo il Credo Niceno, affermiamo il nostro credo nella "Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica." Il Credo non dice "...credo nelle molte chiese riformate, anti-cattoliche e fondate sulla bibbia." Non dice "..credo nelle varie chiese nazionali e autocefale". La Chiesa è chiamata ad essere una - un corpo di Cristo, una sposa di Cristo.

Nel corso di 2000 anni la sua unità ha negato la legge dell'entropia. Il fatto che la Chiesa abbia evitato la più comune delle tentazioni - abbracciare il nazionalismo o il solipsismo come essenza del proprio credo - affermando sempre e ovunque la cattolicità, è prova del suo autentico insegnamento. Anzi, è una gloria della Chiesa includere tutti gli uomini  e poter usare i talenti di tutte le nazioni. "L'elasticità, la freschezza mentale e il senso della forma del romano si coordina con la penetrazione, la profondità e l'interiorità del tedesco e con la sobrietà, la discrezione e il buon senso dell'anglosassone. La pietà e la modestia del cinese si unisce alla sottigliezza e profondità dell'indiano e con il pragmatismo e l'iniziativa dell'americano...(Karl Adam in The Spirit of Catholicism.)

La verità oggettiva non conosce confini. Sicuramente quando Paolo pregò "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" non immaginava, e non avrebbe approvato, le oltre 20mila realtà protestanti. La storia della Chiesa primitiva è la storia del tentativo cattolico di mantenere l'unità dei cristiani secondo la verità contro una marea di eresie - una marea che, elaborata dalla Riforma, ha spazzato via dalla mente dei più il concetto di eresia. La Riforma segna l'ingresso del relativismo nella vita cristiana e il relativismo nega l'unità. Soprattutto nega la verità oggettiva e quindi lo stesso relativismo non può essere vero, tuttavia può affascinare coloro che sono, secondo le parole di S. Ireneo che scriveva nel 2° secolo "eretici e cattivi maestri, seminatori di divisione, boriosi, egocentrici." La nostra unità come Chiesa "una, santa, cattolica e apostolica" è una delle prove della verità della fede cattolica.

Questa unità traspare anche in un altro modo: cioé dal modo in cui la Chiesa mette insieme ragione e mistero, pietà e bellezza. Traspare dal modo  in cui la Chiesa afferma tutti i valori positivi conformi alla legge naturale e la fedeltà al deposito della fede. E traspare dal modo in cui la Chiesa accetta l'unità della creazione di Dio e dell'insegnamento di Cristo, rifiutando di essere lottizzata e delimitata dalle nazioni, dai filosofi o sapienti del mondo che cercano di adattare la fede alle loro caratteristiche. La vera fede è universale, splendente e viva.

2. I sacramenti

I sacramenti e la Chiesa visibile sono un'ulteriore prova e nutrimento della fede. Io sono uno degli uomini meno mistici che ci siano, ma desidero affermare l'efficacia dei sacramenti ricevuti con onestà e devozione. Concordo con Pascal quando sosteneva che  realmente la fede cattolica si apprende facendo - ed è per questo che i tanti filosofi che criticano dall'esterno non ci arriveranno mai. La fede del cattolico è un grande dramma che si svolge davanti a Dio e noi ne siamo i protagonisti. C'è la grandiosa realtà dell'Eucarestia, Dio che si fa carne in ogni messa, e la nostra responsabilità nel riceverLo.

C'è il visibile alter Christus  del sacerdozio. Perfino quei sacramenti che molti cattolici trovano dolorosi - come la penitenza - sono potenti segni della realtà di Dio e della necessità sia della fede che delle buone opere.

E' veramente strano per me che i protestanti siano orgogliosi di aver ridotto la trasmissione della grazia divina dai sette sacramenti della Chiesa Cattolica e delle Chiese Ortodosse a due. Quando i protestanti dicono che il celibato sacerdotale indica una mancanza di rispetto per il matrimonio, è importante ricordare loro che per i cattolici il matrimonio è un sacramento, un'istituzione della grazia divina - qualcosa addirittura di più elevato di quanto lo sia per i protestanti. E per i cattolici l'ordine sacro è un sacramento che rende il nostro sacerdozio più importante di un  ministro protestante. Per i cattolici la religione non è tutta nella mente. E' tangibile, presente e vivente. In breve, è reale.

1. La verità

Tutto ciò che ho detto non conterebbe nulla se il cattolicesimo non fosse vero. Ma, come cattolici, abbiamo la ferma convinzione che esso è vero. Anzi, io credo che per la Chiesa Cattolica il fatto storico è praticamente inconfutabile, come lo era per in Cardinale Newman. E c'è dell'altro. Sappiamo che la Chiesa afferma che i suoi membri sono tutti soggetti al peccato originale. Ma se anche gli uomini possono sbagliare, questo non vale per l'insegnamento della Chiesa. Questa è la nostra certezza, messa alla prova dalle tempeste  durante i secoli e rimasta inalterata nel tempo.

Molte forze secolari sono contro di noi. Perfino in mezzo a noi ci sono ombre da cui la Chiesa deve essere purificata. Il male dilaga nel mondo. E la Chiesa è sopravvissuta, e nel mezzo della persecuzione è cresciuta in quantità e forza. Ricordiamoci di questo fatto. E teniamo sempre in mente le parole immortali di Auberon Waugh:"Ci sono innumerevoli atrocità che avvengono in tutto il paese, e gente orribile che prospera, ma non dobbiamo mai permettere loro di disturbare la nostra serenità o di distoglierci dal nostro dovere sacro di sabotarli e infastidirli ogni qualvolta è possibile."

Così sia. Mantenete la fede, cari lettori di Crisis, e ricordate che la nostra ultima destinazione è il cielo.

Caterina63
00martedì 26 luglio 2011 23:03
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"metteranno le mani su di voi" (Lc 21,12)


Aggredito sacerdote, colpevole di celebrare la Messa in latino
di Domenico Rosa
 
Da tempo si ripetevano gli avvertimenti nei confronti di Don Garcia Pardo
 
"Tu sei stato duro ma ti romperemo la testa. Firmato [ndr] Il tuo amico Satana". Questo è uno dei tanti messaggi minatori inviati a don Hernan Garcias Pardo, parroco di San Michele a Ronta (Fi). La sua colpa, quella di celebrare la messa in latino, liberalizzata da Benedetto XVI nel settembre del 2007.
Gli avvertimenti, che ormai si ripetevano da tempo, non hanno fatto desistere il sacerdote, che nonostante tutto ha continuato a dir messa col rito antico. L'epilogo mercoledì scorso, quando è stato malmenato da un 'fedele' nella canonica del paese alla presenza dell'anziana madre. Le botte prese gli hanno procurato una contusione alla spalla, condotto al pronto soccorso di Borgo San Lorenzo è stato medicato.

La notizia oggi è apparsa sul Giornale del Toscana, le accuse rivolte a don Hernan sono quelle di disperdere il gregge, soprattutto non gli perdonano la distribuzione della comunione in bocca e in ginocchio invece che in mano, allo stesso modo di Benedetto XVI. Per altri il prelato italo-argentino ha solo riportato un pò di sacra austerità in parrocchia, bandendo le chitarre dalle funzioni e riportando all'interno delle mura della pieve l'antico canto gregoriano.

La stampa ha calato il silenziatore sulla vicenda, ma nel Mugello, la gente parla dell'accaduto, è scossa da tanta ostilità nei confronti di un uomo di Dio.

Il papa nel promulgare il Motu Proprio, ha voluto dare un segnale di unità, ha parlato a suo tempo di riconciliazione, ma a quanto pare non tutti sono d'accordo, e a volte, come in questo caso, qualcuno manifesta il proprio dissenso brutalmente, compiendo un'aggressione in piena regola contro chi, inerme, ha votato la propria vita nei confronti del prossimo.

Fonte: Il sito di Firenze (
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