Essere PACIFICI è la lezione dei Santi per un mondo più giusto

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Caterina63
00martedì 25 agosto 2009 19:49

Due forze muovono il mondo
Una sola costruisce
 
(il documento di Paolo VI)


Celebrando i santi misteri, che operano fra noi la presenza reale e sacramentale del Corpo e del Sangue di Cristo e perpetuano il sacrificio della sua passione redentrice, Noi dobbiamo fare Nostra, secondo la vostra intenzione, una delle sue parole; come apostoli e testimoni del suo Vangelo, Noi dobbiamo farCi per un istante eco della sua voce. O Fratelli e Figli carissimi, non è la Nostra voce, ma è la sua, quella del Signore Gesù, che voi intendete, ascoltando questa parola eterna pronunziata da lui e che Noi ora vi indirizziamo. 
"Beati i pacifici - coloro che procurano la pace (eirenopoiòi) - poiché saranno chiamati figli di Dio".

Paolo VINoi Ci siamo assai spesso adoperati - e ancor oggi lo facciamo - di affermare il rapporto essenziale che esiste tra la giustizia e la pace:  questa deriva da quella. Ma qui possiamo stabilire un rapporto ancor più profondo e più operante, quello che esiste tra l'amore e la pace.
Due forze opposte, si può dire, muovono il mondo:  l'amore e l'odio. Sono come il flusso e il riflusso che non cessano di agitare l'oceano dell'umanità. E il conflitto sembra allargarsi col tempo, opponendo non più città a città, o nazione a nazione, ma continente a continente.

A riguardo di Dio, la rivelazione evangelica del Dio d'amore ha trasformato la situazione spirituale dell'umanità. Bisogna ormai o dire di sì a un Dio, che è Amore e che ci domanda l'amore, nostro supremo amore :  allora essa - l'umanità - è sollevata da una forza e da una speranza ancora sconosciute dalla storia del mondo. Ovvero bisogna rifiutare il Dio d'Amore, ed essa sarà sconvolta fin dalle sue fondamenta:  verranno la tentazione dell'odio assoluto, della violenza assoluta, la follia delle guerre mondiali.

Giacché l'amore costruisce, ma l'odio distrugge. In certi momenti, per il fatto che libera forze fino allora convergenti - è ciò che si verifica nella disintegrazione dell'atomo - l'odio può apparire il più forte. Ma è un'illusione. L'odio e la violenza distruggono e si distruggono. Essi tendono al nulla. È l'amore che è forte e che è il più forte. I Santi hanno ciò compreso al seguito di Gesù. I Santi, in ciascun punto del tempo e dello spazio dove essi vivono, ci portano come un raggio particolare, staccato dalla infinita santità di Gesù. La vita di ciascuno di essi è per l'epoca in cui vivono come una realizzazione esistenziale e immediata di una delle beatitudini del Sermone della Montagna.

La storia del vostro grande Santo nazionale è tipica a questo riguardo. San Nicola da Flüe ha vissuto per la sua epoca la beatitudine che Noi veniamo ricordando, la beatitudine di coloro dei quali il Signore ha detto:  Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio.

La pace, secondo la celebre formula di Sant'Agostino, è definita "la tranquillità dell'ordine" (De Civitate Dei, 19, 11, 1).

Essa non è debolezza, ma una forza, una potenza; è un ordine dell'amore:  ordo amoris, un'armonia suprema, una costante vittoria dell'amore sulle passioni e i desideri contrastanti che albergano nel cuore dell'uomo. La giustizia può preparare e condizionare la pace, ma da sola non può crearla; solo la forza unitiva, la vis unitiva dell'amore può creare la pace (San Tommaso, II-II, q. 29, a. 3, ad 3).
Il Dio d'Amore è un Dio di Pace, il Deus pacis et dilectionis, di cui parla S. Paolo ai Corinti (2 Corinzi, 13, 11).

I Santi, immergendosi nell'amore di Dio, si immergono nella pace di Dio, e, ritornando a noi, è la pace di Dio che essi ci portano. Essi sono dei pacificatori, dei realizzatori della pace divina in mezzo agli uomini; ancora una volta ascoltiamo il richiamo evangelico:  Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio.


(©L'Osservatore Romano - 26 agosto 2009)
Caterina63
00mercoledì 16 settembre 2009 14:06

PAOLO VI

ANGELUS DOMINI

Domenica, 14 dicembre 1969

Come tacere la Nostra tristezza per i misfatti terroristici, vili e scellerati, perpetrati in questi giorni, che hanno colpito tante innocenti persone e addolorato tutta questa Nazione? Non possiamo sottrarCi alla comune afflizione ed alla pubblica deplorazione, e, tanto meno noi cristiani che rifuggiamo dalla violenza, dalla delinquenza e da ogni cattiveria, che offende l’incolumità e il rispetto dovuto al nostro prossimo.

Ma procuriamo di trarre bene dal male; «Vince in bono malum» (Rom. 12, 21). Ripenseremo un po’ alle origini di queste efferate vicende, per rintracciarle ancora una volta nelle idee, nei principii, negli esempi, che possono traviare gli animi fino a rendere possibili simili aberrazioni. Un trauma come questo può richiamare l’opinione pubblica a migliori sentimenti e a più forti e coerenti propositi in ordine all’educazione del popolo e all’apprezzamento di quei valori che lo fanno libero, civile, concorde e cristiano. Può essere una riflessione salutare e sempre tempestiva.

E poi, noi che ci prepariamo al Natale, e che nella liturgia odierna ne pregustiamo la letizia spirituale, - è la domenica così detta «Gaudete», - quest’oggi, procuriamo di trovare consolazione e quasi riparazione di quei tristi delitti, facendo un po’ di bene, disponendoci a compiere qualche opera buona, qualche atto benefico verso chi si trova nel bisogno, o nella solitudine, o nella sofferenza.

Si fanno tanti preparativi e tante spese per le prossime feste; mettiamo in preventivo qualche cosa anche per i Poveri. Festeggiamo il Natale con qualche segno di umana fraternità, di cristiana carità.

L’egoismo, che ci ha fatto inorridire con le sue più feroci esplosioni, sia oggi sconfessato dalla bontà, dalla pietà, dal genio del bene e dell’amore. Ritroviamo la nostra pace favorendo quella degli altri. Torniamo alla gioia del Natale ridonando qualche sorriso al volto di chi piange. Aumentiamo il potenziamento del bene, dopo che il male ci ha mostrato la sua insidiosa e tragica potenza.
È qui il Natale: celebriamolo nella fede, nella carità e nella pace.
La Dolcissima ci aspetta al presepio
.


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