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Caterina63
00giovedì 28 gennaio 2010 22:41

Anniversario delle Apparizioni dell’Angelo del Portogallo


 




2006 - Il 90° anniversario delle Apparizioni dell’Angelo del Portogallo ai tre pastorelli

Ci è sembrato opportuno ricordare ai nostri lettori l’inizio della storia di questo avvenimento epocale, cioè le sei apparizioni della Madonna a Cova da Iria nel 1917. Come forse pochi ricordano, esse furono precedute dalle apparizioni dell’Angelo del Portogallo (o della Pace) ai piccoli veggenti Lucia, Giacinta e Francesco. Questo fatto è stato commemorato il 10 giugno scorso, nel Santuario di Fatima, con un pellegrinaggio di numerosissimi bambine e bambini – circa 30mila e provenienti da diverse zone del Portogallo, nonché dall’arcipelago di Madeira e delle Azzorre – ed ha avuto come motto «Non abbiate paura. Sono l’Angelo della Pace», cioè l’espressione utilizzata dal celeste inviato di Dio ai tre pastorelli.

Anche questa soprannaturale preparazione a Colei che »è venuta dal cielo» fa parte integrante del «più importante avvenimento del XX secolo», il quale deve essere per noi luce e speranza in mezzo al caos del mondo contemporaneo.
Prima delle apparizioni della Madonna, Lucia, Francesco e Giacinta - Lucia de Jesus dos Santos, e i suoi cugini Francisco e Jacinta Marto, tutti residenti nel villaggio di Aljustrel, parrocchia di Fatima - ebbero tre visioni dell'Angelo del Portogallo, o della Pace.

Prima apparizione dell'Angelo

La prima apparizione dell'Angelo avvenne nella primavera o nell'estate del 1916, in un antro, o grotta, del colle del Cabeço, vicino ad Aljustrel, e si svolse nel modo seguente, come narra suor Lucia:
«Giocavamo da qualche tempo, ed ecco che un vento forte scuote le piante e ci fa sollevare lo sguardo per vedere che cosa succedeva perché la giornata era serena. Allora cominciammo a vedere a una certa distanza, sulle piante che si stendevano in direzione dell’oriente una luce più bianca della neve, con l'aspetto di un giovane trasparente, più splendente di un cristallo attraversato dai raggi del sole. A misura che si avvicinava, ne venivamo distinguendo i tratti: un giovane dai 14 ai 15 anni, di una grande bellezza. Eravamo sorpresi e quasi rapiti. Non dicevamo parola. Giunto vicino a noi disse:
- «Non abbiate paura. Sono l'Angelo della Pace. Pregate con me».
E inginocchiatosi a terra, curvò la fronte fino al suolo. Spinti da un moto soprannaturale, lo imitammo e ripetemmo le parole che gli udimmo pronunciare:
- «Dio mio! Credo, adoro, spero e vi amo. Vi chiedo perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano e non vi amano».
Dopo avere ripetuto questo tre volte, si alzò e disse:
- «Pregate così. I Cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche».
E scomparve.

L'atmosfera soprannaturale che ci avvolse era tanto intensa che quasi non ci rendevamo conto, per un lungo lasso di tempo, della nostra stessa esistenza, restando nella posizione in cui ci aveva lasciato, e ripetendo sempre la stessa preghiera. La presenza di Dio si sentiva così intensa e intima che non osavamo parlare neppure fra di noi. Il giorno seguente, sentivamo lo spirito ancora avvolto in questa atmosfera, che andò scomparendo soltanto molto lentamente.
Di questa apparizione, nessuno pensò di parlarne, né di raccomandarne il segreto. Essa lo impose da sé. Era così intima, che non era facile pronunciare su di essa la minima parola. Ci fece anche, forse, maggiore impressione, per il fatto che fu la prima manifestazione di questo tipo».

Seconda apparizione dell'Angelo.

La seconda apparizione avvenne nell'estate del 1916, sul pozzo della casa dei genitori di Lucia, presso cui i bambini giocavano. Così narra suor Lucia ciò che l'Angelo disse loro - a lei e ai suoi cugini - in quella occasione:
- «Che fate? Pregate! Pregate molto! I Cuori santissimi di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia. Offrite costantemente all'Altissimo preghiere e sacrifici».
- «Come dobbiamo fare a sacrificarci? », chiesi.
- «In tutti i modi possibili, offrite a Dio un sacrificio in atto di riparazione per i peccati con cui è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori. Attirate così sulla vostra patria la pace. Io sono il suo angelo custode, l'Angelo del Portogallo. Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione la sofferenza che il Signore vi manderà».
E scomparve.

Queste parole dell'Angelo si incisero nel nostro spirito, come una luce che ci faceva comprendere chi era Dio; come ci amava e voleva essere amato; il valore del sacrificio, e come gli era gradito; come, per riguardo a esso, convertiva i peccatori».

Terza apparizione dell'Angelo

La terza apparizione avvenne alla fine dell'estate o all'inizio dell'autunno del 1916, di nuovo nella grotta del Cabeço, e si svolse nel modo seguente, sempre secondo la descrizione di suor Lucia:
«Appena vi giungemmo, in ginocchio, con i volti a terra, cominciammo a ripetere la preghiera dell'Angelo: «Dio mio! Credo, adoro, spero e vi amo, ecc.» Non so quante volte avevamo ripetuto questa preghiera, quando vedemmo che su di noi brillava una luce sconosciuta. Ci alzammo per vedere cosa succedeva, e vedemmo l’Angelo con un calice nella mano sinistra e sospesa su di esso un’Ostia, dalla quale cadevano nel calice alcune gocce di sangue. Lasciando il calice e l’Ostia sospesi in aria, si prostrò a terra vicino a noi e ripeté tre volte la preghiera:
-
«Trinità santissima, Padre, Figliolo e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui è offeso. E per i meriti infiniti del suo santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori».
Poi sollevandosi prese di nuovo il calice e l’Ostia, e diede l’Ostia a me e ciò che conteneva il calice lo diede da bere a Giacinta e a Francesco, dicendo nello stesso tempo:
- «Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro delitti e consolate il vostro Dio».
Di nuovo si prostrò a terra e ripeté con noi altre tre volte la stessa preghiera:
«Trinità santissima ecc.
» E scomparve.

Portati dalla forza del soprannaturale, che ci avvolgeva, imitavamo l’Angelo in tutto, cioè prostrandoci come lui e ripetendo le preghiere che lui diceva. La forza della presenza di Dio era così intensa, che ci assorbiva e ci annientava quasi completamente. Sembrava che per un grande lasso di tempo ci privasse perfino dell’uso dei sensi corporali.

In quei giorni facevamo le azioni materiali come portati da questo essere soprannaturale che a ciò ci spingeva. La pace e la felicità erano grandi, ma soltanto interiori, con l'anima completamente concentrata in Dio. Anche la stanchezza fisica che ci prostrava era grande.

Non so perché, le apparizioni della Madonna producevano in noi effetti molto diversi. La stessa gioia intima, la stessa felicità e pace. Ma, invece di questo abbattimento fisico, una certa agilità espansiva; invece di questo annientamento nella divina presenza, un esultare di gioia; invece di questa difficoltà nel parlare, un certo entusiasmo comunicativo. Ma, nonostante questi sentimenti, sentivo la ispirazione a tacere, soprattutto alcune cose. Negli interrogatori, sentivo la ispirazione interiore che mi indicava le risposte che, senza mancare alla verità, non scoprissero ciò che per il momento dovevo occultare» .
 
(cfr. «Fatima, Messaggio di tragedia o di speranza?»
(Antonio A. Borelli, Ed.
Luci sull’Est, 2004, pag. 15 a 19).

"Pregate, pregate moltissimo!
hanno per voi propositi misericordiosi.
Offrite sempre all'Altissimo preghiere e sacrifici."
(L'angelo ai tre Pastorelli)





Caterina63
00martedì 21 ottobre 2014 19:31



Beato Francesco di Sales salvami!

 

Due fratelli devono attraversare un traballante ponte sopra un fiume in piena. Si raccomandano all’allora beato Francesco di Sales. Tuttavia, il più grande cade ed annega. Ma il giorno dopo...

Correva l'anno 1623 ed era il 30 di aprile quando Francesco e Girolamo Genin, decisero di tornare a casa dai genitori sfuggendo dal temuto insegnante di latino, il signor Crozet. Costui, infatti, soleva punirli duramente quando non imparavano le lezioni.

I piccoli Genin, dunque, partirono di nascosto e di primo mattino per lasciare Les Ollièrs, paesino a sud di Ginevra, e giunsero così davanti al fiume Fier: un freddo fiume montano che spesso, in primavera e con lo sciogliersi delle nevi, si gonfiava e straripava prima di sfociare nel Rodano.

I due fratelli, rispettivamente di tredici e di quattordici anni, fissavano sconsolati sia l'impeto del fiume in piena, sia il piccolo ponte formato da tre assi di legno, non fissate tra di loro ed alquanto insicure. Se volevano tornare a casa quel ponte era la loro unica possibilità. “Esitammo a salirvi, temendo per la nostra vita; ma la paura di ricadere nelle mani del signor Crozet ci fece superare quel timore” dichiarerà in seguito Francesco.

Sarà che il fatto accadeva a poca distanza da Annency, località in cui era stato tumulato, nel 1622, l'allora beato Francesco di Sales che in vita era stato vescovo di Ginevra; sarà che a quel tempo erano ancora vivi quegli strani sentimenti da “fanatici, ignoranti e bigotti” che fan chiedere protezione a beati e santi, fatto sta che, prima di tentare l'attraversamento, i due giovani si inginocchiarono e chiesero protezione al servo di Dio e loro conterraneo Francesco di Sales.

Gli fecero persino un voto: se avessero passato indenni il fiume avrebbero visitato la sua tomba ed ascoltato la Messa nella chiesa della Visitazione ad Annency. Girolamo, il più grande dei due, salì per primo ed arrivò al centro del ponte e del fiume.
E proprio lì avvenne la disgrazia: un passo falso, il tempo di gridare “Beato Francesco di Sales, salvami!”, poi la faccia contro le assi del ponte ed infine la caduta in acqua. Subito il fratello tredicenne corse sul ponte per prestare aiuto a Girolamo.
Ma finì a sua volta in acqua, sebbene non distante dalla riva.

Francesco, invocando anch'egli e più volte l'omonimo beato, riuscì a mettersi in salvo e, rialzatosi, corse per centinaia di metri lungo il fiume, per riuscire a scorgere Girolamo... Nulla. Il fiume e la corrente l'avevano fatto sparire. Non rimaneva che tornare a Les Ollièrs, per avvertire il signor Puthod, parroco cui erano stati affidati dai genitori.
Ma non trovando né Puthod né Crozet, Francesco lasciò detto al sagrestano di riferire loro della disgrazia e nel frattempo si diresse al fiume con alcuni compaesani che volevano aiutarlo.

Davanti al ponte si erano già raggruppati molti abitanti di Ornay, il vicino paese che Francesco aveva attraversato in precedenza riferendo tra le lacrime quanto era successo. Ad ormai più di quattro ore dall'accaduto, si continuò a cercare il corpo di Girolamo più per dargli cristiana sepoltura che per la speranza di ritrovarlo vivo.

Si stava per desistere, quando giunse tale Alessandro Raphin, noto ed esperto nuotatore subacqueo conosciuto nella regione come abile ripescatore di corpi annegati.
Ma dopo due tentativi falliti anche Raphin voleva desistere; l'acqua era troppo fredda e lui era ormai stremato.

Per oltre un'ora si cercò di trovare lungo il fiume, un'ansa od una buca dove il cadavere poteva essere rimasto impigliato.
E proprio in una buca assai profonda, il signor Raphin, dopo essere stato convinto a fare un ultimo tentativo, si gettò e rinvenne il cadavere di Girolamo.
Il corpo del ragazzo appariva alla vista di tutti i numerosi presenti esanime, bluastro, gonfio, pieno di contusioni e quasi irriconoscibile. Sempre Raphin si caricò il corpo sulle spalle e lo portò a Ornay dove depose in un fienile.

Il parroco locale constatò, dopo accurato esame, che il ragazzo era sicuramente morto e fece scavare una tomba nel cimitero della chiesa. Per il funerale bisognava però aspettare l'arrivo del parroco tutore dei Genin. Invero non ci fu da aspettare molto, ma erano già le sei di sera e quindi si decise che la cerimonia funebre sarebbe stata celebrata l'indomani.

Il parroco Puthod si fece raccontare tutta la storia sin nei dettagli e quando udì dell'invocazione al beato Francesco di Sales ebbe un sussulto.
Poco prima, infatti, mentre stava pregando nel fienile, presso la salma di Girolamo, aveva fatto il seguente voto: “se Dio si compiacerà di ridare la vita al morto per glorificare il suo vero Servo Francesco di Sales, reciterò in loro onore nove messe per nove giorni di fila sulla tomba del beato”.

Durante la notte venne celebrata la veglia funebre ed al mattino seguente si preparò al funerale. Del resto, quel corpo annegato il giorno prima appariva sempre più malridotto ed irriconoscibile. Eppure...

Quando Girolamo Genin stava per essere sollevato e deposto nella bara, prima lo si vide alzare un braccio e, subito dopo, lo si sentì pronunciare: “O beato Francesco di Sales!”. Tutti rimasero sorpresi e meravigliati.
Alcuni dei presenti fuggirono, altri persero i sensi e solo in pochi trovarono il fiato ed il coraggio per gridare al miracolo.

Girolamo venne aiutato ad alzarsi e sebbene presentasse parecchie contusioni era vivo! Bevve, si ripulì dalla sabbia del fiume, mangiò e raccontò che, prima di alzarsi, gli era apparso il Beato Francesco di Sales che l'aveva benedetto. Il 4 maggio i fratelli Genin ed il parroco Puthod si recarono ad Annency per tener fede al proprio voto.
Un altro miracolo attendeva Girolamo che, dopo essersi coricato sulla tomba  del Servo di Dio, sentì sparire  di colpo tutti i dolori e le contusioni di cui ancora soffriva. Nel maggio 1665 Francesco di Sales venne canonizzato e fra i presenti alla cerimonia vi era pure il risorto Girolamo.

Questo miracolo è ben documentato dalle deposizioni dei numerosi testimoni che vi assistettero direttamente. Teniamo conto, infine, che solo Dio può risuscitare veramente un morto. Solo il creatore delle leggi della natura può derogarvi.
 
 

RICORDA

"La risurrezione di tutti i morti, "dei giusti e degli ingiusti" (At 24,15), precederà il giudizio finale. Sarà "l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepocri udranno la sua voce [del Figlio dell'Uomo] e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna" (Gv 5,28-29). Allora Cristo "verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli...E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra... E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna" (Mt 25, 31.32.46).
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1038)



IL TIMONE – N. 8 - ANNO II - Luglio/Agosto 2000 - pag. 24-25






Un sacerdote risponde

Nella mia vita di preghiera non ho Santi di riferimento; le chiedo se sia giusto o sbagliato

Caro Padre Angelo,
ho una grande perplessità e spero tanto di non essere in errore. Nella mia vita di preghiera non ho Santi di riferimento. Mi rivolgo direttamente a Nostro Signore Gesù Cristo. Qualsiasi cosa la chiedo a Lui e a Lui offro le mie preghiere. E' giusto? o sbaglio?
Grazie per la risposta e che il Signore vi benedica.
Stefano


Risposta del sacerdote

Caro Stefano, 
1. fai bene a rivolgerti a Cristo perché è Lui il nostro Salvatore, il nostro Maestro, il nostro Dio, il principio e il fine di tutta la nostra vita e di tutte le nostre azioni.
Egli stesso nell’Apocalisse, comparendo a San Giovanni, dice: “Io sono l'Alfa e l'Omèga, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine” (Ap 22,13).

2. Tuttavia Gesù non è venuto al mondo da solo. Poteva farlo, ma non l’ha fatto. Ha scelto la Madonna e, accanto a Lei, ha voluto San Giuseppe.
Poteva compiere l’evangelizzazione senza la compagnia degli apostoli. Invece ha voluto servirsi anche di loro. 
A quelli che l’avrebbero seguito e gli sarebbero rimasti fedeli ha fatto la solenne promessa che un giorno avrebbe detto loro: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto” (Mt 25,21).
Nell’Apocalisse si legge anche: “Scrivi: d'ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì - dice lo Spirito -, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono” (Ap 14,13).
E ancora: “e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra” (Ap 5,10).
Ciò significa che i Santi in paradiso non sono inerti, ma regnano con Cristo, hanno potere sul mondo, presentano a Dio a nostro favore la loro intercessione, ci beneficano con le loro opere che li accompagnano eternamente.

3. Con la loro morte non si sono allontanati da noi, ma vi sono ritornati subito con una capacità e immediatezza d’azione più grande di quella che avevano precedentemente. 
Il popolo cristiano ne ha sempre fatto esperienza. Ad essi si è rivolto considerandoli come amici e benefattori inseparabili.

4. Dei primi cristiani si legge che “ogni cosa era fra loro comune” (At 4,32).
Il Catechismo Romano del Concilio di Trento dice che  “il cristiano veramente tale nulla possiede di così strettamente suo che non lo debba ritenere in comune con gli altri, pronto quindi a sollevare la miseria dei fratelli più poveri” (1, 10, 27).
Questo è vero non sono per i cristiani della Chiesa pellegrina nel mondo, ma anche per quelli che sono in Paradiso.
Ogni cristiano è un amministratore dei beni del Signore (Cf Lc 16,1-3).
E quanto possono amministrare coloro ai quali Cristo stesso ha dato potere su molto (Mt 25,21)!

5. Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “L’unione… di coloro che sono in cammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali” (CCC 955).
Anzi “a causa infatti della loro più intima unione con Cristo i beati rinsaldano tutta la Chiesa nella santità… non cessano di intercedere per noi presso il Padre, offrendo i meriti acquistati in terra mediante Gesù Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini… La nostra debolezza quindi è molto aiutata dalla loro fraterna sollecitudine “ (CCC 956).

6. E ricorda quanto alcuni santi hanno assicurato prima di morire: “Non piangete. Io vi sarò più utile dopo la mia morte e vi aiuterò più efficacemente di quando ero in vita” (San Domenico morente ai suoi frati, cf Giordano di Sassonia, Libellus de principiis Ordinis praedicatorum, 93).
“Passerò il mio cielo a fare del bene sulla terra” (Santa Teresa di Gesù Bambino, Novissima verba).

7. La necessità di passare attraverso l’intercessione dei Santi è una grande grazia per noi perché diversamente dovremmo presentarci sempre con le nostre miserie e ingratitudini davanti a Colui che è tre volte Santo.
Non possiamo dimenticare quello che Dio disse ai tre amici di Giobbe:  “Andate dal mio servo Giobbe..., il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinché io, per riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza” (Gb 42,8).

8. Passare attraverso l’intercessione dei Santi è infine un grande insegnamento che il Signore ci dà. Infatti con la loro vita ci insegnano come vada vissuto il Vangelo. In questo modo nessuno può scusarsi e dire “l’imitazione di  Cristo è impossibile”.
Per questo San Paolo dice: “Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo” (1 Cor 11,1).

9. Un posto speciale, poi, nella nostra vita cristiana lo deve avere la Madonna.
Cristo ha detto “figlio, ecco tua madre”. E ci ha detto così perché in tutto e per tutto, come fa un bambino con sua madre, così facciamo anche noi nei riguardi della nostra Madre nella Grazia.
A Lei dobbiamo domandare un poco dell’amore che Lei aveva per Gesù. E siamo sicuri che prontamente ce lo dà perché è desiderosissima di farci questo dono.
È allora che ci si accorge che Maria è la via più breve per andare a Gesù.

10. Vorrei concludere dicendoti: passa dalle parole ai fatti.
Comincia a chiedere a Maria quello che ti ho suggerito poco fa. Vedrai che Lei te lo concede e sentirai che il tuo cuore comincia a provare qualche cosa di nuovo anche per Gesù.

Ti auguro una Santa Pasqua, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo






Caterina63
00martedì 21 ottobre 2014 19:38

  Hanno scritto... hanno detto


 


Il Timone n. 8 - anno 2000 -


 


“La scienza moderna è nata grazie ad alcune circostanze favorevoli dovute in buona parte al cristianesimo, che porta a vedere i mondo come l'opera razionale di un Creatore infinitamente sapiente e l'uomo come creatura fatta a immagine di Dio, con una intelligenza capace di penetrare nell'ordine impresso da Dio nel mondo. Questa scienza si è sviluppata grazie al lavoro e alle convinzioni di scienziati profondamente cristiani. La scienza e la fede sono alleate, non nemiche. E la fede cristiana offre aiuti più validi per evitare un materialismo che niente ha da spartire con la scienza, affinchè la scienza possa contribuire alla soluzione dei gravi problemi che oggi l'umanità deve affrontare”.
(Sir John Eccles, Premio Nobel per la Medicina, in Mariano Artigas, Le frontiere dell'evoluzionismo, Ares, Milano 1993, p. 231 ).

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“Dio, dando all'uomo e alla donna il potere di trasmettere la vita, ha legato tale potere alla sua volontà espressa nella natura e prima ancora nell'ordine della creazione. I soggetti procreativi sono tenuti a rispettarla fedelmente. Con la loro intelligenza penetrano nell'ordine della creazione e leggono le norme stabilite da Dio stesso. Quando la Chiesa si appella all'ordine della creazione o alla legge naturale fa esplicito riferimento alla volontà di Dio, percepibile dalla ragione e dalla coscienza. Pertanto, non fa della natura un assoluto etico, tanto meno un criterio di comportamento umano. Ribadisce soltanto che, nella procreazione, rispettando l'ordine naturale, si rispetta la volontà di Dio; viceversa, violandolo e alterandolo si contraddice l'ordine stabilito da Dio”. 
(Gino Concetti, L'embrione uno di noi, Edizioni Vivere in, Roma - Monopoli 1997, p. 15).

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“Gli uomini dei tempi passati, quelli che  torto chiamiamo “primitivi”, avrebbero potuto concepire un Dio a loro statura, che conoscesse la morte, che avesse fatto il mondo come essi facevano i loro vasi di terra o i loro tetti di corteccia. Non è mai avvenuto così [...]. L'uomo di cui scopriamo le ardue tappe superate con fatica, ad una ad una, nella conquista della materia, sembra non aver mai lottato, mai faticato per raggiungere la certezza del Dio unico, principio creatore di tutte le cose [...]. La testimonianza apportata dallo studio delle civiltà, da un estremo all'altro del tempo e dello spazio, ci mostra un uomo rivolto verso l'Invisibile in se stesso in ogni istante della vita quotidiana, come se rimpiangesse una patria perduta”. 
(Jean Servier, L'uomo e l'Invisibile, Rusconi, Milano 1973, pp. 122 e 124).

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“Senza la vicenda della  caduta di Adamo e della redenzione del Messia, senza il peccato e la grazia, senza la salvezza eterna che il Cristo promette al credente, senza sopravvivenza immortale, il cristianesimo si riduce a un non-senso. Non si può sostituire l'escatologia con la sociologia, tacendo la promessa della liberazione dal peccato e della vita eterna: o, almeno, lo si può ma rendendo insignificante la fede. Per fare il sindacalista o l'“operatore sociale” non occorre il Vangelo. E per asserire l'eguaglianza e la fraternità tra tutti gli uomini non occorre che un Dio si immoli sulla croce: bastano la morale di Kant e la ragione terrena”.
(Luigi Firpo, in Vittorio Messori, Inchiesta sul Cristianesimo, Mondadori, Cles 1993, p. 31 )

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“La certezza che il credente ha dei dogmi della fede non si poggia sugli argomenti storicamente trovati della loro verità e nemme¬no sulla confutazione delle obiezioni che si oppongono ad esso. Essa poggia sopra un principio che oltrepassa tutte le condizioni, tutte le presupposizioni e persino tutte le eventualità storiche. Credere di fede cattolica è sapere fermissimamente che contro le verità credute non vale argomento trovato o trovabile; è sapere che non solo sono insussistenti, false e solubili le obiezioni accampate contro di esse, ma che saranno insussistenti, false e solubili quelle che potranno essere accampate in tutto il corso dell'avvenire in secula seculorum sotto qualunque estensione dei lumi del genere umano”.
(Romano Amerio, Iota Unum, Riccardo Ricciardi Editore, Milano - Napoli 1989, pp. 330-331).

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“La vita, tutte le vite, lunghe o brevi che siano, sono come un'ascesi ininterrotta tra gioie e dolori, i compiersi di vicende irripetibili, come scrivevo all'inizio di questo personale racconto. Il significato di ogni esistenza si trasfigura nella memoria e raccoglie i frutti di tutti gli incontri che nel tempo diventano un unico incontro con il destino e con quella Persona, la quale, duemila anni orsono irruppe nella Storia per redimerci e salvarci. Anche se mala tempora currunt, nelle case, nelle strade e nella società tutta molti cuori ardono nell'attesa”.
(Mario Marcolla, Una vita in fabbrica, Mau¬rizio Minchella Editore, Milano 1998, p. 100).

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“Dobbiamo pensare che Cristo resterà sempre un segno di contraddizione. Non è possibile annunciare i suo Vangelo in modo che nessuno se ne dispiaccia. Poiché chi scrive o predica con parole così velate da non ferire nessuno, non può consolare o entusiasmare nessuno. Solo se noi nello smarrimento spirituale, di cui ancora non si prevede la fine, diamo ai fedeli chiarezza, sicurezza, consolazione e coraggio, allora soltanto quelli che cercano Dio ci aiuteranno con sorprendente spirito di sacrificio a continuare l'opera che ci è affidata dalla Chiesa”. 
(P. Werenfried van Straaten, Dove Dio piange, Edizioni Aiuto alla Chiesa che soffre, Roma 1994, p. 8).



TIMONE – N. 8 - ANNO II -  Luglio/Agosto 2000 - pag. 19



Fai ciò che vuoi…

Giovani a rischio: musica alcool, droga, sesso ingredienti delle feste “rave”. Una sola regola: fai ciò che vuoi. Siamo al delirio della ragione. Il rimedio di san Tommaso: la temperanza.

 

Negli ultimi mesi, i mezzi di comunicazione hanno dato grande risalto al problema delle “morti in discoteca”, legate al consumo dell'ecstasy, di alcolici e di altri tipi di droghe.
Alcuni ragazzi hanno perso la vita durante una semplice serata trascorsa in un locale, dove si erano recati per divertirsi e ballare insieme agli amici. Tutto questo dovrebbe spingerci a riflettere.

Che cosa significa “divertirsi”? La musica, il ballo, le discoteche possono davvero diventare degli strumenti di morte? Oggi la droga, gli alcolici, il sesso sfrenato accompagnano liberamente quelle che, un tempo, erano le normali parentesi di divertimento dei giovani. Ma come si è arrivati a questo punto?

Innanzitutto, bisogna chiarire un concetto fondamentale. La musica moderna si può considerare un grande “spot pubblicitario”, capace di raggiungere il cuore di milioni di persone. I suoi messaggi sono facilmente in grado di influenzare le mode, i pensieri, i comportamenti della gente.

Il concetto-chiave che accomuna le trasgressioni musicali di oggi è uno solo: “Fai ciò che vuoi”. Un invito a vivere senza regole, senza limiti, senza rispetto per se stessi e per gli altri. È la grande presunzione dell'uomo che vuole mettersi al posto di Dio e diventare Dio di se stesso, seguendo le leggi che più gli fanno comodo e cercando di soddisfare il proprio, egoistico piacere. È lo stesso peccato di Adamo ed Eva, che caddero nella trappola del serpente che li invitava a diventare delle divinità.

“Fai ciò che vuoi” era anche il motto dell'occultista inglese Aleister Crowley (1875 -1947), che può essere considerato il “padre del satanismo moderno”. Questo stregone, nel suo “Liber Oz”, dichiarò: “Non c'è altro Dio che l'uomo. L'uomo ha diritto di vivere secondo la sua stessa legge”. Di conseguenza, tutto diventa lecito.

Il mondo del rock, che fin dagli anni sessanta era assetato di trasgressioni, adottò Aleister Crowley e ne subì spesso l'influenza. Troviamo il suo volto, ad esempio, sulla copertina del disco dei Beatles “Sergeant Pepper's Lonely Hearts Club Band” (1967).

I Beatles, ovviamente, non possono essere considerati dei “satanisti”. Tuttavia, non si può negare che alcuni loro atteggiamenti trasgressivi (i primi, timidi accenni alla droga) rappresentarono l'inizio di una rivoluzione che sarebbe diventata, a poco a poco, sempre più grande.

È interessante notare che questo processo rivoluzionario di morte (musica più droga) ha spesso utilizzato linguaggi dolci e seducenti per ingannare le persone. Pensiamo, ad esempio, al soave slogan “Pace, amore e musica”, che accompagnò nell'agosto 1969 il grande raduno musicale di Woodstock. 

In realtà, questo megaconcerto non fu altro che la celebrazione della droga e del sesso libero, nascosto dietro la maschera rassicurante del pacifismo e dei “figli dei fiori”. Non è cambiato nulla da allora.
I Woodstock di oggi si chiamano “rave” (parola inglese che significa “delirio”).
Ovvero, i grandi raduni che estremizzano il linguaggio delle discoteche: musica assordante, ritmi martellanti, impossibilità di comunicazione, ballo senza sosta, messaggi sessuali liberi e, ovviamente, consumo di droga ed alcolici.

I mass media gridano allo scandalo quando un giovane muore dopo aver ingerito una pastiglia di ecstasy. La gente è colta di sorpresa di fronte allo stridente contrasto tra l'idea del divertimento e quella della morte. In realtà, c'è ben poco da sorprendersi. Se analizziamo i biglietti d'invito che vengono offerti ai giovani per pubblicizzare le feste in discoteca o i “rave”, possiamo già trovare dei chiarissimi messaggi di trasgressione, sia visivi che verbali.

Questi biglietti d'invito sono lo specchio di ciò che i ragazzi troveranno dopo aver varcato la soglia del locale che viene pubblicizzato.
E allora, perché meravigliarsi se un certo tipo d'ambiente diventa la cornice ideale per il consumo delle droghe di oggi? I nuovi profeti del “Fai ciò che vuoi” hanno trovato nelle discoteche un terreno fertile per diffondere i propri ideali di vita spericolata, senza regole né confini. L'atteggiamento del cristiano di fronte al divertimento dev'essere, invece, ben diverso e non può non tenere conto del valore della temperanza e del rispetto del nostro corpo come “tempio dello Spirito Santo” (1 Corinzi 6, 19).

“L'intemperanza”, scriveva San Tommaso d'Aquino “ripugna sommariamente alla nobiltà e al decoro, in quanto nei piaceri riguardanti l'intemperanza viene offuscata la luce della ragione, dalla quale deriva tutta la nobiltà e la bellezza della virtù”.

Per questo, nell'epoca del “Fai ciò che vuoi” siamo tutti chiamati a remare controcorrente e a riscoprire quella “cultura del limite” che ha sempre caratterizzato le grandi civiltà. Solo così potremo rispondere positivamente all'invito di San Paolo: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione. E tutto quello che é vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Tessalonicesi 5, 23).



IL TIMONE – N. 8 - ANNO II - Luglio/Agosto 2000 - pag. 6-7





Caterina63
00martedì 11 novembre 2014 22:45

    Un sacerdote risponde


Ho 15 anni, conosco molti miei amici che non credono in Dio, ci tengo molto a loro e desidero che diventino cattolici perchè so quanto ciò li renderebbe felici


Cari Amici domenicani,
Ho 15 anni e vi ringrazio per questo sito che mi si è rivelato molto utile.
Avrei due domande che mi premono molto:
1- conosco molti miei amici che non credono in  Dio, ci tengo molto a loro e desidero che diventino cattolici perché so quanto ciò li renderebbe felici; però non posso fare più di tanto perchè se no otterrei solo il loro maggiore allontanamento da Dio.
Da una parte riconosco la mia impotenza e non so come muovermi per far loro capire che Dio è la cosa più bella che possa accadere nella vita di un uomo, dall'altra sono molto angosciato per le loro anime.
Cosa posso fare?
2- sono molto soddisfatto della mia vita, ho una bellissima compagnia con cui stare, vado 3 volte alla settimana a messa e faccio tutti i giorni le lodi del mattino e i vespri (ciò mi aiuta molto a mantenere Dio al centro della mia vita) però c'è una cosa che dal mio punto di vista non mi sembra un problema ma tutti mi dicono il contrario, cioè i videogiochi: mi sembrano innocui, li uso un po' per rilassarmi dopo la scuola, come un momento in cui posso fantasticare.
Vorrei chiedere l'opinione di chi ne sa di più di me.
(Spero di essermi spiegato, scrivere non è il mio forte...)


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. ti sei spiegato bene e ti rispondo volentieri.
Intanto sono contento dell’impegno nella vita cristiana. Tu sai per esperienza quanto sia importante la presenza di Gesù nella vita di una persona.
Gesù è il sole della nostra vita.
Non meraviglia il fatto che Dio nella Sacra Scrittura sia presentato come il sole: “Perché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria, non rifiuta il bene a chi cammina nell'integrità” (Sal 84,12).
Quando brilla il sole, tutto risplende. Così quando Dio è al centro della vita di una persona tutto diventa luminoso.

2. Sono contento del tuo desiderio di portare a Cristo i tuoi compagni e che ti senta angosciato per la loro anima, perché li vedi lontani dal Signore e lontani anche dalla loro salvezza.
Penso che questa ansia per la loro salvezza sia uno dei doni più belli che ti ha fatto il Signore che sulla croce ha detto: “ho sete”.
La sua sete non era soltanto di acqua, ma delle anime. 
Ed era per saziare questa sete del Padre, che era pure la sua, che Gesù andò volontariamente incontro alla passione.

3. Gesù per salvare gli uomini ha annunciato il vangelo. Ma non si è accontentato solo di questo. Ha voluto sopportare la passione e la morte.
Gli effetti della sua passione ci sono stati riportati nei Vangeli.
Quanta gente che non credeva, per quello che era successo al momento della morte di Gesù, scese dal calvario convertita: “Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!» (Mt 27,54). 
San Luca dice che anche la folla si espresse nello stesso modo: “Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest'uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto” (Lc 23,48-49).

4. Pertanto, oltre la testimonianza data con la vita e con la parola, come già fai, per portare gli altri a Cristo è necessario perseguire due strade.
La prima passa attraverso la preghiera e in particolare attraverso la preghiera che già vai facendo: la partecipazione alla Messa e la celebrazione delle Lodi e dei Vespri.
La Messa, come bene sai, è la ripresentazione del sacrificio della croce sui nostri altari.
La Messa ha la medesima efficacia del sacrificio di Cristo perché è lo stesso sacrificio di Cristo che si prolunga e ci viene reso contemporaneo.
Pertanto provvedi di andare a Messa col vivo desiderio di offrire il sacrifico di Cristo attraverso le mani del sacerdote per la conversione dei tuoi amici.
Al momento della consacrazione ricordane sempre qualcuno in  particolare. 
Il Santo Curato d’Ars diceva che quando noi durante l’elevazione ricordiamo qualcuno in particolare lo Spirito Santo manda dei lumi a toccare le mente e il cuore della persona che stiamo ricordando.
Inoltre prima di recitare le Lodi o Vespri, che sono preghiere che vanno a beneficio di tutta la Chiesa, aggiungi anche un’intenzione particolare: per questa o per quell’altra persona.

5. La seconda strada è quella di seguire Cristo nella via della croce e cioè nell’offerta dei sacrifici, degli atti di virtù, del dovere quotidiano e soprattutto delle croci e delle sofferenze che capitano.
Questa risposta la troviamo sulle labbra della Madonna che a Fatima ha chiesto di pregare e di fare sacrifici per la conversione dei peccatori. 
Era il 13 luglio 1917 e disse: “Sacrificatevi per i peccatori e dite molte volte, specialmente quando farete qualche sacrificio: 'O Gesù, è per vostro amore, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore immacolato di Maria'!” (Lucia racconta Fatima, Queriniana 1977, p. 121)..
Lucia a questo punto fece alcune richieste, che non ricordava bene quali fossero. Quel che ricordava però era che la Madonna parlò della necessità di recitare il Rosario per ottenere le grazie durante l'anno. Disse: “Sacrificatevi per i peccatori e dite molte volte, specialmente quando farete qualche sacrificio: 'O Gesù, è per vostro amore, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore immacolato di Maria'!” (Ib., p. 121).

6. Il 19 agosto 1917 la Madonna disse: “Pregate, pregate molto; e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all'inferno perché non c'è chi si sacrifichi e preghi per loro” (Ib., p. 123)..
Come vedi la Madonna ha legato la salvezza di molti alle preghiere e alle volontarie mortificazioni unite alla preghiera e ai patimenti di Gesù.
Proprio come ha detto San Paolo nella lettera ai Colossesi:  “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). 

7. I videogiochi in se stessi non sono una cosa cattiva. Possono essere utili per rilassarsi e per sviluppare una certa creatività.
Ma possono causare una dipendenza.
Ebbene, proprio in sintonia con quanto si è detto precedentemente, disciplìnati nei loro confronti in modo da poter realizzare due obiettivi: da una parte ricuperare energie attraverso la distensione e il gioco e dall’altra cooperare con Cristo per la conversione di molti.

Vai avanti dunque così.
Ti ricordo nelle mie preghiere, ti auguro serenità e pace in questo periodo di Pasqua e ti benedico. 
Padre Angelo





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