Galati 1,18ss e 2,1ss Paolo consulta Pietro

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°Teofilo°
00venerdì 24 luglio 2009 17:50

Galati 1,18  In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; 19degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. 20In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco. 21Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia. 22Ma ero sconosciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo; 23soltanto avevano sentito dire: "Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere". 24E glorificavano Dio a causa mia.

Galati 2

1Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: 2vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano. 3Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere. 4E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi. 5Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi.
6Da parte dunque delle persone più ragguardevoli - quali fossero allora non m'interessa, perché Dio non bada a persona alcuna - a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più. 7Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi - 8poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani - 9e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. 10Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.


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Consiglia  Messaggio 2 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 07/06/2003 11.54
Paolo, per rivelazione divina, si reca a Gerusalemme con i suoi più
stretti collaboratori, per sottoporre alla "persone più
ragguardevoli" il suo insegnamento tra i pagani.
Tale insegnamento, sarebbe risultato vano se non avesse avuto il
consenso dei capi della Chiesa.
Dunque Paolo, pur avendo ricevuto l'ammaestramento non dagli
apostoli, ma dal Signore stesso, viene diretto a concordare con i
responsabili visibili della Chiesa, per rivelazione divina, ciò che
insegnava tra i pagani: infatti, è come se Dio avesse voluto
indicare a Paolo il modo corretto di procedere; senza il beneplacito
dei capi, legittimamente costituiti, quell'insegnamento di Paolo
avrebbe potuto sgretolarsi facilmente: infatti egli dice "per non
correre invano". Paolo manifesta un implicito riconoscimento
dell'autorità apostolica al di sopra di se, e dello stesso dono
carismatico del suo essere dottore delle genti
.
Questo atteggiamento, teso ad ottenere il benestare degli apostoli,
farà sì che i suoi sforzi di testimonianza non risultino vani per la
mancanza di unità.
3 Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato
a farsi circoncidere.
Coloro ai quali Paolo aveva esposto la sua dottrina, e che erano
considerate "le colonne" non imposero la circoncisione neppure a
Tito.
4 E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano
intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo
di renderci schiavi. 5Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure
un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda
tra di voi.
Paolo non manifesta riguardo nei confronti dei credenti che egli
chiama falsi fratelli, ma cerca però il beneplacito delle "colonne" .
6Da parte dunque delle persone più ragguardevoli - quali fossero
allora non m'interessa, perché Dio non bada a persona alcuna - a me,
da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più.
"Non fu imposto" dice Paolo; il che significa implicitamente che
avrebbero potuto farlo.
.7Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non
circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi - 8poiché colui che
aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva
agito anche in me per i pagani -
Vi è un esplicito riferimento a Pietro come principale artefice
dell'annuncio ai circoncisi.Ma occorre anche ricordare che gli Atti
riportano l'azione decisiva di Pietro quando andò per rivelazione
da Cornelio al quale per bocca sua gli fu annunciata la salvezza.
9e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni,
ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la loro destra in segno
di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i
circoncisi. 10Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che
mi sono proprio preoccupato di fare.
Dunque, Giacomo, Cefa e Giovanni riconoscono a Paolo la facoltà di
insegnare tra i pagani. E non gli impongono altro che di ricordarsi
dei poveri.
Avrebbero potuto, se necessario, imporre anche altro, in forza della
loro posizione di preminenza rispetto al Paolo, in qualità di
Apostoli designati dal Signore. Ma essi effettuarono, attraverso il
loro illuminato discernimento, una valutazione positiva
sull'insegnamento di Paolo e gli accordarono il loro mandato verso i
pagani.

Pietro viene menzionato da solo, in quanto apostolo dei connazionali,
e tra le "colonne"invece segue Giacomo, probabilmente in ossequio al
fatto che questi era il capo della comunità di Gerusalemme, sede
principale del cristianesimo nascente. Pietro negli elenchi dei
vangeli invece risulta menzionato sempre per primo, anzi viene
chiamato espressamente "primo". (Mat.10,2) Termine non casuale che
indica la sua posizione di preminenza rispetto alla chiesa intera,
che troverà poi conferma nel triplice mandato di Cristo proprio a
lui "Pasci i miei agnelli"

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Consiglia  Messaggio 3 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 07/06/2003 12.01

dal commentario evangelico della "laparola.net"

ed esposi loro l'evangelo che io predico fra i Gentili, in privato poi l'esposi ai più ragguardevoli onde io non corressi o non avessi corso invano;

…Luca accenna ad un'adunanza "degli apostoli e degli anziani" Atti 15:6 che forse precedette l'adunanza più generale e decisiva della "moltitudine" dei fratelli. Era ad ogni modo naturale che i capi, prima di giungere a una decisione, esaminassero tra loro più a lungo la questione e cercassero il miglior modo di mantener l'unione senza sacrificare i diritti della verità. Quello infatti che preoccupa Paolo nelle conferenze di Gerusalemme è il pericolo di veder compromessa tutta l'opera sua missionaria tra i Gentili. Il correre è immagine tolta dalle gare atletiche dei Greci e designa l'attività strenua e costante spiegata dall'apostolo. Egli non dubita per nulla della verità del Vangelo da lui predicato; ma qualora i giudaizzanti seguitassero a valersi dell'autorità degli apostoli e della chiesa di Gerusalemme per combatterlo, le chiese da lui fondate sulla base della libertà cristiana correrebbero pericolo di sfasciarsi miseramente. Se in materia tanto essenziale quale è quella delle condizioni della salvezza, fossero stati discordi fra loro gli apostoli, chi avrebbe potuto conoscere con certezza la mente di Cristo? E come si sarebbe mantenuta salda la fede nei neofiti così da resistere agli assalti degli avversari ed alle persecuzioni? Se si fosse deciso che i pagani dovevano, in certo modo, passare per il giudaismo per diventar cristiani, Paolo potea facilmente prevedere che ciò getterebbe lo scompiglio nelle chiese già fondate in paese pagano, taglierebbe i nervi alla sua predicazione e arresterebbe i trionfi del Vangelo.


Anche dal commento evangelico sopra riportato emerge che Paolo, aveva la preoccupazione che il suo messaggio venisse conosciuto e approvato dagli apostoli, e in particolare da alcuni di essi, per non far naufragare il suo apostolato. Quanto più tale preoccupazione non dovrebbe essere  presente ancora oggi.

Paolo infatti era convinto della verità del suo messaggio ricevuto per rivelazione divina, eppure si rende conto che deve confrontarlo oggettivamente con gli apostoli stabiliti da Cristo stesso, i quali riscuotevano la fiducia incondizionata delle comunità cristiane.




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Consiglia  Messaggio 4 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/06/2003 21.26

Galati 2,1-10:

II rapporto del presente brano con At 15,1-29 pone un arduo problema storico: i due racconti ci riportano lo stesso avvenimento oppure due avvenimenti separati e diversi? Le divergenze sono notevoli: nella lettera ai Calati l'incontro avviene durante la seconda visita di Paolo a Gerusalemme, negli Atti invece durante la terza visita; nella lettera il movente è un'ispirazione, negli Atti Paolo viene inviato dalla chiesa di Antiochia; nella lettera l'incontro sembra svolgersi tra uguali, negli Atti i capi di Gerusalemme sembrano avere autorità su tutta la chiesa; la lettera parla di una colletta, gli Atti non ne fanno parola; finalmente nella lettera non appare nessun documento scritto a conclusione dell’incontro, mentre negli Atti troviamo una lettera ufficiale dei capi della comunità di Gerusalemme ai Gentili. Queste divergenze hanno dato luogo a diverse teorie (cf F.V. Filson, Thè Interpreter's Dictionary of the Bible, 2, p. 711). Se teniamo presente il genere letterario diverso dei due racconti, ricaviamo una linea di orientamento chiara. Paolo ha, nella lettera ai Galati, una prospettiva apologetica e parla con un tono surriscaldato di disputa: è spontaneo che ciò lo porti a trascurare alcuni dettagli e a fare una presentazione parziale secondo la necessità del momento. Il tono letterario degli Atti è più sereno, più oggettivo: è naturale quindi attendersi una esposizione più completa, dettagliata, meglio inquadrata negli avvenimenti della chiesa primitiva. Le due narrazioni sarebbero quindi da riferire allo stesso evento, anche se presentato diversamente; per una ricostruzione storica dell'evento stesso, le indicazioni fornite dagli Atti sono da preferire a quelle fornite dalla lettera ai Galati (cf E. Haen-chen. Die Apostelgeschichte, pp. 587-419).

Si tenga in dovuto conto il fatto che Paolo dice espressamente in Ga.1,18:

In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; 19 degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.

Non a caso egli aveva avuto questo contatto proprio con l’apostolo che definisce espressamente CEFA, che significa ROCCIA. Questa consultazione con il principale interlocutore della Chiesa nascente durato ben 15 giorni ha permesso a Paolo di verificare se il "suo" Vangelo, ricevuto per via straordinaria, era concorde con quello affidato agli apostoli scelti da Cristo durante la sua missione terrena.

Dopo 14 anni, Paolo, a seguito di una rivelazione del Signore si recò di nuovo dagli apostoli. stabilirono: Ga 2,2 parla di una rivelazione. La decisione può essere stata presa durante una riunione di preghiera, in cui alcuni profeti proclamavano i comandi dello Spirito.(cf At.13,2)

Paolo non trattò la questione quanto mai delicata davanti a tutti in un'assemblea della comunità; se ne occupò in contatti privati e a parte con i capi della comunità stessa.

Il motivo di questo suo agire era tattico: voleva evitare che la questione, dilagando in pubblico, suscitasse scompigli e difficoltà. - per evitare il rischio di correre o di aver corso invano: correre si riferisce manifestamente alle corse agonistiche ed esprime, sotto questa immagine, un impegno di lavoro apostolico faticoso e assillante. Invano: Paolo non ha alcun dubbio sulla autenticità della sua missione e sulla validità del suo vangelo; non ha bisogno sotto questo rispetto di alcuna mediazione umana, fosse pure quella di Pietro. Il problema è piuttosto di ordine pratico. La chiesa è una, unica: questa unità è una esigenza di fondo ed è sentita molto acutamente da Paolo. Ora se il vangelo predicato da lui fra i gentili e la conseguente costituzione di comunità locali portasse ad una rottura con la chiesa di Gerusalemme, l'unità andrebbe praticamente distrutta. Davanti alla possibilità di un risultato cosi contraddittorio. Paolo non esita a qualificare inconcludente, fatto a vuoto, tutto il suo lavoro apostolico presente e passato. Da notare inoltre che non è Pietro a recarsi da Paolo, ma viceversa. C'è quindi nell'atteggiamento di Paolo, determinato da una rivelazione speciale, un riconoscimento implicito di una certa supremazia della chiesa di Gerusalemme e di Pietro in particolare.

falsi fratelli: non significa, come deduciamo con tutta probabilità dal contesto, eretici o qualcosa di simile; il termine si riferisce piuttosto a un comportamento e a una mentalità incompatibili con il cristianesimo genuino. Qual è l'azione che Paolo rimprovera a costoro nel nostro contesto? Più che una intrusione nella comunità, il contesto prossimo e il verbo usato (spiare) suggeriscono che Paolo tentò di trattare le sue questioni direttamente e solo coi notabili, ma che altri si intromisero indebitamente e subdolamente in questi colloqui, provocando delle difficoltà.

Mentre i falsi fratelli volevano trarre Paolo dalla loro, i notabili di cui ha parlato prima e che al v. 9 nominerà esplicitamente, e cioè Pietro, Giacomo, Giovanni, sono d'accordo con Paolo. Il discorso è lasciato sospeso; ma è facile completarlo: da parte dei notabili Paolo riceve una piena approvazione. Probabilmente proprio questa idea determina l'anacoluto: il pensiero di una approvazione implica un qualche confronto tra Paolo e i notabili e una loro preminenza.

10Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.

Paolo intuisce il valore reale e simbolico di questo aiuto a favore della Chiesa madre di Gerusalemme e si dà da fare per accondiscendere all’unica richiesta espressa dalle "colonne" nei suoi confronti. Un gesto semplice ma importante se si vuol considerare la parte richiedente e la parte che si impegna a dare. In questo caso è a Paolo che viene fatta la richiesta e non viceversa.


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Consiglia  Messaggio 5 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/06/2003 21.27

Gal.2,11 Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. 12Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. 13E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. 14Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: "Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?

Paolo in altra occasione era stato più accomodante, e aveva accettato il compromesso facendo circoncidere Timoteo (At 16,3): le circostanze concrete suggerivano allora questo cedimento tattico senza mettere in discussione il principio. Qui le circostanze sono diverse: si tratta proprio di una questione di principio e allora Paolo è intransigente. - la verità del vangelo: non significa il vero vangelo perché non esiste che un solo vangelo necessariamente vero; si tratta piuttosto di fedeltà, coerenza al vangelo nella vita pratica: appunto questa coerenza, questa fedeltà era minacciata dai perturbatori nelle chiese dei Galati. Paolo vede il passato in funzione del presente. Ma soprattutto va considerato che era la persona di Pietro stesso a determinare un pericoloso precedente, proprio in quanto figura principale della Chiesa. La preoccupazione di Pietro era in fondo quella di venire incontro ai più deboli nella fede proprio secondo un principio espresso da Paolo in altra occasione; e questo era un atteggiamento di per se apprezzabile perché manifestava di volersi fare tutto a tutti per salvarne il maggior numero. Tuttavia Paolo intravede un pericolo per la sussistenza della Chiesa e lo fa rilevare molto animosamente a Pietro, il quale non manifesta alcuna perplessità circa la correttezza del principio, e senza porre obiezioni, riconosce quale fosse la soluzione migliore .


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Consiglia  Messaggio 6 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 10/06/2003 21.29

Atti 15,1-35 (parallelo di Galati cap 2,1-10)

In questo capitolo, altamente drammatico, si racconta come la grande opera di evangelizzazione, descritta nei due capitoli precedenti, minacciò di naufragare a causa dell'insistenza di alcuni Giudei convertiti nell'imporre anche ai pagani la legge di Mosè. Data la distanza psicologica del mondo greco dal mondo giudaico, una tale prescrizione si sarebbe rivelata inattuabile, e avrebbe praticamente chiuso le porte alla conversione dei pagani. Inoltre essa intaccava il cuore stesso del messaggio, che proclamava la salvezza nel nome di Gesù, e non in virtù della legge. Il concilio di Gerusalemme risolve la gravissima controversia in senso favorevole a Paolo, ma imponendo alcune prescrizioni per facilitare la convivenza tra Giudei e pagani convertiti. I fatti narrati concordano sostanzialmente con quelli raccontati da Paolo in Ga 2,1-10; negli Atti si rileva che le determinazioni finali sono scaturite principalmente dalle decisioni degli apostoli. Identico è il problema trattato, cioè la libertà dei neoconvertiti pagani rispetto alla legge; in entrambe le narrazioni troviamo Paolo e Barnaba a Gerusalemme a trattare con Pietro e Giacomo; il risultato della discussione è in entrambi i casi il riconoscimento da parte degli apostoli che la circoncisione non è necessaria.


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Consiglia  Messaggio 7 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 24/06/2003 21.05

Il comportamento di Pietro non è determinato da una questione dogmatica, ma prudenziale. I riti della legge antica non hanno più valore, ma Gesù li ha praticati; si può dunque consentire loro di sopravvivere ancora per qualche tempo, per lo meno nella misura in cui non facciano sorgere malintesi e scandalo. L'attitudine da adottare potrà e dovrà variare secondo le circostanze. Proprio in virtù di questo punto di vista prudenziale Pietro, ad Antiochia, venne ripreso da Paolo come colui che si comportava con eccessiva condiscendenza nei confronti dei convertiti del giudaismo: "Ma quando Cefa venne ad Antiochia mi opposi a lui faccia a faccia, perché si era messo dalla parte del torto; Infatti, prima che giungessero taluni della cerchia di Giacomo, egli soleva mangiare insieme con i pagani; ma dopo che quelli giunsero, si sottraeva alla loro compagnia e si teneva in disparte per timore dei circoncisi. Ed anche gli altri Giudei s'associarono alla sua finzione, al punto che perfino Barnaba si lasciò trarre a simulare con essi. Ma quando vidi che non procedevano diritto rispetto alla verità dell'evangelo, dissi a Cefa di fronte a tutti: Se tu, che sei Giudeo, vivi alla maniera dei pagani e non dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei ?" (Gai. 2, 11-14). Se Pietro pecca, non è perché osserva gli usi della legge antica : poteva farlo, dal momento che era Giudeo ; ma è perché scandalizza dei cristiani Gentili nel timore di scandalizzare dei cristiani Giudei28.

In questi testi non si potrà trovare la prova che Pietro, se teme gli inviati di Giacomo, deve essersi spossessato del potere delle chiavi ricevuto dalle mani di Gesù, che si è subordinato a Giacomo e che Giacomo è passato al rango di capo della Chiesa universale.

Quanto a Paolo, la sua resistenza a Pietro è su un punto di opportunità. Lui stesso ha fatto delle concessioni alla legge antica in altre circostanze, (per esempio al momento della circoncisione di Timoteo, tanto per ricordarlo). Ma nella presente situazione è convinto che una concessione sarebbe funesta, e comprometterebbe l'opera della conversione dei Gentili. E a che titolo resiste Paolo a Pietro? Paolo resiste a Pietro sul punto dell’organizzazione della chiesa di Antiochia e della missione presso i Gentili. Questo punto cadeva nell'ambito del potere giurisdizionale straordinario conferito a tutti i gli apostoli in quanto apostoli. Su questo piano, Paolo era l’eguale di Pietro. Paolo, dice in sostanza Tommaso, era l'eguale di Pietro per quanto riguarda l’esecuzione del potere giurisdizionale supremo: si trattava qui di un privilegio strettamente apostolico. Ma Paolo non era l'eguale di Pietro per quanto riguarda il possesso strutturale del potere giurisdizionale supremo: questo è il privilegio transapostolico di Pietro.

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