Giov,1,1 ...la Parola era Dio.

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°Teofilo°
00venerdì 24 luglio 2009 18:53
Gv1,1
Il testo greco dice:
" ò logos en pròs ton theòn kai theòs en o logos".
Letteralmente
"La Parola era presso il Dio e Dio era la Parola"


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 19/01/2003 21.42
Le Bibbie cattoliche e protestanti più accreditate traducono letteralmente.
La TNM dei Testimoni di G. traduce invece:
"la parola era un dio"
Tale traduzione è in armonia con il testo biblico originale, con il contesto e con il modo di tradurre trasmessoci dai padri?

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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 19/01/2003 21.44
Consideriamo qualche lavoro di esegesi:

Dio era la parola,

qui Teòs non ha l'articolo, ma questo non significa assolutamente che il Logos è un dio minore, in quanto nel Nuovo Testamento, il vocabolo Teos si presenta preceduto o meno dall'articolo indifferentemente, anche quando si riferisce a Dio Padre (cfr. Mt 5:9; 6:24; Le 1:35, 78; 2:40; Gv 3-2, 21; 9:16, 33; Rm 1:7; 17, 18; 1 Co 1:30; 15:10; FI 2:11, 13); possiamo notare ciò, addirittura nello stesso capitolo primo di Giovanni (cfr. versetti. 6, 12, 13, 18). In realtà, il motivo per cui Teos qui non ha l'articolo è semplicemente grammaticale, perché è un predicato nominale che precede la copula, e sottolinea la natura del Logos. Un testo parallelo a questa clausola, è Gv 19:21 dove si può osservare che nella prima parte del versetto abbiamo "rè" che prende l'articolo, mentre nella seconda parte la stessa parola non prende l'articolo. Un altro esempio ce l'abbiamo addirittura pochi versetti dopo, in Gv 1:49, dove "Figlio" è preceduto dall'articolo, mentre "Rè" , per i motivi già detti, non ha alcun articolo. Similmente il titolo "Figlio di Dio" è accompagnato dall'articolo tredici volte, e sempre quando segue il verbo, e dieci volte è senza articolo, di cui nove quando precede il verbo. Per altri esempi del genere si vedano: Mt 13:37-39, 23:8-10. (Zerw, 175). D'altra parte, dobbiamo dire che se in Gv. 1:1 l'articolo si fosse ripetuto anche nell'ultima clausola, avrebbe significato che il predicato e il soggetto erano intercambiabili, come per esempio in IGv. 3:4 che può essere tradotto "il peccato è la violazione della legge" oppure "la violazione della legge è il peccato". Quindi, se ci fosse stato l'articolo davanti al complemento predicativo Teos, forse avremmo una traduzione possibile dal punto di vista grammaticale, ma comunque anacronistica. Nel suo articolo "Predicati nominali qualitativi privi di articolo: Marco 15:39 e Giovanni 1:1", pubblicato nel ]ournal o f Biblica! Literature, vol. 92, 1, Filadelfìa, Marzo 1973, a pag. 85, il prof. Philip Harner dice che se nella clausola in questione avessimo letto "o Logos en o Teos, avrebbe significato che Lógos e Teos sono equivalenti e intercambiabili, per cui non solo avrebbe reso il versetto contraddittono, ma avrebbe anche significato che Gesù era il Padre.

Sempre nel citato articolo, Philip Harner propone e spiega cinque possibilità alternative che l'apostolo Giovanni avrebbe potuto avere, trascrivendo la terza clausola di Gv 1:1. se avesse voluto intendere qualcosa di diverso da ciò che ha espresso , e conclude: quello che è effettivamente scritto, significa che il Logos è della stessa essenza o natura del Padre, ma distinto da Lui.

Altri, invece, come il Moffàtt per esempio, hanno inteso il Logos semplicemente come un essere dotato di qualità divina, ma ciò neanche è possibile perché in questo caso avremmo dovuto leggere l'aggettivo Teios che compare altrove nel Nuovo Testamento (At 17:29; 2Pt 1-3) e che l'agiografo ha accuratamente evitato di usare. I sostantivi astratti formati da queste parole sono rispettivamente Teiotes (divinità) e Teotes (deità) e non hanno lo stesso significato. Furono distinti nell'uso dagli scrittori greci come Platone, Plutarco, e hanno significati chiaramente diversi anche nel Nuovo Testamento.

Pertanto, per esprimere che Cristo è Dio in essenza, nel senso assoluto, ma che non è il Padre, in quanto si trova presso di Lui e ne è quindi distinto, Giovanni avrebbe dovuto scrivere questa proposizione in greco esattamente come è scritta.


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 22/01/2003 20.05

GIOVANNI 1,1

Edizione TNM 1967 "Nel principio era la Parola e la Parola era con il Dio e la Parola era dio".

Edizione TNM 1986 "Nel principio era la Parola e la Parola era con Dio e la Parola era un dio",

Nell'edizione del 1967, la Parola era "dio". Nell'edizione del 1986, era "un dio" ;

I dirigenti della "Società Torre di Guardia" giustificano in vari modi questa loro traduzione .

"Alcune traduzioni rendono correttamente il senso originale del versetto, dicendo: "La Parola era un dio"" (Potete vivere per sempre..,, pag. 40).

Esistono  traduzioni di alcune sètte americane, ideologicamente vicine ai TdG, della cui serietà scientifica dubitiamo) che traducono in questo modo.

Facciamo l'analisi della terza proposizione: kài Theòs en ho Lògos = e Dio era la Parola

Theòs = "Dio". Predicato nominale. Senza articolo.

en = "era". Copula.

ho Lògos == "la Parola". Soggetto. Con articolo.

Il fatto che il predicato nominale sia senza articolo indicherebbe, secondo i TdG, che deve essere tradotto "un dio". Se ci fosse stato l'articolo, dicono, allora sì che si doveva tradurre "Dio",

Ecco il parere degli studiosi.

Si dividono in due gruppi che partono da premesse diverse ma si ritrovano nella conclusione.

A. Un primo gruppo di studiosi ritiene che la mancanza dell'articolo nei nomi concreti (come in questo caso) metta in risalto la natura e la qualità di essi; il nome, cioè, è preso in senso qualitativo. Perciò, il "Theòs" di Giovanni 1,1 è "un essere divino" o "di natura divina".

Con questo, però, non si vuole affermare un'inferiorità del Verbo nei confronti del Padre. Il Verbo è "un essere divino" nel senso che "possiede l'essere comune che è proprio sia al Verbo che al Padre" (Schnackenburg).

Il Verbo è "un essere divino" così come lo è il Padre. Si afferma l'identità di natura tra il Padre e il Verbo. (5)

B. Un secondo gruppo di studiosi nega che si possa dare a "Theòs" di Giovanni 1,1 un valore qualitativo. Per due motivi:

1) Se Giovanni avesse voluto dire che il Verbo è "divino" non avrebbe usato il sostantivo "Theòs" (Dio) ma l'aggettivo "theiòs" (divino), che compare altrove nel Nuovo Testamento.6

2) L'articolo è omesso per motivi grammaticali. Infatti, "Theòs" è un predicato nominale che precede il verbo e quindi rifiuta l'articolo, secondo la "regola di Coiteli": "Un complemento predicativo determinato prende l'articolo quando segue il verbo, rifiuta l'articolo quando precede il verbo".

La mancanza dell'articolo in Giovanni 1,1 non rende, perciò, nè indeterminato nè qualitativo il predicato nominale "Theòs", poiché questo precede il verbo. In tale posizione, il predicato è indeterminato solo quando il contesto lo richiede.

Nella frase giovannea: "E Dio era il Verbo", così com'è nel testo originale greco ispirato, il predicato nominale "Dio" (greco Theòs) senza articolo, anche se posto a principio della frase, indica una identità sostanziale col soggetto "il Verbo" (greco o Logos). Tutto ciò che appartiene a Dio, all'unico eterno onnipotente Dio, appartiene al Verbo, e non soltanto qualche o alcune qualità divine.

Note: 5 "Qui "Dio" (senza articolo) è predicato... il Verbo, perciò, è di natura divina. Ma nonostante ogni diversità fra Dio e Verbo, entrambi sono accomunati dall'unica essenza divina" (W. kasper, II Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1987, pag. 242).

6 "Non è lecito sottilizzare nell’interpretazione di questa proposizione per indebolirne, in qualche modo, l'assolutezza e la nettezza. Tentativi del genere ce ne sono stati molti e ce ne sono ancora molti. Per esempio "Theòs" qui viene interpretato come fosse "theiòs": "il Logos era di natura divina". Ma un*interpretazione del genere (rifiutata anche dal Bultmann) è inammissibile. Se l'autore avesse voluto dire ciò, avrebbe avuto a disposizione l'aggettivo "theiòs", che compare altrove nel Nuovo Testamento" (O. cuilmann, Cristologia del Nuovo Testamento, Ed. Il Mulino, Bologna 1970, pagg. 396-397).

Il contesto del Vangelo di Giovanni non solo non lo richiede ma lo esclude.

C. Per tutti gli studiosi, la mancanza dell'articolo non giustifica la traduzione geovista ("un dio") che è grammaticalmente scorretta (7) e non corrisponde al pensiero di Giovanni, quale risulta dal contesto. Infatti:

1) L'articolo è omesso, non per negare l'identità di natura tra le due divine Persone, ma per distinguere il Verbo dal Padre. Distinzione che sarebbe stata impossibile se "Theòs" fosse stato preceduto dall'articolo. Infatti: "Se l'articolo è usato sia con il predicato nominale che con il soggetto, essi sono intercambiabili" (Robertson).

Cioè, ci sarebbe stata un'identificazione tra il soggetto e il predicato, come nel caso di 1 Giovanni 3,4:

He hamartia estìn he anemia. II peccato è la violazione della legge,

che può essere tradotto ugualmente bene "la violazione della legge è il peccato", perché il soggetto ("il peccato") e il predicato ("la violazione della legge"), essendo entrambi preceduti dall'articolo, si identificano. Il peccato e la violazione della legge sono la stessa cosa.

Allo stesso modo, se "Theòs" di Giovanni 1,1 fosse preceduto dall'articolo, ci sarebbe un'identificazione tra Dio ("ton Theón") della seconda proposizione (il Padre) e il Verbo ("Theòs" della terza proposizione).

Mentre l’evangelista riferisce che: il Verbo era Dio, ma distinto dal Padre.

2) Che il "Theòs" della terza proposizione sia senza articolo per motivi grammaticali e per distinguere il Padre dal Verbo e non per negare l'identità di natura tra le due divine Persone, è dimostrato da Giovanni 20,28 in cui Tommaso chiama Cristo:

Ho Kyrios mu kài ho Theòs mu Signore mio e Dio mio.

Qui "Theòs" è riferito a Cristo e ha l'articolo ("ho"), perché la grammatica lo permette e non si da possibilità di equivoco.

Se alla fine del Vangelo di Giovanni Cristo è "Dio", all'inizio dello stesso Vangelo non può essere "un dio".

Se la grammatica e il contesto escludono che Giovanni 1,1 possa tradursi "un dio", perché i TdG si ostinano a tradurre in questo modo? Rispondono (nella interlineare greco/ inglese pagg 1158-1159):

"Non è ragionevole; perché come può la Parola essere con Dio e nello stesso tempo essere lo stesso Dio?".8

Ecco, dunque, il vero motivo: "non è ragionevole. Tutto dovrebbe essere "ragionevole", cioè a misura della mente umana. Anche lo stesso Dio!

7      I TdG giustificavano la "loro" traduzione, citando il "Manuale di grammatica del greco del Nuovo Testamento" di Mantey. Ma la citazione era incompleta. Il dott. Mantey difese il proprio prestigio di studioso con un articolo intitolato "A shocking Mistranslation" nel quale scriveva: "Essi mi citano fuori del contesto... Tradurre Gv 1,1 "la Parola era un dio" è grammaticalmente scorretto". Vedendosi poi sempre citato nelle pubblicazioni dei tdG, il dott. Mantey, in una lettera dell' 11.7.1974, indirizzata al CD dei Testimoni di Geova, nella quale faceva riferimento all'edizione inglese della TNM, scriveva: "Non c'è affermazione nella mia grammatica che consenta di dire che "un dio" sia una traduzione accettabile di Gv 1,1... Poiché mi avete citato fuori del contesto, vi invito a non citare più il mio "Manual", cosa che avete fatto negli ultimi ventiquattro anni, e neppure me, in nessuna delle vostre pubblicazioni, da questo momento in poi". (Cf P. hedley, Perché hanno lascialo i TdG, Crociata del Libro Cristiano, Napoli 1980, pag. 200).

Inoltre:

"In principio era il Verbo" non significa, come dicono i TdG, che il Verbo fu creato per primo. Il Verbo non è stato creato, esso "era", vale a dire che già allora esisteva, assoluto, fuori del tempo in eterno. "Essere" ha qui il significato di "esistere". II Verbo esisteva già "in principio". La seconda proposizione: "il Verbo era presso Dio" precisa i rapporti eterni del Verbo con il Padre. Questo secondo imperfetto ("era") non esprime più, come il primo, l'esistenza ma, essendo seguito da una preposizione ("presso"), indica una relazione con Dio ("il Verbo era presso Dio"). Viene espressa, cioè, la distinzione tra la persona de) Padre e quella del Verbo. Il Padre e il Verbo sono due Persone distinte. La terza proposizione ("il Verbo era Dio") precisa che anche il Verbo, benché distinto dal Padre, possiede la stessa natura del Padre e perciò è Dio egli pure


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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 26/01/2003 20.05
Se vogliamo capire il modo corretto di intendere quel “theòs”, dobbiamo analizzare sia ciò che viene prima sia ciò che viene dopo senza fossilizzarci soltanto su una parte del versetto.
L’ introduzione al Vangelo di Giovanni suona così:
“In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste.”
Ci fermiamo qui e facciamo una piccola analisi.
Partiamo proprio da “Theòs” e rileggiamo quanto hai scritto nel tuo post 60:
Nella nota su "theòs" della traduzione poliglotta di Eugenio Nolli si legge: "La mancanza dell'articolo nei nomi concreti mette in risalto la natura e la qualità di essi, cioè il nome è preso in senso qualitativo (ut tale), non in senso individuale (ut hoc): con ciò viene sottolineata una sfumatura speciale della frase. Esprime la partecipazione alla natura divina.Non è una catacresi (impiego abusivo di una parola) ma indica che il Logos possiede la natura divina, pur non essendo il solo ad averla: (un) Dio" (Evangelo di Giovanni: testo greco, Neovolgata latina, analisi filologica,
traduzione italiana di E.Nolli, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, 1986, p. 1)
Mi sono riletto tutti i tuoi messaggio precedenti e non mi pare che tu abbia mai citato una grammatica greco o un esperto di greco classico a supporto delle tue opinioni. Il Nolli è l’unico che citi e pertanto seguiremo quello.
Innanzitutto rileggiamo due frasi: “partecipazione alla natura divina” e “il Logos possiede la natura divina.”
Che cos’è la natura divina? E’ l’essenza divina, vale a dire una caratteristica del solo vero Dio. Gli esseri creati posseggono “qualità divine” nel senso di partecipazione alla qualità divina di Dio ma non ne hanno la natura.
Il Logos possiede questa essenza divina ed infatti il Nolli traduce il versetto con “il Verbo era Dio”
Ma facciamo un passo indietro. Il Vangelo di San Giovanni comincia con “In principio era” che in greco si dice “en archè en”.  Vediamo cosa significa secondo il Nolli:
Archè: compl. di tempo determinato ( cioè il tempo preciso in cui una cosa avviene); nome sost. comune concreto; inizio, principio; si riferisce al Gen 1,1 che comincia in principio. Qui significa inizio, punto di partenza del tempo e dello spazio. Viene qui affermata la anteriorità (en) del Logos alla creazione.
En: essere, esistere. In italiano rendiamo l’idea aggiungendo un già: all’inizio (della creazione) già c’era il Logos. Qui l’ imperfetto esprime in modo particolare l’ esistenza: all’ inizio esisteva poiché il verbo eimì essere esprime esistenza quando è predicato; esprime qualità quando è copula: qui è il primo caso.
Pertanto il Logos esisteva prima dell’ atto creativo. Esisteva prima del tempo e quindi esisteva da sempre in quanto il tempo comincia con la creazione. Dio è fuori dal tempo, Dio vive in un eterno presente. Anche il Logos è fuori dal tempo. Giovanni ci tiene a precisarlo tanto che lo ripete subito dopo: “Egli era in principio presso Dio”
Una conferma la troviamo nel “Grande Lessico del N.T” di Delling Vol. 1 dove lo studioso afferma che l’espressione significa: “colui che esiste fin da prima del tempo”
Dopo averci parlato dell’eternità del Logos, San Giovanni ci dice della Sua relazione con Dio. Il Logos era presso (pròs) Dio. Sempre il Nolli dice:
Pròs: una delle 17 preposiz proprie del NT, forma allungata di pro, voluta dal genit (1 volta) dal dat (6 volte) e dall’acc (672 volte): una delle più frequenti del NT; esprime l’idea di innanzi, presso ( anche senza idea di movimento) in realzione a. Questa prepos serve ad indicare l’esistenza del Logos in realazione a Dio. Si può intendere1) era in compagnia di Dio…. 2) … era in relazione con Dio. Forse è da preferire la 2). Notiamo che mentre parà indica uno stare accanto, abitare insieme, pros esprime una vicinanza più intima ( non però una fusione fino all’ identità) una relazione più profonda.
Infatti il Nolli traduce con : “il Verbo era in relazione con Dio”
Andiamo avanti a leggere. Dopo aver parlato dell’ eternità del Logos San Giovanni e della Sua vicinanza intima  a Dio, ci dice un’altra cosa di Lui: il Logos è il creatore di tutto.
“tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste.”
Chi ha creato tutto? Dio, naturalmente. Abbiamo già detto di Genesi 1,1 dove si dice “In principio Dio creò…” San Giovanni ci dice che il Logos creò. Che cosa? Tutto. Tutto ciò che esiste è stato fatto ( egheneto) da lui. Vediamo ancora cosa ci dice il Nolli:
Egheneto: … nascere, divenire: aor complessivo, cioè che può abbracciare anche un tempo molto lungo purchè tale periodo vena considerato come un tutt’uno, un unico blocco. Il verbo è sostanzialmente diverso da en ed è tipico di tutto ciò che non è Dio. Nei LXX viene usato in Gen 1 per descrivere la creazione nei vari giorni.
Quindi il Logos è colui che ha fatto tutto, nulla escluso. Vediamo però cosa dice la Bibbia in altri versetti:
Is 44,24
Sono io, il Signore, che ho fatto tutto, che ho spiegato i cieli da solo, ho disteso la terra; chi era con me?
Se confrontiamo questo versetto di Isaia con Gv 1,1 notiamo una straordinaria coincidenza: il Logos compie la stessa azione creatrice che il Signore in Isaia afferma di aver fatto da solo.
Ricapitoliamo quello che è stato detto fin qui:

1)il Logos ha una natura ( non solo una qualità)  divina… Proprio come Dio ha una natura divina
2)il Logos esiste da prima della creazione…. Proprio come esiste Dio
3) il Logos crea tutto… proprio come Dio ha creato tutto
A questo punto Cristiano fa un’obiezione: Gesù viene presentato come il "mezzo" impiegato da Dio per creare tutte le cose.
Rileggiamo il versetto 3:” tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste” e al versetto 10 si legge ancora:”e il mondo fu fatto per mezzo di lui” .
“Per mezzo” in greco è di’. Vediamo sempre cosa dice il Nolli:
Di’:una delle 17 preposizioni proprie del NT, voluta dal gen ( allora significa attraverso, durante, per mezzo di, 368 volte) e dall’ acc ( e significa  a causa, per merito o colpa di, 280 volte) Esprime qui la collaborazione più stretta, senza dire con ciò che il Logos sia un semplice strumento; Egli collabora senza cessare di essere Dio.
Confrontiamo questo versetto con:
Eb 2, 10: “colui, per il quale e del quale sono tutte le cose” (CEI)
Eb 2,10:  “colui per il quale sono tutte le cose e per mezzo del quale sono tutte le cose”
Anche in questo caso, riferito a Dio “per mezzo” in greco è “di’ esattamente come il Gv 1 dove invece è riferito al Logos.
Quindi quando la Chiesa Cattolica dice nel Credo: Dio da Dio, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del padre, per mezzo di Lui tutte le cose sono state create…” non fa che ripetere quanto affermato da San Giovanni nel suo Vangelo.

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Consiglia  Messaggio 6 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 29/01/2003 20.37
Quando gli studiosi ritengono "inammissibili" determinati modi di tradurre le frasi è perchè queste traduzioni sono realmente "inammissibili".
Per capire come deve essere tradotta una parola chiave di tutto il discorso, bisogna capire il contesto nel quale questa parola è inserita.
Se io, ad esempio, dovessi tradurre dall' inglese la frase " to rain cats and dogs" scriverei "piovere a catinelle". Ma se in precedenza avessi letto che un aereo in avaria ha perso il suo carico di animaletti domestici e che in una certa regione sono "piovuti gatti e cani" allora dovrei abbandonare la traduzione che mi sembra "possibile" per usare l'altra, più letterale, che è anche quella che si adatta meglio al testo che precede la caduta degli animali.
Sostenere che è corretto tradurre "o theòs" con "un dio" solo perchè è una traduzione "possibile" senza analizzare tutto il contesto, vorrebbe dire commettere lo stesso errore dell' esempio sopra citato.
E neppure gli esempi portati da Cristiano sono corretti. I paragoni vanno bene quando si mettono a confronto testi che sono omogenei fra di loro ma nei versetti citati  (Marco 6,49; 11,32; Giov 4,19; 6,70; 9,17) è presente un solo sostantivo ( profeta, fantasma) ed è citato una sola volta mentre in Gv 1,1 sono presenti due sostantivi.( Dio e Logos) e sono citati almeno più di una volta: In principio era il Logos e il Logos era presso Dio e il Logos era Dio.
Quindi, tornando al testo, la traduzione corretta di "o theòs" non può prescindere dall'analisi di due frasi e precisamente: "In principio era" e "tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste.”
Lasciando perdere il discorso trinitario, che Cristiano continua ad attribuirmi ma che io non ho mai tirato in ballo, leggendo tutto il contesto bisogna per forza di cose convenire che:
1) il Logos ha una natura ( non solo una qualità)  divina… Proprio come Dio ha una natura divina
2) il Logos esiste da prima della creazione…. Proprio come esiste Dio
3) il Logos crea tutto… proprio come Dio ha creato tutto.
Solo Dio può essere eterno,increato e creatore. E queste sono anche le caratteristiche del Logos, come ho già messo in evidenza nel mio post n.75 che non ha ancora avuto risposta. Almeno non nelle parti di analisi del testo greco. Credo, invece, che dovremmo puntare proprio su quelle per arrivare alla piena comprensione del testo.

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Consiglia  Messaggio 7 di 7 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 27/02/2003 20.36
Il significato di IN PRINCIPIO:    (EN ARCHE')

Per quanto riguarda la parola greca archè, viene usata in diversi sensi nel N.T.; secondo il lessico di Thayer che i TdG ritengono autorevole, (arché) significa anche il mezzo per il quale una qualsiasi cosa ha inizio, l'origine, la causa attiva". (Cfr. Achille AVETA, I Testimoni di Geova, un'ideologia che logora, ed. Deboniane, Roma, 1990, pag. 119.)

Inoltre Eb. 7,3 conferma il fatto che Gesù non ebbe principio; l'autore paragona Melchisedec a Cristo, definendolo uno "senza principio".

Stando alle affermazioni del geovismo, "principio della creazione di Dio" (Ap. 3,14) vorrebbe dire: primo di una serie di cose create in quanto "arché" usato da Giovanni più di venti volte, vuol dire sempre "principio", prima cosa creata.

Ma quando "arché" è applicato a Dio, non potrà mai avere il significato di prima cosa creata, ma semplicemente il principiatore, la causa di qualcosa.

Nella maggior parte dei casi in cui Giovanni usa "arché" significa: il punto,iniziale del tempo. Non c'entra affatto l'idea di prima cosa di una serie. I passi sono: Gv. 1, 1-2; 6,64; 8,44; 15,27; 16,4; 1Gv. 1,1; 2,7.13.14.24; 3,8 11; 2Gv. vs. 5.6.

Tre volte nell'Apocalisse "archè" è riferito a Dio come a causa di qualcosa (Ap. 1,8; 21,6; 22,13;).

C'è da ritenere che almeno in questi passi il geovismo vorrà negare che "arché" significhi prima cosa di una serie di altre cose. Dio è il principiatore, causa agente ed il fine delle cose, causa finale.

Quindi dei cosiddetti più di venti casi in cui è usato "arché" la parola non ha il significato datole dal geovismo.

C'è un solo caso in cui è presente l'interpretazione: Gv. 2,11.

Inoltre, "arché" non significa solo principio, ma anche dominatore, re, governatore, padrone.

Quando "arché" nel N.T. è applicato ad una persona, quasi sempre ha il significato di: padrone di una certa cosa. In particolare il plurale "archè" è frequente, ed è di solito tradotto: Principati o qualcosa di simile (Lc. 12,11; Rm. 8,38; Ef 3,10; 6,12; Col. 1, 16; 2,15; Tito 3,1;). Due volte è usato al singolare col

significato di "dominio" (Lc. 20,20; Giuda 6). Tre volte è usato nel significato di "tutto il dominio", oppure "ogni dominatore" (1 Cor. 15,24; Ef .21; Col. 2,10;).

Inoltre in Col. 1,18, unico altro luogo nel N.T. dove Gesù è chiamato "arché", anche se la traduzione comune è "principio", quel "principio" ha il significato quasi certo di "dominatore, padrone". Questo perché in quel contesto (1,16; 2,10- 15) il plurale "archai" appare con il significato di "dominatori" ed anche perché

Col. 1,18 è certamente parallelo ad Ap. 1,5 dove Gesù è "il dominatore" dei re della terra.

Ma "arché" può significare anche "sorgente", "causa", "origine", specialmente quando "arché" è usato in riferimento alla creazione del mondo. E' il caso di Ap. 1, 8; 21,6; 22,13; dove Dio è chiarnato "principio e fine di tutte le cose".

Dio è colui che da' origine al creato e che lo consuma.

Egli è la prirna causa e la causa finale di tutto.

Quindi "arché" non significa in Gv. 1,1 "prima cosa creata" come erroneamente sostiene il geovismo.(Cfr. Perché dovreste credere nella Trinità?, op. cit. pag. 69.)

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