Giov,6,63 "...la carne non giova a nulla..."

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°Teofilo°
00venerdì 24 luglio 2009 18:59

 Gv.6,63:

"la carne non giova a nulla, è lo Spirito che vivifica".

Chi vuole azzerare il significato dei versetti 51-58 si serve del verso 63 dicendo che le parole del Signore vanno intese in senso solo spirituale perché le parole "carne non giova a nulla" sarebbero da riferire a quella carne di cui poco prima Gesù aveva detto: "Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non ha la vita".


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Consiglia  Messaggio 2 di 3 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 26/05/2003 17.04

Per comprendere queste parole senza stravolgere l'intero brano, entrando quindi in collisione sia con tutto il discorso che lo precede che con lo scandalizzarsi dei discepoli subito dopo, si possono interpretare come segue:

la mia carne non giova a nulla se non fosse vivificato dallo Spirito . Le mie parole hanno la potenza dello Spirito e della vita.

Alcuni commentatori preferiscono quest'altra interpretazione:

la vostra mente carnale non giova a nulla, perchè occorre essere vivificati dallo Spirito per comprendere le parole di spirito e vita che vi ho detto.

Entrambe le interpretazioni sono possibili e non stravolgono il contesto dell'intera questione.

La Scrittura ha diversi livelli di significato; tra i principali vi è quello letterale, quello allegorico, e quello spirituale.

Quando si interpreta un brano però occorre sempre dare in prima istanza il rilievo alla parte esplicitata letteralmente, almeno quando non si tratti di parabole, e poi anche il giusto rilievo agli altri significati altrimenti si rischia di tradire la Scrittura col pretesto di dare interpretazioni "spirituali" ma che non sono in armonia col significato concreto ed immediato espresso nel testo. La Scrittura è come un corpo ben compaginato e connesso e bisogna tener conto sempre di tutti gli aspetti di cui essa è composta

E poi chi garantisce che quella interpretazione pretesa come "spirituale" sia proprio tale, dal momento soprattutto che altri rivendicano di dare interpretazioni "spirituali" e che divergono tra di loro?

E’ proprio il caso dell’argomento che stiamo trattando; tutto il brano di Gv.6 ,51-58 parla della "mia carne" e del "mio sangue" come cibo e bevanda di vita eterna.

Ma bisogna chiedersi di quale cane sta parlando in questo versetto; Tenendo presente che mi rivolgo ad interlocutori non cattolici, evito di citare esegesi cattoliche. Mi limito perciò a riportare qui la traduzione del verso di Gv 6,63 fatta nella versione INTERCONFESSIONALE della Bibbia in lingua corrente. Ecco come risulta la traduzione:

Soltanto lo Spirito di Dio dà la vita, l’uomo da solo non può far nulla. Le parole che vi ho detto hanno la vita perché vengono dallo Spirito di Dio.

Appare evidente che i traduttori sia cattolici che evangelici hanno reso questa espressione in un modo molto attinente al senso, al contesto e all’uso dei termini nell’ambito della Scrittura, nel rispetto delle regole di una buona traduzione. Qui il termine "carne" usato nel verso 63, significa l’uomo carnale, terreno; ed è ben diverso rispetto al termine "la mia carne" usato 6 volte nel testo 51-58, dove la "mia carne" è direttamente collegato al testo giovanneo "la Parola si è fatta carne". Se, infatti, la carne non giovasse nulla, il Verbo non si sarebbe fatto carne, per abitare fra noi. Se tanto ci ha giovato il Cristo mediante la carne, come si può dire che la carne non giova nulla? Ma è lo Spirito che mediante la carne ha operato la nostra salvezza.

Quindi, l’uomo carnale, la mente carnale, non giova a nulla: quello che conta sono le parole di Gesù perché hanno la potenza dello Spirito, e possono quindi attuare quello che Egli ha detto nel discorso precedente. Che viene perciò ancor più convalidato: questo spiega infatti il comportamento conseguente dei discepoli che lasciarono Gesù.

Questa è l’interpretazione spirituale e non è in antitesi con quella letterale.


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Consiglia  Messaggio 3 di 3 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 26/05/2003 17.06
Dal commento a Giovanni 6 di S.Agostino

Abbiamo ascoltato dal Vangelo le parole del Signore, che fanno seguito al discorso precedente. Ora, su questo tema del corpo del Signore, che egli diceva di voler offrire come cibo per la vita eterna, ci sembra doveroso da parte nostra, e oggi quanto mai opportuno, esporre alle vostre orecchie e alle vostre menti qualche riflessione. Ci ha spiegato come farà a distribuire questo suo dono, in che modo cioè ci darà la sua carne da mangiare, dicendo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui (Gv 6, 57). ..Ma molti dei presenti non compresero e si scandalizzarono: ascoltando tali parole non riuscivano ad avere se non pensieri secondo la carne, ciò che essi stessi erano.

…Che significano le parole che seguono: E' lo Spirito che vivifica, la carne non giova nulla? Egli ci consente di rivolgerci a lui, non per contraddirlo ma nel desiderio di apprendere: O Signore, maestro buono, come è possibile che la carne non giovi nulla, quando tu hai dichiarato: Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà in sé la vita (Gv 6, 54)? Forse che la vita non serve a nulla? E perché allora siamo ciò che siamo, se non per avere la vita eterna, che tu prometti di darci mediante la tua carne? In che senso allora la carne non giova nulla? Non giova nulla la carne nel senso in cui costoro la intesero: essi la intesero nel senso della carne morta fatta a pezzi, come si vende al macello, non nel senso della carne vivificata dallo Spirito. E' detto che la carne non giova nulla, come è detto che la scienza gonfia. Dobbiamo allora odiare la scienza? Niente affatto! In che senso la scienza gonfia? Quando è sola, senza la carità. Infatti l'Apostolo aggiunge: mentre la carità edifica (1 Cor 8, 1). Alla scienza unisci la carità, e la scienza ti sarà utile, non da sé sola, ma a motivo della carità. Così anche in questo caso: la carne non giova nulla, cioè la carne da sola; se però, alla carne si unisce lo spirito, allo stesso modo che alla scienza si unisce la carità, allora gioverà moltissimo. Sono stati mandati gli Apostoli: forse che la loro carne non ci ha giovato? E se ci ha giovato la carne degli Apostoli, poteva non giovarci la carne del Signore? Come è giunto a noi il suono della loro parola, se non mediante la voce della carne? E come ha potuto essere composta la Scrittura? Tutto ciò è opera della carne, guidata però, come suo strumento, dallo spirito. E' lo Spirito - dunque - che vivifica, la carne non giova nulla, ma nel senso che quelli la intesero, non nel senso in cui io do da mangiare la mia carne.

[Amare l'unità.]

…E' lo Spirito - dunque - che vivifica: lo Spirito, infatti, fa vivere le membra. Ma lo Spirito non fa vivere se non le membra che trova nel corpo che esso anima. Lo spirito che è in te, o uomo, lo spirito che ti fa essere uomo, fa vivere forse un membro che trova separato dal tuo corpo? Dico il tuo spirito per dire la tua anima: la tua anima fa vivere soltanto le membra che compongono il tuo corpo; se un membro viene amputato, non è più vivificato dalla tua anima, perché non appartiene più all'unità del tuo corpo. Queste considerazioni devono ispirarci amore per l'unità e orrore per la separazione. Niente deve temere un cristiano, quanto l'essere separato dal corpo di Cristo. ..

Caterina63
00domenica 19 agosto 2012 21:13


Il Papa: Gesù non cercava consensi per conquistare Gerusalemme; anzi, alla Città santa voleva andarci per condividere la sorte dei profeti: dare la vita per Dio e per il popolo. Quei pani, spezzati per migliaia di persone, non volevano provocare una marcia trionfale, ma preannunciare il sacrifico della Croce, in cui Gesù diventa Pane, corpo e sangue offerti in espiazione



ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA


Vedi anche:

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Il Papa: Gesù, Pane di vita, non era un Messia che aspirasse a un trono terreno (AsiaNews)

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Il Papa: “Gesù non cercava consensi”

Il Papa: Gesù non è venuto per attirare consensi, ma insegnarci a scegliere l'amore che si dona (Ambrogetti)

Il Papa: Gesù non cercava consensi né marce trionfali. Benedetto XVI invia un saluto al Patriarca Kirill ed incoraggia il dialogo sui valori (Izzo)

Le tv cattoliche si sono collegate per l'Angelus quando il Papa era già sul balcone. Beh...


LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 19.08.2012


Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS


Cari fratelli e sorelle!
 
Il Vangelo di questa domenica (cfr Gv 6,51-58) è la parte finale e culminante del discorso fatto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, dopo che il giorno precedente aveva dato da mangiare a migliaia di persone con soli cinque pani e due pesci.

Gesù svela il senso di quel miracolo, e cioè che il tempo delle promesse è compiuto: Dio Padre, che con la manna aveva sfamato gli Israeliti nel deserto, ora ha mandato Lui, il Figlio, come vero Pane di vita, e questo pane è la sua carne, la sua vita, offerta in sacrificio per noi. Si tratta dunque di accoglierlo con fede, non scandalizzandosi della sua umanità; e si tratta di «mangiare la sua carne e bere il suo sangue» (cfr Gv 6,54), per avere in se stessi la pienezza della vita. E’ evidente che questo discorso non è fatto per attirare consensi. Gesù lo sa e lo pronuncia intenzionalmente; e infatti quello fu un momento critico, una svolta nella sua missione pubblica.


 La gente, e gli stessi discepoli, erano entusiasti di Lui quando compiva segni prodigiosi; e anche la moltiplicazione dei pani e dei pesci era una chiara rivelazione che Egli era il Messia, tant’è che subito dopo la folla avrebbe voluto portare Gesù in trionfo e proclamarlo re d’Israele.

 Ma non era questa la volontà di Gesù, che proprio con quel lungo discorso smorza gli entusiasmi e provoca molti dissensi. Egli, infatti, spiegando l’immagine del pane, afferma di essere stato mandato ad offrire la propria vita, e chi vuole seguirlo deve unirsi a Lui in modo personale e profondo, partecipando al suo sacrificio di amore.
Per questo Gesù istituirà nell’ultima Cena il Sacramento dell’Eucaristia: perché i suoi discepoli possano avere in se stessi la sua carità - questo è decisivo - e, come un unico corpo unito a Lui, prolungare nel mondo il suo mistero di salvezza.


 Ascoltando questo discorso la gente capì che Gesù non era un Messia come lo volevano, che aspirasse ad un trono terreno.
 Non cercava consensi per conquistare Gerusalemme; anzi, alla Città santa voleva andarci per condividere la sorte dei profeti: dare la vita per Dio e per il popolo. Quei pani, spezzati per migliaia di persone, non volevano provocare una marcia trionfale, ma preannunciare il sacrifico della Croce, in cui Gesù diventa Pane, corpo e sangue offerti in espiazione. Gesù dunque fece quel discorso per disilludere le folle e, soprattutto, per provocare una decisione nei suoi discepoli. Infatti, molti tra questi, da allora, non lo seguirono più.

 Cari amici, lasciamoci anche noi nuovamente stupire dalle parole di Cristo: Egli, chicco di grano gettato nei solchi della storia, è la primizia dell’umanità nuova, liberata dalla corruzione del peccato e della morte.
E riscopriamo la bellezza del Sacramento dell’Eucaristia, che esprime tutta l’umiltà e la santità di Dio: il suo farsi piccolo, Dio si fa piccolo, frammento dell’universo per riconciliare tutti nel suo amore.

La Vergine Maria, che ha dato al mondo il Pane della vita, ci insegni a vivere sempre in profonda unione con Lui.

 


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