Per comprendere queste parole senza stravolgere l'intero brano, entrando quindi in collisione sia con tutto il discorso che lo precede che con lo scandalizzarsi dei discepoli subito dopo, si possono interpretare come segue:
la mia carne non giova a nulla se non fosse vivificato dallo Spirito . Le mie parole hanno la potenza dello Spirito e della vita.
la vostra mente carnale non giova a nulla, perchè occorre essere vivificati dallo Spirito per comprendere le parole di spirito e vita che vi ho detto.
Entrambe le interpretazioni sono possibili e non stravolgono il contesto dell'intera questione.
La Scrittura ha diversi livelli di significato; tra i principali vi è quello letterale, quello allegorico, e quello spirituale.
Quando si interpreta un brano però occorre sempre dare in prima istanza il rilievo alla parte esplicitata letteralmente, almeno quando non si tratti di parabole, e poi anche il giusto rilievo agli altri significati altrimenti si rischia di tradire la Scrittura col pretesto di dare interpretazioni "spirituali" ma che non sono in armonia col significato concreto ed immediato espresso nel testo. La Scrittura è come un corpo ben compaginato e connesso e bisogna tener conto sempre di tutti gli aspetti di cui essa è composta
E poi chi garantisce che quella interpretazione pretesa come "spirituale" sia proprio tale, dal momento soprattutto che altri rivendicano di dare interpretazioni "spirituali" e che divergono tra di loro?
E’ proprio il caso dell’argomento che stiamo trattando; tutto il brano di Gv.6 ,51-58 parla della "mia carne" e del "mio sangue" come cibo e bevanda di vita eterna.
Ma bisogna chiedersi di quale cane sta parlando in questo versetto; Tenendo presente che mi rivolgo ad interlocutori non cattolici, evito di citare esegesi cattoliche. Mi limito perciò a riportare qui la traduzione del verso di Gv 6,63 fatta nella versione INTERCONFESSIONALE della Bibbia in lingua corrente. Ecco come risulta la traduzione:
Soltanto lo Spirito di Dio dà la vita, l’uomo da solo non può far nulla. Le parole che vi ho detto hanno la vita perché vengono dallo Spirito di Dio.
Appare evidente che i traduttori sia cattolici che evangelici hanno reso questa espressione in un modo molto attinente al senso, al contesto e all’uso dei termini nell’ambito della Scrittura, nel rispetto delle regole di una buona traduzione. Qui il termine "carne" usato nel verso 63, significa l’uomo carnale, terreno; ed è ben diverso rispetto al termine "la mia carne" usato 6 volte nel testo 51-58, dove la "mia carne" è direttamente collegato al testo giovanneo "la Parola si è fatta carne". Se, infatti, la carne non giovasse nulla, il Verbo non si sarebbe fatto carne, per abitare fra noi. Se tanto ci ha giovato il Cristo mediante la carne, come si può dire che la carne non giova nulla? Ma è lo Spirito che mediante la carne ha operato la nostra salvezza.
Quindi, l’uomo carnale, la mente carnale, non giova a nulla: quello che conta sono le parole di Gesù perché hanno la potenza dello Spirito, e possono quindi attuare quello che Egli ha detto nel discorso precedente. Che viene perciò ancor più convalidato: questo spiega infatti il comportamento conseguente dei discepoli che lasciarono Gesù.
Questa è l’interpretazione spirituale e non è in antitesi con quella letterale.