Giovanni XXIII il Papa del Concilio

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Caterina63
00lunedì 15 dicembre 2008 10:54
 
BEATO GIOVANNI XXIII.
Angelo Giuseppe nacque il 25 novembre 1881 a Sotto il Monte, 16 Km a sud ovest di Bergamo.
Il 12 gennaio 1953 il Nunzio Angelo Giuseppe Roncalli fu creato cardinale da Pio XII e nominato Patriarca di Venezia. Il programma del suo servizio di pastore, espresso nella prima omelia in S. Marco, dimostra lo spirito che lo animava. Disse ai veneziani: "Voglio essere vostro fratello, amabile, accostevole, comprensivo". Non acquistò né un motoscafo né una gondola continuando la tradizione dei Patriarchi. Per spostarsi in laguna usò i mezzi pubblici. Si diceva a Venezia di lui: "Ognuno che l’incontra per le calli rimane con l’impressione precisa che il Patriarca abbia per lui un’attenzione tutta particolare".


ELEZIONI E PONTIFICATO

Il 28 ottobre 1958 a 77 anni, con sorpresa di tutti per la sua avanzata età, Roncalli venne eletto Papa e assunse il nome di suo padre, del patrono del suo paese natale e dell’evangelista della carità: Giovanni. Iniziò subito un modo nuovo di fare il Papa mosso dalla sua fede e dal suo felice temperamento. A nemmeno due mesi dalla sua elezione diede l’esempio di praticare le opere di misericordia corporali: a Natale visitò i bambini ammalati all’Ospedale romano del Bambin Gesù, ed il giorno seguente andò a trovare i detenuti del carcere romano di Regina Coeli. Tre mesi dopo la sua elezione il 25 gennaio 1959 nella Basilica di S Paolo, tra la generale sorpresa, annunciò il Concilio Ecumenico Vaticano II, il I Sinodo della Diocesi di Roma e la revisione del Codice di Diritto Canonico. Durante il suo pontificato,in tre Concistori, nominò 37 nuovi cardinali tra cui, per la prima volta, un tanzaniano, un giapponese, un filippino e un messicano. Fu il primo Papa, dopo il 1870, che esercitò anche direttamente il suo ministero di Vescovo di Roma andando personalmente a visitare le parrocchie. Il 4 ottobre 1962 compì il pellegrinaggio in treno a Loreto e ad Assisi pregando e facendo pregare per l’imminente Concilio. Fu la prima uscita di un Papa fuori del Lazio dopo l’annessione di Roma allo Stato italiano nel 1870.

IL CONCILIO

L’11 Ottobre 1962 papa Roncalli inaugurò in S. Pietro il Concilio Vaticano II indicando un preciso orientamento degli scopi: non definire nuove verità o condannare errori, ma: rinnovare la Chiesa per renderla più santa e quindi più adatta ad annunciare il Vangelo ai contemporanei; ricercare le vie per l’unità delle Chiese cristiane; rilevare ciò che c’è di buono nella cultura contemporanea aprendo una nuova fase di dialogo col mondo moderno, cercando innanzitutto "ciò che unisce invece di ciò che divide".

INIZIA LA NUOVA ERA ECUMENICA




UDIENZA AL GENERO DI KRUSCEV

Il 7 marzo 1963 prese il coraggio d’iniziare il disgelo con l’Unione Sovietica ricevendo personalmente il genero di Kruscev, Alexei Adjubei, con la moglie. Alla fine dell’incontro disse al suo segretario: "Può essere una delusione, oppure un filo misterioso della Provvidenza che io non ho il diritto di rompere". La storia ha dimostrato la presenza di quel filo.

L’ENCICLICA PACEM IN TERRIS

L’11 aprile 1963 papa Roncalli pubblica l’Enciclica "Pacem in terris" indirizzata per la prima volta non ai soli cattolici ma "a tutti gli uomini di buona volontà", e che fu ritenuta datutti, anche non cristiani, come l’espressione migliore, nella situazione del mondo contemporaneo, delle vie per alimentare le speranze di pace e di solidarietà di tutto il genere umano. Fu messa negli archivi delle Nazioni Unite a New York.






PREMIO INTERNAZIONALE PER LA PACE

Il 10 maggio 1963 al Papa Bergamasco venne consegnato in Vaticano il premio internazionale Balzan per la pace come riconoscimento per la sua intensa attività per evitare i conflitti e segnalare all’umanità il cammino per la pacifica convivenza dei popoli.


(Giovanni XXIII visita gli scavi nelle grotte vaticane)


Con il suo successore, Giovanni Montini, futuro Paolo VI

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LA SUE ENCICLICHE ALL'INTERNO DEL CONCILIO VATICANO II


Caterina63
00domenica 8 febbraio 2009 14:27
La profonda venerazione di Giovanni XXIII per la memoria di Pio IX

Alla grande impresa del Vaticano II
guardando al Papa del Vaticano I



di Pietro Messa

Un aspetto poco considerato, per non dire dimenticato, di Giovanni XXIII è il suo amore per Giovanni Maria Mastai Ferretti. Fin da piccolo Angelo Giuseppe Roncalli, era stato devoto a Pio IX grazie al prozio Zaverio, il suo educatore, il quale possedeva una biografia popolare del Pontefice che era morto soltanto da tre anni quando, il 25 novembre 1881, nacque Papa Giovanni.

Successivamente don Angelo Roncalli fu per dieci anni segretario di monsignor Giacomo Radini Tedeschi, il vescovo di Bergamo, anch'egli fervido ammiratore di Pio IX, come testimonia il discorso tenuto a Roma nella chiesa di Sant'Ignazio nel 1894, nel commemorare il centenario della nascita di Giovanni Maria Mastai Ferretti; in cui tra l'altro - con un linguaggio proprio del tempo - affermò:  "Commemorare un grande, al cospetto di chi vivente lo conobbe sì bene, e tanto lo venerò ed amò; dopo che degne ed eloquenti labbra ne dissero splendido e commovente sulla tomba l'elogio; quando vivo e parlante quasi sta ancora in mezzo a mille cuori, che ne ricordano le angeliche virtù, le amabili sembianze, il cuore amanti di padre e di re, è compito soprammodo sgradevole.
Ti avessi almeno potuto conoscere o Pio IX!
Come ti venerai da lungi, e come fosti visione incantevole de' miei primi anni, e palpito tenerissimo del mio cuore, e ideale di Pontefice e sovrano; avessi potuto il bacio mio stampare sulla tua destra benedicente, sul piede a te che evangelizzavi la pace e il bene, sul tuo labbro anzi su cui errava eterno il sorriso e dal quale sgorgava l'accento della verità e della vita!".

La stessa ammirazione per Pio IX fu testimoniata dall'ormai cardinal Angelo Roncalli allorquando si trovò ad essere patriarca di Venezia e il 16 ottobre 1958, nell'imminenza del conclave, si recò al Verano presso la tomba dei suoi antichi superiori del seminario romano e nella basilica di San Lorenzo per pregare davanti all'ipogeo di Pio IX.

Soltanto due mesi dopo la sua elezione al Soglio Pontificio, in un biglietto autografo, così scrisse a monsignor Alberto Canestri:  "Vaticano 12 gennaio 1959. Saluto di cuore il rev.mo mons. Alberto Canestri, di cui ho letto il discorso "Coscienza di un Papa dell'Ottocento". So della sua validissima cooperazione alla causa di beatificazione di Pio IX di cui mi compiaccio assai. Intanto, umilmente, ma fervidamente benedico la sua persona che sarò ben lieto di accogliere in udienza e lo incoraggio per la santa impresa che mi sta molto a cuore, come questa della glorificazione di Pio IX".

Dopo essersi interessato più volte della glorificazione di Papa Mastai, il 31 agosto 1962 Papa Giovanni andò perfino di persona a trovare monsignor Alberto Canestri, postulatore della causa di beatificazione di Pio IX.

Nella solennità dell'Immacolata del 1960, dopo la sosta devozionale alla colonna di piazza di Spagna, durante la celebrazione mariana a Santa Maria Maggiore, Giovanni XXIII esprimeva tutta la sua ammirazione per il predecessore:  "In questo otto dicembre, che tutti gli anni ricorda la solenne e più che centenaria proclamazione del domma soave e luminoso dell'Immacolata, il pensiero nostro corre spontaneamente a colui, che di esso fu la voce autorevole, l'infallibile oracolo. La soave figura del nostro predecessore Pio IX, di grande, di santa memoria, ci è particolarmente venerata e cara, perché egli nutrì per la Vergine un amore tenerissimo e si applicò fin dai giovani anni allo studio ed alla penetrazione del privilegio dell'immacolato concepimento di Maria Santissima. Risalendo a ritroso dei secoli egli amò avvolgersi nello stesso mantello di gloria di cui si ornarono tanti suoi illustri antecessori nel romano pontificato, nelle ripetute testimonianze di devozione e di amore a Maria, che il popolo romano riconosce ufficialmente quale sua salute invocata e benedetta, salus populi romani, e che tutto il mondo acclama, del cielo e della terra regina (...). Come la sua figura si leva alta e indicatrice davanti a noi! e ci propone la via giusta, noi ci teniamo con l'aiuto di Dio ad imitarlo e lo imiteremo nel proseguire il nostro apostolico ministero. Dalla contemplazione della figura mite e forte di Pio IX, prendiamo ispirazione per inoltrarci di buon passo nella grande impresa, del concilio Vaticano II, che ci sta innanzi".

Pochi giorni prima, commentando gli atti del primo sinodo diocesano - che aveva annunciato il 25 gennaio 1959 assieme al concilio - riferendosi a se stesso affermò:  "Da mesi, il Papa dà alcune delle sue ore subsescivae alla storia degli ultimi concilii, con speciale riferimento al Vaticano I; ed in questa giornata, sentendo intorno alla nostra umile persona gli echi di tante buone parole di augurio per la continuazione della lunga vita che il Signore ci ha concesso, pensiamo al venerato predecessore Pio IX di gloriosissima e santa memoria, che appunto all'età nostra esatta, sul finire del suo 79° anno, e sull'inizio dell'anno 80°, come accade a noi in quest'ora, si accingeva alla apertura immediata del Concilio Vaticano, che tanto beneficio nell'ordine spirituale e pastorale doveva apportare e portò alla Chiesa cattolica nel mondo intero".

Successivamente il 6 settembre 1961 rivolgendosi ad un gruppo di fedeli provenienti dalle Marche, precisamente dal paese natale di Papa Mastai Ferretti, Papa Giovanni affermò:  "I pellegrini di Senigallia vantano una gloria specialissima:  Pio IX. E il vecchio Pio IX deve tornare a farsi vedere. Il pensiero va spesso a questo insigne servo di Dio e non è disgiunto dal desiderio per una sua glorificazione, riconosciuta anche sulla terra. Ci sarà il concilio Vaticano II, il quale non può, in qualche modo, non riallacciarsi al concilio Vaticano I, voluto e aperto da Pio IX. Chissà che in tale circostanza non ci sia pure l'auspicabile gaudio di vedere Pio IX oggetto di particolare venerazione". Già il 25 agosto 1959 a Genazzano nel santuario della Madonna del Buon Consiglio espresse il suo desiderio di beatificare Pio IX:  "Pio IX:  ecco un nuovo motivo di preghiera al Signore perché, se a lui piacerà, si degni di affrettare il giorno della glorificazione anche in terra del grande e venerato Pontefice".

Il 22 agosto  1962  riferendosi a Pio IX durante un'udienza pubblica esclamò:  "Eccelsa e nobile figura di pastore, del quale fu anche scritto, nell'avvicinarlo all'immagine di Nostro Signore Gesù Cristo, che nessuno fu più di lui amato e odiato dai contemporanei. Ma le sue imprese, la sua dedizione alla Chiesa rifulgono oggi più che mai; unanime è l'ammirazione:  mi conceda il Signore il grande dono di poter decretare gli onori dell'altare, durante lo svolgimento del XXI Concilio ecumenico a colui che indisse e celebrò il XX, il Vaticano I".

Non solo Papa Giovanni ammiratore di Pio IX, ma anche fautore della sua beatificazione durante il concilio Vaticano II! Tanto che nella sua agenda, il 23 novembre, con l'elenco delle persone ricevute scrive:  "Padre Ferdinando Antonelli. (...) Lo interessai vivamente per il processo di beatificazione del Santo Padre Pio IX". Questa ammirazione si riscontra soprattutto ne Il Giornale dell'Anima in cui Giovanni XXIII espresse le cose che gli stavano più a cuore; in esso nel raccoglimento di un ritiro spirituale del 1959 scrisse:  "Io penso sempre a Pio IX di santa e gloriosa memoria:  ed imitandolo nei suoi sacrifici vorrei essere degno di celebrarne la canonizzazione". In una sua invocazione Giovanni esclama:  "Oh! grande Pio IX, amabile e forte, custode inflessibile della verità, e previdente apostolo dei tempi moderni! Quale esempio continua a darci di vera grandezza, di costanza tenace, di illuminata prudenza, a conforto e incoraggiamento delle nostre umili, ma generose intraprese!".



(©L'Osservatore Romano - 8 febbraio 2009)
Caterina63
00sabato 13 febbraio 2010 22:28

SOLENNITÀ DI PENTECOSTE - PREPARAZIONE DEL
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II

OMELIA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI XXIII*

Basilica Vaticana
Domenica, 5 giugno 1960


 

Venerabili Fratelli e diletti figli!

MOTIVI DI PENA
E DI GIOIA

La Nostra prima Pentecoste, celebrata lo scorso anno qui a San Pietro, Ci aveva offerto l'occasione di esprimere motivi di pena e motivi di gioia. Motivi di pena nel ricordo delle condizioni umilianti e sempre più insidiose, create dai nemici del nome cristiano contro la libertà religiosa dei cattolici — vescovi, clero, fedeli — in alcune nobili e grandi Nazioni.

Motivi di gioia per l'inizio degli studi della Commissione Antipreparatoria del Concilio Ecumenico Vaticano II, che era stata in progetto fin dal 25 di gennaio, confidato ai Signori Cardinali in quel giorno, convenuti come erano con Noi, presso la tomba del glorioso Apostolo delle Genti.

In questo pomeriggio della seconda Pentecoste, che il Signore Ci concede di festeggiare, le prove dolorose della S. Chiesa continuano, ad esercizio di grande pazienza, per i tanti Nostri fratelli e figliuoli lontani, a cui ogni giorno va il Nostro pensiero. Né minor pena Ci arrecano il turbamento e le incertezze della presente situazione internazionale. Ma non meno grande è la consolazione: anzi, questa si accresce della grazia dello Spirito Santo, che Ci fa gustare la felice risposta, già venutaCi da tutti i punti della terra, in seguito alla Nostra prima esplorazione, circa la opportunità, la orientazione, il contenuto, i vantaggi e le speranze, che la celebrazione del Concilio Ecumenico offre a beneficio di tutto il popolo cristiano.

Si direbbe in verità che un'altra volta Paolo e Barnaba, arricchiti di esperienza circa le condizioni delle varie Chiese da loro visitate, siano tornati fra noi, qui alla città di Pietro, la Gerusalemme terrestre, e continuino ad allietarCi con le informazioni più sicure e promettenti, facientes gaudium magnum omnibus fratribus [1].

IL CONCILIO ECUMENICO -
SUO SVOLGIMENTO IN QUATTRO TEMPI

Della felicità di questo primo assaggio potemmo dare comunicazione — pochi giorni or sono — ai Nostri venerabili Fratelli i Signori Cardinali, componenti il Sacro Collegio, sempre così amabilmente uniti alle Nostre sollecitudini pastorali: e Ci sentiamo incoraggiati a procedere animosamente, sotto gli auspici e per la grazia del Divino Spirito, al passaggio da una Commissione Antipreparatoria e di generale e minuta preinformazione, quale la vedemmo operare finora, alla costituzione di una Commissione Preparatoria, a cui verrà affidato il compito più grave ed importante di tutto disporre e condurre a concreta realizzazione.

Non sono superflue su questo punto alcune informazioni che amiamo comunicarvi con semplicità. Vi diciamo dunque : che un Concilio Ecumenico si svolge in quattro tempi.

1. Una introduzione, o presa di posizione, antipreparatoria e generale: quella fatta sin qui;

2. Una preparatoria propriamente detta: quella che ora si annunzia;

3. La celebrazione dell'augusto e generale convegno: il Concilio nella sua più splendente solennità;

4. Infine, la promulgazione degli Acta Concilii: cioè di quanto si è convenuto di constatare, di dichiarare e di proporre in ordine e a sviluppo di pensiero e di vita, a progressiva elevazione di spirito e di attività, a glorificazione di Vangelo di Cristo, applicato e vissuto nella Santa Chiesa sua.

Del primo tempo — la antipreparazione già avvenuta — voi aveste, venerabili Fratelli e diletti figli, già un saggio nel Motu Proprio comunicatovi ieri sera, nella grande vigilia di Pentecoste: rivelazione di un lavoro condotto con riverente riservatezza, ma riuscito a ricca e consolante constatazione di situazioni personali e locali ben precisate, o felicemente avvistate.

Il secondo tempo che ora si apre, Ci pone innanzi alla costituzione di parecchie Commissioni di lavoro Conciliare, di carattere saggiamente riservato, ma di importanza sostanziale, di impegno grave e sacro specialmente per quante energie saranno chiamate a cooperarvi, qui in Roma e da tutti i punti più lontani della terra, dove la Chiesa Santa di Gesù allarga i suoi vasti padiglioni, o deve limitarsi ancora ad umili tende.

Ciascuna di queste Commissioni — per intanto una diecina e gli speciali Segretariati da costituirsi eventualmente in seguito — verrà presieduta da un Cardinale: ed è chiamata a svolgere il suo lavoro, in perfetto riferimento alla Commissione Centrale. Questa ha al suo vertice il Papa, Vescovo di Roma, e Capo della Chiesa universale, a Cui compete, nomine et facto, la presidenza e la più alta direzione del Concilio, in esercizio, direbbe San Gregorio Magno, del titolo tanto celebre e pur così umile di Servus Servorum Dei della più augusta tradizione.

Il terzo tempo, cioè la celebrazione ufficiale del Concilio qui al Vaticano, sarà senza dubbio lo spettacolo più commovente e più solenne, offerto mundo et angelis et hominbus [2]. Ma la data della sua celebrazione dipenderà dalla misura e dal progresso della preparazione del secondo tempo, che ora si inizia.

Al quarto tempo, il definitivo, il più pratico e fruttuoso, appartiene la promulgazione degli « Atti Conciliari », cioè le Costituzioni in cui sarà contenuta la lex credendi, la lex supplicandi, la lex vivendi.

DUE PUNTI DEGNI DI RILIEVO -
DISTINZIONE E CATTOLICITÀ

A proposito di questo lavoro Conciliare, occorre segnare due punti degni di rilievo.

Primo. – Il Concilio Ecumenico ha una sua propria struttura ed organizzazione, che non può essere confusa con la funzione ordinaria e caratteristica dei vari Dicasteri o Congregazioni, che costituiscono la Curia Romana, la quale procede, anche durante il Concilio, secondo il corso ordinario delle sue consuete attribuzioni di amministrazione generale della S. Chiesa. Distinzioni dunque precise: altro è il governo ordinario della Chiesa di cui si occupa la Curia Romana, ed altro il Concilio. Questo però non esclude, volta per volta, una cooperazione di illuminata saggezza da parte di ecclesiastici, invitati in vista di una loro personale competenza ben riconosciuta e apprezzata.

Secondo punto. – Il Concilio Ecumenico risulterà dalla presenza e partecipazione di Vescovi e Prelati che saranno la viva rappresentanza della Chiesa Cattolica, sparsa nel mondo intero. Alla preparazione del Concilio darà prezioso contributo una accolta di persone dotte, competentissime, di ogni regione e di ogni lingua. É questo ormai un principio entrato nello spirito di ogni fedele, appartenente alla Santa Chiesa Romana: di essere cioè e di ritenersi veramente, in quanto cattolico, cittadino del mondo intero, così come Gesù del mondo intero è l'adorato Salvatore: Salvator mundi. Un buon esercizio di vera cattolicità è questo, di cui tutti i cattolici devono rendersi conto e farsi come un precetto a luce della propria mentalità, e a direzione della propria condotta nei rapporti religiosi e sociali.

In questi mesi del Nostro Pontificato il Signore Gesù Ci ha dato la grazia di rendere dei buoni servizi a questo criterio di affermazione e di rispetto alla cattolicità della Santa Chiesa.

La creazione di parecchi Cardinali appartenenti a regioni lontane, che non ebbero mai sin qui l'onore della Porpora Romana: la consacrazione, ripetuta per le Nostre stesse mani, sotto queste volte della Basilica Vaticana, di parecchi nuovi Vescovi, in pochi mesi quasi una ventina, di varia stirpe e di vario colore: l'affluire divenuto più facile e frequente, non solo dei prelati e di alte personalità civili, ma di rappresentanti del popolo autentico e genuino, che ogni giorno attendono di vedere e di familiarizzare col Papa, contenti di riceverne parole di benedizione e di incoraggiamento; numerosi gli appartenenti a gruppi di comunità cristiane separate, e che una voce intima del cuore amabilmente sospinge verso l'accostamento della Nostra umile persona, come a confidarCi la gioia intima dell'incontro, e come il pregustamento di qualche cosa di più dolce e misterioso, che la Provvidenza Ci riserva per giorni migliori della Chiesa Santa di Gesù Salvatore di tutto il mondo.

Conviene insistere su questo nuovo solco, che accenna ad aprirsi in più vaste proporzioni, e su questa coltivazione della cattolicità, lieta promessa di frutti nobili e copiosi.

FORME DI COOPERAZIONE
AL CONCILIO

Lasciate che vi diciamo che primo mezzo per farci onore da cattolici sinceri o di aspiranti alla perfezione della cattolica unità, è lavorare, utilmente e con fiducia di abbondantissima messe: alimentando in tutti, clero e laicato, il senso del soprannaturale.

a) senso e spirito soprannaturale.

Diletti figli, questo è grave e importante: lo spirito soprannaturale. Niente di comparabile fra un Concilio Ecumenico, e un trattato di politica nazionale o internazionale!

Le due concezioni della vita umana, così dell'individuo come dell'uomo appartenente all'ordine sociale, vita dello spirito e vita del corpo, vita eterna e vita temporale, dovrebbero non difficilmente intendersi fra di loro, pur distinguendosi senza escludersi. Dice bene il Salmo: Coelum coeli Domino: terram autem dedit filiis hominum [3]. Ma spesso accade che cielo e terra, vita eterna e vicenda umana, vengano da taluno posti in combattimento ed in esclusione tra loro. La religione, il culto del Signore, la Santa Chiesa li accosta e li unisce. Oh ! La Santa Chiesa Cattolica nella sua triplice espressione di vitalità divina e umana: Chiesa militante, purgante, trionfante: che mistero di verità, di grazia e di salute è questo!

Ma non è superfluo il ripeterlo. La Chiesa si preoccupa innanzitutto dello spirito: le sollecitudini ordinarie della vita quotidiana la toccano pure e le può, e le vuole santificare; questo però ella compie nell'atto stesso di invitare il cristiano a tenersene in guardia, in quanto lo possono distrarre dalle elevazioni più alte, verso Iddio principio e fine, verso Gesù Salvatore, e tutto ciò che Gesù rappresenta: Vangelo: vita di Cristo in noi: vita nostra in Lui, sì, vita nostra in Cristo Gesù, mite, sofferente, glorioso. Questo significa, diletti Fratelli e figli, disporsi al Concilio con senso di elevazione soprannaturale secondo lo spirito della Santa Chiesa, guardandoci dal confondere il sacro col profano, le intenzioni dell'ordine spirituale e religioso con gli sforzi umani — anche se degni di rispetto — rivolti unicamente alla ricerca dei piaceri, onori, ricchezze, gloria e di altri beni di ordine naturale.

b) seguirne lo svolgimento con penetrazione di principi dottrinali, rilievi storici, giustezza di criterio pratico.

Altra forma di cooperazione ai meriti e ai benefici del Concilio Ecumenico, è seguire il corso del suo svolgimento con profonda penetrazione di principi dottrinali, di cultura religiosa, di informazioni storiche, da cui lo spirito onesto e ben equilibrato trae giustezza di criterio pratico, e insegnamento prezioso.

L'ideale della vita quaggiù di ogni redento, l'ideale ultimo di ogni società sulla terra, famiglia, nazione, universo intero, soprattutto e eminentemente l'ideale della Santa Chiesa cattolica ed apostolica, a cui un Concilio Ecumenico può aspirare e collaborare, è il trionfo di Cristo Gesù. t col crescere di Cristo in noi: veritatem facientes in caritate, che noi troviamo il vero definitivo progresso. Oh ! che parole e che elevazioni queste di San Paolo agli Efesini: « Lui, il Cristo è il capo. Da Lui discende la virtù su tutto il corpo ben composto e connesso, per l'utile concatenazione delle articolazioni, nella misura di ciascuna delle sue parti, le quali trovano in Lui il proprio accrescimento in una perfezione di amore ».

Parole misteriose queste di San Paolo, che meriterebbero bene di figurare sulle porte del Concilio Ecumenico. Amiamo ripeterle nel loro testo sacro: chi sa di latino dovrebbe apprenderle a memoria: Veritatem facientes in caritate, creseamus in illo per omnia, qui est caput Christus: ex quo totum corpus compactum et connexum per omnem iuncturam subministrationis, secundum operationem in mensuram uniuscuiusque membri, augmentum corporis facit, in aedificationem sui in caritate [4].

Attraverso le singole frasi di cui si compone questa citazione di San Paolo, ci è facile scorgere i punti luminosi da cui dovrebbe risultare la bellezza e lo splendore completo di questa grande affermazione della Chiesa cattolica, come il Concilio Ecumenico, in perfetta organizzazione, sempre pronta, come essa è — la Chiesa —, ai grandi successi del presente e dell'avvenire. Verità e carità : Cristo al vertice e capo del corpo mistico, che è la sua Chiesa, corpo compatto e connesso: per tutte le sue giunture, ciascuna al suo posto, tutto in edificazione ed in progresso di carità fraterna, di pace santa e benedetta.

ALLE SORGENTI DELLA GRAZIA -
LO SPIRITO SANTO

Da questo richiamo dell'Apostolo delle Genti associato a San Pietro, la pietra fondamentale della Chiesa, quale Gesù lo proclamò, ci è facile elevare il nostro spirito alle sacre sorgenti della grazia, cioè allo Spirito Santo, a cui è dedicata in tutto il mondo l'odierna celebrazione liturgica.

É infatti nella dottrina e nella spirito della Pentecoste che il grande avvenimento del Concilio Ecumenico prende sostanza e vita. Nel Credo Apostolico due parole bastano ad esaltare la natura e la efficacia della irradiazione dello Spirito Santo: Et in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem. Signore in quanto appartiene alla augusta Trinità. Cum Patre et Filio simul adoratur et conglorificatur.

Signore e vivificatore in quanto penetra della sua virtù i due Testamenti, l'Antico e il Nuovo: in quanto continua e moltiplica la sua operazione di forza, di soavità e di grazia nella Santa Chiesa, che è la sua Sposa benedetta.

La prima operazione dello Spirito Santo nella Chiesa è la scelta e la elezione dei membri che la devono comporre. È tutto l'orizzonte missionario che si schiude innanzi a noi: ed è lo Spirito Santo che lo illumina e l'accende.

La sua luce irrompe dalle prime parole del Libro degli Atti degli Apostoli. Dei primi discepoli di Gesù, colonne e fondamento della Chiesa, è detto che egli li aveva scelti praecipiens apostolis per Spiritum Sanctum, quos elegit [5]. Lo stesso giorno della Pentecoste furono tremila gli eletti. Pochi giorni dopo altri cinquemila si aggiunsero per la predicazione di Pietro e di Giovanni sotto il portico del tempio. Dopo i Giudei, ecco la Gentilità che si aggiunge: ecco l'incontro del centurione Cornelio, che riceve il Battesimo con i suoi commilitoni. Dopo queste prime conquiste chi può seguire la marcia impetuosa del Divino Spirito, che precede, accompagna gli evangelizzatori penetrando nelle anime di chi li ascolta e dilatando le tende della Chiesa Cattolica sino agli ultimi confini della terra, trascorrendo per tutti i secoli della storia? Il cammino della Santa Chiesa di Cristo lungo questi suoi venti secoli è talora, è sovente, si può ben dire è quasi sempre segnato di lacrime e di sangue.

Ma torna sempre vera la testimonianza dei primi scrittori ecclesiastici : Sanguis martyrum, semen est Christianorum [6].

Osservate bene ciò che avviene innanzi ai nostri occhi, ciò che le nostre orecchie ascoltano. In questi ultimi secoli che precedettero l'epoca contemporanea, indubbiamente la natura umana, prona alla prevaricazione dell'errore e del peccato, si è trovata in colluttazione violenta con la grazia spirituale e celeste, di cui la Santa Chiesa conserva pur sempre il deposito sacro. Ma vedete che cosa accade. Nelle nazioni che crebbero e furono grandi per l'azione di lei, a cui devono tutto ciò che ha loro fatto e continua a far più distinto onore, trovò e qua e là ancora incomprensioni, avversità, e persino dure oppressioni contro la propria libertà di culto, di pensiero e di insegnamento.

Non crediate che lo Spirito Santo sia per abbandonarla alla minacciata rovina.

L'umile Successore di San Pietro non può recarsi personalmente a visitare le varie regioni della terra, di cui egli porta la grave sollecitudine: ma tutti i rappresentanti dei vari continenti conoscono la via di Roma, capitale del mondo cattolico, e, giusto come Paolo e Barnaba che vi accennammo a principio di questo colloquio, rivengono qui al Vaticano a narrarCi le meraviglie della grazia dell'apostolato, e i prodigi dell'esercizio che sempre prosegue il suo cammino delle virtù teologali e cardinali, delle opere della misericordia che sono il pegno della verace civiltà.

La Santa Chiesa Cattolica in parecchie regioni del mondo incontra dunque gravi e dolorose difficoltà ed avversioni da parte di coloro, i cui padri immediati e gli avi godettero della sua materna affezione. Non crediate che lo Spirito Santo l'abbia abbandonata, o stia per abbandonarla. Come si può spiegare se non per il soffio di questo Spirito vivificante il crescere di anno in anno delle vocazioni all'apostolato? Come spiegare questo fervore di accostamento, di cui abbiamo le prove giorno per giorno, dei nostri fratelli separati al centro della unità religiosa: all'unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam? Questo felice fenomeno del volgersi più frequente delle anime verso Roma come a centro di unità religiosa si compone con l'altro delle regioni già infedeli, ed ora visitate dalla fiamma del Vangelo.

ELEVAZIONI SPIRITUALI:
CLERO E FEDELI DI TUTTA LA CHIESA
IN UNIONE DI PREGHIERA CON IL PAPA

Fratelli venerabili, e diletti figliuoli. Benedicamus Patrem et Filium cum Sancto Spiritu.

Le profonde emozioni di cui l'anima Nostra è particolarmente tocca in questi giorni, all'inizio del forte lavoro che Ci attende per il Concilio Ecumenico: il ricordo della pronta e così letificante risposta venutaCi dall'alto nella celebrazione del Sinodo Romano, di cui Ci proponiamo di promulgare le costituzioni nella festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo: le vibranti manifestazioni di fede, di pietà popolare, di religiosa affezione filiale di cui la Nostra umile persona fu oggetto nelle visite che facemmo nei quartieri popolari del suburbio, nelle domeniche della scorsa Quaresima, avvolgono il Nostro Spirito in un'atmosfera così elevata di abbandono alla grazia dello Spirito Santo, di desiderio di santificazione, così da suggerirCi un invito ardente di padre e di pastore per quanti Ci sono più vicini e familiari qui nell'Urbe santa, per quanti fratelli e figli recitano con Noi lo stesso Credo apostolico, a volerei seguire più intimamente in participazione dello stesso sentimento di fervorosa pietà, di opere sincere recanti luce di purezza, grande edificazione di carità e di buon apostolato religioso e sociale.

Confidiamo lungo la via di potervi parlare ancora secondo la opportunità e nel comune intento di ottenere, anche in riferimento alla pace delle anime e delle nazioni, ogni grazia ed ogni benedizione.

MARIA E I SANTI DEL SIGNORE
AD INCORAGGIAMENTO E INTERCESSIONE


Maria, la dolce Madre di Gesù Verbo Divino, che per la grazia dello Spirito Santo in lei carne si fece, e divenne così Madre nostra, resti sempre con noi perseverante in preghiera, affinché lo stesso Spirito Santo continui ad effondere nella vita della Chiesa i suoi doni e ad operare i suoi prodigi a salute del mondo intero.

E i Santi di Dio? Oh ! ognuno dei Santi è un capolavoro di grazia dello Spirito Santo. Qui intorno a S. Pietro vigilano in preghiera per la Santa Chiesa i Santi che ne furono i primi ornamenti, discepoli immediati di Gesù, martiri e pontefici dai grandi nomi ai più modesti: appartenenti a tutte le età e a tutte le regioni del mondo. Talora le reliquie dei loro corpi sono ridotte a poca cosa, ma sempre qui palpita il loro ricordo e la loro preghiera. Anche in una recente occasione Ci accadde di rammentare alcuni tra i più insigni, qui venuti dall'Oriente, dove avemmo l'occasione felice di visitare le tracce dei monumenti ancora riconoscibili del loro passaggio: l'anastasis, tra di essi, dove tenne i suoi mirabili discorsi de re Trinitaria San Gregorio Nazianzeno, le cui spoglie mortali qui riposano sotto l'altare di questa ricca cappella Gregoriana, che si richiama all'altra sontuosa del coro canonicale, che avvolge di preziosa maestà il sepolcro di S. Giovanni Crisostomo: le due voci più autorevoli, la sua e quella del Nazianzeno, ad auspicare, a benedire, ad intercedere per il ritorno delle Chiese di Oriente all'amplesso della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica.

Oh ! che avvenimento prodigioso sarebbe questo, e quale fiore di umana e di celeste carità l'avviamento deciso al ricongiungimento dei fratelli separati dell'Oriente e dell'Occidente nell'unico ovile di Cristo, il Pastore eterno. Ciò dovrebbe rappresentare uno dei frutti più preziosi del prossimo Concilio Ecumenico Vaticano II alla gloria del Signore sulla terra e nei cieli, alla esultanza universale nella completezza del mistero della Comunione dei Santi.

Oh ! i Santi, i Santi del Signore, che dappertutto ci allietano, ci incoraggiano, ci benedicono.

Voi, dilettissimi figli, Ci comprendete bene se il Nostro cuore di pastore e di padre della cristianità è tocco in queste settimane da particolare emozione e tenerezza nella esaltazione dei nuovi Santi, che per virtù della Apostolica Autorità Ci è consentito di congiungere al corteo degli eletti e privilegiati ascendenti alla partecipazione del trionfo di Cristo.

Questa è buona e felicissima ventura per Noi. Questo santo Vescovo e Cardinale Gregorio Barbarigo, glorificato nella festa della Ascensione, e questo altro San Giovanni de Ribera, Arcivescovo di Valencia, sulla cui fronte porremo l'aureola della più alta esaltazione nella luce della Santissima Trinità, la prossima domenica, Ci richiamano alle parole incoraggianti di San Paolo nell'Areopago di Atene: È il Signore del cielo e della terra che dà a tutti noi la vita, il respiro e ogni altro bene. Noi siamo della sua stessa stirpe. E non dobbiamo però confonderci con l'oro e con l'argento e con la pietra e con tutto ciò che è fattura umana; ma farci onore nella nostra rassomiglianza con Lui, col Cristo Figliol suo e fratello nostro, datoci a nostra salute e santificazione. Così sia, diletti figliuoli, ora e sempre ; con intento e sforzo speciale di cristiana perfezione durante questi mesi di preparazione intensa al Concilio Ecumenico, a pace e a benedizione della Chiesa Santa e del mondo intero. Così sia.


* AAS 52 (1960) 517-526.

[1] Cfr. Act. 15, 3.

[2] 1 Cor. 4, 9.

[3] Ps. 113, 16.

[4] Eph. 4, 15-16.

[5] Act. 1, 2.

[6] Cfr. Tertull. Apol. L; Migne PL 1, 534.

Caterina63
00lunedì 10 febbraio 2014 12:17

Giovanni XXIII 

DISCORSO DI APERTURA DEL  
CONCILIO VATICANO II

11 ottobre 1962


Venerabili Fratelli,

1. La Madre Chiesa si rallegra perché, per un dono speciale della Divina Provvidenza, è ormai sorto il giorno tanto desiderato nel quale qui, presso il sepolcro di san Pietro, auspice la Vergine Madre di Dio, di cui oggi si celebra con gioia la dignità materna, inizia solennemente il Concilio Ecumenico Vaticano II.

 

I Concili Ecumenici nella Chiesa

2. 1. Tutti i Concili - sia i venti Ecumenici sia gli innumerevoli e da non sottovalutare Provinciali e Regionali - che sono stati celebrati nel succedersi dei secoli, attestano con evidenza la vitalità della Chiesa Cattolica e sono iscritti come lumi splendenti nella sua storia. 
2. Nell’indire questa grandiosa assemblea, il più recente e umile Successore del Principe degli Apostoli, che vi parla, si è proposto di riaffermare ancora una volta il Magistero Ecclesiastico, che non viene mai meno e perdura sino alla fine dei tempi; Magistero che con questo Concilio si presenta in modo straordinario a tutti gli uomini che sono nel mondo, tenendo conto delle deviazioni, delle esigenze, delle opportunità dell’età contemporanea. 
3. Iniziando questo Concilio universale, il Vicario di Cristo, che vi sta parlando, guarda, com’è naturale, al passato, e quasi ne percepisce la voce incitante e incoraggiante: volentieri infatti ripensa alle benemerenze dei Sommi Pontefici che vissero in tempi più antichi e più recenti, e che dalle assemblee dei Concili, tenuti sia in Oriente che in Occidente dal quarto secolo fino al Medio Evo e agli ultimi tempi, hanno trasmesso le testimonianze di tale voce veneranda e solenne. Esse acclamano senza sosta al trionfo di quella Società umana e divina, cioè della Chiesa, che assume dal Divin Redentore il nome, i doni della grazia e tutto il suo valore. 
4. Se questo è motivo di letizia spirituale, non possiamo tuttavia negare che nella lunga serie di diciannove secoli molti dolori e amarezze hanno oscurato questa storia. Fu ed è veritiero quello che il vecchio Simeone con voce profetica disse a Maria Madre di Gesù: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti..., segno di contraddizione" (Lc 2,34). E Gesù stesso, cresciuto in età, indicò chiaramente come nei tempi si sarebbero comportati gli uomini verso di lui, pronunziando quelle misteriose parole: "Chi ascolta voi ascolta me" (Lc 10,16). Questo disse inoltre: "Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde" (Lc 11,23), come vediamo scritto in San Luca, che riferisce anche le espressioni precedenti. 
5. Dopo quasi venti secoli, le situazioni e i problemi gravissimi che l’umanità deve affrontare non mutano; infatti Cristo occupa sempre il posto centrale della storia e della vita: gli uomini o aderiscono a lui e alla sua Chiesa, e godono così della luce, della bontà, del giusto ordine e del bene della pace; oppure vivono senza di lui o combattono contro di lui e restano deliberatamente fuori della Chiesa, e per questo tra loro c’è confusione, le mutue relazioni diventano difficili, incombe il pericolo di guerre sanguinose. 
6. Ogni volta che vengono celebrati, i Concili Ecumenici proclamano in forma solenne questa corrispondenza con Cristo e con la sua Chiesa ed irradiano per ogni dove la luce della verità, indirizzano sulla via giusta la vita dei singoli, della convivenza domestica e della società, suscitano ed irrobustiscono le energie spirituali, innalzano stabilmente gli animi ai beni veri e sempiterni. 
7. Mentre contempliamo le successive epoche dell’umanità durante questi venti secoli dell’era cristiana, davanti ai Nostri occhi sfilano le testimonianze di questo Magistero straordinario della Chiesa, cioè dei Concili universali. Tale documentazione è contenuta in parecchi volumi di grande imponenza, ed è da considerare come un sacro tesoro, che è conservato negli archivi della Città di Roma e nelle più celebri biblioteche di tutto il mondo.

 

Origine e causa del Concilio Ecumenico Vaticano II

3. 1. Quanto all’origine e alla causa del grande avvenimento per il quale Ci è piaciuto adunarvi, è sufficiente riportare ancora una volta la testimonianza, certamente umile, ma che Noi possiamo attestare come sperimentata: la prima volta abbiamo concepito questo Concilio nella mente quasi all’improvviso, e in seguito l’abbiamo comunicato con parole semplici davanti al Sacro Collegio dei Padri Cardinali in quel fausto 25 gennaio 1959, festa della Conversione di San Paolo, nella sua Patriarcale Basilica sulla via Ostiense. Gli animi degli astanti furono subito repentinamente commossi, come se brillasse un raggio di luce soprannaturale, e tutti lo trasparirono soavemente sul volto e negli occhi. Nello stesso tempo si accese in tutto il mondo un enorme interesse, e tutti gli uomini cominciarono ad attendere con impazienza la celebrazione del Concilio. 
2. In questi tre anni è stato svolto un lavoro intenso per preparare il Concilio, con il programma di indagare più accuratamente ed ampiamente quale fosse in questa nostra epoca la condizione della Fede, della pratica religiosa, dell’incidenza della comunità cristiana e soprattutto cattolica. 
3. Non a torto questo tempo speso nel preparare il Concilio Ci sembra sia stato quasi un primo segno e dono della grazia celeste. 
4. Illuminata dalla luce di questo Concilio, la Chiesa si accrescerà, come speriamo, di ricchezze spirituali e, attingendovi il vigore di nuove energie, guarderà con sicurezza ai tempi futuri. Infatti, introducendo opportuni emendamenti ed avviando saggiamente un impegno di reciproco aiuto, la Chiesa otterrà che gli uomini, le famiglie, le nazioni rivolgano davvero le menti alle realtà soprannaturali. 
5. È dunque dovere di coscienza ringraziare fervidamente il Sommo Datore di ogni bene per la celebrazione di questo Concilio, e magnificare con esultanza la gloria di Cristo Signore, che è Re vittorioso ed immortale dei secoli e dei popoli.

 

Opportunità di celebrare il Concilio

4. 1. C’è inoltre un’altra cosa, Venerabili Fratelli, che è utile proporre alla vostra considerazione sull’argomento. Ad aumentare la santa letizia che in quest’ora solenne pervade i nostri animi, Ci sia cioè permesso osservare davanti a questa grandiosa assemblea che l’apertura di questo Concilio Ecumenico cade proprio in circostanze favorevoli di tempo. 
2. Spesso infatti avviene, come abbiamo sperimentato nell’adempiere il quotidiano ministero apostolico, che, non senza offesa per le Nostre orecchie, ci vengano riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano però i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa. 
3. A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo. 
4. Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa. 
5. Questo è facile arguire se si considerano con attenzione i problemi e i pericoli di natura politica ed economica del giorno d’oggi. Essi tengono così occupati gli uomini da distogliere i loro interessi e le loro preoccupazioni dal fatto religioso, che è di pertinenza del sacro Magistero della Chiesa. Questo modo di agire non manca certo di errore, e dev’essere giustamente riprovato. Tuttavia nessuno può negare che queste nuove situazioni indotte hanno almeno questo vantaggio, che vengono così eliminati quegli innumerevoli impedimenti con cui un tempo i figli del secolo erano soliti ostacolare la libera azione della Chiesa. Basta sfogliare di sfuggita gli annali ecclesiastici per constatare con evidenza che gli stessi Concili Ecumenici, le cui vicende sono registrate a caratteri d’oro nella storia della Chiesa, sono stati spesso celebrati non senza gravissime difficoltà e motivi di dolore a causa dell’indebita ingerenza del potere civile. Talvolta infatti i Principi di questo mondo si proponevano sinceramente di assumere la protezione della Chiesa, ma molte volte ciò non avveniva senza danno e pericolo spirituale, perché più spesso essi erano guidati da calcoli politici e si preoccupavano troppo dei propri interessi. 
6. Confessiamo che oggi siamo afflitti da grandissimo dolore perché in mezzo a voi mancano molti Pastori della Chiesa, a Noi carissimi, che per la Fede di Cristo sono tenuti in catene o sono impediti da altri ostacoli, e il cui ricordo Ci spinge ad elevare per essi a Dio ardentissime preghiere; tuttavia non senza speranza e Nostra grande consolazione vediamo oggi verificarsi il fatto che la Chiesa, finalmente sciolta da tanti impedimenti profani delle età passate, da questo Tempio Vaticano, come da un secondo Cenacolo degli Apostoli, per mezzo di voi possa alzare la sua voce, gravida di autorità e di maestà.

 

Compito principale del Concilio: difendere e diffondere la dottrina

5. 1. Quel che più di tutto interessa il Concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace. 
2. Tale dottrina abbraccia l’uomo integrale, composto di anima e di corpo, e a noi, che abitiamo su questa terra, comanda di tendere come pellegrini alla patria celeste.
3. Ciò mostra in qual modo si deve ordinare questa vita mortale, affinché, adempiendo i nostri doveri, ai quali siamo tenuti verso la Città terrena e quella celeste, possiamo raggiungere il fine a noi prestabilito da Dio. In altri termini, tutti quanti gli uomini, sia singoli che come società, finché questa vita lo permette, hanno il dovere di tendere senza tregua a conseguire i beni celesti, e servirsi per far questo delle realtà terrene, in modo però che l’uso dei beni temporali non rechi pregiudizio alla loro felicità eterna. 
4. È certamente vero che il Signore ha pronunziato questa esortazione: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia" (Mt 6,33). Questo "prima" esprime dove devono essere dirette anzitutto le nostre forze e le nostre preoccupazioni; però non bisogna affatto trascurare le altre parole che seguono in questo comando del Signore: "e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33). In realtà, nella Chiesa ci furono sempre e ci sono coloro, che, pur dedicandosi con tutte le forze alla pratica della perfezione evangelica, danno contemporaneamente il loro contributo al progresso civile, perché dagli esempi della loro vita e dalle loro benefiche iniziative di carità riceve non poco vigore e incremento quanto c’è di più alto e di più nobile nella società umana. 
5. Ma perché tale dottrina raggiunga i molteplici campi dell’attività umana, che toccano le persone singole, le famiglie e la vita sociale, è necessario prima di tutto che la Chiesa non distolga mai gli occhi dal sacro patrimonio della verità ricevuto dagli antichi; ed insieme ha bisogno di guardare anche al presente, che ha comportato nuove situazioni e nuovi modi di vivere, ed ha aperto nuove vie all’apostolato cattolico. 
6. Per questa ragione la Chiesa non è rimasta indifferente a quelle meravigliose scoperte dell’umano ingegno ed a quel progresso delle idee di cui oggi godiamo, né è stata incapace di onestamente apprezzarle; ma, seguendo con vigile cura questi fatti, non cessa di ammonire gli uomini perché, al di sopra dell’attrattiva delle realtà visibili, volgano gli occhi a Dio, fonte di ogni sapienza e di ogni bellezza, affinché essi, ai quali è stato detto: "Soggiogate la terra e dominatela" (Cf. Gen 1,28), non dimentichino quel rigorosissimo comando: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto" (Mt 4,10; Lc 4,8), perché il fascino fuggente delle cose non impedisca il vero progresso.

 

In che modo va sviluppata oggi la dottrina

6. 1. Ciò premesso, Venerabili Fratelli, diventa chiaro che cosa è stato demandato al Concilio Ecumenico per quanto riguarda la dottrina. 
2. Il ventunesimo Concilio Ecumenico - che si avvale dell’efficace e importante aiuto di persone che eccellono nella scienza delle discipline sacre, dell’esercizio dell’apostolato e della rettitudine nel comportamento - vuole trasmettere integra, non sminuita, non distorta, la dottrina cattolica, che, seppure tra difficoltà e controversie, è divenuta patrimonio comune degli uomini. Questo non è gradito a tutti, ma viene proposto come offerta di un fecondissimo tesoro a tutti quelli che sono dotati di buona volontà. 
3. Però noi non dobbiamo soltanto custodire questo prezioso tesoro, come se ci preoccupassimo della sola antichità, ma, alacri, senza timore, dobbiamo continuare nell’opera che la nostra epoca esige, proseguendo il cammino che la Chiesa ha percorso per quasi venti secoli. 
4. Ma il nostro lavoro non consiste neppure, come scopo primario, nel discutere alcuni dei principali temi della dottrina ecclesiastica, e così richiamare più dettagliatamente quello che i Padri e i teologi antichi e moderni hanno insegnato e che ovviamente supponiamo non essere da voi ignorato, ma impresso nelle vostre menti. 
5. Per intavolare soltanto simili discussioni non era necessario indire un Concilio Ecumenico. Al presente bisogna invece che in questi nostri tempi l’intero insegnamento cristiano sia sottoposto da tutti a nuovo esame, con animo sereno e pacato, senza nulla togliervi, in quella maniera accurata di pensare e di formulare le parole che risalta soprattutto negli atti dei Concili di Trento e Vaticano I; occorre che la stessa dottrina sia esaminata più largamente e più a fondo e gli animi ne siano più pienamente imbevuti e informati, come auspicano ardentemente tutti i sinceri fautori della verità cristiana, cattolica, apostolica; occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione. Va data grande importanza a questo metodo e, se è necessario, applicato con pazienza; si dovrà cioè adottare quella forma di esposizione che più corrisponda al magistero, la cui indole è prevalentemente pastorale.

 

In che modo vanno combattuti gli errori

7. 1. Aprendo il Concilio Ecumenico Vaticano II, è evidente come non mai che la verità del Signore rimane in eterno. Vediamo infatti, nel succedersi di un’età all’altra, che le incerte opinioni degli uomini si contrastano a vicenda e spesso gli errori svaniscono appena sorti, come nebbia dissipata dal sole. 
2. Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando. Non perché manchino dottrine false, opinioni, pericoli da cui premunirsi e da avversare; ma perché tutte quante contrastano così apertamente con i retti principi dell’onestà, ed hanno prodotto frutti così letali che oggi gli uomini sembrano cominciare spontaneamente a riprovarle, soprattutto quelle forme di esistenza che ignorano Dio e le sue leggi, riponendo troppa fiducia nel progressi della tecnica, fondando il benessere unicamente sulle comodità della vita. Essi sono sempre più consapevoli che la dignità della persona umana e la sua naturale perfezione è questione di grande importanza e difficilissima da realizzare. Quel che conta soprattutto è che essi hanno imparato con l’esperienza che la violenza esterna esercitata sugli altri, la potenza delle armi, il predominio politico non bastano assolutamente a risolvere per il meglio i problemi gravissimi che li tormentano. 
3. Così stando le cose, la Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati. All’umanità travagliata da tante difficoltà essa dice, come già Pietro a quel povero che gli aveva chiesto l’elemosina: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!" (At 3,6). In altri termini, la Chiesa offre agli uomini dei nostri tempi non ricchezze caduche, né promette una felicità soltanto terrena; ma dispensa i beni della grazia soprannaturale, i quali, elevando gli uomini alla dignità di figli di Dio, sono di così valida difesa ed aiuto a rendere più umana la loro vita; apre le sorgenti della sua fecondissima dottrina, con la quale gli uomini, illuminati dalla luce di Cristo, riescono a comprendere a fondo che cosa essi realmente sono, di quale dignità sono insigniti, a quale meta devono tendere; infine, per mezzo dei suoi figli manifesta ovunque la grandezza della carità cristiana, di cui null’altro è più valido per estirpare i semi delle discordie, nulla più efficace per favorire la concordia, la giusta pace e l’unione fraterna di tutti.

 

Promuovere l’unità nella famiglia cristiana e umana

8. 1. Questa sollecitudine della Chiesa nel promuovere e tutelare la verità deriva dal fatto che, secondo il piano di Dio, "il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4), senza l’aiuto dell’intera dottrina rivelata gli uomini non possono pervenire ad una assoluta e saldissima unità degli animi, cui sono collegate la vera pace e l’eterna salvezza. 
2. Purtroppo tutta la comunità dei cristiani non ha ancora pienamente e perfettamente raggiunto questa visibile unità nella verità. La Chiesa Cattolica ritiene suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell’imminenza del suo sacrificio; essa gode di pace soavissima, sapendo di essere intimamente unita a Cristo in quelle preghiere; di più, si rallegra sinceramente quando vede che queste invocazioni moltiplicano i loro frutti più generosi anche tra coloro che stanno al di fuori della sua compagine. Se ben consideriamo, questa stessa unità, che Cristo impetrò per la sua Chiesa, sembra quasi rifulgere di un triplice raggio di luce soprannaturale e salvifica, a cui corrispondono: l’unità dei cattolici tra di loro, che deve essere mantenuta fermissima e brillare come esempio; poi, l’unità che consiste nelle pie preghiere e nelle ardenti speranze con cui i cristiani separati da questa Sede Apostolica aspirano ad essere uniti con noi; infine, l’unità basata sulla stima e il rispetto verso la Chiesa Cattolica che nutrono coloro che seguono le diverse forme di religione non ancora cristiane. 
3. A questo proposito - per quanto tutti gli uomini che nascono siano stati anch’essi redenti nel sangue di Cristo - c’è veramente da dolersi che tuttora gran parte del genere umano non partecipi ancora di quelle fonti di grazia soprannaturale che ci sono nella Chiesa Cattolica. Ne deriva che alla Chiesa Cattolica, la cui luce illumina tutte le cose e la cui forza di unità soprannaturale ridonda a vantaggio di tutta la comunità umana, si applicano perfettamente queste belle parole di San Cipriano: "Perfusa di luce, la Chiesa del Signore diffonde i suoi raggi sul mondo intero; è però un’unica luce che viene irradiata dovunque, né viene scissa l’unità del corpo. Estende i suoi rami su tutta la terra per il copioso rigoglio, espande a profusione i rivoli che scaturiscono con abbondanza; ma è unico il capo e unica l’origine e unica la madre fertile per le fortunate fecondità: da lei siamo partoriti, siamo nutriti dal suo latte, siamo vivificati dal suo spirito (De Catholicae Ecclesiae unitate, 5). 

 

Venerabili Fratelli,

4. Questo si propone il Concilio Ecumenico Vaticano II, il quale, mentre raccoglie insieme le migliori energie della Chiesa e si sforza con zelo di far accogliere dagli uomini più favorevolmente l’annunzio della salvezza, quasi prepara e consolida la via per realizzare quell’unità del genere umano, che è come il necessario fondamento, perché la Città terrena si organizzi a somiglianza della Città celeste "il cui re è la verità, la cui legge è la carità, la cui grandezza è l’eternità" (S. AGOSTINO, Ep. CXXXVIII, 3).

 

Conclusione

9. 1. Ed ora "la nostra voce si rivolge a voi" (2Cor 6,11 Vlg), Venerabili Fratelli nell’Episcopato. Eccoci ormai radunati insieme in questa Basilica Vaticana, dove si trova il cardine della storia della Chiesa: dove ora il Cielo e la terra si uniscono in uno strettissimo abbraccio, qui presso il sepolcro di San Pietro, presso le tombe di tanti Santi Nostri Predecessori, le cui ceneri in quest’ora solenne sembrano quasi esultare di un fremito arcano. 
2. Il Concilio che inizia sorge nella Chiesa come un giorno fulgente di luce splendidissima. È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente! Tutto qui spira santità, suscita esultanza. Contempliamo infatti stelle aumentare con il loro chiarore la maestà di questo tempio, e siete voi, secondo la testimonianza dell’Apostolo Giovanni (Cf. Ap 1,20); e per voi risplendere i candelabri d’oro intorno al sepolcro del Principe degli Apostoli, che sono le Chiese a voi affidate (Cf. Ap 1,20). Vediamo anche le degnissime personalità che sono convenute a Roma dai cinque continenti, in rappresentanza delle proprie Nazioni, e che sono qui presenti con grande rispetto e in cortesissima attesa. 
3. Si può dunque dire che i Santi e gli uomini cooperano nella celebrazione del concilio: i Santi del Cielo sono impegnati a proteggere i nostri lavori; i fedeli ad elevare a Dio ardenti preghiere; e voi tutti, assecondando prontamente le soprannaturali ispirazioni dello Spirito Santo, ad applicarvi attivamente perché le vostre fatiche rispondano pienamente alle attese e alle necessità dei diversi popoli. Perché ciò si avveri, si richiedono da voi la serena pace degli animi, la concordia fraterna, la moderazione delle iniziative, la correttezza delle discussioni, la saggezza in tutte le decisioni. 
4. Che il vostro impegno e il vostro lavoro, ai quali sono rivolti non solo gli occhi dei popoli, ma anche le speranze del mondo intero, corrispondano largamente alle attese. 
5. Dio Onnipotente, in te riponiamo tutta la fiducia, diffidando delle nostre forze. Guarda benigno a questi Pastori della tua Chiesa. La luce della tua grazia superna Ci assista nel prendere le decisioni, sia presente nell’emanare leggi; ed esaudisci prontamente le preghiere che rivolgiamo a te in unanimità di Fede, di voce, di animo. 
6. O Maria, Aiuto dei Cristiani, Aiuto dei Vescovi, il cui amore abbiamo recentemente sperimentato in modo particolare nel tuo tempio di Loreto, dove abbiamo venerato il mistero dell’Incarnazione, con il tuo soccorso disponi tutto per un esito felice, fausto, propizio; insieme con il tuo Sposo San Giuseppe, con i Santi Apostoli Pietro e Paolo, con i santi Giovanni Battista ed Evangelista, intercedi per noi presso Dio. 
7. A Gesù Cristo, amabilissimo Redentore nostro, Re immortale dei popoli e dei tempi, amore, potere e gloria nei secoli dei secoli. Amen (AAS 54 (1962), pp. 785-795). 

 Libreria Editrice Vaticana 





 

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