I MIRACOLI EUCARISTICI

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Caterina63
00lunedì 2 febbraio 2009 23:05
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Miracoli Eucaristici





Il miracolo di Faverney

Verso la fine del XVI e all'inizio del XVII secolo il calvinismo si era infiltrato in Francia, anche come conseguenza della decadenza nella preparazione e nei costumi del clero e dei religiosi.

Questa è la situazione anche dell'abbazia benedettina di Faverney, oggi in Alta-Saone, a 20 di km da Vesoul, fondata nel secolo VIII. Nel 1608, all'epoca dei fatti, essa conta sei religiosi e due novizi, che vivono però nell'apatia e nella più assoluta tiepidezza spirituale; mantengono, però, il culto a Maria SS., e la tradizione di esporre per tre giorni il Santissimo Sacramento il giorno della Pentecoste e il lunedì e il martedì successivi.


Il giorno di Pentecoste del 1608, il 25 maggio, su un semplice tavolo coperto dalla tovaglia e sormontato da un Tabernacolo che poggia su una pietra sacra, rivestita di corporali, con a fianco la Bolla del Papa Clemente VIII che accorda le indulgenze e la lettera di autorizzazione del Vescovo, il priore Don Sarron espone il Santissimo utilizzando l'Ostensorio d'argento che contiene due Ostie consacrate nella Messa del mattino.

L'Adorazione si prolunga sino alle 8 di sera, quando il sagrestano Don Garnier spegne i ceri lasciando solamente accese le lampade, poi chiude la chiesa.
Ma quando il lunedì mattina verso le tre ritorna all'abbazia, la trova piena di fumo, e al posto dell'altare non c'è che un mucchio di cenere. Sconvolto, Don Garnier va a svegliare gli altri monaci e, al tempo stesso, la gente del villaggio. Poi ritorna con Brennier, un novizio, sui luoghi dell'incendio. Ma nell'oscurità e nel fumo essi non scorgono nulla.

Improvvisamente, tuttavia, il ragazzo lancia un grido, "Miracolo!", e con il dito indica l'Ostensorio sospeso in aria, nel medesimo posto dove era stato sistemato, ma senza alcun sostegno. È leggermente inclinato, e il braccio sinistro della piccola croce che lo sormonta sembra toccare una sbarra dell'inferriata. Per l'incendio del tavolo non restano che i quattro piedi danneggiati, uno dei candelieri fuso per metà, un altro rotto in tre pezzi. La pietra dell'altare su cui poggiava l'Ostensorio si spacca in tre parti quando viene toccata, mentre la Bolla pontificia è intatta, così come la lettera vescovile (soltanto il sigillo di cera rossa si è sciolto).


Il reliquiario-ostensorio, il tubo di cristallo contenente la reliquia di Sant'Agata e l'involucro di sughero che lo chiudeva ad una estremità sono integri. Soprattutto le Ostie consacrate sono nell'Ostensorio, "come sospese" tra cielo e terra. Le persone, che presto si affollano per vedere e che scuotono l'inferriata, notano che niente trattiene il vaso sacro, immobile nell'aria.


In attesa dell'arrivo dei cappuccini di Vesoul, famosi per la loro cultura e devozione, allo scopo di "avere consiglio su quello che dovranno fare", la folla accorre sempre più numerosa per i molti curiosi che cercano di vedere il miracolo. Tra i tanti vi sono scettici, dissoluti, eretici. Giunta la sera, la folla è sempre numerosa: quella notte al Santissimo non mancano adoratori. Quanto all'Ostensorio non si è mosso.


Martedì 27 maggio, i benedettini e i cappuccini redigono un rapporto sugli avvenimenti, secondo l'intenzione dell'Arcivescovo di Besançon. Dopo la Messa conventuale, nell'abbazia, altre Messe si susseguono all'altar maggiore, celebrate dai curati di parrocchie vicine a Faverney. Durante la Messa celebrata dal parroco di Menoux, al Sanctus, uno dei ceri che bruciava alla destra del reliquiario-ostensorio si spegne. Don Garnier lo riaccende, ma la candela si spegne una seconda volta e poi una terza.

Nel momento in cui il sacerdote alza l'Ostia che sta per consacrare, si sente come il suono di una lama che vibra: si vede l'Ostensorio, che fino a quel momento era rimasto inclinato, raddrizzarsi, poi, mentre il sacerdote all'altare abbassa l'Ostia, esso "s'abbassa dolcemente" sul corporale "così bene come se fosse stato deposto con tanto rispetto da un uomo di Chiesa".


Il miracolo è finito: è durato 33 ore! La folla reagisce subito con applausi. Soltanto il curato di Menoux resta tranquillo e termina tranquillamente la sua Messa. Il guardiano dei cappuccini esamina allora e constata che l'Ostensorio, in nessuna parte, reca tracce "di ammaccature e di alterazione".


Il 10 luglio successivo, l'arcivescovo dichiara autentico il miracolo. Anche le conseguenze furono miracolose. in primo luogo il consolidamento della fede cattolica nella popolazione: il fuoco aveva rispettato nello stesso tempo l'Eucaristia, le reliquie e la bolla delle indulgenze, tutte cose messe in discussione dai protestanti. L'evento si era ugualmente verificato in una chiesa monastica dedicata a Maria, quando gli stessi eretici se la prendevano con gli ordini religiosi e con il culto della Vergine.


Numerosi ugonotti si convertirono dopo aver constatato i fatti: così Nicola de Camprendon, signore di Passavant e l'orefice di Montbéliard, Francesco Vuillard, i quali abiurarono con tutta la loro famiglia. Quest'ultimo era tornato più di trenta volte in chiesa per vedere e rivedere il miracolo; finalmente cadde in ginocchio, disse, per "adorare Dio che io vedevo nell'aria vincere le fiamme".


L'abbazia di Faverney venne riformata nel 1613 e nuovi postulanti vi affluirono. Nacquero un po' dovunque o si rinnovarono le confraternite del SS. Sacramento, trascinando i loro membri ad una vita spirituale intensa e rafforzando le anime contro gli errori del giansenismo.

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"Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (Santa Caterina da Siena)


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Il miracolo di Moncada
Un miracolo che attesta l'amore di Dio per la Chiesa e i suoi ministri

L'Anno Eucaristico, che ormai volge al termine, ha avuto il suo momento culminante nel Congresso Eucaristico di Bari. Ebbene, proprio a Bari, parecchi secoli fa, incominciò una delle pagine più tristi della Chiesa, le quali però, meglio di altre, testimoniano l'amore di Dio per la sua Chiesa e per gli uomini nonostante tutto.

Nell'aprile del 1378, come in questo 2005, i cardinali si riunirono in conclave. Era morto papa Gregorio XI (1370-1378) e la Chiesa doveva eleggere il successore di Pietro. L'arcivescovo di Bari, Bartolomeo Prigna di origine napoletana, si era acquistato una tal fama che i cardinali elessero proprio lui al soglio pontificio. Era il 7 aprile 1378 e Bartolomeo prese il nome di Urbano VI.

Il predecessore, Gregorio XI, aveva stabilito che, una volta indetto il conclave, si potesse procedere alle elezioni del nuovo pontefice senza attendere l'arrivo dei Cardinali più lontani. Questo fatto, unito a quello che proprio un vescovo escluso dal Conclave fosse diventato papa, suscitò una forte reazione da parte di alcuni cardinali, specie tra quelli francesi che erano in maggioranza. Il contrasto aumentò in tal misura (anche - si dice - a causa del temperamento forte e imperioso di Bartolomeo) che i prelati francesi abbandonarono la curia romana e si trasferirono ad Anagni.

Per motivi di sicurezza passarono poi a Fondi, nei pressi di Latina, dove - riuniti in conclave - proclamarono la nullità dell'elezione di Urbano VI e, il 20 settembre dello stesso anno, elessero un nuovo papa: il card. Robert di Ginevra che prese il nome di Clemente VII. Lo scisma era fatto. Quasi tutti gli stati europei riconobbero legittimo papa Urbano VI, ma la Francia, la Castiglia, Aragona, il Portogallo e Napoli si schierarono a favore di Clemente VII. Ed è proprio a partire da questa dolorosa situazione che si verificò un miracolo eucaristico che più di ogni altro, forse, esprime la paterna sollecitudine di Dio, il suo amore e, nel contempo, l'invito ad amarci gli uni gli altri come egli ci ama.

Il parroco di Moncada, che era stato ordinato sacerdote da un vescovo nominato dall'antipapa Clemente VII, viveva nel tormento che la sua ordinazione sacerdotale non fosse valida e, di conseguenza non lo fossero neppure i sacramenti che egli amministrava. Il tormento si faceva più acuto ogni qualvolta consacrava il pane e il vino durante la celebrazione eucaristica, lì veniva assalito dal timore di ingannare il popolo somministrando particole che non erano altro che semplice pane.

La sua preghiera, allora, saliva incessantemente a Dio chiedendo luce per sé e per gli altri. Venne il giorno di Natale del 1392 e tra i fedeli venuti a partecipare al divino sacrificio vi era anche la signora Fhez con la figlioletta di 5 anni di nome Rosalia. Al termine della funzione Rosalia si rifiutò di uscire perché - disse - "Voglio rimanere con il figlio della signora Favre". La madre riuscì a convincere la bimba dicendole che si doveva essere sbagliata perché quel giorno la signora Favre, loro vicina di casa, non era venuta a Messa. Passarono infatti dalla casa della suddetta vicina e trovarono il figlioletto - coetaneo di Rosalia - placidamente addormentato.


Il giorno seguente la signora Fhez portò di nuovo Rosalia a Messa e al Momento dell'elevazione la piccola richiamò l'attenzione della Madre dicendole: "Ecco il figlioletto della signora Favre!". Alla richiesta della Madre di indicarle dove mai fosse il bimbo, la piccola Rosalia rispose: "È tra le mani del sacerdote". La Madre profondamente turbata, ma anche stupita, narrò il fatto al sacerdote il quale, al colmo della commozione, invitò la signora a partecipare con la bimba ad un'altra Messa dove egli avrebbe messo alla prova Rosalia e la verità delle sue affermazioni.

Il giorno seguente, infatti, dopo la consacrazione il parroco sollevò due ostie, delle quali una sola era quella da poco consacrata, e chiese a Rosalia cosa vedesse. Prontamente la bimba rispose: "Gesù Bambino". E alla richiesta del sacerdote di indicare dove lo vedesse, la bimba indicò la mano destra, che sorreggeva in effetti l'ostia consacrata.

Il prete, non convinto, tentò una nuova prova, nascose le mani e, scambiando le ostie, interrogò nuovamente Rosalia, la quale senza alcuna titubanza rispose: "Ora Gesù è dall'altra parte". Non ancora pago il sacerdote spezzò l'ostia consacrata tenendo una parte in ogni mano. La bimba ebbe un attimo di smarrimento e poi esclamò: «Adesso vedo due Gesù Bambini!» A questo punto il sacerdote scoppiò in lacrime perché il Signore aveva finalmente esaudito la sua preghiera togliendogli completamente il dubbio circa la validità del suo sacerdozio.

L'insegnamento del miracolo è duplice: da un lato dimostra l'amore incondizionato di Dio per la sua Chiesa anche in un momento di grande difficoltà e confusione. Per quanto alla radice della consacrazione episcopale del vescovo che ordinò il parroco di Moncada ci fosse un antipapa, Dio rimase fedele alla successione apostolica determinata, appunto, dall'imposizione delle mani. Dall'altro si vede una bimba che nulla poteva sapere di antipapa e di validità di ordinazione sacerdotale, conferma nella fede e nella vocazione il suo parroco.

Ciò dimostra come i sacerdoti debbano stare all'ascolto tanto del più piccolo come del più grande, offrendo la stessa attenzione e lo stesso amore tanto agli adulti che ai bambini. Inoltre, il singolare prodigio avvenne proprio nei giorni del Natale, quando cioè si celebra la venuta di un Dio che si è manifestato negli umili panni di un Neonato. Questa scelta estrosa, come ha ricordato il papa anche nel corso delle giornate mondiali della gioventù a Colonia, non ha scandalizzato i Magi che hanno saputo convertire le loro aspettative circa il Messia accogliendo quelle di Dio.

Una conversione che Dio chiede alla sua Chiesa in ogni tempo: ciò che tolse dal dubbio il giovane prete fu proprio la voce dell'ultimo trai suoi fedeli, ultimo non solo perché piccolo ma anche perché femminuccia. L'atteggiamento di chi nella Chiesa svolge un ministero - in questo caso sacerdotale - è quello di una grande umiltà nel vagliare le vie di Dio che non sono mai le nostre vie e quello di porre attenzione ai cuori, più che alle apparenze.


Di fronte poi al grande scandalo di una chiesa divisa tra due papi che cosa mai poteva essere un semplice prelato assalito dai suoi dubbi? Eppure Dio si prese cura anche di lui, che sarebbe rimasto ignoto ai posteri se il suo dubbio non avesse scosso il cuore di Dio, suscitando un miracolo tra i più teneri della storia della Chiesa.



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Il Mistero pasquale nel Miracolo di Bois-Seigneur-Isaac



Il mistero pasquale, lo sappiamo, costituì il primitivo fondamentale annuncio del Vangelo da parte degli Apostoli, il cosiddetto Kerigma: Gesù di Nazareth, chiamato il Cristo, che fu crocifisso per i nostri peccati, è risorto per la nostra salvezza.


Della memoria di questo evento si nutre la Chiesa di generazione in generazione perpetuandola nel sacramento dell’Eucaristia che attualizza, appunto, nell’oggi di ogni tempo, il mistero pasquale.

C’è un miracolo eucaristico, del quale quest’anno ricorre il sesto centenario, che ripropone con straordinaria freschezza questo primitivo annuncio della Chiesa.
Siamo in Belgio a 15 chilometri da Waterloo, a Bois-Seigneur-Isaac. Corre l’anno 1405, il martedì 2 giugno - nel pieno della novena di Pentecoste - un cavaliere di quella zona, Jean du Bois, fece uno strano sogno. Gli apparve un uomo piagato e sofferente che con accorata insistenza chiedeva un medico e un avvocato che potessero prendersi cura della sua causa. Il du Bois non si diede troppa pena per quel sogno ignorandolo completamente.

La notte seguente però l’uomo piagato si ripresentò con la stessa misteriosa richiesta. Turbato l’uomo cercò, ancora una volta, di dimenticare la visione notturna. La terza notte l’uomo piagato rinnovò, allo spaventato du Bois, la richiesta dell’aiuto di un medico e di un sacerdote che prendessero in mano la sua causa, a quel punto il cavaliere, fattosi animo, gli domandò chi mai fosse. Costui, sempre sanguinante, rispose: Vai nel Santaurio di Isaac, ivi mi troverai e capirai che sono.
Il venerdì mattina, 5 giugno, il cavaliere si recò alla Cappella indicata.

Quello stesso giorno il decano del luogo, Pere Ost, uscendo di casa avvertì l’impellente chiamata ad andare al Santuario di Isaac per celebrare una Messa. Nessuna celebrazione era prevista per quel giorno, in quel luogo cosicché, andandovi, il buon prete si domandava perché mai non potesse sottrarsi a quell’impulso. Giunto colà molto si rallegrò di aver obbedito alla mozione dello Spirito perché parecchie persone erano radunate in Cappella, quasi in attesa della celebrazione e tra queste vi era anche du Bois.


Iniziò la Santa Messa, ma giunto all’offertorio, proprio mentre dispiegava il corporale Ost vide, non senza dolorosa sorpresa, che una mezza ostia era stata dimenticata fin dalla celebrazione precedente. Prontamente egli cercò di consumarla senza farsi accorgere, ma ecco che l’ostia, tenacemente incollata al corporale, gettava sangue vivo. A quella vista il decano svenne e lo soccorse proprio il cavaliere du Bois, il quale, resosi conto del prodigio, comprese la visione notturna ed esortò il sacerdote a proseguire la Messa senza timore poiché quel Miracolo era opera divina. Gli narrò allora dell’uomo dei sogni e come ora ne avesse finalmente compreso l’identità.


Tutti i presenti videro l’ostia, la quale pur mantenendosi bianca continuava a sanguinare. Il miracolo si perpetuò per quattro giorni. Fu interpellato anche il vescovo di Cambrai, Pierre d’Ailly (confessore di Carlo VI, cardinale e legato pontificio) che trattenne in osservazione il corporale tentando - invano - di lavare le macchie di sangue. Egli, infine convinto, emanò il 18 ottobre 1413 una bolla con la quale certificava l’autenticità del fenomeno.

Abbiamo in questo miracolo riassunto l’intero mistero pasquale. Cristo si manifesta al cavaliere come il vivente, piagato, ma vivente. La stessa immagine di morte e risurrezione la offre l’ostia miracolosa che pur rimanendo bianchissima, sanguina. Cristo, chiama du Bois in suo aiuto e difesa, lo vuole perciò suo testimone. Anche per lui, come fu per gli apostoli, si ripete il mistero della fede cristiana che nasce non da un’idea, ma da un evento storico di cui si diventa testimoni, un evento che ha sconfitto la morte e introdotto nel mondo la novità di una vita “altra”. Il cavaliere poi riconosce Gesù solo allo “spezzare del pane”, cioè nel momento celebrativo, laddove si fa memoria dell’offerta salvifica del Signore, comunicando con essa.

La celebrazione eucaristica ci rende presenti al Mistero, ed è, pertanto, significativo che alla domanda di identità rivolta dal Cavaliere a Cristo questi risponda: vai nella Cappella di Isaac, ivi mi troverai e capirai chi sono.
Du Bois trova Cristo nell’Eucaristia, cioè nel sacramento che fa memoria del Mistero Pasquale: passione morte e risurrezione e che mette la nostra piccola storia quotidiana a contatto con quell’unico grande evento di salvezza che ha rinnovato il mondo e sempre lo rinnova.
L’ostia abbandonata nel corporale dice la dimenticanza di questa Presenza viva da parte persino del clero, mentre il sangue che ha imporporato il corporale dice la perenne offerta di Cristo per questa umanità dimentica di lui.


Ecco chi “conosce” du Bois: Colui che ama sempre, anche senza essere amato, Colui che dona la sua vita a coloro che sempre e ancora sono peccatori.
Du Bois, entrato come cavaliere nella Cappella di Isaac, ne esce come testimone. Il medico e l’avvocato da interpellare sono sì le persone che contribuiranno a certificare la dimensione soprannaturale dell’evento, ma non solo.

Il medico può essere identificato anche con il decano chiamato, proprio dall’ostia abbandonata, a “curare” la tiepidezza del popolo riguardo al Mistero della Presenza reale. Avvocato è lo stesso du Bois la cui testimonianza sarà la miglior difesa nei confronti della verità del Mistero pasquale vivo e operante nel Sacramento.


Caterina63
00lunedì 2 febbraio 2009 23:08
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La preghiera di Riparazione nel Miracolo di Avignone



L’amore ripara, nel duplice senso di reintegrare quello che si era corrotto e di proteggere qualcosa da quello che ancora potrebbe sopraggiungere. L’Eucaristia che è il sacramento dell’Amore per eccellenza è anche il mezzo più efficace per riparare ai danni prodotti dal peccato nella nostra umanità.

Ad Avignone, bella città francese collocata sulle rive del Rodano, un miracolo eucaristico ci aiuta ad approfondire questo concetto della riparazione.

Per comprendere il miracolo, avvenuto nel 1433, bisogna risalire a qualche secolo prima. Nel sud della Francia, nei primi decenni del 1200 andava grandemente diffondendosi l’eresia degli Albigesi.
Questa eresia iniziata nella città di Albi - da cui prese il nome - e condannata fin dal secolo XI, contestava i sacramenti in particolare quello del matrimonio e dell’Eucaristia.

Il Re di Francia, Luigi XIII, padre di San Luigi IX (noto anche come san Ludovico e festeggiato il 25 agosto), consapevole di quanto l’eresia stesse minando la fede nella Presenza di Reale di Gesù dei suoi sudditi, volle edificare ad Avignone un tempio in onore alla Santa Croce e istituire una festa, la festa dell’Esaltazione della Croce, per controbattere l’eresia.

Nel 1226, il 14 settembre, si festeggiò per la prima volta la suddetta festa e il Sovrano, vestendo un abito frusto di color grigio, stretto da una corda e con una candela in mano, diede inizio a una processione eucaristica di riparazione che, attraversando tutta la città, si fermò poi nella Cappella di Santa Croce, dove la preghiera di adorazione continuò ininterrotta giorno e notte.

Nacquero così i Penitenti grigi, guardiani laici del Santissimo Sacramento che adottarono la regola francescana per lo zelo con cui quest’Ordine (accanto a quello Domenicano) si oppose all’eresia.

Questa Confraternita, che perdurò nel suo servizio di lode e di riparazione al Santissimo Sacramento anche durante gli anni della Rivoluzione francese, è una delle poche a sussistere ancora oggi.

Il fiume Rodano, sulle cui rive sorge la Cappella dei Penitenti grigi, secondo un’antica tradizione straripava ogni cento anni.

Nell’autunno del 1433 piogge torrenziali ingrossarono pericolosamente le acque del fiume fino a che nella notte tra il 29 e il 30 novembre si ruppero gli argini e il fiume sommerse la città di Avignone. I Penitenti grigi, preoccupati per la sorte del Santissimo, dovettero ricorrere a una barca per recarsi alla Cappella di Santa Croce. Giunti che furono videro con sgomento che le acque avevano ormai coperto a metà la porta di entrata. Lo sgomento lasciò il posto allo stupore quando, entrando nel tempio, si trovarono depositati sull’asciutto e videro che le acque, compatte come pareti a destra e a sinistra della navata, lasciavano completamente libero il passaggio fino all’altare dell’Esposizione.

Lo spettacolo che contemplarono Armand e Jehan de PouziIhac-Faure, capi della Confraternita e i loro dieci fratelli fu in realtà straordinario: le acque giunte a quattro piedi di altezza (quasi un metro e mezzo) avevano bagnato le custodie degli abiti della Confraternita, ma degradavano “inclinate come un tetto” verso i banchi, tanto che al centro della cappella non vi era assolutamente acqua, ma tutto era asciutto compreso ciò che si trovava davanti all’altare e cioè: libri, pergamene, indumenti, tovaglie e reliquiari.

I dodici Penitenti corsero a chiamare alcuni dotti frati francescani che subito avviarono un’indagine per il riconoscimento ufficiale del Miracolo. Il Santissimo, portato in salvo in una Chiesa Francescana scampata dall’inondazione,venne onorato con preghiere e canti preceduti dalla lettura del passo dell’Esodo 14 al versetto 21, in cui si narra il passaggio del Mar Rosso.

Ancora oggi, nel giorno anniversario dell’evento soprannaturale i Penitenti a piedi nudi, in ginocchio e con una corda al collo in segno di riparazione, percorrono la navata della cappella miracolosamente preservata dalle acque.

La valenza simbolica del Miracolo non necessita di molte spiegazioni. Dodici fedeli, adoratori del Santissimo Sacramento, assistettero al rinnovarsi del miracolo dell’Esodo, radice ebraica della Pasqua cristiana. Questi dodici sono il segno di quell’umanità che grazie alla Fede della Presenza di Dio nella sua storia e nella sua Vita, riesce a passare incolume dentro alle devastazioni del peccato che certe filosofie e certi costumi favoriscono grandemente.

Il Rodano, un fiume bellissimo che rende ancora più incantevole la città di Avignone scelta quale residenza da Papi e Re, si trasforma per le calamità naturali in minaccia. Molto spesso anche le molte cose che oggi minacciano l’uomo e lo corrompono partono da realtà di per sé belle e positive. Allo stesso modo può essere descritta l’eresia: una verità impazzita che degenera in errore. La luce dell’Amore, la luce della Presenza divina porta l’Uomo a vedere i giusti contorni della realtà e a discernere il vero bene da un bene solo apparente.

Perché questo avvenga occorre però l’umiltà della fede, quella fede che si inginocchia consapevole che nessuno può salvarsi da solo ma che la verità e la bellezza sono pur sempre doni che vengono dall’alto.

La preghiera di riparazione iniziata da Luigi VIII ebbe in se la forza espressiva del segno: un re che nella sua potenza s’inginocchia umilmente per chiedere aiuto dall’Alto, al Re dei Re, consapevole di combattere una lotta che non si consumava contro le forze della carne e del sangue.

Questa preghiera non ha solo riparato i danni dell’eresia, ma ha protetto il popolo e la città dalle calamità naturali. Anzi l’inondazione è diventata segno di quell’inondazione peggiore - la mancanza di fede nell’Eucaristia e nei valori della Famiglia - che stava devastando la regione e che si risolse grazie alla perseverante preghiera di riparazione e di lode dei Penitenti grigi.


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La presenza permanente nel miracolo di Patierno (Na)



Sono almeno due i miracoli Eucaristici che ci possono aiutare a rafforzare la fede nela Presenza Permanente del Signore Gesù nella Santissima Eucaristia, anche fuori dalla celebrazione. Uno è il famoso miracolo di Siena occorso nel 1730, quando il 14 agosto approfittando dell’assenza dei frati, impegnati a celebrare i Primi Vespri dell’Assunta nella Basilica della città, alcuni ladri saccheggiarono la chiesa di San Francesco rubando anche la pisside che conteneva 351 ostie. Le particole, ritrovate tre giorni dopo, il 17 agosto 1730, permangono ancora intatte ai giorni nostri. Giovanni Paolo II in occasione della sua visita al Santuario Eucaristico di Siena il 14 agosto 1980 esclamò: E’ la Presenza!


L’altro miracolo, sul quale vogliamo fissare la nostra attenzione, è meno conosciuto e si verificò in quel di Napoli nel 1772.


Il miracolo, come vedremo, ebbe vasta eco e, dal momento che Caterina Sordini e il padre Lorenzo all’epoca avevano continui contatti con il Regno e la città di Napoli, ci è lecito supporre che il racconto del fatto prodigioso dovette giungere anche in casa Sordini. Se così fu i genitori, grandemente animati da pietà eucaristica, non mancarono di narrarlo ai loro figli ad edificazione e progresso della loro giovane fede.

Il 27 gennaio 1772 alcuni ladri entrarono furtivi nella chiesa di San Pietro Apostolo nel Borgo di Patierno: asportarono arredi e oggetti sacri, fra cui anche la pisside contenente diverse ostie consacrate. La mattina seguente, accortosi del furto, il Parroco mobilitò diversi parrocchiani per gettarsi alla ricerca delle particole trafugate. Tutto risultò vano. Trascorse quasi un mese, fino a che, il 18 febbraio del medesimo 1772, un giovane diciottenne, Giuseppe Orefice, passando di buon mattino accanto al campo del Duca di Grottelle, vide qualcosa brillare nel buio.

Non appena rincasato riferì la visione delle misteriose luci al padre che, un po’ incredulo, non diede al racconto importanza alcuna. Il giorno seguente - il 19 febbraio 1772 - si trovarono però di nuovo a passare presso il campo del Duca: con Giuseppe c’era il padre e il fratello minore.

Giunti sul luogo della visione tutti e tre videro distintamente stelle misteriose brillare nell’oscurità proprio in prossimità del terreno. Giuseppe allora, corse ad informare il parroco il quale raggiunto il luogo indicato in compagnia del fratello sacerdote, rinvenne sotto le zolle umide un buon numero di ostie integre e perfettamente conservate. Altri sacerdoti vollero perlustrare il campo e vennero così rinvenute anche le altre particole mancanti.


Le ostie furono collocate, mediante una solenne processione, nella Chiesa di San Pietro Apostolo dove sono ancor oggi conservate e venerate.
La notizia del fatto prodigioso si diffuse rapidamente attirando l’attenzione del Vescovo di allora, il grande Sant’Alfonso Maria del Liguori, il quale certificò la veridicità del miracolo dopo una rigorosa inchiesta.

Non possiamo fare a meno di rimarcare la singolare coincidenza che lega questo fatto alla vita di Caterina Sordini. Infatti in uno stesso 19 febbraio, diciassette anni più tardi, ella - ormai giovane novizia tra le francescane di Ischia di Castro col nome di sr. M. Maddalena dell’Incarnazione - vide al posto della parete del refettorio un’ostia luminosa e udì il Signore indicarle la fondazione di un Istituto di Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento.

Il vero lume dell’Eucaristia avrebbe strappato l’uomo dalle oscurità che stavano per avvolgere il mondo a motivo delle idee anticristiane seminate dalla rivoluzione francese.


Anche nel Miracolo di Patierno la Presenza di Cristo nell’Eucaristia brilla come stella nell’oscurità. Il prodigioso evento possiede un grande insegnamento per noi, sul piano simbolico.


La radice stessa della fede della chiesa, l’Eucaristia, viene abusivamente sottratta alla comunità dei fedeli, la parrocchia: non sarà proprio questa l’opera di scristianizzazione della società? Un progressivo rubare dai cuori la certezza della fede nella Presenza permanente del Signore nelle vicende umane?

Le ostie vengono sepolte in un campo, ma la Presenza di cui sono veicolo, …sacramento, non può restare nascosta e brilla nella notte. Sembra la parabola della storia degli ultimi secoli: nonostante il tentativo di sotterrare tra le zolle del dubbio sistematico la fede della Chiesa (e in particolare la fede nell’Eucaristia), essa è emersa più fulgida di prima anche grazie alla testimonianza di alcuni profeti.


Penso qui non solo a Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione, a cui il Signore stesso indicò che il Lume dell’Eucaristia avrebbe salvato il mondo dal relativismo assoluto, ma anche a personalità più vicine a noi come il nostro grande papa Giovanni Paolo II. Egli nella sua ultima lettera Apostolica Mane nobiscum Domine chiama l’Eucaristia Mistero di Luce e, tra le molte altre cose degne di nota, scrive: proprio attraverso il mistero del suo totale nascondimento, Cristo si fa mistero di luce, grazie al quale il credente è introdotto nelle profondità della vita divina.

Suggestivo rileggere queste parole alla luce del Miracolo Eucaristico di Patierno! Paradossalmente proprio il nostro secolo che faticosamente risorge dalla sfida dell’ateismo e dell’indifferenza religiosa è chiamato a penetrare le profondità del Mistero.

Protagonisti del miracolo di Patierno sono poi due capisaldi della società umana e cristiana: la famiglia e il sacerdozio. È una famiglia che “avvista” Gesù - anzi, considerate le precedenti infruttuose ricerche del parroco, potremmo più giustamente dire che è Gesù a manifestarsi a una famiglia -, ma sono i sacerdoti che in seguito lo riconoscono e lo trovano.


Questo insegna come Gesù permanga nel sacramento per tutti, come egli voglia rimanere con i suoi tutti i giorni fino alla fine del mondo, ma tra questi “suoi” ha scelto qualcuno che lo rappresenti in modo particolare, che sia intermediario fra il popolo di questa sua Presenza Perpetua e Salvifica: il sacerdote.





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La Presenza Reale nel miracolo eucaristico di Caravaca


Tra i miracoli Eucaristici che rivelano la Presenza viva del Signore Gesù nell'Ostia santa (i miracoli di Scala, Salerno nell'anno 1730 e di Saint-André de la Réunion in Francia, nel 1905) ce n'è uno del tutto singolare che dimostra con grande efficacia il legame tra Eucaristia - martirio e missione, si tratta del Miracolo Eucaristico occorso a Caravaca in Spagna nel 1232.

In quell'epoca la maggior parte della Spagna era invasa dai Mori e nella regione di Murcia regnava Abu Zeyt, un principe moderato, che si proclamò indipendente dalle altre autorità musulmane. Uno zelante sacerdote don Gines Perez Chinino partì alla volta della regione Murcia per riportare alla vera fede i cattivi cristiani e convertire i Mori.

La sua predicazione ebbe una tale eco che presto fu preso e imprigionato. Dopo alcuni mesi il Principe Abu in persona visitò le carceri del suo castello e, in parte mosso a compassione per il pessimo stato in cui versavano i detenuti, in parte per utilità decise di impiegare ciascuno nella mansione che essi svolgevano prima di essere fatti prigionieri.

Li interrogò così uno ad uno, quando giunse al cospetto di don Gines si sentì rispondere che egli era il più avvantaggiato di tutti avendo un potere maggiore dello stesso Re. Incuriosito il sovrano prese a fare domande e scoprì che il sacerdote si riferiva a quella che i cristiani chiamano Messa durante la quale pane e vino diventano, per le parole del sacerdote, il corpo e il sangue del Signore.

Il Principe moro non volle credere e invitò il sacerdote a celebrare una S. Messa al suo cospetto. Don Gines gli disse che erano necessarie molte cose: paramenti, altare, offerte, ecc. Abu permise che tutte fossero procurate, cosicché don Gines principiò a celebrare, con trepidazione, la santa Messa. D'un tratto si fermò e guardandosi attorno non poteva continuare, il Principe gli chiese se per caso non mancasse qualcosa, rispose il sacerdote che sì, mancava la croce.

Al che il sovrano additando verso il cielo disse: è forse quella? Una croce ortodossa, infatti, scendeva dal cielo trasportata per mano di angeli. Gli angeli fecero intendere che la croce era stata tolta dal collo di San Roberto patriarca di Gerusalemme e che essa era fatta con il medesimo legno della croce che accolse il sacrificio del Redentore.


Una grande commozione scese su quella singolare assemblea e don Gines proseguì la celebrazione Eucaristica, all'elevazione dell'ostia un nuovo prodigio si compì: tanto il Re moro che gli altri partecipanti videro dentro al Pane Eucaristico un bimbo di bellissime fattezze, il Cristo benedetto. Sopraffatto dalla commozione Abu Zeyl chiese di essere battezzato e si fece chiamare col nome di Vincenzo, la moglie Ayla mutò il suo nome in Elena e i due figli presero il nome di Ferdinando e Alfonso, anche i componenti della corte seguirono il sovrano nella conversione.

Oggi, a testimonianza di quel miracolo, resta la doppia croce il cui legno, intatto, sfida l'usura del tempo.

La singolarità di questo miracolo risiede nel fatto che in tutti i suoi elementi è una vera catechesi sulla Messa e in particolare sul Mistero della Presenza che la Messa realizza. Anzitutto don Gines viene imprigionato a causa della Parola annunciata: rimando alla liturgia della Parola, ma anche segno della disponibilità a morire come Cristo e per Cristo che è l'atteggiamento fondamentale del credente che si accosta all'altare. Inoltre vi è la professione di fede: egli si dichiara apertamente sacerdote di Cristo.


Nelle domande del Sultano circa la Messa e nelle risposte di don Gines con la relativa raccolta di tutti gli oggetti necessari per la divina liturgia, vi è una sorta di omelia, di insegnamento catechetico per introdurre il Moro nelle verità della Fede.


Nell'apparizione della santa Croce e del Bimbo vi è racchiuso l'intero Mistero pasquale: dal Sacrificio della Croce all'incarnazione. Il Moro viene condotto a comprendere che quel Bimbo splendido - segno di bellezza e di rinascita - visto nell'Ostia è lo stesso Cristo che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato - contemplato poc'anzi nel crocifisso.


Il Sacrificio di Cristo, la sua beata Risurrezione e la sua conseguente Presenza Reale nel Sacramento è Mistero offerto a tutti: a "convertire" questo musulmano e i suoi familiari interviene infatti, la totalità della Chiesa. Nella croce apparsa c'è il segno dell'ortodossia, nella menzione di Gerusalemme, è presente la matrice da cui è nato il cristianesimo - il giudaismo - nel sacerdote celebrante c'è la Chiesa cattolica.


Significativo è inoltre il fatto che non si poteva dar seguito alla Messa perché mancava il crocifisso, vale a dire che la Messa è tale solo allorché realizza il mistero pasquale, che è attualizzazione del sacrificio di Cristo.
Mancava la croce e gli angeli procurarono una croce degli ortodossi, scismatici secondo la mentalità corrente di quel secolo, scismatici - forse - ma fratelli e partecipi del mistero di Cristo. Gli angeli portando un oggetto di quella Chiesa sottolinearono così che solo la Chiesa una, la Chiesa unita può essere missionaria ed evangelizzare, realizzando nel mondo quella Presenza Reale che il Signore stesso ha promesso: Che siano una cosa sola come tu Padre sei in me ed io in te.


Caterina63
00lunedì 2 febbraio 2009 23:10


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L'evidenza del Mistero Eucaristico nel miracolo di Boxtel


Voi siete stati comprati a caro prezzo, insegna san Paolo.
Nell'Eucaristia Cristo è la memoria viva di questo acquisto unico e irrevocabile, firmato nel sangue. Il miracolo di Boxtel insegna l’evidenza della Verità, l’evidenza del Mistero.

Nel primo dei miracoli di Gesù, secondo il dettato giovanneo, quello cioè del cambiamento dell’acqua in vino a Cana, è in qualche modo adombrato il miracolo della transustanziazione del vino nel sangue di Gesù.
Se del primo miracolo non possiamo avere riprova se non per la fede nella testimonianza della Scrittura e nella trasmissione apostolica, del miracolo eucaristico che quotidianamente si rinnova su migliaia di altari sparsi nel mondo ne abbiamo invece una prova certa.


Attorno all’anno 1379 nella città di Boxtel in Olanda un sacerdote di nome Eligius Van der Aecker si apprestava a celebrare la santa Messa nella Chiesa di san Pietro (saint-Petrukerk). Nel Medioevo si era soliti celebrare con vino rosso, ma per motivi a noi ignoti quel giorno don Eligio usò per la celebrazione del vino bianco.


Si trovava all’altare dei Santi Magi e dopo l’elevazione urtò involontariamente contro il calice che si rovesciò spargendo il contenuto sull’altare. Benché egli avesse usato del vino bianco, corporale e tovaglia si macchiarono subito di sangue di vivo color rosso. Don Eligius turbatissimo proseguì la celebrazione senza dire niente a nessuno, ma al termine della Messa raccolse i sacri lini e corse in sacrestia per lavarli di nascosto.


Vedendo che le macchie di sangue rimanevano immutate mise i lini in una valigia per lavarli più tardi, comodamente, nell’acqua corrente di un canale derivato dal fiume Dommel. Tuttavia anche questo espediente non diede frutto: le macchie di sangue rimanevano intatte sia sul corporale che sulla tovaglia d’altare. Quasi spaventato il sacerdote nascose le preziose reliquie in casa sua senza rivelare ad alcuno l’accaduto.

Poco tempo dopo però don Eligius si ammalò gravemente e capendo di essere ormai prossimo alla fine decise di rivelare al confessore, don Enrico Meheim, tutto l’accaduto. Dopo la morte di Van Aecken i sacri lini tornarono alla chiesa di san Pietro e nel 1380 - grazie all’intervento del cardinal Pileus, legato pontificio di papa Urbano VI - si ottenne il permesso del culto pubblico delle sacre reliquie.


Secoli dopo, nel 1652, diffondendosi in Olanda il calvinismo, le reliquie furono portate a Hoogstraten, in Belgio presso la Collegiata di santa Caterina. Qui ancora si può ammirare la preziosa tovaglia, mentre il sacro corporale fu restituito a Boxtel nell’anno 1924.

Voi siete stati comprati a caro prezzo, insegna san Paolo. Nell’Eucaristia Cristo è la memoria viva di questo acquisto unico e irrevocabile, firmato nel sangue. Il miracolo di Boxtel insegna l’evidenza della Verità, l’evidenza del Mistero.


È singolare che fosse il sacerdote stesso - protagonista del miracolo - a vergognarsi, a non credere. È lo stesso sentimento che colpisce i discepoli di fronte a un Messia condannato alla crocifissione, di fronte a una Resurrezione che non trova categorie culturali adeguate per essere creduta. Impossibile che in questi fatti vi sia invenzione. Come è impossibile che il buon Van Aecken possa aver architettato un miracolo del quale provava persino vergogna.


Con un anticipo di quasi 3 secoli sulle teorie calviniste che negavano la Presenza eucaristica, Gesù ha voluto dare una prova della verità della transustanziazione scegliendo proprio quest’uomo che per qualche inspiegabile ragione celebrò con vino bianco e si ritrovò una tovaglia macchiata di rosso sangue, vivo e indelebile.


L’evidenza della verità continua nell’epilogo del miracolo, testimoniato in punto di morte, quasi come una consegna: la consegna di se stesso e della propria debolezza a quel sangue che certificava la fede della Chiesa nel Dio della vita.


Non conosciamo i sentimenti che dovettero attraversare il cuore di quel sacerdote nel suo ultimo anno di vita, vissuto all’ombra di un tal mistero. Una cosa però è certa, la sua vicenda ci insegna a non vivere superficialmente il nostro rapporto con l’Eucaristia: lì c’è un sangue che pulsa d’amore per l’uomo, ancora e nonostante tutto, a dispetto dei gorghi del peccato e delle infinite menzogne che fuori o dentro la Chiesa vogliono indebolire la forza del Mistero. Cristo c’è, non nel miracolo - che è solo un richiamo al vero - ma nella vicenda di uomini che in questo sangue versato hanno trovato e ancora trovano il coraggio di vivere e di morire.

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L’Eucaristia Sacramento di Unità: il miracolo di Daroca


Siamo nel 1239, la Spagna è invasa dai mori che palmo dopo palmo conquistano vasti territori e città.

Giacomo I d’Aragona non vuole soccombere, anzi vuol riconquistare il regno di Valencia diventato già terra mussulmana. Dispiega pertanto un esercito di seimila uomini distribuiti in tre guarnigioni. Una di queste, composta da tre città: Daroca, Calatayud e Teruel, è capitanata dal generale Berenguer de Entenza, zio del re e signore della Baronia di Chio. Conoscendo la posizione strategica del Castello di Chio, sulle rive del Lucente, ormai roccaforte dei Mori, il generale decide di partire proprio dalla conquista di quel luogo.

Capitanano le truppe dell’esercito di Berenguer, sei comandanti di varia provenienza. Tre aragonesi: Jiménez Pérez, Germán Sánchez de Ayerbe e Ramón de Luna; due catalani: Guillén de Aguiló, Simón Carroz e, difficile a credersi, un arabo: Zeit Abuzeyt, il quale, già re di Valencia, essendo stato destituito da Zaèn attuale re moro, era passato tra le fila cristiane e si era convertito al cristianesimo prendendo il nome di Vicente Belbis.

Quest’ultimo capitanava i mori della sua banda.
I sei comandanti in carica dopo aver accampato le truppe chiedono di poter ricevere la Comunione. La Santa Messa ha luogo “sul campo”, nei pressi di Daroca ed è presieduta dal cappellano del posto don Matteo Martinez. Avviene però che durante lo svolgimento della celebrazione truppe mussulmane attaccano di sorpresa. I sei capitani si precipitano a fronteggiare il nemico, mentre don Matteo, timoroso di un sacrilegio, nasconde le sei ostie avvolte nel corporale sotto un masso. Terminata la battaglia con la fuga dei mori, i sei capitani chiedono al cappellano di riprendere la Messa e di essere comunicati. Don Matteo, giunto al nascondiglio del sacro corporale, trova le ostie sanguinanti e attaccate al lino.


Il miracolo viene letto come un presagio di vittoria e quindi, con un coraggio eroico, le truppe dei sei comandanti si lanciano alla conquista del castello di Chio. Davanti a loro sventola come vessillo lo stesso corporale insanguinato, alla cui vista i saraceni, pieni di confusione e terrore sono indotti, secondo le cronache a noi pervenute, ad uccidersi tra loro.


La vittoria fu grande, ma quando si cercò di dare una degna sistemazione alla Sacra Reliquia i sei capitani cominciarono a discutere. Ciascuno desiderava ospitare il prezioso telo nella propria città. Poiché la disputa prendeva accenti molto forti, il generale Berenguer propose di tirare in sorte la città prescelta. Per tre volte la sorte cadde su Daroca, nonostante ciò nessuno dei capitani delle altre città volle cedere. Decisero allora una nuova ed ultima prova.

Presero una mula araba tutta bianca, che mai - prima della recente battaglia - aveva percorso quelle regioni spagnole, e dopo averla finemente bardata le posero in groppa il Corporale. Lasciarono così che la mula seguisse un percorso qualsiasi, mentre don Matteo con un cero acceso e altri soldati, la seguivano a distanza per assisterla e vedere dove si fosse fermata.

La mula partì il 23 febbraio dai territori conquistati e nei suoi 12 giorni di viaggio fu protagonista inconsapevole di prodigi e miracoli. Le cronache attestano infatti avvenute conversioni e guarigioni, voci di angeli e musiche celestiali udite in tutti i luoghi dove passava la mula recando il Sacro Corporale. Transitò così per Teruel, Calatayud e dopo un viaggio di oltre duecento miglia entrò in Daroca, salutata da una folla trionfante. Qui, la bianca mula, proprio davanti alla porta dell’allora Chiesa di San Marco, si accasciò al suolo e cadde morta. La Sacra Reliquia era giunta a destinazione.


Cadeva il 7 marzo del medesimo 1239, e in Italia era già nato un futuro cantore dell’Eucaristia, san Tommaso d’Aquino che aveva all’epoca solo 14 anni. Molto più tardi, quando il miracolo fu riconosciuto, gli abitanti di Daroca chiesero ed ottennero di avere come patrono lo stesso San Tommaso, la cui festa liturgica prima della riforma del Concilio Vaticano II, cadeva proprio il 7 marzo.


Nel 1261 papa Urbano venne a conoscere gli atti del processo del miracolo, papa Eugenio accordò alla città di Daroca uno speciale anno giubilare da celebrarsi ogni 10 anni, mentre papa Sisto IV ridusse il rinnovo del giubileo a sei anni in memoria delle sei ostie miracolose.

Come può parlare di unità un miracolo occorso in tali vicissitudini belliche?
Anzitutto la cosa curiosa è che gli atti del processo del miracolo attestano che i testimoni ritenuti credibili (il testo dice: degni di fede) furono sia cristiani che mussulmani: “testimonios dignos de fe asín Xristianos como moros”. Di fatto tanto tra i sei capitani, che fra le truppe cristiane vi erano spagnoli e arabi.
Inoltre vien da chiedersi se il segno delle ostie insanguinate fu interpretato correttamente. I sei capitani lo identificarono come pegno di vittoria sicura ed è indubbio che il Signore fosse con loro, ma c’è da chiedersi se fosse Presente proprio come pensavano loro.


Nell’Eucaristia si attualizza il sacrificio di Cristo al Padre per la salvezza del mondo e l’unità fra i popoli. Forse questo voleva richiamare il Signore rendendo evidente la sua Presenza attraverso il sangue vivo sgorgato dalle ostie. Il sangue che di lì a poco si sarebbe versato sul campo di battaglia, è lo stesso sangue che scorreva nelle vene del Salvatore (quello del corporale, infatti, com’è stato recentemente accertato, è sangue umano). Il sangue di ogni uccisione grida dalla terra come e più di quello dell’antico Abele, poiché dacché il Figlio di Dio si è fatto uomo, ogni violenza fatta all’uomo preme sul cuore di Dio.


Il Miracolo Eucaristico voleva allora educare all’unità, tant’è che gli stessi arabi che ne furono testimoni, furono poi conquistati alla causa del Signore.
E che il segno del miracolo fosse stato interpretato in modo forse arbitrario, lo dice la successiva disputa. Quel vessillo miracoloso che aveva sbaragliato i Mori non fu in grado di tenere uniti i cristiani che, anzi, a motivo di quello si scontrarono. Anche qui però il Signore volle pazientemente educare. Riportò la pace, infatti, una mula “mussulmana”.


Questa mula che così fortemente evocava il nemico appena sconfitto, passò recando il Re della Pace che, come già un tempo a Gerusalemme, sempre va incontro all’uomo quale Principe pacifico.
Affidarsi al negoziato, al dialogo, all’amore e alla forza inesauribile della Presenza di Cristo nella sua Chiesa e nel Sacramento: ecco le armi della pace e dell’unità tra i popoli.


San Pietro, in una delle sue lettere, ricordando il profeta Balak scrive che un muto giumento impedì la demenza del profeta (2 Pt 2,16). Balak infatti non poteva vedere l’angelo del Signore che invece era riconosciuto e visto dalla sua mula. Così in questo miracolo meglio dei cristiani poté scorgere la via della pace e dell’unità un giumento mussulmano. Quella mula bianchissima fu vera foriera di pace non per suo potere, ma per il potere di Colui che essa portava.


Chiunque si lascia guidare da questo Sacramento non potrà che implorare l’avvento della pace e dell’unità, dando la vita per esso, sull’esempio del Signore Gesù che nell’ultima cena associò il suo sacrifico all’amore scambievole e all’unità: Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me. (Gv 17, 21.23)





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L’Eucaristia Sacrificio: i miracoli di Lanciano e Bolsena-Orvieto



I miracoli eucaristici in cui, a causa di un sacrilegio o di un forte dubbio riguardo al Mistero, le sacre particole sanguinano o il vino della celebrazione si trasforma in sangue rappresentano, forse, la maggioranza.

Tra i più antichi e famosi si ha quello di Lanciano (Chieti) che si verificò nell’anno 750 nella Chiesa di Legonziano. Il nome sembra derivare da san Longino, il centurione che dopo aver trafitto Gesù con la lancia si convertì. La famiglia di Longino, secondo un’antica leggenda, era originaria di Lanzanum (Lanciano appunto) e si trasferì in Palestina.


Nella Chiesa di San Legonziano dunque, un monaco mentre celebrava l’Eucaristia fu assalito dai dubbi circa la Presenza reale del Signore nelle Sacre Specie e così si accorse, dopo la consacrazione, che l’ostia era divenuta carne e il vino sangue. E’ risaputo che la Sacra Ostia, così trasformata e tuttora conservata in una teca, è parte del muscolo del cuore umano e il sangue appartiene al gruppo AB, il medesimo della Sindone.
Non occorrono laboriose spiegazioni per associare questo miracolo al Sacrificio di Gesù sulla croce e al continuo riattualizzarsi dello stesso sacrificio nelle celebrazioni eucaristiche.


Quasi a compimento e continuazione di questo antico miracolo ne seguì un altro altrettanto famoso in Italia, quello del corporale di Orvieto. Siamo nell’anno 1263, un prete boemo, Pietro da Praga è tormentato dal dubbio ogni qualvolta celebra la Messa. Di ritorno da un pellegrinaggio a Roma sosta a Bolsena, da dove intendeva proseguire fino a Orvieto che, allora, ospitava il papa Urbano IV.

Forse quel sacerdote nutriva il segreto desiderio di incontrare il papa e metterlo a parte del suo tormento, ma accadde che mentre celebrava nella Chiesa di Santa Cristina, a Bolsena, invocò lume dal Signore circa la verità del divino sacrificio. All’istante l’ostia si convertì in sangue vivissimo che, nonostante i vani tentativi da parte di don Pietro di nasconderlo, macchiò il corporale posto sull’altare e il marmo del pavimento.

I fedeli videro il fatto miracoloso e subito sparsero la voce che raggiunse il papa a Orvieto. Nella macchia di sangue sulla pietra, infatti, e in quelle del Corporale molti asserivano (e asseriscono) di vedere l’immagine del Redentore. Urbano IV mandò il vescovo di quella città a prelevare il sacro Corporale e dopo aver accertato l’evento miracoloso l’11 agosto 1264 promulgò (l’8 settembre 1264) la Bolla “Transiturus” che istituiva la festa del Corpus Domini. Si decise allora di edificare proprio a Orvieto (alla cui diocesi apparteneva Bolsena) un tempio a custodia della preziosa reliquia.

E’ bello pensare come questi due miracoli ci riportano in modo straordinario sotto la croce. Il primo grazie alla memoria di Longino che compì quel gesto caro al Vangelo di Giovanni dal quale una innumerevole schiera di santi trasse ispirazione e forza per la propria fede: dal costato squarciato scaturì sangue ed acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa.

Nel secondo il sangue sgorgò a fiotti nel corso dell’elevazione richiamando alla memoria quel passo di citato dallo stesso Giovanni: volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto. Da questo sangue la Chiesa di ogni tempo rinasce a vita nuova, trae ispirazione e forza per il suo agire e percorre i secoli e i tempi in mezzo alle persecuzioni del mondo e alle consolazioni di Dio.

La parola sacrificio oggi non gode di buona fama e la fede cristiana è stata spesso tacciata di stoicismo, quando non di masochismo, a motivo del suo sguardo rivolto al crocifisso. Eppure nel sacrificio di Cristo trovano senso i dolori del mondo e senza la vittoria di Cristo sulla morte e su quella morte infame niente a avrebbe né senso né speranza.

Ripensare all’Eucaristia come al frutto di questo sacrificio significa dunque riaffondare le radici nella speranza cristiana che trova la sua certezza proprio in questo cibo di vita che ha gettato un ponte sulla sofferenza e sulla morte.

Caterina63
00lunedì 2 febbraio 2009 23:18


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L’Eucaristia Sacro Convito: il Miracolo di Ischia di Castro.


C’è un miracolo eucaristico a noi caro, che non risulterà in nessun libro che indaghi o raccolga tutti i prodigi riguardanti il mistero dell’Eucaristia.


Si tratta del Miracolo del Pane occorso a Ischia nell’anno 1802, per averne certa e chiara documentazione basta recarsi nell’archivio della ex curia di Acquapendente (VT) e lì scartabellare tra i polverosi fogli dell’incartamento relativo alla serva di Dio Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione.


Questo miracolo umile, perché nascosto e cancellato dall’orda francese che si abbatté su quei e molti altri luoghi, ci aiuta a penetrare la verità dell’Eucaristia quale Sacro Convito. Un convito vero, reale, un Pane a tutti gli effetti, eppure un Pane “altro”. Di questo Sacro Convito, quale è l’Eucaristia, fu prefigura l’evangelica moltiplicazione dei pani ed è proprio alla moltiplicazione dei pani che il miracolo di Ischia di Castro rimanda. Ma procediamo con ordine tenendo d’occhio le polverose carte della Curia vescovile di Acquapendente dove, dopo aver appreso il prodigioso evento e aver interrogato numerosi testimoni, il vescovo mons. Florido Pierleoni, appose la sua firma e il suo placet!

Sul finire del 1700 e nei primi anni del 1800, possedere una grande forno era, soprattutto nei piccoli centri abitati, una grande fortuna. Madre Lillia del Crocifisso, devota amica di san Paolo della Croce e solerte Fondatrice di un Istituto di Terziarie francescane dedito all’educazione delle fanciulle, volle che i suoi Monasteri, pur vivendo la francescana povertà, non fossero privi di quel bene sommo che è il forno.

Anche il poverissimo Monastero di Ischia ne aveva uno che era meta di molti abitanti del luogo i quali, portando la misera farina raccolta, ricevevano dalle buone suore del pane cotto e fragrante con il quale sfamare i loro cari. In questo Monastero, nell’anno 1802, divenne Superiora un giovane monaca di origine toscana, suor Maria Maddalena dell’Incarnazione. La sua devozione per il Santissimo Sacramento, che così spesso quelle suore adoravano, era nota a tutti, dentro e fuori Convento, quanto però alle sue capacità di governo nessuno sospettava nulla, anzi ci si meravigliava che avessero potuto eleggere lei, superiora di quel Convento.


Nell’estate di quell’anno la miseria fu più grande che mai. Le campagne non avevano dato un buon raccolto, si era già a metà giugno e poco o nulla si riusciva a raccogliere. Il 16 giugno era giovedì, giorno del Corpus Domini, le sorelle converse, addette al Forno, andarono dalla Madre dicendole che non si trovava farina in tutta Ischia se non un paio di staia, gentilmente offerte dalla signora Margherita Castiglioni, e altre piccole porzioni di farina racimolate qua e là.

La Madre ingiunse, in virtù di santa obbedienza, alle due sorelle di buttare la farina nella solita quantità d’acqua e mescolare: il Signore avrebbe provveduto al solito quantitativo di pane. Le due, credendola del tutto sprovveduta di nozioni circa l’impasto del pane, la guardarono con un pizzico di ironia, tuttavia obbedirono e si cinsero a mescolare il composto acquoso, entro al quale la farina si faticava a riconoscere.


Da pochi attimi però Madre Maria Maddalena era giunta in coro, quando misteriosamente la farina si rapprese e il composto andò inspiegabilmente ad aumentare di volume e crebbe e si amalgamò fino a diventare una pasta bella e filante, pronta per essere trasformata in pagnotte bianche come non lo erano mai state in quei calamitosi tempi.


Le converse, attonite e confuse, cossero la medesima quantità di pane che durò per molti giorni, sfamando le sorelle del Monastero e la gente di Ischia, fino al giorno dei Santi Pietro e Paolo, cioè il 29 giugno di quello stesso 1802. Il miracolo passò di bocca in bocca e giunse all’orecchio del Vescovo che nel giorno 5 luglio dello stesso anno, aprì un processo diocesano sul miracolo da cui, appunto, abbiamo attinto queste notizie.

Cosa può insegnare a noi dell’Eucaristia quale Sacro Convito, questo evento prodigioso che non riguarda direttamente il santissimo Sacramento?
Il legame più forte con l’Eucaristia è rappresentato dal giorno - certo non casuale - in cui è avvenuto il miracolo: il Corpus Domini. Se il Giovedì Santo la Chiesa ricorda l’istituzione dell’Eucaristia e quindi il Mistero di questo Convito strettamente legato al sacerdozio ministeriale, nel giovedì del Corpus Domini (oggi purtroppo spostato alla domenica) la Chiesa guarda all’Eucaristia come Banchetto offerto a tutti i popoli. Nel giorno del Corpus Domini, infatti, l’Eucaristia esce per le strade e per le piazze, incontra la gente comune, quella che si accosta al banchetto Eucaristico e quella che in Chiesa si reca raramente, se non quasi mai.


Il luogo del Miracolo poi fu un forno, un focolare quindi, rimando inevitabile alla chiesa domestica, alla famiglia. Il forno rimanda anche a quel fuoco di carità che spinse Cristo a rimanere con noi nel Sacramento.


Il pane fu poi realizzato con l’offerta di una donna, la quale non diede semplicemente parte della sua farina, ma tutta quanta la farina posseduta. Il legame con l’evento della prodigiosa moltiplicazione del pane da parte di Gesù è evidente, anche allora un ragazzo diede tutto il pane che aveva.


Altri ingredienti sostanziali furono l’obbedienza, sia pure un poco scettica delle due religiose, e la fede della Madre.


Tutti mangiarono e furono saziati con un pane di gran lunga migliore del solito pane, un pane che mentre nutrì i corpi, edificò la carità dentro e fuori del Convento.
Ecco allora spiegato il Mistero del Sacro Convito: una mensa che nasce dalla carità di Cristo, dal suo Amore per noi. Una mensa che chiede però l’offerta di tutto noi stessi, delle nostre poche staia di farina; una mensa che chiede l’obbedienza sia pure imperfetta ai comandi e ai suggerimenti divini. Un banchetto aperto a tutti che non chiede alcun abito per accostarvisi se non quello della fede e dell’amore.


In questo Sacro Convito siamo nutriti dello stesso Cristo che vuole stare con noi, non solamente nelle chiese o nelle sacrestie, ma dentro i nostri rapporti quotidiani e familiari, nelle nostre strade e nelle nostre piazze, là cioè dove si edifica la città.


Il miracolo del Pane perdurò a Ischia di Castro fino al giorno dei Santi Pietro e Paolo, colonne della Chiesa: questo Sacro Convito, pur essendo aperto a tutti i popoli, è offerto dalla Domus Ecclesiae, dalla Chiesa edificata dai Apostoli e dai loro successori.




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L’Eucaristia, pegno della gloria futura: Il Miracolo di Torino



Un po' di storia



Correva l'anno 1453 e il cattolicesimo navigava in cattive acque: Costantinopoli, caduta in mano a Maometto II, fu messa dura prova con saccheggi, profanazioni di Chiese e terrore: quarantamila cristiani furono uccisi e molti altri furono gettati in carcere. Maometto in persona entrò nella celebre basilica di Santa Sofia e salendo sull'altare proclamò se stesso vero Dio; subito dopo uccise barbaramente il re Costantino Dragosete e tutta la famiglia. L'Italia divisa in molti staterelli non aveva la forza per far fronte a tale minaccia.


Anche il Piemonte, unico stato libero, stava per essere attaccato. Regnava in quell'anno Ludovico di Savoia, figlio di Amedeo VIII il quale era divenuto famoso per aver rinunciato al trono in favore del figlio ed essersi ritirato presso un castello fondando l'ordine cavalleresco-religioso di S. Maurizio. Il suo percorso spirituale doveva rivelarsi però alquanto tortuoso perché mentre regnava papa Eugenio IV fu eletto antipapa col nome di Felice V, pentitosi riconobbe poi il papa legittimo, fu creato cardinale e morì, nel 1451, in concetto di santità.


Il figlio Ludovico fu un re debole e il governo del ducato di Savoia passò quasi interamente alla moglie Anna di Lusignano, principessa di Cipro. La loro figlia Carlotta sposò Luigi, figlio di Carlo VII re di Francia e, fu proprio questo matrimonio a causare la lotta tra i due stati.
Carlo VII, infatti, in parte contrariato a causa del matrimonio disapprovato, in parte per il desiderio di riappropriarsi del regno di Napoli pretese di passare liberamente con le sue truppe sul suolo piemontese. Al rifiuto di Ludovico di Savoia, invase il Piemonte.

Il miracolo


Il duca Renato d'Angiò valicò le Alpi con l'esercito francese. Per contrastarne l'avanzata, le truppe piemontesi di Ludovico di Savoia occuparono il forte di Exilles, che si trovava in una posizione chiave per il controllo della via delle Gallie.
Alcuni soldati si introdussero nella chiesa parrocchiale di Exilles, ne rubarono i sacri arredi, asportando anche un Ostensorio d'argento esposto per l'Adorazione Eucaristica e contenente dunque l'Ostia Santa. I soldati vendettero poi la refurtiva a poco prezzo ad alcuni mercanti i quali la posero in un sacco e la caricarono su di un mulo si avviandosi, per Susa, Avigliana e Rivoli, alla volta di Torino. Vi giunsero il 6 giugno dello stesso 1453, ottava del Corpus Domini.


Arrivati in Piazza del grano, presso la Chiesa di S. Silvestro, il mulo incespicò e cadde, anche il sacco si rovesciò e la povera bestiola inginocchiatasi, nonostante le percosse, non voleva più alzarsi. Fu allora che il sacco si aprì e l'ostensorio salì miracolosamente verso il cielo librandosi nell'aria cominciando a risplendere come il sole. Erano circa le cinque pomeridiane
Si sollevo un coro di voci che gridava al miracolo ed accorse anche un sacerdote, don Bartolomeo Cocone il quale, a sua volta corse a chiamare il vescovo. Mons. Lodovico di Romagnano, venne in compagnia dei canonici e dei religiosi che si trovavano in quel momento in Duomo e quando fu alla presenza del miracolo l'ostensorio cadde a terra, e rimase sospeso solo l'Ostia Santa. Tutti si inginocchiarono pieni di meraviglia e compunzione, il presule allora si fece portare un calice e innalzandolo vide le sacre specie scendere lentamente e adagiarsi in esso.
L'ostia fu portata processionalmente in cattedrale dove restò esposta alla pubblica venerazione.

La prima testimonianza del miracolo, firmata da undici testimoni, è andata perduta, ma ne rimane un riassunto, conservato nell'archivio municipale in una cassetta di cipresso costruita appositamente per questo [1].
Sul luogo del miracolo prima fu innalzata una colonna, poi fu costruita l'attuale basilica del Corpus Domini. L'ostia non si conserva più: venerata per una quarantina d'anni, fu consumata per ordine della Santa Sede "per non obbligare Dio – si legge nei documenti – a fare un continuo miracolo, conservandola intatta."


L'Eucaristia pegno della gloria futura


Come questo miracolo può aiutarci a meglio penetrare l'Eucaristia quale pegno della gloria futura?
La gloria futura è la certezza della vita eterna, è, per l'uomo, primizia della sua immortalità. Da sempre l'uomo non accetta di dover morire, non si rassegna alla sua finitudine: egli aspira all'eternità e ha nel cuore il desiderio costante di una gioia perfetta e duratura, di una vita che non muore. Cristo è venuto per offrirci una caparra di tale certezza effondendo nell'uomo il suo soffio divino. Se Cristo non fosse risorto - afferma l'apostolo Paolo - è vana la nostra fede!


Nella comunione quotidiana non riceviamo per così dire una iniezione di eternità, veniamo "cristificati" ottenendo in anticipo qualcosa di quella dimensione gloriosa che vivremo nel Regno del Padre.
Ed ecco che questo miracolo ci testimonia la Presenza del Risorto nell'Ostia Santa. Per miracoli simili possiamo dire: Cristo è risorto e non è vana la nostra fede! Come può infatti un pane inerme sollevare un pesante ostensorio d'argento se non perché abitato dal Mistero? Qui si tocca con mano la Presenza di Dio in mezzo agli uomini, cioè, appunto, la gloria! Se Cristo nell'ostia è vivo, allora veramente, comunicandoci, noi ci nutriamo di eternità. Veramente riceviamo con l'Eucaristia un pegno sicuro della vita che ci attende nella gloria dei Santi.

[1] Alli 6 di giugno 1453 a hore 20 [tra le ore 16 e le 17] un giobbia [giovedì] apparse la sancta hostia. Venendo certi huomeni di Cherio [Chieri] da certa guera o discordia che era tra francesi et savoja et piemontesi per certi mercadanti con la lhoro mercantia ritenuta a Assiglie [Exilles: in quei tempi il castello di Exilles faceva parte del Delfinato] la qual fu messa a sacho eccovi che fu un uomo che pigliò nella chiesa di Assiglie lo relliquiario d'argento dov'era il Santissimo Sacramento et lo invillupò in certe balle, le quali gittò sopra un mullo et venendo per Susa, Avigliana, Rivolli et gionse alla città di Turino et subito che il mullo fu entrato in porta Susina per voluntà di Iddio non si fermò sin che fu in questo luocho et subito giunto quivi si gettò in terra et subito furno disligatte le balle per voluntà del Signore Iddio et subito senza alchuno agiuto humano, uscì fuori il vero et Santissimo Corpus Domini con lo relliquiario nel aria miracollosamente con un grande splendore et ragi et pareva il solle.

Vedendo questo un certo prete chiamato Messer Bertholomeo Chochono presto se ne andò da Monsignor Reverendissimo Lodovicho Romagnano episcopo della presente città di Turino il qualle intendendo questo, subito viene con tutto il clero del domo grande con la Croce accompagnato da canonici et relligiossi che si ritrovavano et quando lo Reverendissimo fu gionto in questo luocho [piazza del Grano] subito cascho lo relliquiario in terra et rimasse lo Santissimo Sacramento in l'aria con grandi raggi et splendore.
Il che vedendo questo miracollo subito Monsignor Reverendissimo s'inginocchiò con tutti gli astanti et adorando il Santissimo Sacramento come vero Iddio, nostro vero redemptore, fece portare un callice et presente tutto il popollo descende nel callice la Santissima hostia con grande veneratione honore et reverenza come debitamente si conviene et la portano alla chiesa cathedralle di San Giovanni Baptista accompagnata dalli Reverendi Canonici et relligiossi con molti magnifici et nobili cittadini […]"





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Santarém: dall’Eucaristia il dono della riconciliazione



La località è sicura: Santarém, una cittadina del Portogallo situata tra Lisbona e Fatima, patria di sant’Irene e di San Ferdinando re. Incerta invece è la data del miracolo. I documenti originali sono andati distrutti e le numerosissime testimonianze che ci rimangono recano date diverse: 1266, 1247, 1346. Queste differenze sembrano attribuibili al fatto che a Santarém si verificò un doppio miracolo e che dalla particola il sangue vivo è sgorgato più volte lungo i secoli.

Ma ricordiamo i fatti: tra il 1266 e il 1247 una giovane sposa, tormentata dall’infedeltà del marito e nell’estremo tentativo di riconquistare l’amore di lui, si rivolse a una fattucchiera. Questa le disse di essere in grado di elaborare un potente filtro d’amore che avrebbe ridato al marito la fedeltà e passione originaria; ingrediente indispensabile per una tale prodigiosa pozione era però una particola consacrata che la sposa stessa doveva procurare.


La giovane donna, pur consapevole del sacrilegio, assecondò la richiesta e recatasi nella sua parrocchia, la Chiesa di Santo Stefano, dopo aver ricevuto l’Eucaristia la nascose furtivamente nell’angolo del fazzoletto che portava sul capo. Una volta uscita si diresse velocemente verso casa, ma alcune persone la fermarono chiedendole se si fosse ferita perché vistose gocce di sangue segnavano il suo cammino. La donna capì all’istante da dove venisse il sangue e col fiato in gola corse a casa, nascondendo rapidamente la particola - avvolta in un panno - dentro a un baule di cedro.


La donna parve acquietarsi, venne la sera, il marito rincasò e, dopo aver cenato si coricarono come al solito. Improvvisamente però, nel cuore della notte, furono svegliati da un bagliore di luce che palpitava dentro la stanza e proveniva dal baule della donna. Questa fu allora, costretta a raccontare ogni cosa al marito che rimase attonito a guardare l’ostia luminosa e sanguinante. I due passarono il resto della notte in silenziosa e commossa adorazione godendo anche - almeno così si tramanda - una visione di angeli adoranti il prodigio.

Non appena fu mattina corsero ad avvertire il parroco, la voce del miracolo si sparse e molta gente si recò nell’abitazione per prostrarsi in adorazione e pregare. L’ostia fu riportata in Chiesa con una solenne processione, il parroco la ripose in un reliquiario di cera d’api e la sanguinazione continuò ininterrottamente per tre giorni.

A questo punto si colloca un secondo miracolo che alcuni vogliono datare parecchio tempo dopo e cioè, appunto, attorno al 1340.

Un giorno il sacerdote che doveva ispezionare la reliquia contenuta nel vasetto di cera, trovò la cera liquefatta e la particola ben custodita dentro una teca di cristallo a collo stretto, ermeticamente chiusa. Nella teca è ancora oggi ben visibile il sangue mescolato a residui di cera e nel corso dei secoli sono state raccolte numerose testimonianze di persone che non solo hanno visto nuove emissioni di sangue, ma anche l’immagine del Salvatore. Tra queste quella autorevole di san Francesco Saverio che visitò il Santuario prima di partire missionario per le Indie.

Quella fattucchiera, suo malgrado, disse alla giovane donna una grande verità: veramente l’Eucaristia è un cibo potente capace di far tornare nell’uomo la fedeltà e l’amore originario. Di fatto i due sposi di Santarém risolsero il loro problema familiare grazie alla presenza viva e operante di Cristo che li riconciliò con Dio e fra di loro.

In questo miracolo il legame tra il sacramento dell’Eucaristia e il sacramento del matrimonio emerge in modo straordinario. È la Presenza che salva e cementa l’unione tra gli sposi; è la capacità di guardare insieme verso un amore più grande del loro - l’Amore di Cristo testimoniato fino al sangue- che dona la forza di superare le difficoltà di rapporto. In questo miracolo, la notte del peccato è stata sconfitta da una notte di adorazione. Un prodigio e una processione (che peraltro si ripete ogni anno durante la seconda domenica di Aprile) ha reso evidente il legame tra la chiesa domestica, la famiglia, e la chiesa parrocchiale.

Anche il secondo evento miracoloso, fa pensare. La cera d’api - pur essendo un materiale altamente evocativo perché rimanda al cero pasquale - non è adatta a custodire del sangue vivo. Il fatto che la particola sia stata ritrovata dentro una teca di vetro testimonia da un lato il ripetersi del prodigio, che certo necessitava di ben altro contenitore, e dall’altro la verità del detto biblico: chi custodisce le cose sante sarà da esse santificato. Quando l’uomo si prende cura del sacro e circonda la sua vita del senso della Presenza di Dio, la Presenza di Dio - il sacro - santifica la sua vita. Il matrimonio dei due sposi di Santarém è stato santificato dalla custodia consapevole della Presenza di Cristo nell’ostia santa, così anche i ministri dell’Ordine sacro - i sacerdoti - quanto più custodiranno quel mistero che sta al cuore stesso del o loro esistere, tanto più saranno custoditi nel loro santo proposito.


Caterina63
00lunedì 2 febbraio 2009 23:24


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Miracolo Eucaristico di Cascia, Italia (1330)


Citare la cittadina di Cascia significa ricordare Santa Rita, ma Cascia è anche il luogo dove avvenne un celebre Miracolo Eucaristico.

Siamo nei dintorni di Siena, nell'anno 1330, cinquant'anni prima della nascita della Santa: un contadino gravemente ammalato – racconta un antico codice – mandò a chiamare un prete per ricevere la Comunione. Quel sacerdote, per incuria e forse per scarsa devozione, infilò l’Ostia consacrata nel libro delle preghiere.

Pare di vederlo questo anonimo prete di campagna mentre, disturbato in un’ora scomoda, si trascina in chiesa, apre il Tabernacolo e, per risparmiarsi la ricerca di una teca, maneggia l’Ostia che racchiude il Corpo di Nostro Signore come se fosse un'immaginetta di poco conto.

Una volta giunto al capezzale del contadino il prete apre il libro delle preghiere e con spavento scopre che l’Ostia si era liquefatta, trasformandosi in un grumo di sangue. Sconvolto richiude subito il libro, lo rimette sotto il braccio e corre via annunciando che sarebbe tornato: «La Comunione – disse – non deve essere "acciabattata"», che nel dialetto locale sta per "sgualcita", "deformata". Andò a Siena e si presentò al Convento di Sant’Agostino dove stava predicando Simone Fidati, uomo dottissimo e Santo, al quale raccontò l’accaduto.

L'autenticità di questo Miracolo è garantita da una serie di significativi elementi. Innanzitutto dal racconto di Simone Fidati – oggi Beato e sepolto nella chiesa di Santa Rita – che ne fu testimone oculare; da un esame scientifico eseguito nel 1687 sulle due pagine del libro, dove le macchie di sangue risultarono perfettamente sovrapponibili; dalle dichiarazioni di vari Papi e, infine, da un fatto soprannaturale e sconvolgente: chi guarda la Reliquia in controluce ancora oggi può riconoscervi il viso dolce e triste di Gesù.

La pagina macchiata di quel libro è attualmente conservata a Cascia nella chiesa di Santa Rita. Il prodigioso avvenimento viene ricordato ogni anno per la festa del Corpus Domini, quando la Reliquia viene portata solennemente in processione.

Nel 1930, in occasione del sesto centenario dell’evento, fu celebrato a Cascia un Congresso Eucaristico per l’intera diocesi di Norcia; fu allora inaugurato un prezioso ed artistico Ostensorio e venne pubblicata tutta la documentazione storica reperibile al riguardo.


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Miracolo Eucaristico di Alatri, Italia (1228)


Al centro dell'Acropoli di Alatri si innalza la Cattedrale di San Paolo (sec. X), che custodisce gelosamente la Reliquia dell'Ostia Incarnata, un Miracolo Eucaristico avvenuto nel 1228, e le spoglie e la statua di San Sisto I, Papa e Martire, Patrono della città. La testimonianza più autorevole su questo Miracolo è contenuta nella Bolla Fraternitas tuae di Papa Gregorio IX del 13 marzo 1228, in cui il Pontefice risponde all’allora Vescovo di Alatri, Monsignor Giovanni V citando direttamente il Prodigio. Ecco il testo in italiano della Bolla Pontificia: «Gregorio Vescovo servo dei servi di Dio al Ven. Fratello Vescovo di Alatri salute ed Apostolica benedizione. Abbiamo ricevuto la tua lettera, fratello carissimo, che ci informava, come una certa giovane suggestionata dal cattivo consiglio di una malefica donna, dopo aver ricevuto dal sacerdote il Corpo sacratissimo di Cristo, lo trattenne nella bocca fino al momento in cui, colta l'occasione favorevole, lo poté nascondere in un panno, dove, dopo tre giorni, ritrovò lo stesso Corpo, che aveva ricevuto in forma di pane, trasformato in carne, come tuttora ognuno può costare coi propri occhi. Poiché l'una e l' altra donna ti hanno tutto ciò umilmente rilevato, desideri un nostro parere circa la punizione da infliggere alle colpevoli.

In primo luogo, dobbiamo rendere grazie, con tutte le nostre forze, a Colui che, pur operando in ogni cosa in modo meraviglioso, tuttavia in qualche occasione ripete i miracoli e suscita nuovi prodigi, affinché, irrobustendo la fede delle verità della Chiesa Cattolica, sostenendo la speranza, riaccendendo la carità, richiami i peccatori, converta i perfidi e confonda la malvagità degli eretici. Pertanto, fratello carissimo, a mezzo di questa lettera apostolica, disponiamo che tu infligga una punizione più mite alla giovane, che riteniamo abbia compiuto l'azione delittuosa più per debolezza che per cattiveria, specialmente perché è da credersi che si sia sufficientemente pentita nel confessare il peccato. Alla istigatrice poi, che con la sua perversità la spinse a commettere il sacrilegio, dopo averle applicato quelle misure disciplinari, che crediamo opportuno di affidare al tuo criterio, imponi che, visitando i Vescovi più vicini, confessi umilmente il suo reato, implorando, con devota sottomissione, il perdono».

Il Sommo Pontefice, interpretò l’episodio come un segno contro le diffuse eresie circa la Presenza Reale di Gesù nell’Eucaristia e perdonò le due donne pentite. La Reliquia del Miracolo, consiste in un frammento di Particola convertita in carne ed è racchiusa tra due batuffoli di cotone in un tubicino di vetro. Il tutto è contenuto in un Ostensorio Reliquiario collocato in una nicchia dell'altare dedicato all' Ostia Incarnata della Cattedrale. Per l’occasione dell’anniversario del 750° è stata coniata una medaglia commemorativa. Essa rappresenta, da una parte, la facciata della Cattedrale, sormontata dal reliquiario dell'Ostia Incarnata e, dall'altra, la figura del busto di Papa Gregorio IX con la Bolla pontificia.


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Miracolo Eucaristico di Veroli, Italia (1570)


Il giorno di Pasqua del 26 marzo 1570, nella chiesa di Sant'Erasmo, a Veroli, venne esposto il SS. Sacramento per le quaranta ore di pubblica Adorazione, in memoria delle altrettante ore nelle quali il Corpo di Cristo stette rinchiuso nel Sepolcro.

Un documento autorevolissimo, redatto dalla Curia immediatamente dopo i fatti, è conservato nell'Archivio della Chiesa di Sant’Erasmo. In esso, oltre ad essere descritto il Prodigio, sono conservate le testimonianze che descrivono le visioni e le guarigioni relative a questo Miracolo Eucaristico.

Ma veniamo al racconto di cosa avvenne precisamente. L'esposizione del Santissimo Sacramento a quei tempi differiva da quella che oggi è in uso: ancora non era molto diffuso l'Ostensorio, anche se nel Concilio di Colonia (1452) si era parlato di questo oggetto che doveva avere una teca di vetro sul davanti, circondata da raggi e sormontata da una croce.

Nella chiesa di S. Erasmo l'Ostia consacrata, secondo il rito tradizionale, venne chiusa in una teca d'argento di forma cilindrica con coperchio a cerniera, e quest’ultima posta dentro un grande calice ministeriale, anch'esso d'argento, coperto con la patena. Il tutto, infine, fu avvolto in un elegante drappo di seta i cui lembi vennero raccolti e legati all'impugnatura del calice.

Don Angelo de Angelis, canonico della medesima chiesa collegiata, preparò così il calice e, dopo i Vespri di Pasqua, lo espose sull'altare della cappella dedicata a San Gregorio Papa, illuminata per l'occasione da numerosi ceri.

Era tradizione che ogni confraternita della città andasse ad adorare per un’ora il SS. Sacramento esposto. Così gli iscritti alle Confraternite della Misericordia e della Buona morte, che precedevano quelli del Corpus Domini e quelli della Madonna, vestiti con i loro sacchi neri, si accinsero al loro ufficio e si posero tutti in ginocchio per pregare, recitare salmi ed orazioni.

Ad un certo momento il velo, il calice e lo scatolino divennero trasparenti come puro cristallo. I presenti videro nel fondo della coppa del calice una stella molto splendente, la cui luce annientava quella delle candele della cappella: e sopra quella stella poggiava l'Ostia consacrata.

A breve distanza di tempo l'Ostia si convertì in un fanciullo vestito di nero, semicoperto da una nuvoletta, che si sollevava sopra il calice, per poi ancora trasformarsi repentinamente in Gesù Cristo morente sulla croce. Alla vista di tali apparizioni, i presenti, tra lacrime e grida, pieni di meraviglia e timore, iniziarono ad implorare la misericordia di Dio.

La notizia in breve tempo fece il giro della città. Accorsero immediatamente nella chiesa di S. Erasmo il Vescovo e le autorità cittadine. Numerosi altri devoti e curiosi affollarono l'ingresso della cappella di San Gregorio: tutti volevano entrare, tutti desideravano vedere ciò che stava accadendo.

Molti poterono constatare di persona cosa avveniva, poiché le visioni soprannaturali, come attesteranno i testimoni chiamati a deporre, durarono per circa mezz'ora. Poi tutto ritornò come prima. Il giorno seguente, 27 marzo, alla medesima ora, la luce della stella apparve di nuovo in fondo al calice e poi scomparve.

Tutti videro distintamente tre Ostie, di uguale grandezza e tangenti reciprocamente, sollevarsi dal calice. Queste a loro volta scomparvero lasciando il posto a tre fanciulli, dei quali quello centrale era più grande degli altri due; successivamente rimasero visibili una sola Ostia ed un Bambino.

Avvennero ancora altre trasformazioni, che durarono mezz'ora circa, come la sera precedente. Terminate le quaranta ore di Adorazione, il SS. Sacramento non fu riposto nel Tabernacolo, in quanto le autorità ecclesiastiche decisero di prolungare l'esposizione fino al 6 aprile.

Nel frattempo si verificarono diverse guarigioni miracolose di cittadini verolani e di altre persone provenienti da paesi limitrofi che, venuti a conoscenza del fatto, erano accorsi a Veroli. Il calice dove fu esposto il Sacramento è custodito nella chiesa, mentre le sacre specie dell'Ostia miracolosa di Veroli, alla fine del XVII secolo, dopo 112 anni circa, furono consumate.

Nel 1970, in coincidenza del quarto centenario del miracolo, si è celebrato il terzo Congresso Eucaristico della diocesi di Veroli-Frosinone. Il martedì di Pasqua viene ricordato ogni anno il Miracolo, con una solenne cerimonia cui partecipa il Vescovo con il popolo. Si fa l'Adorazione Eucaristica ogni primo venerdì del mese, tenendo chiuse le altre chiese.

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Miracolo Eucaristico di Daroca, Spagna (1239)


Nella città di Daroca, presso la Chiesa di Santa Maria Collegiata, si conserva ancora oggi la Reliquia di un importante Miracolo Eucaristico avvenuto nel 1239. La Cappella detta de Los Sagrados Corporales è ornata appunto da sculture che raffigurano il Prodigio.

Nell’Archivio della Collegiata di Daroca è conservata una pergamena del 1340, in cui è narrato il Miracolo. I musulmani, che nei secoli precedenti avevano conquistato quasi tutta la penisola iberica, controllavano anche la città di Valencia. I vari eserciti cristiani di Aragona si unirono per difendere e riconquistare le loro terre e ciò che avevano perduto.

Il 23 febbraio del 1239, le truppe cristiane di Daroca, Teruel e Calatayud, si disposero per riconquistare ai mori il castello di Chia, Luchente, distante tre leghe da Játiva. Il cappellano Don Mateo Martínez, di Da roca celebrò prima della battaglia la Santa Messa, nel corso della quale aveva consacrato sei Ostie destinate alla Comunione dei sei capitani che guidavano le truppe: Don Jiménez Pérez, Don Fernando Sánchez, Don Pedro, Don Raimundo, Don Guillermo e Don Simone Carroz.

Un attacco improvviso del nemico obbligò però il cappellano a sospendere immediatamente la Messa, ad avvolgere le sei Particole consacrate nel Corporale e a nasconderle sotto una pietraia del monte. Le truppe nemiche furono ricacciate e i comandanti pregarono il Sacerdote di dare la Comunione per rendere grazie al Signore per la vittoria ottenuta.

Don Mateo si recò così nel luogo dove aveva nascosto il Corporale e vi trovò le Ostie inzuppate di Sangue e incollate al Corporale. I comandanti, interpretando questo evento come un grosso segno di predilezione da parte delle Signore e di buon auspicio, si comunicarono e legarono il Corporale macchiato di sangue a un bastone per farne uno stendardo. Si recarono così in battaglia contro i mori con questo stendardo e riconquistarono il castello di Chio, ottenendo una strepitosa vittoria. Il merito di questo trionfo fu attribuito al Miracolo Eucaristico.

I sei comandanti provenivano tutti da regioni diverse della Spagna. Ognuno di essi cominciò a dire che il Corporale doveva andare nella loro città per essere onorato nella Cattedrale. Cominciò una grossa discussione. Per tre volte la città di Daroca fu scelta per essere luogo di custodia del Miracolo. Due dei comandanti però non accettarono l'accordo.

Il generale D. Berenguer de Entenza, propose allora come soluzione un compromesso. Si sarebbe posto il Corporale sopra la spalla di una mula araba che avrebbe vagato liberamente: la città dove la mula si sarebbe recata sarebbe stata quella prescelta dalla volontà divina per custodire il santo Corporale.

La prima città che la mula incontrò fu Valencia, ma essa non vi entrò e continuò sorpassando Segorbe, Jerica e Teruel. La mula vagò 12 giorni percorrendo circa 200 miglia, finché, stremata, si accasciò di fronte alla chiesa di San Marco, oggi chiesa della Santissima trinità, a Daroca. Il Corporale restò in questa chiesa finché non venne poi trasferito nella chiesa di Santa Maria.

La festa fu istituita il 7 marzo, che era poi la festa di San Tommaso d'Aquino, grande difensore dell'Eucaristia. (All'epoca del Miracolo, 1239, San Tommaso aveva 14 anni. Dopo la sua morte, fu nominato protettore del Miracolo Eucaristico di Daroca).

Vi sono tradizioni e leggende attorno al viaggio della mula. Si dice che durante i 12 giorni succedettero molti episodi miracolosi, come musiche e canti angelici, esorcismi di indemoniati, conversioni di peccatori. Non ci sono purtroppo documentazioni su questi eventi. Esiste però ingente documentazione sul Miracolo di Luchente, sul pellegrinaggio della mula, sulla elezione di Daroca come città prescelta per custodire la preziosa Reliquia.

Per questo motivo fu costruita una maestosa chiesa, e allestito un prezioso reliquario nel 1385. Furono collocate nella chiesa alcune sculture per illustrare i diversi episodi del Miracolo, come ad esempio la battaglia di Luchente, o il Padre Don Martínez che innalza il Corporale come uno stendardo, il viaggio della mula e il suo arrivo a Daroca.

Nel 1261 alcuni cittadini di Daroca si recarono a Roma per informare il Papa Urbano IV circa il Miracolo Eucaristico, che il pontefice considerò come un ulteriore segno della volontà divina affinché venisse istituita la festa del Corpus Domini.

Nel 1444 il Papa Eugenio IV concesse un anno di giubileo a Daroca, celebrabile ogni 10 anni: lo stesso Papa dichiarò autentici i Miracoli Eucaristici di Walldürn in Germania, e di Ferrara in Italia. Il Papa Sisto IV concesse un giubileo al Miracolo di Daroca ogni sei anni. Il Sangue sul Corporale è stato analizzato, e ne è stata determinata l’origine umana.


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°Teofilo°
00martedì 28 luglio 2009 23:17
Pur con tutte le riserve di autenticità del caso riprodotto in questo video, si assiste ad un fenomeno davvero impressionante, accaduto sotto gli occhi meravigliati di Papa Giovanni Paolo II che non lo ha commentato ma vi ha certamente riflettuto in cuor suo:



Caterina63
00venerdì 11 settembre 2009 16:53


ci sono gli episodi non ancora riconosciuti come miracoli, anche perché molto recenti, come quello clamoroso accaduto, il 7 novembre 1999, a Lourdes, nella basilica inferiore. Celebrava l'arcivescovo di Lione e con lui il cardinal Lustiger, arcivescovo di Parigi, con molti vescovi d'oltralpe. La messa era trasmessa in diretta dalla televisione francese "Antenne 2" e dunque quello
che accadde è tutto documentato (si può vedere su internet qui:
www.tonyassante.com/miracolo/i ...

Al momento dell'epiclesi, cioè quando i sacerdoti stendono le mani invocando lo Spirito Santo perché il pane e il vino diventino il Corpo e il Sangue di Cristo, si vede chiaramente che la grande ostia bianca si solleva, oscilla e resta sospesa nell'aria per molti minuti, a qualche centimetro dalla patena, fino alla fine del canone. Il movimento con cui si solleva è impressionante.
Alcuni esperti hanno analizzato la ripresa escludendo ogni manipolazione tecnica...


Lc.16,
30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno.
31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

Gv.20,
27 Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
30 Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.



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Caterina63
00martedì 15 settembre 2009 23:13


T'ADORIAM, OSTIA DIVINA

T'adoriam, Ostia divina,
t'adoriam, Ostia d'amor:
tu dell'angelo il sospiro,
tu dell'uomo sei l'onor:

T'adoriam, Ostia divina,
t'adoriam Ostia d'amor.

Tu dei forti la dolcezza,
tu dei deboli il vigor,
tu salute dei viventi,
tu speranza di chi muor.

Ti conosca il mondo e t'ami,
tu la gioia d'ogni cuor;
ave, o Dio nascosto e grande,
tu dei secoli il Signor.


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Gesù ci invita all'Amore vero!
Le parole del video che segue sono divinamente espresse in musica e cantate dalla bravissima Mariarita Viaggi, il canto si intitola proprio "Amami come sei".
Le immagini hanno per fondamento i SANTI dai quali abbiamo consigli e suggerimenti su come amare Gesù in modo fruttuoso e che a Lui piace...







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Caterina63
00lunedì 22 marzo 2010 20:09

La vocazione di custodire un miracolo eucaristico


Parla il sacerdote francescano Paolo Spring


di Carmen Elena Villa

SIENA, lunedì, 22 marzo 2010 (ZENIT.org).- Il sacerdote francescano Paolo Spring ha dal 1997 una missione pienamente relazionata alla sua vocazione: avere cura del miracolo eucaristico che si trova nella Basilica di San Francesco a Siena.

Ogni settimana riceve decine di gruppi di pellegrini, dai bambini che si preparano alla Prima Comunione agli stranieri che approfittano del viaggio in questa città d'arte, storia e spiritualità per vedere uno dei miracoli eucaristici più impressionanti: quello di 223 ostie consacrate da 280 anni intatte in una delle cappelle laterali della Basilica.

Accogliendo i fedeli, il sacerdote racconta loro la storia del miracolo in inglese o in italiano, ed egli stesso, narrandola, si meraviglia di fronte a questo fatto, come la prima volta che ha ascoltato la vicenda.

"Vengono da tutto il mondo, dove ci sono i cattolici, vengono per il miracolo. Quando arrivano cantano, pregano, si stupiscono, piangono di gioia", ha detto il sacerdote a ZENIT.

Un'allegria che contagia e rinnova il sacerdote, anche se conosce la storia da molto tempo. Ricorda ancora la prima volta in cui ha visto queste ostie: "Sono venuto qui alla fine degli anni '70 in un pellegrinaggio, ho conosciuto fino in fondo il miracolo e ho pensato: 'Deve essere ben custodito, fatto conoscere, bisogna operarsi perché chi viene lo capisca e se ne vada con questo miracolo nel cuore'".

Un miracolo che si rinnova quotidianamente

Era il 1730. Il 14 agosto, vigilia della festa dell'Assunzione della Vergine Maria, in tutte le chiese di Siena i sacerdoti consacrarono ostie addizionali per chi volesse ricevere il corpo di Cristo il giorno dopo.

La notte, tutti i sacerdoti di Siena si riunirono nella Cattedrale della città per una veglia e lasciarono le proprie chiese incustodite. Alcuni ladri ne approfittarono ed entrarono nella Basilica di San Francesco per rubare la pisside d'oro con le ostie consacrate.

Il mattino dopo si resero conto che le ostie non c'erano, e per la strada un fedele trovò la parte superiore della pisside. Fu così provato che era stato rubato il Corpo di Cristo. Gli abitanti di Siena iniziarono a pregare perché le ostie ricomparissero.

Tre giorni dopo, mentre un uomo stava pregando nella chiesa di Santa Maria in Provenzano, molto vicino alla Basilica di San Francesco, notò che c'era qualcosa di bianco in una cassa destinata alle donazioni ai poveri. Venne subito informato l'Arcivescovo.

La cassa venne aperta e conteneva le 351 ostie consacrate, il numero esatto di quelle che erano state rubate. Quei tre giorni sembrarono quelli tra la Crocifissione e la Resurrezione, afferma padre Spring. Le ostie erano piene di polvere e ragnatele; i sacerdoti le ripulirono con estrema cura.

Ci fu poi una giornata di adorazione e riparazione. Migliaia di fedeli arrivarono alla Basilica per ringraziare per il ritrovamento delle ostie, che non vennero distribuite a quanto pare perché i francescani volevano che i pellegrini le adorassero fino al momento in cui si sarebbero deteriorate (visto che quando si deteriorano scompare la presenza reale di Cristo).

Le ostie rimasero però intatte e con un odore gradevole. La gente iniziò a considerarle miracolose e sempre più pellegrini andavano a pregare davanti a loro. Poche di esse vennero distribuite in occasioni speciali.

Oggi, 280 anni dopo, restano 223 ostie che presentano lo stesso stato che avevano il giorno in cui vennero consacrate. Sono state esaminate in varie fasi, e fisicamente conservano tutte le caratteristiche di un'ostia appena fatta, ha spiegato padre Paolo.

Nel 1914 iniziò l'esame più rigoroso di questo miracolo su disposizione di Papa San Pio X. "Le Sacre Particole risultarono in perfetto stato di consistenza, lucide, bianche, profumate e intatte", ha detto padre Spring.

Si concluse anche che le ostie rubate erano state preparate senza precauzioni scientifiche e conservate in condizioni ordinarie, che in circostanze normali avrebbero dovuto provocare un rapido deterioramento.
 

Il 14 settembre 1980, Papa Giovanni Paolo II si recò a Siena per celebrare i 250 anni di questo Miracolo Eucaristico.

                                         


Hanno pregato davanti a queste ostie sante anche personaggi come San Giovanni Bosco e il beato Papa Giovanni XXIII.

Per padre Spring, il miracolo eucaristico di Siena "rappresenta una prova dell'amore di Dio verso di noi, e la presenza per sostenerci contro i dubbi, le difficoltà, il miracolo con il quale Dio Padre sta aiutando la Chiesa a non aver paura, a vivere alla presenza del suo fondatore mandato dal Padre per fare la sua volontà".

"Qui succedono cose miracolose", ha dichiarato padre Spring indicando le ostie consacrate da quasi tre secoli. "Il tempo non esiste, è bloccato".

Il sacerdote spiega poi il secondo miracolo: "I corpi composti e le sostanze organiche sono soggette a marcire. Per queste ostie non ci sono né i funghi, né altri elementi. E' un miracolo vivente continuo, non è come altri miracoli, si rinnova ogni giorno. Non sappiamo fino a quando il Signore lo farà", ha concluso.



                                                   
(Il reliquiario che conserva le Ostie intatte)

Caterina63
00domenica 20 giugno 2010 22:43

Ostia del Miracolo del Santo Sacramento

14 aprile 1254 - Collegiale Saint-Amé di Douai

Durante il XIII° secolo la città di Douai, come il resto delle Fiandre, era sottoposta ai blasfemi degli Stadingnes che negavano tra l’altro il dogma della  presenza reale di Gesù Cristo nell’Eucarestia.

Ed ecco quale fu la risposta del Cielo a questi eccessi d’eresia. Riportiamo qui il racconto del miracolo di un testimone oculare, Thomas de Cantimpré (religioso Domenicano, condiscepolo di San Tommaso d’Aquino e discepolo di Albert le Grand, vescovo vicario di Cambrai), narrato nella sua opera «De Apibus bonum universale» :

“Verso Pasqua”, scrive, “un prete che aveva dato la Santa Comunione al popolo nella chiesa dei Canonici di Saint-Amé, vide con orrore un’ostia per terra sul pavimento. Il prete s’inginocchiò per raccogliere il corpo di Gesù Cristo, ma l'ostia s’alzò immediatamente in aria e andò da sola a deporsi sul purificatoio.

           Il prete grida e chiama i canonici; questi, accorsi al suo richiamo, vedono sul sacro lino un Corpo pieno di vita sotto la forma di un Bambino affascinante. Si convoca il popolo; si lascia pubblicamente contemplare il prodigio e tutti i presenti, senza eccezione alcuna, approfittano di questa visione celeste. Avvertito di questo evento dalle voci rapidamente sparse, andai a Douai. Arrivato presso il decano di Saint-Amé, Thomas Pikète, che mi conosceva molto bene, gli chiesi di farmi vedere il miracolo. Essendo lui d'accordo, diede i suoi ordini per soddisfarmi.

Si apre il Ciborio; il popolo accorre,

             e subito dopo la sua apertura, tutti esclamarono : "È qui, io lo vedo! È qui! Io vedo il mio Redentore!". Io ero in piedi, stupito: vedevo solo la forma di un Ostia bianchissima, eppure la mia coscienza non aveva da rimproverarmi nessun errore che avrebbe potuto impedirmi di vedere, come agli altri, il Corpo sacro.

Ma questo pensiero non mi preoccupò a lungo, perché presto io vidi distintamente il viso del Nostro Signore Gesù Cristo nella pienezza dell’età. Sulla sua testa c’era una corona di spine e dalla fronte colavano due gocce di sangue che scendevano su ogni guancia. Mi inginocchiai immediatamente, ed mi misi in adorazione, piangendo. Quando mi rialzai, non vidi più né corona di spine, né gocce di sangue, ma un viso d’uomo, raggiante e di una bellezza luminosa, venerabile più di tutto quello che si può immaginare.

Era voltato verso destra, così che l'occhio destro si vedeva appena. Il naso era  lungo  e  diritto, le  sopracciglia  arcuate, lo  sguardo  molto  dolce  ma

abbassato; i capelli, molto lunghi, scendevano sulle spalle, e la barba, che non era quasi  mai  stata rasa, s’incurvava da sola sotto il mento per poi diradarsi vicino alla bocca, che era molto graziosa.

La fronte era larga, le guance magre e la testa, così come il collo che era piuttosto lungo, leggermente inclinata. Ecco il ritratto, e tale era la bellezza di questo viso molto dolce.

Nello spazio di un'ora, tutti videro il Redentore sotto varie forme: alcuni, steso sulla Croce; altri, come venendo per giudicare tutta l’umanità; altri ancora, la maggior parte, lo videro sotto la forma di un Bambino”.

 

Il miracolo accadde il giorno di Pasqua. Durò molti giorni, ripetendosi ogni volta che la Santa Ostia fu esposta al pubblico; tutti quelli che entrarono nella chiesa ne furono testimoni; ma la miracolosa trasfigurazione non apparve a tutti sotto la stessa forma.

Questo miracolo fece da allora assumere a Douai l'importante ruolo che il futuro le avrebbe poi consacrato in maniera brillante e gloriosa.    In effetti tre secoli più tardi Douai sarebbe diventata, grazie alla sua Università, ai suoi 17 monasteri maschili e ai 18 femminili, e alla ospitalità data ai cattolici inglesi, uno dei più importanti luoghi del Cattolicesimo e uno dei più forti suoi bastioni contro la Riforma. La prima traduzione della Bibbia dal latino all'inglese fu fatta a Douai.  2000 preti inglesi saranno ordinati a Douai, e 200 di essi moriranno martiri.

L'Ostia miracolosa che ha ricevuto gli omaggi di tante generazioni fu conservata nel Collegiale di Saint-Amé fino all’epoca della Rivoluzione francese; la Rivoluzione ruppe violentemente le sante tradizioni eucaristiche del Collegiato di Saint-Amé. Nel 1790 la chiesa fu chiusa, e tre anni dopo depredata. I vasi sacri furono spaccati, e le reliquie, custodite lì da quasi dieci secoli, furono preda delle fiamme. Alcuni scalmanati si gettarono sull'altare, ruppero il tabernacolo ed aprirono il pisside d’argento che conteneva l'Ostia miracolosa. Ma Dio non permise quest’ultimo sacrilegio: il Ciborio era vuoto, mani devote avevano salvato l'Augusto Sacramento.

Quanto alla vecchia basilica, fu venduta nel 1798 a dei rigattieri di Lilla che la demolirono. Quando la pace fu resa al Cristianesimo, il culto del Santo Sacramento del Miracolo fu rimesso all'onore nella Parrocchia Saint Jacques ed ogni anno, nel giorno prestabilito, i fedeli di Douai accompagnano la Santa Eucarestia che viene posta, solamente per alcuni istanti, sul repositorio costruito esattamente dove giaceva il santuario della chiesa Saint-Amé.

Ritrovamento della Santa Ostia miracolosa

Durante il mese di ottobre del 1854, il Canonico Héroguer, Parroco-decano di Saint Pierre a Douai ed Arcivescovo della regione di Douai, volendo mettere un Tabernacolo sull'altare della cappella dei defunti, spostò un piccolo cofanetto in legno che serviva da piedestallo al crocifisso posto sul gradino superiore dell'altare. Lo aprì, e vi trovò varie reliquie, in particolare di San Tommaso di Canterbury, e le mostrò a Monsignor Desprez, vescovo delle isole Bourbon. Il 19 dello stesso mese, un religioso gesuita, il reverendo P. Possoz, nato a Douai e di passaggio in quel momento a Douai, ispezionò il contenuto di questo piccolo cofanetto e vi trovò un biglietto che diceva : «Io, Alessandro Mornave, membro della Confraternita dei defunti della Parrocchia di Saint Pierre, avendo in mio possesso delle reliquie di molti Santi - conosciuti e non - raccolte durante la Rivoluzione quando le reliquie ed i vasi sacri furono profanati, nell’intento di ridare alla chiesa questi oggetti santi, io li posi in un reliquiario, ed io ne faccio dono alla Cappella dei defunti, della cui ornamentazione io sono responsabile. 26 agosto 1805».

 

Dopo avere letto questa nota, l'attenzione del reverendo P. Possoz si concentrò su una scatola bianca in ferro, la aprì e lesse il biglietto che vi si trovava contenuto. Questo biglietto, in latino, manoscritto dall'ultimo canonico della Collegiale Saint-Amé, M. di Ranst de Berckem, diceva : « Io sottoscritto, canonico della chiesa collegiale di Saint-Amé di Douai, essendo il pericolo di una profanazione imminente, ho messo in questa scatola l’Ostia del Santissimo Sacramento, e lascio ai fedeli che la conserveranno questa prova scritta di mio pugno.   Nel giorno della vigilia dell’Epifania di Nostro Signore - Anno 1793. Di Ranst »

Giubileo del 1754

L'anniversario del miracolo fu cele-brato ogni secolo, ma mai con la magnificenza mostrata il 21 luglio 1754. La giunta comunale di Douai fece concorrenza di zelo con la Comunità di Saint-Amé per offrire al Santo Sacramento l'omaggio di tutta la città. Il Papa Benedetto XIV, su richiesta del vescovo di Arras, accordò un'indulgenza plenaria ai partecipanti. La processione si divise in 4 marce distinte per simbolizzare il primo miracolo quando Gesù apparse bambino (incarnato dal sacrificio di Melchisédech), il secondo miracolo di Gesù sofferente (incarnato dal sacrificio di Abramo), il terzo miracolo in onore della sua gloria (incarnato dal sacrificio di Abele e di Caino). La 4a marcia rappresentò il trionfo di Gesù Cristo attraverso la sua Divina Eucarestia di cui i 3 miracoli di Saint-Amé confermano il dogma. Fu incarnato dal portare in trionfo l'arco dell'alleanza nella santa città di Sion.

                                    

 

Giubileo del 1855

L'annuncio ufficiale del giubileo fu dato nella domenica di Quasimodo (domenica della misericordia divina). Doveva durare dal 14 al 22 luglio e concludersi con una grande processione a Douai, come pure a Cambrai e a Lilla. L’arcivescovo Monsignor Reignier, sottolineò che «la festa secolare del Santissimo Sacramento del Miracolo, è la festa della città intera. Avrà lo spledore che la città vorrà dargli». Il Sig. Sindaco, il cui zelo per tutto ciò che fu in relazione al Giubileo è al di sopra di qualsiasi elogio, ordinò la tinteggiattura esterna di tutte le case. Rapidamente tutte le famiglie si occuparono di questa festa. In poco tempo l'entusiasmo entrò in tutti i cuori e li scaldò col suo più bel fuoco. La città di Douai, sempre calma e pacifica, cambia raremente le sue caratteristiche. Tuttavia gli abitanti di Douai si esaltano ogni qualvolta che sentimenti nobili fanno sentire le loro voci ai loro cuori.

Come aveva fatto la giunta comunale nel 1754, il Consiglio comunale fece l'onore di associarsi alla festa del Santo Sacramento del miracolo e dichiarò con un voto che era la festa della città.

Il Santo Padre Pio IX, su richiesta del vescovo di Cambrai, accordò un'indulgenza plenaria ai partecipanti. La processione è onorata da tre Madonne. La Santa Vergine è così rappresentata dalle immagini sacre della Nostra Signora della Treille di Lilla, dalla Nostra Signora della Grazia di Cambrai (appositamente portate in processione), e della Nostra Signora dei Miracoli di Douai. La processione del Santo fra i Santi è presieduta da Monsignor Samihiri, patriarca di Antiochia, beatificato come martire in seguito, e dai vescovi di Nevers, Saint-Flour, Angoulême, Soissons, Gand, Arras e Cambrai.

Le insegne riproducono 19 secoli di fede:

"Colui che mangia questo pane indegnamente, mangia la sua condanna - San Paolo, I° sec.

Questo pane è il corpo del Signore - S. Ireneo, II sec.

La nostra carne si nutre del corpo di Gesù – Tertulliano, III sec.

Il corpo di Gesù ci è dato sotto forma di pane - San Cirillo, IV sec.

Gesù ci dà il suo corpo sotto forma di cibo - S. Crisostomo, V sec.

Ciò che ci sembra pane è il corpo di Gesù – San Remigio, VI sec.

Gesù trasforma il pane in Suo corpo - San Gregorio, VII sec.

Non è un’apparenza, ma realmente il corpo di Gesù – San Giovanni Damascène, VIII sec.

Bisogna credere che il pane sia trasformato in corpo di Gesù - Paschase Radbert, IX sec.

La materia del pane è cambiata nella sostanza di Gesù - Fulbert, X sec.

Ciò che sembra pane è realmente la sostanza di Gesù Cristo - San Anselmo, XI sec.

L’Ostia non è più pane, ma il corpo che fu crocifisso – San Bernardo, XII sec.

Il corpo di Gesù è cibo per noi - San Tommaso d’Aquino, XIII sec.

Istituzione della festa di Dio al concilio di Vienna - XIV sec.

O creatore, Voi ci date da mangiare il Vostro Santissimo Corpo - Thomas Kempis, XV sec.

La sostanza del pane è cambiata nella sostanza del corpo di Gesù Cristo - Concilio di Trento, XVI sec.

Noi nangiamo realmente il corpo di Gesù Cristo – Bossuet, XVII sec.

Il peccato più enorme è la Comunione indegna – Brydaine, XVIII sec.

Nel tabernacolo, il suo amore lo tiene incatenato - Cardinale Giraud, XIX

1° Congresso Eucaristico Nazionale a Douai

Maggio 1875

"Dico volentieri che dopo avere esaminato i secoli ed i luoghi nei quali Dio si è mostrato chiaramente ad ogni tipo di persone sotto forma di Ostia Consacrata… per rendere la verità a cui pensiamo tutti siano sensibili…,  è a Douai che ha cominciato i prodigi meravigliosi della sua misericordia. La città di Douai è la prima e la favorita che il cielo ha scelto per fare vedere in maniera sensibile ciò che noi crediamo del Santissimo Sacramento." Abbé Marchand.

Non è dunque sorprendente che la città di Douai sia stata scelta come luogo del primo Pellegrinaggio Eucaristico Nazionale dal Consiglio Generale e Centrale dei pellegrinaggi. Precederà il 1° congresso eucaristico internazionale che ebbe luogo a Lille.

“La Francia penitente e devota ha chiesto, durante tutti i suoi pellegrinaggi degli anni precedenti, a tutti i Santi che sono i suoi protettori speciali ed alla Santa Vergine, la Regina dei Santi, gli aiuti celesti di cui ha bisogno. Oggi, apportando a questa nuova forma di pietà nazionale il suo sviluppo più completo, essa vuole offrire le manifestazioni del suo culto pubblico e solenne al Santo dei Santi, al Dio dell'eucaristia. Sostenuta dai Santi e dalla Santa Vergine, la Francia siede accanto alla Misericordia Divina dove risiede la Maestà infinita di Dio nel sacramento del suo amore per gli uomini”                                                                                                               .

Il vescovo di New Orleans sottolineò durante il Congresso che l'esempio della figlia primogenita della Chiesa aveva attraversato i mari per unire i fedeli in una devozione eucaristica totalmente riconfortante e salutare.

La processione del 27 maggio 1875 si sviluppò su quasi 4 km, riunendo più di 15000 dignitari e partecipanti, ed fu sostenuta da una folla di più di 100000 persone.

Ecco come Douai sa glorificare il suo padrone e signore.

L’Ostia del Miracolo e Marthe Robin

Dopo anni di dimenticanza, e su indicazione di Marthe Robin, un gruppo di pellegrini di Lilla è tornato negli anni ‘70 a ricollegarsi alla tradizione dell'adorazione nei primi giovedì del mese dell’Ostia del miracolo.

Giubileo del 750esimo anniversario del 2003

Ricollegandosi alla tradizione secolare, la parrocchia Saint-Maurand Saint-Amé ha organizzato le feste per il 750esimo anniversario. L’ostia del miracolo è stata portata in processione da Monsignor Garnier, arcivescovo di Cambrai, nelle strade di Douai per una grande veglia d'adorazione nella Chiesa di Nostra Signora, prima di una grande Messa che ha raccolto la città sulla piazza Saint-Amé sul posto stesso dove avvenne il miracolo dell’Ostia Santa. Il Santo Padre Giovanni Paolo II aveva fatto pervenire la sua benedizione in questa occasione.

Trasferimento dell’Ostia Sacranella cupola della Collegiale San Pietro

In seguito a questi eventi, la Confraternita del Santissimo Sacramento del Miracolo si è ricostituita nel 2007 ed organizza un'adorazione il primo e terzo giovedì del mese. Per onorare al suo giusto valore l’Ostia del Miracolo, la parrocchia desidera trasferirla nella cupola della Collegiale San Pietro presso Nostra Signora dei Miracoli. Questo trasferimento avrà luogo per la festa di Dio del 2008. In seguito si prevede di chiedere a Roma di trasformare in Basilica la Santa Cappella di Nostra Signora dei Miracoli, unico luogo di culto di Douai rimasto aperto ai tempi della rivoluzione.

 

“E tu, città nobile di Douai, usufruisci della tua felicità, fai sentire canti di gioia e di giubilazione. Sei la dimora e la città del Signore; tu sei e sarai per sempre la città del Santo Sacramento del Miracolo. Possa tu meritare per sempre questo splendido titolo con la tua fedeltà, la tua riconoscenza ed il tuo amore! … E così sia.

Monsignor Dufêtre, vescovo di Nevers. Douai, il 22 luglio 1855

Fonti: “Il tesoro Eucaristico della regione di Cambrai„

Abbot Catrin, 1941

Saint Maurand

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il ritorno ha il benvenuto

il ritorno ha la storia Di L'Oste Di Il Sacramento Molto Santo in francese

 

Caterina63
00venerdì 11 febbraio 2011 12:42

Non si può dire che l'Ostia sia corpo di Cristo. Ateo denuncia Vescovo per abuso di credulità popolare.

Leggiamo una notizia dal sito dell'Ansa.it
*

Chiesa: ostia 'abuso credulita'', ateo denuncia vescovo
Ex dirigente Comune Ancona chiede esame dna eucaristia
29 gennaio, 11:32
.
(ANSA) - ANCONA, 29 GEN - Somministrare l'ostia affermando che essa e' 'corpo di Cristo' e' abuso della credulita' popolare. Per questo Dante Svarca, ex dirigente del Comune di Ancona, membro dell'Unione degli atei e agnostici razionalisti, ha segnalato alla Procura il vescovo mons. Edoardo Menichelli, dopo averlo diffidato a dare disposizioni ai sacerdoti della sua diocesi di ''astenersi dal presentare ai fedeli l'eucaristia come il miracolo della transustanziazione, affermando la presenza effettiva della vera e viva carne di Gesu'''. Svarca ha anche chiesto che vengano acquisiti ''campioni di ostia'' per poi procedere all'esame del Dna. (ANSA).

Per altri dettagli si veda anche qui
.
*
riflessioni da Messainlatino che facciamo nostre

Roba da non
credere!
La richiesta dell'esame del Dna sulle Ostie consacrate è oltremodo assurda.
Ma soprattutto la denunica è da ritenersi infondata.
Il reato di "abuso di credulità popolare", previsto e punito dall'art. 661 del Codice penale, è così descritto: "Chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è punito, se dal fatto può derivare un turbamento dell'ordine pubblico, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammendafino a milletrentadue euro".

E' evidente che la querela rievuta dalla Procura è destinata a rimanere senza conseguenze (almeno giudiziarie), perchè il caso di specie sembra non integrare NESSUNO degli elementi del reato necessari per potersi procedere.
Chissà le risate che si saranno fatti!!
Mancano il fatto tipico, l'elemento soggettivo (il dolo) e la conseguente (e necessaria) lesione al bene giuridico tutelato (il turbamento dell'ordine pubblico).
Cerchiamo di andare con ordine, così pour parler, e cercare di smascherare meglio la pretestuosità della denuncia e palesare l'assurdità e la ridicolaggine delle intenzioni.
..
1. Innanzitutto cosa si intende per "impostura"? Essa è rappresentata da ogni atteggiamento che sia malizioso, diretto ad ingannare e idoneo a turbare l'ordine pubblico.
Bene: si comprende che il bimillenario atto di distribuire la Comunione è un'azione che non può certo considerarsi un atto malizioso, nè tanto meno ingannevole. Sono duemila anni infatti (73.4015 giorni, esclusi gli anni bisestili e la riforma gregoriana del calendario) che i Cristiani, di propria volontà e ben consapevoli (forse un tempo più di ora, ma questo è un altro discorso) si recano davanti ai sacerdoti (o li chiamano al capezzale di malati e moribondi) per ricevere l'Ostia consacrata, Corpo di Cristo immolato per noi, il Pane di Vita Eterna!
Come si può pensare di definire, ai nostri giorni, la distribuzione della Comunione come un gesto malizioso e ingannevole? Chi non ne conosce il significato?
E' una cosa talmente nota che non può certo essere sconosciuta più a nessuno a tal punto da venirne raggirato. E una cosa nota non può rappresentare una malizia.
E' talmente famoso, inoltre, che è noto anche ai non Cristiani (che magari non ci credono, ma ne conoscono il significato)!
Quindi, ecco che già non sussiste l'elemento oggettivo del fatto tipico contemplato dalla norma: l'atteggiamento malizioso.
.
2. Da quanto detto sopra, ne consegue che la distribuzione del Corpo del Signore (vuoi in piedi, in mano, in ginocchio o sulla lingua) non ha affatto alcuna valenza idonea a turbare l'ordine pubblico.
Nessuna persona si scandalizza più, nè prova turbamento nel vedere Cristiani "ricevere" il Corpo di Cristo. Nessuna persona inoltre che riceva l'Ostia è raggirata e indotta a credere a qualcosa di non vero, perchè sa con fede che REALMENTE nell'Ostia vi è Cristo in Corpo, Sangue, Anima e Divinità.
E Se non crede? Semplice: non si reca in chiesa e non va a ricevere la Comunione! E quindi non è raggirata. Ed ecco che manca quindi anche il turbamento pubblico.
.
3. Del pessimo modo dei sacerdoti di distribuire la Comunione tutto si può dire: che non siano sufficientemente rispettosi della Persona che toccano; che siano troppo ossequiosi; che lo facciano con colpevole noncuranza e superficialità vergognosa; che non controllino se il fedele si mette in bocca la particola o la infilino in tasca (ahinoi!); si può dire che il loro gesto sia troppo meccanico o troppo ieratico. E tanto altro.
Certamente non si può dire che volontariamente vogliano indurre in inganno i fedeli che si accostano loro per comunicarsi. No questo no! I sacerdoti sanno quello che stanno facendo e sono sicuri che coloro che hanno davanti sanno Chi stanno ricevendo. NOn hanno intenzione di raggirarli. Sacerdoti e fedeli credono nella stessa cosa.
Ecco dimostrato quindi che manca anche l'altro elemento del reato: il dolo dei sacerdoti.
.
4. Nel caso di specie, poi, trattandosi di materia religiosa non si potrebbe nemmeno parlare di "abuso della credulità popolare", essendo quella cattolico una confessione religiosa riconosciuta dallo Stato (e tutelata anche a livello Costituzionale), e in quanto tale le è garantito il diritto di "proselitismo". La Chiesa Cattolica, quindi, (come le altre confessioni e altri culti riconosciuti) tra gli altri diritti, può lecitamente e liberamente esporre la propria dottrina, evangelizzare (quindi "convertire") senza il rischio che il proprio atteggiamento sia considerato lesivo della libertà altrui e senza che ciò rappresenti un abuso della credulità popolare!!! Per questa particolare tutela, un prete (così come un rabbino, o un pastore protestante, ecc) che fa catechismo non sta abusando della credulità popolare!

Che differenza c'è allora con le sette? Semplificando si può dire che non essendo confessioni riconosciute dallo Stato (e quindi senza che vi sia stato un preventivo controllo sulle dottrine insegnate, sui riti praticati, sui fini, e quindi sulla "sicurezza della "organizzazione") il loro "proselitismo" si riveste di illecito e concreta il caso di "abuso di credulità popolare".
Così i maghi, i santoni, i sedicenti veggenti, al contrario dei sacerdoti, che speculano (anche economicamente) sulle disgrazie altrui ed espongono le loro assurde e ridicole teorie astrologiche, e illustrano i benefici di improbabili pozioni magiche, questi sì che abusano della credulità popolare! Ecco la differenza!!
.
Queste poche righe, lungi da voler essere un esauriente trattato giuridico in materia, ma sono scritte tanto per avere qualche pur approssimativa nozione sulla vicenda assurda che ha visto protagonista, suo malgrado, il Vescovo di Ancona.
Quest'ultimo, interrogato da alcuni giornalisti, ha opportunamente commentato: "Non ho nessun commento da fare".
.
Io uno ne farei: un po' per celia propongo al sig. Svarca altre simili "circostanze" che potrebbe denunciare all'autorità per abuso della credulità popolare:

1) i musulmani venerano la Pietra Nera (pensi, sig. Svarda, i musulmani creduloni, considerano la Pietra Nera l'ultimo lacerto della "Casa Antica" (al-Bayt al-ʿatīq), fatta calare da Allah direttamente dal Paradiso sulla Terra e andata pressoché interamente distrutta dal Diluvio Universale ma messa in salvo da Noè - profeta noto all'Islam - all'interno di una caverna nei pressi di Mecca e da lì l'oggetto sarebbe stato recuperato da Abramo (profeta anch'egli, chiamato Ibrāhīm) nel momento in cui questi, con l'aiuto del figlio Ismāʿīl (Ismaele), avrebbe dato inizio ai lavori della nuova Kaʿba;

2) i politici, non ci crederà caro Sig. Svarda, ma in campagna elettorale dicono che se saranno eletti, diminuiranno le tasse, aumenteranno i posti di lavoro e adegueranno le pensioni, miglioreranno la sanità, taglieranno gli sprechi, approveranno finanziarie leggere, ecc ecc;

3) gli ebrei, poi, credono che la Torah, uno dei loro libri sacri che regolano la vita e la giornata degli ebrei (tra cui la circoncisione) venne rivelata a Mosè e donata al popolo d'Israele sul monte Sinai nell'anno 2448 dalla Creazione e così ogni parola della Tanakh;

4) forse lei non sa che una nota compagnia ferroviaria italiana assicura il trasporto Milano-Roma di 2h59;

5) le favole raccontate ai bambini finiscono tutte "... e vissero felici e contenti.";

6) Sig. Sdarda, non ci crederà ma sulle guide ai programmi TV, l'inizio dello spettacolo di prima serata è indicato alle ore 21.10;

7) un'altra cosa scandalosa, poi, a danno dei bonari e ingenui telespettatori è rappresentata dal fatto che alcuni quiz televisivi sono registrati, anche se i presentatori commentano e si rivolgono ai telespettatori come se fossero in diretta;

8) non le sarà mai capitato, Sig Svarda, ma lo sa che in caso di problemi, si possono chiamare i numeri verdi del caso, chè tanto son sempre liberi con un operatore che risponde 24h24 a disposizione del consumatore.
.
Ecco, caro il mio ateo: ma di meglio da fare (e meno ridicolo) quel giorno non ce l'aveva proprio eh?



Caterina63
00lunedì 6 giugno 2011 09:09
[SM=g1740738] LA STORIA DEL PELLICANO.....

pellicano

Un pellicano dalle grandi ali bianche viveva in una vertiginosa
insenatura che si insinuava nelle pieghe di pietra di un' aspra scogliera.
Là erano usciti dall'uovo i suoi  magnifici figli:
alcuni piccoli pellicani robusti e perennemente affamati
come ogni piccolo.

Il pellicano si tuffava con regolare frequenza sfidando onde e
scogli per catturare pesci e molluschi in modo da riempire i becchi
sempre spalancati dei suoi piccoli.

Ma durante un inverno terribile il pellicano si trovò in difficoltà.
Venti e burrasche si alternavano senza pause.
Gli divenne impossibile alzarsi in volo.
Il forte vento lo sbatteva contro la scogliera
e si ritrovò con un' ala rotta e inutilizzabile.
Si rannicchiò nel nido con i suoi piccoli.

I due piccoli pellicani urlavano a becchi spalancati
e continuamente pigolavano: «Fame! Fame!».

Straziato dalla loro sofferenza,
 il pellicano fece ciò che si tramanda nella sua specie:
affondò il becco nella sua carne per offrirla ai suoi piccoli.

Così per qualche giorno sfamò i propri piccoli strappandosi pezzi di carne.
Riuscì a sopravvivere per qualche giorno al suo sacrificio.
Poi morì.

***************

pio pellicano

Si noterà che nell'iconografia eucaristica
di molte Chiese antiche,
sia su alcuni Tabernacoli, che
in alcuni dipinti, c'è la scena del pellicano
che compie questo gesto estremo salvando i suoi piccoli!
Questo perchè fin dai primi secoli del Cristianesimo,
il "pio Pellicano"  è stato associato all'immagine
di Gesù-Ostia-Santa
che da se stesso, da la Sua Carne
per il nostro nutrimento.

Potremmo aggiungere una nota colorata al finale della storia
per descrivere la situazione di oggi,
nella quale Gesù-Eucaristia
non viene ringraziato, neppure cercato
per questo Suo immenso Sacrificio!

La storia potrebbe finire, oggi, così:
Uno dei piccoli, alla morte del pellicano, disse all'altro:
«Meno male. Non ne potevo più di mangiare tutti i giorni la stessa cosa».

E' crudele vero?
Eppure è questo il comportamento che molti hanno assunto
davanti all'Eucaristia e al Suo Mistero d'Amore:
è il miracolo di ogni Santa Messa,
ogni giorno si ripete quel:
 «Prendete e mangiate, questo sono io»
E la gente risponde:
«Che barba! Sempre le solite cose...»

Ogni giorno Gesù-Ostia-Santa
è lì nel Tabernacolo
e spesso con l'immagine del pellicano
a ricordarci dell'immenso Amore che Dio nutre per noi,
e molti a pensare:
«Che barba! Sempre le solite cose...»

E' come tra fidanzati o in famiglia:
se non ci si ripete più quel "TI AMO"
se non si da più la propria vita per l'altro/a
quella attenzione che fa gridare "Fame! Fame!",
fame d'amore, fame di vita vera,
verrà sostituita con un noiosissimo:
«Che barba! Sempre le solite cose...»
distruggendo ogni rapporto...
ma così facendo si rischia di...
morire di fame e d'Amore vero!

Riscopriamo l'Amore di Gesù-Ostia-Santa,
il nostro Pio Pellicano!


Caterina63
00sabato 3 settembre 2011 19:05
Il miracolo di san Gregorio Magno" di Andrea Sacchi nella basilica di San Pietro in Vaticano

Lino e sangue


Ne parlano Giovanni Diacono nel IX secolo e Jacopo da Varagine nella "Legenda Aurea"

 

di MARCO AGOSTINI

Opposta alla Gregoriana, la cappella Clementina della Basilica di San Pietro è una delle quattro previste da Michelangelo e fu realizzata quattordici anni dopo la sua morte da Giacomo Della Porta.
Nel 1606 l'altare ricevette il corpo di san Gregorio Magno e nel 1628 fu consacrato. Per pala ebbe fino al 1772 il dipinto originale del miracolo di san Gregorio Magno di Andrea Sacchi, che ora sta nella sala capitolare della Sagrestia di San Pietro; poi ci si accontentò di un rifacimento musivo.


L'abate romano Giovan Pietro Bellori, introducendo la Vita d'Andrea Sacchi (Vite de' Pittori Scultori et Architetti moderni, 1672) annota: "In ogni tempo nella città di Roma si sollevarono uomini eccellentissimi nella pittura, scoltura ed architettura, i quali onorarono tutte e tre queste arti (....) Fra gli altri molti... che si avanzarono nella pittura (...) fu questi Andrea Sacchi".

Andrea (Roma 1599-1661) fu inviato dal padre pittore Benedetto a bottega da Francesco Albani dove studiò i Carracci ed esercitò interesse per gli affreschi di Raffaello. Alla chiarezza, al rigore, alla misura di scuola bolognese, caratteristiche nello scorcio del Seicento del movimento classicista romano, si univa la tendenza all'esuberanza pittorica del colore veneto anticipata da Annibale Carracci. Soprattutto nelle opere giovanili di Sacchi, Pierfrancesco Mola e Pietro Testa il calore della pittura veneziana, unito alla profondità emotiva di ascendenza baroccesca, mostra di rinvigorire la tradizione accademica bolognese dell'ambiente romano.

L'erudito e antiquario Bellori, bibliotecario di Cristina di Svezia, pittore lui stesso e membro dell'Accademia di San Luca, narra come arrivò ad Andrea la commissione della pala per l'altare di san Gregorio: "Onde seguendosi in quel tempo a far le tavole per gli altari della nuova Basilica Vaticana venne in pensiero al cardinal Del Monte di proporlo e farlo concorrere co' primi maestri che allora fiorivano in Roma... alla tavola grande di santa Petronilla (...)

D'Andrea molto diversa l'intenzione (... ) rifiutò (...) ffermando che quella tavola era dovuta al merito di qualche gran maestro, e non a lui, che non era bastante a tanto peso per lo poco sapere e per l'imbecillità degli anni. La scusa dell'età fu ammessa alla congregazione con questo, che se egli ricusava la tavola grande per l'impotenza degli anni, accettasse l'altra piccola di san Gregorio corrispondente, come essi dicevano, alla poca età sua". Bellori, che aveva premesso alla sua opera un saggio sull'Idea del pittore, dello scultore e dell'architetto nel quale intendeva definire la qualità pura della bellezza come criterio fondamentale per il giudizio, esprime grande apprezzamento per Sacchi e un desiderio che è ancor'oggi pienamente condivisibile: "Io per me ammirando la modestia di Andrea, bramerei in questo tempo di vedere un altro esempio di sì lodevole continenza e cognizione di se stesso, quando ciascuno per poco che sappia, concorre il primo senza temere né luogo né impresa per grande che sia, essendo maggiore l'ardire de' loro pennelli, che fanno anco maggiore la caduta". Erano tempi in cui la colta committenza si rivolgeva ad artisti veramente tali, che delle arti conosceva e pronunciava i nomi, che aveva una percezione oggettiva della bellezza e di conseguenza del valore dell'artista. Sicura era, poi, in committente e artista la Dottrina da rappresentare.

Ricevere la commissione per un dipinto in San Pietro era l'incarico più prestigioso cui un pittore potesse ambire in Roma e poteva determinare la fortuna o la sfortuna di un'intera carriera artistica. In quel tempo non privo d'artisti veri e d'umiltà ciò era tenuto sommamente in conto.
"Andrea fu costretto alfine di accettare quest'altra piccola, la quale però egli non eseguì allora, ma fu da lui maturata lo spazio di sei anni, dopo i quali egli la diede compita". A vent'anni, nel 1619, ricevette la commissione, nel 1626 consegnò la pala per l'altare con grande ammirazione di Pietro Bellori: "Il colore di questo quadro è il più armonioso temperamento che possa dare il pennello di chiunque fa professione di gran coloritore con unione molto intelligente tra la forza e la soavità d'ombreggiamenti e di lumi, e con buonissime piegature di panni, che suppliscono alla mancanza dell'ignudi".

La pala raffigura un miracolo di san Gregorio Magno raccontato da Giovanni Diacono (IX secolo) e ripreso nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine (1228-1298). Il Papa, a degli ambasciatori che chiedevano delle reliquie, diede, rinchiuse e suggellate in vasi, dei brandea che avevano toccato le ossa dei martiri. Gli ambasciatori non ritenendole di gran valore se ne lamentarono. San Gregorio dopo aver celebrato Messa e fatta orazione compì quanto il dipinto mostra.

Sentiamo la descrizione di Bellori: "Finse Andrea (Sacchi) il dentro del tempio, ove il Santo Pontefice in abito sacerdotale con la pianeta ed avanti l'altare con una mano alza il panno lino candido e puro, coll'altra lo punge col ferro, facendone gocciolare vivo sangue stillante; nel qual atto tenendo sospeso il panno, si volge indietro e lo mostra a gli ambasciadori increduli, uno de' quali, il principale più avanti ginocchioni, guarda sopra al prodigio, aprendo le braccia e le mani per meraviglia, la qual figura disposta nobilmente diffonde il manto azzurro su la zimarra fodrata di pelle, in abito peregrino, ed espone al lume il calvizie e le canizie de' capelli, con effetto molto naturale. Dietro questo primo ambasciadore si scuopre il compagno piegato avanti l'altare, tenendo il vaso delle reliquie con la mano e con l'altra il coperchio, attento anch'egli al miracolo. A' piedi san Gregorio vedesi il diacono, che si volge al Santo, e con la destra tiene un altro vaso aperto, e colla sinistra il coperchio alzato (...) dietro in contrasegno della guardia del papa da sito più basso e di sotto l'altare spuntano i ferri delle alabarde, che riempiono a tempo quello spazio".

Il culto delle "tombe dei giusti" era un'eredità biblica, ma anche i pagani onoravano le tombe. Verso la metà del II secolo si sviluppò il culto dei martiri: l'intera comunità si radunava attorno alla tomba del testimone che aveva sofferto fino alla morte a causa della fede in Cristo - Agostino ricorderà nella controversia con i donatisti che non il supplizio sopportato fa il martire, ma la causa per il quale si è subito - nella gioia comune, mediante un banchetto funerario, la preghiera e l'offerta dell'Eucaristia.

Anche il sepolcro dei confessori, ossia di coloro che pur non avendo subito il martirio avevano sofferto per la fede in prigioni e miniere, era associato a questa venerazione. I devoti costruivano per loro mausolei, che continuavano la tradizione degli antichi eroi, sepolcri nelle catacombe, cappelle private.
Dalla fine del IV secolo cominciarono a essere ritenuti degni di venerazione anche gli asceti, i vergini e le vedove, i vescovi che avevano manifestato fedeltà alla Catholica, intenso zelo nella preghiera e nell'ascesi, nella predicazione, nella carità, coraggio nella difesa dello ius divinum a fondamento di quello degli uomini. L'epoca dell'inventio e della traslatio dei corpi costituisce un capitolo importante della vita della Chiesa anche sotto il profilo edilizio: sant'Ambrogio era lieto di poter deporre sotto l'altare i corpi di coloro che avevano comunicato più da vicino al mistero pasquale del Signore (sant'Agostino, Confessiones, IX 7,16). Le sofferenze e la morte del martire sono la manifestazione della forza della risurrezione: nei martiri il Cristo soffre e vince la morte. Era percepito nitidamente il vincolo che univa le loro reliquie con la celebrazione dell'Eucaristia.
L'usanza di custodire i corpi dei martiri, o frammenti di essi, le reliquie, sotto o dentro gli altari trasformò il loro culto da locale in universale. Ancora Agostino ammonisce "Non ai martiri, ma al Dio dei martiri dedichiamo altari anche se lo facciamo nelle memorie dei martiri" (Contra Faustum, XX, 21). I martiri e i santi sono portatori dello Spirito, la relazione con la loro persona attraverso le tombe o le reliquie ottiene miracoli, intercessione per i vivi.

La loro santità ha valore propiziatorio. Il martirio non solo cancella i peccati dei martiri, ma torna a beneficio di tutta la comunità dei credenti, respinge gli assalti di Satana. I corpi o le reliquie dei santi sono considerati come il segno della presenza e il tramite della loro azione, in senso spirituale, in mezzo ai vivi.

Nel VI-VII secolo il culto aumentò anche grazie alla diffusione dei brandea, panni di lino appoggiati ai corpi dei santi o al loro sepolcro, le cosiddette reliquie per contatto. Ne parla già Agostino a proposito di Ambrogio nel testo già citato.
Della medesima venerazione erano fatti oggetto anche le reliquie delle Vera Croce, della Passione o il Velo della Madre di Dio. Roma, meno favorevole alla moltiplicazione delle reliquie corporali, favorì la diffusione di questo tipo di reliquie o delle ampolle d'olio che avevano arso una notte davanti alla tomba del santo: il Miracolo di san Gregorio Magno ne è attestazione.

Esso mostra il valore di queste reliquie e testimonia come il culto di esse fosse un importante strumento di comunione fra la Chiesa di Roma e i Patriarcati orientali o di relazioni con i regni cristiani. La santità lungo i secoli ha nutrito l'ammirazione e stimolato il fervore dei cristiani: il primato dell'amore del Signore fino alla morte, l'essere disponibili nelle sue mani, la carità, la preghiera, l'ascesi, la predilezione per la verginità.

Il Medioevo collocò sopra gli altari splendidi reliquiari, decorati di smalti e pietre preziose che venivano incensati durante la liturgia. Nel XII secolo si poteva vedere il Papa che, la vigilia delle feste maggiori nella Basilica vaticana, pellegrinava ai molteplici altari dedicati ai santi procedendo alla loro incensazione.

Circa il culto delle reliquie la teologia greca ripresa da san Giovanni Damasceno costituisce il preludio di quella di Tommaso d'Aquino (Summa Theologiae, III, q 22 a 3-6).

Il tempio di Dio su questa terra, il corpo dei santi, sia intero che diviso, riceve l'"adorazione di venerazione" che deve essere resa a tutti coloro che hanno rivestito una qualche dignità; poiché questa dignità costituisce un riflesso della gloria divina, il culto che le viene reso ricade in definitiva su Dio stesso con un significato analogo a quello delle immagini.



(©L'Osservatore Romano 4 settembre 2011)


Caterina63
00giovedì 7 giugno 2012 23:05
[SM=g1740733] Puoi anche raccontarlo, perché la "vera carne" e il "vero sangue"
non sono solo segni storici di un fatto realmente accaduto,
ma miracolo visibile e permanente.
Certamente la tua mente inquieta e dubbiosa - come ogni mente umana
- vuole capire, vuole indagare come sia possibile che Dio, nelle fragili
apparenze del pane e del vino, si faccia presenza, pane di vita,
sacrificio per te.

www.miracoloeucaristico.eu/

it.gloria.tv/?media=297509



[SM=g1740717]

[SM=g1740738]
Caterina63
00mercoledì 12 giugno 2013 19:32
[SM=g1740717] [SM=g1740720] i miracoli eucaristici esistono e avvengono ancora.... fonte attendibile di Radio Vaticana:


http://www.asianews.it/files/img/SRI_LANKA_%28F%29_0610_-_Chiesa_attaccata.jpg

Church of St. Francis Xavier in Angulanain the Archdiocese of Colombo
Sri Lanka: attaccata una chiesa cattolica. Profanato il tabernacolo: il miracolo delle ostie

Cresce l'intolleranza religiosa in Sri Lanka: un gruppo di ignoti ha attaccato la chiesa cattolica St. Francis Xavier ad Angulana, nell'arcidiocesi di Colombo.

I vandali - riporta l'agenzia AsiaNews - hanno distrutto un'antica statua della Vergine, per poi accanirsi sul tabernacolo: lo hanno staccato dall'altare tentando di dare fuoco all'eucarestia.

Il fatto è avvenuto il 5 giugno scorso intorno alle 10 di sera, ma al momento la polizia non ha ancora individuato i colpevoli.
Da diversi mesi in Sri Lanka avvengono attacchi contro le minoranze religiose, in particolare cristiana e islamica.

In genere si tratta di aggressioni architettate da gruppi di estremisti buddisti (il Bodu Bala Sena o il Sinhala Ravaya), che lottano per proteggere la popolazione buddista e singalese (la maggioranza, ndr) e la sua religione.

Simili attacchi sono una novità per il Paese, dove di rado avvengono attacchi di matrice religiosa.

Tra i fedeli dell'arcidiocesi c'è molto risentimento per quanto avvenuto.

Secondo molti però, proprio durante l'attacco è avvenuto un piccolo miracolo, che ha rinfrancato il loro spirito e rinvigorito la loro fede.

Sebbene il tabernacolo sia stato trovato del tutto imbevuto di cherosene - per gli agenti sono stati versati almeno 30 litri - le ostie consacrate non hanno preso fuoco e sono rimaste intatte.

"Questo - raccontano alcuni fedeli ad AsiaNews - è un miracolo forte, attraverso il quale Gesù dà un messaggio alla nostra società e a chi compie simili attacchi: nessuno può distruggere Cristo e il suo amore.
Perché egli è morto, ha rinunciato alla sua vita per noi e poi è risorto. Nessuno può fargli nulla".



Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/10/sri_lanka:_attaccata_una_chiesa_cattolica._profanato_il_tabernacolo/it1-700060
del sito Radio Vaticana






[SM=g1740738]


Il miracolo di Lanciano si ripete? [SM=g1740733]

dal FB dell'amico Don Elio
 

OSTIA BUTTATA CHE SI TRASFORMA IN UNA FETTA DI CUORE CHE DOPO TRE ANNI ANCORA E' VIVENTE.

Probabilmente alcuni lettori lo sanno già; io l’ho saputo solo ieri da un amico.
A Buenos Aires, nel 1996, un’Ostia consacrata si sarebbe trasformata... in sangue e carne.

Il 18 agosto di quell’anno, un prete di nome Alejandro Pezet, mentre distribuiva le Comunioni, fu avvertito da una donna che qualcuno aveva gettato una particola su un candelabro, nel retro della chiesa. Il sacerdote raccolse l’Ostia, che era tutta sporca, e la mise in un contenitore pieno d’acqua e depose il tutto nel tabernacolo – pare – in attesa che il dischetto di acqua e farina si sciogliesse (sembra si faccia così in questo casi, chiederei conferma a chi ne sa). Otto giorni dopo, il 26 agosto, il sacerdote vide che l’Ostia nel tabernacolo, lungi dall’essersi dissolta, s’era tramutata in una sostanza sanguinolenta. Il cardinale Bergoglio, avvertito, dispose di far fotografare l’oggetto: le foto furono scattate il 6 settembre da un fotografo professionista e indipendente. Poi la particola fu riposta nel tabernacolo e lì è rimasta per anni, senza che la cosa si sapesse.

Tre anni dopo, dato che la materia non si era ancora decomposta, il cardinal Bergoglio incaricò un medico che già s’era occupato di fenomeni preternaturali, Ricardo Castanon, di prelevare un campione del materiale per farlo esaminare.
Il prelievo avvenne il 5 ottobre 1999 davanti a rappresentanti del Cardinale. I campioni furono analizzati da un laboratorio di Buenos Aires, che decretò: si tratta di muscolo di cuore umano, con globuli bianchi ed emoglobina. La cosa che attrasse l’attenzione dell’analista di laboratorio fu questa: che il lacerto di muscolo cardiaco ancora batteva ritmicamente mentre era sotto il microscopio, come se fosse ancora vivente. Ed erano passati già tre anni dalla prima manifestazione del fenomeno.

Nel 2002, il dottor Castanon pensa di inviare i campioni anche a New York, al laboratorio di Frederick Zugibe: un luminare della medicina forense e della cardiologia, a quel che appare dalla sua biografia sul web.

Il laboratorio non fu informato che il reperto era, all’origine, una particola di pane consacrato. «Il campione è muscolo cardiaco, parete del ventricolo sinistro, vicino alle valvole», ha dichiarato l’analisi. Il professor Zugibe ha aggiunto: «È il cuore di una persona che è stata molto maltrattata; il cuore porta lesioni che dicono che è stata colpita duramente, è stata torturata».

Ma inoltre, Zugibe ha chiesto a Castanon: «Mi deve spiegare come ha tolto il cuore da una persona che era viva al momento del prelievo, come dimostra il fatto che mentre lo esaminavo la muscolatura pulsava ancora , e il reperto contiene ancora tanti globuli bianchi: i quali muoiono pochi minuti dopo essere tolti da un organismo vivente».
Solo allora gli è stato rivelato che quella era una particola, trasformatasi in tessuto umano molti anni prima.
(Milagro Eucaristico Buenos Aires Argentina)

 

  Il fatto raccontato nella  lettera del vescovo Richard Williamson

Il 18 agosto 1996, nella chiesa parrocchiale di Santa Maria, nel centro di Buenos Aires, Argentina, Don Alejandro Pezet stava finendo di distribuire la Comunione (di una nuova Messa, ovviamente), quando una donna lo avvisò che in fondo alla chiesa vi era un’Ostia abbandonata. Un parrocchiano che aveva ricevuto la Comunione nella mano doveva averla lasciata cadere mentre usciva dalla chiesa e l’aveva abbandonata perché troppo sporca per poter essere consumata. Don Pezet la raccolse, la immerse correttamente in un vaso con l’acqua e ripose il tutto nel tabernacolo, dove in pochi giorni essa si sarebbe normalmente sciolta e sarebbe stato possibile toglierla.

Tuttavia, quando il 26 agosto aprì il tabernacolo, fu grande la sua sorpresa nello scoprire che l’Ostia si era trasformata in una sostanza sanguinolenta. Le fotografie scattate 11 giorni dopo su ordine del vescovo Bergoglio, dimostrarono che essa era notevolmente aumentata di volume. Per tre anni venne tenuta nel tabernacolo, sotto stretto segreto, ma nel 1999, l’Arcivescovo Bergoglio decise di effettuare un esame scientifico. Il 15 ottobre del 1999, in presenza di testimoni, permise al dottor Ricardo Castañon, un neuro-psico fisiologo approvato da Roma, di prelevare un campione per eseguire l’esame.

Il Dr. Castañon consegnò per prima cosa il campione ad un laboratorio di medicina legale di San Francisco, che vi riscontrò DNA umano. Un certo Dr. Robert Lawrence vi trovò dei globuli bianchi. Mentre il Dr. Ardonidoli, in Italia, pensò che si trattasse probabilmente di tessuto cardiaco. Il professore australiano, John Walker, vi riconobbe del tessuto muscolare con globuli bianchi intatti.

Per togliere ogni dubbio, il Dr. Castañon ricorse a un cardiologo di fama, medico legale presso la Columbia University di New York, il dottor Federico Zugibe, senza dirgli della provenienza del campione.
Dopo un esame al microscopio il Dr. Zugibe riferì testualmente: “Posso dirle esattamente di cosa si tratta. È una parte del muscolo che si trova nella parete del ventricolo sinistro del cuore, quello che permette il battito cardiaco e dà vita al corpo.
Mescolati al tessuto vi sono dei globuli bianchi, il che mi dice innanzitutto che il cuore era vivo al momento del prelievo del campione, perché i globuli bianchi muoiono al di fuori di un organismo vivente, e in secondo luogo che, dato che i globuli bianchi servono ad aiutare una ferita, questo cuore ha sofferto. È il genere di cose che riscontro in pazienti che hanno ricevuto dei traumi al petto”.

Alla domanda su quanto tempo queste cellule sarebbero rimaste vive se fossero state prelevate da un campione conservato in acqua, il Dr. Zugibe rispose che avrebbero cessato di esistere in pochi minuti.


[SM=g1740733]






Caterina63
00mercoledì 21 agosto 2013 11:57

750 anni fa il Miracolo di Bolsena

"750 anni fa di questi giorni si verificava a Bolsena, in provincia di Viterbo, un grande prodigio che viene ricordato con il nome di “miracolo eucaristico di Bolsena”. 
Un sacerdote, mentre celebrava la Messa, ebbe dei dubbi sulla reale presenza di Cristo nell’Ostia Consacrata e in quel momento l’Ostia cominciò a versare sangue, confermando prodigiosamente la presenza reale di Cristo nel pane eucaristico. Il prossimo anno ricorreranno, invece, i 750 anni della bolla Transiturus de hoc mundo, scritta da Papa Urbano IV dopo aver constatato di persona la realtà del miracolo di Bolsena. 

Con quella bolla, il Papa istituiva per tutta la Chiesa la Solennità del Corpus Domini, festa liturgica che celebra la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucarestia. Infine, secondo un’antica tradizione, rifiutata da molti storici, ma ammessa da altri, i due eventi, miracolo e istituzione della Festa del Corpus Domini, sarebbero all’origine della costruzione del celeberrimo Duomo di Orvieto, uno dei massimi capolavori del gotico italiano, nel quale si conservano le reliquie del miracolo di Bolsena. 
Come si vede, i tre eventi sono strettamente legati al Sacramento dell’Eucarestia. 
Per questo, Benedetto XVI, prima di ritirarsi, ha voluto che i tre eventi fossero ricordati con una particolare rilevanza in questo nostro tempo. 

E così, su mandato di papa Ratzinger, la Penitenzieria Apostolica, con un rescritto del 13 marzo 2012, ha autorizzato la celebrazione di un Giubileo Eucaristico straordinario a Bolsena e a Orvieto, cioè un “Anno Santo”, ma “speciale”, lungo non uno ma due anni, in modo da comprendere l’anniversario del Miracolo di Bolsena e quello della istituzione della solennità del Corpus Domini. 
Lo speciale Anno Santo è iniziato a gennaio 2013 e terminerà il 24 novembre 2014. 
Ha i suoi punti principali di riferimento a Bolsena e a Orvieto, dove si verificarono gli eventi che vengono ricordati e dove si conservano le reliquie di quegli eventi, ma in realtà riguarda tutto il popolo cristiano, perché quei fatti sono strettamente legati al Mistero dell’Eucaristica. 
Sono una quindicina i grandi miracoli eucaristici che si verificarono nel corso del tredicesimo secolo. 
Alcuni in Italia, altri in Germania, in Spagna, in Portogallo, in Francia. 
Il più noto è quello di Bolsena, che si verificò, secondo gli storici, nella prima metà di agosto del 1263. Protagonista, Pietro da Praga, un sacerdote di origine boemo. 
Un ottimo sacerdote, esemplare in tutto, ma tormentato da dubbi sulla reale presenza di Cristo nell’Eucarestia. 

Quel sacerdote, per combattere i dubbi da cui era assalito ogni volta che celebrava la Messa, decise di andare in pellegrinaggio a Roma per poter pregare sulle tombe degli apostoli. Seguendo la via Francigena, fece tappa a Bolsena e volle celebrare la Messa nella chiesa dove si trova la tomba di Santa Cristina martire, della quale era molto devoto. 
E fu lì, in quella chiesa, che si verificò il prodigio. 
Al momento della Consacrazione, mentre teneva l’Ostia sopra il calice, il sacerdote Pietro da Praga vide che l’Ostia sanguinava abbondantemente e il sangue cadeva sul corporale e sugli altri lini che coprivano l’altare. 
Si spaventò, prese il calice, l’Ostia consacrata, il corporale e gli altri oggetti che erano stati macchiati di sangue, tornò in sacrestia e nascose tutto nel sacrario. 
Ma, passato il primo sbigottimento, si rese conto che non poteva nascondere un fatto del genere, e dovette rivelare quanto era accaduto. 

La voce del prodigio si sparse immediatamente. Raggiunse anche Orvieto, che dista da Bolsena una ventina di chilometri, do¬ve si trovava il Papa Urbano IV. 
Questi inviò immediatamente a Bolsena il vescovo Giacomo Maltraga, accompagnato da alcuni celebri teologi, perché facesse una immediata inchiesta e raccogliesse tutte le testimonianze e la documentazione possibile. Il fatto era così clamoroso da non ammettere dubbi. 
Per questo il ritorno a Orvieto della delegazione con le reliquie del prodigio si svolse in modo trionfale, con il clero di Bolsena e molta gente che seguiva in processione. 
Il Papa stesso, informato della serietà del fatto, volle andare incontro alle sacre reliquie, insieme ai cardinali del suo seguito, ai chierici e ai religiosi di Orvieto. 
L’incontro avvenne sulle sponde del fiume Riochiaro e il Papa, in segno di profonda devozione, si inginocchiò piangendo per la commozione. 
Poi prese le reliquie nelle proprie mani e le portò nella cattedrale. Papa Urbano IV era un grande sostenitore della Verità Eucaristica. Prima di essere eletto Pontefice, si chiamava Giacomo Pantaleon. 
Era figlio di un calzolaio di Troyes, in Francia, aveva studiato Teologia e Legge a Parigi. Dopo era stato nominato arcidiacono di Liegi e aveva conosciuto una suora di nome Giuliana, superiora nel monastero di Mont-Cornillon vicino a Liegi. 

Fin dal 1208, quella suora aveva apparizioni di Gesù che le chiedeva di istituire nella Chiesa una festa che celebrasse il suo Corpo, il “Corpo del Signore”. 
Suor Giuliana si era resa conto che Gesù le chiedeva l’impossibile e per cinque anni continuò a pregarlo affinché la liberasse da quell’incarico, ma Gesù insisteva. 
Nel 1230, attraverso il proprio confessore, il canonico Jean de Lausanne, riuscì a guadagnare alla propria causa l’arcidiacono Pantaleon e gli confidò la missione che le era stata data da Gesù. 
Anche Giacomo Pantaleon capì che la richiesta della suora non sarebbe mai stata accolta dalla Chiesa. 
Però aveva anche constatato che quella suora era una persona seria e che le visioni di cui parlava erano autentiche. Per questo prese in considerazione la richiesta e ne parlava ovunque potesse farlo. Grazie a lui, e al suo prestigio, la richiesta di Suor Giuliana fu discussa nel corso del Sinodo di Liegi del 1248, e venne accolta. 
Fu, così, istituita, per la sola diocesi di Liegi, una festa in onore del Santissimo Sacramento. La festa però suscitò molte opposizioni. Suor Giuliana fu derisa, offesa, perseguitata e costretta a fuggire dal suo convento e a rifugiarsi a Fosses, presso Namur, dove morì nel 1258. 
Nel frattempo, Giacomo Pantaleon aveva fatto carriera. 

Era diventato vescovo di Verdun, aveva svolto diverse missioni delicate per incarico di Papa Innocenzo IV ed era stato poi nominato patriarca di Gerusa-lemme. Nel 1261, tre anni dopo la morte di Giuliana, il cardinale Gia¬como Pantaleon si trovava a Viterbo in cerca di aiuto per i cristiani oppressi di Oriente, quando Papa Alessandro IV, che aveva portato la Corte papale a Viterbo, morì. Pantaleon si fermò per il Conclave e venne eletto Papa. Prese il nome di Urbano IV. 
Non aveva dimenticato suor Giuliana e le richieste che la mistica aveva ricevuto da Gesù. Ora che era Papa, poteva realizzarle. In gran segreto, preparò la bolla Transiturus con la quale intendeva estendere la Festa del Corpus Domini a tutta la Chiesa, e nella quale affermava la tradizionale Verità della Chiesa sulla Eucaristia, e attendeva il momento opportuno per pubblicarla. L’evento di Bolsena fu per lui un “segno” e l’11 agosto 1264, un anno dopo tali fatti, rese pubblica la bolla estendendo la Festa a tutta la Chiesa."
 
 Renzo Allegri tratto da Zenit.org 
 
Formula che il Sacerdote recita prima dell’inizio della Santa Messa 
Formula intentionis ante Missam 
 
Ego volo celebrare Missam, et conficere Corpus et Sanguinem Domini nostri Jesu Christi, juxta ritum sanctæ Romanæ Ecclesiæ, ad laudem omnipotentis Dei totiusque Curiæ triumphantis, ad utlitatem meam totiusque Curiæ militantis, pro omnibus, qui se commendaverunt orationibus meis in genere et in specie, et pro felici statu sanctæ Romanæ Ecclesiæ. Gaudium cum pace, ememdationem vitæ, spatium veræ pænitentiæ, gratiam et consolationem Sancti Spiritus, perseverantiam in bonis operibus, tribuat nobis omnipotens et misericors Dominus. Amen. 
Intendo celebrare questa Eucaristia e consacrare il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, secondo il rito di Santa Romana Chiesa, a lode di Dio Onnipotente e di tutta la sua corte celeste per il mio bene e quello di tutta la Santa Chiesa militante e purgante, per tutti coloro che si sono raccomandati alle mie preghiere, in modo generale e in modo particolare, come anche per il felice stato della Santa Chiesa Romana. 
Il Signore onnipotente e misericordioso ci conceda di gioire nella pace, il perdono nella vita presente, il tempo per una vera penitenza, la grazia e la consolazione dello Spirito Santo e la perseveranza nelle buone opere. Amen. 
 




Caterina63
00venerdì 21 febbraio 2014 22:24


MIRACOLO EUCARISTICO IN SPAGNA?
16 OSTIE NASCOSTE DURANTE LA GUERRA CIVILE, INTEGRE DOPO 77 ANNI



Domenica 24 novembre 2013, chiesa parrocchiale di Moraleja de Enmedio, un paesino di circa 5.000 anime a sud di Madrid. Il vescovo Joaquín María López de Andújar ha fatto la comunione con un’ostia consacrata il 16 luglio 1936, due giorni prima dell’inizio della guerra civile spagnola e festa della Madonna del Carmelo.
“Il sapore che ho provato è come se fosse stata appena preparata” ha detto. 

Si tratta di quello che alcuni considerano un miracolo eucaristico, altri più semplicemente un “evento straordinario”:  ovvero 16 ostie consacrate che risultano intatte, come “nuove”, dopo ben 77 anni. E questo dopo essere state nascoste dalla furia dissacratoria delle milizie Repubblicane prima sotto terra, nell’umidità di una cantina, poi negli anfratti di un solaio, in una pisside tutt’altro che a chiusura stagna, quindi per anni a contatto a con gli agenti atmosferici e avendo subito sbalzi notevoli di temperatura. 16 ostie che sono le rimanenti di un gruppo di 100 e che ora giacciono al sicuro nel tabernacolo della chiesa di Moraleja de Enmedio. 

“Quello che è sorprendente – ha detto il vescovo - è che sia la piccola pisside  che il panno che la ricopriva, si sono deteriorati, ma le ostie no”. 
Attorno a questo fenomeno è fiorita la devozione così come sono molti i racconti di grazie ricevute e altri prodigi o “anomalie”. Una è riconosciuta anche dagli storici: nessun abitante di Moraleja è morto durante la guerra civile e il Paese non è scampato ai bombardamenti, ma le bombe che sono cadute non sono esplose.


  da Il Timone



il sito spagnolo della notizia



   e cliccando qui altre notizie sull'argomento inerente ai Miracoli Eucaristici....








Caterina63
00domenica 10 maggio 2015 23:26
BastaBugie n.400 del 6 maggio 2015

A CENTO ANNI DAL PRIMO ESAME, LA SCIENZA CONFERMA LA VERIDICITA' DEL MIRACOLO EUCARISTICO DI SIENA
Le 225 Ostie sono perfettamente integre a distanza di secoli


(VIDEO: ricognizione della commissione e del vescovo di Siena)

di Vincenzo Sansonetti


Le Ostie, visibilmente in ottimo stato di conservazione, sono state poi sottoposte, in tre campioni, alle seguenti analisi: ispezione della superficie delle Ostie con microscopio digitale portatile, rilevazione della presenza del nucleotide ATP (adenosine-trifosfato) mediante misura con bioluminometro, test colturale, fotogrammetria a distanza ravvicinata per la ricostruzione del modello 3D delle Ostie a fini documentativi [...].
Dai risultati degli esami eseguiti emerge la conferma di quanto anticipato dall'esame visivo, ovvero il buono stato di conservazione delle Ostie e la totale assenza di contaminazione. Il test colturale non ha messo in evidenza nessuna crescita microbica né dopo 7 giorni dal campionamento, né dopo 14».
Questa la parte centrale del comunicato stampa diffuso in data 24 ottobre 2014 dall'arcidiocesi di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino, in riferimento alla ricognizione effettuata il precedente 10 settembre con analisi non invasive di alcuni campioni scelti tra le particole «che prodigiosamente si conservano dal 1730 nella Basilica di S. Francesco in Siena».

Aldilà del linguaggio da specialisti, il significato è chiaro: il miracolo eucaristico di Siena, tra i più celebri al mondo, «continua». Peccato che la notizia, di per sé clamorosa in tempi di freddo razionalismo e rifiuto del soprannaturale, sia passata quasi sotto silenzio: oltre alla stampa locale, solo un commento di Antonio Socci (peraltro precedente al comunicato della Curia), un trafiletto su Avvenire e poco altro. Nessuna ripresa nei Tg, nessun dibattito nei salotti televisivi, di solito attenti a questi fenomeni. I miracoli imbarazzano.

SOLO LO STUPORE COGLIE IL MISTERO

«Nella natura e nella storia non avvengono miracoli», affermava con sicurezza Lenin, nella prima delle sue Lettere da lontano, scritta nel marzo 1917, alla vigilia della partenza dalla Svizzera per mettersi alla testa della rivoluzione bolscevica. Il suo proclamato materialismo storico gli impediva di accettare la possibilità di eventi che travalicano le leggi naturali. Pochi decenni prima il filosofo francese Émile Littré, inesorabile positivista, con una punta di sarcasmo sosteneva che «per quante ricerche si siano fatte, mai un miracolo si è prodotto là dove poteva essere osservato e constatato». Oggi questi due signori sono smentiti dai fatti. Non solo i miracoli avvengono e continuano ad avvenire, ma sono accertati dalla scienza (si pensi al rigore con cui si procede per proclamare santi e beati) e si producono proprio laddove possono essere studiati e verificati (vedi l'esempio clamoroso e sotto gli occhi di tutti di Lourdes, dove esiste un apposite Bureau medical atto a verificarne l'autenticità).

Sono il prevalere dell'ideologia e dello scetticismo, così diffusi purtroppo anche tra i cattolici, che impediscono il dispiegarsi dello stupore, unico atteggiamento umano che può cogliere il Mistero, e quindi il miracolo. Per il teologo italiano naturalizzato tedesco Romano Guardini, preoccupato di porre Cristo al centro della vita moderna, «il miracolo non elimina affatto la legge naturale, ma indica soltanto che essa viene presa a servizio, in quel momento, da una potenza superiore, del tutto reale e carica di senso».

IGNOTI LADRI SACRILEGHI

All'interno della vasta categoria dei "miracoli", che si apre con i prodigi operati dallo stesso Gesù durante la sua vita terrena (dalla trasformazione dell'acqua in vino a Cana fino alla resurrezione di Lazzaro), ci sono i cosiddetti miracoli eucaristici. Essi richiamano l'attenzione dei fedeli sul fatto che le specie eucaristiche (pane e vino) diventano realmente Corpo e Sangue di Cristo, che si fa così presente fra noi: è il mistero centrale della fede cattolica. Tra i tanti miracoli eucaristici accertati spicca quello celebre di Siena, che risale al 1730: il 14 agosto di quell'anno, alla vigilia della solennità dell'Assunzione di Maria, un rilevante numero di ostie consacrate (più di trecento) vennero rubate da ignoti ladri sacrileghi, che asportarono dalla basilica di San Francesco la pisside d'argento che le conteneva. Le particole furono ritrovate tre giorni dopo, il 17 agosto, in una cassetta per le elemosine della chiesa di Santa Maria di Provenzano, abbandonate dagli autori del furto, e il giorno dopo riportate con una processione solenne in San Francesco: qui si conservano ancor oggi, integre come al momento del ritrovamento. Il miracolo eucaristico di Siena si può perciò considerare permanente, unico esempio al mondo. Sono rimaste 225 ostie delle 351 originali, più alcuni frammenti. Le particole mancanti sono state in parte utilizzate nel corso delle analisi e degli accertamenti che si sono succeduti, per analisi chimiche ed esami vari, finalizzati anche a valutarne la commestibilità e il gusto.

DA ANNOTARE NEGLI ANNALI DELLA SCIENZA

Per verificare la permanenza del fatto prodigioso, cioè per assicurarsi che le ostie conservassero le loro caratteristiche senza deteriorarsi, sono state effettuate nel tempo numerose ricognizioni, tra il 1780 e il 1914. «Abbiamo riconosciuto come una specie di vero prodigio che [le particole, ndr] si siano conservate incorrotte senza veruna alterazione per il tratto lunghissimo di cinquant'anni», conclude il suo rapporto padre Giovanni Carlo Vipera, ministro generale dei Frati Minori, nella prima delle due ricognizioni effettuate alla fine del XVIII secolo.

Particolarmente accurata e svolta con strumenti più sofisticati che nel passato, la ricognizione compiuta su impulso di san Pio X il 14 giugno 1914. La relazione conclusiva documenta che le ostie «erano di apparenza ben conservate e senza alcun segno di alterazione o ammuffimento, né guaste per alterazione di tarli o di altri parassiti, propri dei prodotti farinacei». Nella stessa relazione un docente dell'Università di Siena, il professor Siro Grimaldi, riconosce di trovarsi di fronte a «un fenomeno singolare, palpitante di attualità, che inverte le leggi naturali della conservazione della materia organica. È un fatto unico da annotare negli annali della scienza».

SEGNI CHE RAFFORZANO LA FEDE

Proprio in occasione del centenario di quella famosa ricognizione del 1914, che a suo tempo destò notevole interesse, l'attuale arcivescovo di Siena-Colle Val d'Elsa-Montalcino, monsignor Antonio Buoncristiani, dopo essersi consultato con il clero diocesano e autorizzato dalla Congregazione per la dottrina della fede, ha disposto a settembre del 2014 un nuovo esame, eseguito da un gruppo di ricercatori di Firenze, esperti della materia e coordinati dal Cnr. Quest'ultima ricognizione, pur non particolarmente analitica e sofisticata, ha comunque riscontrato - come abbiamo visto - che le ostie rimangono prodigiosamente incorrotte.

Non c'è spiegazione scientifica che possa giustificare il fenomeno: è un miracolo. Che fa dire all'arcivescovo che si tratta di «un segno evidente che rafforza la fede del Popolo di Dio nell'Eucaristia, culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa, sacramento di unità e vincolo di carità fra i cristiani». Nell'anno pastorale della diocesi senese, dedicato proprio all'Eucaristia, le ostie miracolose saranno esposte nelle chiese: tutti i fedeli che «devotamente sosteranno in preghiera di adorazione dinanzi alle SS. Particole» otterranno fino al 4 ottobre 2015 l'indulgenza plenaria.

Oggi la cosiddetta "teologia dei miracoli" è fortemente contestata, nel migliore dei casi ignorata da molti fedeli e gruppi ecclesiali, soprattutto nel Nord Europa. Non riconoscono l'esistenza dei miracoli gli ambienti modernisti e secolarizzanti, che non li considerano fatti realmente accaduti, ma semplici simboli, creati dalla coscienza religiosa, come sublimazione degli oggetti di culto. Per quanto riguarda in particolare i miracoli attribuiti nei Vangeli a Gesù, per costoro si tratterebbe soltanto di semplici narrazioni allegoriche, tese a dimostrare verità spirituali più complesse. Ma la realtà è più forte di queste costruzioni mentali. E i miracoli parlano da soli.

Nota di BastaBugie: dal comunicato stampa dell'Arcidiocesi di Siena si viene a sapere che "in data 10 settembre 2014, ad un secolo di distanza dalle prime analisi scientifiche condotte sulle SS. Particole che prodigiosamente si conservano dal 1730 nella Basilica di S. Francesco in Siena, ricevuto il nulla osta della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’Arcivescovo S.E. Mons. Antonio Buoncristiani, coadiuvato dalla Commissione nominata con Decreto arcivescovile e composta da rappresentanti del Clero diocesano, dei Frati Minori Conventuali e del laicato cattolico dell’Arcidiocesi, ha provveduto ad una nuova ricognizione, con analisi non invasive di alcuni campioni di SS. Particole e la ripulitura del cilindro di cristallo contenitore, eseguita l’ultima volta nel 1952 a seguito del furto sacrilego dell’Ostensorio.

Si è inizialmente provveduto alla verifica numerica delle SS. Particole, che sono risultate 225 più alcuni frammenti, conformemente alla precedente ricognizione. Le Ostie, visibilmente in ottimo stato di conservazione, sono state poi sottoposte, in tre campioni, alle seguenti analisi: ispezione della superficie delle Ostie con microscopio digitale portatile, rilevazione della presenza del nucleotide ATP (adenosin-trifosfato) mediante misura con bioluminometro, test colturale, fotogrammetria a distanza ravvicinata per la ricostruzione del modello 3D delle Ostie a fini documentativi. Prima della pulitura, anche il contenitore di cristallo, in tutte le sue superfici, è stato analizzato tramite prelievo di tamponi sterili.

Le analisi sono state condotte da un gruppo di ricercatori dell’Istituto per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali di Firenze (I.C.V.B.C.) afferente al Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), coordinato dal Dott. Ing. Cristiano Riminesi.
Dai risultati degli esami eseguiti emerge la conferma di quanto anticipato dall’esame visivo, ovvero il buono stato di conservazione delle Ostie e la totale assenza di contaminazione. Il test colturale non ha messo in evidenza nessuna crescita microbica né dopo 7 giorni dal campionamento, né dopo 14.

Le SS. Particole continuano pertanto ad essere prodigiosamente incorrotte, un segno evidente che rafforza la fede del Popolo di Dio nell’Eucaristia, culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa, sacramento di unità e vincolo di carità fra i cristiani".
Ecco il video della durata di circa mezz'ora con tutte le fasi della ricognizione sulle Sacre Particole del miracolo eucaristico di Siena.

www.youtube.com/watch?t=23&v=RQN0B3ffvhU




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Il Miracolo Eucaristico di Cascia


Il miracolo eucaristico è custodito dentro il tabernacolo di pietra e cristallo, con ai lati due pannelli in marmo che raffigurano le due parti di un libro aperto. Nell'anno 1330 a Siena un sacerdote chiamato a portare la santa comunione a un malato pose l'ostia nel breviario. A casa dell'infermo vide che l'ostia era diventata sangue. Andò a confessare l'accaduto al beato Simone, che portò la reliquia a Cascia.
Nel 1389 il Papa Bonifacio IX confermò l'autenticità del miracolo. Il frammento di carta pergamenaceo misura mm. 52 x 44. Guardando in controluce si nota che le macchie di sangue hanno formato il profilo di un volto umano.
Nel sarcofago di pietra, finemente sbozzato, sono collocati i resti del beato Simone Fidati. Nato a Cascia nel 1285 circa, da giovane abbandonò la vita agiata entrando nell'ordine di Sant'Agostino. Ordinato sacerdote, fu grande predicatore e guida spirituale; scrittore in latino e in italiano ci ha lasciato preziosi scritti di teologia e spiritualità. Morì a Roma il 2 febbraio 1348; la sua festa è celebrata il 16 febbraio.

www.santaritadacascia.org/soggiorno/soggiorno-luoghi-basilica-interno-miracolo-eucaris...

gloria.tv/video/8BTbMM1FhkP






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Solo sei anni fa ... un'Ostia diventa vera carne nella bocca di una donna ... - VEDERE per CREDERE - Ma potete vedere e leggere centinaia di miracoli eucaristici in tutto il mondo dai tempi di Gesù ad oggi sul sito www.miracolieucaristici.org/it/Liste/list.html

www.youtube.com/watch?v=dI9Y7lZ4_mc

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Caterina63
00mercoledì 20 aprile 2016 10:55

 


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Quando l’Ostia sanguinò sul breviario di un prete disattento



A Siena nel 1330 un sacerdote depose una particola tra le pagine del libro delle preghiere ed essa sanguinò. Quella reliquia è oggi esposta nella Basilica di Santa Rita, a Cascia




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Miracolo Eucaristico di Cascia

Miracolo Eucaristico Di Cascia - Wikipedia Commons (Mentnafunangann)




A Cascia, nella Basilica dedicata a Santa Rita, si conserva anche la Reliquia di un insigne Miracolo Eucaristico, avvenuto vicino a Siena nel 1330.


A un sacerdote fu richiesto di portare la Comunione a un contadino infermo. Il prete, prese una Particola consacrata e la depose irriverentemente tra le pagine del suo breviario e si avviò dal contadino.


Arrivato a casa del malato, dopo averlo confessato, aprì il libro per prendere l’Ostia che vi aveva riposto, ma con sua grande sorpresa constatò che la Particola si era tinta di vivo sangue tanto da impregnare ambedue le pagine tra le quali era stata posta.


Il sacerdote, confuso e pentito, si recò immediatamente a Siena presso il Convento agostiniano per chiedere consiglio al Padre Simone Fidati da Cascia, conosciuto da tutti per essere un sant’uomo.


Questi, udito il racconto, concesse il perdono al sacerdote e chiese di tenere con sé quelle due pagine macchiate di sangue. Numerosi sono stati i Sommi Pontefici che ne hanno promosso il culto concedendo indulgenze.


Nell’atto di ricognizione della Reliquia del Miracolo Eucaristico di Cascia avvenuta nel 1687, viene riportato anche il testo di un antichissimo Codice del Convento di Sant’Agostino in cui sono descritte numerose notizie riguardanti il Prodigio.


Oltre a questo Codice, l’episodio viene anche menzionato negli Statuti Comunali di Cascia del 1387, dove tra l’altro si ordinava che “ogni anno nella festa del Corpus Domini, il Potestà, i Consoli e tutto il popolo casciano, fossero tenuti ad adunarsi nella chiesa di Sant’Agostino ed a seguire il clero che doveva portare quella venerabile Reliquia del sacratissimo Corpo di Cristo processionalmente per la città”.


Nel 1930, in occasione del sesto centenario dell’evento, fu celebrato a Cascia un Congresso Eucaristico per l’intera diocesi di Norcia; fu allora inaugurato un prezioso ed artistico Ostensorio e venne pubblicata tutta la documentazione storica reperibile al riguardo.


***

Per approfondire il tema dei Miracoli Eucaristici, è possibile visitare il sito del Servo di Dio Carlo Acutis: http://www.miracolieucaristici.org/





TESSUTO CARDIACO IN UN'OSTIA. IL VESCOVO DI LEGNICA, IN POLONIA, RICONOSCE IL MIRACOLO

Tessuto cardiaco in un&#039;ostia. Il vescovo di Legnica, in Polonia, riconosce il miracolo

di Greg Kandra, da Aleteia

 

Sì, a volte una presunta “ostia che sanguina” dopo gli esami dovuti non si rivela altro che muffa rossa del pane.

A volte, però, mettendo un’“ostia sanguinante” sotto il microscopio e sottoponendola a varie prove si scopre che si tratta di tessuto cardiaco umano.

Nel 2013 in Polonia è stato dimostrato che un’ostia che sanguinava era proprio questo, come ha annunciato il 17 aprile il vescovo Zbigniew Kiernikowski, della diocesi di Legnica:

«Il 25 dicembre 2013, durante la distribuzione della Santa Comunione, un’ostia consacrata è caduta a terra, e poi è stata raccolta e deposta in un recipiente pieno di acqua (vasculum). Poco dopo sono apparse delle macchie di colore rosso. Il vescovo emerito di Legnica, Stefan Cichy, ha istituito una commissione per studiare il fenomeno. Nel febbraio 2014 un piccolo frammento rosso dell’ostia è stato separato e posto in un corporale. La commissione ha ordinato l’estrazione di alcuni campioni per sottoporli ad analisi rigorose da parte di importanti istituti di ricerca.

Nell’annuncio finale del Dipartimento di Medicina Forense si legge quanto segue: “Nell’immagine istopatologica si è scoperto che i frammenti di tessuto contengono parti frammentate di muscolo striato trasversale. (…) L’insieme (…) assomiglia molto al muscolo cardiaco, con le alterazioni che appaiono di frequente durante l’agonia. Gli studi genetici indicano l’origine umana del tessuto”.

Nel gennaio di quest’anno ho presentato la questione alla Congregazione per la Dottrina della Fede in Vaticano. Oggi, seguendo le indicazioni della Santa Sede, ho ordinato al vicario parrocchiale Andrzej Ziombro di preparare un luogo adeguato per l’esposizione della reliquia, di modo che i fedeli possano esprimere la propria adorazione in maniera appropriata».

Un meraviglioso dono per la Polonia e per i tanti pellegrini che si recheranno nel Paese per la Giornata Mondiale della Gioventù o per iniziativa personale in questo Anno della Misericordia. 






Il miracolo eucaristico avvenuto in Polonia «è un mistero e un segno della generosità di Dio»

Luglio 19, 2016 Benedetta Frigerio

A ridosso della Gmg la reliquia è stata posta nel santuario di Legnica: «Il tessuto della particola era di un cuore spasimante»

 
 
 

 

 

 

l’8 aprile, la Chiesa ha riconosciuto un fatto straordinario, accaduto in Polonia, proprio lì dove in questi giorni sono attesi migliaia di giovani che il 27 luglio prossimo arriveranno da tutto il mondo per partecipare alla Giornata mondiale della gioventù. Il 10 aprile la Congregazione della dottrina per la fede ha infatti autorizzato il culto di un’ostia consacrata presso il santuario di san Giacinto nella cittadina polacca di Legnica. E ha ordinato di esporre la reliquia «affinché i fedeli possano esprimere la propria adorazione in maniera appropriata».

LE ANALISI SCIENTIFICHE. Era il 25 dicembre del 2013, quando presso il santuario una particola consacrata, raccolta da terra e messa nell’acqua da un sacerdote, anziché decomporsi cominciò a colorarsi di rosso. L’allora vescovo della città, monsignor Stefan Chiky, diede subito il via alle indagini scientifiche che hanno portato la Santa Sede a riconoscere il miracolo eucaristico due anni e mezzo dopo. La cardiologa Barbara Engel, membro della commissione di studi aperta dal vescovo, in occasione del riconoscimento del miracolo ha spiegato che «abbiamo inviato dei campioni anche al dipartimento di medicina legale dell’Università di Medicina della Pomedria (…). Tra le analisi effettuate c’è stata quella del Dna. La conclusione dei ricercatori è stata la seguente: si tratta di tessuto del miocardio di origine umana. Tutti gli studi effettuati non hanno spiegato il fenomeno né come sia potuto accadere». Ovviamente, per non influenzare i risultati, i ricercatori non conoscevano la provenienza del materiale analizzato. Il miracolo è che l’ostia posta nell’acqua (dove si usa metterla quando cade) non si sia dissolta, ma sopratutto che si sia trasformata in un pezzo di cuore, straziato dagli spasmi e dal dolore. Inoltre il gruppo sanguigno è di tipo AB, in generale molto raro ma abbastanza diffuso nelle zone in cui è nato e vissuto Gesù.

ANCHE AL PAPA. Lo stesso accadde il 12 ottobre del 2008 a una particola consacrata nella chiesa di Sant’Antonio a Sololka, una cittadina a nordest della Polonia. La curia chiese a due specialisti di anatomia patologica di analizzare il tessuto che fu identificato come un muscolo cardiaco con segni di spasmi veloci tipici della fase di agonia precedente la morte. Esattamente identici anche gli esiti delle analisi compiute su una particola consacrata proveniente da una parrocchia di Buenos Aires. Pure lì, il 15 agosto del 1996, dopo aver sciolto l’ostia nell’acqua, un sacerdote vide il pezzo di tessuto insanguinato e fece presente il fatto all’allora vescovo ausiliare, Jorge Mario Bergoglio. Inizialmente Bergoglio ordinò di riporre la particola nel tabernacolo ma dopo due anni autorizzò le analisi, quando il prete gli comunicò che il materiale non si era decomposto.

«È UN MISTERO». Fu quindi inviato ai ricercatori della Columbia University di New York, anch’essi ignari della sua provenienza, i quali poi affermarono: «Il materiale analizzato è un frammento del muscolo cardiaco tratto dalla parete del ventricolo sinistro in prossimità delle valvole» e «il cuore era vivo al momento del prelievo visto che i globuli bianchi, al di fuori di un organismo vivente, muoiono. Per di più, questi globuli bianchi sono penetrati nel tessuto, ciò indica che il cuore aveva subìto un grave stress, come se il proprietario fosse stato picchiato duramente sul petto». Il 26 marzo del 2005 il dottor Frederic Zugibe della Columbia University, una volta che le analisi furono terminate e l’origine del campione fu svelato, dichiarò: «Come e perché un’ostia consacrata possa mutare e diventare la carne e il sangue di un essere umano vivente rimane un mistero inspiegabile per la scienza, un mistero al di fuori della sua competenza». Mistero che ricordò anche l’angelo apparso ai pastorelli di Fatima, esattamente 100 anni fa (in preparazione delle apparizioni mariane avvenute l’anno successivo). Con il calice e l’ostia in mano disse loro: «Prendete e bevete il Corpo e Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio».

UN SEGNO PER I PELLEGRINI. L’attuale vescovo di Legnica, Zbigniew Kiernikowski, prima dell’inizio della Gmg e in occasione della Messa celebrata per l’esposizione della reliquia, ha auspicato «che tutto questo serva ad approfondire la devozione all’Eucarestia e che abbia un impatto sulla vita di coloro che passeranno di fianco a questa reliquia. Interpretiamo questo segno come un’espressione della generosità di Dio, che si è piegato così in basso per stare insieme all’uomo»






La Madonna piange: nuovo prodigio nella terra del Papa

di Andrea Zambrano 
25-07-2016
Fedeli in fila a Rio Cuarto

La fila dei fedeli è interminabile e inizia sulla strada, vicino alle auto che sfrecciano su Avenida Consitution. Si mettono in fila alla mattina presto e nell’attesa recitano un rosario. Una volta entrati nella cattedrale vengono accolti da canti religiosi e dopo pochi istanti si trovano di fronte alla statua: giusto il tempo di toccarle le guance umide con un fazzoletto, affidarsi per un voto che è già il momento di lasciare spazio ad altri.

A Rio Cuarto accade così da almeno 2 settimane. Da quando nella cattedrale della cittadina argentina della provincia di Cordoba, la statuetta della Madonna del Cerro di Salta ha iniziato a lacrimare misteriosamente. Da quel giorno, e per l’Argentina non era un giorno a caso dato che era il 9 di luglio, festa nazionale dell’indipendenza argentina, nel Duomo di questa cittadina di 140mila abitanti c’è ressa continua.

Accorrono dalla provincia, dalle campagne, facendo anche ore e ore di autobus attraverso le estremità della pampa, per vedere e pregare. Un rito millenario, che popoli e fedeli hanno accompagnato con fede e devozione. Un rito che si sta ripetendo in questo angolo del mondo da quando il 9 luglio scorso una signora anziana che si era recata davanti alla statua per un’orazione ha notato le guance umide.

In cattedrale era in corso il Te Deum di ringraziamento che solitamente si recita nel giorno della festa nazionale, durante il canto la donna è andata ad avvertire il parroco, Padre José Luis Benfatto, che si è precipitato subito davanti al manufatto notando non solo le guance umide ma anche vere e proprie lacrime che sgorgavano dagli occhi, anch’essi inumiditi. Da quel giorno, in molti, si parla di circa un centinaio di persone hanno potuto vedere quello che sembra essere a tutti gli effetti una manifestazione soprannaturale.

E mentre i fedeli si rincorrevano con il passa parola, il sacerdote ha preso carta e penna e ha informato il vescovo diocesano. Questi, dopo aver conosciuto i dettagli dell’episodio misterioso, ha deciso di acconsentire alla devozione e di portare la statua della Madonna di Salta sotto al presbiterio, alla fine della navata centrale dove da quel giorno la processione è ininterrotta.

Non prima di aver scritto un documento prudente sulla “presunta lacrimazione”, che però non mostra affatto scetticismo. “Il piano di salvezza di Maria ci conduce a suo figlio Gesù – ha scritto il vescovo mons. Adolfo Uriona -. Questo evento ci invita a cambiare il nostro atteggiamento e ad essere più misericordiosi”. Il pianto della Madonna viene definito “presunto”, però ciò non impedisce il vescovo a chiamarlo un evento “tenero” del piano di salvezza della Madonna.

I giornali argentini si sono fiondati a Rio Cuarto con inviati e troupe televisive e hanno intervistato i fedeli in fila, che hanno sottolineato come questo prodigio li abbia avvicinati alla fede. Ma il più gettonato nelle interviste è il parroco, padre José Luis testimone del miracolo.

“Una signora che stava pregando davanti alla statua per chiedere la guarigione di suo marito, mi ha avvisato delle lacrime. Con altri sacerdoti presenti al Te Deum abbiamo notato distintamente che il volto della statua era umido e lo abbiamo asciugato con un fazzoletto. Ma alla fine della messa siamo tornati e l’abbiamo vista ancora inumidita. Abbiamo iniziato così a pregare e in quello stesso giorno mentre stavamo in preghiera con altri fedeli abbiamo visto le lacrime”.

Il sacerdote, nella lunga relazione che successivamente ha mandato al suo vescovo, ha spiegato che le lacrime della Vergine non sono ininterrotte, ma appaiono in determinati momenti. “Però è significativo che la prima manifestazione delle lacrime sia avvenuta nel giorno della festa nazionale come segno di unità e di riconciliazione”.

Singolare poi la storia della statua, che è arrivata a Rio Cuarto due anni fa. “Con un gruppo di parrocchiani – ha spiegato il sacerdote – abbiamo deciso di pregare la Madonna di Salta”. Qui, alcuni anni fa una veggente di nome Maria Livia, ha sostenuto di aver avuto nel 2006 una visione della Madonna e di aver ricevuto alcuni messaggi. Ma mentre la diocesi locale di Salta dopo un’indagine ha sostenuto che “non ci sono prove di un’attività soprannaturale a Salta”, la devozione per l’immagine dell’”Immacolata madre del cuore eucaristico di Gesù di Salta” è continuata senza sosta.

Attratti da quella devozione anche i membri dell’associazione poliziotti in congedo della provincia di Cordoba, hanno portato a Rio Cuarto la statua della Madonna di Salta con l’idea di costruire una cappella e nel frattempo l’hanno lasciata in custodia alla Cattedrale. Ora, dopo questo prodigio l’associazione ha deciso di donare la statua alla Diocesi.

Come ha detto il vescovo “sarà il tempo” a chiarire la vicenda e a definire i contorni di questa devozione, ma una prima riflessione è d’obbligo. Con l’evento prodigioso di Rio Cuarto l’Argentina sembra essere diventata una terra prediletta dalla manifestazione del divino. A Buenos Aires negli anni ’90 si sono verificati ben tre miracoli eucaristici, che non sono stati approvati dalla Diocesi, ma il cui culto prosegue ancor oggi indisturbato. Recentemente il mensile di apologetica il Timone ha scoperto che la data dell’ultimo miracolo eucaristico ha coinciso con una data singolare: il 15 agosto 1996, giorno in cui per la prima volta in Argentina veniva concessa la distribuzione della comunione sulla mano. Lo stesso giorno un’ostia cadde dalle mani del sacerdote della chiesa di Santa Maria e venne messa a sciogliere nell’acqua dentro al tabernacolo. Ma una settimana dopo, una suora mentre accedeva al tabernacolo ha visto che l’ostia si era trasformata in un tessuto miocardico.

Il vescovo emerito di San Luis in Argentina mons. Juan Rodolfo Laise sostiene da tempo che la distribuzione della comunione in mano sia una concessione pericolosa da parte della Chiesa, non voluta nelle forme e nei modi così estesi come oggi, da papa Paolo VI, l’unico papa che scrisse un documento a proposito che temeva abusi, sacrilegi e il rischio di perdita di fede eucaristica.

Il Miracolo eucaristico di Buenos Aires rimanda comunque all’importanza e alla perdita di fede eucaristica del popolo, ma l’Argentina è stata teatro anche di un altro importante evento: l’approvazione da parte della Chiesa locale delle apparizioni della Madonna del Rosario di San Nicolas, che nel 1983 si presentò alla veggente così: “«Sono la patrona di questa regione, fate valere i miei diritti»”.  I messaggi, incentrati sulla crisi della famiglia e sulla perdita di sacralità della vita, sono continuati fino ad oggi, con alcune pausa, ma in questo caso, la Chiesa, nella primavera scorsa, ha preso una posizione favorevole.

Tutti questi eventi sono singolari e sembrano ricondursi in un unico filo rosso, in una terra che dal 13 marzo 2013 vanta anche di aver dato i natali al 266esimo pontefice della Chiesa cattolica.



L'IMPRONTA DI UN MIRACOLO ECUARISTICO SUL PAVIMENTO DELLA CHIESA DI SANTA PUDENZIANA A ROMA

L&#039;impronta di un miracolo ecuaristico sul pavimento della Chiesa di Santa Pudenziana a Roma

Santa Pudenziana è una delle più antiche chiese di Roma. Secondo la maggior parte degli storici, il senatore romano Pudente diede ospitaltà all’Apostolo Pietro nella sua casa che sorgeva proprio dove la chiesa poggia le sue fondamenta.

Il nome della chiesa deriverebbe dal nome della figlia del senatore: Pudenziana. Pudenziana e sua sorella Prassede, sebbene non furono mai martirizzate, divennero celebri perché detersero il sangue dei martiri dopo la loro esecuzione.

La chiesa è abbellita da numerosi mosaici romani dell’età cristiana e fu costruita sotto Papa Pio I nel 145 d.C., sul luogo dove sorgeva la casa del senatore Pudente, per volere delle figlie Prassede e Pudenziana.

Nei gradini dell’altare della Cappella Caetani, costruita dalla famiglia Caetani, ancora oggi si trova l’impronta e la macchia di sangue lasciata da un’ostia caduta ad un sacerdote mentre celebrava la Messa.

L’uomo fu assalito dai dubbi circa la reale presenza di Gesù nelle specie consacrate e subito dopo aver consacrato l’ostia, inavvertitamente la fece cadere sul pavimento in cui rimase il segno dell’impronta della particola.

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Per approfondire il tema dei Miracoli Eucaristici, è possibile visitare il sito del Servo di Dio Carlo Acutis:

http://www.miracolieucaristici.org/









 

Caterina63
00domenica 18 dicembre 2016 22:02

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Il miracolo eucaristico di Walldürn

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Santino moderno raffigurante il celebre miracolo
Santino moderno raffigurante il celebre miracolo

In varie parti del mondo si conserva memoria di eventi prodigiosi inspiegabili dalla scienza ma riconosciuti dalla Chiesa. Molti di essi sono legati al Sacramento Eucaristico e hanno rivelato in modi diversi la “presenza” di Gesù.
Mediante la preghiera eucaristica e l’azione dello Spirito Santo si assiste allatransustanziazione, intesa come la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo anche se nulla di visibile appare ai nostri occhi perché pane e vino rimangono inalterati nella forma e nella sostanza.

Nella storia della Chiesa però sono riportati numerosi Miracoli Eucaristici, durante i quali si è verificata la trasformazione sostanziale di questi due elementi/alimenti in sangue o carne. Tali eventi miracolosi sarebbero avvenuti in occasione di messe celebrate da sacerdoti dubbiosi sull’effettiva presenza del Corpo di Nostro Signore all’interno dell’Ostia consacrata, come nel caso del Miracolo Eucaristico di Lanciano o a seguito di furti sacrileghi delle Particole (Miracolo Eucaristico  di Trani).

Ogni anno migliaia di fedeli si recano in pellegrinaggio a Walldürn, in Germania, per venerare la Sacra Reliquiaun corporale insanguinato conservato presso l’altare laterale della Basilica Minore di San Giorgio.

Il miracolo di Walldürn rappresentato su una cromolitografia praghese di inizio Novecento
Il miracolo di Walldürn rappresentato su una cromolitografia praghese di inizio Novecento

Si narra che nel 1330 un sacerdote di nome Heinrich Otto mentre stava celebrando la Santa Messa, rovesciò inavvertitamente il calice con le specie del vino consacrato che trasformatosi subito in sangue macchiò il corporale riproducendo un’immagine di Gesù crocifisso, circondata da undici teste uguali del Redentore coronato di spine.

Perché undici? Azzardando possiamo affermare che l’undici è la prima cifra che segue il dieci; secondo un simbolismo, la serie di numeri dall’uno al dieci esprimerebbe “la somma di tutte le cose”, cioè l’intero mondo creato. Interpretando l’uno come Dio, aggiunto al Mondo (10) si spiegherebbe il senso attribuito all’undici, ritenuto “il numero delle rivelazioni”, segno dell’inizio della vera conoscenza. Anche l’Eucarestia è considerata l’essenza della rivelazione e rende manifesto il sacrificio di Cristo a favore dell’umanità. L’undici è anche il numero degli apostoli che (escluso Giuda) rimasero fedeli al Messia diffondendo nel mondo il suo messaggio salvifico.

Il sacerdote non ebbe il coraggio di rendere noto il miracolo e per tanti anni nascose il corporale “macchiato” sotto l’altare. Quando fu in punto di morte, lo consegnò al suo confessore raccontandogli quanto accaduto. Questa storia fu descritta nel 1589 dal monaco Hoffius.

Un santino popolare, monocromatico, stampato in Germania negli anni Trenta
Un santino popolare, monocromatico, stampato in Germania negli anni Trenta

Fin dall’inizio il corporale con la particolare immagine di Cristo fu molto venerato e ad esso si attribuirono conversioni e guarigioni.L’evento straordinario, confermato da papa Eugenio IV, divenne presto famoso in tutta l’Europa, e fu in seguito rappresentato da molti artisti e riprodotto in santini e immaginette devozionali.

Quel Gesù lontano nel tempo sembra essere ancora oggi in mezzo a noi, lungo i sentieri della nostra vita. Di fronte ad un così tangibile mistero anche chi crede può essere offuscato dall’ombra del dubbio, imprigionato nei limiti di una ragione legata ai condizionamenti di una materialità che pur ci appartiene.La nostra razionalità costruita su un pensiero prettamente scientifico sottoposto al rigido vaglio di leggi fisiche, fa molta fatica ad “arrendersi” al soprannaturale. È allora che deve o dovrebbe emergere il valore della fede che se è vera e autentica riesce a farsi conoscenza contemplativa e adorante dell’Eucarestia.

Molti sono gli artisti che si sono lasciati irretire, soggiogare, affascinare dal mistero di Dio – cibo di vita – traducendolo artisticamente nelle loro opere. E che dire di Santa Chiara che, difronte all’assalto dei soldati saraceni penetrati con la forza nel chiostro del convento di S. Damiano, riesce a metterli in fuga mostrando loro l’Ostensorio? Gesù così si espresse nell’Ultima Cena: Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Parole che risuonano sull’altare della nostra conclamata modernità con tutta la loro inalterata, suggestiva, antica ma sempre nuova potenza evocativa.




Il momento in cui l'Ostia si solleva
 

E' un prodigio praticamente sconosciuto sebbene esista come prova una registrazione video inequivocabile: nel 1999 a Lourdes durante la Messa l'ostia si alza dalla patena e rimane sospesa per diversi minuti. Dopo 18 anni di indagini quel fatto è stato mostrato al Prefetto del Culto Sarah che è rimasto impressionato. Merito di un frate trappista che in tutti questi anni ha prodotto una documentazione scientifica e teologica solida. In occasione della solennità del Corpus Domini, la Nuova BQ lo ha intervistato. 

di Andrea Zambran

In tempi in cui la fede nella presenza reale del Corpo e del Sangue di nostro Signore nelle specie eucaristiche, viene sempre meno, dal Cielo arrivano prodigi inequivocabili. Come è il caso del prodigio eucaristico di Lourdes che ha dell’incredibile ma è praticamente sconosciuto. Eppure non mancherebbero le prove documentali per attestare il prodigioso di un’ostia che si eleva rimanendo sospesa in aria. 

La particola infatti si alza dalla patena mentre il celebrante sta consacrando e rimane sospesa per tutta la preghiera eucaristica. Il fatto è realmente accaduto, ma nonostante esista una documentazione video inequivocabile, con tanto di perizia giurata di un esperto video, solo alcuni giornali ne hanno parlato. E ancor meno studiosi se ne sono interessati. 

Però dopo 18 anni qualche cosa si muove. Finalmente la registrazione video è arrivata in Vaticano nel marzo scorso all’attenzione del Prefetto del Culto Divini cardinal Robert Sarah. Sarah non è stato il primo ecclesiastico ad esaminarla, ma il suo ruolo di prefetto del culto divino potrebbe essere decisivo nella comprensione anche teologica di questo fenomeno. «Il cardinale è rimasto molto colpito da questo fatto e si è detto felicissimo del prodigio». A riportare le parole del prefetto è Padre Lino Colosio, monaco trappista piemontese che, praticamente nell’indifferenza generale, ha svolto decine di indagini su quel prodigio, scritto ad ecclesiastici per informare del caso ed effettuato perizie tecniche per confutare l’accusa che si tratti di un falso. 

Il dettaglio: l'ostia si solleva

GUARDA IL VIDEO

La Nuova BQ lo ha intervistato in occasione della solennità del Corpus Domini, scoprendo che quel prodigio ha anche una valenza simbolico-teologica interessante nel rapporto con gli ortodossi. 

Padre Lino, circoscriviamo il fatto.

Siamo a Lourdes nella basilica inferiore di San Pio il 7 novembre 1999. Nel corso di una solenne Santa Messa concelebrata da circa 120 Vescovi francesi, riuniti in Conferenza Episcopale con altri vescovi ospiti, da circa 650 giovani sacerdoti e da tutti gli Abati e Priori dei monasteri trappisti del mondo.

Le immagini mostrano chiaramente che l’ostia si alza.

Durante la funzione avviene un fatto insolito davanti al vescovo celebrante e ai due concelebranti tre vescovi: mons. Louis-Marie Billé, l’allora arcivescovo di Parigi Jean-Marie Lustiger e l’allora arcivescovo di Bordeaux Pierre Eyt. Mons. Billé ha di fronte a sé sull'altare per “consacrarle” due grandi ostie “dorées” di circa 20-24cm di diametro, usate frequentemente in Francia nelle grandi occasioni solenni, nelle concelebrazioni eucaristiche. All”Offertorio”, le due ostie vengono innalzate ed appaiono nel filmato appoggiate l'una sull'altra, perfettamente aderenti alla patena e tra loro, formando un corpo unico, tanto che non ci si accorge neppure che sono due e non una sola; sono infatti poste sulla patena e vi aderiscono perfettamente. Nel filmato poi si susseguono diverse inquadrature che le riprendono in quella posizione e non ci sono dubbi che le due ostie siano fisicamente appoggiate l'una sull'altra e aderiscano alla patena. 

Ma ad un certo punto le due ostie si sdoppiano, il video mostra chiaramente che quella superiore si stacca dall’altra rimanendo sospesa.

Accade al momento dell'Epiclesi, cioè quando i sacerdoti stendono le mani sul pane e sul vino invocando lo Spirito Santo. Si vede con chiarezza che l'ostia superiore inizia a staccarsi da quella sottostante e si solleva. Una forza-spinta misteriosa e delicata investe l'ostia in modo impressionante e la alza con un movimento rapido e soave insieme, facendola oscillare tre, quattro volte nell'aria, per poi posizionarla orizzontale e lasciarla delicatamente sospesa a circa due centimetri dalla sottostante. Le ostie rimangono così parallele e distanziate fino alla fine del “Canone”. 

Prima obiezione: illusione ottica.

Impossibile. La ripresa televisiva mette in evidenza vari momenti della cerimonia, durante i quali il celebrante si muove, si sposta, ed è così possibile vedere, attraverso le due ostie, una sollevata nell'aria e l'altra aderente alla patena, il colore dei paramenti indossati dal celebrante, le mani, il bianco del camice e della parete di fondo. Inoltre il filmato è abbastanza lungo e ricco di primi piani, offrendo così la possibilità di acquisire, con ragionevole certezza, che non si tratta assolutamente di illusione ottica o di inganno di prospettiva. Ma c’è di più: esperti del settore, dopo attento esame del filmato, hanno escluso nel modo assoluto una manipolazione tecnica delle immagini. Il segnale luminoso è unico e talmente ben inserito nello svolgersi della cerimonia che esclude la possibilità di trucchi e inganni ottici. Ma anche le reazioni dei concelebranti sono evidenti: appaiono sconcertati e perplessi, per non dire imbarazzati, sembrano scocciati di quanto avviene.

A chi ha mostrato queste immagini?

Ho scritto a diversi ecclesiastici e sono stato ad un passo dal fare vedere le immagini a Papa Benedetto XVI, ma purtroppo la persona che era incaricata di farglielo avere se l’è vista inspiegabilmente sottrarre da un monsignore di curia scettico. 

Adesso però il prefetto Sarah l’ha visionata.

Sì e questo è un fatto importantissimo perché il Vaticano può continuare a indagare grazie ai supporti visivi che ho fornito. 

Nel sito che lei cura www.ilpanevivo.org parla di scherzo dello Spirito Santo. Perché? 

Secondo la Chiesa Orientale l'azione consacrante e trasformante dello Spirito avviene  proprio all'Epiclesi, mentre per la teologia cattolica avviene al momento delle parole pronunciate dal sacerdote "Questo è..." sia per il pane che per il vino. Questa levitazione del pane offerto è di un significato profondissimo: Lo Spirito dà un segno manifesto e vivo della sua potente opera santificatrice, che rende presente il Corpo ed il Sangue del Signore Gesù Risorto nel pane e nel vino; appena invocato, scende su di essi, li trasforma, transustanzia, lasciando intatte, per la nostra esperienza razionale e sensibile, le specie eucaristiche; la stessa azione santificatrice è successivamente operata dallo Spirito, trasformando noi che lo riceviamo in Lui, ma lasciando intatta la nostra umanità.

Alla messa partecipavano anche esponenti delle Chese orientali?

Sì era presente un vescovo di rito orientale e questo è significativo: la Vergine Immacolata ha compiuto un gesto di comunione per i cristiani tutti, di ecumenismo con la Chiesa Ortodossa e tutte le altre Chiese Orientali, dimostrando che essi hanno ragione in quanto credono e insegnano sul momento preciso in cui avviene la trasformazione-consacrazione delle Offerte nella celebrazione della santa Messa. A loro poi fa sapere che lei è apparsa a Lourdes come Immacolata, anche se molti ortodossi preferiscono ignorare la sua visita e presenza di grazia in quel luogo, perché conferma di un dogma cattolico per loro inutilmente proclamato.









Caterina63
00martedì 3 dicembre 2019 00:26

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DUE NUOVI MIRACOLI EUCARISTICI

E’ accaduto in una città polacca della Slesia, Legnica, che prende il nome dalle sue miniere di lignite. E’ un evento enorme, ma si è verificato in sordina.

Il 25 dicembre del 2013, nella chiesa parrocchiale di San Jacek, durante la Messa di Natale, il sacerdote distribuisce la comunione e un’ostia consacrata cade inavvertitamente per terra.

Secondo le norme in questi casi si raccoglie la particola e la si pone dentro il tabernacolo in un bicchiere d’acqua dove di lì a poco si dissolverà.

Così hanno fatto. Ma dieci giorni dopo, il 5 gennaio del 2014, uno dei sacerdoti si accorge che l’ostia c’è ancora e, in una sua parte, è diventata rosso sangue. Viene avvertito il vescovo che – passate due settimane – istituisce una commissione di studio.

Si prelevano alcuni campioni dalla zona rossa della particola e si sottopongono a rigorose analisi del Dipartimento di Medicina Legale che – alla fine degli esami di laboratorio – trae queste conclusioni: “Nell’indagine istopatologica si è scoperto che i frammenti di tessuto contengono parti frammentate di muscolo striato. L’insieme assomiglia molto al muscolo cardiaco, con le alterazioni che appaiono di frequente durante l’agonia. Gli studi genetici indicano l’origine umana del tessuto”.

FATTI CLAMOROSI

Com’è noto la Chiesa – sulla base delle parole di Gesù – riconosce che il pane e il vino consacrati dal sacerdote durante la messa diventano realmente il corpo e il sangue di Cristo, pur conservando l’apparenza del pane e del vino.

Ma da secoli si verificano miracoli in cui quelle apparenze spariscono e il pane e il vino consacrati mostrano, anche scientificamente, di essere diventati davvero carne e sangue umani.

In questo caso addirittura carne di un cuore vivo che sta soffrendo nell’agonia: la sofferenza del Salvatore che viene rifiutato dal mondo.

Il vescovo mons. Zbigniew Kiernikowski, il 17 aprile scorso, dopo aver ottenuto a Roma il placet della Congregazione per la dottrina della fede, ha firmato il riconoscimento ufficiale del miracolo e ha fatto esporre la reliquia.

La diocesi ha convocato una conferenza stampa per dare tutte le informazioni sull’accaduto e sulle analisi mediche che sono state così accurate da fornire un’assoluta certezza morale.

Prodigi simili si sono verificati anche in passato. Per esempio il miracolo eucaristico di Lanciano avvenne in quella cittadina abruzzese nell’VIII secolo e la reliquia è tuttora lì conservata.

Il clamoroso miracolo eucaristico di Bolsena data al XIII secolo. Si potrebbe sospettare che per quei tempi così lontani non sia garantita la veridicità delle testimonianze.

Ma il miracolo eucaristico di Siena – avvenuto nel XVIII secolo – dura ancora oggi, contro tutte le leggi naturali e proprio nei mesi scorsi è stato nuovamente analizzato dagli scienziati e riconosciuto come evento inspiegabile.

Soprattutto però è significativo che i miracoli eucaristici continuino a verificarsi anche ai giorni nostri.

Non si sono dissolti davanti al tribunale dell’analisi scientifica. Anzi, accadono addirittura con una frequenza superiore al passato. E sembra quasi che il buon Dio faccia le cose in modo da spazzar via ogni sospetto di imbroglio.

DIO AL MICROSCOPIO

Consideriamo un altro recente caso, accaduto sempre in Polonia, nel 2008, a Sokolka, nella chiesa di S. Antonio.

I fatti sono praticamente identici a quelli di Legnica. Il grumo rosso dell’ostia è stato analizzato da specialisti della facoltà di medicina dell’università di Bialystok, Maria Elzbieta Sobaniec-Lotowska e Stanislaw Sulkowski, i quali hanno rilevato che il fenomeno non si è prodotto per l’azione di batteri: una quantità di indicatori inducono a identificare il campione come proveniente da muscolo cardiaco e si tratta di fibre non necrotiche. In pratica tessuto vivente.

Oltretutto la lunga permanenza in acqua avrebbe dovuto avviare un processo di autodistruzione dovuto agli enzimi intracellulari, ma nulla di tutto questo si è verificato.

Sui giornali polacchi qualcuno ha insinuato che quella sostanza rossa potesse in realtà provenire dal cuore di un cadavere per essere posta appositamente sull’ostia.

Ma la particola è sempre stata sotto chiave, nessuno ha potuto manipolarla. E soprattutto i medici legali hanno escluso quella manipolazione perché hanno rilevato un dettaglio impressionante: i tessuti della particola sono inestricabilmente interconnessi con il tessuto cardiaco umano, tanto compenetrati che le particelle dell’ostia a un certo punto si trasformano in tessuto cardiaco.

Cose mai viste. Nessuno sulla terra è in grado di fare questo. La professoressa Sobaniec-Lotowska ha dichiarato: “Nemmeno gli scienziati della Nasa, che pure dispongono delle più moderne tecnologie, sarebbero in grado di riprodurre artificialmente una cosa del genere”.

SCIENZA E MIRACOLI

Paradossalmente nella modernità i miracoli eucaristici, anziché sparire (come avrebbero immaginato gli scettici), si sono moltiplicati e sono divenuti ancora più credibili, proprio grazie al vaglio della scienza. Essa ha finito col diventare – di fatto – la migliore alleata della Chiesa Cattolica.

Perché la Chiesa – diversamente da quanto credono i disinformati e i faziosi – dà un posto d’onore alla ragione e riconosce il ruolo fondamentale della conoscenza scientifica.

E’ proprio alla scienza che la Chiesa chiede il primo responso sui presunti miracoli, sia quelli analizzati nelle cause dei santi, sia quelli che si verificano a Lourdes o di altri santuari (perlopiù miracoli di guarigioni straordinarie).

Solo se e quando la scienza attesta che il fatto è scientificamente inspiegabile la Chiesa lo prende in considerazione e lo studia per riconoscere l’eventuale sua origine soprannaturale.

Così – volente o nolente – il mondo scientifico di fatto fornisce la sua autorevole convalida a quei fenomeni che superano la nostra ragione, sovvertono le leggi naturali e sono infine chiamati “miracoli”.



 

2. 

 

Nel 2013 il vescovo Zbigniew Kiernikowski, della Diocesi di Legnica, ha dichiarato:

 


Il 25 dicembre 2013, durante la distribuzione della Santa Comunione, un’ostia consacrata è caduta sul pavimento e poi è stata raccolta e messa in un contenitore con dentro dell’acqua. Poco dopo apparvero macchie di colore rosso. L’ex vescovo di Legnica, Stefan Cichy, ha istituito una commissione per approfondire il fenomeno. Nel febbraio 2014 un piccolo frammento rosso dell’ostia è stato separato e messo su un corporale. La Commissione ha ordinato di prelevare dei campioni per permettere ai competenti istituti di ricerca di eseguire test approfonditi.

 

Dopo le indagini, il Dipartimento di Medicina Forense ha dichiarato:


Nell’immagine istopatologica sono stati trovati frammenti di tessuto contenenti le parti frammentate di un muscolo striato. (…) Il tutto (…) assomiglia di più al muscolo cardiaco, con delle alterazioni che spesso appaiono durante l’agonia. Studi genetici indicano l’origine umana del tessuto.

 


 

 Tixtla, Messico


Il 21 ottobre 2006, durante un ritiro parrocchiale, un’ostia consacrata che stava per essere distribuita emanò una sostanza rossastra. Il Vescovo del luogo, Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Alejo Zavala Castro, convocò una commissione teologica per determinare se si trattasse di una truffa o di un vero miracolo. Nell’ottobre 2009 invitò il dott. Ricardo Castañón Gómez a condurre una ricerca scientifica con un gruppo di scienziati, e verificare l’eventuale natura miracolosa del fenomeno. Recenemente il dottor Gómez ha terminato le sue indagini sul miracolo verificatosi a Buenos Aires.

La ricerca scientifica condotta tra l’ottobre 2009 e l’ottobre 2012 ha reso pubblica la seguente dichiarazione:


La sostanza rossastra analizzata corrisponde al sangue. In essa sono presenti emoglobina e DNA di origine umana.


Due studi che eminenti esperti forensi hanno condotto con metodologie diverse hanno dimostrato che la sostanza deriva dall’interno, escludendo l’ipotesi che qualcuno possa averla posta dall’esterno.


Il gruppo sanguigno è AB, simile a quello trovato nell’Ostia di Lanciano e nella Sacra Sindone di Torino. Un’analisi microscopica di ingrandimento e penetrazione rivela che la parte superiore del sangue è coagulata dall’ottobre 2006. Tuttavia gli strati sottostanti interni rivelano, nel febbraio 2010, la presenza di sangue fresco.


L’evento non ha una spiegazione naturale.



FENOMENO EUCARISTICO A SOKOLKA NEL 2008

Le analisi di laboratorio confermano che la struttura della fibra del muscolo cardiaco e quella del pane erano legate in un modo impossibile per ingerenza umana

Tutti i giorni, su tutti gli altari del mondo, si verifica il più grande miracolo che sia possibile: la trasformazione del pane e del vino nel vero Corpo e Sangue di Gesù Cristo.

Quando riceviamo la Comunione possiamo toccarlo solo per fede, perché ai nostri sensi è offerta solo la forma del pane e del vino fisicamente inalterata dalla consacrazione.

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Cosa offre allora alla nostra fede l’evento eucaristico di Sokólka, in Polonia?
Tutto è avvenuto domenica 12 ottobre 2008, subito dopo la beatificazione del servo di Dio padre Michele Sopocko.

Nella Santa Messa celebrata alle 8.30 nella chiesa parrocchiale di Sant’Antonio di Sokólka, un’ostia consacrata è caduta dalle mani di uno dei sacerdoti accanto all’altare durante la distribuzione della Comunione.

Il sacerdote ha interrotto la distribuzione, ha raccolto l’ostia e, in base alle norme liturgiche, l’ha collocata nel vasculum, un piccolo recipiente contenente acqua che in genere si trova accanto al tabernacolo e serve perché il sacerdote possa lavarsi le dita dopo la distribuzione della Comunione. L’ostia avrebbe dovuto dissolversi in quel recipiente.

Suor Julia Dubowska, delle congregazione delle Suore Eucaristiche, era in servizio in parrocchia come sagrestana. Alla fine della Messa, su richiesta del parroco, padre Stanisław Gniedziejko, ha versato il contenuto del vasculum in un altro recipiente, sapendo che ci sarebbe voluto un po’ di tempo perché l’ostia consacrata si dissolvesse, e ha collocato l’altro recipiente nella cassaforte della sagrestia della parrocchia, della quale solo lei e il parroco avevano le chiavi.

Una settimana dopo, il 19 ottobre, domenica dedicata alle Missioni, suor Julia, interpellata dal parroco sullo stato dell’ostia, è andata a verificare nella cassaforte. Aprendo la porta ha sentito un aroma delicato di pane azzimo. Quando ha aperto il recipiente ha visto l’acqua pulita con l’ostia che si stava dissolvendo, e in mezzo ad essa una macchia arcuata rosso intenso, che ricordava un coagulo di sangue. L’acqua era rimasta trasparente.

La suora ha informato immediatamente il sacerdote, che ha portato sul posto i presbiteri locali e il missionario padre Ryszard Górowski. Tutti sono rimasti attoniti per quello che hanno visto.

Hanno mantenuto discrezione e prudenza, ben consapevoli dell’importanza del fatto, visto che si trattava di pane consacrato che, per il potere delle parole di Cristo nel cenacolo, è davvero il Suo Corpo. Dal punto di vista umano è stato difficile definire se la forma alterata del frammento di ostia fosse il risultato di una reazione organica, chimica o di altro tipo.

È stato subito informato l’arcivescovo metropolita di Białystok, monsignor Edward Ozorowski, che si è recato a Sokólka insieme al cancelliere di curia, ai sacerdoti prelati e ad alcuni esperti. Tutti sono rimasti profondamente commossi da quanto hanno constatato, e l’arcivescovo ha ordinato di proteggere l’ostia, aspettare e osservare cosa sarebbe accaduto.

Le analisi di laboratorio confermano che la struttura della fibra del muscolo cardiaco e quella del pane erano legate in un modo impossibile per ingerenza umana

Il 29 ottobre il recipiente con l’ostia è stato trasportato nella cappella della Divina Misericordia, nella casa parrocchiale, e collocato nel tabernacolo. Il giorno dopo, per decisione dell’arcivescovo, l’ostia con la macchia visibile è stata tolta dall’acqua e collocata in un piccolo corporale e poi nel tabernacolo. In questo modo l’ostia è stata conservata per tre anni, fino ad essere portata solennemente in chiesa il 2 ottobre 2011. Durante il primo anno è stata custodita in segreto. È stato un periodo di riflessione sul da farsi, visto che si trattava di un segno di Dio che bisognava interpretare.

Fino a metà del gennaio 2009 il frammento di ostia alterata si è seccato in modo naturale ed è rimasto come coagulo di sangue. Da allora non ha mutato il suo aspetto.

Nel gennaio 2009 l’arcivescovo ha ordinato delle analisi pato-morfologiche dell’ostia, e il 30 marzo ha istituito una commissione ecclesiale per analizzare il fenomeno.

Il frammento raccolto di ostia in forma alterata è stato analizzato dalla professoressa Maria Sobaniec-Lotowska e dal professor Stanisław Sulkowski in modo indipendente l’uno dall’altra, per ottenere risultati della massima credibilità. Entrambi sono esperti di pato-morfologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Białystok. Le analisi sono state realizzate nell’Istituto di Pato-Morfologia della stessa università. Il lavoro dei due esperti si è basato sulle norme degli scienziati per analizzare ogni problema scientifico secondo le direttive del Comitato di Etica della Scienza dell’Accademia delle Scienze Polacche. Le analisi sono state descritte e fotografate in modo esaustivo, e la documentazione completa è stata consegnata alla Curia Metropolitana di Białystok.

Quando sono stati raccolti i campioni per l’analisi, la parte non dissolta dell’ostia consacrata era già incorporata nel tessuto, ma la struttura di sangue scuro del frammento di ostia non ha perso nulla della sua chiarezza. Il frammento era secco e fragile, intimamente legato alla parte restante dell’ostia in forma di pane. Il campione raccolto è stato sufficiente a svolgere tutte le analisi indispensabili.

I risultati di entrambe le analisi indipendenti si sono sovrapposti completamente, e hanno concluso che la struttura del frammento di ostia analizzato è identica a quella del tessuto del muscolo cardiaco di una persona viva ma in stato di agonia. In base alle dichiarazioni della professoressa Sobaniec-Lotowska, la struttura della fibra del muscolo cardiaco e quella del pane erano legate in modo molto stretto, impossibile da realizzare per ingerenza umana.

Le analisi svolte hanno provato che non sono state aggiunte altre sostanze all’ostia consacrata, ma che il suo frammento ha assunto la forma del tessuto del muscolo cardiaco di una persona in stato di agonia. Questo tipo di fenomeno non è spiegabile in base alle scienze naturali. L’insegnamento della Chiesa ci dice che l’ostia è il Corpo di Cristo, per il potere delle parole che ha proferito durante l’Ultima Cena.

Il risultato delle analisi pato-morfologiche del 21 gennaio 2009 è stato incluso nel protocollo consegnato alla Curia Metropolitana di Białystok, che nel suo comunicato ufficiale ha affermato che

“l’evento di Sokólka non si oppone alla fede della Chiesa, ma la conferma. La Chiesa professa che dopo le parole della consacrazione, per il potere dello Spirito Santo, il pane si trasforma nel Corpo di Cristo e il vino nel Suo Sangue. Oltre a questo, si tratta di un appello affinché i ministri dell’Eucaristia distribuiscano il Corpo del Signore con fede e cura e i fedeli Lo ricevano con adorazione”.

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Un pellegrino statunitense ha filmato un miracolo eucaristico avvenuto in Venezuela


L’8 dicembre 1991, un sacerdote stava celebrando la Messa al santuario di Betania a Cúa, in Venezuela. Dopo la consacrazione, ha notato che l’Ostia iniziava a sanguinare da un lato. Il presbitero l’ha subito messa da parte e l’ha studiata per verificare se si trattava di un miracolo.
 

Secondo Eucharistic Miracles of the World, il vescovo locale ha avviato un’indagine per accertarsi che il fatto non avesse una spiegazione naturale.


Durante la Messa, molti pellegrini hanno subito verificato che il sacerdote non aveva ferite da cui potesse sgorgare il sangue presente sull’Ostia. Dalle analisi è poi risultato che il sangue del sacerdote non si accordava con quello della Particola. L’Ostia del miracolo è stata sottoposta a studi speciali, richiesti dall’allora vescovo di Los Teques, Sua Eccellenza reverendissima Pio Bello Ricardo, e i risultati hanno confermato che il sangue era umano di gruppo AB positivo, concordando con quello trovato sulla Sindone di Torino e nell’Ostia del miracolo eucaristico di Lanciano, avvenuto in Italia nel 750 e analizzato da 500 commissioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.




L’Ostia è stata poi custodita in un convento a Los Teques e lasciata esposta perché migliaia di pellegrini potessero vederla ogni anno. Un pellegrino del New Jersey (Stati Uniti) di nome Daniel Sanford è giunto al convento nel 1998. Ecco la sua testimonianza:


Dopo la fine della celebrazione, [il sacerdote] ha aperto la porta del Tabernacolo che conteneva l’Ostia del Miracolo. Con grande stupore ho visto che l’Ostia ardeva, e c’era un Cuore Pulsante che sanguinava al centro di essa. L’ho visto per circa 30 secondi, poi l’Ostia è tornata normale. Sono riuscito a filmare parte di questo miracolo con la mia videocamera.


Il video è stato inviato al vescovo locale, che ne ha incoraggiato la diffusione per promuovere la fiducia nella Presenza Reale di Gesù nell’Eucaristia.

L’Ostia miracolosa si può vedere ancora oggi nel convento di Los Teques, e il sangue su di essa è fresco, come quando si è verificato il miracolo per la prima volta.

https://youtu.be/jqsRDD6kXWY 


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