IL VERO AMORE CONIUGALE PARTE DA UNA CASTITA' APPASSIONANTE,,,,, clicca qui per comprenderne le ragioni

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Caterina63
00martedì 4 maggio 2010 21:08

La castità è "appassionante"

Riporto una conferenza di Jason & Crystalina Evert, una coppia di americani che si dedicano a proporre la castità ai giovani. Li avevo ascoltati a Sydney e mi erano piaciuti molto. Giudicate voi.
Occhio però: dura quasi un'ora (in inglese, i sottotitoli italiani li ho aggiunti io).




video


Aspetto commenti. Se piace magari lo divido in capitoli.

PS Ho dovuto cambiare collocazione del video perché divshare, che mi permetteva di metterlo come unico file, ha un limite al numero di scaricamenti. Blogger, invece, non accetta un file grande, quindi per ora accontentatevi della prima metà.


La prima parte la trovi qui
La seconda parte
la trovi qui.


Interessanti i commenti che troverete cliccando sul link del titolo...


Dieci e lode

video

NB. Questa è la seconda parte della conferenza;
la prima parte
la trovi qui.


Un liceo americano, qualche centinaio di ragazzi tra i quindici e i diciassette anni riuniti nell'aula magna per ascoltare una giovane coppia parlare della castità. Probabilmente lo sapevi già perché qualcuno ti ha segnalato questo indirizzo. Quello che forse non sapevi è che si tratta di una conferenza STRAORDINARIA! una lezione da dieci e lode. Sta piacendo a tantissima gente e se il tema dovesse spaventarti, prima di scappare dacci almeno un'occhiata.

Mi sono chiesto quale sia il segreto: come facciano questi due a parlare in modo così attraente di un tema tutto sommato scomodo. Credo che il motivo principale sia il loro approccio positivo. I due non sono lì per dire "Il sesso è cattivo, non fatelo" o cose del genere. Quello che propongono è una serie di consigli per vivere bene l'amore; un amore grande, vero, bellissimo e per questo impegnativo, ma come sono impegnative le cose appassionanti.

Da vedere assolutamente! Un grazie a Jason e Crystalina Evert.


SITI UFFICIALI CORRISPONDENTI:
www.pureloveclub.org
www.pureloveclub.net





Caterina63
00martedì 8 giugno 2010 19:16
[SM=g1740722] trovati i due video ed altri, che potrete scaricare e vedere meglio...

Un liceo americano, qualche centinaio di ragazzi tra i quindici e i diciassette anni riuniti nell'aula magna per ascoltare una giovane coppia parlare della castità. Probabilmente lo sapevi già perché qualcuno ti ha segnalato questo indirizzo. Quello che forse non sapevi è che si tratta di una conferenza STRAORDINARIA! una lezione da dieci e lode. Sta piacendo a tantissima gente e se il tema dovesse spaventarti, prima di scappare dacci almeno un'occhiata.

Mi sono chiesto quale sia il segreto: come facciano questi due a parlare in modo così attraente di un tema tutto sommato scomodo. Credo che il motivo principale sia il loro approccio positivo. I due non sono lì per dire "Il sesso è cattivo, non fatelo" o cose del genere. Quello che propongono è una serie di consigli per vivere bene l'amore; un amore grande, vero, bellissimo e per questo impegnativo, ma come sono impegnative le cose appassionanti.

Da vedere assolutamente! Un grazie a Jason e Crystalina Evert.


it.gloria.tv/?media=81267

it.gloria.tv/?media=81371

it.gloria.tv/?media=80958



[SM=g1740721]

[SM=g1740721]

[SM=g1740721]


MESSAGGIO - breve - AI GENITORI


[SM=g1740722] it.gloria.tv/?media=80780




IL VERO CORTEGGIAMENTO:

it.gloria.tv/?media=80778 [SM=g1740721]


[SM=g1740717]


Caterina63
00sabato 5 marzo 2011 11:57
[SM=g1740733]

“Per sempre o finché dura?”


Il Cardinale Angelo Scola su “La vita buona”


ROMA, sabato, 5 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito un articolo del Patriarca di Venezia, il Cardinale Angelo Scola, apparso su il “Messaggero di sant’Antonio".



* * *

Mi capita spesso di incontrare genitori della mia età, felicemente sposati, le cui figlie/i in età da marito/moglie scelgono di convivere. «Adesso si usa così…», «Eppure da noi hanno avuto un esempio diverso!», «Cosa ci possiamo fare?». La domanda, scettica, rassegnata, o accorata a seconda dei casi, rimbalza dai genitori ai parroci agli educatori, spesso agli stessi giovani. Eppure, lo abbiamo detto nella prima puntata di questo nostro dialogo, il «per sempre» è una caratteristica inestirpabile del vero amore tra un uomo e una donna. Del resto non lo ritroviamo solo nella formula del rito religioso del matrimonio («Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre…»), ma ne rintracciamo un’eco anche nelle norme del Codice Civile (quando, a proposito di matrimonio, si parla di «obbligo reciproco alla fedeltà», art. 143). Non c’è nessuno al mondo che non desideri essere definitivamente amato per poter, a sua volta, amare definitivamente. La misura con cui il Creatore ha «tarato» il cuore dell’uomo è infatti l’infinito. Di fronte a coloro che amiamo di più sentiamo come profondamente ingiusta la parola fine: «Ama chi dice all’altro: “Tu non puoi morire”» (Gabriel Marcel). 

Ma se le cose stanno così, perché ci si sposa sempre di meno? È un problema di crescente individualismo, di maggior precarietà nelle relazioni affettive e di un preoccupante deficit di speranza. L’idea vincente, nelle nostre società avanzate, è quella di libertà come assenza di legami. Si preferiscono rapporti «corti» a rapporti «lunghi», non solo in chiave temporale ma anche di coinvolgimento personale. Il modello mercantile del contratto è elevato a paradigma di ogni relazione. Così alla logica del dono si sostituisce quella del calcolo, del do ut des. «Solo gli uomini – osserva acutamente Chesterton – sono in grado di lanciare i loro cuori oltre tutti i calcoli, per conquistare ciò che il cuore desidera». Ma il desiderio dell’uomo non può essere ingannato troppo a lungo impunemente: un’insospettata conferma ci è arrivata anche dal recente rapporto Censis. Se si vuole saziare la fame dell’uomo propinandogli in continuazione cibi stuzzicanti ma di scarso valore nutritivo, il suo desiderio languirà fino a spegnersi. «Sarà – insistono i più disincantati – ma il mondo è cambiato. Nessuno accetta più di fare sacrifici». «Senza impegno» ci assicurano i venditori quando ci vogliono rifilare un prodotto. «Senza impegno» sembra essere diventata la massima aspirazione di molti giovani. Perché l’«impegno» mette paura.
 
Sentite cosa dice a questo proposito Chesterton: «L’uomo che prende un impegno definitivo prende un appuntamento con se stesso in qualche momento o luogo distante. Il pericolo è che egli stesso non riesca a mantenerlo. E nei tempi moderni questo terrore di se stessi, della propria debolezza e mutabilità, è cresciuto pericolosamente, ed è questa la base effettiva dell’obiezione ai voti di qualsiasi genere». Facciamo come la volpe della favola di Esopo: siccome non riusciva a raggiungere l’uva, ci rinunciò dicendo che era acerba. In questo modo noi, insieme con l’ampiezza del desiderio, riduciamo la nostra umanità.

Ma Gesù è venuto per salvarla. Cristo e la sua Chiesa fanno il tifo per la grandezza dell’uomo: per questo ci sono i sacramenti. Quello del matrimonio si fonda sull’incrollabile certezza di cui parla san Paolo: «Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona la porterà a compimento» (Filippesi 1,6). Mentre vi scrivo queste cose ho in mente i volti concreti di tante spose e di tanti sposi fedeli che il mondo giudica «eroici», ma che sono semplicemente docili alla grazia del sacramento. Certo questo mette in conto il perdono, un altro «ingrediente» dell’amore tanto decisivo quanto sconosciuto. Chi non sa perdonare non ama. Ne parleremo ancora e più diffusamente.



Caterina63
00sabato 12 marzo 2011 11:33
LA GIUSTA PROVOCAZIONE.....



In un libro la riscossa della donna cattolica

di Raffaella Frullone
08-03-2011


Spòsati e sii sottomessa.

Il titolo mi capita fra le mani quasi per caso, ed ho un sussulto. Passi per lo “spòsati” che più che un suggerimento è un auspicio, visto che rappresenta il desiderio più o meno espresso di ogni donna, comprese le femministe più convinte e le single impenitenti, è quel “sii sottomessa” che mi lascia un po’ perplessa perché, ne sono sicura, non troverebbe d’accordo praticamente nessuna delle 27 spose che negli ultimi 5 anni ho visto pronunciare il fatidico sì. Penso a Laura, che dopo due mesi di convivenza con suo marito, è riuscita nell’impresa di far capire alla sua dolce metà che – attenzione uomini, potreste sconvolgervi - i panni sporchi non camminano da soli fino al cesto della biancheria da soli, penso a Silvia, che con lo stesso principio ha dovuto, non senza traumi, spiegare al marito che l’insalata, gli affettati e i formaggi non crescono nel frigorifero, o penso a Cristina che con un’operazione strategica che neanche Annibale, ha nominato suo marito “responsabile del bagno”, un riconoscimento non da poco per un uomo che fino ad allora poteva esercitare giurisdizione solo nel garage, così lei ha ottenuto un marito che pulisce il bagno, che tradotto significa che almeno non lo lascia come Waterloo dopo la battaglia, e ne è pure fiero. Ora, cosa avrebbero detto queste mogli eroiche di fronte a  quel “sii sottomessa”?

Bisognava capire come mai questa Costanza Miriano, giornalista al Tg3, quindi con orari di lavoro immagino non certo comodissimi, moglie di un uomo normale (lo deduciamo dal fatto che più volte lo paragona ad un cavernicolo), madre di quattro figli di età compresa tra 4 e 11anni e per giunta una bella donna, il che implica un investimento energetico minimo nella cura della persona, potesse dire alle sue sorelle “Sottomettetevi”. E ho deciso di chiederle spiegazioni… 

«Mia sorella mi dice sempre che sono “sdatta”, che in perugino significa che non sono adatta. Ecco. Io non sono adatta al mio ambiente. Adesso ne ho definitivamente la prova. Vado in giro nel mondo come mister Magoo, senza vedere i pericoli. Non immaginavo minimamente che la parola  sottomissione potesse essere fraintesa, cosa che invece ho cominciato a capire in questi giorni, vedendo le reazioni al mio libro. Se una è totalmente fuori dalla logica del dominio non si può risentire se riceve l'invito alla sottomissione, intesa come stare sotto, cioè alla base. Sostenere, sorreggere, aiutare, essere le fondamenta della coppia, della famiglia. Cosa ci può essere di offensivo?  Non c'è niente di più bello da dire a una donna. E molte, moltissime donne che conosco lo fanno naturalmente, sono rocce salde a cui in tanti si appoggiano. Stare sotto se una esce dalla logica del dominio ha solo una collocazione “spaziale”, diciamo. Essere alla base vuol dire accogliere i malumori con un sorriso, mediare tra i caratteri di tutta la famiglia, consolidare, mettere la pace. Quando una fa così conquista l’uomo con la sua bellezza, e poi i mariti – come dice san Paolo nella lettera agli Efesini – saranno pronti a morire per la moglie. L’uomo non resiste alla donna che ascolta la sua voce».

Nel tuo libro scrivi
“Tutti i proclami sul corpo delle donne, usate solo per la loro bellezza, sulle crudeli regole del successo e della società dell’immagine che ci vuole sempre giovani e ci costringe, poverette, alla chirurgia estetica, sul bisogno di riconquistare la nostra autonomia, a noi – quando siamo in fila al supermercato e piove e stanno per finire contemporaneamente il calcio e la lezione di catechismo e una figlia dorme e l’altra deve andare in bagno – ci turbano pochissimo” e poi ancora “nessuna donna in carne e ossa ha mai avuto problemi simili a quelle di cui con tanto zelo si occupano un certo femminismo e molti giornali”, in che senso?

«Il femminismo si è preoccupato molto della libertà sessuale, della contraccezione, dell'aborto, che oltre a essere la più grande tragedia contemporanea è anche la più grande tragedia che possa ferire il cuore di una donna. E - a parte che i bisogni profondi del cuore, di una donna e di un uomo, li può saziare solo Dio, e non una rivendicazione sociale o politica - anche da quel punto di vista mi sembra che il femminismo si sia occupato poco di cambiare le regole del mondo del lavoro. Ha combattuto perché ci entrassimo, ma a prezzi altissimi sul piano della vita personale. Non si è preoccupato di renderlo a misura di mamma, di famiglia. Noi possiamo dare un contributo prezioso alla società, siamo brave, ma non è possibile che per farlo dobbiamo abbandonare gli affetti. Di tutto questo i giornali si occupano raramente, anche perché per la gran parte sono popolati di persone che si sono formate nel clima culturale del '68. Non sono convinta che il nostro paese sia così misogino come si dice, né che le donne siano discriminate, a parte i casi “patologici” di violenze, soprusi. Con le donne che ne sono vittime, se mai dovessero sentirsi offese dalle mie parole, mi scuso. Ma la norma non è come viene dipinta sui giornali. La grande sfida semmai, per come la vedo io, sarebbe quella di migliorare il mondo del lavoro, renderlo più attento ai meriti, e, per quel che riguarda le donne, più flessibile nei tempi; permettere di entrare e uscire dalla vita professionale senza per questo dover ogni volta ripartire dall'incarico di addetta alle fotocopie. Bisognerebbe evitare di costringerci a dormire con la guancia appoggiata sulla scrivania nascoste dietro allo schermo di computer, a rovistare freneticamente tra ciucci e peluche alla ricerca di una penna in fondo alla borsa perché l’ufficio stampa ti chiama mentre sei dalla pediatra e la tachicardia non ti abbandona fino a notte fonda. Bisognerebbe poi, e questo è un sogno, scardinare anche le regole del potere come dominio anche nel mondo del lavoro, ma qui vado fuori tema».

Qualcuno potrebbe accusarti di voler cancellare le conquiste del femminismo…
«Il femminismo è stata un’importante stagione di fioritura, però ha preso una deriva: ha riportato tutto alla logica della contrapposizione che voleva superare. L'emancipazione femminista è, a ben vedere, solo un ribaltamento di quel desiderio di prevalere. Non comandi tu, adesso comando io. Invece la vera, profonda parità c'è quando, in una logica di servizio, ognuno fa quello che sa fare, nel suo specifico, con lealtà, dedizione, con la gioia di dare, senza stare a misurare troppo chi ha fatto di più. Gli equilibri nella vita, si spera lunga, lunghissima, di una coppia, possono cambiare infinite volte, e si può fare molte volte a turno».

Il libro di Costanza Miriano, Vallecchi editore,
racconta le donne esattamente per sono, con i loro 10 files aperti contemporaneamente: lavoro, figli, marito, spesa, ceretta, corsi di aggiornamento, cena da preparare, compiti da verificare, telefonate chilometriche con le amiche, varie ed eventuali. Quella quotidianità che ti fa parlare al telefono mentre stai guidando, pranzando, e se ti fermi al semaforo ti dai anche una ritoccata al trucco, quella quotidianità in cui il viaggio in macchina per una donna cattolica è anche tempo prezioso per recitare il Rosario, o almeno qualche decina, e ancora quella quotidianità in cui a tutti i files Costanza Miriano aggiunge la Messa quotidiana, ma come fai?
«Certo di tempo ne ho poco, ma quello che rende la vita pesante è l’assenza di senso, non la fatica pratica. E la Messa  – o dovrei dire la ..ssa, perché io ne prendo sempre un pezzo, arrivo in ritardo sempre e ovunque –dà il senso a tutto. Alla vita, alla morte, a ogni azione. I contemporanei soffrono per la mancanza di senso. La Messa è l’Onnipotente che decide di venire a stare con te, proprio con te, creatura infangata e impastata di male, e bisognosa di misericordia. E’ un pieno di tenerezza e di mitezza che noi, almeno io, riusciamo solo vagamente, a intuire, tanto è più grande di noi. Ed è, è proprio il caso di dirlo, la bussola quotidiana!».

Il volume è una raccolta di lettere
che l’autrice scrive alle figlie, ai colleghi, agli amici, ma soprattutto alle amiche, con le quali condivide un conto salatissimo con le compagnie telefoniche per le ore trascorse a scambiarsi consigli. Nel libro si legge “la mia risposta a qualsiasi problema è una a scelta tra le seguenti: ha ragione lui, sposalo, fate un figlio, obbediscigli, fate un figlio, trasferisciti nella sua città, perdonalo, cerca di capirlo e infine, fate un figlio”. Non pensi matrimonio e figlio a volte possano rendere ancor più complesse relazioni già zoppicanti?
«Certo, né il matrimonio né il figlio vanno scelti come ancora di salvezza di un rapporto che non funziona. In  generale però penso che  fare scelte definitive e radicali, con impegno e serietà, mette in salvo da questa mentalità dominante della dittatura dei sentimenti, delle emozioni, in cui tutto è liquido, fluido, provvisorio. A me sembra che diamo troppa importanza alle sensazioni, all'emotività. Basta un ostacolo che tutto si rimette in discussione. Viviamo spesso in un'eterna adolescenza che esalta il dubbio e l'indefinito come un valore. Così nei momenti di difficoltà sembra naturale mollare, rompere i rapporti, cambiare.  Il matrimonio ci protegge da questa incostanza. Perché le fasi di dubbio arrivano per tutti. C'è sempre un momento in cui il principe azzurro, trasformatosi dopo il bacio in un ranocchio, ti si presenta sotto una luce diversa. Come ho scritto nel libro, ti compare con la scarpa a ciabatta e l'accuratezza nello stile degna del Grande Lebowski, che va a fare la spesa in accappatoio (e anche lui a volte, d’altra parte, ti troverà gradevole come un'insalatina scondita). Ma se si sa andare oltre il momento, si impara non a chiedersi se le cose funzionano, ma come farle funzionare, allora la prospettiva è tutta un'altra».

A proposito di funzionamento
, molte donne compiono sforzi inenarrabili cercando di far funzionare le cose trasformando il marito in un collaboratore domestico perfetto, invece tu per l’uomo di casa hai in mente un ruolo decisamente diverso….
«In molti cadono in questo equivoco: la sottomissione non c'entra niente con la divisione dei compiti. C'entra con il non imporsi, non dare ordini, non volere imprimere il nostro stile alla gestione della famiglia. Io comunque non vorrei un marito colf, un casalingo sensibile e indeciso come ne vedo tanti, ma un uomo solido che sa da che parte la famiglia debba andare».

Insomma se ad una prima
occhiata il titolo “sposati e sii sottomessa” mi aveva inquietata, di certo leggendo il libro e facendo due chiacchiere con l’autrice si capisce bene che la sottomissione tutto è fuorchè una sorta di rassegnata remissività. Costanza Miriano restituisce smalto alla donna cattolica, da sempre legata ad un’immagine che la vuole ingessata nella camicia di flanella bianca e la gonna blu al ginocchio, il tutto correlato da un’espressione perennemente contrita. Che cosa manca a questa immagine?
«Il trucchetto del diavolo è sempre quello, dal paradiso terrestre in poi: vuole farci credere che accettare di essere creature – questo alla fine è la fede – creature finite ma amate infinitamente, non è vivere in pienezza ma ci tarpa le ali, mortifica la nostra bellezza e la nostra allegria. Come se dovessimo rinunciare davvero a qualcosa. Provare a rinunciare al peccato, questo sì (ma chi ci riesce?). Ma per il resto, non è che perché ho fatto l’ufficio delle letture poi non mi trucco o non metto i tacchi. Per carità, non scherziamo. Io potrei sostenere conversazioni di ore sullo smalto e sulla consistenza degli ombretti neri in crema attualmente in commercio. Che, detto fra noi, sono difficili da trovare. Anzi, ne hai uno da prestarmi?».

Caterina63
00mercoledì 4 maggio 2011 17:00

I rapporti prematrimoniali




di Corrado Gnerre


Nessuna forma di unione, al di fuori di quella Sacramentale, è in grado di garantire alla coppia la totalità e definitività della mutua donazione: ecco perché ogni rapporto prematrimoniale è in sé illegittimo e irresponsabile, perché può coinvolgere una terza vita.

Quando si ha a che fare con i giovani (e io sono uno che ha a che fare con loro ogni giorno) una delle questioni più sentite è quella attinente alla sessualità e quindi ai cosiddetti “rapporti prematrimoniali”.
Su questo punto molti catechisti non sanno come affrontare il discorso. Coloro i quali si sentono di difendere la posizione del Vangelo e del Magistero (purtroppo mi sembra non tutti... e questo dovrebbe far pensare) lo fanno utilizzando argomenti poco convincenti, nel tentativo di rendere il Precetto più “trattabile” e “adattabile” ad una certa mentalità del giovane contemporaneo.
Eppure di argomenti convincenti ce ne sono. Vediamo quali sono.

La concezione cristiana della sessualità

Prima di tutto bisogna spiegare cosa è la sessualità secondo il Cristianesimo. Per il Cristianesimo la sessualità è un valore, perché creata e quindi voluta da Dio. Per il Cristianesimo non è valore ciò che è conseguito dal peccato, ma ciò che Dio ha iscritto nella natura, in questo caso nella natura dell’uomo.
L’essere umano non è stato voluto da Dio come un angelo, cioè con una natura esclusivamente spirituale, bensì come unione di spirito e di corpo. Ora, la sessualità altro non è che la dimensione corporea della reciproca donazione di quell’uomo verso quella donna e di quella donna verso quell’uomo, che si sono uniti nel vincolo indissolubile del Matrimonio-sacramento.


I rapporti prematrimoniali negano la donazione

Da ciò si capisce l’illegittimità della sessualità prematrimoniale (e ovviamente anche di quella extra-coniugale). Infatti, tale sessualità non può essere vissuta nella dinamica della donazione. La donazione, infatti, ha bisogno della definitività. Non è definitivo ciò che è ancora temporaneo e provvisorio. Nessuno può negare il fatto che il fidanzamento non sia definitivo... se è fidanzamento è proprio perché non c’è alcuna definitività.
Né ha senso fare un’obiezione di questo tipo: “Ma chi ci dice che il matrimonio sarà definitivo?”. Obiezione che non regge: ci sarebbe contraddizione in ciò che afferma la Chiesa se essa ammettesse la solubilità del Matrimonio, cosa che invece non è.
Una volta ascoltai una bellissima definizione di castità prematrimoniale. Per giunta l’ascoltai non da un sacerdote o da un teologo, ma da un laico padre di figli. Una definizione che non solo ritengo precisissima, ma che fa ben capire quanto la castità, in un determinato senso, non si configuri come una forma di rinuncia fine a se stessa, bensì per costruire ciò che conta davvero. La definizione dice così: «La castità prematrimoniale è la capacità di rimaner fedeli al proprio marito e alla propria moglie ancor prima di conoscerli». Ricordando questa definizione, dico ai ragazzi: «Chi si sente di negare quanto sia importante rimaner fedele al proprio marito e alla propria moglie, al proprio fidanzato e alla propria fidanzata? E allora perché negare quanto sia importante la fedeltà anche nella prospettiva del futuro? Perché ritenere che la fedeltà sia un valore solo nella contemporaneità – conoscendo il marito o la moglie – e non anche nella prospettiva del futuro, cioè quando ancora non si sa chi sarà il compagno di vita che la Provvidenza vorrà?».

In merito alla questione dei rapporti prematrimoniali un’altra obiezione che solitamente si riceve è questa: “Ma perché privarsi del piacere della sessualità? Non è Dio stesso che l’ha inserita nella natura umana?”. La risposta non è difficile. Certamente Dio ha inscritto il piacere nella sessualità così come ha iscritto il piacere in ogni bisogno importante della natura umana. Ha iscritto il piacere anche nel mangiare. Immaginate cosa accadrebbe se non provassimo piacere a mangiare. Faremmo questo ragionamento: “Adesso devo fare gnam gnam con le mandibole... chi me lo fa fare? Mangerò stasera...”, e poi anche la sera posticiperemmo al giorno dopo e così via... e intanto moriremmo di inedia. E così anche per la sessualità: se non ci fosse la dimensione del piacere, l’umanità si sarebbe già estinta. Ma – e qui sta il punto – un conto è apprezzare la dimensione del piacere, altro è fare di questo la componente e il criterio fondamentali. Per ritornare all’esempio del mangiare: se devo mangiare per alimentarmi, va bene apprezzare il piacere del mangiare; ma se in quel momento non è bene che mangi per non danneggiare l’organismo, non posso e non devo mangiare solo per soddisfare un piacere che poi si trasformerà in un danno per la mia salute.


I rapporti prematrimoniali negano la responsabilità

Ma oltre a tale motivo, i rapporti prematrimoniali sono illeciti anche perché sono sempre irresponsabili. Il ragionamento è molto facile: il metodo contraccettivo più sicuro è la pillola antifecondativa, la quale ha una percentuale di “successo” (rattrista utilizzare questa terminologia, ma lo facciamo per farci capire) non superiore al 90%. Il che significa che i metodi anticoncezionali occasionali (quelli che solitamente si usano tra i giovani) hanno una percentuale di “successo” ben al di sotto del 90%. Ciò vuol dire che la sessualità fuori dal Matrimonio è sempre comunque irresponsabile: si “gioca” con una terza vita che non solo ha il diritto di nascere qualora venisse concepita, ma che ha anche il diritto di trovare un nucleo familiare stabile, un papà e una mamma.
Dunque, la sessualità pre ed extra matrimoniale è, oltre ad un grave peccato (e già questo dovrebbe bastare per capire), un atto sempre e comunque irresponsabile.


La visione di Don Bosco

Purtroppo di queste cose ormai si parla poco. Si prende in considerazione il dato sociologico e quasi ci si arrende. Si pensa: “Ormai è impossibile venirne fuori”. Ora, un simile atteggiamento non solo costituisce un grave peccato di omissione, perché la verità va sempre detta, ma anche una sorta di “complicità” che permette che tante anime si perdano per l’eternità. Sì, avete capito bene: si perdano per l’eternità! La Madonna alla piccola Giacinta di Fatima lo disse chiaramente: «I peccati che fanno andare più all’inferno sono i peccati della carne».

Ho già fatto qualche riflessione su questa frase in un altro mio articolo pubblicato proprio su questo Settimanale. Certamente i peccati della carne, tra i peccati mortali, non sono quelli più gravi. Ma sono quelli che non solo possono essere commessi più facilmente, ma anche quelli che più pervertono il pensiero. Bestializzando il comportamento, bestializzano anche il ragionamento. Giustamente si dice: “Non si agisce come si pensa, ma si finisce sempre col pensare come si agisce”. Per cui, una volta fatta fuori la Legge di Dio dal comportamento, si farà fuori Dio stesso dalle proprie convinzioni e dal proprio giudizio di vita.
C’è una visione che toccò a san Giovanni Bosco e che a riguardo è bene ricordare. La Provvidenza volle che il grande Santo dei giovani vedesse l’inferno per far sì che lui – che appunto stava dedicando la vita ai giovani – venisse a conoscenza di alcune cose importanti per la sua missione. Ecco come lo stesso Don Bosco racconta ciò che gli toccò: «Mi trovai con la mia guida (l’Angelo Custode), in fondo ad un precipizio che finiva in una valle oscura. Ed ecco comparire un edificio immenso, avente una porta altissima, serrata. Toccammo il fondo del precipizio; un caldo soffocante mi opprimeva, un fumo grasso, quasi verde, s’innalzava sui muraglioni dell’edificio e guizze di fiamme sanguigne. Domandai: “Dove ci troviamo?”. “Leggi – mi rispose la Guida – l’iscrizione che è sulla porta!”. C’era scritto: “Ubi non est redemptio!” cioè: “Dove non c’è redenzione!”. Intanto vidi precipitare dentro quel baratro prima un giovane, poi un altro ed in seguito altri ancora; tutti avevano scritto in fronte il proprio peccato. Esclamò la Guida: “Ecco la causa principale di queste dannazioni: i compagni, i libri cattivi e le perverse abitudini”. Gli infelici erano giovani da me conosciuti. Domandai: “Ma dunque è inutile che si lavori tra i giovani, se tanti fanno questa fine? Come impedire tanta rovina?”. “Coloro che hai visto sono ancora in vita; questo però è il loro stato attuale e se morissero, verrebbero senz’altro qui!”. Dopo entrammo nell’edificio; si correva con la rapidità del baleno. Lessi questa iscrizione: “Ibunt impii in ignem æternum!”, cioè: “Gli empi andranno nel fuoco eterno!”. “Vieni con me!”, soggiunse la Guida.

Mi prese per una mano e mi condusse davanti ad uno sportello, che aprì. Mi si presentò allo sguardo una specie d’immensa caverna, piena di fuoco. Certamente quel fuoco sorpassava mille e mille gradi di calore. Io questa spelonca non ve la posso descrivere in tutta la sua spaventosa realtà. Intanto, all’improvviso, vedevo cadere dei giovani nella caverna ardente. La Guida disse: “La trasgressione del sesto Comandamento è la causa della rovina eterna di tanti giovani”. Io obiettai: “Ma se costoro hanno peccato, si sono però confessati”. “Si sono confessati, ma le colpe contro la virtù della purezza le hanno confessate male o taciute affatto. Ad esempio: uno aveva commesso quattro o cinque di questi peccati, ma ne disse solo due o tre. Vi sono di quelli, che ne hanno commesso uno nella fanciullezza ed ebbero sempre vergogna di confessarlo, oppure l’hanno confessato male e non hanno detto tutto. Altri non ebbero il dolore e il proponimento; anzi, taluni, invece di fare l’esame di coscienza, studiavano il modo di ingannare il confessore. E chi muore con tale risoluzione, risolve di essere nel numero dei reprobi e così sarà per tutta l’eternità... Ed ora vuoi vedere perché la Misericordia di Dio qui ti ha condotto?”. La Guida sollevò un velo e vidi un gruppo di giovani di questo Oratorio, che io tutti conoscevo, condannati per questa colpa. Fra essi vi erano di quelli che in apparenza tengono buona condotta. Continuò la Guida: “Predica dappertutto contro l’immodestia!”.

Poi parlammo per circa mezz’ora sulle condizioni necessarie per fare una buona confessione e si concluse: “Mutare vita!... Mutare vita!”. “Ora – soggiunse l’Amico – che hai visto i tormenti dei dannati, bisogna che provi anche tu un poco di inferno!”. Usciti dall’orribile edificio, la Guida afferrò la mia mano e toccò l’ultimo muro esterno; io emisi un grido... Cessata la visione, osservai che la mia mano era realmente gonfia e per una settimana portai la fasciatura».
Penso che questo basti ed avanzi... per capire come nel nostro apostolato non dobbiamo trascurare questa importante questione.


fonte: Il Settimanale di Padre Pio


Read more: http://sursumcorda-dominum.blogspot.com/#ixzz1LOchWsYt


Caterina63
00lunedì 23 maggio 2011 12:47

DISCERNIMENTO TEOLOGICO

La nascita del dissenso organizzato nella Chiesa Cattolica

Un articolo di Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), sugli effetti della contestazione iniziata col movimento del 1968 e che si è infiltrata anche all'interno della Chiesa.

 

1. La contestazione conto l’Humanae vitae

Il 31 luglio 1968 i lettori del New York Times trovano a pagina 16 del loro quotidiano preferito — ma con un richiamo a pagina 1 — qualche cosa che cambia per sempre la storia della Chiesa Cattolica. Non si tratta di una nuova dichiarazione antireligiosa dei protagonisti delle lotte studentesche del 1968 in Europa. Con il titolo «Contro l’enciclica di Papa Paolo» («Against Pope Paul’s Encyclical» 1968) il quotidiano statunitense pubblica un appello datato 30 luglio, e firmato da oltre duecento teologi, che invita i cattolici a disubbidire a un’enciclica pontificia. Si tratta di qualche cosa che non si è mai visto nella lunga — e pur tormentata — storia della Chiesa.

Certamente ci sono sempre stati dissidenti che hanno lasciato la Chiesa di Roma. Ma mai teologi, quasi tutti con cattedre in università cattoliche — che non hanno nessuna intenzione di abbandonare — e in molti casi sacerdoti, hanno esortato pubblicamente i fedeli a seguire il loro insegnamento e a schierarsi «contro» quello del Sommo Pontefice. Se l’essenza della rivoluzione culturale emblematicamente rappresentata dalla data 1968 è la contestazione in ogni ambito del principio di autorità, questo episodio segna in modo clamoroso l’esplodere del Sessantotto della Chiesa.

Infatti, dalla contestazione per la prima volta organizzata, da parte di un numero non maggioritario ma non modesto di docenti e di sacerdoti, dell’enciclica Humanae vitae (datata 25 luglio 1968 e pubblicata il successivo 29 luglio) di Paolo VI (1897-1978), che ribadisce l’illiceità per i cattolici della contraccezione artificiale, nasce l’idea, diffusa non solo in ristrette cerchie di cultori di teologia ma sui media internazionali, che dopo il Vaticano II (che è finito tre anni prima) i cattolici — o almeno, per usare un’espressione non solo italiana, i «cattolici adulti» — possano scegliere fra il magistero del Papa e il «magistero parallelo» dei teologi, un’espressione che sarà ripresa nel 1990 dall’Istruzione Donum Veritatis della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla vocazione ecclesiale del teologo (Congregazione per la Dottrina della Fede 1990). I teologi, in quanto più «progressisti» e avanzati, anticiperebbero semplicemente oggi quanto il magistero finirà fatalmente per accettare domani, e quindi potrebbero e dovrebbero essere seguiti con fiducia dai fedeli più maturi.

Dal momento che — per dire il meno — il Papa e la gerarchia non condividono questo punto di vista, ecco che nella Chiesa Cattolica vi sono dal 1968 due fonti di autorità (da una parte il Papa, dall’altra i gruppi di teologi che riescono a farsi percepire come maggioritari, lo siano o no), le quali certamente non sono sullo stesso piano dal punto di vista della dottrina insegnata dalla Chiesa stessa (e dal Concilio Ecumenico Vaticano II) ma sono presentate come se lo fossero dai media. La sociologia c’insegna che un’organizzazione dove i membri sono, per così dire, tirati in direzioni diverse da fonti di autorità percepite come alternative è un’organizzazione che non può funzionare in modo ottimale: di qui la sua crisi, che nei decenni successivi diventa sempre più evidente.

Ralph McInerny, uno dei più autorevoli filosofi cattolici contemporanei, in un piccolo ma importante libro — dal significativo titolo Che cosa è andato storto con il Vaticano II?Humanae vitae è confermata da un dato che riguarda la persona stessa di Papa Paolo VI: dopo la reazione a quel documento, il Pontefice — che pure regna ancora fino al 1978 —, evidentemente amareggiato, non pubblica per tutta la sua vita, cioè nei successivi dieci anni, alcun’altra enciclica (un fatto del tutto inconsueto per un Papa moderno) dopo che ne aveva pubblicate sette fra il 1964 e il 1968. (McInerny 1998) — insiste sul fatto che la questione decisiva nel 1968 non riguarda solo gli anticoncezionali, ma chi esercita l’autorità nella Chiesa e quale autorità i fedeli devono seguire. La gravità del caso

Il teologo (poi cardinale) Leo Scheffczyk (1920-2005) — intervenendo nel 1988 a Roma a un congresso nel ventennale della Humanae vitae, ai cui partecipanti rivolge un importante discorso lo stesso Pontefice Giovanni Paolo II (1920-2005) — spiega, in un modo particolarmente chiaro, il meccanismo (illustrato in termini analoghi anche da altri autori) utilizzato dai teologi dissidenti per costituirsi come magistero parallelo. Si tratta di un lento e ultimamente devastante lavorio teologico intorno alla nozione d’infallibilità definita dal precedente Concilio Vaticano I. Si «mette accanto al magistero infallibile un cosiddetto magistero fallibile, cosicché la fallibilità apparterrebbe a tale magistero quasi come un attributo permanente» (Scheffczyk 1989, 283). Posto che il magistero invoca molto raramente la sua infallibilità, e normalmente richiede l’assenso dei fedeli nei confronti della sua espressione in forma «autentica», da parte dei dissidenti «si costruisce l’equazione: infallibilità è incapacità di errore, autenticità invece è capacità di errore, e perciò anche incertezza e di per sé più esposta al rifiuto» (ibidem). Mentre i teologi dissidenti dal Vaticano I se la prendevano con l’infallibilità, i dissidenti del dopo-Vaticano II se ne fanno scudo per dichiarare che nell’insegnamento della Chiesa, tranne il pochissimo che è infallibile, tutto il resto è «fallibile» e si ha quindi il diritto di rifiutarlo. Beninteso, «secondo le regole della conoscenza questa equazione non è ammissibile» e il magistero, così, «ha perduto il suo significato» (ibidem). Né insegna questo il Vaticano II, anzi insegna precisamente il contrario: anche il magistero «autentico» è «rivestito dell’autorità di Cristo» e pertanto l’assenso è obbligatorio (ibidem; cfr. Lumen Gentium, n. 25).

Dunque, la crisi che s’inaugura per così dire ufficialmente il 31 luglio 1968 riguarda anzitutto chi esercita l’autorità nella Chiesa. Ma riguarda anche la questione della sessualità umana. In un intervento del 3 ottobre 2008 al convegno Humanae vitae: attualità di un’enciclica, organizzato a Roma dall’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione dei quarant’anni del testo di Paolo VI, il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, mostra come — anche in tema di sessualità — non si tratti solo di prescrizioni morali specifiche, ma di tre grandi questioni su cui si gioca il futuro stesso della «proposta evangelica» (Caffarra 2008). La prima riguarda l’unità di materia e spirito che si esprime nella persona umana, contro tutti gli gnosticismi — per cui l’uomo è solo spirito — e tutti i materialismi, per cui l’uomo è solo materia o corpo e lo spirito non esiste. Si tratta qui di una battaglia che la Chiesa combatte fin dai primi secoli e che ha a che fare con l’equilibrio stesso fra ragione e fede.

Se l’uomo è solo spirito, la sessualità è qualche cosa di cattivo, al massimo un male necessario. Personalmente non so se siano mai state usate o se si tratti di una leggenda, ma ho sentito parlare anch’io delle camicie da notte di cui si afferma che facessero parte del corredo di nozze di qualche bisnonna con la frase ricamata «Non lo fo per piacer mio ma per dare un figlio a Dio». Ora, la negazione del ruolo positivo del piacere e della sessualità in ultima analisi non è solo ottusa: per quanto le bisnonne potessero non rendersene conto è gnostica, in quanto nega che il Dio Creatore sia il creatore anche del corpo e abbia voluto il corpo come cosa intrinsecamente buona (ancorché — ma questo vale per ogni tipo di realtà — il suo uso disordinato possa essere cattivo).

Il contributo dell’allora cardinale Karol Wojtyla — il futuro Papa Giovanni Paolo II — ai lavori preparatori per l’enciclica Humanae vitae consiste in un testo inviato a Roma che sarà alla base di un libro, Amore e responsabilità (Wojtyla 1978), il quale purtroppo non diventerà generalmente noto nella Chiesa se non dopo l’elezione del suo autore a Pontefice (in italiano, per esempio, sarà tradotto solo dieci anni dopo, nel 1978). Sull’effettiva influenza del testo di Wojtyla sulla Humanae vitae è ancora in corso un dibattito fra gli storici. Tuttavia alcune idee forza di Amore e responsabilità si ritrovano nell’enciclica (che, sia detto per inciso, pochissimi hanno letto). Vi è una valutazione positiva della sessualità umana — contro ogni gnosticismo — ma insieme la ferma difesa della dottrina tradizionale della Chiesa secondo cui questo apprezzamento, per sfuggire all’attrazione dell’errore opposto, il materialismo, deve essere radicato in una continua illustrazione della necessaria compresenza di libertà e istituzione, significato unitivo e significato procreativo dell’atto sessuale, passione e ragione.

Seguendo sempre lo schema del cardinale Caffarra, la seconda grande questione posta dall’Humanae vitae — collegata alla prima — è che i gesti umani della «dimensione fisica […] veicolano un senso spirituale». Per esempio, «se il bacio di Giuda ci sconvolge tanto profondamente è perché il gesto del baciare ha un suo significato proprio: compierlo dandogli un altro senso è avvertito come immorale e riprovevole» (Caffarra 2008). Ultimamente, la domanda qui è se i gesti umani, compresi quelli della sessualità, siano parte di un linguaggio «dotato di un significato proprio, di una sua grammatica», abbiano cioè una funzione che corrisponde allo schema naturale delle cose — e quindi, per converso, possano anche averne una contraria alla legge naturale e immorale — ovvero se ogni gesto sia accettabile se lo percepisco come utile o semplicemente se mi va di farlo in quel momento. Il mondo moderno e postmoderno è passato dall’utilitarismo al semplice anarchismo morale: «tutto alla fine è dichiarato giustificabile, purché sia liberamente voluto» (ibidem).

La pillola contraccettiva sta precisamente al centro — non alla periferia — di questo problema perché negli anni intorno al, e dopo il, 1968 è stata il veicolo della rivoluzione sessuale e del «tutto è lecito purché lo voglia liberamente». Prendendo la pillola a colazione, qualunque studentessa post-sessantottina pensa di potere «fare quello che vuole» senza porsi neppure il problema della eventuale gravidanza, cioè della responsabilità. Peraltro sbagliando: i numeri sono impietosi e dimostrano che quando Marco Pannella nel decennio successivo al 1968 sfilava con i cartelli «Pillola subito per non abortire, aborto libero per non morire» aveva, come spesso gli capita, torto. Per non andare troppo lontano da noi, in Italia — uno dei Paesi con la maggiore diffusione pro capite di anticoncezionali — all’aumento del consumo della pillola ha corrisposto un tasso che è rimasto molto alto del numero degli aborti. Nel 2005 per esempio, secondo il Rapporto Annuale del Ministero della Salute, ci sono stati 132.790 aborti procurati (per intenderci, è come se in un anno fosse sparita una città come Bergamo, con tutti gli abitanti del comune e anche di un paio di comuni più piccoli vicini), e un po’ più di una gravidanza italiana ogni sei si è conclusa con un aborto. La diffusione di massa degli anticoncezionali, infatti, non previene l’aborto ma crea una mentalità ostile al concepimento e alla vita, per cui se me la cavo con la pillola bene, diversamente c’è sempre l’aborto.

La terza questione è se amore del corpo e amore dello spirito — eros e agape, un tema che Benedetto XVI riprenderà nella sua prima enciclica, Deus caritas est — siano necessariamente correlati ovvero possano e debbano essere separati. La Chiesa rifiuta l’amore coniugale senza sesso di certe eresie gnostiche, ma rifiuta anche il sesso senza amore così tipico del nostro tempo. Né si tratta qui di una concezione romantica: la posta in gioco è molto più profonda. Infatti, puntualmente, dopo il sesso senza procreazione è venuta — appena la tecnica lo ha consentito — la procreazione senza sesso dei bambini in provetta, e oggi la scienza apre scenari sempre più inquietanti. Paolo VI appare qui al cardinale Caffarra assai più profetico, nel senso non solo di parlar chiaro ma in questo caso anche proprio di prevedere il futuro, dei teologi dissidenti. Ma sembra che molti di questi dissidenti si fossero ormai schierati — non solo sulla questione della pillola contraccettiva ma sui temi di fondo della sessualità, dell’esistenza di una legge naturale e della stessa persona umana — con la modernità relativista e non con il diritto naturale e cristiano.

 


Caterina63
00mercoledì 22 giugno 2011 19:50
[SM=g1740733]Una testimonianza edificante ed un saggio consiglio....
un grazie al blog Cordialiter


Castità tra fidanzati

Ho ricevuto una bella testimonianza di vita cristiana da parte di una ragazza che continua a vivere in castità nonostante certi strani discorsi del suo fidanzato...

Caro curatore di questo meraviglioso blog vocazionale, sono una studentessa di ventuno anni, lettrice assidua del tuo blog e di letture sacre (amo leggere). E' da tempo che volevo scriverti, per raccontarti la mia storia, sono una cattolica-cristiana (vado a Messa la Domenica ), sin da quando andavo alle medie sono catechista, Dio mi ha dato questo grande dono di insegnare la sua Parola e trasmetterla agli altri. Sin da quando ero ragazzina amo Dio, e quando avevo 17 anni decisi di dire a mia madre che dopo la scuola superiore sarei voluta partire per andare in un monastero di clausura, per lodare Dio e dedicarGLI tutta la vita. Mia madre fece di tutto per distogliermi dalla mia vocazione, non perdeva mai un'occasione per ripetermi che prima o poi l'avrei abbandonata. Riuscì a distogliermi e […] l'anno dopo conobbi il mio attuale ragazzo, all'inizio mi sembrò un giovane credente, di buona fede, ma ora dopo tre anni che siamo fidanzati mi ripete sempre che il fidanzamento come lo intendo io (cioè casto fino al matrimonio ) è solo un'idea arcaica [...]. Da parte mia ho detto che mi era sembrato di essere stata chiara sin dall'inizio e ho detto che se a lui non va bene il fidanzamento così, può anche lasciarmi, ma lui ha detto che sarebbe stupido lasciarmi solo per questo. Credevo di aver trovato una persona adatta alla mia personalità, (sono molto semplice, non vado mai dal parrucchiere, vesto sempre con dei vestiti che coprono tutto il mio corpo, non sono mai stata in discoteca la sera e per studiare all'università vivo in un istituto di suore ), ma non è così, a lui piaccio solo perché sono seria, ma poi mi dice che mi trascuro, che sbaglio a dedicare tanto tempo allo studio e sbaglio ad essere con dei princìpi che mai nessuno mi toglierà, ne tanto meno lui . Vorrei qualche consiglio sul comportamento che devo assumere, aiutami, perché non riesco a parlare con nessuno di questa delicata questione, mi vergogno di tutto questo e il mio cuore è triste...

In più vorrei qualche consiglio spirituale, sono un'umile serva di Dio e lo amerò sempre! Grazie davvero per tutto ciò fai per ogni anima che ti chiede conforto. Pregherò per te.

(Lettera firmata)

Cara sorella in Cristo,
                                  ti ringrazio per avermi scritto, la tua testimonianza di vita cristiana mi è piaciuta molto.

Il tuo modo di concepire il fidanzamento, cioè di viverlo in castità fino al matrimonio, non è arcaico, ma è il modo di viverlo ordinatoci per nostro bene dal Signore. Il Catechismo della Chiesa Cattolica promulgato da Papa Giovanni Paolo II ribadisce ai cristiani di oggi ciò che la Chiesa ha sempre insegnato al riguardo, e cioè che solo le persone sposate possono consumare lecitamente il matrimonio, mentre tutte le altre persone devono vivere in castità anche se sono fidanzate. Purtroppo, persino tanti fedeli praticanti rifiutano di obbedire a questo precetto divino, e si ribellano agli insegnamenti della Chiesa sul sesto comandamento. Tu continua a obbedire all'eterna Legge di Dio e non te ne pentirai giammai. I mondani ti derideranno e ti insulteranno, ma Gesù Cristo ci ha detto: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.” (Matteo 5,11-12)

Dunque non sei una persona antiquata, sei solo una seguace del Redentore Divino: continua così! L'unica cosa che conta nella vita è piacere a Dio, tutto il resto è vanità delle vanità. Apprezzo moltissimo anche il modo castigato di vestirti. La Madonna a Fatima disse che un giorno sarebbero venute mode che avrebbero offeso molto Nostro Signore, e infatti quelle mode oscene sono giunte davvero: minigonne, scollature profonde e gli altri abiti spudorati costituiscono un grave scandalo per le anime del prossimo, poiché lo inducono a commettere dei peccati. Per questo motivo, anche se fa caldo, una donna davvero cristiana deve indossare solo abiti che non offendono il pudore. Continua ad essere semplice, a non frequentare luoghi malsani come le discoteche, e a vivere coerentemente la vita cristiana.

Quando avevi 17 anni era meglio se non avessi confidato a tua madre il desiderio di donarti a Dio in un monastero di clausura. Ma ormai quel che fatto è fatto, adesso bisogna guardare al futuro. Ormai sei maggiorenne e tra qualche anno finirai gli studi universitari, ritengo sia importantissimo utilizzare questo periodo per riflettere attentamente sullo stato di vita che il Signore ha scelto per te. Io non so se ciò che sentivi nel tuo cuore a 17 anni era una vera vocazione o un semplice pio desiderio, però ti raccomando di metterti in ascolto della volontà di Dio. E se Gesù buono volesse prenderti tutta per Sé? Lo spero tanto! Un conto è essere sposa del Re del Cielo, altro conto è essere moglie di una povera creatura della terra: non c'è paragone! Io ti chiedo solo di pregare il Signore di farti capire la sua volontà.

Tra coloro che mi hanno scritto ci sono anche varie persone (in prevalenza donne) che rimpiangono di essersi sposate e di non approfondito in gioventù il desiderio di abbracciare la vita religiosa. Tu sei ancora in tempo per riflettere attentamente ed eleggere lo stato di vita al quale ti chiama il Signore. Durante le prossime vacanze estive sarebbe ottima cosa poter trascorrere alcuni giorni in qualche convento fervoroso e osservante. Immersa nella preghiera e nella meditazione sarà più facile poter ascoltare ciò che Iddio vuole da te.

Ti consiglio di fare l'orazione mentale, la quale consiste nel dedicare alcuni minuti della giornata nel pensare alla maestà della Santissima Trinità, alla dolorosa Passione del Redentore, all'amore di Dio per noi, ai novissimi o ad altri misteri di fede, e inframmezzare questa meditazione con devote frasi piene d'amore rivolte a Gesù buono e anche alla nostra Mamma del Cielo.

Per allenare l'anima al sacrificio e al combattimento spirituale, è buona cosa fare ogni giorno qualche mortificazione, ad esempio rinunciare a mangiare una caramella, ad usare l'ascensore e l'automobile, ad ascoltare una canzone, a leggere subito una lettera che si è appena ricevuta, a guardare un film lecito, a discolparti quando ricevi un rimprovero, ecc.

Per quanto riguarda la tristezza che senti nel cuore, puoi trovare facilmente conforto buttandoti tra le braccia di Gesù buono. Solo Dio può consolarci nei momenti di dolore.

Carissima sorella in Cristo, spero tanto di esserti stato di qualche utilità. Per me è una grande gioia poter essere di aiuto alle persone che vogliono amare Dio, pertanto non esitare a scrivermi ogni volta che ne sentirai il bisogno.

Ti saluto cordialmente in Gesù e Maria,

Cordialiter


Caterina63
00lunedì 3 ottobre 2011 22:27
[SM=g1740738] Ringraziando Don Giosy Cento per i suoi canti fra i quali questo "Ti amerò" dedicato agli sposi, ai fidanzati, desideriamo offrirvi piccole perle di riflessione sul grande valore della Famiglia.... In questo senso vogliamo ricordare a noi stessi che la prima opera missionaria la compiamo in FAMIGLIA.... Coraggio!, non esistono solo i temporali, prima o poi esce sempre anche il sole...
it.gloria.tv/?media=201475




Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org



[SM=g1740717]

[SM=g1740750] [SM=g1740752]

[SM=g1740717] Benedetto XVI parla ai Fidanzati

Per la chiusura del Congresso Eucaristico Nazionale dell'11 settembre 2011 ad Ancona, il santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i Fidanzati ed ha offerto loro una stupenda Catechesi sull'amore vero ed autentico, sulla promessa coniugale, sul valore del matrimonio.... E' un Discorso che sembra essersi volatizzato e perso nel vuoto del chiasso mediatico, noi ve lo vogliamo riproporre invitandovi a farlo vostro e a farlo conoscere.
www.gloria.tv/?media=263072

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org


[SM=g1740717]


[SM=g1740738]

Caterina63
00venerdì 9 marzo 2012 18:57
[SM=g1740722]MONUMENTALE INTERVENTO DEL PAPA  ai Vescovi americani in Visita ad Limina

IL PAPA AI VESCOVI U.S.A. SU CRISI MATRIMONIO E FAMIGLIA

Città del Vaticano, 9 marzo 2012 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto un gruppo di Presuli della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti d'America (Regioni VII-IX), al termine della Visita "ad Limina Apostolorum". Di seguito riportiamo estratti del discorso del Pontefice.

"Vorrei soffermarmi (...) sulla contemporanea crisi del matrimonio e della famiglia, e più in generale, sulla visione cristiana della sessualità umana. È sempre più evidente che un indebolimento nell'apprezzare l'indissolubilità dell'alleanza matrimoniale, e il diffuso rifiuto di una etica sessuale responsabile e matura fondata sulla pratica della castità, hanno condotto a gravi problemi sociali, con immense conseguenze umane ed economiche".

"Al riguardo occorre particolarmente menzionare le potenti correnti politiche e culturali che cercano di alterare la definizione giuridica del matrimonio. Il coscienzioso sforzo della Chiesa di resistere a tale pressione richiede una difesa ragionata del matrimonio quale istituzione naturale che consiste in una specifica comunione delle persone, essenzialmente radicata nella complementarità dei sessi ed orientata alla procreazione. Le differenze sessuali non possono essere messe da parte come irrilevanti nella definizione del matrimonio. Difendere l'istituzione del matrimonio come una realtà sociale è in definitiva una questione di giustizia, poiché comporta la salvaguardia del bene dell'intera comunità umana e dei diritti dei genitori e dei figli".

"Nei nostri colloqui, alcuni di voi hanno sottolineato con preoccupazione le crescenti difficoltà incontrate nel comunicare l'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia nella sua integrità, e della diminuzione nel numero dei giovani che si accostano al sacramento del matrimonio. Certamente dobbiamo riconoscere delle deficienze nella catechesi degli ultimi decenni, che a volte hanno mancato di comunicare il ricco patrimonio dell'insegnamento cattolico sul matrimonio, istituzione naturale elevata da Cristo alla dignità di sacramento, vocazione degli sposi cristiani nella società e nella Chiesa, e pratica di castità coniugale".

"A livello paratico, i programmi di preparazione al matrimonio devono essere attentamente riveduti per garantire una maggiore concentrazione sulla loro componente catechetica e sulla presentazione delle responsabilità sociali ed ecclesiali che il matrimonio cristiano comporta. In tale contesto non possiamo trascurare il grave problema pastorale presentato dalla diffusa pratica della coabitazione, spesso di coppie che sembrano inconsapevoli di commettere un grave peccato, per non tacere il danno apportato alla stabilità della società. Incoraggio i vostri sforzi di promuovere una pastorale chiara e norme liturgiche per la degna celebrazione del matrimonio che incarnino una testimonianza senza ambiguità alle esigenze oggettive della moralità cristiana, mentre mostrano sensibilità e sollecitudine per le giovani coppie".

"In tale grande sforzo pastorale si presenta l'urgente necessità per tutta la comunità cristiana di recuperare l'apprezzamento della virtù della castità. (...) Non è meramente una questione di presentare degli argomenti, ma di far piacere una visione integrata, coerente ed elevata della sessualità umana. La ricchezza di questa visione è più solida e interessante delle ideologie permissive esaltate in certi ambienti; questi infatti costituiscono una potente e distruttiva forma di contro-catechesi per i giovani".

La castità, come ci ricorda il Catechismo, richiede "l'acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana". In una società che sempre più tende a fraintendere e perfino ridicolizzare la dimensione essenziale dell'insegnamento di Cristo, i giovani devono essere rassicurati che 'se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui, nella nostra vita, non perdiamo nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande'".

"Concludo ricordando che tutti i nostri sforzi in quest'ambito sono diretti al bene dei minori, che hanno il diritto fondamentale di crescere con una sana comprensione del posto della sessualità nelle relazioni umane. I bambini sono il più grande tesoro e il futuro di ogni società: curarsi davvero di loro significa riconoscere la nostra responsabilità di insegnamento e difesa, e di vivere le virtù morali che sono la chiave della realizzazione umana. Auspico che la Chiesa negli Stati Uniti, quantunque mortificata dagli eventi dello decennio scorso, perseveri nella storica missione di educare i giovani e contribuire così al consolidamento di quella sana vita familiare che è la più sicura garanzia di solidarietà intergenerazionale e di sanità della società nel suo complesso.


[SM=g1740722] 

 VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI CATTOLICI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA (REGIONI VII-IX), 09.03.2012

Alle ore 11.30 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI incontra gli Ecc.mi Presuli della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti d’America, che sta ricevendo in questi mesi, in separate udienze, in occasione della Visita "ad limina Apostolorum" (Regioni VII, VIII e IX).
Dopo l’indirizzo di omaggio di S.E. Mons. John Clayton Nienstedt, Arcivescovo di Saint Paul and Minneapolis, a nome dei Vescovi dell’VIII Regione, il Papa rivolge ai presenti il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli Vescovi,

Saluto tutti voi con affetto fraterno in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Come sapete, quest'anno desidero riflettere con voi su alcuni aspetti dell'evangelizzazione della cultura americana alla luce delle sfide intellettuali ed etiche del momento presente.

Negli incontri precedenti ho riconosciuto la nostra preoccupazione per le minacce alla libertà di coscienza, di religione e di culto che devono essere affrontate con urgenza, affinché tutti gli uomini e le donne di fede, e le istituzioni che essi ispirano, possano agire in conformità alle loro convinzioni morali più profonde. In questa occasione vorrei parlare di un'altra questione grave che mi avete esposto durante la mia visita pastorale in America, vale a dire la crisi attuale del matrimonio e della famiglia, e più in generale della visione cristiana della sessualità umana. Di fatto, è sempre più evidente che un minor apprezzamento dell'indissolubilità del contratto matrimoniale e il diffuso rifiuto di un'etica sessuale responsabile e matura, fondata nella pratica della castità, hanno portato a gravi problemi sociali che comportano un costo umano ed economico immenso.

Tuttavia, come ha osservato il beato Giovanni Paolo II, il futuro dell'umanità passa per la famiglia (cfr. Familiaris consortio n. 85). Di fatto, «troppo grande è il bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale» (Sacramentum caritatis n. 29).

A questo riguardo occorre menzionare in modo particolare le potenti correnti politiche e culturali che cercano di alterare la definizione legale del matrimonio. Lo sforzo coscienzioso della Chiesa di resistere a queste pressioni esige una difesa ragionata del matrimonio come istituzione naturale costituita da una comunione specifica di persone, fondamentalmente radicata nella complementarietà dei sessi e orientata alla procreazione. Le differenze sessuali non possono essere respinte come irrilevanti per la definizione del matrimonio.

Difendere l'istituzione del matrimonio come realtà sociale è, in ultima analisi, una questione di giustizia, poiché comporta la tutela del bene dell'intera comunità umana, nonché dei diritti dei genitori e dei figli.

Nelle nostre conversazioni, alcuni di voi hanno parlato con preoccupazione delle crescenti difficoltà riscontrate nel trasmettere l'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia nella sua integrità, e della diminuzione del numero di giovani che si avvicinano al sacramento del matrimonio.

Certamente dobbiamo riconoscere alcune carenze nella catechesi degli ultimi decenni, che talvolta non è riuscita a comunicare la ricca eredità dell'insegnamento cattolico sul matrimonio come istituzione naturale elevata da Cristo alla dignità di sacramento, la vocazione degli sposi cristiani nella società e nella Chiesa e la pratica della castità coniugale.

A questo insegnamento, ribadito con crescente chiarezza dal magistero post-conciliare e presentato in modo completo sia nel Catechismo della Chiesa Cattolica sia nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, deve essere restituito il suo posto nella predicazione e nell'insegnamento catechetico.

A livello pratico, i programmi di preparazione al matrimonio devono essere attentamente rivisti per assicurare che vi sia una maggiore concentrazione sulla loro componente catechetica e sulla presentazione delle responsabilità sociali ed ecclesiali che il matrimonio cristiano comporta. In questo contesto non possiamo ignorare il grave problema pastorale rappresentato dalla diffusa pratica della convivenza, spesso da parte di coppie che sembrano essere inconsapevoli che è un grave peccato, per non dire che rappresenta un danno alla stabilità della società. Incoraggio i vostri sforzi volti a sviluppare norme pastorali e liturgiche chiare per la degna celebrazione del matrimonio, che rappresentino una testimonianza inequivocabile delle esigenze oggettive della moralità cristiana, mostrando allo stesso tempo sensibilità e sollecitudine per le giovani coppie.

Anche qui desidero esprimere il mio apprezzamento per i programmi pastorali che state promovendo nelle vostre diocesi e, in particolare, per la chiara e autorevole presentazione della dottrina della Chiesa nella vostra Lettera del 2009 Marriage: Love and Life in the Divine Plan. Apprezzo anche ciò che le vostre parrocchie, le vostre scuole e i vostri enti caritativi fanno ogni giorno per sostenere le famiglie e per aiutare quanti si trovano in situazioni matrimoniali difficili, specialmente le persone divorziate e separate, i genitori singoli, le madri adolescenti e le donne che pensano all'aborto, come pure i bambini che subiscono gli effetti tragici della disgregazione familiare.

In questo grande impegno pastorale è urgentemente necessario che l'intera comunità cristiana torni ad apprezzare la virtù della castità. La funzione integrativa e liberatrice di questa virtù (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2338-2343) deve essere sottolineata da una formazione del cuore che presenti la comprensione cristiana della sessualità come fonte di libertà autentica, di felicità e di realizzazione della nostra vocazione fondamentale e innata all'amore. Non si tratta solo di presentare argomenti, ma anche di fare appello a una visione integra, coerente ed edificante della sessualità umana. La ricchezza di questa visione è più solida e attraente delle ideologie permissive esaltate in alcuni ambiti; queste, di fatto, costituiscono una forma potente e distruttiva di contro-catechesi per i giovani.

I giovani devono conoscere l'insegnamento della Chiesa nella sua integrità, per quanto possa essere impegnativo e contro-culturale; cosa ancora più importante, devono vederlo incarnato da coppie sposate fedeli che danno una testimonianza convincente della sua verità. Devono anche essere sostenuti mentre lottano per compiere scelte sagge in un tempo difficile e confuso della loro vita. La castità, come ci ricorda il Catechismo, comporta «l'acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana» (n. 2339). In una società che tende sempre più a fraintendere e perfino a irridere questa dimensione essenziale dell'insegnamento cristiano, occorre rassicurare i giovani che «chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla -- assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande» (Omelia, Santa Messa per l'inaugurazione del ministero petrino, 24 aprile 2005).

Vorrei concludere ricordando che tutti i nostri sforzi in questo ambito in fondo sono tesi al bene dei bambini, che hanno il diritto fondamentale di crescere con una sana comprensione della sessualità e del posto che le corrisponde nei rapporti umani. I bambini sono il tesoro più grande e il futuro di ogni società: preoccuparsi veramente di loro significa riconoscere la nostra responsabilità d'insegnare, difendere e vivere le virtù morali che sono la chiave della realizzazione umana. È mia speranza che la Chiesa negli Stati Uniti, per quanto frenata dagli eventi dell'ultimo decennio, perseveri nella sua missione storica di educare i giovani e, in tal modo, di contribuire al consolidamento di quella sana vita familiare che è la garanzia più sicura della solidarietà intergenerazionale e della salute della società nel suo insieme.

Raccomando ora voi e i vostri fratelli Vescovi, insieme al gregge affidato alle vostre cure pastorali, all'amorevole intercessione della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. A tutti voi imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica come pegno di saggezza, forza e pace nel Signore.

  [SM=g1740757] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

 

 

Caterina63
00domenica 11 marzo 2012 21:45
[SM=g1740733] Benedetto XVI invita a riscoprire la vocazione al Matrimonio (testo sopra)

Cari Amici, dopo avervi offerto il Messaggio del santo Padre ai Fidanzati e che trovate qui: www.gloria.tv/?media=263072
vi offriamo ora il meraviglioso insegnamento che il Papa ha recenteme offerto alla Chiesa per riscoprire la vocazione al Matrimonio, ed impostare le catechesi e le pastorali sull'importanza di una corretta sessualità e la riscoperta della castità per valorizzare il vero ed autentico amore....
Buona meditazione.
it.gloria.tv/?media=266744

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org



[SM=g1740717]

[SM=g1740738]


19 aprile 2012: A margine dell'incontro di Poggio Grande, il Cardinale Caffarra ci ha offerto una testimonianza sulla sua vita in famiglia.

IMPERDIBILE....

www.gloria.tv/?media=280998




[SM=g1740717]


[SM=g1740757]

Caterina63
00martedì 1 gennaio 2013 18:18
[SM=g1740733]l'importanza di un figlio quale DONO, maturato da un gesto che deve essere AMORE E RESPONSABILITA'


gravidanza e parto

Lo sviluppo di una nuova vita

Per gravidanza o gestazione si intende la condizione in cui si trova la donna nel periodo di nove mesi in cui, dentro di lei, si sviluppa un nuovo essere umano. La gravidanza inizia con la fecondazione della cellula uovo e termina con il parto. Per parto si intende l'espulsione, naturale o aiutata dal medico, dell'essere che sta per nascere dal corpo della donna. Durante questi nove mesi avvengono grandi cambiamenti nel corpo della madre, per adattarsi alla crescita del bambino e fornirgli il nutrimento di cui ha bisogno. Questi sono momenti cruciali nella vita di una donna, che hanno peraltro ripercussioni importanti per la vita dell'intera famiglia. Gravidanza e parto sono presenti, con caratteristiche diverse, in tutti i mammiferi, ma qui ci occuperemo soltanto della specie umana

I primi giorni

La cellula uovo, od ovocita, viene fecondata da uno dei milioni di spermatozoi che le sono andati incontro in un canalino (tuba) che collega l'ovaio all'utero. L'ovulo fecondato (o zigote) va incontro a una serie di divisioni cellulari fino a formare un piccolo ammasso rotondeggiante di cellule che in circa tre giorni raggiunge la cavità dell'utero. La gravidanza inizia nel momento in cui questo mucchietto di cellule si va a inserire nella mucosa (un rivestimento di cellule epiteliali) che costituisce la parete interna dell'utero.

Quando questo avviene, l'utero invia all'ovaio dei segnali chimici che bloccano la produzione degli ormoni responsabili di quelle perdite periodiche di sangue (che proviene proprio dall'utero) che hanno le donne in età fertile (mestruazioni). Nello stesso tempo le cellule della mucosa dell'utero vanno incontro a cambiamenti che le rendono adatte ad accogliere l'abbozzo di embrione. Le cellule che costituiscono l'embrione presto si differenziano in tre tipi diversi, in modo da formare tre foglietti embrionali da cui avranno origine le varie parti del corpo.

Nell'utero si forma un nuovo organo

Via via che l'embrione cresce, i suoi legami con il corpo della mamma diventano più complessi. Infatti l'embrione ha bisogno di nutrimento e di ossigeno, e presto quello che gli può fornire la mucosa uterina non è più sufficiente. Il nutrimento e l'ossigeno gli arrivano allora dal sangue della madre, attraverso un organo di collegamento chiamato placenta, la cui formazione si completa nel primo trimestre di gravidanza. Alla placenta arriva il sangue arterioso (ricco di ossigeno) della madre, che va a occupare degli ampi spazi cavernosi dove avvengono gli scambi di materiale con il sangue embrionale, il quale a sua volta arriva alla placenta attraverso due arterie contenute in un cordone di collegamento chiamato cordone ombelicale. Il sangue della madre e quello dell'embrione non si mescolano mai, e gli scambi di materiale avvengono attraverso la parete dei vasi capillari. Il sangue della madre presente negli spazi cavernosi cede al sangue dell'embrione (che dopo il terzo mese si chiama feto) sostanze nutritive e ossigeno, e riceve in cambio sostanze di scarto derivate dal metabolismo dell'embrione/feto e anidride carbonica. Il sangue materno così impoverito viene riportato attraverso un sistema di vene alla circolazione materna, mentre il sangue arricchito dell'embrione/feto confluisce in una vena ombelicale che lo distribuisce nell'organismo in crescita.

La placenta ha anche una funzione protettiva di filtro nei riguardi dell'embrione, in quanto attraverso di essa non passano molte sostanze tossiche o microrganismi che possono essere presenti nel sangue materno, mentre passano nel sangue embrionale molti anticorpi che proteggono l'embrione/feto ancora non difeso da un suo sistema immunitario.

Purtroppo, però, alcuni microrganismi e alcune sostanze tossiche riescono a superare la barriera placentare e sono pericolosi per l'embrione (per esempio, i virus della rosolia e dell'AIDS, l'alcol, molte droghe e le sostanze inalate col fumo).

Come cambia la donna durante la gravidanza?

Il pancione non è l'unico aspetto che rende diversa una donna gravida (incinta). Durante la gravidanza, nel corpo della donna avvengono profondi cambiamenti, con effetti più o meno evidenti. La donna, in special modo durante i primi tre mesi, avverte frequentemente un senso di nausea che può anche portarla al vomito, si sente stanca, priva di forze, ha un aumento della salivazione, urina più spesso e può avere disturbi del sonno, insomma il suo organismo le manda un messaggio che qualcosa di nuovo sta accadendo. Durante tutta la gravidanza aumenta di peso, non solo per la crescita dell'embrione/feto, della placenta e dell'utero che li contiene, ma anche perché tende a mangiare più abbondantemente e perché le alterazioni dei livelli di alcuni ormoni provocano una diminuzione dell'eliminazione di acqua, che viene trattenuta nel sangue e nei tessuti. Da questo dipende il frequente gonfiore alle caviglie. Il cuore è sottoposto a un lavoro maggiore, e aumenta la frequenza e la forza dei battiti. Nella seconda metà della gravidanza la crescita dell'utero e del suo contenuto diventa più evidente. Quel pancione che cresce, però, spinge in alto lo stomaco ‒ cosa che può provocare disturbi della digestione ‒ e il muscolo diaframma, che separa la cavità addominale da quella toracica. Quest'ultima è come compressa, lo spazio dei polmoni diminuisce, e la respirazione diviene meno profonda e più frequente.

La gravidanza è un momento assai delicato anche dal punto di vista psicologico. La futura mamma vive un'esperienza del tutto nuova, con un misto di gioia e di paure (il dolore del parto, la salute del bambino, il cambiamento di vita dopo la nascita, la capacità di essere una brava mamma) ed è importante che il futuro papà le faccia sentire tutta la sua comprensione e il suo affetto, aiutandola a superare i momenti più difficili. D'altro lato, la futura mamma dovrà fare in modo che il futuro papà non si senta estraniato da questa importante esperienza, dato che tutte le attenzioni di parenti e amici tendono a rivolgersi verso di lei invece che verso di lui.

Come si capisce che è iniziata una gravidanza

Fino a non molti anni fa, per capire se era iniziata una gravidanza, ci si basava sulla interruzione delle mestruazioni e sui vari sintomi o segni che la donna poteva avvertire (come nausea o stanchezza). Dato che questi sintomi possono avere anche altre cause, non era possibile fare una diagnosi certa molto presto. Attualmente è sufficiente eseguire un rapido e semplice test per fare una diagnosi molto precoce, dopo una settimana dalla fecondazione. Infatti, viene misurata la concentrazione nelle urine o nel sangue di un particolare ormone (la gonadotropina corionica, chiamata per semplicità con una sigla, HCG) che inizia a essere prodotto quando l'abbozzo dell'embrione si impianta nella mucosa uterina. Quando il test della HCG è positivo, la diagnosi può essere confermata con un altro esame, l'ecografia, che consente anche di vedere se l'embrione si è impiantato nell'utero in maniera corretta.

Seguire la gravidanza passo dopo passo e prepararsi al parto

Durante la gravidanza è consigliabile sottoporsi a periodiche visite da parte del medico specialista, il ginecologo. Questo palperà l'addome e ascolterà con un particolare strumento, il fonendoscopio, il battito del cuore del feto, la cui frequenza è maggiore di quella di una persona adulta e inoltre varia a seconda del mese di gravidanza. Di tanto in tanto il medico farà fare alla futura mamma un'analisi del sangue e delle urine, e controllerà con l'ecografia la crescita del feto. Nell'ultimo periodo della gravidanza la donna seguirà dei corsi che la preparano, mentalmente e con opportuni esercizi, al grande evento del parto.

A volte succede che l'ecografia riveli che nell'utero della futura mamma non c'è solo un embrione, ma due, o rare volte tre e in casi eccezionali quattro. Questo significa che nasceranno due (o tre o quattro) gemelli, e i genitori possono essere preoccupati e avranno bisogno di un po' di tempo per abituarsi all'idea di una famiglia più grande del previsto, con tanto lavoro in più.

Cosa fa il bambino nel pancione della mamma?

Il feto cresce e si sviluppa all'interno di un sacco (sacco amniotico) pieno di liquido. Questo sacco di acqua è una specie di cuscinetto che lo protegge dagli urti che può subire l'addome della madre. È come se il feto si trovasse in una piccolissima piscina dove ha la possibilità di muoversi a piacimento. Insomma, il feto è un nuotatore, che si trova molto bene nel suo ambiente acquoso. Tra l'altro, l'acqua nella quale è immerso contiene delle sostanze che le danno un buon sapore, che assomiglia a quello del latte che la mamma gli darà dopo la nascita.

Ma il feto non si limita a nuotare. Potrà sembrare strano, quasi incredibile: ma è ormai accertato che la vita intrauterina (dentro l'utero) è un periodo importante per lo sviluppo fisico ed emotivo del bambino dopo la nascita. Infatti, via via che passa il tempo e il feto matura, diventa in grado di percepire una molteplicità di stimoli: riesce a sentire l'odore e il sapore del liquido in cui è immerso, sente i rumori e le carezze, ed è in grado di reagire ad alcuni stimoli scalciando o facendo altri movimenti. I rumori che vengono dall'ambiente esterno gli arrivano come se venissero da lontano, perché le strutture che lo circondano li attutiscono. Ciò non toglie che gli piaccia la musica e l'ascolto della musica lascerà una traccia positiva nella sua vita futura. Invece, un eccesso di rumori forti e sgradevoli potrà provocare disturbi permanenti dell'udito. Quanto ai rumori che vengono dall'interno, gli giungono assai amplificati; e tra i rumori interni il più bello è la voce della mamma, che il bambino sarà in grado di riconoscere quando sarà nato.

Il feto è pronto per uscire: siamo arrivati al parto

Nelle ultime settimane di gravidanza lo spazio a disposizione del feto si riduce, i suoi movimenti sono sempre più limitati e quando non è più in grado di fare capriole, si ferma nella posizione con cui imboccherà il canale che lo porterà al mondo. La posizione più frequente e più corretta è a testa in giù e piedi in su. Quando è in questa posizione il bambino si impegna di testa nel canale formato dalle ossa del bacino e dai tessuti molli (muscoli, vagina) della mamma. Viene sospinto dalle contrazioni via via più frequenti e a volte assai dolorose dei muscoli dell'utero, aiutate dalle spinte volontarie e dalla respirazione della mamma, e finalmente esce, bagnato come un pulcino.

Altre volte il bimbo si affaccia al mondo con i piedi, o addirittura con una spalla o con la faccia. In questi casi l'uscita dal canale può essere più difficile e più dolorosa. In questa situazione, molte volte il ginecologo deve intervenire ed eseguire il taglio cesareo, un'operazione chirurgica che comporta un'incisione fatta con il bisturi sull'addome della mamma all'altezza dell'utero. È attraverso la breccia aperta dal chirurgo che il bimbo viene tirato fuori molto delicatamente, mentre la mamma non sente dolore perché le è stata praticata un'anestesia.

Appena il bambino è uscito definitivamente dal ventre della mamma, deve essere tagliato anche quel cordone che per molti mesi li ha tenuti uniti, il cordone ombelicale. Il bambino verrà preso in braccio dal medico o dall'infermiera, che lo stimoleranno, magari con il primo sculaccione della sua vita, in modo che emetta il primo vagito, che indica che l'aria è entrata nei suoi piccoli polmoni. A questo punto la mamma, che durante il parto era stata preda di emozioni e sentimenti contrapposti ‒ la speranza che il neonato sia sano, la paura del dolore, la gioia di diventare madre ‒ finalmente si rilassa, gioisce, e quasi non si accorge dell'ultimissima fase del parto (chiamata secondamento), che consiste nell'espulsione della placenta, che aveva costituito il legame biologico tra lei e il feto.

Aborto e minaccia di aborto

Per aborto si intende l'interruzione della gravidanza. L'aborto può essere spontaneo, quando l'embrione non è in grado di sopravvivere per alterazioni dei suoi geni o per numerose altre cause, come infezioni e malformazioni dell'utero. L'embrione viene spontaneamente espulso, di solito entro il terzo mese di gravidanza, accompagnato da una perdita di sangue. In altri casi l'aborto può essere provocato da parte del medico. In Italia la legge consente al medico di interrompere la gravidanza nel primo trimestre, se la madre rifiuta fortemente di avere un figlio, o anche nel secondo trimestre, se per malattie o malformazioni la vita dell'embrione o della madre sono in grave pericolo. L'aborto, sia spontaneo sia provocato, costituisce sempre un trauma, non solo fisico ma anche psicologico, per la donna che lo subisce.

La minaccia di aborto è il rischio che si verifichi un aborto spontaneo. Questo rischio è normalmente annunciato da una imprevista perdita di sangue, a volte accompagnata da dolori. In questi casi la felicità della madre per l'attesa di un figlio viene offuscata dal timore di perderlo. Per diminuire il rischio il medico le prescrive una vita molto riguardata e spesso di stare a letto per lunghi periodi di tempo.

L'ecografia

L'ecografia è una tecnica, in uso da circa 25 anni, che consente di vedere all'interno del corpo sfruttando il fatto che gli ultrasuoni emessi da uno strumento, detto ecografo, rimbalzano come un'eco sui vari tessuti del corpo, in maniera diversa a seconda della loro composizione (gli ultrasuoni sono vibrazioni simili a quelle sonore ma di frequenza assai maggiore e non percepibili dall'orecchio umano). Nel corso della gravidanza, l'ecografia è molto utile per seguire con precisione lo sviluppo dell'embrione e del feto, determinandone la forma, la grandezza in rapporto all'età, la posizione e per scoprire se nascerà un maschio o una femmina.

I gemelli

I gemelli possono essere derivati da un unico ovocita fecondato da un unico spermatozoo. Questo succede quando le due cellule che derivano dalla prima divisione dello zigote procedono ognuna per proprio conto e danno luogo allo sviluppo di due embrioni, entrambi collegati a un'unica placenta. In questo caso nasceranno due gemelli uguali (omozigoti) come due gocce d'acqua, perché hanno lo stesso patrimonio genetico (gli stessi geni). In altri casi può succedere che due ovociti vengano fecondati contemporaneamente, ognuno da uno spermatozoo, e che entrambi si vadano a impiantare nella mucosa uterina, dove si formeranno due placente. Anche in questo caso nasceranno due gemelli, ma il loro patrimonio genetico sarà diverso (eterozigoti), come quello di due normali fratelli. L'unica differenza rispetto a due fratelli è che avranno esattamente la stessa età.

Nel pancione della mamma, c'è lo spazio per due o più gemelli? Il pancione dovrà crescere un po' di più, bisognerà stringersi, ma lo spazio si trova, anche se la libertà di movimento e spesso anche la crescita dei gemelli dentro l'utero sarà più limitata. Ma non importa, i gemelli recupereranno dopo la nascita!

********

[SM=g1740733] 

Caterina63
00martedì 5 febbraio 2013 16:37

Il bacio “colombino”. Dice che è peccato mortale…

Magritte-Gliamanti

Dice che il bacio è peccato mortale…

O della scoperta che il bacio “è peccato mortale”. Se è alla francese o, per dirla alla maniera dei manuali da confessori preconciliari, alla colombina (pure questo ho scoperto). Cronistoria di una discussione amena e tutta intra-ecclesiale (mica tanto scherzosa) su un facebook di giovani cattolici del XXI secolo; ma che sembrava la riesumazione di una oziosa discussione tra teologi trecenteschi circa il sesso degli angeli.

 

Ancora Monsignor Favella, qui splendido come un padre della Chiesa: “Tanto per dirvi la differenza fra cinquant’anni fa e gli errori modernisti dei tempi odierni: all’epoca si consigliava di imporre una penitenza di 5 Pater, Ave, Gloria per un solo bacio colombino non seguito da ulteriori atti sessuali, mentre due anni fa scoprii che un parroco mandava assolti dei ragazzi che praticavano sesso prima del matrimonio, sul presupposto che i penitenti avessero ammesso di essere innamorati veramente delle rispettive partners. Il peccato era derubricato, come se il ladro ammettesse di aver rubato, ma con l’intenzione di pagare in un secondo momento, magari”.

Antonio Margheriti Mastino dal sito papalepapale.com

In compagnia degliamici del suo Facebook

L’ALLERGIA PER I MORALISTI: FRA LASSISTA E GIANSENISTA, MEGLIO IL PRIMO

Mastino

Come Messori, sono convinto che laddove sovrabbonda il moralismo, è perché scarseggia la fede; che dove, in ambito cattolico, si parla troppo di morale, sino al monomaniacale, è perché forse qualcuno comincia a dubitare delle stesse verità di fede; o le sottovaluta, o le ha scordate, o le dà per scontate.

CLICCA QUI PER LEGGERE L'INTERO ARTICOLO





evitando ogni moralismo....

:-D riporto, condensato , da un manuale per l’esame di coscienza del 1854:

La legge della carne è legge di morte; l’amore invece è vita inestinguibile e nasce nello spirito immortale.

Ogni legge che viene dalla carne conduce alla morte, non vi seduca la moda indecente di certa gioventù sfacciata, incapace di custodire l’amore al di fuori di occhi indescreti e preferiscono invece farsi ammirare mentre si strusciano e baciandosi pubblicamente danno di scandalo ai piccoli.

Quando le giovani cristiane erano più virtuose non avevano bisogno di dover dimostrare ai passanti d’impressionare che della loro virtù. Non avevano bisogno di dover dimostrare quanto amore animasse il loro animo per il proprio fidanzato il quale si compiaceva invece di tanta virtù, gioiva per il virtuoso atteggiamento della promessa in sposa.

Cosa veggono oggi i nostri occhi?
Si vede la lussuria fra i giovani non più curanti non solo della propria anima, ma anche di dare di scandalo a chi li vede in atteggiamenti che solo il talamo coniugale ha il diritto di custodire.

Oggi ci sentiamo dire: che male può fare un bacio? Sei tu forse, o prete, geloso di questi giovani innamorati?

Dovremmo loro rispondere che la loro stoltezza nel porci domande simili è superbia, non domanda!

Solo il cristianesimo ha reso puro e sacro l’amore fra l’uomo e la donna, talmente sacro che il talamo è il loro altare dove consumare un amore grande e produttivo.

Baci e carezze non sono peccato, la Santa Madre Chiesa non fa moralismo, imperciocchè educa in qualità di Madre le virtù dei suoi figli e li ammonisce del rischio dei vizi capitali che certi baci e carezze fatti in pubblico e senza l’ausilio del Sacramento del Matrimonio, conducono alla vergine di non essere più vergine e conducono l’uomo a contaminare un talamo che doveva cogliere vergine e tale mantenerlo, proteggerlo.

Prima del Matrimonio santo è San Giuseppe, lo sposo casto della Vergine Santa ad insegnare al fidanzato come deve comportarsi con la futura sposa: egli la deve proteggere da sguardi indiscreti, la deve proteggere affinchè mantenga intanta la sua purezza, affinchè resti vergine. Per questo la Chiesa che è Santa e Madre continua a proteggere i fidanzati ricordando loro la virtù della purezza, che nulla debbono fare prima del Matrimonio affinchè non si consumi un atto sacro che dona come frutto una nuova vita umana, trasformandolo in un atto profano.

Baci e carezze fuori del sacro vincolo sono un segno della perdita di fiducia nelle virtù per riporre sè stessi solo nella carne, ma la legge della carne è legge di morte; l’amore nella sua purezza di dono è invece segno di vita inestinguibile e nasce nello spirito immortale, si dona per amore, sa attendere il momento proficuo quando questi baci e carezze sono utili e giusti, non li usa come prova dell’amore stesso.

Baci e carezze non sono peccato, imperciocchè se usati come abbiamo esposto, tra fidanzati o persino senza intenzioni di Matrimonio, conducono il giovine a rompere con l’integrità di pensieri puri, essi si lasciano così ammaliare da pensieri impuri nei quali la carne prende il sopravvento e corrompe la virtù della verginità. La fidanzata non è più vergine nel suo animo e nei suoi pensieri corrotti da baci e carezze che provocano nei pensieri istessi e nel corpo i fremiti del desiderio erotico; il fidanzato provocato nel suo istinto da baci e carezze, raramente rigetterà la copula pretendendo dalla fidanzata la prova dell’amore, imponendole avanti la sofferenza di tanta passione a convincimento che ciò che sta facendo è un bene.

“… se sei caduto, confessati subito. Fà più comunioni ti è possibile partecipando alla Santa Messa, fuggi l’occasione del peccare affinchè Gesù sia subito schiodato e non inchiodato dalla tua bramosia carnale”, così diceva il Santo Curato d’Ars ai giovani fidanzati affinchè raggiungessero l’Altare incorrotti e vincitori delle tentazioni.

Baci e carezze non sono peccato, ma sono delle tentazioni dalle quali, se sommersi, ci conducono fin anche a commettere peccati mortali.

Non rimanere abbandonato a te stesso e non indurre la tua promessa sposa nel peccato. Se Nostro Signore Gesù ha istituito il Sacramento del Matrimonio, un motivo deve esserci! Anche tu, giovane ragazza, non indurre il tuo promesso sposo nella lussuria, pensa con divozione a quanto possa essere benedetto il ventre tuo dal quale fuoriesce il frutto benedetto del vostro amore, di ogni bacio e di ogni carezza dato a fin di bene, dato per far germogliare la vita e non giammai la lussuria.

;-)

A tutto ciò dobbiamo aggiungere onestamente che NON è il bacio in sè ad essere un peccato mortale, ma il dove conducano certi atti ;-)
Non è il bacio in sé che la dottrina condanna ma quando questo conduce alla LUSSURIA che è uno dei 7 vizi detti CAPITALI, ossia mortali se non confessati!

Facciamo l’esempio tratto da una delle immagini messe nell’articolo: il bacio del principe alla bella Addormentata non è lussuria, ma una necessità per rompere un cattivo incantesimo nel quale erano legati non solo loro due o solo la principessa, ma un intero reame :-)

mentre il bacio specialmente oggi tra “fidanzati” un termine che non si usa più ma si dice: la mia compagna, la mia donna…. non è certo un bacio innocente…

Dice Gesù NON è ciò che è esterno a noi a contaminarci, ma ciò che viene generato NEL PENSIERO se quei baci e carezze conducono al sesso e ai suoi fremiti siamo all’erotismo ergo alla lussuria

E’ lo stesso di quanto sta accadendo oggi poi con l’omosessualità: non si condannano i sentimenti puri, il volersi bene, ma quei pensieri carnali che maturati da certi gesti e NON resistendo a certe tentazioni sfociano, appunto in quegli atti che sono condannati perchè NON producono frutti ;-)









Caterina63
00venerdì 14 febbraio 2014 18:55




DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI FIDANZATI CHE SI PREPARANO AL MATRIMONIO

Piazza San Pietro
Venerdì, 14 febbraio 2014

Video

 

Domanda 1 : La paura del “per sempre”

Santità, in tanti oggi pensano che promettersi fedeltà per tutta la vita sia un’impresa troppo difficile; molti sentono che la sfida di vivere insieme per sempre è bella, affascinante, ma troppo esigente, quasi impossibile. Le chiederemmo la sua parola per illuminarci su questo.

Ringrazio per la testimonianza e per la domanda. Vi spiego: loro mi hanno inviato le domande in anticipo… Si capisce… E così io ho potuto riflettere e pensare una risposta un po’ più solida.

E’ importante chiedersi se è possibile amarsi “per sempre”. Questa è una domanda che dobbiamo fare: è possibile amarsi “per sempre”? Oggi tante persone hanno paura di fare scelte definitive. Un ragazzo diceva al suo vescovo: “Io voglio diventare sacerdote, ma soltanto per dieci anni”. Aveva paura di una scelta definitiva. Ma è una paura generale, propria della nostra cultura.  Fare scelte per tutta la vita, sembra impossibile. Oggi tutto cambia rapidamente, niente dura a lungo… E questa mentalità porta tanti che si preparano al matrimonio a dire: “stiamo insieme finché dura l’amore”, e poi? Tanti saluti e ci vediamo… E finisce così il matrimonio. Ma cosa intendiamo per “amore”? Solo un sentimento, uno stato psicofisico? Certo, se è questo, non si può costruirci sopra qualcosa di solido. Ma se invece l’amore è una relazione, allora è una realtà che cresce, e possiamo anche dire a modo di esempio che si costruisce come una casa. E la casa si costruisce assieme, non da soli! Costruire qui significa favorire e aiutare la crescita. Cari fidanzati, voi vi state preparando a crescere insieme, a costruire questa casa, per vivere insieme per sempre. Non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio. La famiglia nasce da questo progetto d’amore che vuole crescere come si costruisce una casa che sia luogo di affetto, di aiuto, di speranza, di sostegno. Come l’amore di Dio è stabile e per sempre, così anche l’amore che fonda la famiglia vogliamo che sia stabile e per sempre. Per favore, non dobbiamo lasciarci vincere dalla “cultura del provvisorio”! Questa cultura che oggi ci invade tutti, questa cultura del provvisorio. Questo non va!

Dunque come si cura questa paura del “per sempre”? Si cura giorno per giorno affidandosi al Signore Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano, fatto di passi - passi piccoli, passi di crescita comune - fatto di impegno a diventare donne e uomini maturi nella fede. Perché, cari fidanzati, il “per sempre” non è solo una questione di durata! Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani. Mi viene in mente il miracolo della moltiplicazione dei pani: anche per voi, il Signore può moltiplicare il vostro amore e donarvelo fresco e buono ogni giorno. Ne ha una riserva infinita! Lui vi dona l’amore che sta a fondamento della vostra unione e ogni giorno lo rinnova, lo rafforza. E lo rende ancora più grande quando la famiglia cresce con i figli. In questo cammino è importante, è necessaria la preghiera, sempre. Lui per lei, lei per lui e tutti e due insieme. Chiedete a Gesù di moltiplicare il vostro amore. Nella preghiera del Padre Nostro noi diciamo: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Gli sposi possono imparare a pregare anche così: “Signore, dacci oggi il nostro amore quotidiano”, perché l’amore quotidiano degli sposi è il pane, il vero pane dell’anima, quello che li sostiene per andare avanti. E la preghiera: possiamo fare la prova per sapere se sappiamo dirla? “Signore dacci oggi il nostro amore quotidiano”. Tutti insieme! [fidanzati: “Signore dacci oggi il nostro amore quotidiano”]. Un’altra volta! [fidanzati: “Signore dacci oggi il nostro amore quotidiano”]. Questa è la preghiera dei fidanzati e degli sposi. Insegnaci ad amarci, a volerci bene! Più vi affiderete a Lui, più il vostro amore sarà “per sempre”, capace di rinnovarsi, e vincerà ogni difficoltà. Questo ho pensato che volevo dirvi, rispondendo alla vostra domanda. Grazie!

Domanda 2: Vivere insieme: lo “stile” della vita matrimoniale

Santità, vivere insieme tutti i giorni è bello, dà gioia, sostiene. Ma è una sfida da affrontare. Crediamo che bisogna imparare ad amarsi. C’è uno “stile” della vita di coppia, una spiritualità del quotidiano che vogliamo apprendere. Può aiutarci in questo, Padre Santo?

Vivere insieme è un’arte, un cammino paziente, bello e affascinante. Non finisce quando vi siete conquistati l’un l’altro… Anzi, è proprio allora che inizia! Questo cammino di ogni giorno ha delle regole che si possono riassumere in queste tre parole che tu hai detto, parole che ho ripetuto tante volte alle famiglie: permesso - ossia ‘posso’, tu hai detto – grazie, e scusa.

“Posso-Permesso?”. E’ la richiesta gentile di poter entrare nella vita di qualcun altro con rispetto e attenzione. Bisogna imparare a chiedere: posso fare questo? Ti piace che facciamo così? Che prendiamo questa iniziativa, che educhiamo così i figli? Vuoi che questa sera usciamo?... Insomma, chiedere permesso significa saper entrare con cortesia nella vita degli altri. Ma sentite bene questo: saper entrare con cortesia nella vita degli altri. E non è facile, non è facile. A volte invece si usano maniere un po’ pesanti, come certi scarponi da montagna! L’amore vero non si impone con durezza e aggressività. Nei Fioretti di san Francesco si trova questa espressione: «Sappi che la cortesia è una delle proprietà di Dio … e la cortesia è sorella della carità, la quale spegne l’odio e conserva l’amore» (Cap. 37). Sì, la cortesia conserva l’amore. E oggi nelle nostre famiglie, nel nostro mondo, spesso violento e arrogante, c’è bisogno di molta più cortesia. E questo può incominciare a casa.

Grazie”. Sembra facile pronunciare questa parola, ma sappiamo che non è così… Però è importante! La insegniamo ai bambini, ma poi la dimentichiamo! La gratitudine è un sentimento importante! Un’anziana, una volta, mi diceva a Buenos Aires: “la gratitudine è un fiore che cresce in terra nobile”. E’ necessaria la nobiltà dell’anima perché cresca questo fiore. Ricordate il Vangelo di Luca? Gesù guarisce dieci malati di lebbra e poi solo uno torna indietro a dire grazie a Gesù. E il Signore dice: e gli altri nove dove sono? Questo vale anche per noi: sappiamo ringraziare? Nella vostra relazione, e domani nella vita matrimoniale, è importante tenere viva la coscienza che l’altra persona è un dono di Dio, e ai doni di Dio si dice grazie! E in questo atteggiamento interiore dirsi grazie a vicenda, per ogni cosa. Non è una parola gentile da usare con gli estranei, per essere educati. Bisogna sapersi dire grazie, per andare avanti bene insieme nella vita matrimoniale.

La terza: “Scusa”. Nella vita facciamo tanti errori, tanti sbagli. Li facciamo tutti. Ma forse qui c’è qualcuno che non mai ha fatto uno sbaglio? Alzi la mano se c’è qualcuno, lì: una persona che mai ha fatto uno sbaglio? Tutti ne facciamo! Tutti! Forse non c’è giorno in cui non facciamo qualche sbaglio. La Bibbia dice che il più giusto pecca sette volte al giorno. E così noi facciamo sbagli… Ecco allora la necessità di usare questa semplice parola: “scusa”. In genere ciascuno di noi è pronto ad accusare l’altro e a giustificare se stesso. Questo è incominciato dal nostro padre Adamo, quando Dio gli chiede: “Adamo, tu hai mangiato di quel frutto?”. “Io? No! E’ quella che me lo ha dato!”. Accusare l’altro per non dire “scusa”, “perdono”. E’ una storia vecchia! E’ un istinto che sta all’origine di tanti disastri. Impariamo a riconoscere i nostri errori e a chiedere scusa. “Scusa se oggi ho alzato la voce”; “scusa se sono passato senza salutare”; “scusa se ho fatto tardi”, “se questa settimana sono stato così silenzioso”, “se ho parlato troppo senza ascoltare mai”; “scusa mi sono dimenticato”; “scusa ero arrabbiato e me la sono presa con te”… Tanti “scusa” al giorno noi possiamo dire. Anche così cresce una famiglia cristiana. Sappiamo tutti che non esiste la famiglia perfetta, e neppure il marito perfetto, o la moglie perfetta. Non parliamo della suocera perfetta…. Esistiamo noi, peccatori. 
Gesù, che ci conosce bene, ci insegna un segreto: non finire mai una giornata senza chiedersi perdono, senza che la pace torni nella nostra casa, nella nostra famiglia. E’ abituale litigare tra gli sposi, ma sempre c’è qualcosa, avevamo litigato… Forse vi siete arrabbiati, forse è volato un piatto, ma per favore ricordate questo: mai finire la giornata senza fare la pace! Mai, mai, mai! Questo è un segreto, un segreto per conservare l’amore e per fare la pace. Non è necessario fare un bel discorso… Talvolta un gesto così e… è fatta la pace. Mai finire… perché se tu finisci la giornata senza fare la pace, quello che hai dentro, il giorno dopo è freddo e duro ed è più difficile fare la pace. Ricordate bene: mai finire la giornata senza fare la pace! Se impariamo a chiederci scusa e a perdonarci a vicenda, il matrimonio durerà, andrà avanti. Quando vengono nelle udienze o a Messa qui a Santa Marta gli anziani sposi, che fanno il 50.mo, io faccio la domanda: “Chi ha sopportato chi?” E’ bello questo! Tutti si guardano, mi guardano, e mi dicono: “Tutt’e due!”. E questo è bello! Questa è una bella testimonianza!

Domanda 3: Lo stile della celebrazione del Matrimonio

Santità, in questi mesi stiamo facendo tanti preparativi per le nostre nozze. Può darci qualche consiglio per celebrare bene il nostro matrimonio?

Fate in modo che sia una vera festa - perché il matrimonio è una festa - una festa cristiana, non una festa mondana! Il motivo più profondo della gioia di quel giorno ce lo indica il Vangelo di Giovanni: ricordate il miracolo delle nozze di Cana? A un certo punto il vino viene a mancare e la festa sembra rovinata. Immaginate di finire la festa bevendo tè! No, non va! Senza vino non c’è festa! Su suggerimento di Maria, in quel momento Gesù si rivela per la prima volta e dà un segno: trasforma l’acqua in vino e, così facendo, salva la festa di nozze. Quanto accaduto a Cana duemila anni fa, capita in realtà in ogni festa nuziale: ciò che renderà pieno e profondamente vero il vostro matrimonio sarà la presenza del Signore che si rivela e dona la sua grazia. È la sua presenza che offre il “vino buono”, è Lui il segreto della gioia piena, quella che scalda il cuore veramente. E’ la presenza di Gesù in quella festa. Che sia una belle festa, ma con Gesù! Non con lo spirito del mondo, no! Questo si sente, quando il Signore è lì.

Al tempo stesso, però, è bene che il vostro matrimonio sia sobrio e faccia risaltare ciò che è veramente importante. Alcuni sono più preoccupati dei segni esteriori, del banchetto, delle fotografie, dei vestiti e dei fiori... Sono cose importanti in una festa, ma solo se sono capaci di indicare il vero motivo della vostra gioia: la benedizione del Signore sul vostro amore. Fate in modo che, come il vino di Cana, i segni esteriori della vostra festa rivelino la presenza del Signore e ricordino a voi e a tutti l’origine e il motivo della vostra gioia.

Ma c’è qualcosa che tu hai detto e che voglio prendere al volo, perché non voglio lasciarla passare. Il matrimonio è anche un lavoro di tutti i giorni, potrei dire un lavoro artigianale, un lavoro di oreficeria, perché il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito. Crescere anche in umanità, come uomo e come donna. E questo si fa tra voi. Questo si chiama crescere insieme. Questo non viene dall’aria! Il Signore lo benedice, ma viene dalla vostre mani, dai vostri atteggiamenti, dal modo di vivere, dal modo di amarvi. Farci crescere! Sempre fare in modo che l’altro cresca. Lavorare per questo. E così, non so, penso a te che un giorno andrai per la strada del tuo paese e la gente dirà: “Ma guarda quella che bella donna, che forte!…”. “Col marito che ha, si capisce!”. E anche a te: “Guarda quello, com’è!…”. “Con la moglie che ha, si capisce!”. E’ questo, arrivare a questo: farci crescere insieme, l’uno l’altro. E i figli avranno questa eredità di aver avuto un papà e una mamma che sono cresciuti insieme, facendosi - l’un l’altro - più uomo e più donna!

   

 




Caterina63
00giovedì 15 maggio 2014 13:25

   Liberato dai lacci dell’omosessualità

 

  • Sono un ragazzo romano di 28 anni che non si è fatto mancare nulla. Vivendo in perenne atteggiamento di ricerca, non riesco a farmi bastare un “è così… punto”. Cerco continuamente i motivi delle cose della mia vita. Ho iniziato a sentire il SSA (same sex attraction) quando ero impegnato già da tempo ad esplorare la sessualità con le ragazze. Presto ho capito che il mio aspetto fisico risultava molto attraente agli occhi delle ragazze e di questo mi sentivo fiero. Ho iniziato ad accorgermi, però, che quell’ascendente lo avevo anche sui ragazzi omosessuali e… ho provato. Da quel momento qualcosa è successo nel profondo di me stesso, tanto da crearmi una dipendenza, finché quasi non distinguevo più se il partner sessuale col quale mi intrattenevo era un uomo o una donna.

  • Sono entrato con tutti e due i piedi nel “mondo gay”, in quello delle amicizie, del “sesso creativo”, delle sostanze, dei locali, del linguaggio “da gay”, dell’attivismo. Ho abbracciato ipso facto il “gay pensiero”secondo il quale “gay è meglio” attraverso un indottrinamento sistematico indirizzato al raggiungimento dello status di “gay risolto” ovvero del gay, orgoglioso d’esserlo, che ha terminato il processo di accettazione di se stesso quale esponente di un genere sessuale perfettamente autentico e naturale. Ero (e sono) cattolico ma preferivo stordirmi piuttosto che pensare, e abbandonai la fede.

  • Però non si scappa: puoi nascondere anche l’evidenza ma quel nodo che hai dentro, se non cerchi di scioglierlo, continua a stringere finché si palesa dolorosamente. E fu così che mi accorsi che quel mondo che stavo vivendo come una sorta di terra promessa non dava nessuna risposta alle mie questioni vitali. Ho iniziato allora ad approfondire. Ho voluto capire me stesso, capire perché, nonostante avessi tutto, in realtà rimaneva solo un vuoto interiore, un’insoddisfazione che gridava vendetta. Ingaggiai la ricerca spasmodica di tutto ciò che poteva darmi delle risposte. Ho studiato approfonditamente tutto ciò che c’era da approfondire: dalla storia del movimento di liberazione omosessuale, al magistero della Chiesa cattolica, dalla GAT (Gay Affirmative Therapy) alla Terapia Riparativa di Joseph Nicolosi. Ho studiato, partecipato a convegni, approfondito, discusso, contestato. Sono passato e ripassato attraverso molti stadi: andavo e venivo da diverse convinzioni. Passavo dal sentirmi con tutte le mie forze un “orgoglioso finocchio” alla convinzione di essere totalmente schiavo delle mie passioni. E continuavo a cercare, studiare, approfondire, discutere, litigare… perché nulla mi dava mai una risposta che stimolasse il mio primo passo verso una direzione (“sono e voglio essere gay“) o l’altra (“provo attrazione verso persone del mio stesso sesso ma questo non mi rende felice e non lo desidero più“).

  • Oggi ho capito molte cose di me stesso. Ho capito soprattutto che tutte le volte che, all’attrazione omosessuale ho fatto seguire i fatti concreti, sono entrato in contrasto con la mia serenità“Non sei mai stato omosessuale”, mi viene detto, “ma forse hai solo voluto esplorare un ambito che ti incuriosiva. Oppure sei bisessuale con prevalenza eterosessuale e le tue convinzioni catto-bigotte ti impediscono di vivere serenamente queste esperienze”. La mia storia personale, invece, mi portava ad altri ragionamenti e conclusioni diverse. Ho iniziato a capire che quelle attrazioni non erano spontanee né volute. Cosa cercavo assecondando quelle pulsioni? Cosa le provocavano e quali effetti avevano nella vita di tutti i giorni? Come avevano modificato il mio punto di vista e le relazioni sociali? Ne stavo avendo un vantaggio? Le desideravo? Domande che rimanevano senza risposta finché mi accorsi che erano proprio le domande che avevo imparato ad evitare. L’unica teoria accettata dagli attivisti gay è: “divertiti e fai quello che ti piace, momento per momento; non esiste nulla di giusto o sbagliato, esiste solo quello che ti piace.” E con questa filosofia di vita impari a non porti domande: quello che conta è combattere tutto ciò che impedisce il tuo edonistico stile di vita.

  • E’ stato doloroso ammettere a me stesso di essere una persona debole, incline alle dipendenze, ma questo mi ha aperto la strada alla possibilità di conoscere i meccanismi profondi che gestivano la mia vita e che mi avevano portato ad una depressione profonda. Nonostante fosse rimasta dentro di me l’idea di un Dio misericordioso, sentivo che se Dio esisteva, certamente mi rifiutava e mi giudicava. Questo sentimento era in netto contrasto con quel Dio amoroso che la Chiesa mi aveva sempre predicato, ma era quello che avevo imparato dalla “predicazione gay”. Incontrai un vecchio amico, un fratello nella fede, anch’egli caduto nella trappola dell’omosessualità. Quel giorno, senza dilungarmi sugli avvenimenti “casuali” che portarono a quell’incontro, è stato per me la risposta a tutte le domande e alla situazione di prostrazione psicologica e spirituale in cui mi trovavo.

  • Se c’è un luogo in cui sei sempre accolto ed amato, dove non vieni giudicato ne tantomeno condannato è la Chiesa. E’ il luogo della misericordia e delle risposte concrete alle tue sofferenze. La Chiesa cattolica mi ha accolto con una tenerezza ed una competenza impressionanti, senza chiedermi nulla: è questo il suo modo d’agire. E’ l’unico luogo dove chiunque trova ristoro per la propria anima. E’ un utero dove vieni rigenerato ad una vita nuova, senza sforzo. Non è questione di “impegno” personale, di aderire a dei comandamenti, obbedire ad una morale. Ma è rinascere come una nuova creatura, una gestazione. Dio non ti toglie i peccati, non ti fa vivere come un alieno fuori dal mondo e staccato dai tuoi simili. Per questo il cristiano non giudica nessuno perché conosce se stesso, conosce le sue debolezze e le sue miserie: ha imparato che se dipendesse da lui sarebbe molto peggiore di colui che pretende di giudicare. E se qualche meraviglia accade nella sua vita è grazie alla misericordia di Dio.

  • Oggi, grazie ad un cammino di fede mi sento liberato dai lacci dell’omosessualità, dalla dipendenza del sesso e della pornografia. Ma soprattutto ho imparato che non sono un monolite inattaccabile perché le cadute sono sempre dietro l’angolo. Ma quello che mi rende sereno è che se cado mi rialzo. Non è più questione di omosessualità o di superbia o di adulterio: tutti siamo deficienti in una cosa o in un’altra. Ma l’importante è non disperare, avere pazienza con se stessi e rialzarsi dopo ogni caduta.

  • E’ tutta un’altra cosa.
  • Oggi posso dire di essere, rispetto all’omosessualità, una nuova creatura, una persona salvata da quello che mi rendeva la vita impossibile. Oggi la mia metà non potrebbe che essere una ragazza. Sebbene non abbia mai provato disinteresse nei confronti delle ragazze, oggi provo -con gratitudine verso Dio-, disinteresse sessuale nei confronti dei ragazzi. Qualcuno potrebbe dire (e lo fa) che ho trovato un escamotage per azzittire i miei sensi di colpa, ma uscire dall’omosessualità non è un cammino esclusivamente religioso. Moltissime persone percorrono con successo cammini o esperienze diverse e tutte sono degne di rispetto.
  • Sono particolarmente sensibile alle questioni riguardanti i rapporti tra gli EX-GAY e i movimenti omosessualisti, e di questo vorrei avere l’onore di parlare in questo blog.





Un sito serio di ex omosessuali che hanno lottato, ma anche vinto, per tornare ad essere ciò che dovevano essere, molte testimonianze toccanti... e qui una frase di un monsignore davvero idiota!!! Non c'è che dire, la battaglia è in mano ai laici, meglio se certi preti tacessero....
ho postato nella pagina la mia risposta e contributo 

monsignor castellani afferma:
"Ci sono 486 specie animali che contemplano l'omosessualità. Quindi questa non è una caratteristica puramente umana. Non è una devianza, ma fa parte della natura. L'omosessualità è un'attitudine umana. Quindi ci troviamo di fronte a una grande sfida, fuori e dentro la chiesa".


ho un'atroce dubbio sulle parole di tale "monsignore" :
se esistessero davvero 486 "specie di animali" che contemplano l'omosessualità, come si può parlare di "specie" visto che non possono procreare e dunque, queste specie, se tutte omosessuali, sarebbero estinte da tempo?  

Diverso è dire che in molte specie di animali esistono anche fra loro i casi di omosessualità. 

In tal caso la specie resiste nel tempo grazie alle coppie di animali fecondi e riproduttivi, non omosessuali.... mentre ad estinguersi sono proprio quelle "coppie" che nella loro specie non procreano per un motivo o per un altro, sessuale. Infine parlare di OMO a riguardo della specie animale - detto da un monsignore - fa davvero pensare!

L'omosessualità è una devianza dal momento che la natura creata porta nei suoi geni l'istinto alla procreazione per salvaguardare la specie: l'ape che impollina i fiori, il colibrì, le farfalle che portano un seme da una pianta all'altra, e di come la pianta, il fiore si apre per lasciarsi impollinare non insegnano più nulla o si vorrà modificare anche la scienza? 


L'omosessualità non è affatto una "attitudine" umana, primo perchè il monsignore si contraddice quando parla di specie animali "omosessuali", secondo anche perchè se l'attitudine umana fosse stata l'omosessualità (e la storia dell'antica Grecia insegna) saremmo estinti da tempo, o non saremo arrivati a 7 miliardi di abitanti  Senza dubbio ci troviamo davanti a sfide enormi, ma se monsignori come questo, ci facessero il regalo di tacere, le affronteremo meglio  

Per il resto, grazie per il sito!

P.S. tanto per usare termini propri: l'omosessualità NON è una malattia in senso stretto, ma una PATOLOGIA  l'etimologia è la seguente: PATHOS - malattia- PATIRE e LOGIA da logos=discorso. La PATOLOGIA è quella scienza che tratta dei discorsi relativi ALLA DISPOSIZIONE MATERIALE DEGLI ORGANI DEL CORPO UMANO A RIGUARDO DELLE LORO FUNZIONI 





Caterina63
00lunedì 2 marzo 2015 13:02

  SESSUOLOGIA E PSICOLOGIA UMANA


Convivenza e matrimonio


a cura del dott. Bruto Maria Bruti


 


La piccola parabola sull'amore coniugale non vuole essere un'apologia della convivenza, anche se può prestarsi a questo equivoco.... La storia vuole soltanto dire che, quando due individui innamorati sono posti in condizioni estreme (come il carcere), la difficoltà della situazione diventa un " principio di realtà" in grado di distruggere le illusioni più forti. Il significato della storia è che l'innamoramento (cioè il desiderio di stare insieme ad un altro) è più facile dell'amore (che, invece, consiste nello stare insieme totalmente e definitivamente con la persona dell'altro): amore, infatti, deriva dal greco ama che significa insieme. La fase dell'innamoramento, cioè del desiderio, è un periodo condizionato fortemente dalle illusioni.


La convivenza, in realtà, è nociva ai fini del matrimonio. Le convivenze e i cosiddetti matrimoni per esperimento rafforzano la tendenza a separare la sessualità dall'amore per la totalità della persona.


In queste unioni non c'è un impegno definitivo e totale verso l'altra persona, la ricerca del benessere fisico e/o affettivo finisce per avere un ruolo dominante: il rapporto di coppia viene trasformato in un rapporto di tipo utilitario secondo il quale si rimane insieme solo fino a quando si è in grado di ricavare dalla relazione un utile. Il rapporto di tipo utilitario rafforza e mantiene il narcisismo dei partners impedendo la crescita dell'amore autentico verso la persona.


Solo l'amore vero supera gli ostacoli più gravi, chi cerca nella convivenza o nel matrimonio per esperimento una garanzia sul funzionamento futuro della relazione, ottiene l'opposto di quanto si è prefissato. Infatti, spiega Robert J. Sternberg, docente di Psicologia presso l'università di Yale, che, una volta che questi soggetti si sposano, il loro atteggiamento non cambia, pretendono dalla relazione un continuo entusiasmo affettivo, una completa assenza di problemi, continuano a non accettare le difficoltà, evitano ogni sacrificio e continuano a mettere alla prova i loro compagni: coloro che hanno convissuto vanno più facilmente in crisi degli altri perché sono maggiormente suscettibili ad una condizione psicologica chiamata reazione di difesa di fronte ai problemi che inevitabilmente nascono in ogni matrimonio e che questi soggetti considerano come una vera e propria trappola (cfr Robert J. Sternberg e Catherine Whitney, L 'intelligenza del cuore, Sperling e Kupfer, Milano 1996, trad. italiana, p.10). Significativa, a tale proposito, è la ricerca svolta negli Stati Uniti dalla Wisconsin University. Da tale ricerca è emerso che i giovani i quali si sposano dopo un lungo periodo di convivenza sono più soggetti alla separazione rispetto alle coppie che si sposano senza aver convissuto. Entro dieci anni dal matrimonio, il 38% di coloro che hanno vissuto insieme prima del matrimonio si sono separati, contro il 27 % di coloro che si sono sposati senza coabitare. Dunque, all'interno della cultura dell'amore libero, costituita dalla diffusa pratica dei rapporti pre-matrimoniali e dalla mentalità divorzista, la convivenza aumenta dell'11% le possibilità, già elevatissime, del divorzio, rafforzando sensibilmente il narcisismo e l' irresponsabilità dei partners (cfr. Nereo Condini, Convivere per divorziare, Avvenire, 5 ottobre 1989, p.12).


"È stato ampiamente dimostrato che coloro che vivono insieme prima del matrimonio corrono rischi considerevolmente più elevati di divorziare dopo. Risulta piuttosto evidente che l'esperienza della coabitazione in sé genera nelle persone convinzioni e attitudini che portano più facilmente al divorzio. A cominciare dalla persuasione che le relazioni siano esperienze temporanee, e che quindi siano destinate a terminare. Ciò diminuisce notevolmente la determinazione e la capacità di battersi perché continuino."


(Claudio Risé, op. cit., p. 92; Cfr Alfred De Maris and K. Vaninadha Rao, Premarital Cohabitation and Marital Instability in the United States: A Reassessment, in Journal of Marriage and the Family 54 (1992), pp 178-190; Cfr Pamela J. Smock, Cohabitation in the United States, in Annual Review of Sociology 26 ( 2000 ) ).


 


Quando ci si deve sposare?


L'innamoramento è propriamente il desiderio di stare insieme con l'altro e cioè il movimento verso l'altro determinato dall'attrazione verso i suoi valori, oppure determinato dall'attrazione verso l'idea che ci si è fatta dell'altra persona ripiegamento sul proprio sentimento: mentre la pura e semplice attrazione è uno stato passeggero, l'innamoramento è un'attrazione che tende a perdurare nel tempo, diventando uno stato affettivo (cfr. Massimo Introvigne, Le domande dell'uomo, Cirone, Torino 1984, p. 117). Il periodo dell'innamoramento può andare avanti anche qualche anno ma resta sempre un periodo relativamente breve perché le emozioni alte che costituiscono il meccanismo psicologico dell'attrazione sono destinate a cessare appena la convivenza diventa più ravvicinata e il contatto con la realtà trasforma l'oggetto del desiderio in una persona concreta e imperfetta come noi.


Scrive lo psicanalista Piero Bellanova, segretario nazionale della società psicoanalitica italiana, che il periodo dell'innamoramento "(...) è il momento che nella vita di un individuo suscita le maggiori emozioni, fa riaffiorare aspetti adolescenziali e infantili con tutta una serie di comunicazioni che non fanno parte normalmente dell'età adulta.


Le emozioni sono più risonanti, più coinvolgenti (...) sono comunque tali da far sì che l'individuo colpito esca dalla routine abituale della sua vita e cominci a viverne un'altra. È come se uomini e donne si staccassero di colpo dal comune senso di realtà proponendosi l'uno all'altro in modi che sfiorano la patologia. (...) Il periodo dell'innamoramento è sempre relativamente breve perché si scontra presto – appena la convivenza diventa più ravvicinata – con la realtà, che non è mai quella utopizzata. Le piccole cose quotidiane, anche se non sempre avviliscono l'amore, lo rendono molto più – banale -. Così l'innamoramento sfuma in un sentimento che apparentemente sembra aver dimenticato le punte alte e gli eccessi, per dedicarsi semmai alla formazione di un'unione approfondita e costante. Quelle emozioni che l'innamoramento ha dato sembrano cessare, o quanto meno sfioccarsi, pronte magari a riaffiorare in circostanze cruciali della vita a due" (Piero Bellanova, L'innamoramento, l'amore, in Dieci Psicoanalisti spiegano i temi centrali della vita, a cura di Stefania Rossini, Rizzoli, Milano 1987, pp. 77 -78).


Scrive il sociologo Massimo Introvigne che "(...) l'innamoramento non è ancora vero amore: l'innamoramento offre materiali, mattoni per una costruzione che è successiva" (Massimo Introvigne, op. cit., p.118).


L'amore, che consiste nello stare insieme veramente con la totalità della persona dell'altro, implica un giudizio razionale sul materiale offerto con l'innamoramento e sul tipo di rapporto giusto che si intende costruire con l 'altro.


Il giudizio razionale fa giustizia di molte illusioni perché cerca di capire com'è veramente l'altra persona – i suoi criteri di giudizio, i suoi valori di riferimento, la sua prospettiva religiosa, i suoi interessi, i suoi difetti, la sua disponibilità ad autocriticarsi e correggersi ecc. – e si rende conto che non tutto è facile e che una convivenza esige sacrifici.


Nella vita di coppia non si vive insieme con un desiderio, un entusiasmo, un sentimento ma con una persona concreta.


Al giudizio razionale segue l'impegno della volontà di donarsi interamente all'altro e questo impegno presuppone la reciprocità. L'innamoramento è un fatto passionale legato ai sentimenti, cioè alle sensazioni e alla sensibilità, mentre l'amore riguarda anche la ragione e la volontà.


Nell'amore di coppia – amore coniugale – vengono impegnate tutte le componenti della personalità ed esso richiede la capacità di integrare queste componenti: sentimenti, sensibilità, ragione e volontà (cfr. Massimo Introvigne, ibidem, pp. 117-121).


Ci si deve sposare solo quando si è in grado di prendere un impegno definitivo verso l'altra persona.


Infatti, l'amore autentico è quello che cerca prima di tutto il vero bene dell'altro e non il proprio benessere. L'amore autentico non è fatto solo di belle sensazioni e di bei sentimenti ma è fatto di sacrificio, di perdono, di aiuto reciproco. L'amore autentico è una strada diversa da quella di chi cerca soprattutto il proprio benessere, l'assenza di dispiaceri, delusioni, contraddizioni, è una strada diversa da quella di chi rimane insieme con un'altra persona soltanto fino a quando tutto procede senza problemi.


Quello dell'amore autentico è un percorso faticoso e difficile ma è un percorso che mette al primo posto il bene dell'altro, è un itinerario diametralmente opposto a quello dell'egoismo e che porta a concepire e a vivere un amore sempre più disinteressato, simile a quello di Dio, un amore che mette al primo posto il valore della persona e non il valore del piacere.


Insegna Giovanni Paolo II che "(...) l'amor coniugalis non è solo né soprattutto sentimento; è invece essenzialmente un impegno verso l'altra persona, impegno che si assume con un preciso atto di volontà" (Giovanni Paolo II, Discorso al tribunale della Rota Romana, 21- 1- 1999).


Come impedire che l'uomo e la donna si strumentalizzino reciprocamente senza amarsi veramente, come impedire che il sesso diventi il fine, anche se non sempre consapevole, delle relazioni fra l'uomo e la donna, invece di essere ciò che deve essere e cioè segno e strumento di reciproca e totale donazione fra due persone di sesso complementare ?


Per impedire questo, bisogna che entrambi i partners abbiano un bene comune e oggettivo da amare e a cui subordinare ogni altro bene soggettivo, utile o piacevole che sia. Nel matrimonio questo bene comune e oggettivo è la discen denza, la famiglia e la crescente maturità nei rapporti delle due persone su tutti i piani della comunità coniugale (cfr. Carlo Wojtyla, Amore e responsabilità, Marietti, Torino 1979, p.21).


Solo nei confronti di una persona – cioè solo all'interno di una scelta monogamica e indissolubile – sarà possibile assumere un impegno esclusivo e totale finalizzato alla piena comunione interpersonale, al reciproco perfezionamento e all'educazione dei figli: educazione che deve avvenire nella stabilità e nella continuità di quell'unione da cui i figli stessi sono nati.


I coniugi non devono cercare in un'altra donna o in un altro uomo ciò che devono costruire e realizzare con il proprio partner. Ogni sforzo che venisse indirizzato dai coniugi verso un'altra persona di sesso complementare, allo scopo di costruire con lei un'unione psicologica, affettiva o sessuale, sottrarrebbe energie all'amore coniugale: questo bloccherebbe la crescita e il perfezionamento della vita di coppia, provocando unalacerazione profonda nella relazione stessa. Non bisogna dimenticare che l'amore coniugale è un'opera che nasce soprattutto dall' impegno della volontà e della ragione verso una persona e all'interno di un ordine morale oggettivo: l'amore coniugale è soggetto a un continuo processo di sviluppo e di rinnovamento e deve essere sempre nutrito, curato, difeso.


Scrive Guido Gatti che "istinto e sentimento, lasciati a se stessi, verrebbero travolti da crisi e difficoltà ricorrenti se non fossero sorretti dalla decisione spirituale di appartenenza reciproca. Le stesse istituzioni giuridiche possono svolgere, in questo, solo un compito sussidiario di sostegno.


Ci si può chiedere fino a che punto sia autentico un amore che sembra a volte ridotto alla sola volontà di essere fedeli a qualcosa che non si sente più, fino a che punto l'uomo in questo caso scelga liberamente e fino a che punto resti schiavo di una scelta passata e non più condivisa.


Certo la realtà psicologica può essere complessa e diversissima da caso a caso e si può effettivamente dare anche questa situazione – limite in cui l' amore sembra ridursi a una forma di volontarismo disumano.


Bisogna però ammettere l'esistenza di una libertà dello spirito capace di sovrapporsi alla spontaneità della carne: in fondo solo le decisioni spirituali sono veramente libere. Del resto, se è vero che l'amore non può restare a lungo privo delle sue basi d'istinto e di sentimento, resta anche vero che sotto la guida di una volontà sincera, simpatia e tenerezza possono superare facilmente momenti di crisi e riemergere più forti e non meno sinceri" (Guido Gatti, Morale sessuale educazione dell'amore, Elle Di Ci, Torino 1987, pp. 36 -37).


Il Concilio Vaticano II dice che per tenere fede agli impegni dell'amore coniugale occorre "(...) una virtù fuori del comune (...)" (Costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo del 7 dicembre 1965, n. 49) e questo accade perché le esigenze dei sentimenti, che accompagnano l'attrazione fra l'uomo e la donna, esercitano una speciale e particolarissima violenza contro la ragione e la volontà: "l'amore è un tipo d'esperienza in cui l'affermazione della razionalità si trova di fronte a spinte contrapposte, quasi a una certa resistenza del senso e del sentimento che sembrano volere affermarsi autonomamente, far valere le oro ragioni anche contro la ragione" (Massimo Introvigne, op. cit., p.124).


Il Catechismo della Chiesa cattolica ricorda che il peccato originale ha avuto come prima conseguenza la rottura della comunione fra l'uomo e la donna: da allora la loro unione è sempre minacciata dalla discordia, dallo spirito di dominio, dall'infedeltà, dalla gelosia e da conflitti che possono arrivare fino all'odio. Questo disordine ha un carattere universale e senza l'aiuto della grazia l'uomo e la donna non possono giungere a realizzare l' unione delle loro vite (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1606, 1607 1608).


Bruto Maria Bruti






 

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 22:42.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com