Il Concilio giorno per giorno, sintesi cronologica interessante.....

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Caterina63
00mercoledì 4 luglio 2012 13:53

Il  Concilio giorno per giorno



Dal sito UnaVox che ringraziamo

Pubblichiamo una sintesi cronologica dello svolgimento del Concilio Vaticano II. 

Riteniamo che possa valere come documento di riferimento sintetico in grado offrire, come con dei lampi illuminanti, una ragionevole idea di ciò che è accaduto or sono 40 anni nel corso dello svolgimento della massima assise della Chiesa.

Il lavoro è stato pubblicato dal settimanale di informazione cattolica D. I. C. I. (Documentation Information Catholiques Internationales), diretta dalla Fraternità San Pio X. A sua volta, D. I. C. I. ha ripreso il lavoro dalla rivista Nouvelles Certitudes, n° 11, juillet, août, septembre 2002.

La traduzione dal francese è nostra. Abbiamo apportato solo qualche modifica di impaginazione.



Prima sessione: 11 ottobre 1962 = 8 dicembre 1962
Seconda sessione: 29 settembre 1963 = 4 dicembre 1963 (compreso il periodo di intersessione)
Terza sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (compreso il periodo di intersessione)
Quarta sessione: 14 settembre 1965 = 8 dicembre 1965 (compreso il periodo di intersessione)



Prima sessione: 11 ottobre 1962 - 8 dicembre 1962



25 gennaio 1959 - Appena 3 mesi dopo aver assunto il sommo pontificato, Giovanni XXIII, nel monastero di San Paolo fuori le mura, davanti a 17 cardinali, esprime l’intenzione di convocare un concilio ecumenico…

I - Prima sessione: 11 ottobre 1962 - 8 dicembre 1962

11 ottobre 1962 - Apertura del secondo concilio del Vaticano. 
2400 Padri conciliari in piviale e mitra bianche si recano in processione nella Basilica di San Pietro. Fra di loro i cardinali Frings, Ottaviani, Liénart, Meyer, Bea, Suenens e… mons. Lefébvre.
Si tratta del 21° concilio ecumenico della storia della Chiesa cattolica. Vi sono rappresentati tutti i continenti: Europa (39%), America del Nord (14%), America del Sud (18%), America Centrale (3%), Africa (12%), Asia (12%), Oceania (2%).
Dopo il canto del Veni Creator, la celebrazione della Messa e l’intronizzazione dei Vangeli, il Papa pronuncia un discorso di apertura, Gaudet Mater Ecclesia, che rappresenta certamente una delle chiavi del concilio. Il Papa spiega che per delle ragioni pastorali, egli vuol trovare delle nuove forme per il messaggio cristiano, più adatte ai nostri tempi. 
Questa distinzione tra il contenuto e la forma dell’insegnamento della Chiesa è una assoluta novità per la Chiesa cattolica.

13 ottobre 1962 - Cominciano i lavori. È sabato e si apre la prima congregazione generale. I Padri conciliari ricevono tre libretti preparati dal Segretariato generale, che servono per la designazione dei 24 membri che devono comporre ognuna delle 10 commissioni. Il primo libretto contiene l’elenco completo dei Padri (tutti eleggibili, se non svolgono già delle funzioni organizzative); il secondo elenca i nomi dei Padri che hanno preso parte attiva ai lavori di preparazione del concilio; il terzo, in bianco, da compilare con i nomi dei candidati scelti a far parte delle commissioni.
Spinto da mons. Garrone (Tolosa), il cardinale Liénart (Lilla), uno dei dieci presidenti del concilio, interrompe mons. Felici che spiegava la procedura per la designazione. L’arcivescovo di Lilla chiede che gli scrutinii vengano differiti di molti giorni. È applaudito. Il cardinale Frings lo appoggia. Mons. Felici cede e annuncia che la riunione è aggiornata a martedì 16 ottobre, alle ore 9,00. Secondo un vescovo olandese, si tratta della prima vittoria del cambiamento. 
Il giornale marxista Il Paese, commenta: “Il diavolo è entrato in Concilio”. Henri Fesquet, con maggiore clama, annota su Le Monde: “Non si deve sopravvalutare l’importanza dell’iniziativa del cardinale Liénart, che è stata accolta assai freddamente dagli ambienti romani”.

15 ottobre 1962 ? In serata sono giunte al Segretariato generale 34 elenchi. L’elenco del cardinale Frings ? soprannominato “internazionale” ? comprende 109 nomi scelti accuratamente. Scopo di questa lista? Fare in modo che in seno alle dieci commissioni sia largamente rappresentata quella che più tardi verrà chiamata “l’Alleanza Europea”. Questa “Alleanza Europea” è principalmente costituita dai vescovi di Germania, Austria, Francia, Olanda, Belgio e Svizzera.
Il papa riceve i presidenti delle dieci commissioni in udienza privata. Su proposta dei cardinali Frings (Colonia), Liénart (Lilla) e Alfrink (Utrecht), viene chiesto a Giovanni XXIII di differire la discussione dei 4 primi schemi preparatori: “Le fonti della Rivelazione”, “La  salvaguardia integrale del deposito della Fede”, “L’ordine morale cristiano” e “Castità, matrimonio, famiglia e verginità”. Queste costituzioni “troppo” dogmatiche non piacevano ai vescovi olandesi; il Padre Schillebeeckx, in forma anonima, ne fu il primo contestatore.

16 ottobre 1962 ? Scrutinio delle votazioni: vengono esaminati 380.000 nomi.
Nel contempo si annuncia che i 4 primi schemi previsti nell’ordine della discussione sono stati effettivamente rimandati. Come scrisse Henri Fesquet in Le Monde del 16 ottobre, si rimprovera ai testi della commissione preparatoria  di essere “troppo scolastici, troppo giuridici, troppo canonici, troppo centrati sulla morale e, cosa che costituisce forse il rimprovero più grande nel contesto ecumenico del concilio, insufficientemente biblici”. Si tratterà quindi per prima la costituzione sulla liturgia, più pastorale. 
“Gli stessi protestanti sono stati colpiti dalla qualità di questo testo”, registra lo stesso Fesquet.

20 ottobre 1962 ? Dopo lo scrutinio, il Sommo Pontefice cambia il metodo per le elezioni e annuncia che per la designazione dei membri delle commissioni non è più richiesta la maggioranza assoluta, basterà la maggioranza semplice. I risultati diventano molto soddisfacenti per l’Alleanza Europea: essa ottiene il 49% dei seggi. Il papa sostiene questa tendenza designando a sua volta altri membri, e riservandosi il diritto di nominarne più di quelli previsti inizialmente. Alla fine, l’80% dei candidati presentati dall’Alleanza Europea sono presenti nelle commissioni.

22 ottobre 1962 ? Soddisfatto per non dover discutere le 4 costituzioni dogmatiche e per poter incominciare con lo schema sulla liturgia, il cardinale Frings, primo oratore della giornata, presenta tuttavia una protesta. Egli informa l’aula conciliare che il testo sulla liturgia sottoposto a discussione è stato tagliato: mancano i passi più importanti che erano invece contenuti nella prima stesura, in particolare sull’uso della lingua volgare e sulla possibilità di concelebrare.

23 ottobre 1962 ? Mons. Dante afferma chiaramente che legiferare in materia liturgica è prerogativa esclusiva della Santa Sede e quindi non è opportuno trattare di questioni liturgiche nel corso del Concilio.
Certi Padri, ignorando i regolamenti, fanno arrivare ai giornali delle informazioni confidenziali sul dibattito. 
Questo 23 ottobre l’opinione pubblica fa il suo ingresso nell’aula: quando mons. Van Bekkum (Indonesia) tiene la prima conferenza stampa per spiegare che l’uso del volgare nella liturgia è una questione di vitale importanza.

30 ottobre 1962 ? Il cardinale Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio, e quindi custode della dottrina, protesta formalmente contro le modifiche radicali che si vorrebbero apportare al rito della Messa. Il cardinale Alfrink, che presiede la seduta, fa staccare il microfono su segnalazione del cardinale Tisserant (decano del Sacro Collegio). Accortosi che era stato ridotto al silenzio e che parla a vuoto, il cardinale Ottaviani si siede, umiliato, mentre numerosi Padri conciliari applaudono di gioia.

4 novembre 1962 ? Giovanni XXIII, rivolgendosi ai Padri, prende posizione a favore dell’uso del volgare nella liturgia. Riprende il tema del suo discorso d’apertura: “È naturale che la novità dei tempi e delle circostanze suggerisca delle forme e dei metodi diversi per trasmettere all’esterno la stessa dottrina e darle una veste nuova”.

5 novembre 1962 ? In seguito alla protesta del cardinale Frings (22 ottobre), viene annunciato che la maggior parte dei passi eliminati dalla costituzione sulla liturgia, saranno reintrodotti. 
Sorgono altre questioni: l’Alleanza Europea amerebbe che la Curia perdesse le sue prerogative in materia di legislazione liturgica, a favore delle Conferenze Episcopali locali.

6 novembre 1962 ? Nel pomeriggio, mons. Duschak (Filippine) propone un programma liturgico profetico: “È necessario istituire, al di fuori e al di là del rito latino, una messa ecumenica, ispirata alla Santa Cena, interamente celebrata in volgare, a voce alta e rivolti ai fedeli, in maniera che essa sia accessibile senza spiegazioni né commenti e sia accettabile da parte di tutti i cristiani al di là della loro specifica confessione. Perché il più grande concilio ecumenico della storia non dovrebbe dare l’ordine di studiare una nuova forma della messa, adatta gli uomini dei nostri tempi?”

13 novembre 1962 ? Rispondendo ad una domanda di 400 vescovi (italiani e iugoslavi), Giovanni XXIII decide che nel canone della Messa si faccia menzione di San Giuseppe. “È  la prima volta dal tempo di San Gregorio Magno, morto nel 610, che il canone della Messa viene ritoccato”, nota Henri Fesquet. Nel suo Giornale del Concilio, il Padre Congar, figura del partito progressista e influente esperto, commenta: “Il buon Giovanni XXIII mescola continuamente il piacevole con lo spiacevole o l’arretrato”.

14 novembre 1962 ? Esame dello schema preparatorio sulle “Fonti della Rivelazione”. Il cardinale Ottaviani ne presenta il testo. Principale artefice dello schema, egli spiega che “il primo dovere di ogni pastore d’ànime (è) di insegnare la verità che rimane sempre e ovunque immutabile”. Ma le reazioni sono particolarmente violente. Il cardinale Liénart interviene per primo: “Hoc schema mihi non placet!” Egli accusa la commissione preparatoria di aver lavorato “modo frigido”. Il cardinale Léger (Montreal) minaccia di dimettersi se lo schema verrà adottato. L’11 ottobre, per rigettare in toto lo schema, i cardinali Alfrink, Lefebvre (Bourges) e Bea (Segretariato per l’Unità) richiamano il discorso di apertura di papa Giovanni XXIII. Il cardinale Ruffini (Palermo) invece lo approva, al pari del cardinale Siri (Genova) e del cardinale Quiroga (San Giacomo di Compostela). Ma già circolano tra i Padri due contro-schema, uno del padre Congar e l’altro dei padri Rahner e Ratzinger.

16 novembre 1962 ? Il dibattito infuria: 9 dei 21 intervenuti chiedono che lo schema preparatorio sulle fonti della fede sia rigettato perché non corrisponde alle esigenze dell’ecumenismo attuale. Il concilio si trova ad un punto morto, le posizioni si irrigidiscono e in seguito ai confronti non si determina alcuna maggioranza. La presidenza del concilio stabilisce una votazione per sapere se occorre sospendere la discussione. Su 2209 Padri il 62% si pronuncia in favore della sospensione, il 37% contro e l’1% vota nullo. Il regolamento interno richiedeva una maggioranza dei due terzi perché fosse accettata una proposizione: quindi la discussione avrebbe dovuto continuare… Ma il papa stesso fa sapere che il dibattito sull’argomento è sospeso. 
Quattro giorni più tardi, l’Osservatore Romano annuncia che lo schema cambierà titolo: d’ora in avanti si avrà uno schema sulla “Rivelazione divina”. La nozione stessa delle due fonti della Rivelazione (Scrittura e Tradizione) spiaceva ai teologi dell’Alleanza Europea, che ottengono dunque una nuova vittoria. I cardinali Frings e Liénart sono chiamati a partecipare alla revisione del testo. 
Fesquet commenta così queste scaramucce: “Questi dibattiti non sono stati inutili, poiché hanno permesso di mettere in piena luce il carattere retrogrado e antiecumenico di un clan praticamente ostile all’aggiornamento della Chiesa, richiesto dal papa”.

23 novembre 1962 ? Primo giorno di discussione sui mezzi di comunicazione sociale. 
Il segretario generale annuncia lo schema su “l’Unità della Chiesa”, poi quello su “la Santissima Vergine Maria”. 
Lo stesso giorno i Padri avevano preso conoscenza di un’altro schema intitolato “Della Chiesa” e contenente un capitolo sull’ecumenismo. Quest’ultimo, redatto sotto la guida del cardinale Ottaviani non piace affatto all’Alleanza Europea: l’emozione in aula è notevole. 
Sulla questione dell’unità dei cristiani i Padri sono in presenza di tre diversi documenti: lo schema su “l’Unità della Chiesa”, il famoso capitolo sull’ecumenismo contenuto nello schema su “la Chiesa” (molto conservatore) e un altro schema intitolato “dell’Ecumenismo Cattolico”. Per ridurre l’influenza e la portata del capitolo sull’ecumenismo, l’ala liberale vuol far confluire i tre documenti in uno solo.

26 novembre 1962 ? L’Alleanza Europea segna un nuovo punto: il segretario generale annuncia che lo schema su “la Santissima Vergine Maria” è rimandato. 
Dopo questo annuncio i Padri lavorano allo schema su “l’Unità della Chiesa”. Il cardinale Liénart prende la parola e critica violentemente il testo predisposto dalla commissione preparatoria. 
Nel corso della notte Giovanni XXIII è vittima di una grave emorragia che gli impedisce di apparire in pubblico per molti giorni.

27 novembre 1962 ? Un gran numero di oratori rimproverano allo schema preparatorio di non occuparsi delle mancanze e degli errori della Chiesa cattolica: essi deplorano una arroganza ed una intolleranza che sono contrari allo spirito ecumenico.

1 dicembre 1962 ? Con 2068 voti contro 36 il concilio decide che i tre documenti sulla Chiesa confluiranno in un solo schema. La discussione è quindi aggiornata.
Ad una settimana di chiusura della prima sessione, il cardinale Ottaviani, presidente della commissione teologica, aveva richiamato i gravi inconvenienti derivati da questa modifica: sottolineando che era impossibile approntare uno schema così importante come quello sulla Chiesa (composto da 36 pagine) nell’arco di una settimana. Ma il suo intervento basato sul buon senso, che chiedeva di iscrivere all’ordine del giorno lo schema sulla Vergine Maria (6 pagine), fu ignorato.
In seguito a questa allocuzione, 14 interventi successivi chiedono il rigetto dello schema preparatorio sulla Chiesa, giudicato troppo teorico e legalista. Inoltre, il cardinale Liénart critica l’identificazione pura e semplice tra Chiesa e Corpo Mistico di Cristo. Mons. De Smedt (Bruges) chiede che si eviti “la trilogia del clericalismo, del giuridicismo e del trionfalismo”. L’ultimo di questi termini è un neologismo, destinato ad avere successo nel corso delle riforme conciliari.
La prima sessione si conclude con un risultato nullo, inteso dai liberali come “sorprendente e positivo”. Mons. Carli, a nome della Curia, difende lo schema, affermando che ben presto, a causa dell’ecumenismo, non si potrà più parlare della Santa Vergine, che nessuno potrà più essere definito eretico e non si potrà più impiegare l’espressione “Chiesa militante”. 
La famosa dialettica tra i vescovi del concilio e la Curia romana viene alla luce, ben riassunta da Fesquet: “Se un membro del dicastero ha potuto stupirsi della sfiducia manifestata dal concilio nei confronti della Curia, questo concilio può a maggior ragione stupirsi della sfiducia della Curia nei suoi confronti”.
I dibattiti incalzano per diversi giorni. Non bisogna rivalutare il ruolo del vescovo? La questione è posta. Si rimprovera alla Curia di considerare l’episcopato come un corpo di funzionari al servizio del papa. Nel corso di un celebre intervento in questa ottica, Mons. Doumith (maronita) nasconde malamente la sua volontà di giungere ad un potere collegiale nella Chiesa.

5 dicembre 1962 ? Giovanni XXIII recita l’Angelus a mezzogiorno, dalla finestra del suo appartamento. Numerosi Padri lasciano la basilica per vederlo. 
Il papa istituisce una nuova commissione coordinatrice per organizzare e dirigere i lavori conciliari nel corso dell’intersessione. Si annuncia che essa sarà composta da 6 membri: i cardinali Liénart, Döpfner, Suenens, Confalonieri, Spellman e Urbani, e da un presidente: il cardinale Cicognani. 3 membri su 6 appartengono all’Alleanza Europea… All’inizio del concilio essa contava sul 30% di presenze in seno alla presidenza.

7 dicembre 1962 ? Ultimo giorno di lavoro della prima sessione. Il papa rende visita ai Padri conciliari e pronuncia un lungo discorso di ringraziamento particolarmente ottimista, in cui ritorna sul tema della nuova Pentecoste e loda “la santa libertà dei figli di Dio, così come essa esiste nella Chiesa”.

8 dicembre 1962 ? Solenne cerimonia di chiusura. 
Il giovane teologo Ratzinger sottolinea che nel corso della sessione non è stato approvato alcun documento, il che costituisce “un risultato soprendente e positivo”, poiché è la prova di una “forte reazione contro lo spirito che reggeva il lavoro preparatorio”. Da parte sua, il padre Küng, teologo svizzero, confida ai giornalisti americani che quello che era stato il semplice sogno di un gruppo d’avanguardia, da adesso “permeava tutta l’atmosfera della Chiesa”.

 




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Seconda sessione: 29 settembre 1963 = 4 dicembre 1963 (compreso il periodo di intersessione)
Terza sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (compreso il periodo di intersessione)
Quarta sessione: 14 settembre 1965 = 8 dicembre 1965 (compreso il periodo di intersessione)




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Caterina63
00mercoledì 4 luglio 2012 13:55

Il  Concilio giorno per giorno

 

Dal sito UnaVox che ringraziamo



Seconda sessione: 29 settembre 1963 - 4 dicembre 1963

 

II ­ Manovre dell’Alleanza Europea nel corso della prima intersessione.

5 e 6 gennaio 1963 ­ A Monaco, sotto l’egida del cardinale Döpfner, membro della commissione coordinatrice, i vescovi e i teologi germanofoni si mettono al lavoro. Vengono invitati alcuni rappresentanti dell’Alleanza Europea, come Mons. Elchinger, coadiutore del vescovo di Strasburgo, il Padre Schütte, superiore generale dei Missionari del Verbo Divino, ben collocato per influenzare i superiori generali delle altre congregazioni. Questa riunione sfocia nella redazione di uno schema sostitutivo che pone in luce la collegialità episcopale e l’apertura ecumenica. Dopo una riunione “europea” tra esperti, il 25 gennaio i lavori sono trasmessi al papa e al cardinale Ottaviani.

30 gennaio 1963 ­ A Roma, la commissione coordinatrice obbliga la commissione conciliare dei religiosi a modificare il suo testo primitivo. In effetti, secondo il cardinale Döpfner, “non è stato posto l’accento su un rinnovamento appropriato” né su un “adattamento degli ordini religiosi ai bisogni moderni”. Egli considera che il documento mette troppo spesso in guardia contro il mondo e lo spirito del mondo, e vorrebbe che invece il testo incitasse i religiosi a conoscere meglio la società per “raggiungere l’uomo moderno”.

16 febbraio 1963 ­ Completato il lavoro di Monaco, il cardinale Döpfner ne trasmette copia a ciascuno dei Padri conciliari austriaci e tedeschi. Nella presentazione si può leggere che questo nuovo schema “è più breve, più pastorale, corrisponde meglio allo spirito ecumenico e cerca sempre di prendere in considerazione le obiezioni dei protestanti”.
Le prime parole di questo schema sostitutivo erano “Lumen gentium…”

28 marzo 1963 ­ A Roma, la commissione coordinatrice esamina i primi due capitoli dello schema sulla Chiesa, nonché la versione rivista dello schema sull’ecumenismo. Alle 18 arriva Giovanni XXIII, si complimenta con la commissione e annuncia la creazione di una commissione pontificia per la revisione del Codice di Diritto Canonico.

6 aprile 1963 ­ Mons. Thijssen, vescovo di Larantuka in Indonesia, tiene una conferenza stampa internazionale per chiedere la creazione a Roma di un Segretariato per le grandi religioni non cristiane: noi “possiamo apprendere molto dalla liturgia, dalla cultura e dalla filosofia di queste religioni non cristiane”. Mons. Sigismondi, segretario della Congregazione per la Propaganda della Fede, si congratula con mons. Thijssen.
 
8 aprile 1963 ­ Il cardinale Tien, arcivescovo di Taïpeh, diffonde un comunicato stampa in cui chiede che degli osservatori non cristiani assistano al concilio.

9 aprile 1963 ­ Giovanni XXIII firma la sua ottava enciclica: Pacem in Terris. In questo documento egli si augura di apparire come “l’amico vero e sincero di tutte le nazioni”, e si rivolge a tutti gli “uomini di buona volontà”. Una copia firmata dallo stesso papa viene inviata al segretario generale delle Nazioni Unite.

22 aprile 1963 ­ 12 nuovi schemi “made in Germany” sono trasmessi al papa per sostituire quelli della commissione preparatoria.
Il papa approva i nuovi testi dei 12 schemi e li fa recapitare ai Padri conciliari. Egli chiede alle commissioni di fare presto. Tutti sanno che egli è gravemente malato: tutti i giorni è vittima di emorragie.

21 maggio 1963 ­ Dopo un lungo ritardo, 6 dei 12 schemi sono inviati da mons. Felici.

31 maggio 1963 ­ Giovanni XXIII riceve gli ultimi sacramenti.

3 giugno 1963 ­ Il papa muore alle 19 e 49.

22 giugno 1963 ­ Paolo VI, nuovo papa, dichiara che proseguirà l’opera di Giovanni XXIII.
L’indomani della sua elezione Paolo VI indirizza il suo primo messaggio, nel quale annuncia il proseguimento del concilio e il suo attaccamento a quest’opera.

30 giugno 1963 ­ Il cardinale König, dopo essersi incontrato col cardinale Frings, appoggia le dichiarazioni del cardinale Tien e di mons. Thjissen: egli promette di richiamare al cardinale Bea la necessità di creare un organismo per le religioni non cristiane. Vi è anche il sostegno dichiarato del giovane cardinale Gracias (Bombay) e del vecchio cardinale Liénart.

9 luglio 1963 ­ Dopo essersi incontrato con i cardinali Frings e König, il cardinale Döpfner invita tutti i vescovi della Germania e dell’Austria a partecipare ad una conferenza prevista a Fulda.

21 luglio 1963 ­ Il cardinale Tien chiede al nuovo papa la creazione di una sorta di sinodo permanente per assisterlo e propone che si nomini a capo di questo sinodo il cardinale König, arcivescovo di Vienna.

26 agosto 1963 ­ Apertura della conferenza di Fulda alla presenza di 4 cardinali, 70 arcivescovi e vescovi. Sono rappresentati dieci paesi. Oltre alla Germania e all’Austria, hanno inviato rappresentanti l’Olanda, i paesi nordici, la Francia e il Belgio. 
Le ripercussioni furono immense. Fulda resterà come l’espressione e l’opera dell’Alleanza Europea e da allora il concilio viaggerà sui binari suggeriti da questa assemblea.
Indiscutibilmente, la guida intellettuale di questa conferenza è il Padre Karl Rahner, teologo accreditato dal cardinale König. Egli è coadiuvato dal padre Ratzinger (teologo del cardinale Frings), dal padre Grillmeier e dal padre Semmelroth. In seguito alle conferenze di Monaco e di Fulda vengono redatti quasi 500 pagine di commenti o di schemi sostitutivi. 
Numerosi giornali (in particolare italiani) paragoneranno in seguito la conferenza di Fulda ad una “cospirazione” o ad un “attacco” contro la Curia romana.

31 agosto 1963 ­ Il cardinale Döpfner trasmette al Segretariato generale i lavori di Fulda. Tre giorni dopo egli incontra il papa Paolo VI che avalla la conferenza.

* * *

7 settembre 1963 ­ Pubblicazione dell’ordine degli schemi da sottoporre alla discussione della seconda sessione: 1. La Chiesa, 2. La Santissima Vergine Maria, 3. I vescovi, 4. Il laicato, 5. L’ecumenismo.

13 settembre 1963 ­ Paolo VI modifica l’organizzazione e il regolamento interno del concilio.
La presidenza è composta da un numero maggiore di membri, ma i suoi poteri sono ridotti: i presidenti delle commissioni non hanno più la facoltà di condurre i dibattiti. Il papa nomina quattro cardinali moderatori: Döpfner, Suenens, Lercaro e Agagianian. I primi due sono dei membri attivi dell’Alleanza Europea, il cardinale Lercaro è conosciuto come un liberale convinto e amico del papa. Il cardinale Agagianian, Prefetto della Congregazione per la Propaganda della Fede, aveva sostenuto segretamente le richietse rivoluzionarie del cardinale Tien e di mons. Thjissen (si veda alle date del 20 giugno e del 21 luglio).
Attraverso queste quattro nomine, Paolo VI indica chiaramente la tendenza che ha scelto. Il ruolo del moderatore è fondamentale: è lui che conduce la discussione.
Altra modifica: d’ora in poi bastano cinque membri di una commissione per “suggerire una nuova redazione da un emendamento proposto”. Perché cinque? Nessuno lo sa con certezza, ma una cosa è certa: l’Alleanza dispone di un minimo di cinque membri in ogni commissione. Per di più, per rigettare uno schema o sospendere una discussione, non è più necessaria la maggioranza dei due terzi,
basterà la maggioranza semplice.
A questo punto l’Alleanza Europea e, più precisamente, i partigiani di Monaco e di Fulda, possono essere particolarmente ottimisti in vista dell’apertura della nuova sessione…

III ­ Seconda sessione: 29 settembre 1963 ­ 4 dicembre 1963.

29 settembre 1963 ­ Allocuzione inaugurale pronunciata dal papa Paolo VI. “La Chiesa deve prendere nuova coscienza di sé stessa”.
Egli elenca quattro obiettivi del concilio: che la Chiesa acquisisca una nuova coscienza della sua natura specifica, che si produca un vero rinnovamento, che sia promossa l’unità tra i cristiani, che si intraprenda un vero dialogo con l’uomo moderno.
Poi il papa saluta gli osservatori cristiani non cattolici, che sono là per la prima volta, e li ringrazia calorosamente per la loro presenza.
Trattando poi della persecuzione religiosa e dell’intolleranza, Paolo VI pronuncia alcuna parole a proposito delle religioni non cristiane, quelle che “conservano il senso e la nozione di Dio, uno, creatore”.

30 settembre 1963 ­ Prima seduta di lavoro: è la 37a congregazione generale dall’inizio del concilio.
Il primo schema all’esame è quello della Chiesa. Alla fine della prima sessione, quando fu rinviato alla commissione teologica, esso era composto da 11 capitoli, adesso è composto solo da 4 capitoli: “Il mistero della Chiesa”, “La costituzione gerarchica della Chiesa”, con particolare riferimento all’episcopato, “Il popolo di Dio e il laicato”, “La vocazione alla santità nella Chiesa”.
La prima questione sollevata è quella della collegialità. Se per alcuni Padri si tratta semplicemente di completare il Concilio Vaticano I che aveva definito il primato del papa, per altri occorre ammorbidire la portata del Vaticano I e rivalutare lo stato dei vescovi a fronte del potere “eccessivo” del papa. Il Padre Congar, che sarà uno dei principali redattori del testo finale, appartiene in modo manifesto a questo secondo gruppo. In data 14 ottobre 1962, nel suo giornale, egli aveva scritto: “Non v’è niente di decisivo che si possa fare fintanto che la Chiesa romana non avrà abbandonato totalmente le sue pretese di signoria. Occorre che tutto ciò sia distrutto: e lo sarà”. In quel 30 settembre egli aggiunse: “Io credo che il Vangelo è nella Chiesa, ma prigioniero”.

3 ottobre 1963 ­ Ben presto si presenta un altro problema, quello dell’opportunità di uno schema specifico sulla Vergine Maria. Così come era stato concepito dai teologi romani, lo schema “provocava un male inimmaginabile dal punto di vista dell’ecumenismo” (Rahner). Non sarebbe stato meglio parlare della Vergine in un capitolo dello schema sulla Chiesa? Così facendo si sarebbe data meno importanza all’argomento. È quello che propongono il cardinale Frings (a nome di 65 vescovi germanofoni), mons. Leone, il cardinale Silva e mons. Garrone. Di contro, il cardinale Arriba y Castro, arcivescovo di Tarragona, a nome di 60 Padri, si oppone alla fusione dei due schemi. Il disordine è totale. Fra l’altro, sono stati già diffusi diversi testi sostitutivi. Quello redatto da dom Butler, superiore generale dei Benedettini inglesi, abbonda in senso ecumenico. Di contro, l’opuscolo redatto dai Serviti si oppone a quello dei due schemi riuniti. Il dibattito si accende per parecchi giorni.

4 ottobre 1963 ­ Si solleva un’altra questione: occorre ristabilire il diaconato permanente?
In seguito alle conferenze di Monaco e di Fulda, nello schema ufficiale rivisto, il padre Karl Rahner aveva fatto adottare il suo punto di vista in favore del diaconato permanente. Fra gli oppositori, i cardinali Spellman (arcivescovo di New York) e Bacci (Curia) mettono in guardia dal rischio di voler restaurare antiche istituzioni senza tenere conto delle condizioni attuali. Per di più, sottolineano, non è il caso di affrontare una questione disciplinare in seno ad una costituzione dogmatica. Infine, essi vedono nel diaconato permanente un pericolo per il celibato ecclesiastico e le vocazioni sacerdotali. Di contro sono molti gli interventi a sostegno dell’idea: come quelli dei cardinali Döpfner e Suenens o dei vescovi residenti in zone di missione, come Yago (Abidjan), Zoungrana (Ouagadoudou) e Gay (Pointe-a-Pitre).

9 ottobre 1963 ­ Primo intervento della minoranza contro la collegialità.

9 ottobre 1963 ­ Mons De Proençea Sigaud, arcivescovo di Diamantina (Brasile) reagisce con forza contro la nuova visione della collegialità episcopale. Egli denuncia la costituzione di una nuova istituzione mondiale paragonabile ad un concilio ecumenico permanente e mette in guardia contro un altro pericolo: quello di creare dei centri di decisione locali staccati da Roma. La sua protesta si allaccia alle posizioni di mons. Carli e di mons. Lefébvre, Superiore dei Padri dello Spirito Santo. Comincia allora a formarsi una piccola resistenza contro le nuove idee.
Forte delle sue esperienze in Africa, mons. Lefébvre concede un’intervista a Ralph Wiltgen: se le conferenze episcopali non costituiscono un pericolo per il papato, lo sarebbero, secondo lui, per il magistero e la responsabilità pastorale dei vescovi presi individualmente.

14 ottobre 1963 ­ Quando il capitolo sulle “religioni” viene modificato dalla commissione coordinatrice, l’Unione Romana dei Superiori Maggiori reagisce. Si tratta di un gruppo minoritario di 125 Padri conciliari appartenenti a degli ordini religiosi. Essi sono particolarmente scontenti della nuova visione della vita religiosa ­ troppo apertamente laicizzata ­ che l’Alleanza Europea tende ad imporre.

16 ottobre 1963 ­ L’inserimento di un capitolo intitolato “il Popolo di Dio” nel De Ecclesia fu opera del cardinale Suenens. Seguendo un’idea di mons. Philips (Louvain), egli aveva fatto in modo che si evitasse l’espressione “membro della Chiesa”, per poter inglobare in questo “popolo di Dio” tutti i cristiani, quelli che sono membri della Chiesa cattolica e quelli che non lo sono. L’espressione “popolo di Dio” era stata rigettata dal cardinale Ottaviani e dalla sua commissione teologica preconciliare. Il 24 ottobre, in aula, il cardinale Siri prosegue questa critica: “Un capitolo distinto può lasciare intendere che il popolo di Dio possa sussistere e compiere qualcosa anche senza la Chiesa. Questo contraddice l’insegnamento secondo cui la Chiesa è necessaria alla salvezza”.

17 ottobre 1963 ­ “Noi facciamo veramente parte del concilio”. K. Skydsgaad, luterano.

17 ottobre 1963 ­ Il dott. Kristen Skydsgaad, osservatore luterano invitato al concilio, si rivolge al papa a nome di tutti i non cattolici convenuti alla seconda sessione. Egli afferma di sperare che la luce diffusa da “una teologia concreta e storica, e cioè nutrita dalla Bibbia e dagli insegnamenti dei Padri, brillerà sempre più nei lavori del concilio”. Riconosce anche che un nuovo spirito ecumenico si manifesta nell’aula. 
Il prof. Cullmann, da parte sua, aveva confessato: “Ogni mattina sono sempre più sorpreso di vedere fino a che punto noi facciamo veramente parte del concilio”.
In risposta al dott. Kristen Skydsgaad, il papa Paolo VI dichiara di voler ricevere questi osservatori e invitarli “nel cuore stesso della sua intimità”. Ringraziandoli di aver risposto al suo invito, confida loro di non essere mosso da alcun preconcetto: “Un vero cristiano non conosce l’immobilismo”, aggiunge. E conclude: “Cosa c’è di più umano che reincontrarsi e ricominciare ad amarsi dopo tante dolorose polemiche?”.

18 ottobre 1963 ­ Mons. Wright, vescovo di Pittsburg richiama l’importanza storica e teologica del capitolo sul laicato: “I laici aspettavano questo momento da almeno quattro secoli”. Lo stesso giorno, mons. Schroeffer, vescovo di Eichtadt, dichiara, nel più puro stile di Karl Rahner, che “il sacerdozio universale è una nozione che nel passato era stata dimenticata. Subito i laici cristiani sarebbero tentati di definirsi in rapporto al mondo profano, mentre in realtà il laico è un uomo religioso col compito di testimoniare Cristo nel mondo”.

18 ottobre 1963 ­ Il cardinale Bea dà un ricevimento per gli osservatori e gli invitati non cattolici. Egli approfitta di questa occasione per sollecitare le loro critiche e le loro osservazioni. Assicura loro che si terranno in gran conto i loro suggerimenti e i loro desideri. Il capo della delegazione anglicana, John Moorman, confida al p. Ralph Wiltgen che la via dell’ecumenismo sarebbe ampiamente favorita se la Chiesa cattolica sviluppasse il concetto di collegialità dei vescovi. Egli suggerisce di trovare un sistema perché i vescovi di tutto il mondo costituiscano col papa un consiglio permanente.

24 ottobre 1963 ­ 82 oratori prendono la parola sulla questione del laicato. Si decide che il capitolo sul laicato sia rinviato alla commissione teologica per una revisione.

29 ottobre 1963 ­ Si vota per decidere se lo schema sulla Santa Vergine debba diventare un capitolo integrato nello schema sulla Chiesa. La risposta è: Si. E anche su questo punto il cardinale Frings e l’Alleanza Europea riescono ad averla vinta per 17 voti.

29 ottobre 1963 ­ Sovversione elettorale nel Vaticano II

29 ottobre 1963 ­ I quattro moderatori propongono un nuovo metodo per affrontare la discussione di uno schema: mettere ai voti alcune questioni allo scopo di conoscere la tendenza dell’aula, e ancor prima di discutere la redazione del testo. Si precisa che il voto avrebbe solo un semplice valore indicativo…

30 ottobre 1963 ­ In virtù del nuovo metodo proposto dai cardinali moderatori, si mettono ai voti cinque punti. Tra questi una domanda molto importante riflette la tesi collegialista: occorre rivedere lo schema sulla Chiesa in modo da precisare che il potere pieno e supremo sulla Chiesa universale appartiene “di diritto divino” al collegio dei vescovi uniti al suo capo? Il risultato della votazione è una vittoria per i liberali: 1717 voti a favore e 408 contro. Mons. Wright, vescovo di Pittsburg, si affretta ad affermare che questi 408 voti non sono di alcun valore. 
Henri Fesquet, in Le Monde, non esita a scrivere: “Il Vaticano II ha inaugurato una pagina tutta nuova della storia della Chiesa. Gli integralisti sono in ritardo di un concilio. E così accade quello che nella Chiesa è accaduto nella grandi occasioni, la minoranza, confusa, finisce col dar prova di una reale abnegazione e si sottomette”.
La maggiore resistenza espressa da quella che sarà da allora la minoranza si riscontra in occasione della questione dell’ordinazione dei diaconi permanenti: 525 voti contrari, che ne conferma la debolezza.
“Non avevo avuto dubbi che il 30 ottobre avrebbe segnato una svolta”, nota il padre Congar nel suo Giornale (alla data del 3 dicembre 1963).

5 novembre 1963 ­ Inizia il dibattito a proposito dello schema sui vescovi e il governo delle diocesi. Numerosi vescovi ne approfittano per attaccare la Curia romana. Maximos IV, patriarca melchita di Antiochia, chiede la creazione di un supremo Sacro Collegio, comprendente i patriarchi orientali, i cardinali e i vescovi diocesani eletti dalle conferenze episcopali locali. La Curia dovrebbe rimanere sottomessa a questa organismo, limitandosi a svolgere un ruolo esecutivo. Il cardinale König si richiama ad un organismo centrale che aiuti il papa a governare la Chiesa. Il cardinale Frings attacca il Sant’Uffizio, rimproverandogli di giudicare e di condannare in maniera troppo sbrigativa. Il cardinale Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio, protesta energicamente e ne approfitta per ricordare il voto del 30 ottobre sui famosi cinque punti. Egli rimprovera a questo nuovo metodo di scavalcare la commissione teologica da lui diretta.

7 novembre 1963 ­ Il cardinale Döpfner, che fa della riforma dei religiosi una questione personale, fa di tutto per impedire che i sostenitori della Tradizione si esprimano sull’argomento. Alla fine legge un testo da lui redatto che pretenderebbe di rappresentare la posizione dei conservatori privati della possibilità di intervenire. Egli è breve, oscuro e inesatto. Sette vescovi religiosi si riuniscono in un gruppo chiamato Segretariato Vescovi e gridano alla dittatura. Ben presto si uniscono a questi altri 35 Padri. A capo si trova mons. Perantoni, arcivescovo di Lanciano, già Superiore generale dei Francescani.

8 novembre 1963 ­ Il Segretariato per l’Unione dei Cristiani pubblica un comunicato relativo ad un progetto sulla “attitudine dei cattolici nei confronti dei non cristiani e specialmente nei confronti dei giudei”. Questo progetto è destinato a diventare il capitolo 4 dello schema sull’ecumenismo. Fin da allora il comunicato sottolinea che il ruolo svolto dai capi giudei e farisei nella crocifissione escludeva la responsabilità del popolo ebraico, il quale non può essere chiamato deicida o indicato come maledetto da Dio.

13 novembre 1963 ­ L’Unione Romana dei Superiori Maggiori si associa al Segretariato Vescovi. Essi conducono insieme un programma d’azione volto a far pressione sul concilio perché sia reintrodotto un capitolo sui religiosi.

14 novembre 1963 ­ Apertura del dibattito sullo schema dei mezzi di comunicazione sociale. Dopo essersi interrogati, nel corso della prima sessione, se bisognasse considerare i media come “un mezzo provvidenziale per trasmettere il messagio cristiano”, i Padri si aspettavano uno schema rivisto sottoforma di istruzione pastorale.
L’articolo 12 di questo schema precisa che è compito dell’autorità civile difendere e proteggere l’informazione vera e giusta, ed essa deve vegliare sulla moralità pubblica dei mezzi di comunicazione. Vedendo in questo articolo una porta aperta alla censura governativa, diversi ecclesiastici speravano che lo schema fosse rigettato: fra di essi vi erano i Padri Daniélou, Häring, Mejia e i cardinali Silva Henriquez e Lercaro.

15 novembre 1963 ­ A nome di numerosi moderatori, il cardinale Lercaro legge al papa un rapporto delle attività della seconda sessione. Ritenendo che i lavori non proseguano con celerità, egli chiede che il metodo del voto consultivo impiegato il 30 ottobre sia ufficializzato e generalizzato. La richiesta è rigettata: i cardinali moderatori devono rispettare la loro funzione, che conferisce loro solo un potere amministrativo. La direzione politica appartiene alle commissioni conciliari che fissano la linea da seguire. Nei giorni che seguono giungono al papa numerose lettere di vescovi o di conferenze episcopali, in cui si chiede di rifondare le commissioni conciliari, procedendo a nuove elezioni o aumentando il numero dei loro membri. L’obiettivo è chiaro: l’Alleanza Europea vuole controllare tutte le commissioni aumentando la presenza dei riformatori.

18 novembre 1963 ­ Progetto e schema sull’attitudine dei cristiani nei confronti dei giudei.

18 novembre 1963 ­ Si discute lo schema sull’ecumenismo. Mons. Morcillo Gonzales, arcivescovo di Saragozza, fa notare il tono positivo dello schema, in cui non sono più presenti le messe in guardia e le condanne. Ma il cardinale Arriba y Castro, arcivescovo di Tarragona, ne sottolinea i pericoli per la fede dei cattolici. Il cardinale Bea riconosce che vi è un rischio di indifferentismo, ma che a prevenirlo possono pensarci i vescovi diocesani. 
Sulla specifica questione dei giudei gli interventi sono contrastanti. Alcuni pensano che sia inopportuno parlarne, vista la situazione geo-politica, altri ritengono che uno schema sull’ecumenismo riguarda solo i cristiani non cattolici, altri ancora non capiscono perché non si parli di più delle religioni non cristiane.
Nel corso degli 11 giorni di dibattito non si giunge ad alcuna votazione; e sulla base dei diversi interventi i moderatori decidono che dovrà approntarsi un nuovo schema per la terza sessione.

21 novembre 1963 ­ Il Segretariato generale annuncia che il papa ha deciso di aumentare il numero dei membri di ciascuna commissione “affinché il lavoro delle commissioni conciliari proceda più rapidamente”. Le commissioni passano da 25 a 30 membri. Si chiede di procedere a nuove elezioni.
In pochi giorni, l’Alleanza Europea compie un lavoro colossale: appronta una lista elettorale internazionale imbattibile; si assicura gli appoggi dei diversi gruppi; organizza delle riunioni (in particolare alla Domus Mariae sotto la direzione di mons. Veuillot); costituisce dei gruppi di pressione. Alla vigilia del voto, l’Alleanza Europea ha dalla sua parte 65 conferenze episcopali. Da ora in poi si può parlare di una Alleanza Mondiale.

25 novembre 1963 ­ Si vota per adottare o rigettare lo schema sui mezzi di comunicazione sociale.
Il padre Méjia distribuisce sugli scalini di San Pietro una petizione firmata da 25 Padri conciliari in cui si chiede di votare contro lo schema. Mons. Felici e il cardinale Tisserant (primo presidente del concilio) si lamentano ufficialmente e condannano tali procedure come “indegne” e “riprorevoli”.
Il voto è favorevole allo schema con 1598 voti contro 503. Lo schema viene promulgato dal papa e diventa decreto. In seguito Paolo VI vieterà la distribuzione di documenti, di testi o di studi nell’aula conciliare o nelle sue vicinanze.

28 novembre 1963 ­ L’Unione Romana dei Superiori Maggiori e il Segretariato Vescovi raccolgono 679 consensi tra i Padri conciliari. Paolo VI fa sapere a mons. Perantoni che nel corso della terza sessione, nello schema sulla Chiesa verrà inserito un nuovo capitolo intitolato “Dei religiosi”. 
È la prima sconfitta dell’Alleanza Europea dovuta ad una reazione che ha saputo organizzarsi.

4 dicembre 1963 ­ Viene adottata la costituzione sulla liturgia con 2158 voti contro 19.

28 novembre 1963 ­ Elezioni per aumentare il numero dei membri di ogni commissione teologica. I risultati non hanno niente si sorprendente: tutti i nuovi membri appartengono all’Alleanza Europea. Tedeschi e Austriaci sono nuovamente sovra-rappresentati. Certuni non hanno alcuna delle competenze teologiche richieste, ma sono degli eccellenti porta voce.

4 dicembre 1963 ­ Giorno di chiusura della seconda sessione, alla presenza del papa.
Si approva anche in via definitiva l’adozione dello schema sulla liturgia. Rivisto nel corso dell’intersessione, esso era stato redatto per ottenere il consenso generale ed essere accetto ai conservatori e ai liberali. Vi sono enunciati quattro grandi principii: 1. Il culto divino è un’azione comunitaria che richiede una partecipazione attiva del popolo di Dio; 2. I fedeli devono essere arricchiti dalla lettura della sacra Scrittura; 3. Il culto liturgico deve insegnare ai fedeli e non limitarsi ad aiutarli a pregare; 4. Gli usi tribali devono trovare posto nelle liturgie dei paesi di missione.
Paolo VI spiega che questa costituzione semplificherà la liturgia, rendendola più accessibile ai fedeli e lasciando la porta aperta all’uso della lingua volgare. Secondo lui si tratta di ritornare ad una maggiore purezza e autenticità.
 

 



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Prima sessione: 11 ottobre 1962 = 8 dicembre 1962
Terza sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (compreso il periodo di intersessione)
Quarta sessione: 14 settembre 1965 = 8 dicembre 1965 (compreso il periodo di intersessione)




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Caterina63
00mercoledì 4 luglio 2012 13:57

Il  Concilio giorno per giorno

 

Dal sito UnaVox che ringraziamo


Terza sessione: 14 settembre 1964 - 21 novembre 1964

 

IV ­ Seconda intersessione

4 gennaio 1964 ­ Mons. Hengsbach, vescoco di Essen e figura dominante della gerarchia tedesca, dichiara al settimanale “America” che per accelerare i lavori, il concilio dovrà limitarsi a studiare con attenzione 5 o 6 schemi fondamentali. Egli propone che i restanti 7 o 8 schemi siano trattati da delle commissioni postconciliari.

15 gennaio 1964 ­ La commissione coordinatrice chiede che le rispettive commissioni riducano 7 schemi “ad alcuni punti fondamentali”.
Più tardi, l’11 maggio, il segretario generale annuncerà che questi 7 schemi, trasformati in serie di proposizioni, saranno oggetto di un semplice voto, senza discussione né dibattito. Gli schemi interessati erano quelli su: le Chiese orientali, i preti, la formazione nei seminari, le scuole cattoliche, i religiosi, il sacramento del matrimonio, le missioni.
Restavano 6 schemi, giudicati essenziali dall’Alleanza Europea: la Rivelazione, la Chiesa, i vescovi, l’ecumenismo, l’apostolato dei laici, la Chiesa nel mondo moderno (gli ultimi due derivati direttamente da mons. Hengsbach).

20 aprile 1964 ­ Dei vescovi e degli esperti facenti parte della commissione teologica si riuniscono a Roma allo scopo di rivedere lo schema sulla Rivelazione. Fra di essi vi sono: mons. Charue (Namur), il rev.mo dom Butler, i Padri Grillmeier, Semmelroth, Rahner e Congar.
Fu una fortuna per i liberali, poiché il padre Rahner e mons. Schröffer (Eichstatt) pensavano che non vi fosse alcuna speranza di modificare lo schema iniziale. Le cose erano cambiate di molto, poiché l’Alleanza Europea era riuscita a far eleggere 4 membri supplementari nella comissione teologica, all’inizio della seconda sessione (cf. 21 novembre 1963).

19 maggio 1964 ­ Viene creato ufficialmente il Segretariato per i non cristiani. Presiede il cardinale Morella.

30 maggio 1964 ­ Il Segretariato per l’unione dei cristiani approva lo schema rivisto sulla Rivelazione.

26 giugno 1964 ­ La commissione di coordinamento approva il nuovo schema sulla Rivelazione.

2 luglio 1964 ­ Manovre elettorali: il piano Döpfner.
Su consiglio della commissione coordinatrice, il pontefice modifica il regolamento interno del concilio. Da allora, chiunque voglia prendere la parola nell’aula dovrà comunicare una sintesi del suo intervento, almeno 5 giorni prima, al segretario generale. In più, perché sia ammessa una richiesta, non bastano più le firme di 5 Padri conciliari, ne occorrono 65. Così vengono scoraggiati tutti quelli che non appartengono ad un gruppo ben organizzato, mentre si riesce a ridurre al silenzio i punti di vista minoritari. L’Alleanza, presa in mano la direzione del concilio, fa di tutto perché nessuna contestazione intralci i suoi piani. Essa chiude tutte le porte per le quali era riuscita ad introdursi…
La stampa tedesca definisce queste manovre: il “piano Döpfner”, dal nome dell’arcivescovo di Monaco che aveva svolto un ruolo capitale alla conferenza di Fulda, durante la precedente intersessione.

3 luglio 1964 ­ Paolo VI approva il testo sulla Rivelazione come base per la discussione.

* * *

V ­ Terza sessione: 14 settembre ­ 21 novembre 1964.

14 settembre 1964 ­ Paolo VI, nella sua allocuzione di apertura, annuncia che in questa terza sessione ha intenzione di invitare delle donne come uditrici.
Nella prima sessione Giovanni XXIII aveva invitato un solo laico, Jan Guitton. Nella seconda sessione Paolo VI aveva invitato 11 uditori laici. Alla fine della terza sessione si conteranno 40 uditori, tra cui 17 donne (9 religiose e 8 laiche).

15 settembre 1964 ­ Non si parla dell’Inferno.
Apertura del dibattito. Le discussioni vertono sullo schema sulla Chiesa e sul capitolo 7 sulla Chiesa del Cielo. Mons. Ruffini, arcivescovo di Palermo, mons. Gori, patriarca latino di Gerusalemme, e mons. D’Agostino deplorano che in quel capitolo non si faccia alcuna menzione dell’esistenza dell’Inferno e della sua eternità.

16 settembre 1964 ­ Il vecchio schema sulla Vergine Maria è divenuto un modesto ottavo capitolo della costituzione Lumen Gentium. Per di più, questo capitolo è mutilato ed è omesso il titolo di “Madre della Chiesa”. Prendono la parola 33 Padri. Molti protestano contro queste modifiche. Il cardinale Ruffini, arcivescovo di Palermo, accusa il testo di offuscare la cooperazione di Maria nell’opera della Redenzione; chiede inoltre che venga spiegato il titolo di “mediatrice”. Mons. Mingo, arcivescovo di Monreale in Sicilia, propone che si precisi con l’espressione “mediatrice di tutte le grazie” e protesta contro la soppressione del titolo “Madre della Chiesa”. Il cardinale Wyszynski, arcivescovo di Varsavia, a nome di 70 vescovi polacchi, chiede che Maria sia proclamata “Madre della Chiesa”; propone anche che il testo ridiventi uno schema intero. Curiosamente lo stesso cardinale Suenens segue e appoggia questi interventi, nonostante si oppongano alla posizione dell’Alleanza Europea: rimprovera al testo di minimizzare l’importanza della Santa Vergine.
Lungi dal lasciarsi scomporre, l’Alleanza reagisce per difendere il suo progetto. Il cardinale Léger (Québec) sostiene che occorre “reprimere fermamente gli abusi del culto mariano”; egli denuncia “l”inflazione verbale” della teologia mariana, aggiungendo che non bisogna “confonderla con la profondità del pensiero”. Il cardinale Döpfner, a nome di 90 vescovi germanofoni e dei paesi nordici, afferma che il testo è perfetto così com’è. Il cardinale Bea, da parte sua, spiega che bisognerebbe sopprimere il titolo di “mediatrice”, poiché un testo conciliare “non è un manuale di devozione privata”; tanto più, aggiunge, che il ruolo di “mediatrice” di Maria non è teologicamente sicuro.

16 settembre 1964 ­ Mons Staffa, della Curia, chiede ai moderatori l’autorizzazione di prendere la parola. In virtù del regolamento interno si doveva permettere che parlasse. Mons. Staffa voleva denunciare il capitolo 3 della costituzione sulla Chiesa: dopo un lungo studio sulla collegialità, egli aveva acquisita la certezza  che il testo è “in opposizione con l’insegnamento comune dei santi Padri, del pontefici romani, dei sinodi provinciali, dei Dottori della Chiesa universale, dei teologi e dei canonisti”. A dispetto del regolamento interno, i moderatori gli rifiutano la parola.

23 settembre 1964 ­ I moderatori aprono il dibattito sulla libertà religiosa. L’argomento è trattato come una dichiarazione indipendente. I cardinali americani si aspettano molto da questa dichiarazione. I cardinali Cushing (Boston), Ritter (Saint-Louis) e Meyer (Chicago) spiegano che la Chiesa deve mostrarsi “al mondo intero come il campione della libertà umana e civile in materia di religione”. Essi appoggiano il progetto redatto dal cardinale Bea e sottolineano che la libertà religiosa è un diritto naturale dell’uomo. Il cardinale Silva Henriquez (Santiago del Cile) vede in questo testo una solida base per impegnare un grande movimento ecumenico. 
Ma subito prendono la parola coloro che si oppongono al documento. Il cardinale Ottaviani spiega che è esagerato affermare che colui che obbedisce alla sua coscienza “è degno di rispetto”, egli ricorda “il principio in base al quale ogni individuo che ha il diritto di seguire la sua coscienza deve presupporre che questa coscienza non sia contraria al diritto divino”. Egli aggiunge che è estremamente grave dichiarare che ogni tipo di religione è libera di diffondersi. Il cardinale Ruffini fa notare che questo testo rischia di promuovere l’indifferentismo religioso e che esso non dice niente di più di quello che è detto dalle Nazioni Unite nella Dichiarazione Universale del 1948. Inoltre critica certi passi che lasciano intendere che lo Stato non avrebbe il diritto di favorire una data religione. I cardinali Quiroga y Palacios e Bueno y Monreal (Siviglia) rigettano il testo. Essi lo accusano di predicare una dottrina nuova contraria alla Tradizione e denunciano una chiara influenza del “liberalismo che la Chiesa ha così spesso condannato”. Ricordano anche che “solo la Chiesa cattolica ha ricevuto da Cristo il mandato per predicare a tutte le nazioni, oggettivamente parlando nessun’altra dottrina ha il ‘diritto’ di diffondersi”.

24 settembre 1964 ­ La dichiarazione sulla libertà religiosa è mandata alla revisione.
Ad ogni intervento appare sempre più chiaramente che il testo non passerà tanto facilmente, come sperato dai moderatori. Dopo che il cardinale König tenta di difenderlo, le critiche si fanno ancora più forti. Il cardinale Browne e mons. Parente (della Curia) accusano il testo di subordinare i diritti di Dio a quelli dell’uomo e alla sua libertà. Il Padre Fernandez, Superiore generale dei Domenicani, spiega chiaramente che questa dichiarazione sulla libertà religiosa è affetta da naturalismo. Mons. Colombo, teologo personale del papa, tenta un’ultima volta di difendere il testo del cardinale Bea. Nondimeno, la dichiarazione non è adottata e dev’essere rivista.

25 settembre 1964 ­ Apertura del dibattito sulla dichiarazione, riveduta, sulla “Attitudine dei cattolici nei confronti dei non cristiani e specialmente nei confronti dei giudei”.
Il cardinale Bea legge un rapporto sulla revisione del testo: la frase che discolpa i giudei dalla crocifissione di Cristo è stata soppressa dal documento. Ma il cardinale ricorda che non si può considerare “l’insieme” del popolo ebraico dell’epoca come fosse un popolo, mentre i capi del sinedrio non potrebbero essere accusati della colpa formale di deicidio poiché avrebbero agito senza conoscere la divinità di Cristo.
Come al momento della seconda sessione, il dibattito diviene rapidamente  agitato. 
“Gli argomenti proposti sono quasi sempre gli stessi”, nota Henri Fesquet in Le Monde.

29 settembre 1964 ­ Il cardinale Santos, arcivescovo di Manila, accetta il compito di portavoce del Coetus Internationalis Patrum presso il Sacro Collegio.
Il Coetus è un gruppo di opposizione fondato da mons. De Proença Sigaud, arcivescovo di Diamantina in Brasile. Il suo scopo è di frenare le spinte progressiste dell’Alleanza Europea e “di orientare il concilio nella linea dottrinale tradizionalmente seguita dalla Chiesa”.
In seguito alla coraggiosa decisione del cardinale Santos, il Coetus si organizza: uffici, personale, materiale per la stampa. Esso decide quindi una riunione settimanale: ogni martedì sera propone ai Padri che ne fanno parte una conferenza di studio per “analizzare gli schemi del concilio con dei teologi, alla luce della dottrina tradizionale della Chiesa e dell’insegnamento dei sovrani pontefici”. Queste conferenze di studio sono patrocinate dai cardinali Santos, Ruffini, Larraona e Browne.
Molto presto, i lavori del Coetus ottengono una risonanza notevole: esso pubblica circolari, commenti sugli schemi, interventi di teologi, programmi d’azione al momento dei dibattiti…
L’Alleanza Europea non sopporta di essere contraddetta in tal modo, così contrario ai suoi piani. Secondo uno dei cardinali dell’Alleanza, mons. De Proença Sigaud “è buono per essere spedito nella luna”. Il Coetus attira i fulmini della stampa e dei media.
Il padre Ratzinger, teologo personale del cardinale Frings, confida con amarezza che i liberali hanno creduto troppo presto di aver vinto ottenendo la maggioranza nelle commissioni. Pensando di avere la mani libere nel concilio, ora devono riconoscere che incontrano delle resistenze di cui bisognerà tenere conto.

29 settembre 1964 ­ Dopo numerose modifiche, il testo sui religiosi viene sottoposto ai Padri conciliari come base per la discussione.
L’Unione Romana dei Superiori Maggiori si riunisce per decidere sul comportamento da adottare il giorno del dibattitto. Ne risulta che il testo attuale, notevolmente alterato sotto l’influenza del cardinale Döpfner e di mons. Huyghe (Arras) non è soddisfacente. Nondimeno, sembra chiaro che i due prelati non sono riusciti a modificare il documento come avrebbero voluto; molto verosimilmente essi cercano di fare rigettare il testo perché si riscriva uno schema che corrisponda alle loro vedute. L’Unione Romana decide dunque di non rigettare il testo ma di cercare di migliorarlo avanzando delle riserve e presentando delle proposizioni emendative. Strategia!

29 settembre 1964 ­ La minoranza si organizza.
Un voto d’insieme sulla collegialità dà come risultato 1624 voti a favore dei testi, 572 propongono delle modifiche e 42 li rigettano. Molti delle 572 richieste di modifica erano state preparate dal Coetus Internationalis Patrum.
La commissione teologica affida allora alla sotto-commissione sulla collegialità di rivedere il testo dello schema alla luce delle modifiche proposte. In questa sotto-commissione siedono: mons. Schröffer (Eichstatt), mons. Volk (Magonza), mons. Heuschen (Liegi), ma anche i Padri Rahner, Ratzinger, Thils, Dhanis e Moeller. Molto rapidamente i membri del Coetus, come mons. Staffa, si rendono conto che la sotto-commissione scarterà le richieste di modifica provenienti dalle loro fila. Mons. Staffa scrive a Paolo VI per lamentarsene: egli spiega al papa che il testo previsto permetterà una interpretazione estremistica della nozione di collegialità; lo scopo della sotto-commissione sarà quello di fare ammettere che l’unico soggetto del potere supremo è il collegio dei vescovi e non il papa personalmente.
Congiuntamente, 35 cardinali e superiori generali scrivono al papa mettendolo in guardia: il testo che la sotto-commissione sta preparando è effettivamente molto ambiguo; esso tende a “dimenticare” il potere del papa nella Chiesa. Il papa si rifiuta di credervi.

30 settembre 1964 ­ Lo schema sulla Rivelazione divina, ora rivisto, viene presentato ai Padri conciliari. Di nuovo si confrontano due tendenze: mons. Franic (Yugoslavia), membro della commissione teologica, spiega che il nuovo schema è “notevolmente manchevole” perché non parla dell’integralità della Tradizione, ma solo della Tradizione che ci è nota per mezzo della Scrittura. Mons. Compagnone (Anagni) mette in guardia contro questo schema che si allontana dalla dottrina del concilio di Trento e del Vaticano I. Al contrario, i cardinali Döpfner e Léger elogiano il testo e si felicitano del modo con cui sia stato superato il problema delle due fonti (Scrittura e Tradizione).

30 settembre 1964 ­ I principali vescovi dell’Africa si riuniscono per discutere del testo sulle missioni. Insieme con numerosi Padri conciliari missionari, sono scontenti del documento, essi vogliono che venga sostituito con un “contro-schema” redatto sotto la direzione di mons. Van Valemberg, vescovo titolare di Colombo.

2 ottobre 1964 ­ In occasione della riunione settimanale alla Domus Mariae, i vescovi dell’Alleanza Europea ricevono la consegna di tirare a lungo nelle discussioni e nei dibattiti. In effetti, i capi dell’Alleanza hanno fatto pubblicare recentemente delle aggiunte al progetto sulla Chiesa nel mondo moderno. Questo testo (che sarà la futura costituzione Gaudium et spes) dovrà essere un compendio di insegnamenti liberali, ma per raggiungere lo scopo, l’Alleanza ha bisogno di tempo, per assicurarsi i sostegni necessari al momento del dibattito e del voto in vista dell’adozione del nuovo testo.

7 ottobre 1964 ­ Si discute lo schema sull’apostolato dei laici. Malgrado alcune opposizioni (il cardinale Browne, mons. Fernandez), molti interventi giudicano che lo schema non andrà lontano. Il cardinale Ritter e mons. D’Souza (Bhopal) lo trovano improntanto di clericalismo. Mons. D’Souza propone una “riorganizzazione radicale da operare dovunque nella Chiesa”. Egli ricorda il fatto che ai laici si debba riconoscere nella Chiesa pari dignità e ufficio; secondo lui, i chierici debbono smetterla di usurpare le responsabilità che competono ai laici. Egli propone che i laici svolgano delle funzioni in seno alla Curia romana.

9 ottobre 1964 ­ Il cardinale Bea, con voce triste, annuncia al suo Segretariato che gli schemi sulla libertà religiosa e sui giudei debbono essere notevomente ridotti; come vuole il Segretariato generale.

13 ottobre 1964 ­ Per la prima volta, un laico prende la parola nell’aula conciliare. Si tratta di Patrick Keegan, un inglese, presidente del Movimento Mondiale dei Lavoratori Cristiani. Egli invita i chierici ad utilizzare meglio l’apostolato laico come un “nuovo dinamismo della Chiesa” e dichiara di attendere con impazienza il famoso schema XIII (Gaudium et spes) sui rapporti tra la Chiesa e il mondo. Il suo intervento è molto applaudito.
Molti Padri conciliari si lamentano che lo schema sull’apostolato dei laici mette troppo in vista il modello dell’Azione Cattolica. Si annuncia che sarà rivisto e ripresentato nella quarta sessione.

13 ottobre 1964 ­ Apertura del dibattito a proposito del testo sui preti. Mentre questo argomento aveva suscitato poco interesse fino ad allora, si vedono intervenire numerosi Padri conciliari con delle lunghe dichiarazioni. 14 Padri prendono la parola. Il dibattito, la cui durata era prevista di un giorno, prosegue l’indomani.

15 ottobre 1964 ­ 8 Padri conciliari intervengono ancora sul testo che tratta dei preti, fra di essi il cardinale Alfrink.

15 ottobre 1964 ­ Si apre il dibattito sul testo che tratta delle Chiese orientali cattoliche. La discussione durerà 5 giorni. Il patriarca Maximos IV (melchita) critica il documento e la sua nozione di patriarcato, che egli giudica inammissibile ed erronea. Mons. Doumith, vescovo maronita di Sarba, nel Libano, spiega che il testo tratta le Chiese orientali con leggerezza e disinvoltura.

19 ottobre 1964 ­ Il testo sui preti è messo ai voti: 1199 a favore, 930 contro. Il testo viene rinviato alla commissione per essere rivisto. I liberali sperano che sarà depurato dagli elementi che reputano indesiderabili ed arricchito con nuove proposizioni.

20 ottobre 1964 ­ Si discute lo schema sulla Chiesa nel mondo moderno.
Si apre il dibattito sullo schema sulla Chiesa nel mondo moderno. Il cardinale Suenens è colui che ha ispirato il documento: nominato responsabile del progetto da Giovanni XXIII, nel 1962, viene incaricato della presidenza della commissione coordinatrice e si preoccupa di agire abilmente perché i liberali partecipino numerosi alla redazione dello schema: Mons. Schröffer (Eichstatt), mons. Hengsbach (Essen), padre Häring.
Il primo a prendere la parola è il moderatore cardinale Lercaro. Egli spiega che lo schema non potrà essere discusso seriamente, né potrà essere rivisto e adottato prima della prossima sessione. Riscuote gli applausi dei membri dell’Alleanza. Il cardinale Döpfner appoggia la proposizione del cardinale Lercaro con una lunga dichiarazione fatta a nome di 83 Padri germanofoni e dei paesi nordici.

21 ottobre 1964 ­ Un terzo moderatore, il cardinale Suenens, prende la parola per chiedere il rinvio. Mons. Heenan, archivescovo di Westminster, che aveva fondato un gruppo di opposizione (la Conferenza di San Paolo), attacca violentemente lo schema e non esita ad affermare che è “indegno di un concilio ecumenico della Chiesa. Meglio stare zitti piuttosto che dire delle banalità e delle nullità”; egli chiede che il testo sia abbandonato e rigettato e che si affidi la redazione di un nuovo testo a dei laici, che sull’argomento saranno molto più capaci! Fa anche notare che gli allegati allo schema non debbono rimanere nascosti nell’ombra e che occorre discuterne. In questo nuovo testo egli scorge solo delle “teorie di uno o due teologi”.
Questa messa in dubbio dei sacrosanti esperti suscita un nobile impeto oratorio di dom Reez, secondo cui non bisogna biasimare i teologi, ma, al contrario, “bisogna amarli e lodarli”.

21 ottobre 1964 ­ Voto dei Padri conciliari sul testo riguardante le Chiese orientali cattoliche. 719 voti sono per degli emendamenti, ma la commissione per le Chiese orientali ignora le modifiche proposte e rivede appena il testo.

29 ottobre 1964 ­ Si vota il testo sulla Santissima Vergine Maria: 1559 approvazioni, 521 proposte di modifica, 10 voti contro.

29 ottobre 1964 ­ Si apre il dibattito sull’articolo 21 dello schema sulla Chiesa nel mondo moderno. L’articolo è intitolato: “La santità del matrimonio e la famiglia”. Il cardinale Léger si felicita per il fatto che il testo, a proposito della procreazione e dell’amore coniugale, evita le espressioni “fine primario” e “fine secondario”. Egli chiede che il documento non parli dell’amore coniugale semplicemente in funzione della fecondità: occorre affermare che l’atto coniugale è “legittimo anche se non direttamente volto alla procreazione”.
Il cardinale Suenens chiede che il concilio prenda delle decisioni più chiare a favore della limitazione delle nascite. Egli invita i Padri ad interrogarsi per sapere se la Chiesa ha sempre veramente “saputo mantenere in perfetto equilibrio i diversi aspetti della dottrina sul matrimonio”; se non abbia troppo insistito sul “crescete e moltiplicatevi”, dimenticando “ed essi saranno una sola carne”; egli conclude: “Io vi prego, Padri, non facciamo un nuovo processo a Galileo nei confronti della contraccezione.”
Il cardinale Ruffini difende la dottrina della Chiesa contraria alla contraccezione.

30 ottobre 1964 ­ Il cardinale Ottaviani ragisce fermamente alle argomentazioni del cardinale Suenens sul matrimonio: “Io deploro che il testo affermi che le coppie sposate possano fissare il numero dei figli che avranno. Mai la Chiesa ha affermato una cosa simile.” Si dice stupefatto che il cardinale Suenens possa mettere in dubbio la giustezza della posizione tenuta dalla Chiesa sul matrimonio: “Questo significa che si mette in dubbio l’inerranza della Chiesa?” Del pari, mons. Hervas y Bener (Spagna) sottolinea che il documento non ha molto di soprannaturale: “Noi non siamo qui per redigere un documento filosofico o edonista, puramente tecnico o scientifico, ma per redigere un documento cristiano”.

3 novembre 1964 ­ Il Segretariato Vescovi reagisce contro l’articolo 35 dello schema sull’ufficio pastorale dei vescovi nella Chiesa. In effetti, quest’articolo è una nuova espressione della sfiducia dei vescovi nei confronti dei religiosi. Esso tratta delle relazioni tra i vescovi e i religiosi e dà all’ordinario del luogo un diritto di supervisione senza limiti nei confronti delle scuole cattoliche tenute da religiosi: cura delle ànime, predicazione, istruzione religiosa, educazione, disciplina, studi, personale, spese scolastiche, igiene…

5 novembre 1964 ­ Le discussioni sulla schema sulla Chiesa nel mondo moderno vengono rinviate, per continuare il dibattito sulle missioni.

6 novembre 1964 ­ Paolo VI, nell’aula conciliare,  sostiene ufficialmente il testo sulle missioni.

7 novembre 1964 ­ Dopo essere stato convocato da Paolo VI, il cardinale Suenens prende la parola nell’aula conciliare. Egli nega di aver messo in dubbio l’insegnamento autentico della Chiesa sul matrimonio ed afferma che tutto quello che riguarda la limitazione delle nascite attiene alla sola autorità suprema del Santo Padre.

9 novembre 1964 ­ Dopo due giorni di dibattito, il testo sulle missioni è rigettato con 1601 voti contro 311.

9 novembre 1964 ­ Un liberale estremista commette l’imprudenza di spiegare per iscritto come si potrà approfittare dei passaggi ambigui dello schema De Ecclesia, dopo il concilio, al fine di rimettere in questione il potere supremo del papa.
Il documento cade in mano di uno dei 35 cardinali che avevano scritto a Paolo VI contro la collegialità e quindi è inviato al Santo Padre, il quale leggendolo scoppia in lacrime: era stato ingannato!

10 novembre 1964 ­ Paolo VI esige che lo schema sulla collegialità sia chiarificato in ciascuno dei suoi passi ambigui, e per evitare ogni falsa interpretazione egli chiede alla commissione teologica di preparare una “nota esplicativa preliminare”, in cui si ricorda che il papa è l’elemento costitutivo necessario ed essenziale dell’autorità del collegio episcopale.

10 novembre 1964 ­ Si vota per sapere se lo schema sulla Chiesa nel mondo moderno debba essere rivisto come base per una discussione ulteriore. Questa soluzione passa con 1579 voti. Solo 296 Padri rigettano lo schema nel suo insieme. I liberali portano a segno un altro colpo, con l’aiuto parziale dei moderati. Gli allegati devono essere inseriti nel nuovo schema. Sotto gli auspici del cardinale Suenens questo sarà fatto il 30 dicembre 1964.

10 novembre 1964 ­ Si apre il dibattito sulla vita religiosa: durerà 3 giorni. I cardinali Döpfner e Suenens cercano di dimostrare che il documento è inaccettabile perché non tratta a sufficienza dei problemi dell’adattamento e della modernizzazione della vita religiosa. Tuttavia, il piano d’azione dell’Unione Romana dei Superiori Maggiori, affiancato da quello del Segretariato Vescovi, si dimostra efficace, malgrado una controffensiva di mons. Charue (Namur) e del padre Buckley (marista).

12 novembre 1964 ­ Si vota per sapere se lo schema sulla vita religiosa può servire da base per la discussione: 1155 voti a favore, 882 contro.
Lo stesso giorno, apertura del dibattito sul testo che tratta della formazione sacerdotale. Cinque giorni dopo il testo viene adottato con la condizione che vi si apportino dei cambiamenti.

16 novembre 1964 ­ Paolo VI dà lettura della “nota esplicativa preliminare” che ricorda la dottrina tradizionale sul potere del papa nella Chiesa. Egli esige l’assenso dei Padri sul suo contenuto.

17 novembre 1964 ­ Viene distribuito ai Padri conciliari lo schema rivisto sulla libertà religiosa. Si annuncia che esso sarà votato giovedì 19 novembre.
La stessa sera si riunisce il Coetus per studiare il nuovo schema. Ci si rende conto che il testo è stato completamente modificato, al punto da subire una vera trasformazione. Il gruppo del Coetus decide di avvalersi dell’articolo 30 del regolamento interno per chiedere di differire il voto fino alla prossima sessione, al fine di avere il tempo per esaminare questa nuova stesura.

18 novembre 1964 ­ Il cardinale Tisserant, decano dei cardinali presidenti, decide di non dar corso alla richiesta del Coetus, ma di porre ai voti l’applicazione dell’articolo 30.

18 novembre 1964 ­ Il testo sulla Santissima Vergine Maria, rivisto alla luce dei 521 voti “iusta modum”, viene posto ai voti: è accettato col 99% dei consensi.
Gli osservatori protestanti  esprimono il loro dispiacere e la loro delusione, facendo notare che il testo non corrisponde alle tendenze ecumeniche. Il professor Cullmann spiega che si era sperato “in una messa in sordina dei rapporti fondamentali con la Vergine Maria”.
Di nuovo si dimostra che la fazione tradizionale riesce a farsi valere quand’è organizzata.

19 novembre 1964 ­ Lo schema sulla Chiesa, rivisto in base alle richieste di Paolo VI e agli emendamenti proposti dal Coetus, è messo ai voti, insieme alla “nota esplicativa preliminare”. Viene approvato con 2134 voti contro 10.

19 novembre 1964 ­ Mons Carli, vescovo di Segni e membro del Coetus, reclama presso il tribunale amministrativo del concilio e spiega che il cardinale Tisserant non può mettere ai voti l’applicazione di un articolo del regolamento (cf. 18 novembre). Pochi minuti dopo il cardinale Tisserant è obbligato a ritirare la sua decisione, egli annuncia che il nuovo schema sulla libertà religiosa, in quanto sostanzialmente diverso dal primo, necessita di uno studio approfondito, quindi sarà votato nella prossima sessione.

19 novembre 1964 ­ Si accende un’aspra lotta attorno al rinvio del voto sul documento sulla libertà religiosa. L’aula conciliare entra in subbuglio. I Padri americani esplodono in collera. Il cardinale Meyer e tre suoi compatrioti lanciano subito una petizione perché lo schema sia votato entro la presente sessione. Nella basilica in effervescenza si formano dei gruppi, circolano petizioni, ci si accapiglia. Scorrono frasi violente e colleriche. Il cardinale Meyer, accompagnato dai cardinali Ritter e Léger, salgono dal papa e lo supplicano perché si voti. Ma non c’è niente da fare. Il cardinale Döpfner, moderatore del giorno, è obbligato a ratificare la dichiarazione che il cardinale Tisserant aveva già fatto controvoglia.

20 novembre 1964 ­ Diverse centinaia di Padri si lamentano col papa che i loro emendamenti non sono stati presi in considerazione nella revisione della schema sull’ecumenismo. Preoccupato di limitare i voti contrari, Paolo VI esige dal cardinale Bea che, in vista della revisione dello schema, vengano esaminati 40 emendamenti ritenuti conservatori. I liberali sono furiosi, ma lo schema così rivisto viene approvato con 2054 voti contro 64.

20 novembre 1964 ­ La dichiarazione sui giudei è stata rivista. Intitolato “Delle relazioni fra la Chiesa e le religioni non cristiane”, questo testo, dopo aver trattato delle religioni non cristiane nel loro insieme, studia brevemente e in successione l’induismo, il buddismo, l’islam e il giudaismo.
1651 Padri approvano il documento, 99 lo rigettano, 242 propongono delle modifiche.

21 novembre 1964 ­ Voto definitivo sull’adozione del testo sulle Chiese orientali, appena rivisto. 2110 a favore, 39 contro. Il papa promulga il testo, che diventa decreto. Il posto delle Chiese orientali cattoliche in seno alla Chiesa universale non è sempre chiaramente definito, ma vi sono delle aperture per un dialogo ecumenico con gli orientali scismatici.

21 novembre 1964 ­ Alla fine della terza sessione vi sono dei malumori dei Padri contro Paolo VI.
Chiusura della terza sessione. I padri conciliari liberali sono molto scontenti per le ultime decisioni di Paolo VI. Quando questi risale la navata, sulla sua sedia gestatoria, molti vescovi restano impassibili e si rifiutano di applaudirlo. Alla benedizione del papa si segna solo un vescovo su dieci.
Dopo la Messa solenne, i Padri procedono al voto sulla costituzione dogmatica sulla Chiesa, quindi sul decreto sulle Chiese orientali cattoliche e sul decreto sull’ecumenismo.
Al momento dell’allocuzione di chiusura, Paolo VI attribuisce alla Vergine Maria il titolo di “Madre della Chiesa”. Alcune conferenze episcopali, come quelle della Germania e dei paesi nordici, vi si erano largamente opposte nel corso dei dibattiti, poiché vi vedevano un ostacolo all’ecumenismo.

 



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Prima sessione: 11 ottobre 1962 = 8 dicembre 1962
Seconda sessione: 29 settembre 1963 = 4 dicembre 1963 (compreso il periodo di intersessione)
Quarta sessione: 14 settembre 1965 = 8 dicembre 1965 (compreso il periodo di intersessione)




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Caterina63
00mercoledì 4 luglio 2012 13:58

Il  Concilio giorno per giorno

 

Dal sito UnaVox che ringraziamo

Quarta sessione: 14 settembre 1965 - 8 dicembre 1965

 

V ­ Quarta sessione: 14 settembre 1965 ­ 8 dicembre 1965

A ­ Terza intersessione: alcune scaramucce preliminari.

25 luglio 1965 ­ Mons. De Proença Sigaud, mons. Lefébvre e dom Prou indirizzano una lettera al papa. In virtù del regolamento interno, essi chiedono che il Coetus possa comunicare in aula, prima del voto, un rapporto contrario sugli schemi sulla libertà relgiosa, sulla Rivelazione divina, sulla Chiesa nel mondo moderno e sulle relazioni tra la Chiesa e le religioni non cristiane. Essi spiegano che questi rapporti sono l’espressione del Coetus, che rappresenta dozzine di Padri conciliari.

11 agosto 1965 ­ Il cardinale Cicognani, Segretario di Stato, risponde a nome del papa alla lettera del Coetus. Egli sottolinea che Paolo VI si dice sorpreso e disapprova che possa esistere un “gruppo internazionale di Padri che seguono la medesima opinione in materia teologica e pastorale”, e cioè un “gruppo particolare in seno al concilio”. Egli ritiene che questo possa privare i Padri conciliari della loro libertà di giudizio e di scelta, che invece dev’essere salvaguardata al di là di ogni giudizio particolare. Inoltre, egli ritiene che gruppi simili accentuino le divergenze e le divisioni…
Non solo la lettera del cardinale Cicognani sembra ignorare l’esistenza dell’Alleanza Europea, ma non tiene in alcun conto l’articolo 57 § 3 del regolamento interno: “È fortemente auspicabile che i Padri conciliari che intendono sostenere degli argomenti simili, si raggruppino e designino uno di loro per prendere la parola a nome di tutti”.
In realtà, questa lettera del cardinale Cicognani è la conseguenza di una controffensiva condotta dai liberali: vedendo che i gruppi conservatori incominciavano a riportare dei successi, decidono di neutralizzarli. I cardinali Döpfner e Suenens andarono a lamentarsi con Paolo VI del gruppo di opposizione “Segretariato Vescovi”, accusandolo di disturbare i dibattiti e le votazioni esercitando delle pressioni in seno all’aula…

13 agosto 1965 ­ Dopo la recente pubblicazione del nuovo schema sulla libertà religiosa, mons. De Proença Sigaud, mons. Lefébvre e dom Prou (Superiore generale della congregazione benedettina di Francia) si riuniscono a Solesmes per decidere la strategia da adottare.

20 agosto 1965 ­ Mons Carli, mons. Lefébvre e mons. De Proença Sigaud inviano una nuova lettera al papa, in risposta a quella del cardinale Cicognani, ma senza ottenere risposta.

B ­ Quarta sessione

14 settembre 1965 ­ Giorno di apertura della quarta sessione.
Nel suo discorso introduttivo Paolo VI annuncia la creazione di un Sinodo episcopale, che sarà convocato dal papa per essere consultato quand’egli lo giudicherà opportuno.

14 settembre 1965 ­ Distribuzione di un testo rivisto sull’ateismo, facente parte dello schema sulla Chiesa nel mondo moderno.
Da due anni, diverse centinaia di Padri si aspettavano uno speciale documento del concilio col quale si denunciassero gli errori del marxismo, del socialismo e del comunismo sulla base di argomentazioni filosofiche, sociali ed economiche. Il sostenitore di questa richiesta era stato mons. De Proença Sigaud. Ma Paolo VI non aveva mai dato seguito a questa aspettativa.
Il nuovo documento distribuito il 14 settembre 1965 non parla esplicitamente del comunismo.

15 settembre 1965 ­ Si apre la discussione sullo schema sulla libertà religiosa. In base all’articolo 33 § 7 del regolamento interno, il Coetus chiede l’autorizzazione di leggere un rapporto sulla libertà religiosa. I moderatori decidono di ignorare la richiesta e di non applicare il regolamento.

20 settembre 1965 ­ Voto per l’adozione dello schema sulla Rivelazione divina.
I Padri esprimono molte riserve, in particolare per ciò che concerne i rapporti tra Scrittura e Tradizione (articolo 9); l’inerranza delle Scritture (articolo 11); la storicità dei Vangeli (articolo 19). Si confrontano diverse scuole di pensiero teologico e la commissione segue una visione ecumenica.

21 settembre 1965 ­ Si apre il dibattito sullo schema sulla Chiesa nel mondo moderno. Globalmente, tutti gli oratori che intervengono si dichiarano insoddisfatti: il testo è superficiale, confuso, troppo timido, incompleto… Il documento viene rinviato per una dettagliata revisione.
In quei giorni, Paolo VI va negli Stati Uniti e loda il modello di pace, di concordia e di libertà americana. Apporta anche il suo sostegno alle Nazioni Unite.

27 settembre 1965 ­ Viene messo ai voti lo schema sull’apostolato dei laici. Fioccano gli emendamenti. Il testo viene modificato in più di 150 punti.

29 settembre 1965 ­ Mons Carli diffonde una lettera-petizione redatta insieme a 26 vescovi, nella quale si elencano 10 ragioni per condannare il comunismo nel corso del concilio. Mons. De Proença Siguad e mons. Lefébvre lo aiutano a diffondere il documento.

7 ottobre 1965 ­ Apertura del dibattito riguardante lo schema sulle missioni. Poche le reazioni. Due mesi più tardi, il 7 dicembre, lo schema sarà adottato con 2394 voti a favore e 4 contro.

8 ottobre 1965 ­ Il Coetus invia al papa un memorandum sull’articolo 11 dello schema sulla Rivelazione divina. Il papa riceve insieme numerose proteste sugli altri due articoli disputati.

9 ottobre 1965 ­ La lettera-petizione di mons. Carli, volta a far condannare il comunismo, ottiene l’appoggio di 450 Padri conciliari. Il documento è inviato al Segretariato generale del concilio da mons. De Proença Sigaud e da mons. Lefébvre. Normalmente dovrebbe essere trasformato in emendamento e, in base al regolamento, stampato e portato a conoscenza dei Padri per essere sottoposto al voto.

11 ottobre 1965 ­ Due giorni prima che si arrivi alla discussione dello schema sul sacerdozio, Paolo VI fa leggere in aula una lettera. Egli intende tagliar corto sui tentativi di influenza circa la messa in discussione del celibato sacerdotale. Giudica inopportuno affrontare una questione simile nell’aula conciliare e precisa che il mantenimento del celibato sacerdotale dev’essere ribadito e rafforzato.

18 ottobre 1965 ­ Paolo VI fa recapitare al cardinale Ottaviani, presidente della commissione teologica, un’elenco di osservazioni riguardanti gli articoli 9, 11 e 19 dello schema sulla Rivelazione divina. Il cardinale Ottaviani, che era stato messo in minoranza nella sua stessa commissione dall’Alleanza europea, ne è sollevato: il papa vuole che si apportino delle modifiche ai tre articoli dibattuti.

18 ottobre 1965 ­ Il decreto sul “rinnovamento appropriato delle vita religiosa” viene adottato con 2321 voti a favore e 4 contro.
Il decreto sulla “formazione sacerdotale” viene adottato con 2318 voti a favore e 3 contro.
Si apre il dibattito sulla schema sull’educazione cristiana. Il cardinale Spellman dichiara che il testo dovrebbe richiamare gli Stati al loro dovere, invitandoli a sovvenzionare le scuole cristiane, che sono troppo onerose per molte famiglie. Il cardinale Léger dichiara che il testo è debole. Mons. Henriques (ausiliario dell’arcivescovo di Caracas) critica lo schema: pone troppo l’accento sulle scuole cattoliche, secondo lui, piuttosto che formare dei “giardini chiusi”, bisognerebbe preparare degli insegnanti cattolici ed inviarli nelle scuole pubbliche per diffondere la verità.

19 ottobre 1965 ­ Secondo la volontà del Santo Padre, la commissione teologica si riunisce per rivedere i tre articoli disputati dello schema sulla Rivelazione divina. Per l’articolo 9 si aggiunge: “quindi, non è solo dalla sacra Scrittura che la Chiesa trae la sua certezza su tutto ciò che è stato rivelato”. Per l’articolo 11, la commissione appronta un altro enunciato appena meno vago, lasciando credere che nei Vangeli è senza errore solo ciò che riguarda la salvezza. Per l’articolo 19, la commissione modifica il testo nel senso voluto dagli emendamenti di 158 Padri. Il papa era intervenuto personalmente per sostenere la loro posizione.

27 ottobre 1965 ­ Viene messa ai voti la quinta versione dello schema sulla libertà religiosa. Vengono presentati centinaia di emendamenti. Il testo dovrà essere nuovamente rivisto.

28 ottobre 1965 ­ Il documento sull’atteggiamento dei cattolici nei confronti dei non cristiani e in particolare dei giudei, ottiene 2221 voti a favore contro 88. Pochi giorni prima Paolo VI aveva sostenuto il documento.

28 ottobre 1965 ­ Voto definitivo sull’adozione del testo sull’educazione cristiana. 2290 voti a favore, 35 contro.

28 ottobre 1965 ­ Voto definitivo sullo schema sull’ufficio pastorale dei vescovi nella Chiesa. Il testo, conformemente agli sforzi prodotti dal Segretariato Vescovi, assicura ai religiosi che gestiscono delle scuole una legittima autonomia nei confronti dell’ordinario del luogo. Lo schema viene adottato con 2319 voti a favore e 2 contro.

12 novembre 1965 ­ Viene distribuito un nuovo testo sul matrimonio. Lo schema è talmente cambiato che ci si trova al cospetto di un testo del tutto diverso da quello esaminato nel corso della terza sessione. Ambiguo, questo nuovo testo può essere interpretato in modo da lasciare intendere che gli sposi hanno la libertà di usare o meno dei contraccettivi artificiali, a condizione che non si perda di vista l’amore coniugale.

13 novembre 1965 ­ Viene distribuito un nuovo testo sull’ateismo. Nella relazione ufficiale che l’accompagna non si parla affatto della lettera-petizione di mons. Carli, in cui si chiedeva la condanna del comunismo. Ancora una volta il regolamento non viene rispettato. Lo stesso giorno mons. Carli se ne lamenta col presidente del concilio. Si farà un’inchiesta.

14 novembre 1965 ­ Il documento sul matrimonio ottiene 1596 voti a favore, 72 contro e 484 richieste di emendamento. Ma la sottocommissione incaricata di rivedere lo schema scarta quegli emendamenti giudicati troppo conservatori.

15 novembre 1965 ­ Apertura del dibattito sul documento sull’ateismo.
Dal momento che sono state ignorate le 450 firme depositate da mons. De Proença Sigaud e da mons. Lefébvre, il Coetus Internationalis Patrum deposita una richiesta di emendamento perché nel documento sia contenuta una condanna del comunismo.

17 novembre 1965 ­ Viene distribuita ai Padri la sesta versione dello schema sulla libertà religiosa. Il Coetus riconosce dei miglioramenti notevoli relativi alla menzione della “vera religione”, ma il criterio principale della libertà religiosa resta quello del giusto ordine pubblico, e la cosa è insufficiente. Il Coetus ricorda che il vero criterio è il bene comune. In più il Coetus disapprova che si possa affermare la neutralità dello Stato in materia religiosa come condizione normale, e, appoggiandosi in particolare a Pio XII, sottolinea che la condizione normale è la collaborazione tra la Chiesa e lo Stato.

18 novembre 1965 ­ Lo schema definitivo sulla Rivelazione divina è approvato con 2344 voti a favore e 6 contro. Subito il documento viene promulgato dal papa.

19 novembre 1965 ­ Si vota lo schema sulla libertà religiosa. 249 voti contro e 1854 a favore. Mons. Di Meglio, specialista in diritto internazionale, ritiene che “tanti voti negativi, per uno schema sprovvisto di valore dogmatico, costituiscono un fattore di grande importanza per lo studio futuro di questa dichiarazione”.

19 novembre 1965 ­ Con 1457 voti a favore e 419 contro, lo schema sull’educazione cristiana viene mantenuto ma dovrà essere soggetto a revisione.

22 novembre 1965 ­ Mons. Hannan, arcivescovo di Nuova Orleans, prepara una lettera per attaccare 2 articoli specifici dello schema sulla Chiesa nel mondo moderno: quelli sulla guerra e sulle armi nucleari. Mons. Hannan denuncia una visione semplicistica e troppo pacifista della realtà del mondo attuale, e spiega che il documento ha torto a giudicare illecita ogni utilizzazione delle armi nucleari, al punto da condannare ogni nazione che le possiede. Egli inoltre si oppone al testo ove afferma che la guerra “non è un mezzo adatto a restaurare i diritti violati”. Spiega anche che il possesso delle armi nucleari è un eccellente mezzo di dissuasione. Molti cardinali firmano la sua lettera.

23 novembre 1965 ­ Il padre Ralph Wiltgen, giornalista e osservatore al concilio, fa sapere che è stato mons. Glorieux a bloccare le 450 firme della lettera-petizione contro il comunismo. Mons. Glorieux, di Lilla, era il segretario della commissione incaricata di redigere il documento sull’ateismo.

24 novembre 1965 ­ Paolo VI ordina che sia inserita una nota nel documento sull’ateismo, con la quale si richiama l’insegnamento della Chiesa sul comunismo, facendo riferimento a Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI.

25 novembre 1965 ­ In merito al capitolo sul matrimonio, Paolo VI reagisce con vigore. Comunica alla sotto-commissione quattro emendamenti che vuole si aggiungano al testo.

1. Chiede che si citi l’espressione “contraccettivi artificiali” e si dichiari che “avviliscono la dignità dell’amore coniugale e della vita familiare”. Al tempo stesso vuole che l’enciclica Casti Connubii di Pio XI sia citata come testo di riferimento. La commissione si adopererà per inserire l’espressione “contraccettivi artificiali”, adattando il resto con l’espressione “pratiche illecite contrarie alla generazione umana”. Quanto al riferimento all’enciclica di Pio XI, verrà omessa.
2. Paolo VI chiede la soppressione del termine “anche” nella frase: “la procreazione dei bambini è anche uno scopo del matrimonio”. La commissione provvederà.
3. Paolo VI si aspetta che il documento dichiari con chiarezza che il divieto dei contraccettivi artificiali deriva dal diritto naturale e dal diritto divino. Chiede che vengano citati Pio XI e Pio XII. La commissione si atterrà all’insieme della raccomandazione, ma anche stavolta ometterà le citazioni.
4. Paolo VI chiede di insistere sulla pratica della carità coniugale. La commissione ne terrà conto.


2 dicembre 1965 ­ Viene distribuita ai Padri conciliari la versione definitiva dello schema sulla Chiesa nel mondo moderno, vi sono inclusi gli articoli che trattano della guerra.

3 dicembre 1965 ­ Viene distribuita ai Padri la versione definitiva dello schema sul matrimonio. Molti si indignano per la mancata citazione della Casti Connubii. Viene precisato che il riferimento verrà inserito nel testo ufficiale dello schema.

3 dicembre 1965 ­ Mons. De Proença Sigaud lamenta che il documento sull’ateismo non si sia spinto più lontano. Il Coetus distribuisce una lettera a 800 Padri conciliari per ricordare loro di votare contro lo schema sulla Chiesa nel mondo moderno, visto che gli argomenti relativi al comunismo e alla guerra non sono soddisfacenti. Ma questo tentativo avrà poco effetto: solo 131 Padri su 800 voteranno contro il documento sull’ateismo.

4 dicembre 1965 ­ Paolo VI presiede una cerimonia ecumenica nella Basilica di San Paolo fuori le mura. Il papa ringrazia gli osservatori non cattolici per essere venuti al concilio e si rattrista per la loro prossima partenza. Il rev. Moorman, capo della delegazione anglicana, dichiara al papa: “La nostra presenza ha in vario modo contribuito al successo del concilio e al grande impegno riformatore che è stato intrapreso”.

6 dicembre 1965 ­ Ogni Padre conciliare riceve dal papa l’anello d’oro simboleggiante lo stretto legame che esiste tra il papa e i vescovi: l’anello conciliare. Il segretario generale dà lettura di una bolla papale che proclama un giubileo straordinario per il periodo 1 gennaio - 29 maggio 1966.
L’Osservatore Romano pubblica il decreto del Sovrano Pontefice sulla riorganizzazione della Curia romana: per cominciare è subito il Sant’Uffizio che viene rivisto. Cambierà nome, per diventare la “Sacra congregazione per la dottrina della fede”, e tra gli altri cambiamenti verrà abolito l’“indice”.

7 dicembre 1965 ­ Voto definitivo per l’adozione dello schema sulla libertà religiosa. 2308 voti a favore, 70 contro. L’appoggio ufficiale di Paolo VI al documento spiega come alla fine 179 Padri contrari abbiano votato a favore. 

7 dicembre 1965 ­ Voto definitivo per la promulgazione dello schema sul matrimonio: 2309 a favore, 75 contro.

7 dicembre 1965 ­ 2390 voti a favore e 4 contro permettono l’approvazione dello schema sul sacerdozio e i preti. Vi è chiaramente riaffermato il celibato sacerdotale.

7 dicembre 1965 ­ Voto definitivo per l’adozione dello schema sulla Chiesa nel mondo moderno: 2309 voti a favore, 75 contro, per la maggior parte membri del Coetus Internationalis Patrum.

8 dicembre 1965 ­ Cerimonia di chiusura in piazza San Pietro. 
Dopo una Messa celebrata dal Pontefice, questi benedice la prima pietra di una chiesa romana dedicata a “Maria Madre della Chiesa”, che servirà da memoriale del concilio.

Vengono inviati “al mondo” una gran quantità di messaggi, poi il papa consegna a mons. Felici il breve con cui chiude ufficialmente il Concilio Vaticano II, che, come affermato da Paolo VI, avrebbe permesso che 
il culto di Dio che si è fatto uomo è andato incontro al culto dell’uomo che si è fatto Dio” (discorso di chiusura).



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Prima sessione: 11 ottobre 1962 = 8 dicembre 1962
Seconda sessione: 29 settembre 1963 = 4 dicembre 1963 (compreso il periodo di intersessione)
Terza sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (compreso il periodo di intersessione)




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Caterina63
00sabato 25 agosto 2012 15:50

«Molti di coloro che hanno influsso nella riforma non hanno alcun amore, alcuna venerazione per ciò che ci è stato tramandato»


Brani scelti dagli scritti inediti del cardinale Ferdinando Antonelli sulla storia della riforma liturgica dal 1948 al 1970


Brani scelti dagli scritti inediti del cardinale Ferdinado Antonelli - di Gianni Cardinale


Finora la storia “ufficiale” della “riforma liturgica”, così come attuata dopo il Concilio Vaticano II, era stata l’opera monumentale dell’arcivescovo Annibale Bugnini – La riforma liturgica (1948-1975), Roma, Ed. Liturgiche, 1980 – uno degli architetti di questa riforma soprattutto nella fase immediatamente postconciliare.
E si trattava di un’opera encomiastica di come la riforma era stata attuata nel periodo postconciliare. Ora, a completare e a correggere – in senso critico – questa ricostruzione è arrivato un volume,
Il Card. Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970, che raccoglie scritti inediti del porporato, anche lui fra i protagonisti, soprattutto fino al Concilio, della riforma.
Si tratta dell’opera di un giovane frate cappuccino abruzzese, padre Nicola Giampietro, da due anni officiale della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
Il libro è pubblicato nella prestigiosa collana Studia anselmiana, edita dal Pontificio Ateneo Sant’Anselmo (Roma, 1998), specializzato proprio in studi liturgici.
L’«autorevole studio» (così l’ha definito l’
Osservatore Romano) è stato presentato a giugno dal cardinale Jorge Arturo Medina Estévez, prefetto della Congregazione per il culto divino, dal benedettino Cassian Folsom, propreside del Pontificio Istituto liturgico di Sant’Anselmo, e dallo storico della liturgia Jean Evenou.

Di seguito pubblichiamo alcuni brani inediti del cardinale Antonelli che padre Giampietro ha recuperato dagli archivi delle Congregazioni in cui il porporato ha lavorato, e anche dal Diario, sempre inedito, conservato tra le carte che il porporato ha lasciato nel convento francescano della Verna (si spera ovviamente che l’intero corpus antonelliano, in gran parte ancora inedito, venga reso pubblico).

Da questi scritti emerge l’entusiasmo di Antonelli per il rinnovamento liturgico così come auspicato dall’enciclica
Mediator Dei di Pio XII del ’47 (Antonelli è uno dei protagonisti della cosiddetta Commissione “piana” che ha operato quella parte del rinnovamento liturgico – e cioè la riforma del sabato santo e quella della settimana santa – attuata sotto il pontificato pacelliano). Ed emerge anche il giudizio positivo sui lavori conciliari e sulla costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium approvata nel dicembre ’63 (Antonelli ricopre l’incarico di segretario della Commissione conciliare di liturgia, avendo sostituito, a sorpresa, Bugnini che invece tra il ’60 e il ’62 era stato segretario della Commissione liturgica preparatoria del Concilio).

[SM=g1740733] Le note dolenti per Antonelli vengono dopo, quando viene formato un
Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia (creato all’inizio del ’64, termina i suoi lavori nel ’70), di cui egli è semplice membro mentre Bugnini ne è segretario. A questo punto il tono del cardinale è notevolmente critico. «Le annotazioni del padre Antonelli» ha detto Evenou nel presentare il volume «rivelano apprensione e preoccupazione, che non si attenueranno». Vengono alla luce anche le incomprensioni con Bugnini e non mancano riserve anche sull’atteggiamento tenuto da papa Paolo VI. (Bisogna ricordare comunque che, anche se papa Montini in un primo tempo si fida totalmente di Bugnini, nel gennaio ’76 lo allontana da Roma “promuovendolo” pro-nunzio apostolico in Iran, mentre tre anni prima crea cardinale Antonelli. Bugnini muore settantenne nell’82, Antonelli a 97 anni nel ’93).




«La Mediator Dei sarà d’ora innanzi la magna charta del sano movimento liturgico»

Dal manoscritto inedito su Pio XII e la liturgia (10 novembre 1982): «Questo è un vero monumento che fa epoca nella storia della liturgia. Ed è la prima volta, per quanto io sappia, che un Sommo Pontefice tratta sistematicamente di questo argomento, pur così importante. Trattazione magistrale e completa, nella quale vengono esposti anzitutto i principi dottrinali che stanno alla base della liturgia, vengono poi tracciate le direttive pastorali, e vengono segnalati finalmente e riprovati certi orientamenti estremisti, sui quali è richiamata l’attenzione e la vigilanza dei sacri Pastori. In conclusione si può dire che la Mediator Dei sarà d’ora innanzi la magna charta del sano movimento liturgico, e costituirà il punto di partenza per quella vera rinascenza della pietà liturgica che è nelle aspirazioni e nei voti di tutti coloro che sentono l’urgenza di riportare i fedeli a vivere con la Chiesa la loro vita di grazia» (N. Giampietro, Il Card. Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970, p. 32).


La Sacrosanctum Concilium «sarà la magna charta della pastorale liturgica per il clero, e della vita liturgica per i fedeli»

Ecco le parole di elogio di Antonelli alla Sacrosanctum Concilium. Da Antecedenti, principi e scopo della Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia. Lezioni di liturgia, 12 gennaio 1965: «Un lettore meno attento potrà avere l’impressione che in fondo non ci sono molte novità. E realmente, finché non saranno riveduti i libri liturgici, molte cose restano immutate. Una novità però c’è ed è grande, lo spirito cioè che anima la Costituzione. Tutto mira ad uno scopo: far sì che i fedeli comprendano facilmente i riti, li possano seguire e possano tornare ad essere, come devono essere, attori e non semplici spettatori delle azioni liturgiche. Questo è un punto essenziale, già perduto, purtroppo, da secoli, che si va riconquistando lentamente in questi ultimi decenni e che la Costituzione riporterà a pieno vigore. Non è cosa attuabile in pochi mesi e neanche in pochi anni. Quando si tratta di rieducare la massa, l’unità del tempo si misura a generazioni. Le prospettive però sono promettenti. Siamo già in buon cammino. La Costituzione sarà la magna charta della pastorale liturgica per il clero, e della vita liturgica per i fedeli» (ibidem, pp. 203-204).


«Il latino è un segno e coefficiente anche di unità; è anche tutela della dottrina»

Antonelli è un fautore dell’uso della lingua volgare in alcune parti della messa. E spiega il perché. Da La Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia. Antecedenti e grandi principi, 26 dicembre 1964: «Si tratta di due valori in conflitto. Il latino è certamente la lingua della liturgia latina da circa 1600 anni; è un segno e coefficiente anche di unità; è anche tutela della dottrina, non tanto per l’indole della lingua quanto perché si tratta ormai di una lingua che non è più soggetta a mutazioni; molti testi di incomparabile bellezza non potranno mai avere nella traduzione la stessa efficacia; al latino finalmente è legato un patrimonio preziosissimo, quello melodico, gregoriano e polifonico. D’altra parte è fuori di dubbio che se rivogliamo portare i fedeli, tutti i fedeli, ad una partecipazione diretta, cosciente e attiva, bisogna rivolgersi a loro nella lingua che essi parlano.
La Costituzione ha scelto l’unica soluzione possibile in tali casi: la soluzione cioè del compromesso: per certe parti, come il Canone, resta il latino, per le altre, quelle soprattutto che più direttamente si rivolgono al popolo, con le letture, la restauranda
oratio fidelium, si introduce il volgare» (ibidem, pp. 205-206). Sempre nello stesso testo: «Una cosa è da precisare. Il Concilio di Trento non proibì direttamente il volgare nella liturgia. Di fronte ai protestanti che negavano il carattere sacrificale della messa e asserivano che la messa non è altro che un memoriale, e che è cosa essenziale per il memoriale di esser compreso, e che quindi la messa si deve dire in volgare, davanti a questa impostazione dottrinalmente errata, il Concilio di Trento volle affermare che la messa è valida anche se detta in una lingua che i fedeli non comprendono, e che quanto all’uso del volgare, patribus visum est non expedire. Il che significa che cambiate le circostanze, può cambiare anche il non expedire. Il Vaticano II ha ritenuto che le circostanze fossero cambiate e ha cambiato anche il non expedire del Concilio di Trento» (ibidem, p. 206). «Comunque il passaggio dal latino al volgare, l’introduzione di nuove forme rituali con il conseguente abbandono di usi e abitudini care, una celebrazione comunitaria che impegna tutti ad un’azione collettiva, e che esclude perciò ogni soggettivismo solitario, tutto ciò non è di facile realizzazione» (ibidem, p. 206).



«Non sono entusiasta dei lavori... C’è uno spirito di critica e di insofferenza verso la Santa Sede che non può condurre a buon termine»

Antonelli non è entusiasta del Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia fin dalla sua nascita. Nel Diario (3 marzo 1964) si parla di un colloquio con il cardinale Arcadio Maria Larraona che gli mostra una lettera del cardinale segretario di Stato «con la quale l’applicazione della Costituzione liturgica è demandata al Consilium ad exsequendam Constitutionem. Ora fino a prova in contrario la Congregazione è l’organo di governo: se si crea un altro organo di governo succederà una confusione» (ibidem, p. 227, nota 12). Ancor meno entusiasta di come vanno avanti i lavori. Basta leggere i brani seguenti.
Da Note sulle Adunanze del “Consilium” 1964, n. 1: «Non sono entusiasta dei lavori. Mi dispiace del come è stata cambiata la Commissione: un raggruppamento di persone, molte incompetenti, più ancora avanzata [sic] nelle linee delle novità. Discussioni molto affrettate. Discussioni a base di impressioni: votazioni caotiche. Ciò che più mi dispiace è che i Promemoria espositivi e i relativi quesiti sono sempre su una linea avanzata e spesso in forma suggestiva. Direzione debole. Spiacevole il fatto che si riaccende sempre la questione dell’art. 36 § 4. Mons. [Johannes] Wagner era inquieto. Mi dispiace che questioni, forse non tanto gravi in sé, ma gravide di conseguenze, vengano discusse e risolte da un organo che funziona così. La Commissione o il Consilium è composto da 42 membri: ieri sera eravamo 13, neanche un terzo» (ibidem, pp. 228-229).

Sempre da Note sulle Adunanze del “Consilium” 1964, n. 1: «1. la Instructio è ancora grezza, nel contenuto e nelle forme; 2. gli articoli sono stati letti in gran parte da P. [Carlo] Braga, in luogo di Bugnini che non sta troppo bene. Ma li ha letti troppo rapidamente e dando lui spiegazioni in modo secco e meno simpatico; 3. tutte le cose però qui avanzate passano, perché questo è il clima del Consilium; 4. c’è poi una gran fretta di andare avanti e non si dà tempo di riflettere; 5. per ultimo da tener presente che il testo è stato distribuito e subito se n’è iniziato l’esame, senza che uno abbia avuto il tempo di riflettere; 6. per ultimo mi domando se le modificazioni del n. 51 sull’Ordo Missae, almeno alcune, siano opportune quando si dovrà tornare sopra quando l’intero Ordo Missae sarà riveduto. Questione grossa. Non ci dovrebbe essere tanta fretta. Ma gli animi sono concitati e vogliono andare avanti» (ibidem, p. 229).

Dal Diario (20 giugno 1964): «Dando uno sguardo a questi tre giorni si deve riconoscere anzitutto che si è lavorato a fondo, che molto si è realizzato. D’altra parte: 1. dispiace lo spirito che è troppo innovatore; 2. dispiace il tono delle discussioni troppo sbrigativo e tumultuario talvolta; 3. dispiace che il Presidente [cardinale Giacomo Lercaro] non abbia fatto parlare domandando a ciascuno il parere. In conclusione le cose da portare a termine sono grosse, non so se questa sia la buona ora» (ibidem, p. 230). Ancora dal Diario (30 aprile 1965): «Oggi a mezzogiorno e mezzo si è chiusa la sessione del Consilium ad exsequendam Constitutionem. È stata una sessione costruttiva. Ma lo spirito non mi piace. C’è uno spirito di critica e di insofferenza verso la S. Sede che non può condurre a buon termine. E poi tutto uno studio di razionalità nella liturgia e nessuna preoccupazione per la vera pietà. Temo che un giorno si debba dire di tutta questa riforma quello che fu detto della riforma degli inni al tempo di Urbano VIII: accepit latinitas recessit pietas; e qui accepit liturgia recessit devotio. Vorrei ingannarmi» (ibidem, p. 234).


«...parlando del cammino in corso dell’attuazione della riforma liturgica, Paolo VI si disse amareggiato. Però...»

Anche l’atteggiamento di Paolo VI riguardo alla riforma liturgica non convince Antonelli. Dal Diario (19 aprile 1967): «È certo poi che Paolo VI seguiva attentamente i lavori di questo Consilium. Ricordo in proposito che in un’adunanza di detto Consilium, e precisamente quella del 19 aprile 1967, Paolo VI vi intervenne personalmente; e mi colpì il fatto che, parlando del cammino in corso dell’attuazione della riforma liturgica, Paolo VI si disse amareggiato, perché si facevano esperimenti capricciosi nella Liturgia e più addolorato ancora di certe tendenze verso una desacralizzazione della Liturgia. Però ha riconfermato la sua fiducia al Consilium. E non si accorge il Papa che tutti i guai vengono dal come sono state impostate le cose in questa riforma dal Consilium» (ibidem, pp. 237-238).


«Peggiore il sistema delle votazioni. Ordinariamente si fanno per alzata di mano, ma nessuno conta chi l’alza e chi no, e nessuno dice tanti approvano e tanti no. Una vera vergogna»

Continuano le lamentele di Antonelli su come viene portato avanti il lavoro del Consilium. Da un manoscritto aggiunto al Diario (23 aprile 1967):
«1. Non si può negare che i lavori compiuti sono colossali.
2. Non c’è però una organizzazione che richieda maturazione. Via, via, pur di mettere fuori. Si moltiplicano gli schemi, senza arrivare mai ad una forma veramente pensata.
3. Pessimo il sistema delle discussioni:
a) i Padri sono circa 50: anche se non vengono tutti, son sempre più di trenta. Pochi hanno una qualche competenza specifica. Di per sé è difficile far funzionare una discussione con tanti membri; b) gli schemi spesso vengono prima della discussione. Qualche volta, e in cose gravissime, come quella delle nuove anafore, è stato distribuito uno schema la sera, per discuterlo l’indomani;
c) il Card. Lercaro non è l’uomo per dirigere una discussione. Il P. Bugnini ha solo un interesse: andare avanti e finire.

4. Peggiore il sistema delle votazioni. Ordinariamente si fanno per alzata di mano, ma nessuno conta chi l’alza e chi no, e nessuno dice tanti approvano e tanti no. Una vera vergogna. In secondo luogo non si è potuto mai sapere, e la questione è stata posta molte volte, quale maggioranza sia necessaria, se dei due terzi o quella assoluta. Le votazioni per scheda ordinariamente sono fatte dietro richiesta di diversi Padri. Le schede poi vengono scrutinate da quelli della Segreteria.
5. Altra mancanza grave è quella che manca un verbale delle adunanze, per lo meno non se ne è mai parlato e certamente non è stato mai letto» (
ibidem, p. 238).

Nel Diario (1 novembre 1967):
«1. confusione. Nessuno ha più il senso sacro e vincolante della legge liturgica. I cambiamenti continui, imprecisi e qualche volta meno logici, e il deprecabile sistema, secondo me, degli esperimenti, hanno rotto le dighe e tutti più o meno agiscono da arbitro;
2. c’è stanchezza. Si è stanchi delle continue riforme e si desidera da tutti di arrivare ad un punto fermo; 3. i conservatori riprendono fiato. Il Sinodo dei vescovi non è stato un successo per il
Consilium;
4. negli studi di più vasta scala continua il lavoro di desacralizzazione, e che ora chiamano di secolarizzazione;
5. da qui si vede che la questione liturgica, mentre ha avuto un grande influsso nella evoluzione rapida della mentalità, si inserisce però a sua volta in una problematica molto più vasta, e in fondo dottrinale;
6. la grande crisi perciò è la crisi della dottrina tradizionale e del magistero» (
ibidem, pp. 242-243).



«Com’è che in tutto il capitolo si parla del battesimo per la remissione dei peccati, ma non si fa cenno al peccato originale?»

Antonelli ad un certo punto se la prende con un «nuova mentalità teologica» che tende a occultare la realtà del peccato originale. Dal Diario (10 febbraio 1969): «Si continua la revisione del Rito del Matrimonio e si passa a quello del battesimo dei bambini. Ci sono delle parti ben preparate; altre meno. Alla fine del capitolo dottrinale io domando: com’è che in tutto il capitolo si parla del battesimo per la remissione dei peccati, ma non si fa cenno al peccato originale? Solo a questo momento P. [Carlo] Braga dice che il S. Uffizio ha introdotto una modificazione in questo senso» (ibidem., p. 244). Nel Diario (20 febbraio 1969): «Questa mattina abbiamo terminato la revisione dello Schema del Rito per il Battesimo dei bambini preparato da un gruppo di liturgisti del Consilium. E va bene. Ci sono delle belle cose, ma è un po’ troppo mastodontico. E poi anche questa mattina ho dovuto fare osservare che anche là dove ci si attenderebbe un accenno chiaro al peccato originale, come quando c’è la piccola omelia di carattere catechetico, pare che si sfugga dal discorrerne. È questa nuova mentalità teologica che sfuma e non mi piace» (ibidem, p. 244).

Le critiche di Antonelli proseguono senza soluzione di continuità fino al 1970. Da 9-10 aprile 1970. Ultima Sessione “Consilium”, Inaugurazione Sacra Congregazione Culto Divino: «Io mi domando: come si può dare un parere su questioni alcune gravissime, con un testo cambiato all’ultimo momento o presentato seduta stante? Non è cosa seria» (ibidem, p. 246).


«Molti di coloro che hanno influsso nella riforma non hanno alcun amore, alcuna venerazione per ciò che ci è stato tramandato»

Da Note sulla Riforma liturgica (1968-1971):
«Ieri l’altro, 23 luglio 1968, parlando con Mons. Giovanni Benelli, Sostituto alla Segreteria di Stato, mostrai le mie preoccupazioni sulla riforma liturgica che diventa sempre più caotica e aberrante. Notavo in particolare:
1. la legge liturgica che fino al Concilio era una cosa sacra, per molti non esiste più. Ciascuno si ritiene autorizzato a fare quel che vuole e molti giovani fanno così;
2. la messa soprattutto è il punto doloroso. Si vanno diffondendo le Messe in casa, in piccoli gruppi, in connessione con refezioni comuni: la cena;
3. ora comincia l’azione disgregatrice intorno alla confessione;
4. facevo notare che parte di responsabilità di questo stato di cose è da mettersi in relazione con il sistema degli esperimenti. Il Papa ha concesso al
Consilium la facoltà di permettere gli esperimenti. Il Consilium usa larghissimamente questa facoltà.
Un esperimento fatto in uno o pochi ambienti chiusi (un monastero, una parrocchia funzionale) e per tempo limitatissimo, può andare ed è utile; ma concesso largamente e senza limiti stretti di tempo è la via aperta per l’anarchia;
5. nel
Consilium ci sono pochi vescovi che abbiano una preparazione liturgica specifica, pochissimi che siano veri teologi. La carenza più acuta in tutto il Consilium è quella dei teologi. Si direbbe che siano stati esclusi. E questo è un lato pericoloso. In liturgia ogni parola, ogni gesto traduce un’idea teologica. Dato che attualmente tutta la teologia è in discussione, le teorie correnti fra i teologi avanzati cascano sulla forma e sul rito: con questa conseguenza gravissima, che mentre la discussione teologica resta al livello alto degli uomini di cultura, discesa nella formula e nel rito prende l’avvio per la sua divulgazione nel popolo. Potrei illustrare questo punto di vista con vari elementi della Instructio de cultu mysterii eucharistici dello scorso anno» (ibidem, pp. 257-258).

Sempre dalle stesse Note (di questo brano padre Giampietro ha tagliato due frasi forse perché un po’ troppo forti, o forse perché contenenti apprezzamenti non proprio positivi nei confronti di personalità ancora in vita...): «Quello che però è triste [...] è un dato di fondo, un atteggiamento mentale, una posizione prestabilita, e cioè che molti di coloro che hanno influsso nella riforma, [...], ed altri, non hanno alcun amore, alcuna venerazione per ciò che ci è stato tramandato. Hanno in partenza disistima contro tutto ciò che c’è attualmente. Una mentalità negativa ingiusta e dannosa. Purtroppo anche il Papa Paolo VI è un po’ da quella parte. Avranno tutti le migliori intenzioni, ma con questa mentalità sono portati a demolire non a restaurare» (ibidem, p. 258).


«Siamo nel regno della confusione. E mi dispiace, perché le conseguenze saranno tristi»

Ad un certo punto Antonelli nel suo Diario ricostruisce un momento delicato della riforma liturgica. Quando cioè il cardinale Alfredo Ottaviani critica il nuovo Ordo Missae e la Istruzione annessa, la notizia filtra sulla stampa creando il panico in Vaticano. Nel Diario (31 ottobre 1969):
«La questione dell’
Ordo Missae è interessante.
I fatti: alcuni giorni fa il P. [Alfons Maria] Stickler, Salesiano, mi disse che il Card. [Alfredo] Ottaviani aveva preparato una critica dottrinale all’
Ordo Missae e all’Instructio annessa. Poi venne la notizia sui giornali. Mons. [Sebastian] Laboa mi disse che il Papa aveva scritto una lettera di 2 pagine al Card. [Franjo] Seper [prefetto della Congregazione per la dottrina della fede], perché si esaminasse la questione. Il Card. Seper ne aveva parlato, con allarme, al Card. [Benno] Gut [prefetto della Congregazione per il culto divino]; questi, impressionatissimo, ne aveva parlato a P. Bugnini» (ibidem, p. 259). «Ieri mattina mons. Laboa mi disse di più. Mi disse che il Card. [Jean] Villot [Segretario di Stato] aveva scritto, qualche giorno fa a P. Bugnini, che si sospendesse tutto riguardo all’Ordo Missae. La lettera l’ha veduta Mons. Laboa. Poi, dico, la pubblicazione improvvisa della Instructio. Mi disse ieri Mons. Laboa che Mons. Benelli aveva detto a P. Bugnini di pubblicare subito la Instructio che era composta da vario tempo, per stroncare sul nascere la campagna della stampa. Questa sera poi, 31 ottobre, il comunicato della CEI che per il 30 novembre ci sarà la versione italiana e che andrà in vigore in Italia: cosa che la CEI aveva già detto che non sarebbe stato possibile» (ibidem, p. 259). «Siamo nel regno della confusione. E mi dispiace, perché le conseguenze saranno tristi» (ibidem, p.259).



«Ho l’impressione che si sia concesso molto, soprattutto in materia di sacramenti, alla mentalità protestante»

Commentando la nomina (1969) di Bugnini a segretario della Congregazione per il culto divino, Antonelli puntualizza le sue critiche al presule. Da Note sulla Riforma liturgica (1968-1971): «È stato nominato Segretario della nuova Congregazione del Culto Divino il P. Annibale Bugnini, CM. Potrei dire molte cose di questo uomo. Devo aggiungere che è stato sempre sostenuto da Paolo VI. Non vorrei sbagliarmi, ma la lacuna più notevole in P. Bugnini è la mancanza di formazione e di sensibilità teologica. Mancanza e lacuna grave, perché nella liturgia ogni parola e ogni gesto traducono un’idea che è idea teologica. Ho l’impressione che si sia concesso molto, soprattutto in materia di sacramenti, alla mentalità protestante. Non che P. Bugnini abbia creato lui queste concezioni, niente affatto, lui non ha creato, lui si è servito di molta gente, e, non so perché, ha introdotto nel lavoro gente abile ma di colorazioni teologiche progressiste. E, o non si è accorto, o non ha resistito, come non si poteva resistere a certe tendenze» (ibidem, p. 264).

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Caterina63
00lunedì 1 ottobre 2012 23:13

Genesi laboriosa e contrastata del decreto "Ad Gentes"


L'esperienza di padre Piero Gheddo, del Pime, al Concilio Vaticano II (1962-1965)


di padre Piero Gheddo

ROMA, domenica, 30 settembre 2012 (ZENIT.org).- Il Decreto Ad Gentes è stato l’ultimo documento approvato nell’ultimo giorno di lavoro del Vaticano II, il 7 dicembre 1965. I molti temi discussi e la loro complessità si presentavano già prima dell’inizio del Concilio come una montagna difficile da scalare. Al termine della prima sessione del Concilio (ottobre-dicembre 1962), sebbene i risultati concreti nel campo missionario fossero ancora pochi, il Concilio aveva però manifestato le sue finalità più importanti, le mete a cui tutti i lavori tendevano: il rinnovamento pastorale per la ricristianizzazione del mondo cristiano, il riavvicinamento ai Fratelli separati in vista dell'Unione e una chiara "apertura missionaria" data a tutti i problemi in discussione.

Per il decreto Ad Gentes, nella fase anti-preparatoria al Concilio (17 maggio 1959 - 5 giugno 1960) si sono consultati tutti coloro che avevano diritto di esprimere il loro parere, con i loro "voti" stampati in grossi volumi (quello sull'Asia di 662 pagine, sull'Africa di 580 pagine). La commissione "De missionibus" si riunisce la prima volta il 24 ottobre 1960 con 57 membri, sotto la presidenza del card. Pietro Agagianian prefetto di Propaganda Fide: si formano cinque sottocommissioni.

Nel 1961-1962 la commissione preparatoria lavora attivamente e stampa sette schemi di testi per altrettanti argomenti da discutere nell'aula conciliare. Nel 1962 Giovanni XXIII nomina i membri della commissione missionaria del Concilio (16 eletti e 9 nominati), con i "periti" (una trentina, fra i quali anche il sottoscritto), che partecipano alle riunioni plenarie della commissione, la prima il 28 ottobre 1962, la seconda dal 20 al 29 marzo 1963 per il completo rifacimento dello schema, ecc.

Il decreto Ad Gentes ha avuto un cammino quanto mai laborioso e contrastato. Seguendo il suo "iter" e parlandone con diversi membri della commissione, molto più esperti di me, concludevamo dicendo: chissà come faremo a venirne fuori! Le proposte erano così tante e contrapposte, i tempi così stretti... Arrivavano continuamente suggerimenti nuovi e contraddittori, in aula i vari testi erano rimandati alla commissione con molti iuxta modum da inserire (testo approvato, ma con richieste di cambiamenti); in commissione pochi lavoravano a tempo pieno, la maggioranza non avevamo tempo o competenza sufficiente. Le difficoltà per la redazione venivano soprattutto da cinque dati di fatto:

1) Già a partire dal primo schema, tutto era provvisorio: si doveva attendere lo svolgimento e l'approvazione di altri schemi (sulla Chiesa, la liturgia, i vescovi e il clero, l'ecumenismo, le religioni non cristiane, ecc.) per poter orientare e concludere il lavoro sulle missioni.

2) La missione ad gentes si esercita (in dipendenza da Propaganda Fide) in ogni continente, comprese alcuni parti d'Europa (Albania per esempio), in una varietà quasi infinita di situazioni. Non era facile stilare un documento che andasse bene per tutti: le esigenze e le soluzioni proposte dai padri conciliari erano molto diverse a seconda dei continenti. Per fare solo un esempio che ricordo bene: dalle Chiese asiatiche, ricche di vocazioni e con un'antica tradizione celibataria nelle religioni locali, si insisteva nella richiesta di mantenere il celibato sacerdotale; dall'America Latina e dall'Africa, c'era invece la richiesta di discutere il tema e alcuni episcopati ne chiedevano l'abolizione o l'ammissione di clero sposato a certe condizioni. Invece, l'inculturazione e il dialogo interreligioso interessavano soprattutto l'Asia, molto meno gli altri continenti.

3) Nel tempo del Concilio si verificavano cambiamenti molto rapidi e radicali nel mondo non cristiano, che rendevano problematico il futuro delle missioni: indipendenza delle giovani nazioni, presa di coscienza delle loro culture e religioni, forti opposizioni ai missionari stranieri, moltiplicazione dei vescovi indigeni, urgenza di misure forti per "inculturare" il Vangelo, rapporti difficili fra Chiesa e autorità politiche, mancanza di norme per la partecipazione delle diocesi dei paesi d'antica cristianità all'attività missionaria (la Fidei Donum aveva suscitato un grande fervore missionario nelle diocesi, ma i vescovi delle missioni si lamentavano di vari inconvenienti), ecc. Lo schema da discutere in aula, preparato prima del Concilio, secondo una visione tradizionale delle missioni, prestava scarsa attenzione ai problemi nuovi. Era troppo diverso da quello che i padri conciliari indicavano nei loro interventi. Si ebbero forme di protesta di singoli vescovi e anche di due o tre conferenze episcopali (mai giunte alla ribalta della stampa), che avevano impressionato i membri della commissione, a quel tempo non abituati a forme ruvide di "contestazione".

4) Le difficoltà aumentano quando il 23 aprile 1964, fra la II e la III sessione conciliare, la segreteria del Concilio manda una lettera alla nostra commissione delle missioni: lo schema deve essere ridotto a poche proposte. Non più un testo lungo e ragionato, ma un semplice elenco di proposte! Il tentativo era di semplificare i lavori del Concilio e farlo terminare con la III sessione (14 settembre - 21 novembre 1964). Alcuni testi basilari potevano essere abbastanza ampi; altri, ritenuti meno importanti, dovevano limitarsi a poche pagine di proposte. Era voce comune che le spese per i padri conciliari (circa 2.400 in tutto) e la macchina del Concilio erano del tutto insostenibili per la S. Sede. Pare siano poi intervenuti gli episcopato più ricchi, specie quello americano e il card. Spellman di New York, espansivo e simpatico personaggio simbolico della potenza americana, sul quale e sui suoi interventi in latino (la lingua del Concilio) giravano aneddoti gustosi.

La commissione delle missioni lavora a spron battuto (nottate di lavoro) per aderire a questa richiesta, formulando 13 proposte. Poi, appena la notizia si diffonde fra i vescovi, arrivano le proteste, alcune veementi come quella del card. Frings di Colonia, che manda lettere ai vescovi tedeschi e ad altri, sollecitandoli a protestare: “Ma come! Si afferma che lo sforzo missionario è essenziale per la Chiesa e poi si vuol ridurlo a poche pagine? Incomprensibile, impossibile, inaccettabile”.

Vista la situazione, un gruppo di vescovi chiedono di abolire il documento sulle missioni, integrando il materiale nella costituzione Lumen Gentium (sulla Chiesa); altri invece, più numerosi e agguerriti (c'erano dentro missionari di foresta, che solo al vederli non si poteva dir loro di no), procedono a contatti personali, uno per uno, con tutti i padri conciliari, conquistando seguaci. La battaglia in aula si conclude in modo felice: solo 311 padri conciliari si pronunziano a favore del documento sulle missioni ridotto a 13 proposte, 1601 chiedono che il decreto missionario sia salvato nella sua interezza. Il Concilio non termina con la III sessione, ma si prolunga nella IV, la più lunga di tutte: 14 settembre - 8 dicembre 1965. Come si è giunti al testo finale con tante altre difficoltà lo dirò in un prossimo Blog.

[SM=g1740733]

Caterina63
00sabato 3 agosto 2013 00:21
[SM=g1740758] Diario dal Concilio ultime sezioni e chiusura

 

16 novembre 1965.

La nuova settimana di lavori conciliari è di uno stile particolare. Le sedute consistono praticamente ad ascoltare la lettura dei testi conciliari proposti ai voti. [...] Mons. Garrone aveva presentato lunedì mattina [15 novembre] il nuovo testo dello schema XIII. Dopo aver attentamente letto questo documento, noi crediamo che abbia tenuto conto delle critiche senza perdere la sua ispirazione originale e lo spirito di benevolenza verso l’umanità. La dottrina della Chiesa sull’uomo, sulla società, appariva meglio illuminata dalla luce di Cristo.

Le miserie dell’uomo sono spiegate dal peccato dell’uomo e postulano una soluzione di grazia che solo il Cristo può donare per mezzo della Chiesa.

La questione dell’ateismo, che fu l’oggetto di numerosissimi interventi, è stato seriamente sviluppato. Il testo è stato rivisto da una sottocommissione [...]

Il testo cerca di non urtare gli atei che lo leggeranno, presentando  loro la dottrina in maniera tale che vi si riconoscano. [...] La nuova redazione, nettamente migliorata, non soddisferà senza dubbio i Padri che ritengono che una Costituzione pastorale debba insistere maggiormente sui punti della dottrina. [...]

17 novembre 1965.

Una nuvola caccia l’altra. Il cammino accelerato impresso al Concilio dalla vicinanza della conclusione ha fatto passare in secondo piano l’incidente [...] occorso quando 450 Padri avevano chiesto una condanna del comunismo (e non semplicemente dell’ateismo) per il motivo che non solo è ateo, ma rappresenta una perversione dell’ordine morale naturale della società, la famiglia, la persona. Il loro intervento scritto essendo giunto in ritardo presso la Commissione competente, non è stato esaminato dalla sottocommissione sull’ateismo.

Dal che i Padri firmatari, si resero conto che la nuova redazione del testo ignorava il loro intervento. Nonostante che la Commissione avesse presentato l’attestato della sua integra buona fede, i membri della petizione hanno introdotto un ricorso davanti al Tribunale amministrativo. Essi avevano fatto distribuire, d’altra parte, un emendamento del testo nel senso dell’intervento trascurato. La stampa romana di martedì mattina (16 novembre) annunciava risonanti avvenimenti conciliari: “Pressioni sul Concilio per una condanna del comunismo”. “Alla vigilia della chiusura dei lavori, la polemica sul comunismo si fa acuta al Concilio”, titolava dal suo canto Il Tempo.
Infatti, le pressioni e le polemiche erano meno vive rispetto a quanto i giornali pensassero. Il voto globale del capitolo primo, nel quale si trova il passaggio [...] concernente l’ateismo, è stato accettato da 1672 sì, 18 no e 453 ‘juxta modum’ e 6 nulli. [...] Nella 162.a congregazione i problemi esaminati sono: dignità del matrimonio e della famiglia; promozione della cultura; vita economica e sociale; vita della comunità politica; problemi della guerra e della pace [...].

 

Giovedì 18 Novembre 1965

Sessione pubblica

Scendo in Basilica con la mia macchina.
La Basilica non è ancora illuminata e non c’è il servizio della TV. Un particolare che non ho mai annotato: vi sono diversi Padri veramente acciaccati che si trascinano a stento, colpiti da tremito, da cecità, eppure ogni giorno hanno raggiunto il loro posto, chissà a prezzo di quali sofferenze.
Dominus scit.
Ho presentato gli auguri a mons. [Felicissimo] Tinivella, eletto amministratore di Ventimiglia.

9,10 entra il corteo papale accolto dal Tu es Petrus, alternato dall’assemblea con i versetti del salmo; la Sistina non resiste dal far sentire un Oremus pro Pontifice.

Felici intronizza il Vangelo: Pregate! Alzatevi! (dopo un gran frastuono di inginocchiatoi) Veni Creator

9,37: Felici: Paolo vescovo, servo dei servi di Dio insieme ai padri del Concilio a perpetua memoria.

Lettura della costituzione De Divina Revelatione.

Terminata la lettura i miei vicini commentano come sia ammirevole che questa Costituzione abbia raggiunto il suo traguardo dopo un così travagliato itinerario! Ora incominciano le altre difficoltà di farla penetrare in mezzo al clero.

9,58: lettura del decreto sull’apostolato dei laici

11,10: pongo il placet.

Esito delle votazioni  su 2350 padri votanti, ci sono stati appena cinque o sei voti contrari. Il papa ha solennemente affidato a tre uditori e tre uditrici il decreto sull’apostolato dei laici [...]. Nel suo discorso il papa ci ha riservato molte sorprese: dopo aver elogiato la curia romana, egli ha annunciato che la riforma è imminente e che comincerà dal sant’uffizio; allo stesso tempo verranno introdotte le cause di beatificazione di Pio XII e di Giovanni XXIII; a Roma sarà eretta una Chiesa con il titolo di Maria “madre della Chiesa”; viene annunciato un giubileo straordinario per il dopo Concilio (applauso) 11,17 Promulgazione.

Annotazione: (Acta synodalia...,vol. IV, p. 694. «Il Papa ha fatto un discorso nel quale non parla di questi testi [= L’apostolato dei laici e la Divina Rivelazione], ma parla, diffusamente, del dopo Concilio. Aggiunge l’annuncio di un giubileo e dell’apertura del processo di beatificazione di Pio XII e di Giovanni XXIII. Un annuncio che mi rattrista. Perché questa glorificazione dei papi ad opera dei loro successori? Non usciremo quindi mai dalle vecchie abitudini romane? Proprio mentre si annuncia l’aggiornamento si fanno gesti che non sono in linea con esso» (CONGAR, Diario...,vol. I, p. 399).

20 novembre 1965

Il 19 novembre 1964 sarà stata senza dubbio la giornata più drammatica del Concilio. Mons. De Smedt aveva presentato relazione sulla libertà religiosa ma non ci fu voto: un anno dopo, giorno per giorno, Mons. De Smedt, ha presentato la relazione sul nuovo testo e definitivo. Confrontando questi testi, si vede come sul progetto dell’anno precedente e come questo lasso di tempo era la via, non solo della giustizia, ma anche della prudenza. [...]

Mons. Garrone, arcivescovo di Tolosa, relatore dello schema XIII ha tenuto una conferenza stampa.

 L’unità del documento avrebbe potuto essere compromesso dalla sua complessità, ha dichiarato in sostanza, ma è stata preservata grazie alla sua ispirazione essenziale: in questo schema, la Chiesa, riunita in Concilio e per la prima volta in una tale circostanza si rivolge al mondo, al mondo di oggi, per parlare di se stessa. La Chiesa ha qualche cosa di comune con il mondo: il desiderio dell’uomo stesso. Essa ha ricevuto una dottrina dell’uomo ed essa la ritiene salutare. E, in fondo ai problemi che si pone il mondo, è certamente l’uomo che è in causa. [...] Un’ipoteca è stata eliminata: quella del doloroso conflitto che rendeva i cristiani persone mutuamente ostili e rendeva la Chiesa meno accessibile all’attenzione degli

uomini di buona volontà. Lo schema XIII si inscrive nella linea del viaggio del papa all’ONU.
Tutta la sua prima parte è essenziale. L’interesse immediato della seconda parte su problemi particolari non deve farlo dimenticare. Con le risorse di cui ella dispone, ha proseguito Mons. Garrone, ma cosciente dei suoi limiti, la Chiesa non ha che uno scopo: aiutare con le sue luci, là dove è la mano degli uomini,  per salvare l’uomo. [...]
Rispondendo a diversi interrogativi, Mons. Garrone ha precisato che lo schema XIII, malgrado la domanda di numerosi Padri, non comportava una nuova condanna del comunismo, per restare nello spirito di Giovanni XXIII, che aveva voluto che il ruolo di questo schema sia di aprire le porta e non di chiuderle, di aprire il dialogo. [...]

Calendario: (rimangono 4 Congregazioni):

Lunedì 22 novembre 1965

De Lubac riferisce che 5 fratelli di Taizé, recatisi a S. Pietro per pregare sulla tomba di Giovanni XXIII, vedono il corteo papale, che si  preparava ad uscire per andare in una chiesa parrocchiale della periferia. Si sono accodati al corteo con la loro auto, sono entrati nella chiesa; sono stati offerti loro degli scanni nel coro, proprio di fronte al papa, che alla fine ha parlato qualche istante con loro. Sono entusiasti dell’omelia: presenza di Cristo in mezzo alla comunità cristiana; spiegava con chiarezza il mistero dell’eucaristia, esponendo tutta la dottrina, senza parole tecniche. Max Thurian vi ha visto un modello di predicazione sull’eucaristia. De Lubac descrive anche in modo critico l’andamento della congregazione sul tema dell’ateismo.

Le persone più serie non riescono a farsi ascoltare. Ingenuità del buon mons. Ancel: ‘Uno studente marxista mi ha detto che...’. Indifferenza dei vecchi scolastici, che non ritrovano più le loro tesi, ma non vedono più nulla che sembri opporvisi. Opposizione teologica tra domenicani e francescani. Liquidazione dei Padri della Chiesa da parte di un domenicano, in nome del ‘progresso dottrinale’.

- 26 Novembre distribuzione del fascicolo sulle missioni.

- 30 Novembre Congregazione: votazione dello schema sopraddetto e distribuzione schema sul Ministero e vita dei presbiteri. Reazioni positive; mentre si ha notizia dei tentativi di certi superiori di non fare conoscere il decreto e di provvedimenti contro persone religiose aperte, diremo progressiste e con idee sovversive.

- ancora 30 novembre 1965

[...] Inconcepibile, siamo tutti molto affranti! Il ‘Partito belga’ fa una campagna attiva contro il papa, a causa dei ‘modi’ che ha presentato per il capitolo dello schema 13 sul matrimonio. P. B. Haering è venuto a parlarmene. Ritiene che ci sia abuso e parzialità nel modo in cui il testo del capitolo è stato bloccato dal piccolo comitato di redazione e che, per questo, si imponevano delle modifiche, per ristabilire il significato corretto del pensiero dei padri. Deplora soltanto il tono un po’ perentorio della lettera con la quale il Segretario di Stato ha trasmesso i ‘modi’ del papa. Al contrario, mi dice, Paolo VI si è mostrato ‘umile’, e rispettando il testo che alla fine la commissione ha elaborato, ha consentito di modificare la prima forma dei suoi ‘modi’. 

- 1 Dicembre: vacanza.

[...] De Lubac riferisce di aver scritto a p. Misset, rettore di Fourvière, sul vero e falso aggiornamento: " Ho scritto anche a P. Guillet [...]: Nei mesi o negli anni a venire, sarà necessario che l’insieme dell’opera conciliare sia studiata seriamente, e che si sappiano assumere come centro prospettico le costituzioni dogmatiche, che in realtà sono il centro di tutto. Per questo, bisognerà farla finita con le propagande e i tentativi tendenziosi che sono già emersi e rischiano domani di far abortire la riforma intrapresa e di compromettere perfino i fondamenti della fede. [...] [SM=g1740733]

- 2 Dicembre votazione sul Ministero e... e distribuzione del XIII.

- 4 Dicembre: votazione del XIII

- 6 Dicembre ultima Congregazione.

- Pomeriggio: distribuzione dell’edizione speciale del Mysterium Fidei (solo qualche tentativo di applauso - ma potrebbe anche significare nulla).

Dietro le quinte

6/7.12.1965

La Congregazione per la Dottrina della Fede sostituisce l’antico Sant’Uffizio

Il Sant’Uffizio muta [...] Il nuovo nome è propositivo: ‘Congregatio pro doctrina fidei’. [...] La nuova Congregazione dovrà avere periti provenienti dalle diverse regioni del mondo; dovrà mantenersi in contatto con le altre istituzioni decorrenti dal nuovo Concilio [...] Era stato dato l’annuncio che il Santo Padre avrebbe offerto un ‘anello d’oro’ a ciascun Padre Conciliare (oltre a una pergamena). Alcuni dei miei vicini di Concilio (Nunzi Apostolici) si sono messi a sbeffeggiare ‘la chiesa dei poveri’.

Ieri, in una lettera al Santo Padre – oltre a trasmettere la testimonianza della mia gioia per la preghiera ecumenica nella Basilica di San Paolo [...] – in un poscritto ho commentato la mia contentezza per il modo delicato, in puro stile Paolo VI, di dare ai vescovi del mondo intero una lezione di buon gusto e di semplicità. Immaginate un anello da uomo (sembra di ferro o di bronzo in realtà è d'oro scurito) in vermeil [...] senza pietra, a forma di mitria, con l’effigie di Cristo circondato da San Pietro e San Paolo. [...] Non mi faccio illusioni: il peso morto è terribile. La maggioranza continuerà a usare il pietrame prezioso. Ma il Papa continua a dare lezioni... [...] Per quanto mi riguarda, al nuovo anello – che sembra molto una fede – non manca nemmeno il lato divertente: al bambino che abita in me piace usarlo perché – è curioso! Senza nulla togliere al buon gusto e alla finezza – ricorda gli anelli dei sigari che i ragazzini si mettono al dito, o l’anello che si mette sulla zampetta dei piccioni viaggiatori...

10,33 lettura del diploma che accompagna l’anello donato dal S. Padre

10,37 lettura della bolla del Giubileo “incentrato nel vescovo e nella cattedrale”

 «Nel corso di questa riunione ci verrà distribuito un anello, ricordo del papa ai padri conciliari. Questo anello è destinato a rimpiazzare rapidamente gli attuali anelli preziosi. Ci verranno distribuiti anche un certificato di presenza al Concilio e una medaglia, regalo della città di Roma, con iscrizione del nome di ciascun padre conciliare»

 

(dal Diario di mons. Carlo Ferrari, vescovo di Mantova)

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Caterina63
00venerdì 8 aprile 2016 22:47
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  Diario conciliare di Mons. Pericle Felici: cogliendo qua e là…


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27603541140255147772_400(di Giuseppe Rusconi su  www.rossoporpora.org) 

E’ una miniera di notizie, di aneddoti, di riflessioni la cronaca ragionata del Segretario Generale del Vaticano II, che comprende anche la lunga fase preparatoria. Autore del volume che la raccoglie è mons. Vincenzo Carbone, mentre mons. Agostino Marchetto ne ha scritto la prefazione e curato la pubblicazione presso la Libreria editrice vaticana. In primo piano Giovanni XXIII, Paolo VI, il clima conciliare non sempre sereno. Ma c’è anche dell’altro.

 Chi è Pericle Felici? Nato a Segni (non lontano da Roma) nel 1911, ordinato sacerdote nel 1933, vescovo nel 1960, riceve la porpora nel 1967; nominato prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, muore nel 1982. Soprattutto seguì da protagonista gli anni del Concilio (ivi compresa la lunga preparazione), dal 1959 al 1965: ne fu sempre “Segretario”, fin dalla costituzione nel maggio 1959 della ‘Commissione Antipreparatoria’.
Pericle Felici, dalla sua posizione di attore e osservatore privilegiato che aveva rapporti diretti e regolari con Giovanni XXIII e con Paolo VI, ebbe la costanza di mettere nero su bianco ciò che di interessante (a suo parere, ma spesso anche nella realtà) accadde in quegli anni nella sede di Pietro, centro della Chiesa universale.

Affidò i suoi appunti (conservati nel fondo di un inginocchiatoio e scritti a mano) al suo collaboratore ‘conciliare’ mons. Vincenzo Carbone, che era stato incaricato da Paolo VI di occuparsi dell’archivio del Vaticano II. Carbone trascrisse a macchina (e li fuse) i testi sia dell’ Agenda che delle Cogitationes cordis mei di Pericle Felici e continuò ad appassionarsi al tema anche da pensionato, ciò che suscitò l’interesse del nunzio e storico Agostino Marchetto. I due si frequentarono e il diplomatico vicentino, considerato da papa Francesco – in una lettera del 7 ottobre 2013 (vedi in questa stessa rubrica)– “il miglior ermeneuta del Concilio”, venne in possesso delle preziose carte, passate al Capitolo dei canonici vaticani dopo la morte di Carbone nel 2014. Nelle quasi seicento pagine del volume pubblicato dalla Libreria editrice vaticana non si ritrovano esclusivamente notizie e riflessioni riguardanti il Concilio, ma anche – ad esempio – osservazioni papali su questo o quest’altro argomento d’attualità. Per invogliare alla lettura dell’intero testo abbiamo scelto una trentina di passi, che non raramente conservano sorprendentemente una loro piena attualità. Come il lettore potrà facilmente intuire.

GIOVANNI XXIII RICEVE IN UDIENZA PER LA PRIMA VOLTA MONS. PERICLE FELICI (10 febbraio 1960). (Giovanni XXIII) è affabilissimo: ricorda di avermi visto qualche volta in Seminario; e gli faceva impressione quella faccia non proprio alla Borgia (diciamo così). Ora è contento di servirsi dell’opera mia, soprattutto dopo quello che gli ha riferito di me il card. Tardini. E trova di buon auspicio che il primo incontro avvenga alla vigilia dell’Immacolata di Lourdes. Dovrò quindi essere il suo immediato collaboratore per la preparazione del Concilio; chiederò udienza, quando occorrerà, servendomi del tramite di mons. Capovilla, di cui mi descrive i pregi e i difetti. (…) Poi insieme ci rechiamo dal card. Tardini. Un’altra ora di colloquio a tre! Si commenta la morte del card. Aloizije Stepinac, avvenuta nel pomeriggio. Un eroe! dice il card. Tardini. Un eroe, conferma il Santo Padre.

RICORRENTE IL PENSIERO DELLA MORTE (12 aprile 1960). In realtà il pensiero della morte mi domina; particolarmente la sera, e mi domando cosa valga fare tante cose, mettere mano a tante imprese, angustiarsi tanto per le cose di quaggiù, promozioni, posti, carriera, soldi, quando fra breve (e il tempo è sempre brevissimo) bisogna lasciar tutto. E pure tante volte mi assalgono brutte tentazioni di orgoglio che tanto mi fanno soffrire. (…) Ma v’è un modo per sfruttare soprannaturalmente anche queste. Metterle nel Cuore dolcissimo di Gesù, mite ed umile, e pregare, pregare.

Il CONCILIO? DUE MESI DI DURATA (30 aprile 1960, in udienza da Giovanni XXIII).(Per il Papa) la celebrazione del Concilio dovrà durare non più di due mesi. E questo sarà possibile se la preparazione sarà accurata. Prometto che faremo del nostro meglio.

DESTRA E SINISTRA (28 maggio 1960, in udienza da Giovanni XXIII). Al Santo Padre non piace la fraseologia: destra e sinistra. “Ma certo a noi, che siamo venuti da povera gente e ne sentiamo le necessità, certe asserzioni della cosiddetta sinistra fanno più piacere, e talora corrispondono di più al Vangelo”.

CURIA ROMANA 1 (8 giugno 1960). Al Santo Padre fanno dispiacere particolarmente due cose: l’arrivismo e l’ambizione, che spesso infetta la Curia Romana, e il disaccordo, non sempre celato, tra alti Prelati di Curia.

CURIA ROMANA 2 (29 luglio 1960). (Giovanni XXIII) è un uomo di Dio, che vive del suo spirito, senza ostentazione e formalismi. Ha la semplicità delle anime piene dello spirito di Dio; non ricorda le offese, interpreta tutto in bene; ma il male, la malevolenza, l’egoismo, l’invidia, l’arrivismo li vede, li sente e ne soffre molto. Vorrebbe che questo veleno fosse distrutto, soprattutto nella Curia Romana, ove molti sono intossicati, forse in buona fede, forse anche per la gloria di Dio, ma sono intossicati. A proposito di un Prelato, che nonostante le apparenze contrarie doveva brigare abbastanza per diventare cardinale, il Santo Padre mi disse un giorno: “Dovrò pure farlo cardinale, ma perbacco (e qui batté il pugno sul tavolo), quanto starebbe meglio un po’ più di umiltà!”

PADRE PIO (1 novembre 1960, in udienza da Giovanni XXIII). (Il Papa) accenna anche a padre Pio. Sento purtroppo cose che non mi sarei aspettato; il Papa vorrebbe da quel religioso più sottomissione e più umiltà. Questo è veramente grave. Come è vero che santità non è  nelle stimmate, e il fanatismo può rovinare anche anime elette.

LA PREPARAZIONE DEL CONCILIO 1 (10 marzo 1961, in udienza da Giovanni XXIII).(Il Papa) sottolinea due concetti. Il Concilio dev’essere preparato nel silenzio, nell’umiltà, per dar modo a Dio di produrre grandi frutti; per questo lo metterà sotto la protezione di San Giuseppe. Nella preparazione del Concilio, che è opera di Dio, dobbiamo aspettarci grandi prove.

LA PREPARAZIONE DEL CONCILIO 2 (18 maggio 1961, in udienza da Giovanni XXIII). (Il Papa) è nel suo studio al III piano. Sta benissimo, eppure mi conferma di essersi sentito tanto male la sera precedente; fu necessario (ma egli non voleva) chiamare il medico. Ma tutto fu messo a posto con un po’ di magnesia. Forse disturbi digestivi, dovuti a stanchezza e ad infreddatura. Parliamo per circa un’ora sul Concilio, la possibilità di tenerlo alla fine del 1962, la preparazione alla prossima seduta della (commissione) centrale.

CONCILIO E GIORNALISTI 1 (16 giugno 1961). Al termine della seduta (della Commissione centrale) il Santo Padre, con molta benignità, mi invita a pensare alla costituzione di un ufficio stampa degno del Concilio. Lo assicuro che qualcosa è già stata fatta. Di più si farà. (…) Aprire troppo le porte ai giornalisti è molto pericoloso; e poi è inutile aprirle troppo ora, che di notizie se ne possono dare poche.

CONCILIO E GIORNALISTI (E LAICI) 2 (17 giugno 1961, in udienza da Giovanni XXIII). Nel discorso che (il Papa) farà, parlerà anche dell’atteggiamento che devono assumere i laici e la stampa di fronte al Concilio. Devono rendersi conto che non ci si trova di fronte ad un Parlamento, ma ad un atto di alto magistero della Chiesa cattolica. (…) Io mi permetto di insistere su questo punto. Mi sembrava essenziale per la buona riuscita del Concilio. I laici e la stampa al loro posto. (…) Importante sarebbe che alcuni vescovi e anche cardinali parlassero più prudentemente alla stampa. Ne ho già fatto parola al card. Tardini.

IL GANCIO E IL FACCHINO (4 novembre 1961). Il card. Montini, che ha celebrato il pontificale, incontrandomi dopo la funzione mi ha salutato, dicendo scherzosamente che io ero una specie di gancio, a cui erano sospese le sorti della Chiesa. Gli ho risposto che io ero solo un povero facchino.

LA PREPARAZIONE AL CONCILIO 3 (7 maggio 1962, in udienza da Giovanni XXIII).Esaminiamo insieme i promemoria da me preparati sia sui recenti avvenimenti della (commissione) centrale, sia sul piano di lavoro per la preparazione immediata del Concilio. Dico la mia perplessità per la costituzione della sottocommissione (per studiare i temi da portare al Concilio) richiesta dal card. Frings (arcivescovo di Colonia). Il Santo Padre è d’avviso che, se insistono molto, è più opportuno non contrariarli. (…) Prego il Signore che illumini il Papa e me, per fare quel che è meglio per il Concilio. Mi sembra però che stia facendo presa sull’animo del Papa la corrente straniera, anti-Curia. Sarà forse bene equilibrare.

LA PRIMA FASE DEL CONCILIO (7 dicembre 1962). Fare un bilancio di questa prima fase del Concilio non è facile; un giudizio severo lo darà il tempo; io penso che il lavoro compiuto di preparazione e di sedute conciliari sia prezioso; è una semina che darà a suo tempo frutto. Quando? Lo dirà il Signore, qui incrementum dat. Per me questi due mesi sono stati una croce continua: tensione senza soste, critiche ingiuste e malevole, lettere anonime, dalla fonte inquinata facilmente riconoscibile, difficoltà d’ogni genere, derivate in parte dalla organizzazione del Concilio, da me non voluta anzi contrastata, solo l’obbedienza, e purtroppo a me attribuita.

DIFFERIRE LA SECONDA FASE DEL CONCILIO? (28 aprile 1963, in udienza da Giovanni XXIII). Mons. Capovilla mi intrattiene prima per alcuni momenti: mi dice che la salute del Papa non è buona e, poiché momentaneamente si prevede il peggio, sarà forse opportuno convincerlo a differire la riapertura del Concilio. Anche io sono del parere che, con un Papa non in buone condizioni, non si possa lavorare tranquillamente.(…) Al principio dell’udienza mi sono permesso di raccomandare (al Papa) di diminuire il suo lavoro, le udienze, ecc… Mi risponde: “Ecco le solite prediche”.

LA MORTE DI GIOVANNI XXIII (3 giugno 1963). Alle 19.00 sul sagrato di san Pietro il card. Traglia (Cardinale Vicario di Roma) celebra una santa Messa pro Pontifice infirmo. Una folla numerosissima segue nel più assoluto silenzio e con commozione il sacro Rito. Il Papa sta morendo. Al termine della Messa, mentre si canta l’inno dell’amore e della carità,Ubi caritas et amor, alle ore 19.49 il santo Padre va in Paradiso. (…) Molti si inginocchiano. Una scena commoventissima!

I MODERATORI DEL CONCILIO 1 ( 29 agosto 1963). Quando vennero scelti i Moderatori nelle persone dei cardinali Agagianan, Lercaro, Döpfner e Suenens, io mi permisi di far presente al card. segretario di Stato (Amleto Cicognani) come alcuni di essi fossero dichiaratamente uomini di parte, e quindi poco adatti a moderari. Il Segretario di Stato mi rispose con un certo risentimento. Ma a conti fatti, dopo esperienze dolorose, fu lui il primo a riconoscere lo sbaglio fatto nella scelta delle persone.

I MODERATORI DEL CONCILIO 2/DON DOSSETTI (ottobre 1963). Purtroppo i Moderatori hanno seguito non una volta sola vie poco prudenti. Hanno incominciato a far da sé, mettendo da parte la Segreteria Generale e servendosi dell’opera di don Dossetti, che il card. Lercaro ha presentato come Segretario dei Moderatori. Ho lasciato fare, finché il nodo non è venuto al pettine. (…) Ho allora protestato con il card. Agagianan, affermando che il Segretario dei Moderatori, a norma del Regolamento, era il Segretario Generale ed io non ammettevo sostituti, se non per volontà del Papa, e ritenevo nullo quanto fino allora fatto da don Dossetti. Lo stesso dissi al card. Döpfner. Il Papa, da me informato della cosa, disse categoricamente che non voleva don Dossetti a quel posto; se ne tornasse anzi a Bologna

COLLEGIALITA’  1 (ottobre 1963). Vale la pena di ricordare quanto io abbia dovuto lavorare perché nella formula di approvazione dei decreti, da parte del Papa, non entrassero quei concetti di falsa collegialità, che erano stati oggetto della votazione del 30 ottobre). Si voleva ridurre il Papa ad uno che consentiva a quanto deciso. Il Papa, cui riferii la cosa, osservò: “Ma sono loro che devono consentire con me, non io con loro!”.Optime dictum! 

PAPA E VESCOVI (20 marzo 1964). Vedo con grande pena questo fenomeno tipico del Concilio: rispetto per il Papa, ma noncuranza delle sue ordinanze o disposizioni. Il ritornello è sempre quello: sono opera della Curia! Ma, oltre tutto, chi firma il Motu proprionon è il Papa?

COLLEGIALITA’ 2/ GIOCHI DI PAROLE (27 marzo 1964). Dopo la funzione incontro mons. Pietro Parente (assessore della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi segretario della stessa, infine cardinale, propugnatore del principio di collegialità). Gli dico la mia perplessità per il testo preparato (collegialità) “Anche il Papa non è ancora del tutto tranquillo”, osserva lui, che aggiunge: “Abbiamo fatto il possibile, ma il testo come è può andare; l’iniziativa rimane sempre al Papa (si invitet). Quindi abbiamo messo il termine collegialità, ma l’abbiamo poi svuotato”. Gli faccio qualche difficoltà, ma lui assicura che si può stare tranquilli. Ma proprio quello che fa stare tranquillo mons. Parente, non fa stare tranquillo me; non si risolve una questione dogmatica ponendo un’espressione (tanto desiderata dagli altri), e poi svuotandola (o meglio credendo di averla svuotata)!

TRE OSSERVAZIONI DI PAPA MONTINI (9 aprile 1964, in udienza da Paolo VI). Tre cose mi fanno impressione di quanto mi dice il Santo Padre: che, incominciato il Concilio, è diminuito il numero delle conversioni; che il comunismo è alle porte; che la situazione dell’America latina, dal punto di vista religioso, è tragica: un fenomeno di crescenza, forse, commenta il Santo Padre.

ORGANIZZAZIONE POST-CONCILIARE/COLLEGIALITA’ 3 (21 maggio 1964, in udienza da Paolo VI). Il Papa mi intrattiene poi su vari argomenti. Mi parla dell’azione che la Chiesa può fare per coloro che non credono in Dio o addirittura lo avversano, e mi consegna la materia per poter far preparare qualche documento. Mi parla ancora dell’organizzazione postconciliare: il governo della Chiesa deve corrispondere di più alle esigenze del mondo moderno; ma sia ben chiaro che l’autorità centrale deve essere e rimanere solo del Papa. I vescovi potranno contribuire; potranno costituire un organismo del tipo della Commissione centrale, con vescovi rappresentanti del mondo, che si succedano e si alternino ogni dato periodo; ma sempre e solo con voto consultivo.

LA CAMPAGNA CONTRO PIO XIII (21 maggio 1964, in udienza da Paolo VI). Faccio poi cadere il discorso sulla campagna denigratoria di Pio XII (Il Vicario, di Rolf Hochhuth) e ne domando al Papa il motivo (dato che Pio XIII è morto già da 5 anni). Mi risponde: “Purtroppo la campagna non è diretta contro la persona di Pio XII o la sua opera di salvezza, anche degli ebrei (di più allora non si poteva fare), quanto piuttosto contro la Chiesa e la linea di Pio XII riguardo al comunismo; sono infatti i comunisti che manovrano e portando avanti – ingiustamente – la linea giovannea, vogliono praticamente neutralizzare l’opera presente, che cerca di stringere un po’ i freni”.

LA DURATA DEL CONCILIO  1 (7 ottobre 1964, in udienza da Paolo VI). Alle 12.15 sono dal Santo Padre. Cerca di conoscere la mia mente sul termine del Concilio; mi accorgo che sarebbe contento di finire in questa sessione (la terza), ma, se è necessario, consente anche ad una quarta, breve sessione.

PASOLINI (7 ottobre 1964, in udienza da Paolo VI). Il Papa esprime il suo disappunto perché dei vescovi sono andati a vedere il film di Pasolini “Il Vangelo secondo san Matteo”.

LA DURATA DEL CONCILIO 2 (19 ottobre 1964). Quando alcuni si sono accorti che vi era la possibilità di chiudere il Concilio con questa sessione, hanno messo in opera ogni mezzo perché questo non avvenisse. Ad enumerare tutte le manovre dei Moderatori (tre: Lercaro, Döpfner e Suenens) per favorire le tendenze dilazionatrici di alcuni, non si finirebbe più. Quel che è buffo (per non dire altro) è che attribuiscono le manovre a me, che sarei il manutengolo della Curia Romana! (…) Questo Concilio ha suscitato un gran fermento: la pastorale, l’ecumenismo, la libertà; ha aperto la bocca a tanti sconsiderati, che finora avevano provvidenzialmente taciuto! Questo prolungare il Concilio sine fine, questo fare, disfare, rifare, ridisfare gli schermi è urtante.

LA DURATA DEL CONCILIO 3 (29 ottobre 1964, in udienza da Paolo VI). Durante l’udienza comunico (al Papa) tra l’altro l’infelice intervento della mattina fatto dal card. Suenens sulla limitazione delle nascite, e la mia impressione che molti, e in primis i tre Moderatori, vogliono portare il Concilio per le lunghe, sì che non basterà neppure la quarta sessione. Il Papa pensa di no; e, caso mai, prima della quarta sessione, si dirà in modo perentorio che quella sarà l’ultima. Ma ascolteranno il Papa?

PROTESTANTI E HANS KǗNG (18 marzo 1965, in udienza da Paolo VI). Alle 12.45 circa udienza del Santo Padre. Mi dice, certo con un sorriso di pena: “I protestanti stanno diventando i nostri maestri”. “Ma non deve essere così, Padre Santo”, rispondo. Mi parla ancora di Hans Küng. Non gli scriverà la lettera; si troverà un’altra via per fargli comprendere come sia nella via sbagliata.

CELIBATO (7 ottobre 1965, in udienza da Paolo VI). Udienza del Santo Padre alle 19.30 (…) Alcune questioni del Concilio: particolarmente quella del celibato. Il Santo Padre non vuole che se ne tratti in Concilio e mi incarica di prendere i passi in tempo per prevenire e, se è il caso, per controbattere: lo farò.

SI CONCLUDE IL CONCILIO (8 dicembre 1965). Bella giornata: i Padri sfilano , come il lontano 11 ottobre, festa della Maternità di Maria. La funzione è un po’ lunga, ma bella e toccante; al termine leggo il breve di chiusura; quindi torno dal Papa per ricevere la benedizione. Mi abbraccia e mi dice parole di compiacimento e di ringraziamento. Tutto a lode di Dio. Seguono le Acclamationes e la benedizione del Papa, con il congedo finale. Forse nessun Concilio ha avuto una fine così bella e promettente.

ARRIVA IL SINODO (20 luglio 1966). S. E. mons. Samoré mi consegna da parte del Santo Padre il progetto del Regolamento del Sinodo Episcopale: da vederlo, correggerlo come credo e poi riproporlo al Papa. Domando a S. E. mons. Samoré chi dovrà interessarsi del Sinodo: mi risponde che il Santo Padre ha designato la mia persona. Se si tratta di fare la volontà del Papa, va bene. Personalmente non sono entusiasta. Chi sa come funzionerà e cosa combinerà questo Sinodo. Deus nos adiuvet

(di Giuseppe Rusconi su  www.rossoporpora.org)




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