Il Dio Cattolico o...un Dio qualunque?

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Caterina63
00lunedì 22 dicembre 2008 17:25
...dimostrazione di un dialogo coerente e la risposta Cattolica
...Benedetto XVI a Monaco ebbe a chiedere: " MA IN QUALE DIO CREDIAMO?"
Le immagini precostituite sono tante e ad un Cattolico NON bastano le opinioni, FEDE E RAGIONE sono inseparabili, non ci basta un "Dio qualunque"....[SM=g7560]

Quanto segue proviene da una discussione che affrontai, con altri, davanti a delle affermazioni molto interessanti che vi invito ad analizzare....
Segue prima l'intervento del non cattolico, poi segue la risposta cattolica
....


Mi presento, sono *****, e mi sono iscritto in questo forum con l'intenzione di discutere in maniera ragionevole e costruttiva su concetti che in qualche modo riescono a legare il mio modo di concepire il mondo (ovviamente opinabile come qualsiasi altro pensiero) e il punto di vista di chi la pensa in modo diverso dal mio.
Credo molto nel confronto di pensieri diversi - se non opposti - al fine di fare tesoro delle opinioni altrui, trarne spunto di riflessione in maniera, mi auguro, reciproca.
Infine premetto che non sono cattolico bensì agnostico, sono certo che non sarà un problema.

Per quanto concerne questa discussione intendo proporre un ragionamento che a quanto pare sembra sfuggire dalla logica umana, salvo poi ripescarlo per giustificare l'esistenza stessa di Dio.

Citazione:
Da millenni gli esseri umani si interrogano sulle origini dell'Universo, e si chiedono perché sono al mondo e come debbono comportarsi. Siamo stati creati per uno scopo, oppure la nostra presenza nel mondo è il risultato del caso?
Queste domande sorgono dalla constatazione comune che tutte le cose che conosciamo (dagli oggetti inanimati agli esseri viventi) abbiano cominciato a esistere in un dato momento per effetto di qualche causa. Ma qual è la Causa di tutte le cause?
Diverse culture hanno fornito varie risposte a tali quesiti comuni. La maggior parte delle tradizioni religiose ha elaborato dei "racconti dell'inizio", o
cosmogonie, che narrano la storia delle origini del mondo.
Questo breve testo quotato appare esemplificativo e molto utile a proporre un ragionamento tremendamente ovvio ma difficile da cogliere. Si tratta della creazione.

Perchè date tutti per scontato che tutto quello che esiste sia stato creato? Perchè le persone insistono nel cercare una causa di tutto, l'origine di tutto quello che esiste? Un tempo in cui tutto è stato creato.
Umanamente ci risulta difficile concepire il cosmo come qualcosa che è sempre esistito e che sempre esisterà.
E se fosse sempre esistito tutto e tutto sempre esisterà?
Se per quanto assurdo possa apparire il tempo non ha mai avuto inizio e non avrà mai fine?

Fortunatamente la logica ci viene in aiuto. Ipotizziamo un tempo in cui tutto è stato creato. Prima di quel tempo cosa c'era? Se è vero che il tempo così inteso esiste, e vero anche che prima della creazione ci dev'essere stato un tempo.
Qualcosa prima della creazione e qualcosa dopo la creazione, ovvero il mondo creato come lo conosciamo noi.

Il concetto di qualcosa di eterno, mai stato creato e che non avrà mai fine, il concetto di qualcosa che è sempre esistio e che sempre esisterà non è estraneo alla cultura Cattolica.
Difatti per concepire la creazione è necessario che qualcuno al di sopra di tutto abbia creato il cosmo: Dio.
Il Dio classico, il creatore è senza ombra di dubbio eterno, l'entità sempre esistita e che sempre esisterà.
Un concetto umanamente illogico e impossibile da concepire, in realtà, è stato accettato dalla maggior parte delle persone.

Quindi ribadisco, forse conviene domandarsi se la creazione sia qualcosa di realmente accaduto o meno.

Infine per quanto riguarda le teorie scientifiche, perchè di teoria si tratta, non di leggi, il Big Bang sembra accogliere un gran numero di sostenitori e negli ultimi anni si fa strada la teoria che ipotizza, oltre che la creazione, la fine del cosmo: il Big Crunch.
Se dal Big Bang il cosmo si dilata sempre più velocemente, le ultime teorie affermano (per ipotesi) che il Big Crunch, simmetricamente al Big Bang, porterebbe l'universo a collassare su se stesso in un unico punto dal quale probabilmente potrebbe verificarsi un altro Big Bang.
La teoria è quella di un universo pulsante, da Big Bang a Big Crunch a Big Bang a Big Crunch e così via, per sempre.
Nessuna creazione, nessuna fine. Tutto è sempre esistito e sempre esisterà. Da notare che la scienza comincia a pensare seriamente al tempo come a qualcosa di illusorio e non esistente.

Poi per quanto riguarda la necessità di capire perchè tutto esiste e quale scopo abbia questo tutto, la risposta potrebbe essere fin troppo semplice. In quanto uomini non siamo in grado di concepire lo scopo del cosmo e della sua esistenza. Chissà forse potenzialmente siamo in grado, ma a quanto pare sono millenni che l'uomo si pone le stesse domande e da millenni le risposte non sono mai state esaurienti.

Spero di avervi regalato un'altra prospettiva di pensiero da valutare e confrontare, così come spero di trovare presto risposte senza dubbio interessanti da leggere.
**************************
segue la risposta CATTOLICA....[SM=g1740717] ....

PRIMA RISPOSTA
Se prescindendo dall'esistenza di Dio come atemporale può sembrare bizzarro che si parli di un inizio, da un punto di vista eminentemente logico, anche l'eternità (o infinità nel tempo) della materia è completamente irrazionale.

Infatti, la mancanza di un'origine, impedisce l'esistenza stessa. Ciò che esiste, esiste in atto perchè ha avuto un inizio, ma se si suppone, per assurdo, l'eternità del cosmo (come fece Aristotele o Giordano Bruno), in realtà si afferma il non-inizio di ciò che esiste. Ossia che cioè che è in atto, non è mai partito da nessuna parte.

Immaginando il mondo, ad esempio come un insieme di cause, e quindi una catena di causalità, immaginare che essa abbia un corso, ma non una origine, appare impossibile. Come se un serpentone, il cui corpo è formato da un susseguirsi continuo di cause-effetti, non abbia una causa prima (incausata). Ma come non esistono serpenti di solo corpo e senza testa, così nemmeno nel reale, può esistere una eternità del cosmo.

In realtà i concetti di infinito e di eterno non esistono nella realtà e sono puramente fittizi ed immaginari, relegati al solo ambito matematico. Non esiste l'infinito in natura: non c'è l'infinito nella quantità di materia (per il primo principio della termodinamica), ne nell'ordine delle grandezze. L'atomo (scomponibile in particelle, scomponibili in quarq, neutrini, e stop), ha un limite di piccolezza, così come l'universo ha un limite di grandezza (prendendo per buona la teoria del Big Bang, sarebbe una sfera del raggio pari alla distanza percorsa dal centro alla periferia, calcolando la velocità di sposamento delle galassie diminuita della decellerazione che subisce la materia stellare a seconda di quanto si allontana dal centro. Su per giù una sfera dal raggio di una decina di miliardi di anni luce, ma non infinita). L'infinito c'è solo nel calcolo infinitesimale, che appunto, non è reale. Idem per l'eterno, che è il medesimo concetto, ma applicato al tempo. Assenza di Tempo.

L'eternità è spiegabile in concetti filosofici solo come atto puro, ossia prendendo in esame quella che è la natura di Dio, ossia di un ente che non è soggetto al processo di divenire di potenza ed atto.
Per tanto, solo Dio, che è atto puro, è eterno. Solo Dio è immobile, incausato e assoluto.

In realtà, sul concetto di serpentone senza testa, e di impossibilità dell'infinito nella realtà, san Tommaso ha costruito le sue prime 3 vie per la dimostrazione dell'esistenza di Dio, che sono appunto dimostrazioni della finitezza del creato, dette anche della contingenza.

Capito il concetto?

SECONDA RISPOSTA

Il pensiero di ****** è perfettamente coerente. E' di natura filosofica, però, non teologica.
****** è coerente CON LA SUA FEDE....[SM=g7554]

dice infatti:

Perchè date tutti per scontato che tutto quello che esiste sia stato creato? Perchè le persone insistono nel cercare una causa di tutto, l'origine di tutto quello che esiste? Un tempo in cui tutto è stato creato.
Umanamente ci risulta difficile concepire il cosmo come qualcosa che è sempre esistito e che sempre esisterà.
E se fosse sempre esistito tutto e tutto sempre esisterà?
Se per quanto assurdo possa apparire il tempo non ha mai avuto inizio e non avrà mai fine?

Fortunatamente la logica ci viene in aiuto.


Proviamo a rispondere:

....possiamo tracciare una semina perchè le risposte possiamo cercarle alla fine dentro di noi e attraverso un rapporto di FIDUCIA con Colui del quale vogliamo parlare: Dio!
Va infatti tenuto conto che per quanto noi si possa parlare all'infinito di Dio, ci è impossibile definire che cosa è Dio, non a caso Gesù ci dice "IO SONO"- "IO SONO COLUI CHE SONO"....Dio è "semplicemente " COLUI CHE E'..." l'ESSERE eterno, senza un principio, nè una fine, ma ha per noi "UN-IL fine" ossia è lo scopo della nostra esistenza....[SM=g7554]
Al di fuori di queste considerazioni non c'è altro... perchè nel momento in cui si tentasse di attribuire a Dio "UN PRINCIPIO"...immediatamente cesserebbe di essere ETERNO, cesserebbe di ESSERE COLUI CHE E'.....o al massimo, si darebbe origine ad una immagine di Dio lontana dalla VERITA', si attribuirebbe all'ESSERE una immagine della nostra opinione personale...per questo il Verbo si fece carne e ci ha dato LA CHIESA, perchè avessimo quale elemento della FEDE E RAGIONE non semplicemente una Immagine o una opinione, MA L'ESSERE COLUI CHE E'...[SM=g7182]

-Perchè date tutti per scontato che tutto quello che esiste sia stato creato?

Semplicemente perchè nulla viene dal nulla..(nulla si crea, nulla si distrugge!)...giustamente dici "la logica ci viene in aiuto"....usando pertanto LA RAGIONE più che la logica..non do per scontato che tutto ciò che esiste è stato creato, molto più semplicemente tutto ciò che esiste HA AVUTO UN INIZIO "IN PRINCIPIO", tranne Dio  che " E' COLUI CHE E' " senza un principio, senza una fine, ma dal quale TUTTO proviene, tranne il Male che di per sè non esiste, ma che ha avuto origine dal nostro dissociarci da Dio che è appunto il BENE per eccellenza.....il concetto di tempo è relativo alla nostra esistenza e non a quella di Dio, ma ciò che vediamo e che esiste non proviene dal nulla......

Quando per esempio diciamo che Dio creò la Luce....san Tommaso d'Aquino lo spiega così:

"Luce significa:
a) ciò che fa vedere relativamente al senso della vista,
b) ciò che rende manifesto in qualsiasi modo.
Nelle cose spirituali LUCE nel primo significato si adopera in senso metaforico; nel secondo si adopera in senso proprio. "
(Summa Teologica Compendio pag.66 ESD)


Tu io noi...tutti siamo stati creati..ossiamo ABBIAMO AVUTO UN PRINCIPIO, una origine..se al concepimento vuoi dargli un altro nome, libero di farlo che non muta la sostanza...

Per sovvenire al problema tu di fatto trovi una soluzione, la tua che dice:

Quindi ribadisco, forse conviene domandarsi se la creazione sia qualcosa di realmente accaduto o meno.

Questa ipotesi che si richiama ad una realtà APPARENTE (esiste ma non esiste) è per altro tipicamente New-Age....la quale non vuole eliminare il concetto di Dio, ma tuttavia Dio è una sorta di "convenienza" della logica umana..verso la quale "tutti possiamo incontrarci seppur con definizioni diverse"[SM=g7574] ..infatti tu stesso dici:

Un concetto umanamente illogico e impossibile da concepire, in realtà, è stato accettato dalla maggior parte delle persone.



Ma vedi....noi non abbiamo accettato "UN CONCETTO"......certamente che il Dio fermo alla creazione può dare origine all'idea di un CONCETTO di sè....ma noi in verità abbiamo accolto DIO FATTO UOMO, IL VERBO INCARNATO....e di conseguenza non parliamo di un CONCETTO ma di una PERSONA la quale ci rivela la realtà di Dio.....

A questo non ci arrivi solo con la logica..o solo con la ragione...
A Dio non si arriva con la logica, ma soprattutto con L'AMORE, l'Amore conduce alla Fede la quale unita alla ragione ci rivela la realtà di Dio.....la ragione è NECESSARIA per evitare di fare di questo Dio un "feticcio di superstizione" (il fideismo) e questo perchè Dio VUOLE AVERE UN RAPPORTO DIALOGATIVO E SENTIMENTALE (FEDE E RAGIONE) CON LA SUA CREATURA....anche per dirci che tutto ciò che viviamo non è apparenza è realtà...
Indubbiamente ci sono state grandi personalità che sono arrivate a Dio grazie all'uso della ragione la quale include in sè LA FEDE.... che cosa è infatti la fede?
è CREDERE in qualcosa, in Qualcuno che ti da fiducia, tu credi perchè ti fidi, perchè SENTI DENTRO DI TE (=fede) che questo qualcosa o questo QUALCUNO ti sta dicendo cose interessanti alle quali finisci per credere
...il lavoro dell'apologetica, che è ciò che stiamo facendo, approfondisce chi è questo QUALCUNO verso il quale poniamo la nostra FEDE e RAGIONE[SM=g1740722] 

L'uomo ha bisogno di una DOTTRINA RIVELATA altrimenti, nel nostro caso, le tue opinioni e quelle di tante altre, ognuna pretenderebbe , come vedi, di sapere sulla creazione, ma in questo modo NESSUNO AVREBBE LA VERITA'....tu stesso infatti ti interroghi..... segno evidente che stai cercando qualcosa o se l'hai trovata fuori dalla Dottrina Rivelata significa che ti sei fermato alle tue opinioni....e di conseguenza non puoi avanzare con l'ipotesi che le tue opinioni sono giuste mentre potrebbe essere errata la Dottrina Rivelata.....e questo perchè le semplici opinioni personali se restano tali, ossia OPINIONI, non evolgono, non ti mandano avanti nel discorso, non ti fanno progredire...al contrario la Dottrina Rivelata che va oltre le nostre opinioni, ti offre l'opportunità di andare oltre e di scoprire IL TRASCENDENTE....di entrare nel soprannaturale NON con le tue opinioni, ma con dei FATTI CONCRETI che spetterà poi alla ragione e non all'opinione, valutare, ponderare, accettare o RIFIUTARE (=esercizio del libero arbitrio)[SM=g7831]
 
Ciò non toglie che io possa avere delle mie opinioni personali su Dio, sulla Creazione, sulla Chiesa e quant'altro.....il problema diventa tale quando alle mie opinioni do il sigillo dell'infallibilità magari poi cercando di sostenere che la Dottrina Rivelata NON è infallibile[SM=g7574] come a dire appunto: non credo in quel Dio che la Chiesa mi rivela, ma CREDO NELLE MIE OPINIONI[SM=g7560] , liberissimi di dirlo, ma impossibile da difendere proprio perchè usiamo LA RAGIONE...


- Perchè le persone insistono nel cercare una causa di tutto, l'origine di tutto quello che esiste? Un tempo in cui tutto è stato creato.

Perchè l'Uomo è creato, OSSIA HA AVUTO UN PRINCIPIO, portando in sè il seme del Creatore (che le personali opinioni chiamano con nomi diversi, attribuendogli IMMAGINI DIVERSE...[SM=g7560] ) e di conseguenza una costante ricerca del Creatore lo anima, come sta animando anche te..... parliamo così di DOTTRINA RIVELATA....se tale Dottrina NON esistesse, o peggio fosse inventata, nessuno di noi.... NESSUNO....si preoccuperebbe di porsi domande[SM=g7554]

Questa Dottrina Rivelata che definiamo: TEOLOGIA(= da Theos-Dio e Logia-Logos- discorso) è scienza... perchè come la geometria parte da principi certi ed è scienza, anche la teologia parte da un sistema di dottrine derivate da principi certi....quando per altro parliamo di TEOLOGIA parliamo appunto di DIO perchè Dio è la teologia....quel Logos di cui parliamo è quel Logos, Verbo che si fece carne, che si è Incarnato, si è RIVELATO(=DOTTRINA RIVELTA-LOGOS RIVELATO-PAROLA RIVELATA), di conseguenza non parliamo di una filosofia, non portiamo delle opinioni pur avendole, ma parliamo di una PERSONA; UNA PERSONA CHE E' DIO, il Dio che si è rivelato....

Tu porti in te stesso il DNA che reca le tracce dei tuoi genitori ma anche dei tuoi avi....idem per lo SPIRITO che ci anima, idem per la nostra ANIMA....esso ha una specie di DNA che ci collega direttamente a Dio...e la teologia è la materia per conoscere questo DNA così come la scienza è la materia che studia il DNA DELLA NOSTRA MATERIA..[SM=g1740722]

- E se fosse sempre esistito tutto e tutto sempre esisterà?
Se per quanto assurdo possa apparire il tempo non ha mai avuto inizio e non avrà mai fine?


...bella domanda....la terra ha un tempo....il concetto di TEMPORALE si esprime con il concetto e il contesto della VITA....si nasce, si vive e si muore....non si scappa.....anche il seme MUORE altrimenti non porta frutto... anche un fiore nasce, vive e muore....anche le stelle....anche l'acqua ha il suo CICLO....l'eternità è qualcosa di estraneo al tempo altrimenti non sarebbe eternità....
Se il tempo non avesse un inizio non esisterebbe neppure il tempo e non avrebbe una fine...ergo il tempo esiste e lo stiamo vivendo.....esso ha un inizio, un tempo che è la durata ed una fine.....
Dio è fuori del Tempo, ma ha deciso di ENTRARE NEL TEMPO..[SM=g7560] ..se non l'avesse fatto ogni speculazione su Dio sarebbe rimasta nel vuoto..vaghe OPINIONI, migliaia di IMMAGINI di un dio atto a spiegarci, con le nostre opinioni: PERCHE' SIAMO NEL TEMPO? E CHE COSA E' QUESTO TEMPO? A COSA CI SERVE?[SM=g7554] ..abbiamo invece una cognizione degli eventi perchè Dio è entrato nel tempo rivelandocene il PRINCIPIO, IL SENSO E LO SCOPO CHE NE E' IL FINE ULTIMO....

Non a caso la Dottrina Rivelata ci dice che Dio è l'Alfa e l'Omega, il Principio e la fine non di Dio, ma del NOSTRO essere in Dio....[SM=g7560]
se così non fosse la nostra esistenza non avrebbe ragione di esistere, potremo essere una sorta di Matrix, un esistenza VIRTUALE-apparente che tuttavia non risponderebbe ugualmente a quell'interrogativo che ci poniamo tutti: perchè esistiamo? e da dove tutto ha avuto un Principio? E dove siamo diretti?
Domande alle quali "il virtuale" non può rispondere e che l'opinione personale tenta invece di rispondere dando UNA IMMAGINE DI DIO non corrispondente alla realtà....certo, ci si potrebbe accontentare della propria opinione, ma senza progredire nella RAGIONE....[SM=g7560] 


fraternamente CaterinaLD[SM=g1740717]

(il forumista in questione non è più intervenuto sull'argomento)

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"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena)

[SM=g1740750]
Caterina63
00lunedì 22 dicembre 2008 21:50
La vita non è un semplice prodotto delle leggi e della casualità della materia

Il tema affrontato da Benedetto XVI nell'Enciclica Spe Salvi[SM=g1740722]



5. Dobbiamo aggiungere ancora un altro punto di vista. La Prima Lettera ai Corinzi (1,18-31) ci mostra che una grande parte dei primi cristiani apparteneva ai ceti sociali bassi e, proprio per questo, era disponibile all'esperienza della nuova speranza, come l'abbiamo incontrata nell'esempio di Bakhita. Tuttavia fin dall'inizio c'erano anche conversioni nei ceti aristocratici e colti. Poiché proprio anche loro vivevano « senza speranza e senza Dio nel mondo ».

Il mito aveva perso la sua credibilità; la religione di Stato romana si era sclerotizzata in semplice cerimoniale, che veniva eseguito scrupolosamente, ma ridotto ormai appunto solo ad una « religione politica ». Il razionalismo filosofico aveva confinato gli dèi nel campo dell'irreale. Il Divino veniva visto in vari modi nelle forze cosmiche, ma un Dio che si potesse pregare non esisteva. Paolo illustra la problematica essenziale della religione di allora in modo assolutamente appropriato, quando contrappone alla vita « secondo Cristo » una vita sotto la signoria degli « elementi del cosmo » (Col 2,8).

In questa prospettiva un testo di san Gregorio Nazianzeno può essere illuminante. Egli dice che nel momento in cui i magi guidati dalla stella adorarono il nuovo re Cristo, giunse la fine dell'astrologia, perché ormai le stelle girano secondo l'orbita determinata da Cristo [
2] . Di fatto, in questa scena è capovolta la concezione del mondo di allora che, in modo diverso, è nuovamente in auge anche oggi. Non sono gli elementi del cosmo, le leggi della materia che in definitiva governano il mondo e l'uomo, ma un Dio personale governa le stelle, cioè l'universo; non le leggi della materia e dell'evoluzione sono l'ultima istanza, ma ragione, volontà, amore – una Persona.

E se conosciamo questa Persona e Lei conosce noi, allora veramente l'inesorabile potere degli elementi materiali non è più l'ultima istanza; allora non siamo schiavi dell'universo e delle sue leggi, allora siamo liberi. Una tale consapevolezza ha determinato nell'antichità gli spiriti schietti in ricerca. Il cielo non è vuoto. La vita non è un semplice prodotto delle leggi e della casualità della materia, ma in tutto e contemporaneamente al di sopra di tutto c'è una volontà personale, c'è uno Spirito che in Gesù si è rivelato come Amore [
3].

6. I sarcofaghi degli inizi del cristianesimo illustrano visivamente questa concezione – al cospetto della morte, di fronte alla quale la questione circa il significato della vita si rende inevitabile. La figura di Cristo viene interpretata sugli antichi sarcofaghi soprattutto mediante due immagini: quella del filosofo e quella del pastore.

Per filosofia allora, in genere, non si intendeva una difficile disciplina accademica, come essa si presenta oggi. Il filosofo era piuttosto colui che sapeva insegnare l'arte essenziale: l'arte di essere uomo in modo retto – l'arte di vivere e di morire. Certamente gli uomini già da tempo si erano resi conto che gran parte di coloro che andavano in giro come filosofi, come maestri di vita, erano soltanto dei ciarlatani che con le loro parole si procuravano denaro, mentre sulla vera vita non avevano niente da dire. Tanto più si cercava il vero filosofo che sapesse veramente indicare la via della vita.

Verso la fine del terzo secolo incontriamo per la prima volta a Roma, sul sarcofago di un bambino, nel contesto della risurrezione di Lazzaro, la figura di Cristo come del vero filosofo che in una mano tiene il Vangelo e nell'altra il bastone da viandante, proprio del filosofo. Con questo suo bastone Egli vince la morte; il Vangelo porta la verità che i filosofi peregrinanti avevano cercato invano.

In questa immagine, che poi per un lungo periodo permaneva nell'arte dei sarcofaghi, si rende evidente ciò che le persone colte come le semplici trovavano in Cristo: Egli ci dice chi in realtà è l'uomo e che cosa egli deve fare per essere veramente uomo. Egli ci indica la via e questa via è la verità. Egli stesso è tanto l'una quanto l'altra, e perciò è anche la vita della quale siamo tutti alla ricerca. Egli indica anche la via oltre la morte; solo chi è in grado di fare questo, è un vero maestro di vita. La stessa cosa si rende visibile nell'immagine del pastore.

Come nella rappresentazione del filosofo, anche per la figura del pastore la Chiesa primitiva poteva riallacciarsi a modelli esistenti dell'arte romana. Lì il pastore era in genere espressione del sogno di una vita serena e semplice, di cui la gente nella confusione della grande città aveva nostalgia. Ora l'immagine veniva letta all'interno di uno scenario nuovo che le conferiva un contenuto più profondo: « Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla ... Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me ... » (Sal 23 [22], 1.4).

Il vero pastore è Colui che conosce anche la via che passa per la valle della morte; Colui che anche sulla strada dell'ultima solitudine, nella quale nessuno può accompagnarmi, cammina con me guidandomi per attraversarla: Egli stesso ha percorso questa strada, è disceso nel regno della morte, l'ha vinta ed è tornato per accompagnare noi ora e darci la certezza che, insieme con Lui, un passaggio lo si trova. La consapevolezza che esiste Colui che anche nella morte mi accompagna e con il suo « bastone e il suo vincastro mi dà sicurezza », cosicché « non devo temere alcun male » (cfr Sal 23 [22],4) – era questa la nuova « speranza » che sorgeva sopra la vita dei credenti.


http://www.vatican.va/holy_father/be...-salvi_it.html



LETTERA ENCICLICA
SPE SALVI
DEL SOMMO PONTEFICE
BENEDETTO XVI
AI VESCOVI
AI PRESBITERI E AI DIACONI
ALLE PERSONE CONSACRATE
E A TUTTI I FEDELI LAICI
SULLA SPERANZA CRISTIANA
__________________
"Se sarete ciò che dovrete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (S.Caterina da Siena) [SM=g1740721]
Caterina63
00lunedì 5 gennaio 2009 17:34

Le risposte che Dio si riserva

Non la nostra idea di Dio, ma Dio, così come non la nostra idea di prossimo, ma il nostro prossimo.

Abbiamo bisogno di Dio non come di una strada per farvi passare altri nostri sogni, desideri o progetti ma come della nostra unica meta.


Queste note parlano di me, di H. e di Dio. In quest’ordine. L’ordine e le proporzioni sono l’esatto contrario di quelli che avrebbero dovuto essere.

E vedo che in nessun punto mi è accaduto di rivolgermi all’uno o all’altra con quel modo del pensiero che chiamiamo lode.

Eppure sarebbe stata, per me, la cosa migliore. La lode è il modo dell’amore che ha sempre in sé un elemento di gioia.


Lode nel giusto ordine: di Lui come donatore, di lei come dono.

Non godiamo forse un poco, nella lode, di ciò che lodiamo anche se ne siamo lontani?


«È nelle mani di Dio». L’idea ha una nuova energia quando penso a lei come a una spada. Forse la vita terrena che ho vissuto con lei era solo parte del processo di temperatura.

Ora forse Egli stringe l’elsa, soppesa la nuova arma, ne fende l’aria traendone saette. «Una vera lama di Gerusalemme».

Non importa se tutte le fotografie di H. sono brutte.

Non importa (non molto) se il mio ricordo di lei è imperfetto.

Le immagini, sulla carta o nella mente, non sono importanti per sé. Sono solo agganci.


Prendiamo un parallelo da una sfera infinitamente più alta.

Domattina un prete mi darà una piccola cialda rotonda, sottile, fredda e insapora. È uno svantaggio, o non forse in qualche modo un vantaggio, che questa cosa non possa ambire alla benché minima somiglianza con ciò a cui mi unisce?

Io ho bisogno di Cristo, e non di qualcosa che gli somigli. Voglio H., e non qualcosa che sia simile a lei. Una fotografia veramente bella potrebbe alla fine diventare una trappola, un orrore, e un ostacolo.


Non la mia idea di Dio, ma Dio.
[SM=g7831]


Non la mia idea di H., ma H.

Sì, e anche non la mia idea del mio prossimo, ma il mio prossimo.

Forse che non facciamo spesso questo errore con chi è ancora vivo, con chi è accanto a noi nella stessa stanza? Rivolgendo le nostre parole e le nostre azioni non all’uomo vero ma al ritratto, al riassunto, quasi, che ne abbiamo fatto, nella nostra mente?


E bisogna che lui se ne discosti in modo radicale perché noi arriviamo ad accorgercene. Nella sua mano c’è sempre un carta di cui non sapevamo nulla.

Per esempio, sto semplicemente cercando di rappacificarmi con Dio perché so che, se c’è una strada che porta ad H., passa attraverso di Lui? Però so anche benissimo che Lui non può essere usato come strada.

Se ti avvicini a Lui come a una strada e non come alla meta, come a un mezzo e non come al fine, in realtà non ti stai affatto avvicinando a Lui.

Signore, sono dunque queste le tue condizioni?


Potrò ritrovare H. solo se imparerò ad amarti al punto che non mi importerà più se la ritrovo o no?


Considera, Signore, come questo appare a noi.

Che impressione darei se dicessi ai ragazzi: «Niente dolci, ora. Però quando sarete grandi e i dolci non vi interesseranno più, potrete averne quanti ne vorrete»?

Se sapessi che essere diviso da H. e per l’eternità dimenticato da lei accrescerebbe la gioia e lo splendore del suo essere, è chiaro che direi: «Ci sto!».

Così come qui in terra, se il non rivederla mai più avesse potuto farla guarire dal cancro, avrei fatto in modo di non rivederla mai più. Non avrei potuto fare diversamente. Qualunque persona di coscienza farebbe lo stesso.

Ma no, non va bene. La situazione in cui mi trovo ora è tutt’altra.


Quando pongo queste domande davanti a Dio, non ricevo nessuna risposta.

Ma è un «nessuna risposta» di tipo speciale.

Non è la porta sprangata.


Assomiglia piuttosto a un lungo sguardo silenzioso, e tutt’altro che indifferente.

Come se Lui scuotesse il capo non in segno di rifiuto, ma per accantonare la domanda.

Come a dire: «Zitto, bimbo; tu non capisci».


da : C. S. Lewis, Diario di un dolore, Edizioni Adelphi 1990.
Caterina63
00lunedì 5 gennaio 2009 19:23
Amici....il vero dramma...il vero problema...non sono affatto le..."altre fedi" (per le quali intendiamo riferirci a quelle ONESTE e serie e non certo alle sètte....), il vero dramma è in verità LA FALSA DEFINIZIONE DI ATEISMO.....il dramma è il LIBERISMO....IL NICHILISMO.....LO GNOSTICIMO.... tutti pericoli "ismi" che hanno da tempo infettato la società del mondo intero....

Dio è UNO solo ed è CATTOLICO, ossia UNIVERSALE[SM=g1740717] e Gesù ce lo ha rivelato...il problema di seguire una immagine di Dio, compreso il proprio ego assunto quale dio di sè stessi, conduce a produrre questa separazione dell'uomo con il VERO DIO...[SM=g7831]

Responsabilità "nostra" e di queste fedi...sarà quella di trovare UNA STRADA DI UNITA'  almeno per quelle LEGGI UNIVERSALI e che possano consentire a Dio di operare per il Suo Regno
.....questa è la base del vero Ecumenismo ispirato nel Concilio Vaticano II.

L'apostolo lo dice chiaramente:
La nostra battaglia NON E' CONTRO LE PERSONE, MA CONTRO GLI SPIRITI DELLE TENEBRE......

Ma come si manifestano queste tenebre?
Non certo attraverso una sana fede in Dio seppur professata IN AMBIENTI DIVERSI, può mai essere legato questo Spirito che per noi E' DIO essere incarcerato da noi nelle chiese separate, o nei templi buddisti, o nella Mecca, o dove volete voi?[SM=g7831]
Ecco perchè la Chiesa si batte sul RISPETTO NELLE DIVERSITA' quale base di comprensione e di apertura al dialogo.....avvenuto questo RISPETTO....allora si può sedersi ad un tavolo e parlare DELLE LEGGI UNIVERSALI  che devono PER FORZA unire tutti i popoli.....
Chi non crede a questo...NON crede all'unicità di Dio, non crede alla potenza dello Spirito, non crede alle parole di Gesù......
Chi non crede a questo rischia egli stesso di CREARE TANTI DIO PER QUANTE SONO LE FEDI SPARSE NEL MONDO......
Dio è uno solo, solo che è CREDUTO DIVERSO e questo solo l'uomo può crearlo nella sua mente.....o nella sua cultura....
Oppure...PUO' DISTRUGGERLO NELLA SUA MENTE..nichilismo...
Come può avvenire questo?
Mi è piaciuto un libro che ho preso tempo fa....è di un sacerdote Ortodosso.......il titolo ( Padre Seraphim, nella sua opera Nichilismo, appena edita in italiano ed. Servitium, Sotto il Monte, 1998) mi aveva incuriosita quando lessi la presentazione nel sito ortodosso (anche se il sito si esprime molto crudelmente contro la Chiesa Cattolica), egli scrive molte verità che già non solo viviamo comunemente, ma che furono descritte nel famoso SILLABO..[SM=g7831] ...
La sua diagnosi è chiara: ciò che affligge la nostra società è l'assoluto rifiuto di un principio di Verità. Credere infatti che non esiste verità alcuna e che quindi ogni uomo possiede la sua verità altro non può avere che due esiti: o cadere nelle braccia mortifere del nichilismo, o trascinare la propria vita nell'inganno generato dal relativismo. Se ripercorriamo brevemente la storia del pensiero filosofico dall'inizio del secolo ad oggi, vediamo che soltanto un numero esiguo di intellettuali si è sottratto a questa sorta di diktat morale. Anzi possiamo dire che questo movimento di idee, il nichilismo, nel secondo dopoguerra, ha avuto un crescente successo anche tra la massa degli uomini non troppo colti, sino a divenire senso comune.
Padre Seraphim muove la sua critica proprio a partire dal liberalismo, che definisce infatti una forma di "nichilismo passivo". La tiepidezza dell'ideologia liberale nei confronti della verità è ciò che la rende colpevole. Il liberalismo ha infatti accolto soltanto alcuni valori del Cristianesimo, molto spesso deformandoli, sottoponendo l'intera tradizione ad una sistematica revisione alla luce degli interessi del capitale. Ciò si è reso possibile proprio in virtù della trasformazione del cristianesimo in un sistema di valori, in una fede privata della Persona di Gesù Cristo e della Sua verità. "La verità cristiana - scrive infatti l'autore -... non è pura verità filosofica ma verità di vita e di salvezza ".
Questo "privatizzare" la Persona di Gesù ha prodotto la devastante invasione di migliaia di chiese che pur dicendosi "cristiane" in verità non fanno altro che "ghettizzare" il Cristo e renderlo ancor più INCOMPRENSIBILE, favorendo l'espanzionismo liberista e il conseguente nichilismo.

Se la ricerca resta fine a se stessa è sterile e non ci svela alcunché circa il senso stesso dell'esistenza
. Di conseguenza è facile cadere in un crudele gioco d'illusioni; e ciò è ancora più inquietante qualora consideriamo il fenomeno nella sua dimensione globale: infatti l'assenza di un principio di verità genera irrimediabilmente dei surrogati, frutto dell'immaginazione di pochi "visionari" (p. Seraphim allude costantemente - tra gli altri - a Hitler e Lenin) propugnatori di verità parziali o "ideologie". Le guerre e le rivoluzioni sono il prodotto finale di tali surrogati; non a caso il ventesimo secolo è quello che ha visto scatenarsi con incredibile violenza la forza devastatrice dello spirito nichilista.
Ricordiamoci delle parole di Ivan Karamazov: "Se Dio non esiste, tutto è lecito"[SM=g1740730] , anche l'autodistruzione. Un altro personaggio dostoevskiano, Kirillov, nei Demoni, si spinge fino a mettere in pratica questo stesso principio, uccidendosi per dimostrare l'inesistenza di Dio......
Il nichilismo, oggi, riveste forme ben più meschine e subdole rispetto alle teorizzazioni degli intellettuali ottocenteschi. Innanzitutto il fenomeno si presenta in modo diffuso, perfettamente aderente allo spirito del nostro tempo. Epoca bizzarra la nostra. Disillusa e malinconica per una pretesa maturità acquisita con il progresso scientifico e che non le permette, oramai, di guardare ai fenomeni, tra cui quello religioso, con l'"ingenuità" del tempo antico; ma pure euforica e superba, per la sua rivendicata superiorità e per la sua assoluta fiducia nel progresso, come se il benessere raggiunto fosse qualcosa di inalienabile, di certo, di eterno, al pari delle cose materiali.

Il nichilismo veste così gli abiti della sapienza e della speranza SOSTITUENDOSI A DIO
, anzi di una sapienza che si pone al di sopra della saggezza filosofica e teologica "tradizionale"; qui infatti abbiamo il dominio del pensiero e dello spirito, lì la forza dell'azione, la determinazione della volontà ad andare oltre i confini già sperimentati dell'uomo. Il nichilismo presenta qui il suo volto più insidioso: dietro la distruzione, carattere peculiare, seppure non sempre apertamente manifesto, di ogni sua espressione, starebbe una finalità "positiva" di rinnovamento. Ecco, che allora, non soltanto i rivoluzionari di "mestiere", ma anche tutti gli altri uomini animati da questa volontà di rinnovamento considereranno giusta ed auspicabile l'ipotesi di una distruzione dell'antico ordine in vista di una catarsi generale che prepari la strada all'uomo nuovo (basti pensare a molte chiese cristiane che provenienti dal protestantesimo hanno la superbia di mettere a tacere la Chiesa, di distruggere un passato per imporre il loro modo di nascere di nuovo annullando così ogni opera passata dello Spirito attraverso la testimonianza dei Padri e dei Santi).
 Di fronte a tanto entusiasmo sono in pochi ad essere consapevoli dell'abisso che si cala tra i turbini della furia devastatrice; la maggioranza preferisce sognare un futuro in cui l'uomo, finalmente libero dalla schiavitù della religione, possa disporre dell'intera sua potenza creatrice; un uomo regolato unicamente dalla propria volontà, e con "propria" non mi limito a considerare solo la volontà individuale ma anche quella collettiva,popolare o generale, e geloso della conquistata autonomia. Questi il progetto, la speranza insiti nel programma del nichilismo: distruggere per ricreare, sacrificare ciò che esiste per ciò che è soltanto una fantasia. Il nichilismo, è il supporre che dal nulla possa nascere qualcosa di diverso dal nulla stesso; per far questo occorre una seconda creazione e quindi sostituirsi a Dio...... cancellando ogni passato.
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Amici...queste ultime parole mi hanno ricordato le mancate radici cristiane nella citazione Europea......il libro è del 1998, dunque non si era ancora sicuri di questa situazione che oggi, si è verificata.....SI STA CANCELLANDO IL PASSATO..... per offrire alle generazioni future UNA NUOVA CREAZIONE SENZA DIO E SENZA RELIGIONE...[SM=g1740729] ..liberi nelle personali esposizioni, liberi nella propria fede PRIVA DI LEGAMI CON LA CENTRALITA' DELLA CHIESA posta invece proprio per salvaguardare questi drammi e questa AUTODISTRUZIONE.....
Il punto infine..non è che temiamo la sconfitta della Chiesa, Essa NON soccomberà mai.....quanto invece LA SORTE DI MOLTI UOMINI  che sono costati SANGUE A GESU'...[SM=g1740720] ..questo è il vero punto d'incontro che chi si dice cristiano deve OBBLIGATORIAMENTE AVERE.....[SM=g1740717]

[SM=g1740750] [SM=g7182]
Caterina63
00sabato 27 febbraio 2010 12:34
ROMA, giovedì, 23 giugno 2005 (ZENIT.org).-Pubblichiamo per intero il secondo capitolo del volume dal titolo “Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio” (Edizioni San Paolo, 2001), frutto del colloquio, tenutosi nell’abbazia benedettina di Montecassino, fra il cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e il giornalista e redattore tedesco Peter Seewald.

le risposte alle domande sono appunto dell'allora cardinale Ratzinger:

 Com’è, dov’è, e che cosa vuole Dio?

Veniamo all'essere originario, come lo chiama Lei, all'origine e al fine dell'esistenza, Dio. La professione di fede cristiana inizia con la parola “Credo”. Comunque i cristiani non credono genericamente in una forza, in una natura superiore.

Questa affermazione “Credo” è un atto consapevole del soggetto. Un atto in cui si intrecciano volontà e ragione, illuminazione e ispirazione. Qui si radica questa fiducia, ma anche questa tensione quest'uscire fuori da sé, questo proiettarsi verso Dio. E non si tratta di riferirsi a una qualsivoglia potenza superiore, ma a Dio che mi conosce e che mi parla. Che è davvero un soggetto per quanto tanto più alto con cui posso entrare rapporto e che si relazione con me.

Cosa intende quando dice che Dio è anche un “soggetto”?

Intendo dire che è una persona. Dio non è la formula matematica che compendia l'universo. Non è nello spirito del mondo. Non è l'imprecisata armonia della natura o un innominabile “infinito”, ma il creatore della natura, l'origine dell'armonia, il Dio vivente, il Signore.

Un attimo, Lei crede che Dio sia una persona, che possa ascoltare, vedere, avere dei sentimenti…?

Sì, Dio possiede i tratti essenziali di ciò che chiamiamo persona, cioè consapevolezza, discernimento e amore. E’ da questo punto di vista qualcuno in grado di parlare di ascoltare. Questi sono, credo, i tratti essenziali di Dio. La natura può anche essere degna di ammirazione. Un cielo stellato è grandioso. Ma rimane pur sempre un'ammirazione impersonale perché, in ultima analisi, mi fa sentire una piccola rotella di un meccanismo che mi sovrasta.

Il Dio vero è qualcosa di più. Non è semplicemente natura, ma è ciò che la precede e che la legge. È un essere in grado di pensare, parlare, amare e ascoltare. E Dio, ci dice la fede, è per sua essenza relazione. Intendiamo questo quando ci riferiamo alla sua natura trinitaria. Poiché è in sé relazione, è anche in grado di creare esseri che sono a loro volta relazione e che si possono richiamare a lui perché lui si è sentito toccare da loro.

“Chi entra nella logica di questo Credo”, ha detto una volta, “compie davvero una rinuncia alle leggi del mondo in cui vive”.

Intendevo dire che il mistero della Risurrezione di Cristo ci consente di superare la morte. Naturalmente come uomini che abitano questo mondo continueranno ad essere sottoposti alle leggi naturali. In natura vige la legge delle incessanti trasformazioni. Ma in Cristo vediamo che l'uomo ha qualcosa di definitivo. Non è soltanto un elemento inserito nel grande processo delle trasformazioni, ma è e rimane uno degli scopi della creazione. Da questo punto di vista si sottrae al vortice dell'eterno dischiudersi e perire per essere accolto nella costanza dell'amore creativo di Dio.

Perché si rappresenta Dio con un triangolo al cui centro sta un occhio che ci fissa in maniera penetrante?

Il triangolo è un tentativo di rappresentare il mistero dell'unità trinitaria. Si vuole esprimere il confluire della tripartizione trinitaria in un'unica realtà e la fusione della triplice relazione d'amore in un unità superiore. L'immagine dell'occhio, molto antica, è per eccellenza il simbolo del conoscere che attraversa l'intera storia della religione. Dice che Dio è il Dio che vede e che l'uomo è l’oggetto della sua attenzione, che acquisisce a sua volta, tramite Dio, la facoltà di vedere.

Naturalmente in quest’immagine è insito un pericolo. Nell’Illuminismo ha contribuito in maniera significativa alla presa di distanza da Dio. Perché da un Dio che mi osserva inesorabilmente ovunque io sia, che non mi concede mai uno spazio mio – la mia privacy si direbbe oggi – da un simile Dio ci si separa volentieri.

Considerare il vedere come una minaccia, come un pericoloso osservare che mi sottrae la libertà è un'interpretazione sbagliata che capovolge l'immagine autentica di Dio. Il simbolo dell'occhio è interpretato correttamente se vi si vede il riflesso di un atteggiamento di eterna premurosità, se mi comunica il fatto che non sono mai solo, che c'è sempre qualcuno che mi ama, che mi sostiene e mi sorregge.

Nella tradizione ebraica è presente l'idea che Dio, prima di creare il mondo, esisteva in latenza. Le sue caratteristiche non avevano ancora conosciuto un'attualizzazione. Conseguentemente Dio aveva bisogno del mondo per diventare quello che è. Perché, come potrebbe esserci un re senza popolo? Come Dio potrebbe amare, se non c'è nessuno da amare? La domanda è questa: cosa c'era prima dell'inizio? Chi ha creato Dio?

Quest'idea proviene da una delle tante tradizioni ebraiche. Concezioni simili sono poi emerse successivamente anche nella mistica cristiana, per esempio in Meister Eckart. In ogni caso non corrispondono all'immagine biblica originaria e paiono sottintendere impossibilità per Dio di essere se stesso se non creando.

No, il Dio cristiano, il Dio che si rivela a noi, è Dio. "Io sono colui che sono”, dice. A questo punto si è già implicitamente risposto anche alla domanda successiva e che presuppone una serie infinita di interrogativi autogenerantisi: Chi l’ha creato, e poi: Chi ha creato colui che l’ha creato e così via. E diventa superfluo anche un interrogativo come questo: lo spirito di Dio creatore rappresenta la pienezza dell'essere, posta al di là del divenire e del perire?

Penso che lo si possa formulare in questi termini: la realtà stessa è in se stessa creativa. Dio non ha bisogno del mondo. La fede cristiana e anche quella veterotestamentaria l'hanno sempre energicamente sottolineato. Al contrario degli dei, che hanno bisogno di uomini che li mantengano e li nutrano, Dio di per sé non ha bisogno di loro. È l'unico, l'eterno la pienezza dell'essere. La fede trinitaria ci dice che lui è colui che ama in sé, in questo eterno ciclo dell'amore che è insieme suprema unità e alterità e condivisione dell'esistenza.

D'altro canto l'idea che Dio è amore in implica effettivamente l'interrogativo su quale sia l'oggetto del suo amore. Questo però si dissolve nella fede nell’unità trinità di Dio, che fa dono di sé e si fa Figlio, si riunisce al Padre ed è Spirito Santo. In questo senso, dunque, la creazione è un atto completamente libero e anche la tradizione cristiana (e con essa parti importanti della tradizione ebraica) hanno sempre sottolineato che la creazione non è per Dio una necessità ma una libera scelta.

Ma perché Dio doveva farsi carico di questa avventura della creazione del mondo e dell'uomo?

Quest’interrogativo, sulle motivazioni di un atto, quello della creazione, di cui Dio poteva anche fare a meno, ha terribilmente tormentato Romano Guardini, che ha preso atto e dato espressione a tutto ciò che nella creazione gronda di dolore. Non abbiamo una risposta. Possiamo solo supporre che l'abbia voluto, nonostante tutto; che volesse una creatura altra da lui, che potesse riconoscerlo e ampliare così dire il raggio del suo amore.

Gli antichi hanno tentato di esprimerlo con un concerto filosofico: il bene ha in sé la pulsione a parteciparsi. E da questo punto di vista colui che è il bene per eccellenza tende a traboccare. Nemmeno a quest’interrogativo c'è una risposta definitiva. Ma l’essenziale è che la creazione non è un libero dono di sé e non per così dire un'esigenza di Dio, che sarebbe altrimenti solo un Dio dimezzato e potrebbe quindi offrire solo una speranza dimezzata.

Dio è uomo o donna?

Dio è Dio. Non è né uomo né donna, ma è al di là dei generi. È il totalmente Altro. Credo che sia importante ricordare che per la fede biblica è sempre stato chiaro che Dio non è né uomo né donna ma appunto Dio e che uomo e donna sono la sua immagine. Entrambi provengono da lui ed entrambi sono racchiusi potenzialmente lui.

Il problema è però che la Bibbia si rivolge a Dio come a un Padre e lo raffigura conseguentemente con un'immagine maschile.

Tanto per incominciare dobbiamo dire che, se è vero che effettivamente la Bibbia ricorre nell'invocazione delle preghiere all'immagine paterna, non a quella materna, è altrettanto vero che nelle metafore di Dio gli attribuisce anche caratteristiche femminili.

Quando ad esempio si parla della pietà di Dio, non si ricorre al termine astratto di “pietà”, ma a un termine gravido di corporeità, “rachamin”, il “grembo materno” di Dio, che simboleggia appunto la pietà. Grazie a questa parola viene visualizzata la maternità di Dio anche nel suo significato spirituale. Tutti i termini simbolici riferiti a Dio concorrono a ricomporre un mosaico grazie al quale la Bibbia mette in chiaro la provenienza da Dio di uomo e donna. Ha creato entrambi. Entrambi sono conseguentemente racchiusi in lui - e tuttavia lui è al di là di entrambi.

Rimane l’interrogativo perché tutto ciò non abbia trovato espressione anche nell'invocazione delle preghiere.

Sì. Perché ci si è limitati così rigidamente al Padre? E poi c'è la successiva domanda, ancora più tagliente: perché Dio è venuto a noi come “Figlio”? Perché Dio facendosi uomo si è incarnato in una persona di sesso maschile? E perché questo Figlio di Dio ci ha insegnato a sua volta a rivolgerci insieme a lui a Dio chiamandolo Padre, trasformando questa denominazione di Padre in qualcosa di più di un'immagine che nel corso della storia della fede può anche essere superata, cioè nella parola che il Figlio stesso ci ha insegnato?

Lei conosce la risposta?

Vorrei anzitutto ricordare che la parola "Padre” rimane ovviamente una metafora. Continua ad essere vero che Dio non è né uomo né donna ma appunto Dio. Si tratta comunque di un'immagine che Cristo ci ha davvero, inequivocabilmente, consegnato perché noi vi ricorressimo nella preghiera, un'immagine tramite cui ci vuole comunicare qualcosa della visione di Dio.

Ma perché? Ci troviamo attualmente nel pieno di una nuova fase di riflessione su questa questione, ma credo che, in ultima analisi, non siamo in grado di trovare una risposta. Ciò che possiamo dire sono forse due cose. Innanzitutto, le religioni diffuse nell'area circostante a Israele conoscevano coppia di divinità, una dignità maschile e una divinità femminile. Il monachesimo, al contrario, ha escluso le coppia di divinità e ha invece assurto a sposa del Signore l'umanità eletta, o meglio il popolo d'Israele.

In questa storia d’elezione si adempie il mistero dell'amore che Dio nutre per il suo popolo, simile a quello di un uomo per la sua sposa. Da questo punto di vista l'immagine femminile viene un certo qual modo proiettata su Israele e sulla Chiesa e infine personalizzata in maniera particolare in Maria. In secondo luogo, laddove si è fatto ricorso a metafore materne del divino queste hanno trasformato la concezione della creazione fino a che, all'idea di creazione, si è sostituita quella di emanazione, di parto, e poi ne sono scaturiti modelli quasi necessariamente panteistici. Al contrario, il Dio rappresentato nell’immagine paterna che tramite la Parola e proprio da qui deriva la specifica differenza tra creazione e creatura.

Anche se Dio non è né uomo né donna, siamo in grado di dire com’è? L’Antico Testamento ci riferisce di esplosioni di collera e di successive punizioni. "Perché io, il Signore tuo Dio,”ci dice qui, “sono un Dio geloso: in coloro che mi sono nemici, perseguo la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione”. Dio è ancora oggi collerico come allora o è cambiato?

Per prima cosa vorrei completare la citazione. Vi si dice infatti: “le mie punizioni colpiranno fino alla terza o alla quarta generazione, ma la mia misericordia si estenderà oltre le mille generazioni”. La parola profetica riflette dunque una simmetria tra la collera e la misericordia. La misericordia è moltiplicata per mille, se raffrontata con l’ira e da questo punto di vista questo passo significa che, per quanto abbia meritato la punizione e mi sia posto al di fuori del suo amore, ho la certezza che la misericordia di Dio è mille volte più grande.

Ma questo Dio ebraico-cristiano mostra anche un volto irato.

La collera di Dio è espressione del fatto che ho vissuto contraddicendo quell’amore che costituisce l'essenza di Dio. Chi si allontana da Dio, che si allontana dal bene, sperimenta la sua collera. Chi si pone al di fuori dell'amore, sprofonda nel negativo. Non è quindi un colpo inferto da un dittatore assetato di potere, ma è soltanto l'espressione della logica intrinseca a un'azione.

Se io mi pongo al di fuori di ciò che è conforme alla mia idea di creazione, al di fuori dell'amore che mi sorregge, allora precipito nel vuoto, nelle tenebre. Allora non mi trovo più, per così dire, nella sfera dell'amore, ma in una sfera che può essere definita come quella della collera.

Le punizioni di Dio non sono il frutto di norme poliziesche da lui stesso imposte sadicamente. “Punizione di Dio” è la condizione che si sperimenta quando si smarrisce la retta via e si subiscono le conseguenze dell'essersi incamminati su una strada sbagliata, lontano da quell'esistenza che Dio aveva pensato per noi.

Ma non siamo anche tenuti a nutrire un senso di dipendenza, e addirittura di minorità se si dice: “Dio è colui che vi infonde la volontà e la sua realizzazione”. Che razza di Dio è uno che deve sempre dimostrarci che senza di lui non siamo niente? E viceversa, non è anche responsabile nei nostri confronti? Perché, chi di noi è responsabile della propria presenza su questa terra? Anzi ci sono abbastanza persone che non ne sono affatto entusiaste.

È importante che la Chiesa ci trasmetta un'immagine di Dio grandiosa ma scevra da falsi tratti terrorizzanti e minacciosi. Tratti che invece hanno gravato negativamente e tuttora forse gravano sporadicamente in una parte della catechesi. Dobbiamo invece rappresentare Dio nella sua grandezza, ma sempre a partire da Cristo, un Dio che ci concede un margine di libertà molto ampio.

Talvolta vorremmo addirittura che ci parlasse più chiaramente. Altre volte ci chiediamo invece: perché ci lascia tutto questo spazio di manovra? Perché concede al male tutta questa libertà e questo potere? Perché non interviene?

Continuiamo a soffermarci su Dio con la domanda su dove e come possiamo trovarlo. Possiamo ricorre a un breve racconto. Una volta una madre portò suo figlio dal rabbino. Questi allora chiese al ragazzo: “Ti do un fiorino se mi sai dire dove sta Dio”. Il ragazzo non ebbe bisogno di riflettere a lungo e rispose: “E io te ne do due si mi sai dire dove non sta”. Nel Libro della Sapienza si dice che Dio “ si lascia trovare da quanti non lo tentano, si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui”. Ma dov'è Dio esattamente?

Iniziamo dal Libro della Sapienza. Lì c’è un passo che mi pare molto attuale: “Dio si lascia trovare da quanti non lo tentano” significa che non si lascia trovare da coloro che vogliono metterlo alla prova. Questa verità era già conosciuta nel mondo ellenistico e si è conservata ancora oggi molto pregnante. Se vogliamo mettere Dio alla prova - ci se o non ci sei? – o mettiamo in atto tentativi che dovrebbero nelle nostre intenzioni spingerlo a reagire, se ne facciamo un oggetto di sperimentazione, allora assumiamo un atteggiamento che ci impedisce di trovarlo. Dio non si sottopone ad alcun esperimento. Non è qualcosa che si lasci manipolare dall'uomo.

Un mio amico mi ha detto: Io non avverto alcuna presenza, nemmeno quando vado in chiesa la domenica. Vedo solo che non esiste nulla.

Dio non è qualcosa che si possa costringere a urlare in determinati momenti la propria presenza. Troviamo Dio se rinunciamo a sottoporlo ai criteri di falsificabilità dell’esperimento moderno e di dimostrazione dell'esistenza e se guardiamo a lui come Dio. E guardare a lui come a Dio significa instaurare con lui tutto un altro rapporto.

Le cose materiali posso indagarle da un punto di vista operativo e sottoporle a coercizione perché mi sono sottoposte. Ma già un altro essere umano non sono in grado di capirlo se lo tratto in quel modo. Al contrario, sono in grado di cogliere qualcosa della sua personalità solo se inizio a immedesimarmi empaticamente con la sua anima.

Lo stesso avviene con Dio. Posso cercare Dio solo se dismetto i panni del dominatore. Devo invece sviluppare un atteggiamento di disponibilità, di apertura, di ricerca. Devo essere pronto ad attendere con umiltà e a consentirgli di mostrarsi come vuole e non come io vorrei.

Ma dov'è Dio esattamente?

Non è in un luogo preciso, come mostra così bene la sua storiella rabbinica. Detto in positivo: non esiste alcun luogo in cui lui non sia presente perché è dappertutto. Detto in negativo: In nessun modo può essere là dove vi è il peccato. Quando la negazione eleva il non essere a potenza, allora lì lui non è presente.

Dio è dappertutto, e perciò ci sono diversi gradi di approssimazione a Dio perché, quanto più alto è lo stadio dell'essere, tanto più si è vicini a lui. Dove però si dischiudono ragioni e amore, lì si raggiunge una nuova forma di vicinanza a lui, una nuova modalità della sua presenza. Dio è dunque là dove sono presenti fede e speranza e carità, perché, a differenza del peccato, queste disegnano lo spazio che ci consente di penetrare le dimensioni di Dio.
Da questo punto di vista Dio è in tutti quei luoghi in cui accade qualcosa di buono, presente nella sua specificità e, certo, al di là della mera onnipresenza. Possiamo incontrarlo e cogliere una modalità più profonda della sua presenza laddove ci approssimiamo a quelle dimensioni che meglio corrispondono alla sua essenza più intima quelle appunto della verità è dell'amore, del bene in generale.

Questa presenza più profonda… significa forse che Dio non è da qualche parte nell’universo ma è qui mezzo a noi? Presente in ogni singolo uomo.

Sì, lo dice già San Paolo sull'Aeropago rivolgendosi agli Ateniesi. Cita in quell'occasione un poeta greco: In Dio ci muoviamo, di piano e siamo. Che ci fu muoviamo ed esistiamo nell'aura del Dio creatore, è già vero da un punto di vista meramente biologico. Ed è tanto più vero quanto più ci addentriamo nella specifica modalità dell'essere di Dio. Possiamo esprimerlo in questi termini: laddove un uomo fa del bene a un altro uomo, là Dio è particolarmente vicino. Laddove, nella preghiera, qualcuno apre il proprio cuore a Dio, lo avvertirà come particolarmente vicino.

Dio non è una grandezza individuabile secondo categorie fisico-spaziali. La sua vicinanza non è misurabile con i parametri della distanza spaziale, in chilometri o anni luce. La prossimità di Dio è invece una vicinanza fondata sulle categorie dell'essere. Laddove è presente ciò che più riflette e attualizza la sua essenza, laddove sono presenti la verità e il bene, là lo sfioriamo particolarmente, lui che è l’Onnipresente.

Questo però significa anche che non è automaticamente presente, che non è sempre presente.

Da questo punto di vista è sempre presente, come se senza di lui non mi fosse possibile congiungermi al fluire dell'essere, se vogliamo dirlo in questi termini. In questo senso c’è un livello elementare di presenza di Dio che pervade ogni cosa. Ma la dimensione più profonda della prossimità di Dio, quella di cui è stato fatto dono all'uomo, quella può assottigliarsi o addirittura dissolversi o viceversa irrobustirsi.

Un uomo totalmente compenetrato da Dio è interiormente più vicino a Dio di uno che si è allontanato da lui. Pensiamo all'annuncio a Maria. Dio vuole che Maria divenga il suo tempio, il suo tempio vivente, ma questo non significa solo ospitarlo fisicamente. Ma a lei è davvero possibile divenire la dimora di Dio solo in quanto si è interiormente aperta a lui; solo perché si è conformata a lui con tutto il suo essere.

Ma potrebbe anche essere che Dio si ritragga, almeno temporaneamente. Einstein, ad esempio, venerava Dio come architetto dell'universo, ma era anche convinto, in ultima analisi, che Dio non si interessasse più della sua creazione e del destino dell'uomo.

Questa idea di Dio come architetto muove da una concezione di Dio molto limitata. In questa concezione Dio è soltanto l'ipotesi marginale di cui si ha bisogno per poter spiegare la nascita dell'universo. Progetta, per così dire, la totalità del cosmo, che poi si muove di forza propria. Poiché Dio si rapporto al mondo semplicemente come la causa fisica ultima, poi naturalmente, altrettanto semplicemente, esce di scena dopo la creazione. Ora la natura dispone di una propria autonomia, ma Dio non ha più margini d’azione, il suo rapporto con il cuore degli uomini, con quest'altra dimensione dell'essere, semplicemente non è previsto da questa concezione della creazione.
Allora non è più il Dio “vivente” ma un'ipotesi che, in ultima analisi, si tenta di rendere superflua.

Ma anche i teologi parlano di un’ “ assenza di Dio”.

Questa è un'altra faccenda. Già nelle Sacre Scritture ci imbattiamo nel nascondersi di Dio. Dio si nasconde al popolo che non gli obbedisce. Tace. Non manda profeti. E questa notte buia è presente anche nella vita dei santi, che vengono per così dire espulsi in questa sorta di assenza, di silenzio di Dio, come ad esempio Teresa di Lisieux, e devono condividere con i non credenti la sofferenza delle tenebre.

Ma questo comunque non significa che Dio non esiste. E nemmeno che non disponga più della sua forza propria o che non ci ami più. Sono situazioni della storia o dell'esistenza umana in cui l'incapacità dell'uomo di percepire la presenza di Dio opera a sua volta, per usare un'espressione di Martin Buber, un’ “eclissi di Dio”. Di fronte a questa incapacità o non volontà dell'uomo di percepire Dio di richiamarsi a lui, Dio pare essersi ritratto.

Clemente alessandrino, uno dei grandi Padri della Chiesa, disse una volta: “L'uomo è stato creato da Dio, perché desiderato da Dio per se stesso”. Bene, se dunque Dio è amore disinteressato, perché mai dovrebbe insistere nel pretendere da noi venerazione e adorazione?

Il Santo Padre ha ripreso nelle sue encicliche in diversi modi proprio quest'espressione “creato per se stesso”. L’ha mutuata da Immanuel Kant e l’ha sviluppata in maniera originale. Kant aveva detto che l'uomo è l'unico essere che è fine a se stesso, non uno strumento per altri fini. Il Papa dice ora: In effetti l'uomo è in sé un fine ultimo, non è a sua volta utilizzabile per conseguire altri fini.

Questa affermazione rappresenta il presupposto in base a cui garantire protezione al singolo. Perché in questo Dio creatore è riposto il fondamento che esclude il diritto di chicchessia di servirsi di un altro uomo, per quanto povero o debole questi possa essere, per conseguire Dio solo sa quali nobili scopi.

Oggi questa si è dimostrata una leva molto importante per garantire la difesa della dignità umana negli esperimenti sull'uomo o sugli embrioni. Il diritto umano per eccellenza è proprio questo, quello di non essere considerato un mezzo, ma di vedere tutelata la propria inviolabile dignità. Questo però non autorizza l'uomo a rinchiudersi in se stesso, a rideclinare la propria singola individualità a scopo finale della propria esistenza. Una componente importante della personalità umana è la relazionalità.

Che cosa significa?

Innanzitutto il lui è innata la tendenza ad amare, a relazionarsi con gli altri. Non è un essere autarchico, conchiuso in se stesso, un’isola dell’essere, ma, per sua stessa essenza, relazione. Senza questa relazione, nella mancanza di relazioni si autodistruggerebbe. E proprio in questa sua struttura fondamentale riflettere la natura di Dio. Perché è un Dio che a sua volta è per sua essenza relazione, come c’insegna il dogma trinitario. La relazionalità dell'uomo è quindi innanzitutto di natura interpersonale, ma è predisposta anche come proiezione verso l'infinito, verso la verità, verso l'amore stesso.

Deve necessariamente dispiegarsi in questa direzione?

Sì, ma questo non l'avvilisce. Questa relazione non rende l'uomo un fine, ma gli conferisce grandezza perché sta in rapporto diretto con Dio ed è direttamente voluto da Dio. Non si può perciò considerare il culto di Dio alla stregua di una faccenda esteriore come se Dio volesse essere lodato se avesse bisogno di sentirsi lusingato. Sarebbe ovviamente infantile e in sostanza irritante e ridicolo.

Ma allora cosa vuole?

Interpretare correttamente il senso dell’adorazione significa vivere correttamente il proprio essere come essere relazionale, vivere correttamente l'idea interiore del mio essere. E allora la mia vita si orienta a porsi in sintonia con la volontà di Dio, ad armonizzarsi con la verità e con l'amore. Non si tratta di fare qualcosa che faccia contento Dio. Adorarlo significa accettare la fugacità della nostra esistenza. Accettare di non avere per scopo qualcosa di finito che mi vincoli e di eccedere qualsiasi altro fine. Eccederlo proprio nell’unità interiore con colui che mi ha voluto come suo partner e che proprio su questo ha affondato la libertà che mi ha donato.

Ed è questo che Dio vuole veramente noi?

Sì.


Caterina63
00domenica 31 ottobre 2010 01:01
Il tema della nuova evangelizzazione approfondito dall'arcivescovo Gianfranco Ravasi

Conclusa l'assemblea della Conferenza episcopale canadese


Cornwall, 30. La nuova evangelizzazione, le questioni legate alla vita e alla famiglia, il dialogo interreligioso (in particolare con i musulmani), il rinnovamento delle parrocchie e i differenti modi di integrare i giovani adulti nella vita della Chiesa:  sono i principali temi discussi dai novanta vescovi che da lunedì a venerdì scorsi hanno partecipato a Cornwall, in Ontario, all'assemblea plenaria della Conferenza episcopale del Canada. L'incontro ha vissuto il suo epilogo a Montréal dove i presuli si sono trasferiti per celebrare la messa di ringraziamento per la canonizzazione di André Bessette, avvenuta il 17 ottobre.

Per due giorni i lavori sono ruotati attorno alla nuova evangelizzazione nella società contemporanea, tema approfondito dall'arcivescovo Gianfranco Ravasi, ospite dell'assemblea. "Il concetto cristiano di verità - ha detto fra l'altro il presidente del Pontificio consiglio della cultura - è fondato sulla trascendenza e l'oggettività del vero. La verità ci precede e ci supera. Noi non possediamo la verità, è essa a possederci". Le due sessioni sono state seguite da discussioni che hanno messo a confronto i vescovi canadesi e lo stesso monsignor Ravasi, tra i nuovi porporati nel prossimo concistoro del 20 novembre.

Interessante il parallelo tra India e Canada proposto, nel suo intervento, dall'arcivescovo Pedro López Quintana, dal dicembre scorso nunzio apostolico in Canada dopo una decina d'anni trascorsi in India prima come consigliere alla rappresentanza pontificia e poi come nunzio apostolico. "Il contesto nord-americano, profondamente simile a quello dell'Europa, è caratterizzato - ha detto l'arcivescovo - dal pluralismo, dal consumismo, in alcuni settori da una certa indifferenza religiosa. Mentre in India la religione impregna pressoché tutte le sfaccettature della vita quotidiana, il mondo occidentale ha la tendenza a volerla regolare nella sfera puramente privata. Il cristianesimo ha nondimeno segnato in maniera indelebile la nostra cultura".

In India, ha aggiunto monsignor López Quintana, la popolazione cattolica ammonta a circa diciotto milioni di persone. È dunque numericamente più elevata rispetto al Canada, pur rappresentando, in proporzione, solo l'1,8 per cento degli abitanti. "Può sembrare una quantità trascurabile, ma la vitalità che vi si osserva ne fa una componente importante della vita indiana", ha spiegato il nunzio apostolico, che si è detto convinto che anche "i cattolici canadesi possono continuare a dare un contributo significativo alla costruzione del loro Paese, come hanno saputo fare fin dalle origini".

Tra le decisioni prese dall'assemblea, quella di creare un nuovo comitato permanente per consolidare il legame già esistente tra la Conferenza episcopale e l'Organizzazione cattolica canadese per lo sviluppo e la pace. È stata inoltre prolungata di un anno l'attività del Comitato ad hoc per la vita e la famiglia, questioni - ha sottolineato il vescovo di London, Ronald Peter Fabbro, presidente dell'organismo - che "esigono un rinnovamento spirituale, un cambiamento di mentalità e dei cuori, l'opera di una nuova evangelizzazione".


(©L'Osservatore Romano - 31 ottobre 2010)
Caterina63
00domenica 16 ottobre 2011 00:49

I gesuiti di Civiltà Cattolica contro Flores D'Arcais (Bevilacqua)

Stroncato il libro su Gesù, ultima tappa di uno scontro feroce

I gesuiti di Civiltà Cattolica contro Flores D'Arcais

di Andrea Bevilacqua

Inizia col botto la nuova avventura del cyber teologo Antonio Spadaro alla guida della Civiltà Cattolica. Nel suo primo numero firmato da direttore, Spadaro attacca pesantemente il libro su Gesù di Paolo Flores D'Arcais, direttore di Micromega e critico severo di Papa Benedetto XVI: la Civiltà Cattolica, il quindicinale dei gesuiti pubblicato con l'imprimatur della segreteria di stato vaticana, stronca, infatti, con una recensione firmata da Corrado Marucci l'ultimo sforzo del filosofo «Gesù. L'invenzione del Dio cristiano». Un testo difficile da commentare, secondo Civiltà Cattolica, «per il tono costantemente polemico», «palesemente denigratorio e sommario», nei confronti «della chiesa cattolica e del Sommo Pontefice», «arido» anche laddove altri autori non credenti esprimono ammirazione per le parole di Gesù.

 «Da un punto di vista metodologico è evidente che l'Autore va alla ricerca di più o meno notevoli discrepanze, difficoltà e oscurità del Nuovo Testamento, estraendole da un materiale disparato e di diverso valore, tralasciando le ricchezze sapienziali disseminate negli scritti neotestamentari» ma, sottolinea la recensione, «le idee sostenute da Flores non possono essere assolutamente spacciate per l'opinione della stragrande maggioranza degli studiosi, come ripetutamente afferma». Sono anni che non corre buon sangue tra Flores e il Vaticano. Flores nel 2000 incontrò al teatro Qurino di Roma l'allora cardinale Joseph Ratzinger. Fu un confronto ad armi pari inedito, davanti a duemila persone e con Gad Lerner come moderatore. Il titolo della storica serata fu «Controversia su Dio». Da quel giorno Ratzinger ha subìto, secondo Flores, una regressiva rispetto alle timide aperture di quel dibattito. L'accusa che negli anni successivi Flores rivolgerà a Ratzinger è quella di avere disfatto come «Papa inquisitore» il cammino intrapreso dal «Papa buono». Se il Concilio Vaticano II è stato, in positivo, lo spartiacque tra il costantinismo teocratico condito dalla svolta reazionaria del Sillabo e una cattolicità intesa come dialogo con il mondo e recupero dei valori autentici di un vangelo non compromesso con il potere, il post-Concilio e in particolare gli ultimi due pontificati hanno sostanzialmente, in negativo, disatteso le speranze di quanti scommettevano in una nuova primavera di una Chiesa riconciliata con la modernità.

Notevole fu la critica che Flores rivolse all'Osservatore alla morte di José Saramago. Mentre le agenzie battevano la notizia dei funerali dello scrittore portoghese, l'Osservatore Romano attaccò lo scrittor Saramago che «non si fece mai mancare il sostegno di uno sconfortante semplicismo teologico». Flores a sua volta attaccò l'Osservatore che «ha sentito il bisogno irrefrenabile di vomitare a tambur battente un 'vade retro!» di ingiurie sconnesse, a cadavere ancora caldo, anziché il «requiescat in pacem» canonico».
E oggi l'ultima querelle, quella dei gesuiti contro Flores. La Civiltà Cattolica è una fucina di teologi e letterati stimati. Se si sono esposti in questa misura contro Flores significa che anche per la Santa Sede Flores è andato troppo oltre le righe col suo ultimo lavoro «Gesù. L'invenzione del Dio cristiano».

© Copyright Italia Oggi, 15 ottobre 2011 consultabile online anche qui.


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