Il Santo Padre Benedetto XVI e la Rinuncia al governo della Chiesa

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Caterina63
00lunedì 11 febbraio 2013 16:48

CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO - DECLARATIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI SULLA SUA RINUNCIA AL MINISTERO DI VESCOVO DI ROMA, SUCCESSORE DI SAN PIETRO, 11.02.2013

Nel corso del Concistoro Ordinario Pubblico per la Canonizzazione di alcuni Beati, tenuto alle ore 11 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, durante la celebrazione dell’Ora Sesta, il Santo Padre Benedetto XVI ha fatto ai cardinali presenti il seguente annuncio:


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DECLARATIO

Fratres carissimi

Non solum propter tres canonizationes ad hoc Consistorium vos convocavi, sed etiam ut vobis decisionem magni momenti pro Ecclesiae vitae communicem. Conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate non iam aptas esse ad munus Petrinum aeque administrandum.

Bene conscius sum hoc munus secundum suam essentiam spiritualem non solum agendo et loquendo exsequi debere, sed non minus patiendo et orando. Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem  meam ad ministerium mihi commissum bene  administrandum agnoscere debeam. Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commissum renuntiare  ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 29, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave  ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse.

Fratres carissimi, ex toto corde gratias ago vobis pro omni amore et labore, quo mecum pondus ministerii mei portastis et veniam peto pro omnibus defectibus meis. Nunc autem Sanctam Dei Ecclesiam curae Summi eius Pastoris, Domini nostri Iesu Christi confidimus sanctamque eius Matrem Mariam imploramus, ut patribus Cardinalibus in eligendo novo Summo Pontifice materna sua bonitate assistat. Quod ad me attinet etiam in futuro vita orationi dedicata Sanctae Ecclesiae Dei toto ex corde servire velim.

Ex Aedibus Vaticanis, die 10 mensis februarii MMXIII 

BENEDICTUS PP XVI

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Carissimi Fratelli,

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando.
Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.

Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.


Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.

Dal Vaticano, 10 febbraio 2013


BENEDICTUS PP XVI











Caterina63
00lunedì 11 febbraio 2013 17:56

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Scossi, smarriti, confusi

by Berlicche

Scossi. Smarriti. Confusi. Queste sono le parole che più si rincorrono. Come quando la terra trema, si dissolve inaspettatamente la solidità di un suolo che davamo per scontato. Ad una amica che, per mail, saluta con un abbraccio rispondo che ne ho proprio bisogno. Il Papa si è dimesso. Credo che anche gli avversari siano rimasti stupiti, figurarsi io che alla notizia della sua elezione saltavo come un grillo.

La prima reazione è l'incredulità: l'Ansa è in tilt, cerco di aggirare l'ostacolo, verificare, controllare. Ma è vera, non è uno scherzo di Carnevale o un pesce d'aprile. E più passano i minuti, più dichiarazioni e commenti leggo, più mi rendo conto dello sbaglio che sto facendo.
Sto ragionando come loro, quelli che "è una grande novità" e "decisione umana". Io non credo affatto che qui ci sia solo dell'umano. Anzi, comincio a pensare che lo stesso Spirito che chiese ad un Giovanni Paolo II pieno di sofferenza di aggrapparsi alla croce che lo trascinava per una lunga Via Dolorosa abbia chiesto al suo successore una decisione forse anche più umanamente crudele.

Perché qui, e siamo tanti, siamo scossi, smarriti e confusi. E in tanti Benedetto non lo capiranno.
La nostra tentazione è amare di più l'uomo che il Papa. Se il Signore ce l'avesse tolto all'improvviso, in una notte, in un'ora, come staremmo adesso?
Poiché amiamo l'uomo ci scordiamo che anche lui che è il migliore è, come noi, un semplice servo.

Rileggo i suoi ultimi discorsi e li trovo di una lucidità sconfinata. Non posso credere che quest'uomo che è anche Papa possa avere preso una decisione del genere senza soppesare ogni cosa.
Quindi sono scosso, smarrito, confuso. Forse anche un poco spaventato, perché dell'ignoto si ha sempre timore.
Ma lo so, lo so bene che quell'ignoto è governato da una mano buona, da un disegno buono in cui anche questa decisione rientra, come un enigmatico filo d'oro in un arazzo.
Ecco, proprio questo molti commentatori non lo capiscono, fermi a decisione umane secondo criteri umani.
Che qui si è scossi ma non schiacciati; smarriti, ma non abbandonati; confusi, ma non disperati

.

Però sono pur sempre uomo e peccatore. Accompagnaci ancora un poco, Benedetto, testimoniando Colui che servi, perché l'ora è buia. Anche se sappiamo che la luce c'è, che la speranza c'è, che non siamo abbandonati, mai.






Caterina63
00lunedì 11 febbraio 2013 18:53
Dall’età tardo antica a oggi tutte le volte che un Papa ha rinunciato (o dovuto rinunciare) al suo ministero

Scesi dal soglio di Pietro

 La risposta di Benedetto XVI  nel libro-intervista Luce del mondo, era stata esplicita. Alla domanda del giornalista Peter Gregorio XII in una miniatura delle «Cronache di Norimberga» (XV secolo)Seewald («Quindi è immaginabile una situazione nella quale lei ritenga opportuno che il Papa si dimetta?») aveva detto «Sì. Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi».

In verità, la ricostruzione storica dei casi in cui si è interrotto un pontificato prima della morte del Papa, ci riconduce a pochissime figure e in nessun caso a una situazione come quella che si è verificata con la decisione di Benedetto XVI.

Si comincia da anni assolutamente incerti dal punto di vista della documentazione storica con i dubbi sulla corretta ricostruzione storica della successione che da Pietro porta a Papa Clemente. Si giunge al XV secolo quando la rinuncia di Papa Gregorio XII (indotta dal concilio di Costanza) favorì la ricomposizione dello scisma d'Occidente.

Nel mezzo si incontrano figure come quelle di Ponziano, di Silverio e di Benedetto IX. E, naturalmente, la più nota, Pietro del Morrone, Celestino V.

 
12 febbraio 2013

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[SM=g1740720] Tre certezze davanti allo smarrimento
di Riccardo Cascioli

da lanuovaBussolaQuotidiana
11-02-2013

È stata davvero una sorpresa per il momento in cui è arrivata. Anche alcuni dei suoi collaboratori più stretti erano all’oscuro di quanto Benedetto XVI avrebbe annunciato questa mattina, una notizia che ha sconvolto tutto il mondo cattolico. Ma non è esattamente un fulmine a ciel sereno perché della possibilità di sue dimissioni si parla da tempo, e nelle ultime settimane la voce in Vaticano si era fatta più insistente.

Si tratta di una decisione lungamente meditata, che Benedetto XVI teneva aperta come possibilità sin dalla sua elezione al soglio di Pietro. Già all’inizio del 2006, infatti, aveva chiesto un consulto a un gruppo ristretto di esperti a proposito della possibilità di dimissioni. Sebbene la procedura di dimissioni sia regolata dal Codice di diritto canonico, allora gli fu dato un parere negativo soprattutto pensando agli effetti sconvolgenti di un tale annuncio. E ancora, in alcune interviste, a domanda diretta non ha mai escluso la possibilità di dimissioni al verificarsi di certe condizioni.

Condizioni che evidentemente oggi Benedetto XVI ha ritenuto si siano verificate, e perciò «per il bene della Chiesa» sulla bilancia delle decisioni tali condizioni pesano più del disorientamento che tale notizia provoca tra i cattolici. Il Papa ha detto di non avere più le forze per «guidare con vigoria la barca di Pietro», che si trova a vivere un periodo che dire travagliato è poco, visti gli episodi anche eclatanti di disobbedienza al Magistero. E sicuramente ha pesato il fatto di vedere anche fra i suoi collaboratori atteggiamenti e scelte che le sue forze non gli permettevano di correggere.

Ma in questo momento di smarrimento, alcune certezze ci devono guidare. Anzitutto la gratitudine per questo pontificato, che ha saputo parlare al cuore dei fedeli come nessuno aveva immaginato all’inizio. E testimonianza ne è l’afflusso senza precedenti alle catechesi del mercoledì. Nell’Angelus del 3 febbraio, parlando di Gesù che nella sinagoga di Nazareth con il discorso del “nessuno è profeta in patria” sfida la rabbia dei suoi concittadini, disse che il motivo dell’atteggiamento di Gesù sta nel fatto che non è venuto a cercare il consenso, ma a testimoniare la Verità. È una affermazione che ben definisce anche il pontificato di Benedetto XVI, e di questa testimonianza della Verità siamo grati, al punto che le dimissioni del Papa aumentano la nostra responsabilità personale nel fare lo stesso.

Il secondo aspetto è la certezza che a guidare la Chiesa è lo Spirito Santo. Non è una astratta consolazione in momenti in cui dal punto di vista umano le cose sembrano andare male. È, e deve essere, la certezza concreta che nasce dall’esperienza: lo Spirito Santo guida davvero la Chiesa, e allora le dimissioni di Benedetto XVI e l’elezione di un nuovo Papa sono provvidenziali anche se a noi può sfuggire il Disegno che ci sta dietro. Solo questa certezza ci può dare una serenità di fondo anche in un momento di forte smarrimento come questo.

Infine, è più che mai necessaria la nostra preghiera: per il Papa, perché continui fedelmente il suo servizio alla Chiesa, seppur in forme diverse; per la Chiesa, che possa essere sempre guidata in accordo con la volontà di Dio; per noi stessi, per chiedere al Signore il dono della fede, che Benedetto XVI ha posto al cuore del dramma del mondo contemporaneo. La vera crisi – ci ha detto in questi anni – è una crisi di fede, ed è per questo che ha indetto un Anno della Fede, che stiamo vivendo proprio ora. E allora, il modo migliore per rendere grazie a Dio del dono di questo Papa, è desiderare con tutto noi stessi e chiedere a Dio la grazia di aumentarci la fede, la grazia della conversione.





Caterina63
00lunedì 11 febbraio 2013 21:14
Messaggio del Vescovo Massimo Camisasca dopo l'annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI

www.youtube.com/watch?v=qhji3mRJBuw







www.youtube.com/watch?v=G4TQffPl1-Q





Caterina63
00martedì 12 febbraio 2013 00:17
http://cdn.download.repubblica.it/images/2013/02/11/191158983-85f33b3e-818c-4091-b1d5-9cb3fff98951.jpg
L'immagine del giorno è di Alessandro Di Meo, fotografo dell'agenzia Ansa. Il fotoreporter è riuscito a catturare la caduta di un fulmine sulla cupola di San Pietro proprio nel giorno dell'annuncio delle dimissioni di papa Benedetto XVI (ansa)

Dimissioni del Papa, evento «apocalittico»


di Massimo Introvigne

11-02-2013

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Le dimissioni di Benedetto XVI – cui in questo momento va tutto il commosso affetto di chi per anni su queste colonne ha commentato quotidianamente il suo Magistero – costituisce un avvenimento tecnicamente «apocalittico». Ma questa parola va intesa correttamente. Il riferimento non è alle bufale, che circolano ampiamente su Internet, sulle false profezie attribuite nel Rinascimento al santo vescovo irlandese Malachia di Aarmagh (1094-1148) o ad altri annunci della fine del mondo, del tutto estranei allo stile cattolico. [SM=g1740721]
L’aggettivo «apocalittico», ben compreso, non contiene nessuna predizione cronologica quanto alla fine del mondo, ma indica che viviamo in un tempo di estrema difficoltà per la Chiesa e per la società, in cui un processo plurisecolare di scristianizzazione si «rivela» come putrefazione finale, con una virulenza antireligiosa, anticristiana e anticattolica inaudita.

Nel celebre discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006 e nella sua enciclica del 2007 «Spe salvi» – una grande enciclica, decisiva per l’interpretazione della storia, della cui insufficiente eco tra i cattolici il Papa ha avuto più volte a dolersi – Benedetto XVI ha mostrato precisamente come siamo arrivati davvero in fondo a un processo che ci ha progressivamente allontanato dalla sintesi di fede e ragione faticosamente costruita dall’Europa cristiana in tanti secoli di preghiera, studio e lavoro. Prima Martin Lutero (1483-1546), insieme al razionalismo del Rinascimento, butta via la ragione, aprendo la strada a un pericoloso fideismo e avviando la distruzione della cristianità medievale. Poi l’Illuminismo, con il pretesto di rivalutare la ragione, la separa radicalmente dalla fede, diventa laicismo e finisce per compromettere l’integrità stessa di quella ragione che dichiarava di voler salvare. In terzo luogo le ideologie del Novecento, criticando l’idea astratta di libertà dell’Illuminismo, finiscono per mettere in discussione l’essenza stessa della libertà, trasformandosi in macchine sanguinarie di tirannia e di oppressione. Infine la quarta tappa: il nichilismo contemporaneo, caratterizzato da un relativismo aggressivo che diventa «dittatura» e attacca i santuari della vita e della famiglia.

Nell’enciclica «Caritas in veritate» del 2009 Benedetto XVI illustra come, diventando politica, la dittatura del relativismo si presenti insieme come attacco ai principi non negoziabili, anzitutto attacco alla vita, e come tecnocrazia. «La questione sociale è oggi diventata radicalmente questione antropologica», e – come ha ripetuto nel viaggio in Germania del 2011 e nello storico discorso al Parlamento tedesco, il Bundestag – ormai non si nega più soltanto la legge di Dio, si afferma pure che non esiste una legge naturale.

In molti testi, in particolare nei messaggi annuali per la Giornata Mondiale della Pace e nei discorsi rivolti ogni anno al Corpo Diplomatico, il Pontefice aggiunge che la gravissima negazione della libertà religiosa anche in Europa e in Occidente fa da inquietante sfondo a queste negazioni. Nel discorso alla Curia Romana del 21 dicembre 2012 il Papa mostra come la malattia della nostra civiltà sia arrivata a una fase davvero terminale con l’ideologia del gender e la teoria secondo cui non abbiamo una natura umana di uomo o di donna ma possiamo semplicemente inventarcela. «La profonda erroneita? di questa teoria e della rivoluzione antropologica in essa soggiacente e? evidente. L’uomo contesta di avere una natura precostituita dalla sua corporeita?, che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli e? data come fatto precostituito, ma che e? lui stesso a crearsela». Ma «dove la liberta? del fare diventa liberta? di farsi da se?, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con cio?, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio». Che si sia potuti arrivare alla negazione di Dio e alla negazione dell’uomo mostra il carattere finale, dopo tante altre rivoluzioni, della «rivoluzione antropologica» dei nostri giorni.

Finale rispetto a un processo plurisecolare di attacco alla Chiesa, e dunque – ancora, senza nessun riferimento a una fine del mondo di cui sappiamo di non sapere né il giorno né l’ora – «apocalittico». A torto considerato poco interessato ai messaggi profetici, Benedetto XVI ne ha invece commentati a più riprese soprattutto due, che già da prima di diventare Pontefice lo hanno sempre interessato e ispirato, il messaggio di Fatima e le profezie di santa Ildegarda di Bingen (1098-1179).

Pellegrino a Fatima nel 2010, il Papa ha così riassunto il messaggio della Madonna del 1917: «L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo». Al cuore del messaggio di Fatima vi è un giudizio sulla storia, e in particolare sulla storia moderna. Le tragedie annunciate a Fatima non sono finite con la fine delle ideologie del XX secolo e del comunismo, cui pure il messaggio del 1917 si riferisce. La crisi non è risolta. Da un certo punto di vista è oggi più seria che mai, perché è anzitutto crisi di fede, quindi crisi morale e sociale.

«La fede – sono ancora parole del viaggio in Portogallo – in ampie regioni della terra, rischia di spegnersi come una fiamma che non viene più alimentata» «Molti dei nostri fratelli vivono come se non ci fosse un Aldilà, senza preoccuparsi della propria salvezza eterna» All’interno stesso della Chiesa non mancano infedeltà, fraintendimenti, assenza di sano realismo. «Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?».

E la stessa terza parte del segreto di Fatima – la visione di un Papa che muore raggiunto da «colpi di arma da fuoco e frecce» – nel viaggio del 2010 è stata riferita da Benedetto XVI non solo all’attentato al beato Giovanni Paolo II (1920-2005), cui lo stesso cardinale Ratzinger l’aveva collegata rivelandola al mondo nel 2000. Ma anche – le profezie hanno sempre più di un significato – agli attacchi rivolti alla stessa persona di Benedetto XVI, dall’esterno (i colpi di arma da fuoco, che partono da più lontano) della Chiesa ma anche dal suo interno (le frecce). «Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio – aveva detto ancora il Pontefice a Fatima – vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa».

Vi è qui un accenno alla questione dei preti pedofili – alla sua tremenda realtà, e insieme agli attacchi strumentali portati al Papa prendendola come punto di partenza – che ha indotto Benedetto XVI anche a rileggere e commentare le profezie anch’esse «apocalittiche», della suora medievale tedesca Ildegarda di Bingen, che ha voluto proclamare dottore della Chiesa nel 2012. Ai preti pedofili, e alla crisi nella Chiesa in generale – che è anche crisi di fedeltà al Papa e al Magistero – il Pontefice ha riferito un brano delle profezie d’Ildegarda, che ha voluto leggere integralmente nell’udienza del 20 dicembre 2010 alla Curia Romana, una delle udienze per gli auguri natalizi cui Benedetto XVI ha dato particolare importanza, pronunciando ogni anno un discorso riassuntivo dei temi centrali del suo Magistero nei dodici mesi precedenti.

Leggiamolo anche noi, leggiamolo con il Papa. «Nell’anno 1170 dopo la nascita di Cristo ero per un lungo tempo malata a letto. Allora, fisicamente e mentalmente sveglia, vidi una donna di una bellezza tale che la mente umana non è in grado di comprendere. La sua figura si ergeva dalla terra fino al cielo. Il suo volto brillava di uno splendore sublime. Il suo occhio era rivolto al cielo. Era vestita di una veste luminosa e raggiante di seta bianca e di un mantello guarnito di pietre preziose. Ai piedi calzava scarpe di onice. Ma il suo volto era cosparso di polvere, il suo vestito, dal lato destro, era strappato. Anche il mantello aveva perso la sua bellezza singolare e le sue scarpe erano insudiciate dal di sopra. Con voce alta e lamentosa, la donna gridò verso il cielo: ‘Ascolta, o cielo: il mio volto è imbrattato! Affliggiti, o terra: il mio vestito è strappato! Trema, o abisso: le mie scarpe sono insudiciate!’
E proseguì: ‘Ero nascosta nel cuore del Padre, finché il Figlio dell’uomo, concepito e partorito nella verginità, sparse il suo sangue. Con questo sangue, quale sua dote, mi ha preso come sua sposa. Le stimmate del mio sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite dei peccati degli uomini. Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità’. E sentii una voce dal cielo che diceva: ‘Questa immagine rappresenta la Chiesa’».

La decisione inattesa e storicamente unica di Benedetto XVI sarà ancora commentata nei giorni prossimi, da tanti punti di vista. Ma il giudizio sul carattere veramente «apocalittico» dell’ora presente – un giudizio molto articolato sulla storia, letta anche alla luce del messaggio di Fatima e delle profezie di santi come Ildegarda – è uno degli sfondi di questa sorprendente decisione.



[SM=g1740717] [SM=g1740720]


ladymira
00martedì 12 febbraio 2013 16:04
Dio solo sa quando ci sarà l'apocalisse,io penso che il papa non ce la faceva più , magari per motivi di salute e si è dimesso , ricordiamoci che il papa deve gestire tutto
Caterina63
00martedì 12 febbraio 2013 22:21

[SM=g1740758] Cara ledymira, non si intendeva l'apocalisse come scenario finale al seguito di queste dimissioni..... Inoltre la questione è molto complessa.
Non è complesso il fatto che possa dimettersi perchè è previsto dalla Codice di Diritto Canonico, ma perchè è anche accaduto in passato anche se i casi non sono paragonabili. La complessità dell'atto deriva da molti fattoi: siamo nell'Anno della Fede in cui il Papa ci stava invitando, e ci sollecita, a non mollare.... parla di cristiani perseguitati e chiede di resistere.... se dunque non vi è una grave motivazione, come interpretare questo CEDIMENTO?
Non c'è risposta e non vogliamo dare risposte.... tuttavia poichè noi Cattolici crediamo NEI SEGNI, è importante non sottovalutare anche questo come un segno.... La situazione è gravissima e il gesto, l'atto in sè, inutile nasconderlo, è stato ed è un vero choc nel quale non possiamo cogliere che delle monizioni che faremo bene a meditare.....


Vi condivido questo articolo che sottoscrivo....




12.02.2013 19:47

 

«Poco meno di tre mesi fa Benedetto XVI è stato operato al cuore nella clinica Pio XI sull'Aurelia, a Roma, e gli è stato sostituito il pacemaker nel riserbo più assoluto». Lo scrive Il Sole 24 Ore, in un articolo firmato dal direttore Roberto Napoletano.

«L'intervento - sottolinea - è andato bene, il Papa si è ripreso regolarmente, non ha mai mancato l'appuntamento con l'Angelus domenicale, ha dimostrato la consueta serenità e buona capacità di sopportazione».

Città del Vaticano, 12 feb.

Poco meno di tre mesi fa Benedetto XVI è stato operato al cuore nella clinica Pio XI sull'Aurelia, a Roma, e gli è stato sostituito il pacemaker nel riserbo più assoluto. Padre Federico Lombardi non ha smentito il fatto anche se, dice:

"Ribadisco quel che ho detto: non ci sono malattie specifiche, si tratta dell'indebolirsi per l'invecchiamento come il Papa ha detto più che chiaramente"

Il gesuita ha poi precisato: "L'informazione è corretta, c'è stata sostituzione di routine delle batterie del pacemaker che già c'era da lungo tempo, quindi non era assolutamente intervento rilevante di nessun genere. Rimane quel che detto, non ha avuto nessun peso nelle decisioni. Il motivo è quello della percezione delle forze che diminuiscono con avanzare dell'età come il Papa ha detto".

 

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Con questa notizia noi intendiamo accogliere la vera e più corretta interpretazione al gesto dimissionario del Sommo Pontefice, nonché ne dica Padre Lombardi il quale aveva taciuto questa notizia, se non altro per invitare il mondo Cattolico a pregare più assiduamente per la sua salute.

Se aveva mentito allora, taciuto allora, chi ci dice che Padre Lombardi non continui con quella diplomazia (=mentire e tacere) che alla luce di internet non serve più a nulla?

Non si tratta di chiudere gli occhi o fingere che il momento non sia grave, o dissimulare una eventuale motivazione ancora più grave: la paura.

Ma il Santo Padre Benedetto XVI non ha paura, non rinnega Cristo, non abbandona la Chiesa, vogliamo che questo sia ben chiaro.

Noi riteniamo che il Santo Padre, accanto ai problemi di salute per altro ben visibili da alcuni mesi e il pericolo dell'affaticamento che ad un cuore con pacemaker non fa bene, si sia unita una presa di coscienza che abbiamo denunciato in molti articoli: la disobbedienza dei Prelati, la continua disaffezione ed attenzione all'applicazione delle richieste del Pontefice in campo etico, morale e liturgico.

Il Papa decide la sua abdicazione sostenendo di non farcela, questo grido di aiuto è un chiaro riferimento a quel sentirsi veramente "solo" umanamente parlando, nell'esercizio della sua funzione.

Lo registriamo come un monito che tutti i Vescovi e Cardinali non dovrebbero sottovalutare.

Questa abdicazione deve far riflettere tutto l'Episcopato e il Clero, noi Laici.

 

La notizia ci ha sconcertati, senza dubbio, ma noi non siamo per il culto della Persona, per l'idolatria della Persona.

Il Codex Iuris Canonici  del 1917, al Canone 221, così recita:

Si contingat ut Romanus Pontifex renuntiet, ad eiusdem renuntiationis validitatem non est necessaria Cardinalium aliorumve acceptatio. (Se accade che il Romano Pontefice rinunci, per la validità di tale rinuncia non è necessaria l’accettazione degli altri Cardinali.)

Il Nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983, al Canone 332, così recita:

Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno l’accetti.

 

Quindi, l’istituzione delle eventuali dimissioni esisteva già di diritto, mancava solo che fosse realizzata di fatto. Forse non l'avremmo mai pensato, ma è accaduto.

Nel suo libro intervista Luce del mondo, Ratzinger-Benedetto XVI disse a chiare lettere:

«Quando il pericolo è grande non si può scappare. Ecco perché questo sicuramente non è il momento di dimettersi. È proprio in momenti come questo che bisogna resistere e superare la situazione difficile. Questo è il mio pensiero. Ci si può dimettere in un momento di serenità, o quando semplicemente non ce la si fa più. Ma non si può scappare proprio nel momento del pericolo e dire: “Se ne occupi un altro” […] Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli,  allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi.»

(Luce del mondo, Libreria Editrice Vaticana, 2010, p. 53).

 

Non riteniamo che questo periodo, questo tempo, questo Annus Fidei possa essere considerato, come il Papa dice nel libro citato: " un momento di serenità", pertanto ci sembra più ragionevole interpretare queste dimissioni con le sue stesse parole: "quando semplicemente non ce la si fa più. Ma non si può scappare proprio nel momento del pericolo e dire: “Se ne occupi un altro” […] Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli,  allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi".

 

Dice San Paolo: "tutto mi è lecito, ma non tutto giova" (1Cor.6,12), non discutiamo sul "diritto" dell'abdicazione prevista, come abbiamo letto, sia dall'antico che del nuovo Diritto Canonico, riflettere piuttosto su quanto questa decisione possa e potrà davvero giovare alla Chiesa intera in questo momento delicato e grave.

Nel pieno Annus Fidei ci sentiamo un po abbandonati da Pietro! Ma non confidando nell'uomo, come suggerisce il Cristo, confidiamo in Lui, il Capo della Chiesa al quale rimettiamo questa decisione del Pontefice.

Vogliamo stringerci comunque sia attorno al Santo Padre, non solo fino al 28 febbraio, ma anche dopo, fino a quando vivrà su questa terra, pregando e supplicando Dio di avere pietà di tutti noi, della Sua Chiesa, delle derive del mondo, affinchè dopo questo grande Pontificato, ci venga donato un nuovo Pontefice che porti avanti la Riforma iniziata da Benedetto XVI, Magno, vero ed autentico Dottore della Chiesa.

***


Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/news/dimissioni-del-papa-benedetto-xvi/

[SM=g1740771]
Caterina63
00mercoledì 13 febbraio 2013 00:28
[SM=g1740722]ECCELLENTE COMMENTO DI VITTORIO MESSORI!!!

Messori: l'eredità di Benedetto XVI è la fede

di Riccardo Cascioli

da lanuovaBussolaQuotidiana  12-02-2013


«Benedetto XVI ha una grande devozione per Maria e una particolare predilezione per Lourdes, per la chiarezza cristallina di quella apparizione. Non può dunque essere un caso che abbia scelto l’11 febbraio come giorno per annunciare la sua rinuncia al papato». Vittorio Messori, lo scrittore italiano più tradotto nel mondo, a Lourdes e alle apparizioni della Madonna a Bernadette ha dedicato molti anni di studi approfonditi, che hanno trovato una prima sintesi in “Bernadette non ci ha ingannati”, un libro uscito di recente per la Mondadori. E conosce molto bene Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, un’amicizia nata in occasione del libro-intervista all’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Le circostanze che hanno accompagnato l’uscita di quel libro, “Rapporto sulla Fede”, nel 1985, hanno certamente contribuito a saldare un rapporto: «Eravamo ancora in piena contestazione ecclesiale – ricorda Messori - e allora non era affatto facile nella Chiesa dirsi “Ratzingeriano”: su di lui girava una leggenda nera, era definito l’«oscuro» prefetto del Sant’Uffizio, il persecutore, il panzerkardinal e via dicendo. Io dovetti addirittura nascondermi, sparire per oltre un mese, mi ritirai in montagna perché i preti del dialogo, i preti ecumenici, quelli della tolleranza volevano farmi letteralmente la pelle: lettere anonime, telefonate notturne. La mia colpa era non solo avere dato voce al nazikardinal, ma addirittura avergli dato ragione». Così la frequentazione si fece assidua, «spesso ci capitava di andare in trattoria assieme», e tante volte hanno parlato di Lourdes con cui condividevano una curiosa circostanza: Messori e Ratzinger sono infatti entrambi nati il 16 aprile, il giorno del dies natalis di Bernadette.

Dunque, Messori, la scelta dell’11 febbraio non è affatto casuale.
Direi proprio di no. Il perché abbia scelto questa data è la prima domanda che mi sono posto, e mi è sembrato si sia rifatto al suo «amato e venerato predecessore», come ha sempre chiamato Giovanni Paolo II: l’11 febbraio dai tempi di Leone XIII è entrato nel calendario universale della Chiesa come festa della Nostra Signora di Lourdes, e dato il legame che questo santuario ha con il male fisico, Giovanni Paolo II l’ha dichiarata Giornata mondiale del malato. Benedetto XVI intendeva parlare dunque della sua malattia.

Malattia? Il portavoce vaticano padre Lombardi ha escluso che motivo della rinuncia sia una malattia.
“Senectus ipsa est morbus”, dicevano i latini: la vecchiaia stessa è una malattia. A 86 anni, anche se formalmente non sei malato, c’è un’infermità legata all’età. Il papa si sente malato perché molto anziano, allora io credo che lui abbia scelto proprio quel giorno per riconoscersi malato tra i malati. E anche per fare un omaggio e una sorta di invocazione alla Madonna: non soltanto la Madonna di Lourdes ma la Madonna in quanto tale.

Il Papa ha parlato diverse volte anche di Fatima, ma con Lourdes forse sente un rapporto particolare.
Di Lourdes abbiamo parlato spesso in 25 anni, e sicuramente ha approfittato dell’occasione dei 150 anni delle apparizioni per recarsi lì in visita (settembre 2008, n.d.r.). Per dare un’idea di cosa suscitasse in lui Lourdes, basti pensare che in quel giorno e mezzo che è stato lì erano previsti 3 suoi grandi discorsi. Ebbene, in realtà il Papa ha parlato ben 15 volte, quasi sempre a braccio e molto spesso si è commosso. E sempre richiamando una grande devozione a Maria, e alla figura di Bernadette. A parlare di Fatima in qualche modo vi è stato trascinato da circostanze quali l’attentato al Papa, però ho l’impressione che istintivamente la sua preferenza vada alla chiarezza cristallina di Lourdes piuttosto che al nodo molto complesso che è Fatima. Considera Fatima fin troppo complessa, ama la chiarezza cristallina di Lourdes: lì non ci sono segreti, tutto è chiaro.

Molti commentatori hanno interpretato la rinuncia di Ratzinger come una sorta di resa davanti alle difficoltà
Ci sono delle apparenti rese che in realtà sono un segno di forza, di umiltà. La libertà cattolica è molto più grande di quanto non si pensi. Ci sono temperamenti diversi, storie diverse, carismi diversi e vanno tutti quanti rispettati perché fanno parte della sacrosanta libertà del credente. In Giovanni Paolo II prevaleva il lato mistico, era un mistico orientale. Mentre in Ratzinger prevale la razionalità dell’occidentale, dell’uomo moderno. Per cui ci sono due possibili scelte: quella mistica, quella di papa Wojtyla, che tiene duro e resiste fino alla fine; oppure la scelta della ragione, come Ratzinger: riconoscere che non si hanno più le energie fisiche e che la Chiesa ha invece bisogno di una guida con grandi energie. Per cui per il bene della Chiesa è meglio che lasci. Entrambe le scelte sono evangeliche.

Papa Ratzinger ha sempre colpito per la sua grande umiltà.
E infatti la scelta di Ratzinger è segnata da una grande umiltà, una virtù che in lui è sempre stata evidente. Mi ricordo ancora un episodio di quel lontano 1985 che mi aveva particolarmente impressionato: dopo 3 giorni interi di colloquio in vista di “Rapporto sulla Fede”, prima di congedarci io gli dissi: “Eminenza, con tutto quello che lei mi ha raccontato della situazione nella Chiesa (ripeto, erano anni ancora di contestazione) mi permetta una domanda: ma lei la notte riesce a dormire bene?” Lui, con quella faccia da eterno ragazzo, e con gli occhi sgranati mi risponde: “Io dormo benissimo, perché sono consapevole che la Chiesa non è nostra, è di Cristo, noi siamo solo servi inutili: io alla sera faccio l’esame di coscienza, se constato che durante la giornata ho fatto con buona volontà tutto quello che potevo, io dormo tranquillo”. Ecco, Ratzinger ha assolutamente chiaro che noi non siamo chiamati a salvare la Chiesa, ma a servirla, e se non ce la fai più la servi in un altro modo, ti metti in ginocchio e preghi. La salvezza è una questione di Cristo.
Allora queste dimissioni mi sono sembrate in questa linea, nel senso di non prendersi troppo sul serio. Fai fino in fondo il tuo dovere e quando ti rendi conto che non riesci più, che le forze non ti assistono più, allora ti ricordi che la Chiesa non è tua e passi la mano e vai a fare il lavoro per la Chiesa che nella prospettiva di fede è il maggiore, il più prezioso: il lavoro del pregare e il lavoro dell’offrire a Cristo la tua sofferenza. La vedo come un atto di grande umiltà, di consapevolezza che tocca a Cristo salvare la Chiesa, non siamo noi poveri uomini a salvarla, anche se sei Papa.

Sabato scorso parlando ai seminaristi del Seminario romano ha detto che anche quando pensi che la Chiesa stia per finire, in realtà si rinnova sempre. Quale rinnovamento ha portato il pontificato di Benedetto XVI?
Si dimentica spesso che lui all’inizio del pontificato disse: il mio programma è di non avere programmi. Nel senso di rimettersi agli eventi che la Provvidenza gli metteva davanti. Il grande disegno strategico, in fondo, consisteva in questo, semplicemente confermare le pecorelle nella fede.
In questo ho sempre sentito una grande sintonia con lui, è sempre stato un Papa convinto della necessità di rilanciare l’apologetica, di ritrovare le ragioni della fede. Anche lui era convinto, come me, che tanti cosiddetti gravi problemi della Chiesa in realtà sono secondari: i problemi dell’istituzione, i problemi ecclesiali, l’amministrazione, gli stessi problemi morali e liturgici, sono certo molto importanti; ma attorno ad essi c’è una rissa clericale che però – lo ha detto lui stesso nel documento di indizione dell’Anno della Fede - dà per scontata la fede, cosa che in effetti non è. Cosa ci mettiamo a fare rissa tra di noi su come organizzare meglio i dicasteri vaticani, e anche sui principi non negoziabili, che cosa ci mettiamo a fare risse e magari organizzare difese se non crediamo più che il Vangelo è vero? Se non crediamo più nella divinità di Gesù Cristo tutto il resto diventa un parlare a vuoto. E infatti non a caso, l’ultimo suo grande atto è stato indire l’Anno della Fede: ma della fede intesa nel senso apologetico, cercare di dimostrare che il cristiano non è un cretino, tentare di dimostrare che noi non crediamo nelle favole, cercare di dimostrare quali sono le ragioni per credere. Le sue grandi linee strategiche sono consistite solo in questo: riconfermare le ragioni per scommettere sulla verità del Vangelo. Tutto il resto va affrontato giorno per giorno. E questo l’ha fatto, l’ha fatto al meglio.

Allora è giusto dire che l’Anno della Fede è la sua vera eredità.
Sì, l’Anno della Fede è la sua eredità, questa è l’eredità che dobbiamo prendere sul serio. Nella Chiesa, nella prospettiva del futuro, l’apologetica deve avere un ruolo centrale, perché se non è vera la base tutto il resto è assurdo. Benedetto XVI ci lascia la consapevolezza che dobbiamo riscoprire le ragioni per credere.

Se parliamo di eredità pensiamo subito a chi potrà raccoglierla. Non per unirci al totopapa che impazza ovunque, ma certo nasce la domanda su chi condivide questa priorità.
Non dobbiamo rubare allo Spirito Santo il suo mestiere. Le previsioni dei cosiddetti esperti, quando si tratta di Conclave, sono fatte per essere smentite. Di solito non ci azzeccano mai. L’impressione è che lo Spirito Santo si diverta a prenderci in giro: i grandi tromboni, i grandi esperti, i grandi vaticanisti danno per sicuro questo o quello e poi è eletto un altro. Ricordo il 1978, lavoravo alla Stampa, ero in redazione quando hanno eletto papa Luciani: all’annuncio grande panico, perché i grandi vaticanisti che avevamo ci avevano detto di tenere pronte certe biografie, perché il Papa sarebbe certamente uscito da quel mazzo di papabili, e invece niente: quando è stato eletto Luciani ci siamo accorti che l’archivio della Stampa non aveva neanche una sua foto. La stessa storia si è ripetuta due mesi dopo con Wojtyla: tutti avevano previsto quello e quell’altro, e invece all’annuncio ancora panico: di lui non sapevamo neanche come si scriveva.

Pensando a questi anni di pontificato, certo lascia pensare il fatto che non sia stato “fortunato” nella scelta dei collaboratori, che lo hanno messo spesso in grandi difficoltà.
Ratzinger per un quarto di secolo è stato prefetto alla Congregazione per la Dottrina della Fede, però ha sempre vissuto appartato, ho sempre avuto l’impressione che fosse un po’ isolato rispetto alla Curia. Lui aveva un legame fortissimo con Wojtyla, funzionava in tandem con lui: non c’è alcuna decisione teologica che Wojtyla abbia preso in cui non abbia prima sentito il parere di Ratzinger. Ma ho sempre avuto l’impressione che fosse, anche per sua scelta, estraneo alla Curia, ai suoi giri, ai suoi giochi, ai suoi schieramenti. E credo che una volta eletto Papa con sua sorpresa in fondo non avesse sufficiente conoscenza dei meccanismi, delle persone. Poi alcune scelte erano in qualche modo obbligate, ma sicuramente non era abbastanza al corrente di come stessero le cose.

Si dice che la Curia non l’abbia mai amato.
Certamente la Curia non l’ha mai amato. Wojtyla aveva scelto di fare un pontificato itinerante e in questo modo ha lasciato che la Curia andasse avanti da sola; così la Curia ha preso il sopravvento, per cui tutto sommato quei vecchi volponi dei dicasteri con Wojtyla si trovavano bene, il papa era distante, non si occupava degli affari quotidiani. Ratzinger invece ha viaggiato poco, voleva sapere, voleva mettere il naso; siccome sapeva poco della Curia, ha cominciato a informarsi e ha cominciato a fare, pur con la sua delicatezza, spostamenti, arretramenti, avanzamenti. E questo non è stato gradito, per cui anche da Papa ha continuato a essere piuttosto isolato.



Caterina63
00mercoledì 13 febbraio 2013 13:50
L’UDIENZA GENERALE,  13.02.2013 Mercoledì delle Ceneri
 
Così all'inizio dell'Udienza:

Benedetto XVI: la Chiesa è di Cristo, il Signore ci guiderà, grazie per il vostro amore e la vostra preghiera

Grande accoglienza e affetto per Benedetto XVI oggi durante la sua penultima udienza generale del Pontificato, nell'Aula Paolo VI in Vaticano. Queste le parole rivolte all'inizio dell'udienza ai fedeli presenti:   

Cari fratelli e sorelle come sapete ho deciso … (applausi) grazie per la vostra simpatia… ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede. Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e la preghiera con cui mi avete accompagnato… (applausi) … grazie! Ho sentito quasi fisicamente, in questi giorni per me non facili, la forza della preghiera, che l’amore della Chiesa, la vostra preghiera, mi porta. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà. (applausi)
 






ladymira
00mercoledì 13 febbraio 2013 14:05
Bhe non succedeva da secoli,ma avrà avuto i suoi motivi, è stata una scelta motivata e ponderata sicuramente
Caterina63
00mercoledì 13 febbraio 2013 17:28
ATTENZIONE ALLE FALSE INTERPRETAZIONI DI VIDEO PASSATI CHE SI VUOLE VOLTARE CONTRO IL PAPA STESSO....

è il caso di questo video, quando Ratzinger a fronte della malattia di Papa Wojtyla, ebbe a dire che solo Dio può dimettere il suo Vicario....
www.gloria.tv/?media=399239

In tutti i commenti letti nei vari MEDIA....nessuno ha pensato alla famosa frase di Gesù: "Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò..." (Gv.16, 5-7)


anche il Diritto Canonico del 1917 prevede il diritto del Papa di lasciare il proprio Ministero.... la novità non sta nel fatto di "andare" ma il fatto che sia accaduto ed è normale che questo ci ha lasciati sconcertati....
Ora a quanto detto nel filmato allora, Ratzinger Papa non lo smentisce affatto perchè lui non dice che se ne va perchè si è stufato ma è come se avesse detto: è bene per voi che io me ne vada...

Me ne vado PER IL BENE DELLA CHIESA..... cosa significa?

Significa che il Papa fisicamente non si sente più in grado di reggere il peso DEI VIAGGI E DELLE UDIENZE.... non dimenticate che prima del Concilio il Papa non viaggiava, si spostava poco e solo quando le condizioni lo rendevano necessarie.....
il Papa regnante non deve imitare o scimmiottare il predecessore malato che negli ultimi due anni AVEVA ABBANDONATO IL GOVERNO DELLA CHIESA lasciandolo nelle mani dei cardinali.....Ratzinger ha vissuto quel periodo ed ha parlato di CAOS.... è un caos che non vuole ripetere per causa sua....

le meditazioni del venerdì Santo 2005 dovreste ricordarle per capire in che stato si trovava la Chiesa a causa dell'assenza di un Papa ATTIVO..... quindi per il bene della Chiesa, sentendo venire meno le forze, vuole prevenire un NON regno....
ergo: ha fatto bene!!!
fatevi passare il dolore della notizia che ha colpito tutti e ragionate come Cristo: è bene per voi che io me ne vada






[SM=g1740720]

Caterina63
00giovedì 14 febbraio 2013 09:58
[SM=g1740758] ATTENZIONE!!!! esiste una falsa interpretazione sulle dimissioni del Papa atta ad osannare la collegialità dei Vescovi in sostituzione di una presunta DEBOLEZZA del Papa.... sbagliato!!! e condivido l'eccellente articolo di Stefano Fontana ...che consiglio anche a voi, a chi sta a cuore la verità.

L’interpretazione modernista dilagante in queste ore è sbagliata. E’ sbagliata in due sensi: prima di tutto perché contraddetta da tutto Ratzinger, dal suo pensiero come teologo e dal suo insegnamento come Pontefice, secondariamente perché è contraddetta dalla dottrina della Chiesa. La natura della Chiesa e del Papato non sono cambiati e nessuna tesi conciliarista può insidiare il primato di Pietro finché Pietro è Pietro, anche se costui decide in coscienza e davanti a Dio, come previsto dal Codice di diritto canonico, di rinunciare al suo potere di giurisdizione.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-le-dimissioni-e-la-riduzione-modernista-5813.htm


Nel frastuono di queste ore, dopo che il sistema comunicativo mondiale si è messo a centrifugare la notizia delle “dimissioni” di Benedetto XVI, credo ci sia la necessità di contrastare fin da subito – ma credo che la lotta durerà a lungo – l’interpretazione modernista di questo atto. Ne abbiamo avuto insigni esempi fin dai primi minuti e basta leggere i giornali di martedì 12 febbraio, ossia quelli della prima ora, per rendersi conto delle energie e delle truppe che questa interpretazione modernista intende mettere in campo.

Naturalmente, anche questa volta, l’interpretazione modernista più pericolosa è quella che nasce dentro la Chiesa, piuttosto che quella proveniente dal mondo laico. L’idea modernista è che con questo atto qualcosa è cambiato nella natura della Chiesa e nella natura del papato. Se il papato diventa una “carica a tempo”, se le forze fisiche e umane sono un criterio per misurare un Papa, se il Pontefice si comporta come una persona “normale” (Gian Enrico Rusconi su La Stampa) è evidente, afferma l’interpretazione modernista, che “cambia radicalmente lo status del pontificato romano” (Ezio Mauro su Repubblica). Ratzinger avrebbe quindi “desacralizzato” e “laicizzato” la funzione pontificale.

La modernità ha fatto della “debolezza” la propria caratteristica e nel Papa che considera tutta la propria debolezza l’uomo ha prevalso sul Pontefice. E’ così che l’interpretazione modernista legge i riferimenti alla “umanità” del gesto di Benedetto XVI. Quante volte abbiamo letto e sentito in queste ore nelle interviste televisive fatte all’uomo della strada un diffuso compiacimento perché il Papa ha riconosciuto di essere un uomo come tutti noi. Torna il grande tema della Chiesa che si fa mondo, della religione che si fa umanesimo: una delle più classiche vulgate della interpretazione conciliarista del Vaticano II.

Anche il Papa si fa compagno di viaggio e scende dal soglio. E infatti non sono pochi i tentativi di collegare la scelta di Ratzinger con l’interpretazione modernista del Concilio. Il Papa che fino a ieri era colpevole di aver tradito il Concilio ora viene esaltato come il realizzatore pieno del Vaticano II. Compresa la questione della collegialità episcopale: perfino questo è stato tirato fuori.
Domenico Rosati, per esempio, su L’Unità sostiene che c’è stato come un abbassamento del papato al livello dell’episcopato e le dimissioni di Ratzinger hanno fatto sentire in tutta la sua forza l’esigenza di un Sinodo permanente che si accosti al Papa nel governo della Chiesa.

Raniero La Valle, che non poteva mancare, ha detto che il gesto di Benedetto XVI “ha rimesso il Papa all’interno del collegio dei Vescovi, all’interno della Chiesa”. E’ perfino tornata in pista l’idea di un Vaticano III o, quantomeno, di Concili tematici come aveva proposto il cardinale Martini. Non solo la collegialità, ma anche l’ecumenismo è stato tirato in ballo.

Questo depotenziamento del primato di Pietro - è stato detto – non può che aiutare nei rapporti con i fratelli separati e riavvicina la Chiesa cattolica alle “Chiese sorelle”. Il cavallo di battaglia del modernismo è però, come si sa, lo storicismo, ossia il culto del nuovo. Le parole “rivoluzionario” e “inaudito” hanno avuto un gran mercato in queste ore.
Le dimissioni del Papa sono state apprezzate dalla corrente modernista prima di tutto per questo, perché sarebbero un fatto nuovo e inaudito, una novità capace di inaugurare un volto nuovo di Chiesa, un evento, insomma, che solo per il fatto di accadere diventa testo a se stesso. Sarebbe un nuovo incipit, da cui non si potrà più tornare indietro e che avrebbe influito già sull’imminente prossimo conclave, imponendo la scelta di un Papa giovane.

L’interpretazione modernista dilagante in queste ore è sbagliata. E’ sbagliata in due sensi: prima di tutto perché contraddetta da tutto Ratzinger, dal suo pensiero come teologo e dal suo insegnamento come Pontefice, secondariamente perché è contraddetta dalla dottrina della Chiesa. La natura della Chiesa e del Papato non sono cambiati e nessuna tesi conciliarista può insidiare il primato di Pietro finché Pietro è Pietro, anche se costui decide in coscienza e davanti a Dio, come previsto dal Codice di diritto canonico, di rinunciare al suo potere di giurisdizione.

La “desacralizzazione” del papato può essere frutto di una interpretazione modernista della scelta di Benedetto XVI, ma non di quella scelta. Non è vero che la modernità ha scelto la debolezza e l’umiltà, come avrebbe fatto il Papa in questo frangente. La modernità ha scelto l’onnipotenza e la libertà assoluta, cose molto diverse dal primato di Dio ribadito da Benedetto XVI.

La collegialità episcopale, secondo i lavori teologici di Ratzinger e il suo insegnamento da Pontefice, vanno intesi in senso verticale e non orizzontale e quindi hanno bisogno del Papa al di sopra di tale collegialità, come condizione per la stessa. Sarebbe proprio curioso che questo teologo-Papa volesse dare ora a questa sua scelta un significato opposto a quanto ha insegnato fino al giorno prima.

La novità delle dimissioni è senz’altro una novità, dato che non era quasi mai accaduto prima. Ma bisogna chiedersi se questa novità intacca la Tradizione della Chiesa. La risposta è no. Le dimissioni non cancellano otto anni di pontificato, in continuità con i pontificati precedenti, i cui insegnamenti e le cui indicazioni costituiscono la base per il nuovo Pontefice di prossimo arrivo. Il pericolo che Benedetto XVI sia visto solo come il “Papa della dimissioni” c’è e il modernismo ci si spenderà.

Ma i suoi insegnamenti rimarranno come una stella nel firmamento, come ha detto il cardinale Sodano. Credo che prossimamente si scatenerà una potente lotta tra questa tesi modernista delle dimissioni di Benedetto XVI e l’interpretazione fatta alla luce della Dottrina e della Tradizione della Chiesa.
Sono convinto che egli l’abbia previsto e che nel suo cuore di Pontefice ne abbia valutato il peso. A questa sua decisione mi inchino.
Nello stesso tempo ritengo importante non farsi sommergere dalla retorica del “gesto coraggioso” e di impegnarci a difendere, per quanto sta in noi, Benedetto XVI e i suoi insegnamenti dalla interpretazione modernista.


ladymira
00giovedì 14 febbraio 2013 14:08
Certo , la fatica fisica gioca il suo ruolo, se pensiamo che il papa deve reggere il mondo cattolico intero.
Caterina63
00giovedì 14 febbraio 2013 15:23

Per capire meglio la "rinuncia" all'ufficio di Pontefice

 
Ann Schneible ha intervistato, per l'agenzia ZENIT, Manuel Jesus Arroba, professore di diritto processuale canonico alla PUL, riguardo alle implicazioni canoniche che si hanno quando un pontefice vivente sceglie di rinunciare. Davvero interessanti i risvolti spirituali a paritre dal punto di vista del Diritto che vengono mostrati da questa intervista.
Un "papa emerito" non può esistere
i risvolti giuridici della rinuncia di Benedetto XVI
 
All'indomani dello storico annuncio da parte di papa Benedetto XVI, un professore di diritto canonico presso la Pontificia Università Lateranense (PUL), fa luce sul processo di rinuncia secondo il Codice di Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha dato il suo annuncio lunedì mattina durante un concistoro per proclamare tre imminenti canonizzazioni, informando i cardinali che avrebbe concluso il suo pontificato la sera del 28 febbraio 2013.

Quali sono state le sue impressioni alla notizia della rinuncia del Santo Padre?
Manuel Jesus Arroba: Ovviamente nell’apprendere qualunque notizia c’è una componente emotiva, quindi, in questo caso c’è stata una notevole sorpresa, unita ad emozione per l’affetto verso la persona di Benedetto XVI. Da “freddo intellettuale”, devo dire di aver provato una certa gioia nel vedere di fatto tradotto in un caso concreto qualcosa che è essenziale per la vita della Chiesa: gli uffici di responsabilità nel governo della Chiesa hanno l’occasione di manifestarsi come un vero servizio. Gli incarichi non esistono per le persone: sono le persone che sono chiamate a svolgere, attraverso gli incarichi, una vocazione alla quale sono stati chiamati dal Signore, naturalmente in questo caso attraverso la mediazione del Collegio Cardinalizio che affida questo ufficio. Ma ha senso mantenerlo solo se si è nelle condizioni di portarlo avanti. Da questo punto di vista ho ammirato l’autenticità vocazionale di Benedetto XVI.

Può spiegarci il funzionamento della norma canonica che permette la rinuncia di un Pontefice?
Manuel Jesus Arroba: Proprio perché si tratta di un ufficio e di un servizio, canonicamente per ogni ufficio sono previste norme di accesso e di cessazione dello stesso. La morte è solo una delle modalità di cessazione di un ufficio; altre modalità sono i trasferimenti e la rimozioni (anche penali). La modalità che meglio rispecchia la natura di servizio che svolgono questi uffici è la rinuncia. Nel caso del Papa essa è prevista dal Codice di Diritto Canonico ed è analoga ad ogni altra rinuncia, con una sola distinzione: tutte le rinunce devono essere compiute da persone capaci, quindi libere, non possono essere frutto di una coazione, di una violenza o di un momento di turbamento. Inoltre devono essere rese manifeste in modo valido: questa modalità per alcuni uffici richiede un atto solenne. Nel suo caso Benedetto XVI come modo di renderla formalmente manifesta, ha compiuto una dichiarazione, non una richiesta. L’ha comunicata ad un gruppo ristretto di cardinali durante un Concistoro. Infine ogni rinuncia per avere piena efficacia deve essere accettata dal superiore al quale è collegato ciascuno degli uffici: nel caso del Papa, non essendoci alcun grado superiore, la rinuncia non deve essere accettata da nessuno ma solo manifestata liberamente. Infatti il Papa non ha usato l’espressione “richiedo” ma “dichiaro”.

Da un punto di vista canonico, cosa succederà a Benedetto XVI? Sarà un “papa emerito”? Quando morirà, sarà sepolto a San Pietro come i suoi predecessori?
Manuel Jesus Arroba: Il fatto che la fine del pontificato non avvenga a causa della morte ma per una rinuncia, non preclude assolutamente che papa Ratzinger possa avere la tomba in San Pietro ma questa è una situazione un po’ lugubre da pensare… Giuridicamente di Papa ce n’è soltanto uno. Un “papa emerito” non può esistere: l’ufficio da lui ricoperto è supremo, ovvero il più alto in responsabilità. Benedetto XVI ha dichiarato che nei prossimi anni servirà la Chiesa in modo diverso, non più nell’ufficio di Sommo Pontefice ma nella preghiera e nello studio. Questo servizio è quello dello studioso, per certi versi del monaco e del contemplativo ma non più quello dell’uomo di governo. Di papa, quindi, ce n’è solo uno, anche se rimane in vita chi ne ha ricoperto precedentemente la carica e non è la prima volta che ciò si verifica nella storia della Chiesa, anche se questi casi non sono molto frequenti: qui in Italia tutti hanno presente il caso di Celestino V che fu un monaco eletto papa in un conclave difficile e che dopo poco tempo ritenne di non poter prestare adeguatamente il servizio, pertanto si ritirò. Ci sono tuttavia stati altri casi meno conosciuti.

È comunque una situazione straordinaria per la Chiesa ma non è la prima volta: è normale comprendere che è anche cambiata la componente della vita fisica delle persone che normalmente dura di più ma non per questo è sempre accompagnata dalla possibilità di servire ugualmente bene, come dice il Papa nel suo caso. In più sono anche cambiati il volume e la quantità della sfide che vengono presentate alla Chiesa non in quanto tale ma come Santa Sede, cioè come ufficio supremo. Nella società e nella comunicazione, in particolare, sono molto più abbondanti le sfide che richiedono sufficiente vigore, come ha detto il Papa.

In conclusione, ha altro da aggiungere?

Manuel Jesus Arroba: Il Papa ha il ministero di confermare nella fede, ovviamente, quindi per l’ufficio del Romano Pontefice, sarà eletto un altro per questo servizio. È interessante in questa circostanza vedere la normalità della Chiesa che passa da una sede piena a una sede vacante, per poi passare nuovamente ad una sede piena, secondo le norme già previste, quindi secondo la costituzione vigente nel caso di sede vacante. La sede vacante è una cosa, la morte del papa è un’altra. La morte del Papa è solo una modalità di produzione della sede vacante, la rinuncia è un secondo modo.

(13 Febbraio 2013)


Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz2KsppRqL8
http://www.cantualeantonianum.com

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anche se siamo in Quaresima e la situazione è drammatica, un sorriso a fin di bene ne vale la pena..... [SM=g1740733]


B16

[SM=g1740758]  un commento dal BLOG di Raffaella che condivido in totos:

Un’enorme pressione sui cardinali

Stefano Menichini


Lunedì Joseph Ratzinger li ha messi tutti davanti a una situazione unica, impensabile, difficilissima. 

La notizia di ieri è che non sembra aver intenzione di aiutarli a renderla più leggera. Al contrario.
Per i cardinali del conclave, e soprattutto per gli uomini della curia romana, la sfida è drammatica. Non solo colui che loro pensavano di aver eletto a vita al Sacro Soglio ha deciso di lasciare la sede vacante. 
Molto peggio: colui che rimarrà anche in futuro una presenza viva nel cuore della Chiesa non attenua minimamente la gravità del momento e mette allo scoperto davanti al mondo i mali dell’istituzione.
Il corpo della comunità ecclesiale attraversato da divisioni e rivalità. Il volto deturpato. L’egoismo di chi è bravo a denunciare gli scandali altrui ma non è disposto a mettere in discussione se stesso. Il dovere di servire la Chiesa e non di servirsi di essa.
Ieri, nella solennità di San Pietro e davanti a una folla ammutolita prima, e osannante poi, Benedetto non ha risparmiato nulla ai suoi ex pari. Certo, riprendendo temi e parole già usate nel passato con altrettanta durezza. Ma facendo capire che ora la sua stanchezza fisica è la ragione delle dimissioni ma evidentemente anche la conseguenza di una situazione estrema, di uno stato di conflitto che il Papa non è riuscito né a risolvere né a placare.
Sono soprattutto i media anglosassoni in questi giorni a proporre la crisi vaticana come l’apoteosi di un aspro scontro interno, mettendo una parte almeno della Curia nello scomodo ruolo di chi avrebbe «remato contro» la crociata di trasparenza e moralizzazione voluta da Ratzinger.
Che sia davvero così o no, sta di fatto che l’umore del popolo di San Pietro sta entrando in sintonia con questa interpretazione. Lo si capisce dagli applausi (che prima il Papa non avrebbe accettato e ai quali ieri ha sorriso), dalla tensione palpabile.
Ratzinger vittima dei Sacri Palazzi: una rappresentazione da incubo, alla vigilia del conclave. Sarà romanzesca, sarà estranea alle logiche che poi effettivamente presiedono alla scelta di un pontefice, sta di fatto che questa narrazione è destinata a imporre sui cardinali una pressione fortissima e sconosciuta prima d’ora. Non è una fiction, è la realtà, la storia che si fa sotto i nostri occhi con una velocità alla quale non riusciamo ad abituarci.

© Copyright Europa, 14 febbraio 2013


Mi riprometto di commentare piu' diffusamente la notizia della rinuncia del Papa nei prossimi giorni, ma questo articolo mi offre l'occasione di tentare un primo bilancio della situazione guardando al passato.

Si dice che ci sia una enorme pressione sui cardinali. Ah si'? Bene!
La tensione e' palpabile? Ovvio!
Si meritano fino in fondo questo stato di cose.
In questi anni NESSUNO si e' mai fatto avanti per assumersi un briciolo di responsabilita'. Si e' permesso che i media infangassero la veste bianca di un uomo puro e buono!
Nessuno ha ritenuto opportuno offrirgli il suo aiuto anche solo per portare la croce per un attimo.
Povera Chiesa!
Nessuno l'ha difeso a dovere nemmeno quando sarebbe stato facilissimo mostrare a tutti il lavoro che questo straordinario Pontefice stava facendo.
In tante occasioni non solo non c'e' stato aiuto ma in tanti hanno ben pensato di mettere i bastoni fra le ruote al Santo Padre.
Eppure, nel nostro piccolo, ci eravamo permessi di suggerire il rischio.
Tante volte abbiamo detto: fate attenzione, vescovi, cardinali, preti! Permettendo a chiunque di attaccare impunemente il Papa, vi infilerete in un vicolo cieco perche', quando Benedetto non ci sara' piu' e verra' meno il parafulmine, la Chiesa sara' cosi' indebolita dal rendere impossibile tornare indietro.
Ora siamo alla resa dei conti! La storia presenta il suo conto...inesorabilmente!
Mi dispiace? Certo che mi dispiace! Il Papa ha deciso di rinunciare perche' anziano e stanco ma dopo avere sopportato di tutto e di piu'.
Non posso rallegrarmi perche' vedo realizzato cio' che ho sempre immaginato.
Soffro moltissimo per Benedetto, capisco il suo incredibile atto di coraggio, di umilta' ed il suo estremo sacrificio anche se ancora non ho metabolizzato la sua decisione. Non so nemmeno se riusciro' a farlo!
In questo momento mi preme solo la serenita' del nostro amatissimo Papa. Di tutto il resto, in particolare dello stato d'animo dei cardinali, francamente, mi interessa poco o nulla.
E' arrivato il tempo della responsabilita' e di un serio esame di coscienza.
Ho sentito e letto tante parole, tanti omaggi ma nessuno ha ancora chiesto perdono in ginocchio a Joseph Ratzinger, professore, vescovo, cardinale e Papa per tutto cio' che ha fatto o che non ha fatto.
Sono troppo dura? Mi rincresce ma non ho intenzione di fare l'ipocrita.
R.


***

la mia riflessione:

Leggerò volentieri le tue riflessioni cara Raffaella perchè.... quante volte da queste pagine hai GRIDATO DAI TETTI che nessuno dalla Curia si metteva a nudo per difendere il Papa quando veniva brutalmente colpito...

Non dimentichiamo le ostilità persino rilasciate nelle interviste di MOLTI VESCOVI contro il Summorum Pontificum e il silenzio agghiacciante della Curia, o se parlavano era per giustificare il gesto di un "matto nostalgico"... l'abbiamo forse dimenticata la Lettera ai Vescovi? tremende quelle parole del Papa:
 Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilità pronta all’attacco.

e ancora denunciava il Papa sempre ai Vescovi:
 A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo.

A tirare fuori dagli interventi del Papa le denuncie di una persecuzione a lui ed al suo ruolo, ne uscirebbe fuori un libro... e quante volte lo hai fatto notare cara Raffaella, e quanti silenzi sono seguiti...
Questi pensavano di avere a che fare con uno che avrebbe sempre abbozzato....
Ratzinger è fatto così: è radicale, se decide una cosa la fa. Qui è tutto evidente il grado di esasperazione al quale lo hanno fatto arrivare....
Lui se ne assume tutta la responsabilità, che facessero loro, ora, vediamo cosa sanno tirare fuori!!

[SM=g1740720]

Caterina63
00venerdì 15 febbraio 2013 09:45

[SM=g1740758] PERCHÉ IL PAPA HA DATO LE DIMISSIONI
- di P. Giovanni Cavalcoli, OP
da RiscossaCristiana 14.2.2013

Gli studiosi di storia della Chiesa hanno notato come dai tempi dell’immediato postconcilio, ossia del pontificato di Paolo VI, il papato abbia cominciato a indebolire la sua autorità nei confronti dell’episcopato e ciò con tutta probabilità a causa di alcuni difetti insiti nelle direttive pastorali del Concilio, concernenti il rapporto del Papa con in vescovi. Mi riferisco soprattutto alla figura di vescovo che emerge dai decreti conciliari sull’argomento, alla dottrina della collegialità episcopale e della Chiesa locale, dalla quale sono sorte poi le conferenze episcopali nazionali e l’istituto del sinodo mondiale dei vescovi.

Le direttive del Concilio in merito contengono certamente alcuni elementi validi, come per esempio la responsabilizzazione del vescovo e degli episcopati nazionali come deputati a una creatività pastorale che tenga conto delle situazioni concrete del loro gregge, senza quindi limitarsi ad essere dei semplici interpreti e trasmettitori delle direttive provenienti da Roma, e come dotati di una santa libertà e capacità di iniziativa nei confronti di Roma stessa nel suggerire proposte e addirittura modifiche nella condotta pastorale della Sede Apostolica, nonché nel correggere abusi ed errori per conto proprio senza aspettare l’imbeccata da Roma.

Senonchè però nei medesimi documenti sull’argomento viene delineato un modello di vescovo che, se da una parte brilla per la sua caritatevole vicinanza al gregge, misericordioso e comprensivo, aperto al dialogo con tutti, credenti e non credenti, dall’altra risulta deplorevolmente assente l’altro tradizionale ed essenziale aspetto del ministero episcopale di collaborazione con la Sede Romana nella vigilanza (episkopos = sorvegliante) nei confronti delle idee false che possono diffondersi nel popolo di Dio in materia di fede e di buoni costumi, e quindi riguardo la suo sacro dovere di correggere gli erranti sia in materia di fede che di morale.

In tal modo, a causa di questa mancata vigilanza o ingenuità o negligenza o eccessiva indulgenza che dir si voglia, come chiunque non schiavo di pregiudizi oggi può constatare, da cinquant’anni a questa parte ha cominciato a sorgere con uno spaventoso crescendo una crisi di fede o ribellione o disobbedienza a Roma nell’ambito della fede a tutti i livelli e in tutti gli ambienti della compagine ecclesiale: fedeli, sacerdoti, religiosi, teologi e moralisti, non esclusi membri dello stesso episcopato e del collegio cardinalizio, senza che Roma sia stata in grado di opporre una valida difesa e di correggere efficacemente i devianti, i quali viceversa, vedendo il successo ottenuto e l’assenza di ostacoli opposti dall’autorità, sono diventati sempre più arroganti e prepotenti, acquistandosi nella Chiesa con l’inganno, l’adulazione e l’astuzia, molti posti di potere, persino negli stessi ambienti romani, da dove adesso hanno la possibilità di contrastare maggiormente il Magistero del Papa e soffocare quelle poche voci rimaste fedeli al detto Magistero,  sostenendo o tollerando invece eretici e ribelli sempre più spavaldi e sicuri di se stessi.

Mi riferisco soprattutto a quel nefasto neomodernismo, subito denunciato ma ahimè invano da spiriti acuti come il Maritain, il Siri, il Fabro, il Parente, il Piolanti, il von Hildebrand, il Perini, l’Ottaviani, il Lakebrink, i teologi domenicani Enrico Rossetti, Guido Casali, Alberto Galli, Tomas Tyn ed altri, neomodernismo che, latente nei lavori stessi del Concilio ma lì ovviamente represso, ha fatto capolino con temeraria audacia sin dall’immediato postconcilio ed approfittando appunto del mancato intervento dei vescovi, alcuni dei quali conniventi a tanto scempio, col pretesto ingannevole di realizzare quel Concilio che essi invece falsificavano, si è talmente rafforzato da metter oggi il Sommo Pontefice nelle tristissime e drammatiche condizioni, quasi inaudite, di non sentirsi più in grado di governare la Chiesa.

Da qui le dimissioni.

Noi potremmo dire a tutta prima: debolezza personale? Che avrebbe fatto un Papa Wojtyla? E gli altri Papi come hanno fatto a resistere? Ma il fatto è che la situazione sta precipitando per eventi gravissimi ed inauditi accaduti proprio in questi ultimi anni e tempi recentissimi: basti pensare allo scandalo della pedofilia coperto da vescovi, alcuni dei quali addirittura implicati, l’inaudito e sacrilego tradimento perpetrato all’interno della stessa Segreteria di Stato dove i mandanti sono riusciti per ora a celarsi dietro il povero Paolo Gabriele, la resistenza episcopale scandalosa al decreto pontificio di liberalizzazione della Messa Tridentina, il recente colpevole silenzio in occasione della blasfemo spettacolo di Romeo Castellucci, senza contare il diffondersi impunito di atti sacrileghi e vilipendi contro la religione, la pure recente penosa controversia sui “castighi divini”, nella quale fu ingiustamente accusato l’illustre storico Roberto De Mattei, che non aveva fatto altro che ricordare la dottrina tradizionale della Chiesa, la generale disobbedienza episcopale che tollera dappertutto teologi, liturgisti ed insegnanti disobbedienti al Magistero della Chiesa in materia di fede e di morale, vescovi e cardinali favorevoli al pensiero ereticale di Karl Rahner, la lunga sconsiderata ed ingannevole attività ecumenica del card. Kasper, interventi recentissimi di Cardinali come Martini o Ravasi del tutto dissonanti non dico dalla linea della S.Sede, ma dalla stessa dottrina della fede, insieme con attacchi vergognosi contro degnissimi prelati come Mons. Crepaldi o Mons. Negri.

Il Santo Padre  - si è detto - ha fatto un gesto di umiltà. E’ verissimo. Ha fatto anche un gesto di coraggio. E’ vero anche questo, nel senso che, compiendo questo gesto, certamente ha preveduto che sarebbe stato accusato di mancanza di coraggio e di “fuggire davanti ai lupi”, per ricordare una sua famosa frase, e ciononostante lo ha compiuto lo stesso. Altri hanno parlato di “libertà spirituale”. E’ vero anche questo. Infatti il compiere ponderatamente e coscientemente un gesto di tale portata e così insolito, è certamente segno di uno spirito sanamente indipendente che si fa guidare solo da Dio. Ed è stato anche un distacco da se stessi per il bene della Chiesa.

Ma secondo me tutti questi pareri non colgono il motivo di fondo che si può delineare in questi termini: una mossa strategica di prudentissima e coraggiosissima sapienza pastorale. In che senso? Col programma, - così io ritengo - una volta che Ratzinger avrà la possibilità di tornare a fare il semplice teologo, di mettere a frutto le sue straordinarie doti intellettuali, la sua lunga esperienza di pastore, la sua profonda conoscenza della situazione attuale e passata della Chiesa, con i suoi aspetti positivi, le sue speranze e i suoi mali morali e dottrinali, da correggere e da togliere.

Il gesto di Papa Ratzinger ci fa ulteriormente capire, se ancora ce ne fosse bisogno, il cambiamento che col Concilio Vaticano II si è verificato nella condotta del papato: se fino a Pio XII abbiamo avuto un papato potente ed impositivo, nella secolare tradizione che partita dal medioevo era stata confermata dalla riforma tridentina, col Vaticano II inizia, di fatto, non perché voluta dal Concilio, una nuova figura di Papa, che potremmo denominare “Papa crocifisso e abbandonato”, sull’esempio di Cristo in croce, per usare un’espressione indovinata dei Focolarini, che essi usano per la comune vita cristiana. Non esiste più l’esercito pontificio; ci sono solo le guardie svizzere. Ma che ci fa il Papa con esse?

D’altra parte, per il Papa, in linea di principio, è sufficiente imitare la testimonianza di Nostro Signore: che prenda un aspetto o ne prenda un altro, è cosa secondaria. Se fino a Pio XII abbiamo l’imitazione di Gesù che dà ordini, disciplina ed è obbedito, a iniziare da Paolo VI appare il Gesù in croce, inascoltato ed abbandonato da tutti, anche se con a fianco la Madonna e S.Giovanni. Del resto, se ci facciamo caso, Gesù stesso nel corso della sua vita terrena, ha bensì insegnato, ma non ha mai avuto a disposizione, anzi li ha rifiutati,  dei seguaci che potessero far rispettare se occorreva con la forza i suoi comandi e i suoi precetti. Non ha mai dimesso dalla sua carica qualche scriba o qualche dottore della legge.

Ciò vuol dire in linea di principio che il munus del Papa è duplice: l’insegnamento - munus dottrinale - e una forza a sua disposizione, - munus pastorale - che dovrebbero essere la Curia romana e l’episcopato, incaricati di farlo rispettare. Ora invece, a partire da Paolo VI con impressionante progresso sino ad oggi, questa forza è quasi del tutto venuta a mancare. Che cosa resta al Papa? La voce di Cristo, quasi vox clamantis in deserto, che può certo consigliare, esortare, scongiurare, ma può anche, come ha fatto Cristo, comandare e minacciare, s’intende sempre per il bene della Chiesa. Questo è quindi quel “bene della Chiesa”, al quale secondo me il Papa si riferisce nella sua dichiarazione di dimissioni.

La Chiesa si trova oggi in una situazione angosciosa che mai finora le era capitata. Essa, come già ebbe a dire Paolo VI , che parlò di un processo di “autodemolizione”, si sta distruggendo dall’interno. Tanti termini del linguaggio cattolico sono rimasti, ma con un significato anticattolico. Lo stesso termine “cattolico” non si capisce più che cosa significhi. Ma i modernisti, che Chiesa vogliono? E’ in fondo molto semplice: vogliono trasformare la Chiesa in un’associazione semplicemente umana sulla quale poter comandare secondo le loro idee modernistiche.

Il papato in questi cinquant’anni, si è indebolito non per viltà degli stessi pontefici, e neppure per motivi di immoralità, come successe al papato rinascimentale. Invece nel papato moderno abbiamo, come è ben noto, anche dei santi. Si è invece indebolito per causa di forza maggiore, per motivi oggettivi indipendenti dalle forze dei singoli Pontefici, a causa dell’isolamento nel quale sono stati messi da alcuni dei loro stessi collaboratori, finti amici ma in realtà nemici.

Pensiamo per esempio soltanto all’Ordine Domenicano e ai Gesuiti, istituiti per essere il braccio destro del Papa ed ora - cosa che non toglie assolutamente le loro preziose forze sane - ridotti a conservare in sé veleni di morte: i seguaci di Schillebeeckx tra i Domenicano e i rahneriani tra i Gesuiti.

Il modello del Papa di oggi sta diventano quello del profeta e del martire, simili ai Papi sotto l’Impero Romano, con la differenza che se a quei tempi il nemico era esterno, oggi purtroppo i nemici li abbiamo in casa. Quando lavoravo in Segreteria di Stato, negli anni ’80, in ufficio sentii esprimere un orribile sospetto circa la morte improvvisa, inaspettata ed inspiegata di quel sant’uomo di Papa Luciani. E del resto il Beato Giovanni Paolo II non ha forse subìto un attentato alla sua vita? E non ci ricordiamo che ciò accadde già a Paolo VI?

Penso che il nuovo Papa sarà pieno di energia e al contempo pronto a soffrire e ad accettare di non essere obbedito, ma alzerà la voce con tono terribile, sull’esempio di Cristo che minaccia farisei e dottori della legge. Occorre infatti, a mio avviso, che il papato riacquisti il suo prestigio e la sua autorevolezza dottrinale, anche se non dispone delle forze necessarie per far applicare gli insegnamenti dottrinali e morali.

Quanto a Ratzinger sono convinto che il suo gesto di abilissima “ritirata strategica”, gli consentirà di mettere a frutto le sue straordinarie doti di cultura e di saggezza per aiutare il nuovo Papa e la Chiesa a risorgere e a camminare sulle vie del Signore.

Ratzinger era sostanzialmente un intellettuale, come lo era Paolo VI. Ora difficilmente un intellettuale messo in funzioni di governo, possiede il polso necessario per fare stare al loro posto gli indisciplinati e correggere i disobbedienti. D’altra parte si può essere santi lo stesso, come lo dimostra il caso famoso di S. Celestino V.

Possiamo invece pensare che Ratzinger condurrà una lotta efficace sul piano delle idee dove ha dimostrato una potenza straordinaria ed un intuito folgorante, come del resto è la qualità dei grande teologi tedeschi, i quali possono essere grandi nel male, ma quando sono fedeli a Pietro sono senza dubbio grandi nel bene. Sono certo che Joseph Ratzinger, che già da Papa ci ha dato ricchi insegnamenti, nel suo posto più modesto al servizio di Pietro, potrà continuare a darci un aiuto importantissimo sul cammino della vera fede e della pacificazione della Chiesa.

 

Bologna, 14 febbraio 2013






ladymira
00venerdì 15 febbraio 2013 11:45
Penso che ora il papa diventa vescovo o cardinale, ancora non si è bene capito come trascorrerà la sua vita dopo la rinuncia al papato
Caterina63
00venerdì 15 febbraio 2013 12:12
Re:
ladymira, 15/02/2013 11:45:

Penso che ora il papa diventa vescovo o cardinale, ancora non si è bene capito come trascorrerà la sua vita dopo la rinuncia al papato



il punto dolente è che mentre le dimissioni sono previste dal Diritto Canonico, non era previsto che ciò accadesse e dunque non esiste alcuna regola a riguardo... si va per esclusione e per ragionamento pratico atto a non confondere l'immagine del futuro Pontefice legittimo, il suo pontificato, il suo magistero e dunque la presenza di un predecessore ancora in vita, crea problemi ragionevoli e persino teologici....

Per esclusione:
- il Papa non potrà chiamarsi emerito perchè di Papa ce ne è uno solo, ma può e deve continuare a chiamarsi "Benedetto XVI" perchè è il nome che gli resterà fino alla morte e che passerà negli Annuali Pontifici, è il 265° Vescovo di Roma...

- Benedetto XVI non potrà vestirsi nè di rosso nè di bianco.... sicuramente porterà la talare nera alla quale è sempre stato affezionato...

- Benedetto XVI potrà chiamarsi "Vescovo emerito di Roma" ma potrebbero sorgere contrasti con il ruolo del vicario del Papa per il gorverno della Diocesi di Roma al quale è affidato l'incarico e quindi, in teoria, c'è già un emerito che sarebbe il cardinale Ruini... al quale però, Benedetto XVI, gli è superiore per la nomina (non più il ruolo) che mantiene fino alla morte...

- Benedetto XVI NON è obbligato o costretto a scegliere la clausura integrale, ma conoscendo la sua mitezza ed umiltà, se ne starà rinchiuso come ha infatti detto al Clero "sparisco agli occhi del mondo"...

- Benedetto XVI non potrà essere cardinale perchè il cardinalato NON è un Ordine gerarchico ma è una nomina di chi aiuta il Pontefice regnante nel suo compito attraverso i Dicasteri e Congregazioni...

- di sicuro c'è solo che egli resterà Vescovo (di Roma), perchè anche la nomina a Pontefice non è un Ordine del Sacerdozio ;-) ma un ruolo che sta al di sopra di tutto l'Ordine costituito divinamente dal Signore....

- la situazione è molto complessa e sarà da pregare perchè non ne nascano divisioni e scismi....


[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]


ladymira
00sabato 16 febbraio 2013 15:20
Si anche io ho sentito dire che andrà in una vita riservata, fuori dagli occhi del mondo, anche se ci piacerebbe sentir parlare di lui, ma comunque sono sicura che il nostro amato Benedetto XVI non si scorderà del mondo nè il mondo di lui.
Caterina63
00sabato 16 febbraio 2013 18:09
[SM=g1740758]tremenda ma anche bellissima analisi di Socci che condividiamo....


...PERCHE' OGGI QUELLE INQUIETANTI PROFEZIE (continua sotto)...
12 febbraio 2013 / In News

Le dimissioni di Benedetto XVI non sono soltanto una notizia esplosiva, ma un evento epocale, senza precedenti moderni (si può citare il caso di Celestino V, settecento anni fa, ma fu una vicenda diversissima in tutt’altro contesto).

Quello che accade davanti ai nostri occhi è un avvenimento che, per la sua stessa natura planetaria e spirituale, fa impallidire tutte le altre notizie di cronaca di questi giorni e certamente non ha alcun legame con esse (a cominciare dalle elezioni italiane).
Ieri Ezio Mauro, nella riunione di redazione di “Repubblica” trasmessa sul sito e che ovviamente è stata dedicata al pontefice, ha rivelato che Benedetto XVI è arrivato a questa decisione “dopo una lunga riflessione. Stamattina” ha aggiunto Mauro “ci hanno detto che la decisione l’ha presa da tempo e comunque l’ha tenuta segreta”.
In effetti la decisione risale almeno all’estate 2011 e non è più una notizia segreta dal 25 settembre 2011, quando, su questo giornale, io la portai alla luce, avendola saputa da diverse fonti, tutte credibili e indipendenti l’una dalle altre. In quell’occasione scrissi che il passaggio di mano era stato pensato, da Ratzinger, per il compimento dei suoi 85 anni, cioè nella primavera del 2012.
Sennonché due mesi dopo il mio articolo, nell’autunno del 2011, cominciò a scoppiare il caso Vatileaks e fu subito evidente che – finché non si fosse chiusa quella vicenda – il Santo Padre non avrebbe dato corso alla sua decisione.

Infatti nel libro intervista di qualche anno fa, “Luce del mondo”, con Peter Seewald, analizzando la cosa in via teorica, aveva spiegato che quando la Chiesa si trova nel mezzo ad una tempesta un Papa non può dimettersi.
Per questo l’11 marzo 2012, a un mese dall’85° compleanno del Pontefice (che è il 16 aprile), io scrissi su queste colonne: “va detto che la tempesta che ha travolto in questi mesi la Curia vaticana, in particolare la Segreteria di stato, allontana l’ipotesi di dimissioni del papa, il quale ha sempre precisato che esse sono da escludere quando la Chiesa è in grandi difficoltà e perciò potrebbero sembrare una fuga dalle responsabilità”.
Lo svolgimento dei fatti successivi conferma questa ricostruzione. Perché infine le dimissioni del Papa arrivano puntualmente un mese dopo la definitiva chiusura della vicenda Vatileaks, con la grazia concessa al maggiordomo Paolo Gabriele.

Segno che tali dimissioni effettivamente erano già state decise nell’estate 2011.
Ecco le ragioni addotte ieri dal Papa: “sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”.
Con la sua abituale limpidezza il Papa ha detto la semplice verità e ha fatto la scelta che ritiene migliore per il bene della Chiesa, fra l’altro una scelta di umiltà, che è un tratto importante della sua umanità e della sua fede.
Noi tuttavia possiamo e dobbiamo osservare che quasi tutti i papi precedenti sono invecchiati e sono rimasti in carica con forze ridotte, governando attraverso i loro collaboratori.
Si può dunque ipotizzare che Benedetto XVI non abbia ritenuto di fare questa scelta perché non giudica di avere collaboratori all’altezza di un tale compito (con le sue dimissioni tutte le cariche di Curia sono azzerate).

Di certo si può dire che Benedetto XVI è stato un grande pontefice e che il suo pontificato è stato – almeno in parte – azzoppato da una Curia non all’altezza, ma anche dalla scarsa rispondenza al Papa di parte dell’episcopato.
Joseph Ratzinger, che si conferma un papa straordinario anche con questa uscita di scena, ha portato la croce del ministero petrino certamente soffrendo molto e dando tutto se stesso (non gli sono mancate né le incomprensioni, né il dileggio).

E’ stata una pena vedere come il suo splendido magistero è rimasto spesso inascoltato.
Quando pubblicai il mio scoop scrissi che mi auguravo di essere smentito dai fatti e auspicavo che noi cattolici pregassimo perché Dio ci conservasse a lungo questo grande Papa.
Purtroppo molti credenti invece di ascoltare questo mio appello alla preghiera si scatenarono ad attaccare me, come se dare la notizia del Papa che stava pensando alle dimissioni fosse lesa maestà. Una reazione bigotta che segnalava un certo diffuso clericalismo.
Benedetto XVI – con la sua continua apologia della coscienza e della ragione – è fra i pochi con una mentalità non clericale.

Basti ricordare che non ha esitato a chiamare col loro nome tutte le piaghe della Chiesa e a denunciarle come mai prima era stato fatto.

Nella sua ammirevole libertà morale non esitò nemmeno a smentire qualche suo stretto collaboratore sul “segreto di Fatima”. Accadde nel 2010, quando decise un repentino pellegrinaggio al santuario portoghese e là dichiarò:
“Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa… Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima […] Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità”.

Un’espressione che certamente fa pensare (il centenario delle apparizioni di Fatima è il 2017), anche in riferimento ai famosi “dieci segreti” di Medjugorje.
D’altra parte lo stesso annuncio delle dimissioni è arrivato in una data gloriosamente mariana, l’11 febbraio ricorrenza (e festa liturgica) delle apparizioni della Vergine a Lourdes.
E’ facile prevedere che ora si scateneranno anche dietrologie fantasiose, si evocheranno i detti di Malachia, la monaca di Dresda e quant’altro.
Ma resta il fatto che il Papa, con la pesantezza epocale della decisione che ha assunto, pone tutta la Chiesa davanti alla gravità dei tempi che viviamo.
Gravità che la Madonna ha dolorosamente sottolineato in tutte le sue apparizioni moderne, da La Salette, a Lourdes, da Fatima a Medjugorje (passando per la misteriosa e miracolosa lacrimazione della Madonnina di Civitavecchia).

C’è solo da augurarsi che invece non si riferisca a questo nostro amato Papa, ciò che è stato attribuito a un suo predecessore, Pio X, che la Chiesa ha proclamato santo.
E’ un episodio che da qualche mese viene diffuso fra alcuni ambienti cattolici e anche in Curia.
Risulterebbe che Pio X, nel 1909, abbia avuto durante un’udienza una visione che lo sconvolse: “Ciò che ho veduto è terribile! Sarò io o un mio successore? Ho visto il Papa fuggire dal Vaticano camminando tra i cadaveri dei suoi preti. Si rifugerà da qualche parte, in incognito, e dopo una breve pausa morrà di morte violenta”.

Sembra che sia tornato su quella visione nel 1914, in punto di morte. Ancora lucido riferì di nuovo il contenuto di quella visione e commentò: “Il rispetto di Dio è scomparso dai cuori. Si cerca di cancellare perfino il suo ricordo”.
Da tempo circola questa “profezia” anche perché si dice che Pio X avrebbe altresì dichiarato che si trattava di “uno dei miei successori con il mio stesso nome”.
Il nome di Pio X era Giuseppe Sarto. Giuseppe dunque. Joseph. Mi auguro vivamente che non sia una profezia autentica o da riferirsi ad oggi.
Ma la sua diffusione segnala quanto il pontificato di Benedetto XVI – come quello del predecessore – sia circondato da inquietudini.
Del resto fu lui stesso a inaugurarlo chiedendo le preghiere dei fedeli per non fuggire davanti ai lupi. Il Papa non è fuggito.
Ha sofferto e ha svolto la sua missione finché ha potuto e oggi chiede alla Chiesa un successore che abbia le forze per assumere questo pesante ministero.

D’altra parte è evidente a tutti che da trecento anni il papato è tornato ad essere un luogo di martirio bianco, come nei primi secoli esponeva al sicuro martirio di sangue.

Infatti i tempi moderni si sono aperti con un altro evento mistico accaduto a papa Leone XIII, il papa della “questione sociale” e della “Rerum novarum”. Il 13 ottobre 1884 (il 13 ottobre peraltro è il giorno del miracolo del sole a Fatima) il pontefice ebbe una visione durante la celebrazione eucaristica.
Ne fu scioccato e sconvolto. Il pontefice spiegò che riguardava il futuro della Chiesa. Rivelò che Satana nei cento anni successivi avrebbe raggiunto l’apice del suo potere e che avrebbe fatto di tutto per distruggere la Chiesa.
Pare che abbia visto anche la Basilica di San Pietro assalita dai demoni che la facevano tremare.
Fatto sta che papa Leone si raccolse subito in preghiera e scrisse quella meravigliosa preghiera a San Michele Arcangelo, vincitore di Satana e protettore della Chiesa, che da allora fu recitata in tutte le chiese, alla fine di ogni Messa.

Quella preghiera fu abolita con la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, la riforma liturgica che Benedetto XVI ha tanto cercato di ridisegnare.
Mai come oggi la Chiesa avrebbe bisogno di quella preghiera di protezione a San Michele Arcangelo.

Antonio Socci
Da “Libero”, 12 febbraio 2013

La Preghiera di Papa Leone XIII che era da dirsi alla fine di ogni Messa e che dopo il Concilio fu VERGOGNOSAMENTE rigettata..... abbiamo tolto il Crocifisso dagli Altari, ed ecco che il mondo ha preteso di toglierlo anche dai muri; abbiamo tolto l'invocazione ai Santi e questa Preghiera a san Michele, ed ecco che le potenze avverse tentano di destabilizzare la Chiesa.... RITORNIAMO ALLA CATTOLICITA' riprendiamoci la nostra identità, torniamo ad invocare i Santi......
a san Michele Leone XIII


ladymira
00lunedì 18 febbraio 2013 14:14
Oggi la chiesa ha inquietudini è vero e secondo me stanno peggiorando, bisogna avere fede in Dio, le profezie si stanno avverando, quindi qualcosa c'è di realmente rivelato da Dio,preghiamo per il nuovo pontefice
Caterina63
00lunedì 18 febbraio 2013 15:24

[SM=g1740758] Noi, teneri Ratzinger’s rottweilers di PP, salutiamo il nostro papa

Papa saluta

IL PAPA LASCIA MA NON

ABBANDONA:

DICIAMOLO PAPALEPAPALE


Anche noi di Papalepapale vogliamo dire grazie a Benedetto XVI. Se c’è stato qualcuno che ci ha convinti fino in fondo, fin da quando siamo stati chiamati a collaborare a questo sito, è stato proprio lui. Tutti noi, direttore, redattori e collaboratori, provenienti da luoghi, esperienze e realtà diverse – e spesso con convinzioni sul cattolicesimo agli antipodi – ci siamo ritrovati uniti dalla stessa fede in Cristo e dalla devozione filiale verso il suo vicario sulla terra. Di Benedetto XVI abbiamo sposato la battaglia contro il relativismo, traendo forza dalle sue parole per i nostri “tentativi” apologetici. Ora lo salutiamo con lo stesso affetto con cui lo abbiamo accolto otto anni fa. Consapevoli che la barca di Cristo riuscirà ad andare avanti anche senza questo amato pastore. E ricordando a tutti che egli, anche se non più papa, continuerà con la preghiera ad aiutare la Chiesa Cattolica.

DI papalepoapale.com

Dorotea Lancellotti

Una notizia choc e imprevedibile per il miliardo di fedeli sparsi nel mondo, ma anche una realtà possibile secondo i più esperti “vaticanisti”.

Questo è quanto stiamo vivendo dal giorno 11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes e nella Giornata del Malato. I media si stanno sbizzarrendo fra le mille possibili, e impossibili, interpretazioni dal momento che, nelle parole del Pontefice Benedetto XVI, non c’è una chiarissima motivazione.

Le parole chiave sono queste:

Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commissum renuntiare ……

(Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005,……..)

Quali le motivazioni? Volendo parlare “papalepapale” il Papa le ha elencate:

Bene conscius sum hoc munus secundum suam essentiam spiritualem non solum agendo et loquendo exsequi debere, sed non minus patiendo et orando. Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem  meam ad ministerium mihi commissum bene  administrandum agnoscere debeam….

(Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.  nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato…. (1)

IL CODICE LO PREVEDEVA…MA CHI SE LO ASPETTAVA?

 

Per il codice di diritto canonico è tutto regolare.

Il Papa non sta gettando la spugna a riguardo il suo essere sacerdote, vescovo di Roma, teologo della Santa Chiesa. Dice “semplicemente” che, data la sua età, quasi 86 anni, un pacemaker, un ictus che l’aveva colpito già da cardinale, i problemi alle ossa e all’anca tanto da obbligarlo ad usare un carrello per spostarsi, tutto ciò lo ha debilitato fisicamente e per viaggiare, per andare ad annunciare il Vangelo, per sollecitare il mondo contro le derive che sta vivendo, è necessario un pontefice altrettanto vigoroso. Non è una colpa se questo vigore non lo ha più.

Ma facciamo un pò di ordine per comprendere i veri problemi di questa scelta che senza dubbio passerà alla storia.

Il Codex Iuris Canonici  del 1917, al Canone 221, così recita: “Si contingat ut Romanus Pontifex renuntiet, ad eiusdem renuntiationis validitatem non est necessaria Cardinalium aliorumve acceptatio.

(Se accade che il Romano Pontefice rinunci, per la validità di tale rinuncia non è necessaria l’accettazione degli altri Cardinali.)”

Il Nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983, al Canone 332, così recita:

«Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno l’accetti.»

E’ così evidente che il diritto a delle eventuali dimissioni esisteva già, ciò che mancava era la sua applicazione. Forse non l’avremmo mai pensato, ma è accaduto.

E questo, senza dubbio, lascia amarezza ed anche smarrimento.


EPPURE UNA TRACCIA ESISTEVA…MA NON PARLIAMO DI FUGA

 

Il Papa insieme e Peter Seewald, autore del libro-intervista “Luce del mondo”. Dove il Santo Padre aveva confessato la sua intenzione di ritirarsi, se avesse sentito che era arrivato il momento.

Nel suo libro intervista Luce del mondo, Ratzinger-Benedetto XVI disse a chiare lettere:

«Quando il pericolo è grande non si può scappare. Ecco perché questo sicuramente non è il momento di dimettersi. È proprio in momenti come questo che bisogna resistere e superare la situazione difficile. Questo è il mio pensiero. Ci si può dimettere in un momento di serenità, o quando semplicemente non ce la si fa più. Ma non si può scappare proprio nel momento del pericolo e dire: “Se ne occupi un altro” […] Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli,  allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi.» (Luce del mondo, Libreria Editrice Vaticana, 2010, p. 53).

Senza andarci ad attaccare a quanti “tanti altri” tra i vaticanisti e non da diverso tempo insistevano su queste dimissioni, c’è da dire che in questa intervista il Papa aveva sottolineato alcuni aspetti inquietanti:

a. non possiamo certo sostenere che sia questo un “momento di serenità” nel quale applicare il diritto alle dimissioni: è evidente perciò che c’è qualcosa di più;

b. dice il Papa: ”quando semplicemente non ce la si fa più. Ma non si può scappare proprio nel momento del pericolo e dire: “Se ne occupi un altro” […] Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli,  allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi”.

Il Pontefice sta dicendo chiaramente che “non si può scappare proprio nel momento del pericolo e dire: Se ne occupi un altro”: quindi il Papa non ci sta abbandonando, non è sceso dalla croce come certi stolti hanno commentato e scritto, ma ha parlato piuttosto di “una scelta consapevolmente grave”.

 

E ANCHE GESÙ, AD UN CERTO PUNTO, DICE…

 

Gesù, a chi lo segue, dice alcune parole che possono essere importanti per capire il gesto del Papa.

In tutti i commenti letti nessuno sembra aver pensato alla famosa frase di Gesù: «Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai?  Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò» (Gv.16, 5-7)

Manca insomma clamorosamente, nel vorticoso commentare di tutti questi espertoni “extra Ecclesiam”, un sentire “cum Ecclesia” che permetta loro di leggere la decisione ratzingeriana ben oltre gli schemi materialistici e utilitaristici che la interpretano alla stregua delle “dimissioni” di un amministratore delegato qualunque. Bisognerebbe invece meditare su altre altezze: e se quello del Papa fosse invece il più alto gesto cristico possibile, cioè affidarsi, così come fece Gesù nel Getsemani, e affidare l’intera Chiesa alla sola misericordia del Padre, alla Provvidenza contro la quale nulla possono le forze che le si oppongono o la minimizzano come un’arcaica fandonia? E se non ci fosse decisione più puramente in linea con la follia cristiana di lasciare che il timone venga consegnato ad un ammiraglio più forte in fisico e spirito proprio nel mezzo della tempesta più disperante? Riflettiamoci, perché ridurre Benedetto XVI ad un egoista ed ignavo incapace di meditare le conseguenze di un’azione tanto grande vorrebbe dire non aver capito nulla di colui che ha guidato la Barca negli ultimi trentacinque anni (di fatto essendo il consigliere imprescindibile del suo predecessore) e ci ha lasciato un pontificato caratterizzato da momenti di riflessione vertiginosi ed impareggiabili.

Senza pretendere noi di canonizzare Benedetto XVI e di paragonarlo al Cristo, essendone tuttavia il Suo legittimo Vicario in terra, ci è lecito soffermarci su quell’espressione: “Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada”, perché è questo che sta dicendo il Papa con immensa umiltà e libertà.

E’ naturale che le motivazioni fisiche siano diverse: Gesù aveva 33 anni ed era anche Dio, Ratzinger ne ha 86 ed è solo un uomo, ma non è diverso il progetto né lo scopo di questo “andare via”.

Andare dove?

Ratzinger non si sta congedando per andare in vacanza o per abbandonare la missione o la Chiesa, ciò che ha scelto è di terminare i suoi giorni aiutando la Chiesa in modo diverso: pregando.

UN MONITO AI SUOI… E A QUELLI CHE LO HANNO AVVERSATO

 

Inoltre c’è da dire che la sua scelta, per chi la vuole ben intendere, è una forte sollecitazione alle coscienze dei vescovi e dei cardinali.

Non nascondiamoci la gravità di fatti di disobbedienza alle richieste del Pontefice in questi otto anni di mandato. Sembra davvero che il Papa stia dicendo: ragazzi, io quello che potevo fare ho fatto; vi ho rimesso sulla strada giusta che avevate lasciato a riguardo del Concilio e delle sue riforme, compresa quella liturgica; vi ho dato tre encicliche che sono alla radice dell’unità stessa della Chiesa nella fede professata da Pietro, vi ho dato la Sacramentum Caritatis nella quale ci sono le indicazioni per riformare la liturgia nelle parrocchie ma l’avete disattesa; vi ho dato il Motu Proprio  Summorum Pontificum nel quale ordino che anche la Messa nella forma straordinaria trovi posto nelle parrocchie ma avete quasi ignorato questa richiesta; nel Messaggio per la Pace ho parlato di Satana e della sua menzogna, ho parlato di come si può raggiungere la vera pace e voi continuate a non ascoltare questi insegnamenti; vi ho spiegato come debba essere il sano ecumenismo, ve l’ho dimostrato mettendovi in guardia dal sincretismo religioso, ma voi avete trasgredito….

E potremmo continuare questo lungo l’elenco.

Non si tratta di aver abbandonato perché i più non hanno ascoltato. Il Papa sembra dire: “è meglio che ora vi lasci al vero Capo, meglio per tutti che ora venga il Consolatore…”.

IL PAPA NON HA MESSO SE STESSO AL POSTO DI DIO: ECCO COSA VUOLE DIRCI

 

La tentazione. Resistergli può comportare scelte dolorose ma vivificanti.

Che il Papa non abbia abbandonato lo si deduce anche dalla catechesi del Mercoledì delle Ceneri. Dice: Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura.

E poi, nella catechesi sulle “tentazioni” di Gesù, ammonisce:

«Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, cioè dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei (…)»

Nella prima tentazione il diavolo propone a Gesù di cambiare una pietra in pane per spegnere la fame. Gesù ribatte che l’uomo vive anche di pane, ma non di solo pane: senza una risposta alla fame di verità, alla fame di Dio, l’uomo non si può salvare (cfr vv. 3-4).

Nella seconda tentazione, il diavolo propone a Gesù la via del potere: lo conduce in alto e gli offre il dominio del mondo; ma non è questa la strada di Dio: Gesù ha ben chiaro che non è il potere mondano che salva il mondo, ma il potere della croce, dell’umiltà, dell’amore (cfr vv. 5-8).

Nella terza tentazione, il diavolo propone a Gesù di gettarsi dal pinnacolo del Tempio di Gerusalemme e farsi salvare da Dio mediante i suoi angeli, di compiere cioè qualcosa di sensazionale per mettere alla prova Dio stesso; ma la risposta è che Dio non è un oggetto a cui imporre le nostre condizioni: è il Signore di tutto (cfr vv. 9-12).

Qual è il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesù? E’ la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e per il proprio successo.

E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo. Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io?

IL “TESTAMENTO” DI BENEDETTO XVI

 

Con grande serenità è arrivato al soglio pontificio e alla stessa maniera lascia: lui sa di aver fatto tutto quello che poteva fare. Al resto ci penserà Dio.

Non ci sembra arduo sostenere che queste domande possano essere il testamento di Papa Benedetto XVI. Un testamento che, come è suo modo di fare, pone domande lasciando alle nostre libere coscienze il compito di metabolizzarle e dare una risposta. Un metodo che esalta la vera libertà di ogni individuo e che viene sollecitata ed aiutata anche dalla risposta che il Papa si sente di dare con tutte le forze che gli sono rimaste:

«Le prove a cui la società attuale sottopone il cristiano, infatti, sono tante, e toccano la vita personale e sociale. Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita.»

Non sembra affatto la catechesi di un pontefice che ha deciso di mollare tutto. Ed infatti egli non sta mollando, ma si è messo da parte: «Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada…»

Sappiamo che Gesù è “rimasto con noi” perché chi vive in Cristo non scompare del tutto, resta con noi e fra noi nella Comunione dei Santi, nella comune fede cattolica, nell’Eucaristia, nel Rosario.

Il Papa ci sta insegnando come si ama la Chiesa, come ci si mette da parte affinché la Verità, cioè Cristo, professata possa avere davvero quella parte di visibilità che spesso oscuriamo con i personali carrierismi, con la “fede del fai da te”, con scelte politiche e ideologiche che, come ha di recente ribadito mons. Bagnasco, ci conducono “vicino al baratro“.

Anche con questa scelta storica, epocale, Papa Benedetto XVI sta insegnando qualcosa di fondamentale che, se appreso bene e lontano dal clamore mediatico, può davvero convertire migliaia di cuori.

Sta a noi fare ben uso della libertà che Dio ci ha donato e che la fede Cattolica ha sempre protetto.

Santo Padre, noi di papalepapale.com ci uniamo al suo cuore affaticato ma talmente grande da contenere davvero tutto il dramma della Chiesa non senza l’autentica speranza verso la quale Lei ci ha sempre indirizzato.

La ringraziamo per questi otto anni di duro lavoro, e nella preghiera, la via prediletta dai Santi, noi continueremo ad essere uniti a Lei. Ci benedica.

Nota

1) http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2013/february/index_it.htm

 



[SM=g1740738]
Caterina63
00lunedì 18 febbraio 2013 15:59

[SM=g1740758] La profezia dimenticata di Ratzinger sul futuro della chiesa

Ad una settimana dal clamoroso annuncio di Benedetto XVI affiora un suo significativo pronunciamento

Marco Bardazzi
Roma

 
Una Chiesa ridimensionata, con molti meno seguaci, costretta ad abbandonare anche buona parte dei luoghi di culto costruiti nei secoli. Una Chiesa cattolica di minoranza, poco influente nella scelte politiche, socialmente irrilevante, umiliata e costretta a “ripartire dalle origini”.

Ma anche una Chiesa che, attraverso questo “enorme sconvolgimento”, ritroverà se stessa e rinascerà “semplificata e più spirituale”. E’ la profezia sul futuro del cristianesimo pronunciata oltre 40 anni fa da un giovane teologo bavarese, Joseph Ratzinger. Riscoprirla oggi aiuta forse a offrire un’ulteriore chiave di lettura per decifrare la rinuncia di Benedetto XVI, perché riconduce il gesto sorprendente di Ratzinger nell’alveo della sua lettura della storia.


La profezia concluse un ciclo di lezioni radiofoniche che l’allora professore di teologia svolse nel 1969, in un momento decisivo della sua vita e della vita della Chiesa. Sono gli anni turbolenti della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, ma anche delle dispute sul Concilio Vaticano II da poco concluso. Ratzinger, uno dei protagonisti del Concilio, aveva lasciato la turbolenta università di Tubinga e si era rifugiato nella più serena Ratisbona.

Come teologo si era trovato isolato, dopo aver rotto con gli amici “progressisti” Küng, Schillebeeckx e Rahner sull’interpretazione del Concilio. E’ in quel periodo che si consolidano per lui nuove amicizie con i teologi Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac, con i quali darà vita a una rivista, “Communio”, che diventa presto la palestra per alcuni giovani sacerdoti “ratzingeriani” oggi cardinali, tutti indicati come possibili successori di Benedetto XVI: Angelo Scola, Christoph Schönborn e Marc Ouellet.

In cinque discorsi radiofonici poco conosciuti – ripubblicati tempo fa dalla Ignatius Press nel volume “Faith and the Future” – il futuro Papa in quel complesso 1969 tracciava la propria visione sul futuro dell’uomo e della Chiesa. E’ soprattutto l’ultima lezione, letta il giorno di Natale ai microfoni della “Hessian Rundfunk”, ad assumere i toni della profezia.



Ratzinger si diceva convinto che la Chiesa stesse vivendo un’epoca analoga a quella successiva all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese. “Siamo a un enorme punto di svolta – spiegava – nell’evoluzione del genere umano. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante”. Il professor Ratzinger paragonava l’era attuale con quella di Papa Pio VI, rapito dalle truppe della Repubblica francese e morto in prigionia nel 1799. La Chiesa si era trovata allora alle prese con una forza che intendeva estinguerla per sempre, aveva visto i propri beni confiscati e gli ordini religiosi dissolti. 


Una condizione non molto diversa, spiegava, potrebbe attendere la Chiesa odierna, minata secondo Ratzinger dalla tentazione di ridurre i preti ad “assistenti sociali” e la propria opera a mera presenza politica. “Dalla crisi odierna – affermava – emergerà una Chiesa che avrà perso molto.

Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza. “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”. 


Quello che Ratzinger delineava era “un processo lungo, ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata”. A quel punto gli uomini scopriranno di abitare un mondo di “indescrivibile solitudine” e avendo perso di vista Dio, “avvertiranno l’orrore della loro povertà”. 


Allora, e solo allora, concludeva Ratzinger, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”.

*******************************

Papa: don Nicola Bux, rinuncia e' sua croce ma indirizza riforma Chiesa

(ASCA) - Napoli, 15 feb

''La decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero petrino non e' una 'discesa dalla croce'. E', piuttosto, il gesto di chi, sull'esempio di Gesu' che spoglio' se stesso, accoglie la croce dell'eta' avanzata, che toglie le forze e rende ancor piu' impotente. Anche cosi' mette in pratica l'essere 'servo dei servi di Dio'''. Don Nicola Bux non ha alcun dubbio sulla corretta interpretazione della scelta di Benedetto XVI che il 28 febbraio lascera' la guida della Chiesa Cattolica. E vede, nel gesto del Papa qualcosa in piu': ''nella rinuncia si puo' intravedere quasi un atto di indirizzo per la Chiesa e il futuro Papa a continuare la riforma della Chiesa''.
A pochi giorni dalla rinuncia di papa Ratzinger, l'Asca ha chiesto al sacerdote amico di Benedetto XVI di esprimere il suo personale pensiero. Dell'arcidiocesi di Bari, Nicola Bux ha studiato e insegnato a Gerusalemme e Roma. Professore di liturgia orientale e di teologia dei sacramenti nella Facolta' Teologica Pugliese, e' consulente della rivista teologica internazionale ''Communio''. Benedetto XVI lo ha nominato perito ai sinodi dei vescovi sull'eucaristia del 2005 e sul Medio Oriente cinque anni dopo.
Teologo, tra i piu' vicini a Benedetto XVI soprattutto in materia liturgica, Don Nicola Bux ha conosciuto Joseph Ratzinger intorno alla meta' degli anni '80, quando l'attuale Pontefice e' giunto a Roma da Monaco di Baviera per svolgere il ruolo di Prefetto della Dottrina della Fede. Racconta Don Bux ''in quel periodo ho partecipato agli Esercizi spirituali che Ratzinger teneva ai sacerdoti di Comunione e Liberazione''.

D. Che cosa l'ha colpita di lui, quali le affinita' intellettuali e teologiche fra di voi?.

R - ''Mi hanno colpito lo spirito di Fede e il realismo; il suo 'realismo' nel guardare la realta' della Chiesa e quella del mondo. Mi hanno colpito queste cose e anche il suo modo di affrontare i problemi in maniera ragionevole e non emotiva, con un sentire che e' ben lontano sia da quello intriso di 'ottimismo romantico' - come lo definisce lo stesso Benedetto XVI - sia dal 'catastrofismo'. Che poi e' il modo con cui un uomo di Fede deve affrontare la vita''.

D. Come interpreta la scelta di rinuncia fatta da Benedetto XVI?.

R. - ''Innanzitutto, per capire il gesto bisogna mettersi nell'ottica della Fede, non in quella mondana, che sempre tende a infeudare anche la Chiesa. Si sono date varie interpretazioni del gesto: dalla desacralizzazione del papato alla rivoluzione del potere ecclesiastico, dalla democratizzazione dell'autorita' alla ferita portata al corpo ecclesiale, persino scambiando la richiesta di perdono per i suoi difetti, con la messa in discussione dell'infallibilita' pontificia... Ma, le rinunce di Benedetto IX, Celestino V e Gregorio XII hanno prodotto tutto cio'? Ratzinger stesso ha approfondito nei suoi studi che il primato petrino ha una struttura martirologica: la responsabilita' del Vescovo di Roma e' assolutamente personale e non si puo' diluire nella collegialita' episcopale, sebbene interagisca sempre con essa. E' mirabile la circostanza del decreto di canonizzazione dei Martiri d'Otranto''.

D. La responsabilita' di cui parla e' connessa alla 'coscienza' cui il Papa ha sempre fatto riferimento specialmente nelle sue battaglie contro il relativismo contemporaneo?.

R. - ''Si'. Responsabilita' intesa in questo senso come la risposta personale al Signore. Esiste un limite invalicabile della coscienza, ed esiste non solo per i credenti ma per tutti gli uomini. Ricorda il Grillo parlante? Pinocchio poteva anche far finta che non ci fosse e infine prenderlo a martellate, ma continuava a parlare. Benedetto XVI ha approfondito questo tema anche richiamando 'L'elogio della coscienza' del Beato John Henry Newman, che nella lettera al duca di Norfolk propone un brindisi alla coscienza e al Papa.
Il ministero petrino in fin dei conti e' l'emergenza ultima dell'appello alla coscienza di ogni uomo.
Nel discorso in latino pronunciato per annunciare al mondo la sua decisione, il Santo Padre dice chiaramente: 'ho interrogato ripetutamente la mia coscienza davanti a Dio'.
Rispetto al relativismo contemporaneo che riduce la coscienza al fare quel che si vuole, per noi e' la capacita' di distinguere fra bene e male, fra vero e falso. E' la 'voce di Dio'. L'unico baluardo per preservare la dignita' dell'uomo nel rapporto con il mondo''.

D. Il Papa si e' interrogato a lungo e, dunque, con grande sofferenza spirituale. Per questo lei parla di ''struttura martirologica del primato petrino''?.

R. - ''Si'. Il ministero petrino ha in se' una struttura martirologica che permette di interrogarsi continuamente, in coscienza, se quello che si e' e quello che si fa siano adeguati a quanto e' insito del ministero di Pontefice Romano. Un tale lavoro quotidiano puo' diventare martirio.
Questo e' il vero 'martirio'. Sia chiaro, il compito di interrogarsi e' di ogni essere umano. Anche il padre di famiglia deve chiedere a se' stesso se si comporta bene per il bene dei suoi cari. Si immagini cosa vuol dire cio' per un Successore di Pietro! E poi c'e' una cosa di cui bisogna rendersi conto...''.

D. Quale?

R. - ''Credo fermamente che quel che conta nel realismo di questo Papa sia il non considerare come personale proprieta' il ministero, ma intenderlo come 'servizio' a cui e' stato chiamato, per il quale si ritiene 'servo inutile' cosi' come ha detto lo stesso Gesu'. Cio' che conta e' la successione apostolica sempre garantita dallo Spirito Santo.
Il Papa, ogni Papa, e' un 'anello' nella 'catena' della successione apostolica, da Pietro alla fine dei tempi, quando il Signore vorra'. Tenendo presente questo, allora si comprende molto bene che sulla successione vegli costantemente il Signore''.

D. Il Papa e' anziano, il fisico provato. Quanto possono aver inciso le sue condizioni fisiche sulla scelta fatta?.

R. - ''Hanno inciso. E' vero che il benessere fisico non e' mai stato un criterio di governo della Chiesa. Ce lo ha mostrato Giovanni Paolo II. Ma con il venir meno della salute diminuiscono le capacita' di governo della Chiesa che, pur essendo compito del Papa, verrebbe esercitata da altri a lui prossimi. Se il Santo Padre avesse ragionato cosi' sarebbe venuto meno quel realismo di cui e' sempre stato capace''.

D. Lei vuol dire che l'interrogare la propria coscienza davanti a Dio e' stato un modo di chiedersi se e quanto fosse in grado di governare ancora la Chiesa in modo adeguato, soprattutto rispetto al relativismo che Benedetto XVI ha combattuto?.

R. - ''Il relativismo ha generato una grande confusione, anche nella Chiesa a livello di dottrina e di pastorale.
Secondo me la rinuncia del Papa potrebbe essere intesa come un atto di governo, un invito a riflettere sulle divisioni, come ha accennato nell'omelia del Mercoledi' delle Ceneri, e sulla confusione provocata da idee non cattoliche nella teologia. Ha fatto, si direbbe, un passo indietro. Un passo indietro compiuto affinche' la Chiesa possa fare due passi in avanti''.

D. In sostanza ha pensato al bene della Chiesa, come d'altronde ha detto lunedi' scorso, e non a se stesso.

R. - ''Rimanere nascosto al mondo, come il Signore dopo l'Ascensione, e' il modo per essere ancora piu' presente alla Chiesa. Lui e' e rimarra' Benedetto XVI nella storia della Chiesa, pur avendo rinunciato ad esercitarne il munus fino alla morte''.

D. In molti, a cominciare da persone vicine a Karol Woityla, hanno letto questa rinuncia come una 'discesa dalla Croce'.

R. - ''Lei ha visto la foto che ha fatto il giro del mondo? Quella della cupola di San Pietro con il fulmine? Si e' detto addirittura che quello era un segno di collera divina per l'atto del Santo Padre. E se lo si interpretasse come un segno diretto a tutti noi? Cosi' come il terremoto e il buio sul Golgota non erano diretti al Figlio di Dio ma agli uomini che non lo avevano riconosciuto come tale''.

D. Cosa intende per riforma della Chiesa?.

R. - ''Il concetto di riforma non va inteso nell'accezione protestante oppure politica ma in quella etimologica di 'ridare forma', rimettere in forma. Oggi questo vuol dire correggere nella Chiesa le deformazioni della liturgia che, come il Santo Padre piu' volte ha osservato, sono giunte al limite del sopportabile; cosi' pure a livello morale... e in questo senso il gesto del Papa e' un atto di efficace ammonimento''.

D. Governare oggi la Chiesa Cattolica vuol dire...?.

R. - ''Vuol dire superare le divisioni interne provocate soprattutto dai conflitti, anche virulenti, su interpretazioni post conciliari del Vaticano II. Benedetto XVI ha lanciato messaggi precisi in direzione della continuita' nel rapporto fra tradizione e innovazione, un messaggio che non puo' essere in alcun modo disatteso.
L'appello ai cattolici e' di serrare i ranghi per superare unilateralita' e faziosita'''.

D. Benedetto XVI si e' speso molto per l'unita' della chiesa.
Ha revocato la scomunica alla Fraternita' San Pio X, fondata da Monsignor Marcel Lefebvre, che pero' non e' stata riammessa a pieno titolo nella Chiesa romana.

R. - ''Bisogna continuare su questa strada. Anche in questo il Santo Padre e' stato molto, molto paziente nel cercare l'unita': meta che si costruisce giorno per giorno. E' stato e rimane un esempio di carita' paziente verso tutti, come dice l'Apostolo, e per il futuro Papa. Finche' non si formi un solo ovile sotto un solo pastore''.

D. Chi pensa che possa essere il suo successore? Sara' un Papa italiano? Africano?.

R. - ''Non mi sento di fare alcuna previsione. Quel che e' certo e' che, come lo stesso Ratzinger ha indicato, sara' persona dotata di energia nel portare avanti la barca di Pietro. Un'energia non solo fisica e psicologica ma spirituale che viene dalla Fede. Io credo sia poco importante chiedersi chi verra' dopo di lui. Nel Conclave c'e' sempre qualcosa che va al di la' delle previsioni umane. Se i cardinali si lasceranno guidare dalla fede, lo Spirito Santo fara' la scelta piu' adeguata. Il Papa non e' il 'padrone' della Chiesa ma colui che in prima persona deve rendere conto a Gesu' Cristo del bene della Chiesa intera''.

D. C'e' chi ha detto che la rinuncia del Pontefice sia stata un gesto di umilta'.

R. - ''Bisogna intendere 'umilta'' nel senso etimologico del termine che viene da humus, terra. Umile e' colui che e' ben ancorato alla terra, insomma, un realista. Siamo tutti chiamati ad essere umili. Nella fase finale di molti pontificati, e' stata diffusa la mormorazione: il Papa non governa piu', lo fa il suo entourage... Ecco, Benedetto XVI quando si e' accorto di non poter piu' esercitare il ministero di Supremo Pastore della Chiesa universale ha rinunciato in piena coscienza e liberta' per il bene della Chiesa cattolica''.

fonte: Asca



[SM=g1740771]
Caterina63
00mercoledì 20 febbraio 2013 11:12
[SM=g1740733] MEGLIO TARDI CHE MAI!!!
Per il giorno 28 arriva il Mea Culpa dei Vescovi e Cardinali al Pontefice ? chissà......

I vescovi tedeschi chiedono perdono al Papa. I cardinali pronuncino solenne mea culpa il 28 febbraio (R.)

 


L'arcivescovo presidente della Conferenza episcopale tedesca sul pontificato di Benedetto XVI

Verità chiarezza e misericordia


di Robert Zollitsch


In un certo senso tutta la Germania è stata partecipe dell'onore che toccò in sorte al cardinale Joseph Ratzinger, quando il 19 aprile 2005 i cardinali riuniti in conclave lo elessero vescovo di Roma e successore di Pietro. «Siamo Papa» si sentì dire in un misto di orgoglio e di gioia. Oggi, otto anni dopo, prevale il senso di profondo rispetto e riconoscenza, al quale però si mescola anche una certa malinconia. Un commiato è sempre doloroso, soprattutto quando si tratta di una persona conosciuta e stimata.

Papa Benedetto XVI ha lottato durante tutta la sua vita per cercare di penetrare nell'inafferrabile mistero di Dio. In grande umiltà vuole avvicinarsi a Dio e farsi svelare con tutti i sensi da Lui stesso chi è Dio e che cosa Dio vuole per gli uomini. Con la preghiera e nella celebrazione dei sacramenti, ma anche con i mezzi propri dell'uomo, quelli della ragione, e nella sempre nuova penetrazione della Sacra Scrittura, della dottrina dei Padri e delle regole della Chiesa, la sua vita è tutta dedicata all'avvicinamento a Dio.
Questa scelta fondamentale della sua vita segna il nostro Santo Padre in un modo così trasparente che tutti ne stimano l'autorità spirituale e intellettuale. Lo fa perfino la maggior parte di coloro che, a causa di singole decisioni o modi di vedere, non possono o non vogliono capirlo. Pertanto faremmo bene a vedere nella sua decisione di deporre tra qualche giorno la carica episcopale ciò che essa vuole essere: espressione di una vita di credente, che è ben consapevole di due cose: che conosce la dignità dell'uomo -- la quale consiste nel testimoniare Dio in questo mondo, sostenuto dal mandato della Chiesa -- ma che conosce anche la finitezza dell'uomo, che lo porta a riconoscere gli stretti limiti delle proprie forze e infine a vivere con la fiducia che è Dio, e non l'uomo, colui da cui dipende la riuscita.

Durante la sua visita in Germania di due anni fa, il Santo Padre ha ripetutamente affermato che la Chiesa attinge l'acqua della sua vitalità dalle proprie sorgenti trascendenti divine e non pesca nel torbido di un uso ingenuo e a rischio di delusioni delle forze di questo mondo. Ha particolarmente insistito sul giusto rapporto della Chiesa con il mondo nel suo discorso programmatico nella nostra Konzerthaus a Friburgo. Oggi sappiamo meglio di allora che egli voleva far risaltare il giusto e importante messaggio della sua vita: attingete alle sorgenti della salvezza e non accettate la salvezza da nessun altro che dal Signore.

In realtà questo messaggio ha caratterizzato i suoi discorsi e il suo comportamento durante tutto il periodo del suo pontificato. La concezione dell'uomo viene definita dalla fede in Dio e Benedetto XVI ha avuto una concezione dell'uomo molto positiva durante tutta la sua vita; l'uomo infatti rispecchia Dio, in quanto fatto a sua immagine, ed è stato redento e ricondotto vicino a Dio grazie a nostro Signore Gesù Cristo. Sono in particolar modo le forze estetiche e la ragione a caratterizzare l'uomo e Papa Benedetto XVI aggiungerebbe: la sua capacità d'amore.

Per questo motivo è stato con tutto il cuore teologo: un uomo che vorrebbe comprendere e mettere in evidenza l'autorivelazione di Dio. Tutti noi ci siamo fatti guidare e prendere per mano dalla forza di persuasione e dell'espressione del-l'opera di Joseph Ratzinger, l'ultima volta in occasione dell'ultimo Natale, quando a conclusione della sua trilogia su Gesù ci ha regalato il prologo sulla storia dell'infanzia di Gesù.

Sono certo che l'alta opinione che il Santo Padre nutre nei confronti dell'uomo ha il suo fondamento nelle esperienze della sua casa paterna e nella vita religiosa del giovane Joseph Ratzinger.

La sicurezza affettiva in uno spazio d'amore fa maturare in lui le convinzioni basilari della sua vita. Con altrettanta chiarezza Papa Benedetto XVI avverte anche ciò che è mortificante nella cattiveria e nel fallimento dell'uomo. Non che lui si limiti a condannare e a denunciare con freddezza sviluppi tragici e dolorosi nell'uomo e nella società. È andato a visitare in prigione chi in passato era stato uno dei suoi più stretti collaboratori. Ma ha voluto esprimere con chiarezza le sue valutazioni riguardo alla superficialità e alle deformazioni di una società che si separa dalle sue radici cristiane, così come sul fallimento di coloro che non lavorano per la riconciliazione e la pace giusta, ma che lasciano corso alla violenza nelle sue molteplici forme. No, Papa Benedetto XVI non ha voluto rinunciare a chiamare con il loro nome le forze distruttrici e ostili alla vita del mondo e degli uomini.

Tutto ciò però nello spirito della sincerità e dell'autocritica. Nessuno come lui ha espresso apertamente il fatto che la Chiesa è fallibile e sottoposta a tentazioni. Con onestà ha parlato delle terribili, permanenti ferite, che sacerdoti e altri rappresentanti della Chiesa hanno inferto a giovani umiliandoli con atti di violenza sessuale. A Roma e nei suoi molti viaggi ha trovato chiare parole di condanna degli abusi sessuali e alle parole ha fatto seguire anche i fatti, incontrandosi con le vittime.

Se Papa Benedetto XVI, con la libertà che viene dalla fede, ha parlato apertamente di aspetti distruttivi e falsi della società e della vita religiosa, non lo ha mai fatto a voce alta e tanto meno con presunzione. Egli voleva -- lo ha detto ripetutamente -- essere «un umile operaio nella vigna del Signore» e uno che conosce la meravigliosa forza della misericordia.
Anche la forza della compassione, per la quale ricordiamo quale esempio le belle parole pronunciate durante l'incontro delle famiglie a Milano nel 2012, quando raccontò di come lo tormentasse il fatto che nella società moderna la vita familiare fosse diventata così fragile e difficile e che la Chiesa deve essere vicina a tutte le vittime di queste situazioni come a fratelli e sorelle. Verità, chiarezza e misericordia sono le tre colonne del pensiero e del comportamento che ci restano particolarmente impresse da questo Pontificato che sta per terminare.

Quanto può essere infinitamente difficile esercitare la compassione lo ha dovuto recentemente provare Benedetto XVI stesso quando venne ingannato da persone nella stretta cerchia dei suoi collaboratori: non gli fu concesso neppure questo importante spazio di protezione e di personale intimità.

Il Santo Padre è riuscito anche a porre accenti politici, innanzitutto in occasione dei suoi viaggi. Quali esempi vorrei citare solo i viaggi in Polonia dove lui, il Papa tedesco, ha visitato il campo di concentramento di Auschwitz, o i soggiorni nel Vicino Oriente, specialmente in Israele e Palestina o anche negli Stati Uniti d'America e in Australia.
Ma anche in relazione all'avvicinamento ecumenico delle Chiese e delle comunità il Santo Padre non ha fatto mancare passi e iniziative coraggiose. Ciò vale soprattutto per le Chiese ortodosse, soprattutto della Russia. Il Papa è andato incontro alle grandi religioni, che gliene sono state grate, soprattutto gli ebrei e il mondo dell'islam.

Non tutto è andato bene a Papa Benedetto XVI. È stato criticato e naturalmente non poteva soddisfare le numerosissime aspettative, l'una dipendente dall'altra, di tante persone in tutto il mondo. Dirlo è una cosa ovvia e parte della sincerità che Papa Benedetto XVI desidera e pratica. Nel gesto dell'avvicinamento alla Fraternità sacerdotale San Pio X, ad esempio, ha investito molte energie, ma non ha raggiunto lo scopo. È esposto alla loro incomprensione come alla delusione di altri sull'altra sponda dello spettro religioso, che si aspettavano determinate riforme nella Chiesa.

Papa Benedetto XVI ne ha sofferto molto, pur portando avanti il suo servizio con fermezza e costanza, sapendo che lavora su mandato di un Altro, di Uno più grande. Sul modello di Cristo ha quindi sopportato anche ostilità e ingiustizia. Nel suo discorso di Roma, all'inizio della settimana, il Papa ha chiesto perdono per tutti i suoi errori.

Nella mia qualità di presidente della nostra Conferenza episcopale vorrei invece chiedergli perdono per tutti gli errori che forse sono stati fatti nei suoi confronti dalla Chiesa in Germania.

Mi faccio soprattutto portavoce dei molti milioni di persone in Germania e di tutti i credenti che sentono una grande gratitudine per il suo servizio, che si sentono spiritualmente nutriti e sostenuti nei loro sforzi di fede, che hanno visto il suo servizio come quello di un buon pastore e costruttore di ponti. Con grande forza vorrei dire anche grazie per il fatto che il nostro Santo Padre ha alimentato la nostra gioia di essere cattolici e di trovare nella Chiesa una patria che non ci possono togliere né la morte né nessuna potenza di questo mondo.

(©L'Osservatore Romano 20 febbraio 2013)


Stona quel "forse". [SM=g1740721] La richiesta di perdono deve essere fatto senza se, senza ma e senza forse.

Apprezzo comunque il gesto significativo dei vescovi tedeschi. Non mi sembra che altri episcopati abbiano avuto la stessa delicatezza.
Sarebbe bellissimo se il 28 febbraio, in occasione dell'ultimo incontro del Papa con i cardinali, questi ultimi pronunciassero un solenne "mea culpa" nei confronti del Santo Padre.
Di motivazioni ce ne sono a volonta'.
Sarebbe un gesto di distensione anche verso i fedeli perche' consentirebbe a noi tutti di guardare con piu' benevolenza al collegio cardinalizio.
R.



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[SM=g1740722]  e aggiungo:

il MEA CULPA è diventato una specie di camomilla della coscienza da quando hanno IMPOSTO alla Chiesa di chiedere perdono perchè in passato HA DIFESO LA DOTTRINA…. rileggiamo il documento nel quale l’allora cardinale Ratzinger correggeva le false interpretazioni al mea culpa di GPII per il Giubileo….
Un mea culpa, l’ennesimo, pretende DI IMPORRE oggi il cardinale Kock per FESTEGGIARE Lutero nel 2017 dimenticando che in quell’anno cade IL CENTENARIO DELLA MADONNA DI FATIMA che ha difeso dal Cielo la FEDE CATTOLICA e la sua dottrina….

Me lo ero chiesto dopo l’11 Febbraio: tutti che giustificano le dimissioni del Papa con “atto coraggioso, umile, sofferto” ma nessuno che ha detto, tra i prelati: “CI PERDONI SANTO PADRE….”
ora le scuse vengono, meglio tardi che mai!! se non altro per insegnare davvero qualcosa al gregge DISPERSO E CONFUSO…. e che aveva come punto di riferimento SOLO IL PAPA….
luce e faro in questa valle di imbrogli, inciuci, carrierismo, strapotere…..

C’è una profezia che parla dei TRE GIORNI DI BUIO SULLA TERRA….
leggendo accennare al Venerdì Santo, mi viene in mente che potrebbero essere questi i tre giorni della profezia…. il buio è pesto e risplendono solo le candele accese dal MAGISTERO DI BENEDETTO XVI….
basta sfogliare i siti diocesani per capire che ancora una volta, il messaggio per la Quaresima e le prime catechesi di quest’anno portano la sola firma di un umile pastore della vigna: Joseph Ratzinger, Sommo Pontefice Benedetto XVI….

[SM=g1740733]


ladymira
00giovedì 21 febbraio 2013 14:26
Può darsi , le profezie vanno anche interpretate
Caterina63
00giovedì 21 febbraio 2013 14:28

[SM=g1740758] La Gran Rinuncia. E se fosse stato un martirio bianco?

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LA GRAN RINUNCIA

E SE FOSSE STATO UN MARTIRIO BIANCO?

 

Ecco allora la mia lettura positiva che sintetizzo sul finire racchiudendola in una domanda alla quale non ho però risposta da dare: può essere che Benedetto XVI, ritrovatosi nella condizione storica ed ecclesiale che non consentiva a lui di agire, abbia compiuto un gesto di autentico eroismo e di vero e proprio martirio bianco, togliendo dalla scena se stesso affinché in tal modo  — e solo in questo modo — fossero azzerate tutte le cariche e quindi tolti di scena anche tutti gli altri?

 

Ariel S. Levi di Gualdo

Sull’atto di rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI non sono in grado di dare una risposta ma solo di avanzare ipotesi. Anzitutto vorrei usare le parole giuste, cosa che non hanno fatto Padre Federico Lombardi e l’iper presenzialista S.E. Rino Fisichella presidente del pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, dissertando un paio di giorni fa sulla televisione di stato italiana nella prestigiosa, ambita e seguita sacrestia di “Sua Eminenza Monsignor” Bruno Vespa su Rai 1, nella quale molti sono entrati vescovi e ne sono usciti cardinali, fatta eccezione per S.E. Rino Fisichella e pochi altri. Se poi vogliamo dire due parole particolari a Padre Federico Lombardi portavoce ufficiale della sala stampa vaticana, presente alla tavola rotonda di uno speciale sul secondo canale della televisione italiana [12.02.13, ore 22.30], l’appunto pertinente è questo: non una sola volta ha nominato Dio Padre, né il Figlio né lo Spirito Santo. L’unico che ha nominato Dio Padre e il Figlio che è Dio, è stato il giornalista cattolico Andrea Tornielli, che per quanto sia un giovane uomo di cultura e un noto scrittore, di formazione non è teologo, soprattutto non è uno zelante gesuita, solo un battezzato che crede veramente nella Chiesa una santa cattolica e apostolica e che come tale professa un solo battesimo per la remissione dei peccati, la vita del mondo che verrà, amen!

Detto questo posso solo ribadire ciò che lamento da anni: da mezzo secolo a questa parte stiamo creando una Chiesa del tutto nuova. Una Chiesa infarcita di troppi “ismi” fuorché di cristocentrismi.

Al Romano Pontefice Vescovo di Roma non si può applicare — perlomeno ecclesialmente parlando — il termine di “dimissioni”, per non parlare del concetto di “papa emerito” che di per sé è aberrante, specie se affiora sulle bocche cinetelevisive di certi alti prelati a la page. Il Romano Pontefice non si dimette, può fare libera e spontanea rinuncia al ministero petrino come successore del Principe degli Apostoli. Cosa questa che comporta un altro atto, essendo il Santo Padre anche un monarca che governa lo Stato del Vaticano in relazioni diplomatiche con decine di Stati sovrani: un atto di abdicazione da quello che una volta si chiamava “potere temporale”.

Se il Santo Padre decide di fare atto di rinuncia, il suo atto è suggellato e basta, perché nessuno deve né ricevere né accettare questo atto che nasce, trova applicazione e si esaurisce tutto nella sua insindacabile persona non soggetta, come recita il Codice di Diritto Canonico, ad alcun giudizio umano [cf. C.I.C. can. 1404 e 1629]. A quel punto il Sommo Pontefice Benedetto XVI viene affidato alla storia, il suo pontificato finisce e in un certo qual senso muore come Romano Pontefice, a rimanere in vita sarà solo Joseph Aloysius Ratzinger.

In questo caso del tutto eccezionale non stiamo assistendo alla fine di un pontificato per morte naturale del Romano Pontefice ma per una “morte ecclesiale” sancita dal suo libero, insindacabile e indiscutibile atto di rinuncia al ministero petrino. Pertanto Benedetto XVI non diventa affatto “papa emerito”, come hanno folleggiato certi giornalisti e ahimè certi ecclesiastici corsi subito a pontificare dinanzi alle telecamere di mezzo mondo. Torna a essere il Card. Joseph Aloysius Ratzinger, Vescovo emerito di Roma. Ma v’è più ancora — benché nessuno abbia toccato questo tasto — come vescovo e come cardinale egli dovrà professare obbedienza usque ad effusionem sanguinis al suo successore e, come vescovo e come cardinale, egli dovrà dipendere in tutto e per tutto dall’autorità apostolica del suo legittimo successore al Soglio di Pietro.

Altro che … “papa emerito”!

SE CHI È NATO ROTONDO NON PUÒ D’IMPROVVISO

DIVENTARE QUADRATO, SPECIE A 78 ANNI: CHI È CHE 

HA GOVERNATO LA CHIESA? 

Ho cominciato affermando di non essere in grado di dare una risposta ma solo di avanzare delle ipotesi”.

Ammetto che nel corso di questi anni ho fatto più volte delicato riferimento con parole e scritti in qual modo quest’uomo di profonda dottrina, di sana teologia e di alto magistero, per sua intima e insita natura non fosse però un uomo di governo. Il problema di fondo possiamo riassumerlo con un proverbio della saggezza popolare italiana: “Chi è nato rotondo non può d’improvviso diventare quadrato”, tanto meno a 78 anni; e se proprio ci prova, o se è obbligato a provarci, finirà prima o poi per fuggire a se stesso.

Benedetto XVI è stato sempre uno studioso, mai un uomo di governo. Non lo fu quando venne eletto Arcivescovo di Monaco di Baviera, rimanendo per breve tempo su quella cattedra episcopale e sempre seguitando a fare lo studioso, mentre la diocesi era governata dai suoi vescovi ausiliari. Non lo fu quando Giovanni Paolo II, con non poca lungimiranza, lo volle prefetto della Dottrina della Fede, dicastero presso il quale ha svolto in tanti anni molte opere mirabili, ricomposto tante fratture ed evitato molte pericolose deviazioni dalla dottrina cattolica, ma sempre operando come teologo e studioso. A governare il dicastero sotto la sua prefettura hanno provveduto gli arcivescovi-segretari che si sono succeduti nel corso del tempo. Eletto al Soglio di Pietro alle porte degli ottant’anni ha continuato in modo coerente a fare ciò che ha fatto per tutta la vita: il teologo e lo studioso a servizio della Chiesa e delle verità di fede da essa annunciate. Che non è poca cosa, in una stagione ecclesiale di simile decadenza nella quale stiamo assistendo da mezzo secolo a pericolose forme di strisciante o di aperta apostasia, che hanno infettato interi arti del Corpo della Chiesa, nella stagione di quello che amo definire come il post concilio egomenico dei teologi che hanno sostituito a quello della Chiesa il magistero di se stessi.

La domanda che potrebbe sorgere è: chi governa la Chiesa? Ce lo siamo già chiesti in un recente passato nel corso degli ultimi anni di vita di Giovanni Paolo II e ancora non abbiamo avuto il coraggio di dare una chiara risposta.

LA CHIESA DI QUESTI TEMPI APPARE COME UN CORPO

DISARTICOLATO CHE SI AGITA SENZA UN CAPO CHE LA COMANDA

Più volte ho lamentato in pubblico ciò che da anni diversi prelati in carriera affermano solo nei salotti, onde evitare intralci alle loro ambiziose ascese. Cosa questa che demarca la netta differenza che corre tra i testimoni della fede e i pettegoli da salotto alto prelatizio, quelli che passano le notizie a quei quattro disperati che fanno i giornalisti vaticanisti, tanto per intendersi; e che ormai sono ridotti al gossip in bilico tra i rotocalchi popolari e i celebri libri gialli di Agatha Christie, dove sovente ci si è chiesti “l’assassino è il maggiordomo?”, ma in verità non era mai lui, benché si tentasse di usarlo come capro espiatorio. Ringraziando Dio, io che non ho da fare alcuna carriera e che devo essere come prete nessuno a servizio di tutti, del Sommo Pontefice ho sempre parlato e scritto con profonda amorevolezza e venerazione, soprattutto quando ho sollevato scomodi quesiti dolorosi. Non ho mai temuto a lamentare quanto la Chiesa apparisse sempre più come un corpo disarticolato composto di membra impazzite che si agitavano senza un capo che ne comandasse i movimenti. Oltre al fatto che — come scrivo in un passo di un mio nuovo libro di imminente uscita — «Non è tollerabile che all’interno della Chiesa siano stati elevati troni che spesso sovrastano e non di rado cercano persino di schiacciare la Cattedra di Pietro».

Il pontificato di Benedetto XVI è stato caratterizzato da uno splendido magistero contraddetto nei fatti dalle nomine più incredibili fatte sia nelle diocesi periferiche sia negli uffici più delicati della curia romana, a sovrintendere i quali vi sono spesso figure di rozza mediocrità, nel migliore dei casi, che costituiscono una palese negazione del magistero e della oculata teologia del Sommo Pontefice.

GIANFRANCO RAVASI COSTITUISCE L’ANTITESI ALLA TEOLOGIA

DI BENEDETTO XVI CHE LO HA FATTO PRIMA VESCOVO E POI CARDINALE

In una mia pubblicazione ho duramente contestato il “ravasipensiero” — non certo la cortese persona in sé — dimostrando in che modo il Card. Gianfranco Ravasi abbia smentito il Santo Padre persino nella prefazione da lui scritta al libro illustrato su Gesù di Nazareth, pubblicato dal Sommo Pontefice nel 2008 [Cf. E Satana si fece Trino, Bonanno 2011. Cap. I Par. XX: “Da Rudolph Bultmann a Gianfranco Ravasi”, pag. 118].

L’uomo che da cardinale e prefetto della dottrina della fede cercò di correre ai ripari pubblicando per volontà del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II la Dominus Jesus, si è presto trovato imprigionato dentro la sua stessa casa tra teologi modernisti, agnostici e ariani mal celati. Scrissi anni addietro che il Santo Padre, dopo aver osato affermare che dentro la Chiesa c’era tanta sporcizia, lasciando in tal modo sottintendere che era giunto il momento di spazzarla via, per tutta risposta si è visto sparire di sotto gli occhi anche il ricordo stesso di una scopa in tutta quanta la Città del Vaticano.

Quando domani studieremo questo pontificato, in che modo riusciremo a racchiudere entro i limiti dell’apostolica coerenza il fatto che proprio un attento teologo e uno strenuo difensore della fede come Benedetto XVI, abbia consacrato prima vescovo e poi elevato alla dignità cardinalizia Giafranco Ravasi, che incarna e a suo modo totalizza la negazione della attenta e ortodossa teologia che ha caratterizzato questo pontificato? Per seguire con l’ardito teologo Bruno Forte, responsabile della dottrina della fede della conferenza Episcopale Italiana e via dicendo ..?

In documenti, omelie e locuzione varie Benedetto XVI ha tuonato ripetutamente contro la piaga purulenta del carrierismo, consacrando però egli stesso vescovi con le sue venerabile mani apostoliche alcuni dei carrieristi peggiori, firmando i loro decreti di nomina a importati uffici della curia romana e deponendo infine sulle teste di diversi di costoro la berretta cardinalizia.

Dinanzi a questi fatti e atti pubblici è bene forse sospendere misericordiosamente ogni facile giudizio, ma domani, gli storici che studieranno questo pontificato, quali somme tireranno?

CON UN GESTO IL CARDINALE ANGELO SODANO PARE QUASI  

ABBIA VOLUTO DIRE: «ALLA FINE SEI TU, VECCHIO MIO, CHE

TE NE VAI, IO INVECE RESTO» E COME DECANO DEL COLLEGIO

CARDINALIZIO GOVERNERò IL TUO INTERREGNO…  

Visto poi che viviamo nel mondo dell’immagine, vorrei rifarmi a un documento filmato che ha fatto il giro del mondo e che costituisce una prova evidente e non passibile di smentita. Dopo che il Sommo Pontefice, dinanzi ai Padri Cardinali riuniti l’11 febbraio ha letto il documento ufficiale nel quale annunciava la sua rinuncia al ministero petrino, al termine di questa storica locuzione abbiamo assistito a questa sequenza: il Card. Angelo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio (che perlomeno oggi non si chiama più “sacro”, grazie a Dio!), pronunciate due parole di circostanza è andato dinanzi alla cattedra del Santo Padre senza togliersi lo zucchetto di testa, senza accennare una genuflessione, senza baciargli la mano destra e, quasi battendogli due pacche con le mani sulle spalle, lo ha abbracciato.

I trascorsi di quest’uomo quand’era Segretario di Stato di Sua Santità Giovanni Paolo II oggi sono storia. Per esempio: cosa accadde quando l’allora Card. Joseph Ratzinger prefetto della dottrina della fede decise di procedere contro personaggi oscuri e artefici di condotte che di lì a breve sarebbero esplose come bombe a orologeria, seminando sconcerto e scandali immani? Basti pensare al solo caso del fondatore dei Legionari di Cristo indagato dalla Congregazione per la dottrina della fede, alla quale i procedimenti in corso furono prontamente tolti e avocati a sé dalla segreteria di Stato, che mise a tacere il tutto.

Il 20 dicembre 2008, ordinando sacerdoti 49 legionari di Cristo nella Basilica di San Paolo fuori le mura, incurante dei procedimenti della Santa Sede e della condanna del discusso fondatore di questa congregazione voluta e approvata da Benedetto XVI, in aperta sfida al Santo Padre che de facto aveva sospeso a divinis questo oscuro personaggio nel 2006, menzionando nella sua omelia Giovanni Paolo II e Marcial Maciel, il Card. Sodano usò le stesse identiche parole di lusinghiero apprezzamento per l’uno e per l’altro. Che equivale a dire: io posso tutto, sopra a tutto e al di sopra di tutto, Romano Pontefice e sue decisioni incluse.

Quell’abbraccio dato a quel modo in un momento storico di siffatta portata, senza scoprirsi il capo, senza genuflettersi, senza baciare la mano a Benedetto XVI Successore del Principe degli Apostoli, anzi dando al Romano Pontefice quasi due pacche sulle spalle camuffate da abbraccio, sono gesti che dicono tutto, forse troppo. Nella sua sostanza il gesto potrebbe essere letto a questo modo: alla fine sei tu, mio caro e stanco vecchio, ad andartene via, io invece resto! E come decano del Collegio Cardinalizio, assieme al Camerlengo, governerò l’interregno sino all’elezione del tuo successore.

IL CARDINALE STANISLAW DZIWISZ CHE HA MESSO IN CROCE LA SANTA

SEDE HA OSATO ALLUDERE ABENEDETTO XVI AFFERMANDO CHE «NON

SI SCENDE DALLA CROCE»

Espresse tutte le comprensibile perplessità voglio dare adesso una lettura comunque positiva, o per così dire ottimista della rinuncia del Santo Padre.

Che la situazione ecclesiale sia alla paralisi e la Curia Romana fuori controllo sin dal pontificato di Giovanni Paolo II è un fatto innegabile. Non solo Benedetto XVI si è trovato in un clima di ostilità verso la sua sacra persona, ma di più ancora: si è trovato con una Curia Romana che ha mostrato da subito di remargli contro.

Mentre Paolo VI in anni molto difficili e complessi aveva comunque attorno a sé validi collaboratori, all’interno di una curia che non solo egli conosceva, ma che era fatta a sua propria immagine e somiglianza; a partire da Giovanni Paolo II la situazione è degenerata, toccando l’apice sotto il pontificato di Benedetto XVI.

È pertanto vergognosa la battuta fatta dal Card. Stanisław Dziwisz, segretario particolare di Giovanni Paolo II, colui che col Romano Pontefice già tornato alla Casa del Padre seguitava a far uscire dall’appartamento pontificio decreti di nomina di amici degli amici, il quale dinanzi a questo eccezionale evento storico segnato dalla rinuncia di Benedetto XVI, ha osato affermare che “Dalla croce non si scende”. E va detto che lui – come altri suoi consociati – di croci se ne intende parecchio, visto che sulla croce ci ha messo la povera Sede Apostolica, ridotta oggi nelle condizioni penose che brillano sotto la luce del sole.

E SE BENEDETTO XVI SI FOSSE SACRIFICATO ATTRAVERSO UN

GESTO DI EROISMO SUGGELLATO DAL MARTIRIO BIANCO?

Seguitiamo a leggere positivamente la rinuncia del Romano Pontefice: alle ore 20 e un minuto del 28 febbraio 2013, con l’uscita di Benedetto XVI decadranno automaticamente tutte le cariche della Curia Romana, proprio come quando muore un pontefice. La Costituzione Apostolica Universi dominici gregis stabilisce che alla morte del Romano Pontefice tutti i capi dei dicasteri della Curia decadano dalle loro cariche, a eccezione del cardinale camerlengo di Santa Romana Chiesa, che attualmente è il Card. Tarcisio Bertone, del penitenziere maggiore, che attualmente è il Card. Manuel Monteiro de Castro, del vicario generale per la Diocesi di Roma, che attualmente è il Card. Agostino Vallini. Rimangono in carica anche i sostituti delle due sezioni della Segreteria di Stato che svolgono ruolo di “ministro degli esteri” e di “ministro per gli affari interni”.

Ecco allora la mia lettura positiva che sintetizzo sul finire racchiudendola in una domanda alla quale non ho però risposta da dare: può essere che Benedetto XVI, ritrovatosi nella condizione storica ed ecclesiale che non consentiva a lui di agire, abbia compiuto un gesto di autentico eroismo e di vero e proprio martirio bianco, togliendo dalla scena se stesso affinché in tal modo  — e solo in questo modo — fossero azzerate tutte le cariche e quindi tolti di scena anche tutti gli altri?

Certo, la risposta è che molti di questi altri, pur decadendo dalle loro cariche, tra poco dovranno provvedere a eleggere il nuovo Successore di Pietro …

La risposta a questo arduo quesito potranno darla tra alcuni decenni gli storici della Chiesa, senza nulla togliere, per quanto mi riguarda, alla venerazione che ho sempre portato a questo legittimo successore di Pietro, la pietra angolare sulla quale Cristo edificò, per il presente e per il futuro, la sua Chiesa.

Non cesserò mai di venerare la sacra persona apostolica di Benedetto XVI, perché sotto il suo pontificato sono stato consacrato nel sacro ordine sacerdotale; e sono stato consacrato sacerdote in una sua chiesa metropolitana, perché sua è la Diocesi del Vescovo di Roma, anche se a taluni pare purtroppo che anche questo non sia molto chiaro …

 

APRI IL LINK QUI SOTTO:

DAL LIBRO “E SATANA SI FECE TRINO” PUBBLICATO DA ARIEL S. LEVI di GUALDO ALLA FINE DEL 2011, RIPORTIAMO UN PARAGRAFO DEDICATO AL PONTIFICATO DI BENEDETTO XVI SCRITTO IN TEMPI DAVVERO NON SOSPETTI:



[SM=g1740771]

Caterina63
00martedì 26 febbraio 2013 01:02
[SM=g1740733] Con questo video concludiamo e chiudiamo questo thread..... continuando a stare con Benedetto XVI nella Preghiera specialmente con il Rosario....
Grazie Santo Padre!

Il Movimento Domenicano del Rosario ringrazia Papa Benedetto XVI

Un video semplice ma affettuoso, per riepilogare 8 anni di profondo affetto filiale da parte nostra per un Pontefice davvero grande che ha saputo donarci un ricco e vasto materiale catechetico, apologetico, missionario, devozionale, mariano, ecclesiale, liturgico. Non manca davvero nulla in questo Pontificato benedettiano che non sia per noi occasione di conversione, preghiera, meditazione, studio, attività ecclesiale.
Grazie Benedetto XVI per tutto ciò che hai fatto per noi. Nel Rosario quotidiano nulla ci separerà dall'amore di quel Cristo che Vivo e vero nella Chiesa, hai sempre portato nelle nostre esistenze.
Ti vogliamo bene!!
www.gloria.tv/?media=405518



Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org
info@sulrosario.org





[SM=g1740717]


[SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

Caterina63
00mercoledì 27 febbraio 2013 14:30

[SM=g1740717] L'ultima catechesi di Papa Benedetto:
In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa.
Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo.
Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi...



L’UDIENZA GENERALE, 27.02.2013

L’Udienza Generale di oggi, l’ultima del Pontificato del Santo Padre Benedetto XVI, si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro.
Erano presenti Cardinali e Vescovi, la Curia Romana, il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, i sacerdoti, parroci e seminaristi della diocesi di Roma, i dipendenti vaticani, pellegrini e fedeli provenienti da Roma, dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Il Papa ha tenuto la catechesi in lingua italiana, e, dopo averla riassunta in diverse lingue, ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!

Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale.

Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! E penso che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci dona adesso ancora nell’inverno.

Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo.

Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10).

In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.

Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza.

E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.

Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!

Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile. Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella preghiera, con il cuore di padre.

Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero. E vorrei esprimere la mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il loro importante servizio.

A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce.

Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso. Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!

In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.

Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui.

Il "sempre" è anche un "per sempre" - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.

Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che orrei vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito.

Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.

Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore.
Grazie!























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Caterina63
00giovedì 28 febbraio 2013 15:24
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28.02.2013 14:27

(Benedetto XVI da San Celestino)

 

Rinuncia del Papa e san Gregorio Nazianzeno

Vista la drammatica situazione in cui ci troviamo, e pur non volendo nutrire le voci mediatiche che si pongono contro la scelta del Papa accusandolo quasi di "lesione al ruolo Petrino", oppure all'opposto, di stolti progressisti atti a rivendicare un cambiamento radicale del ruolo di Pietro che possa, con il futuro Pontefice modificare a suo piacimento la dottrina della Chiesa su svariati argomenti, oppure divagando su una serie di artificiosi articoli tendenti ad interpretare l'interpretabile, ci sembra comunque un dovere non tacere e rivolgere a noi stessi e a voi lettori articoli di riflessione lasciando aperta quella porta del Mistero che vede sempre e comunque lo Spirito Santo artefice e guida della Sposa di Cristo.

 

Vogliamo riportare dal sito Orizzonti Cristiani, questo eccellente passo che vogliamo fare nostro:

 

I precedenti in realtà sono abbondanti e molto significativi, ma non tanto nella storia dei papi, quanto nelle biografie dei padri della Chiesa antica. I grandi vescovi e teologi dei primi secoli, cresciuti in un mondo pagano e in uno spirito laico, non avevano certamente remore e sfumature nel parlare del proprio rapporto con le cariche ecclesiastiche, descritte come una tentazione da sfuggire in ogni modo.

Vi era in questo “elogio della fuga” un duplice intento, quello di evitare la tentazione del potere e quello di affermare la superiore dimensione mistica della “fuga mundi”, soprattutto a partire dal diffondersi del monachesimo nel IV secolo.

Potremmo ricordare tanti nomi della Chiesa d’Oriente e d’Occidente, da sant’Atanasio di Alessandria a sant’Agostino di Ippona, ma forse la testimonianza più adatta a comprendere il gesto del papa attuale è quella di san Gregorio Nazianzeno, grandissimo teologo e letterato della seconda metà del IV secolo in Cappadocia, che dopo essersi più volte sottratto alla carica episcopale fu “costretto” ad accettare quella più prestigiosa del tempo, il patriarcato di Costantinopoli.
Con la sua parola, i suoi famosi “discorsi teologici”, riconquistò alla vera fede un popolo quasi interamente traviato dall’eresia ariana, permettendo la celebrazione di uno dei più importanti Concili della storia della Chiesa, il Costantinopolitano I del 381, il cui simbolo di fede si ripete ancora oggi a memoria in tutte le chiese. Queste furono le sue accorate parole, alla fine di quello straordinario servizio alla Chiesa universale:

 

 « Lasciatemi riposare dalle mie lunghe fatiche, abbiate rispetto dei miei capelli bianchi ...

Sono stanco di sentirmi rimproverare la mia condiscendenza, sono stanco di lottare contro i pettegolezzi e contro l'invidia, contro i nemici e contro i nostri. Gli uni mi colpiscono al petto, e fanno un danno minore, perché è facile guardarsi da un nemico che sta di fronte.

Gli altri mi spiano alle spalle e arrecano una sofferenza maggiore, perché il colpo inatteso procura una ferita più grave (...)

Come potrò sopportare questa guerra santa?

Bisogna parlare di guerra santa così come si parla di guerra barbara. Come potrei riunire e conciliare questa gente? Levano gli uni contro gli altri le loro sedi e la loro autorità pastorale e il popolo è diviso in due partiti opposti (...) Ma non è tutto: anche i continenti li hanno raggiunti nel loro dissenso, e così Oriente e Occidente si sono separati in campi avversi” (Discorsi 42, 20-21) ».

 

 Anche Benedetto XVI può a buon diritto essere inserito nella lista dei padri della Chiesa contemporanea. Come Gregorio passò gli ultimi anni della sua vita nel silenzio e nella preghiera, componendo meravigliose poesie, così Joseph Ratzinger pregherà per noi, forse scrivendo testi altrettanto meravigliosi, lodando il Signore con il suo pianoforte e il suo sorriso.

P. Stefano Caprio

 

***

 

Si potrebbe essere pignoli e dire: ma san Nazianzeno non era il Papa e non era Vicario di Cristo, non era il successore di Pietro ..

Questo naturalmente detto fra noi perchè poi le polemiche stanno a zero davanti ai progetti di Dio del quale leggiamo: Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore (Is.55,8), e perché il senso stesso delle parole di san Gregorio Nazianzeno sono davvero le stesse che potrebbe pronunziare Papa Benedetto XVI per il nostro oggi.

Noi crediamo che la legittimazione dell'atto vada cercato anche nel come è mutato il ruolo del Papa da dopo il Concilio.

Prima i Papi non erano soggetti a spostamenti così vertiginosi e continui, non a caso dopo il Concilio di Trento e con la scoperta dell'America, il Papa invia i Nunzi apostolici per sostituirlo, non c'erano le Gmg e non c'era la necessità del Papa di "farsi vedere". Per non parlare di lunghissime Sedi Vacanti, persino due anni senza Pietro.

Con Paolo VI le cose cambiano, vedasi il gesto della Tiara che infatti non è mai stata abolita, ma che da allora lascia al Successore di Pietro la libertà se usarla o meno. Paolo VI "venderà" per altro la "sua" tiara, quella che gli regalarono i milanesi, e non ha mai venduto quelle appartenenti alla Sacrestia pontificia.

Il tarlo di una certa collegialità (tarlo, termine usato da Ratzinger nella presentazione del documento Communionis Notio e che più avanti tratteremmo con un articolo specifico) infiltrandosi cercherà di portare il ruolo petrino alla pari con gli altri vescovi.

Un tarlo che queste dimissioni, questa rinuncia, ripropone da parte di quelli che vogliono vedere nel gesto del Papa solo un marciume in atto a modificare il ruolo petrino.

Certo è che con Paolo VI il ruolo del Pontefice è cambiato, è diventato quasi un ruolo ad personam, un pò complici i Media che strumentalizzano parole e gesti di un pontefice adattandolo alle esigenze laiciste.

Un esempio lo abbiamo avuto con la malattia di Giovanni Paolo II. Egli ebbe il merito e come compito divino-pastorale di radunare i giovani dopo averli tolti dalle piazze ideologiche e partitiche. Il suo Successore, Benedetto XVI, ha avuto il compito di istruire alla vera dottrina questi giovani compiendo così anche una sorta di selezione naturale nella quale ci sono stati anche molti abbandoni dopo la morte del Pontefice.

Ma il Papa all'ultima Udienza del Mercoledì è stato chiaro, per chi vuole ben intendere questo gesto epocale: non è abbandonare la Chiesa.

Il Papa non è un superman come i Media avevano identificato nel suo predecessore.... e quindi è legittimamente suscettibile di rinuncia laddove le sue forze non fossero in grado di tenere il passo con le esigenze che spesso sono proprio mediatiche.

A luglio c'è la GmG e il Papa giustamente è preoccupato: andare o non andare? e in quale stato? in carrozzella attirando su di sè l'attenzione mediatica?

non è da Ratzinger....

Ha capito che sopraggiungendo la dura vecchiaia, i Media avrebbero cominciato a fare le pulci alla sedia a rotelle (non dimentichiamo i commenti acri, acerbi, quando Benedetto XVI salì per la prima volta sulla pedana mobile, catturando le prime pagine dei giornali con commenti davvero diabolici), ad ogni movimento del suo corpo, alla voce sempre più flebile.... una radiografia odiosa che tutti ben ricordiamo con il predecessore, che senza sua colpa il Papa era diventato una sorta di feticcio da adorare perchè malato e quindi DA COMPATIRE.


Noi crediamo che Ratzinger odi quella compassione laicista e mediatica alla quale non vuole offrire la sua vita.

Infine crediamo che Benedetto XVI abbia così lanciato un messaggio forte ai Cardinali: occorre un Papa forte ed energico per far fronte alle derive del mondo e non per compiacerle come certi commenti progressisti hanno avanzato!

Lui in 8 anni ha deposto ben oltre 20 vescovi dalle loro postazioni, l'ultima rinuncia l'ha accolta da O'Bryan....

Ora tocca al nuovo Papa! E noi siamo fiduciosi e crediamo che lo Spirito Santo avrà l'ultima parola allor quando il sacrificio, questo martirio bianco di Papa Benedetto, eleverà al Cielo (insieme al Popolo veramente santo e che solo Dio sa riconoscere come tale), suppliche e preghiere per le quali ci consola sapere dalla parola di Dio che:

"a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati" (Mt.24, 22).

 

***


Maggiori informazioni http://anticlericali-cattolici.webnode.it/news/benedetto-xvi-la-rinuncia-e-san-gregorio-nazianzeno/

ladymira
00martedì 5 marzo 2013 16:49
Re:
preghiamo per  la chiesa in questi giorni

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