Insegnanti di religione: una proposta educativa nell'interesse di tutti

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Caterina63
00venerdì 24 aprile 2009 18:28
Il cardinale Bagnasco e il vescovo Crociata al meeting degli insegnanti di religione

Una proposta educativa
nell'interesse di tutti


Roma, 24. Nell'interesse di tutti. L'insegnamento della religione cattolica nelle scuole non è una minaccia, né un intralcio all'esercizio della laicità, bensì una ricchezza per tutto il Paese, per la cultura, per la convivenza e per l'integrazione. È quanto hanno ribadito il presidente e il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei) - rispettivamente il cardinale Angelo Bagnasco e il vescovo Mariano Crociata - intervenendo al meeting degli insegnanti di religione in corso a Roma.

L'incontro - che avrà sabato 25 aprile il suo momento più significativo con l'udienza di Benedetto XVI - intende favorire una riflessione sul contributo che la Chiesa italiana offre alla formazione delle giovani generazioni proprio attraverso l'insegnamento della religione nelle scuole. Un contributo che, pur rispettoso della libertà di tutti, non intende snaturare o offuscare l'identità cristiana. Concetto, questo, ripreso sin dal titolo del convegno, che trae spunto da un passo paolino:  ""Io non mi vergogno del Vangelo" (Lettera ai Romani, 1, 16). Per una cultura al servizio dell'uomo".

Nella mattina di venerdì 24 l'intervento di monsignor Crociata, per il quale "la tradizione cristiana è il codice culturale imprescindibile del nostro modo di essere qui in Italia e in Occidente". Se dunque si è liberi di rifiutare d'essere cristiani, al contrario "rifiutare di assimilare lo strumento fondamentale per vivere il proprio tempo, il proprio ambiente, è un varco aperto verso l'alienazione e l'autodistruzione, e questo non è un diritto, ma una decisione insensata, i cui effetti non è difficile immaginare e vedere".

In questo senso, ha rilevato Crociata, l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole rappresenta "un interesse di tutti", credenti e non credenti, "un interesse del cittadino" per "poter acquisire gli strumenti per orientarsi nel leggere l'ambiente e nell'interpretare i segni della cultura e della tradizione".

Da parte sua il cardinale Bagnasco - aprendo nel pomeriggio di giovedì 23 i lavoro del convegno - ha sottolineato come la "dimensione religiosa" faccia parte dell'uomo e pertanto non vada intesa come una "sovrapposizione". Anzi, la "confessionalità" dell'ora di religione - questo il concetto espresso dal presidente della Cei - costituisce una "garanzia d'identità, un impegno per un insegnamento che non sia fuori contesto, ma al contrario radicato in una tradizione viva, in costante confronto con la realtà". Ed è questo, ha sottolineato il porporato, "che vogliono le famiglie italiane" come attestato dalle ultime statistiche diffuse dall'Osservatorio socio-religioso del Triveneto, che ha confermato che "il 91,1 per cento degli studenti italiani scelgono l'insegnamento della religione cattolica".

Dopo gli accordi di revisione del Concordato del 1984, l'insegnamento della religione - ha ricordato il cardinale - ha acquisito un "nuovo profilo", cessando di essere "semplicemente un'ora di storia delle religioni", ma diventando l'insegnamento di "quella religione che ha profondamente segnato la cultura italiana ed europea" arrivando a far "parte integrante del patrimonio storico del popolo italiano".

Un insegnamento che dà l'opportunità agli studenti di "interrogarsi su Dio, sull'interpretazione del mondo, sul significato e il valore della vita, sulla dimensione etica dell'agire umano". L'apprendimento degli obiettivi dell'ora di religione, in questa prospettiva, diventa "un obiettivo fondamentale per raggiungere le finalità formative della stessa scuola", postulando la necessità di "un incontro con la religione non solo a livello cognitivo, di informazioni", ma finalizzato ad aiutare gli alunni "a comprendere i valori e i significati che le persone che credono nel Dio di Gesù Cristo manifestano nelle loro scelte di vita".

L'insegnamento della religione cattolica, dunque - ha ricordato Bagnasco - "più che un problema nella laicità dello Stato", è "una risorsa per la scuola", che "realizza con la Chiesa una vera e propria alleanza educativa", ma anche per la società, in quanto capace di "promuovere una mentalità accogliente" e di garantire "una serena convivenza civile nel quadro di una società pluralista".

L'insegnamento della religione, ha precisato il cardinale, "non richiede di per sé che l'alunno aderisca personalmente al credo religioso cristiano, ma che conosca, studi e percepisca il significato dei valori che scaturiscono da questa fede, riconoscendo che si tratta di valori generalmente vissuti e condivisi e che nel nostro Paese sono parte integrante del patrimonio storico culturale, capace di sviluppare attraverso gli interrogativi di senso, nuove sensibilità, in ordine alla ricerca della giustizia e della verità, per tutti gli uomini". In quanto inserito "nel quadro delle finalità della scuola", l'insegnamento della religione concorre inoltre "al pieno sviluppo della personalità dell'alunno, in un scuola che sia in sintonia con i principi della Costituzione italiana".



(©L'Osservatore Romano - 25 aprile 2009)


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Caterina63
00lunedì 27 aprile 2009 14:54
Benedetto XVI rivendica la piena cittadinanza della fede nei luoghi dell'educazione e della cultura

La dimensione religiosa
rende l'uomo più uomo


L'altissimo numero di quanti scelgono di avvalersi dell'insegnamento della religione dimostra il valore insostituibile che essa riveste nel percorso formativo. Lo ha ribadito il Papa ricevendo sabato mattina, 25 aprile, nell'Aula Paolo VI, gli insegnanti di religione cattolica nelle scuole italiane, accompagnati dal cardinale Angelo Bagnasco.

Cari fratelli e sorelle,

è un vero piacere per me incontrarvi quest'oggi e condividere con voi alcune riflessioni sulla vostra importante presenza nel panorama scolastico e culturale italiano, nonché in seno alla comunità cristiana. Saluto tutti con affetto, a cominciare dal Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto, presentandomi questa numerosa e vivace Assemblea. Ugualmente rivolgo un saluto cordiale a tutte le autorità presenti.

L'insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola in Italia, e l'insegnante di religione costituisce una figura molto importante nel collegio dei docenti. È significativo che con lui tanti ragazzi si tengano in contatto anche dopo i corsi. L'altissimo numero di coloro che scelgono di avvalersi di questa disciplina è inoltre il segno del valore insostituibile che essa riveste nel percorso formativo e un indice degli elevati livelli di qualità che ha raggiunto.

In un suo recente messaggio la Presidenza della Cei ha affermato che "l'insegnamento della religione cattolica favorisce la riflessione sul senso profondo dell'esistenza, aiutando a ritrovare, al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un'intuizione globale. Ciò è possibile perché tale insegnamento pone al centro la persona umana e la sua insopprimibile dignità, lasciandosi illuminare dalla vicenda unica di Gesù di Nazaret, di cui si ha cura di investigare l'identità, che non cessa da duemila anni di interrogare gli uomini".

Porre al centro l'uomo creato ad immagine di Dio (cfr. Gn 1, 27) è, in effetti, ciò che contraddistingue quotidianamente il vostro lavoro, in unità d'intenti con altri educatori ed insegnanti. In occasione del Convegno ecclesiale di Verona, nell'ottobre 2006, io stesso ebbi modo di toccare la "questione fondamentale e decisiva" dell'educazione, indicando l'esigenza di "allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell'intrinseca unità che le tiene insieme" (Discorso del 19 ottobre 2006:  Insegnamenti di Benedetto XVI, II, 2 [2006], 473; 471). La dimensione religiosa, infatti, è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita.

Il vostro servizio, cari amici, si colloca proprio in questo fondamentale crocevia, nel quale - senza improprie invasioni o confusione di ruoli - si incontrano l'universale tensione verso la verità e la bimillenaria testimonianza offerta dai credenti nella luce della fede, le straordinarie vette di conoscenza e di arte guadagnate dallo spirito umano e la fecondità del messaggio cristiano che così profondamente innerva la cultura e la vita del popolo italiano. Con la piena e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento, voi contribuite, da una parte, a dare un'anima alla scuola e, dall'altra, ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell'educazione e della cultura in generale. Grazie all'insegnamento della religione cattolica, dunque, la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l'apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro.

L'appuntamento odierno si colloca anche nel contesto dell'Anno Paolino. Grande è il fascino che l'Apostolo delle genti continua ad esercitare su tutti noi:  in lui riconosciamo il discepolo umile e fedele, il coraggioso annunciatore, il geniale mediatore della Rivelazione. Caratteristiche, queste, a cui vi invito a guardare per alimentare la vostra stessa identità di educatori e di testimoni nel mondo della scuola. È Paolo, nella prima Lettera ai Tessalonicesi (4, 9), a definire i credenti con la bella espressione di theodidaktoi, ossia "ammaestrati da Dio", che hanno Dio per maestro. In questa parola troviamo il segreto stesso dell'educazione, come anche ricorda sant'Agostino:  "Noi che parliamo e voi che ascoltate riconosciamoci come fedeli discepoli di un unico Maestro" (Serm. 23, 2).
 
Inoltre, nell'insegnamento paolino la formazione religiosa non è separata dalla formazione umana. Le ultime Lettere del suo epistolario, quelle dette "pastorali", sono piene di significativi rimandi alla vita sociale e civile che i discepoli di Cristo devono ben tenere a mente. San Paolo è un vero "maestro" che ha a cuore sia la salvezza della persona educata in una mentalità di fede, sia la sua formazione umana e civile, perché il discepolo di Cristo possa esprimere in pieno una personalità libera, un vivere umano "completo e ben preparato", che si manifesta anche in un'attenzione per la cultura, la professionalità e la competenza nei vari campi del sapere a beneficio di tutti.

La dimensione religiosa non è dunque una sovrastruttura; essa è parte integrante della persona, sin dalla primissima infanzia; è apertura fondamentale all'alterità e al mistero che presiede ogni relazione ed ogni incontro tra gli esseri umani. La dimensione religiosa rende l'uomo più uomo. Possa il vostro insegnamento essere sempre capace, come lo fu quello di Paolo, di aprire i vostri studenti a questa dimensione di libertà e di pieno apprezzamento dell'uomo redento da Cristo così come è nel progetto di Dio, esprimendo così, nei confronti di tanti ragazzi e delle loro famiglie, una vera carità intellettuale.
 
Certamente uno degli aspetti principali del vostro insegnamento è la comunicazione della verità e della bellezza della Parola di Dio, e la conoscenza della Bibbia è un elemento essenziale del programma di insegnamento della religione cattolica. Esiste un nesso che lega l'insegnamento scolastico della religione e l'approfondimento esistenziale della fede, quale avviene nelle parrocchie e nelle diverse realtà ecclesiali. Tale legame è costituito dalla persona stessa dell'insegnante di religione cattolica:  a voi, infatti, oltre al dovere della competenza umana, culturale e didattica propria di ogni docente, appartiene la vocazione a lasciar trasparire che quel Dio di cui parlate nelle aule scolastiche costituisce il riferimento essenziale della vostra vita.

Lungi dal costituire un'interferenza o una limitazione della libertà, la vostra presenza è anzi un valido esempio di quello spirito positivo di laicità che permette di promuovere una convivenza civile costruttiva, fondata sul rispetto reciproco e sul dialogo leale, valori di cui un Paese ha sempre bisogno.

Come suggeriscono le parole dell'apostolo Paolo che fanno da titolo a questo vostro appuntamento, auguro a tutti voi che il Signore vi doni la gioia di non vergognarvi mai del suo Vangelo, la grazia di viverlo, la passione di condividere e coltivare la novità che da esso promana per la vita del mondo. Con questi sentimenti benedico voi e le vostre famiglie, insieme a tutti coloro - studenti e insegnanti - che ogni giorno incontrate in quella comunità di persone e di vita che è la scuola.







 

Durante l'udienza nell'aula Paolo VI agli insegnanti di religione

Il saluto rivolto al Papa
dal cardinale Angelo Bagnasco


Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha rivolto a Benedetto XVI queste parole di saluto, all'inizio dell'udienza agli ottomila partecipanti all'incontro degli insegnanti di religione cattolica, sabato mattina 25 aprile nell'aula Paolo VI.



Beatissimo Padre,
con viva commozione mi faccio interprete della profonda gioia e gratitudine dei numerosissimi insegnanti di religione cattolica giunti qui oggi da tutta Italia per incontrarla e per ascoltare la sua parola. Essi rappresentano i circa venticinquemila docenti specialistici di religione cattolica della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria che, insieme agli insegnanti di sezione idonei a tale insegnamento, portano ogni giorno nelle aule scolastiche con passione e competenza la ricchezza storica, dottrinale, etica e culturale del cristianesimo. L'elevata professionalità, unita alla forte appartenenza ecclesiale e alla passione educativa, fanno di loro una risorsa insostituibile per la scuola, per l'intera società e per la Chiesa in Italia.

A venticinque anni dalla revisione del Concordato Lateranense e dall'Intesa, che hanno prodotto un marcato rinnovamento dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, possiamo oggi affermare che tale realtà è una presenza quanto mai viva, qualificata e culturalmente feconda nel nostro Paese. Davanti a quella "emergenza educativa" di cui lei stesso, Padre Santo, ha più volte evidenziato la rilevanza e l'urgenza, l'insegnamento scolastico della religione costituisce una preziosa risposta:  un'esperienza, offerta a tutti, di approfondimento della dimensione religiosa, di confronto interpersonale e di incontro con il fatto cristiano, così radicato e fruttuoso nella nostra storia.
 
Dei diversi aspetti che compongono oggi l'identità e la missione dell'insegnante di religione si è parlato nei giorni scorsi, all'interno del congresso promosso dal servizio nazionale per l'insegnamento della religione cattolica e dal servizio nazionale per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, dal titolo:  "Io non mi vergogno del Vangelo (Lettera ai Romani, 1, 16). L'insegnamento della religione cattolica per una cultura al servizio dell'uomo". È stata un'occasione di intenso approfondimento e di spiritualità, culminata nel pellegrinaggio alla tomba dell'apostolo Paolo e arricchita, anche questa mattina, da numerose testimonianze.

Santità, questa vivace assemblea vuole manifestare, davanti a lei, la gioia e la bellezza dell'insegnare religione, nonostante le grandi responsabilità e il quotidiano mettersi in gioco che questo comporta. Stimolati e orientati dal suo luminoso insegnamento ognuno tornerà fra i propri alunni e colleghi rinfrancato e spronato a diventare testimone sempre più credibile di una fede amica dell'amore, della libertà, dell'intelligenza. Amica dell'uomo.

Grazie ancora, Padre Santo. Ci benedica!



(©L'Osservatore Romano - 26 aprile 2009)


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Caterina63
00venerdì 23 ottobre 2009 16:07
Incredibile....un grazie a mia figlia Alessia che mi ha segnalato questo video...

New Moment New Ideas Company spot TV per il Governo della Repubblica di Macedonia - Ministero dell'Educazione e Scienza. Campagna sociale (serie di spot) intesa a promuorevere l'educazione RELIGIOSA nelle scuole.

Slogan della campagna: Anche la Religione è un sapere. Riportare la religione a scuola. Slogan della campagna: Il sapere è potere.

Direttore creativo: Dusan Drakalski; direttore artistico: Nikola Vojnov.


La CEI impari a trovare creativi simili che sappiano far PARLARE I SANTI.... [SM=g1740733]






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Caterina63
00domenica 20 giugno 2010 17:55
Intervento della Santa Sede a Brdo, in Slovenia

Il ruolo vitale
della scuola per le future generazioni


Pubblichiamo l'intervento pronunciato il 4 giugno a Brdo, in Slovenia, dall'arcivescovo Jean-Louis Bruguès, segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica, Capo Delegazione della Santa Sede alla 23ª Conferenza dei ministri dell'Educazione del Consiglio d'Europa.

Signor Presidente,
vorrei innanzitutto esprimere il ringraziamento della Delegazione della Santa Sede e mio personale alle autorità slovene che ospitano questa Conferenza dei ministri per il loro impegno organizzativo e per la cortesia con la quale ci hanno accolti, in una nazione, che è nel cuore dell'Europa, luogo di incontro tra le anime slava, latina e tedesca del nostro continente.

La Santa Sede ha seguito con interesse la preparazione di questa 23 Sessione della Conferenza dei ministri dell'Educazione Europei. Inoltre, ha preso nota (...) dei progetti promossi dal Comitato dell'Educazione del Consiglio d'Europa, rilevando come essi si sforzino di contribuire attraverso l'educazione e la scuola alla costruzione di un'Europa più solidale e democratica. In quest'orizzonte, anche attraverso il programma di formazione continua degli insegnanti Pestalozzi, il Consiglio d'Europa non ha mancato di dare un contributo importante e significativo.

Per costruire una società democratica stabile e coesa, fondata sul primato del diritto, l'educazione riveste un ruolo fondamentale e la scuola, come luogo di socializzazione viene sempre più coinvolta in tale sfida.

La Santa Sede attribuisce all'istituzione scolastica un'importanza vitale per il futuro delle nuove generazioni. La scuola, intesa come comunità educativa, è spazio privilegiato di apprendimento di relazioni sane, oltre che di nozioni e competenze. Essa, inoltre, seguendo il principio di sussidiarietà, amplia l'azione di inserimento sociale iniziata dalla famiglia. Sono i genitori, infatti, i primi educatori dei figli e tale ruolo deve essere rispettato anche dalla scuola.

Nella comunità scolastica hanno un ruolo essenziale gli insegnanti. La Santa Sede nutre non solo rispetto e ammirazione per l'insegnante ma lo considera come depositario di una specifica vocazione e missione. Infatti, l'educatore, il maestro, l'insegnante sono chiamati, collaborando con i genitori nello svolgimento del loro compito, a servire la vita, il futuro.

È davvero grande la missione dell'insegnante:  essa ha un altissimo spessore morale, è tra le più alte e creative dell'uomo. Pertanto, è auspicabile che ogni insegnante acquisti la massima coscienza dell'importanza, ricchezza e responsabilità del suo compito e si sforzi di rispondere a quanto esso esige attraverso una adeguata formazione professionale, sia iniziale che permanente, con la consapevolezza che il suo servizio è fondamentale per la costruzione e il costante rinnovamento della società. D'altro canto è necessario che anche la società riconosca e apprezzi tale servizio, lo consideri indispensabile per il bene comune e di conseguenza le pubbliche autorità promuovano e sostengano con adeguate politiche la missione degli insegnanti.

L'educazione scolastica, tanto più quando mira a formare ai valori, al rispetto della dignità dell'uomo e alla responsabilità verso la società, non può essere opera del singolo. Essa si sviluppa in vari percorsi didattici, diverse discipline, rapporto con il territorio ed è frutto della collaborazione dell'intera comunità educativa, aperta ai partenariati con la società civile. In tale contesto il dialogo diviene strumento importantissimo per il conseguimento degli obbiettivi didattici e pedagogici, che portano lo studente a scoprire nell'altro un "tu" da amare e rispettare, mai da dominare o da asservire, che lo predispongono a essere nella società democratica parte attiva e responsabile.

Signor Presidente,
Il servizio che gli insegnanti sono chiamati a svolgere per una società democratica stabile, rispettosa della persona umana nella sua globalità, non esclusa la dimensione religiosa, richiede politiche efficaci che portino a un rafforzamento del ruolo sociale e del prestigio della professione docente. Da parte sua la Santa Sede nelle sue istituzioni continuerà a sostenere la formazione continua e permanente degli insegnanti e a motivarne le scelte. Tale impegno nasce dalla consapevolezza espressa nella dichiarazione Gravissimum educationis che:  "Tutti gli uomini di qualunque razza, condizione ed età, in forza della loro dignità di persona, hanno il diritto inalienabile a una educazione che risponda al proprio fine, convenga alla propria indole, alla differenza di sesso, alla cultura e alle tradizioni del loro Paese, e insieme aperta a una fraterna convivenza con gli altri popoli al fine di garantire la vera unità e la vera pace sulla terra" (Gravissimum educationis, 1).


(©L'Osservatore Romano - 20 giugno 2010)
Caterina63
00giovedì 2 dicembre 2010 20:08
Messaggio della presidenza della Cei

L'insegnamento
della religione cattolica
nella scuola


Pubblichiamo il messaggio della presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei) in vista della scelta di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica nell'anno scolastico 2011-2012.

All'inizio del nuovo anno scolastico desideriamo far pervenire a ognuno di voi, studenti, genitori e docenti, il nostro saluto e il nostro augurio.
Per la Chiesa in Italia questo è un anno speciale, perché segna l'inizio di un decennio caratterizzato da una rinnovata attenzione all'educazione, riconoscendo nell'arte delicata e sublime dell'educare una sfida culturale e un segno dei tempi.

Siamo convinti che la scuola costituisca un luogo irrinunciabile per promuovere l'educazione integrale della persona, come pure dell'importanza dell'insegnamento della religione cattolica, che permette di affrontare le questioni inerenti il senso della vita e il valore della persona alla luce della Bibbia e della tradizione cristiana. "Lo studio delle fonti e delle forme storiche del cattolicesimo è parte integrante della conoscenza del patrimonio storico, culturale e sociale del popolo italiano e delle radici cristiane della cultura europea" (Educare alla vita buona del Vangelo, n. 47).
Tale insegnamento si inserisce oggi nel processo di riforma della scuola italiana, mediante la proposta di "nuovi traguardi per lo sviluppo delle competenze e di obiettivi di apprendimento nella scuola dell'infanzia e del primo ciclo, e con la prospettazione di competenze, conoscenze e abilità nel secondo ciclo".

Siamo persuasi che la dimensione religiosa è costitutiva dell'essere umano e che l'insegnamento della religione cattolica può aiutare i giovani a interrogarsi e riflettere, per elaborare un progetto di vita capace di arricchire la loro formazione, con particolare riferimento agli aspetti spirituali ed etici dell'esistenza, stimolandoli a interpretare correttamente il contesto storico, culturale e umano della società, in vista del loro coinvolgimento nella costruzione della convivenza umana.

Gli insegnanti di religione cattolica, forti di una formazione umana e spirituale radicata nell'appartenenza ecclesiale e arricchiti nella cura costante di una professionalità adeguata alle nuove sfide culturali, si offrono come protagonisti, in sinergia con i colleghi delle altre discipline, di un'azione pedagogica illuminata dalla fiducia nella vita e dalla speranza, capace di raggiungere il cuore e la mente dei giovani, facendo leva sulle loro migliori risorse e proiettandoli verso quei traguardi di senso che lasciano intravedere la bellezza di una vita autenticamente buona.
Nell'anno scolastico 2009-2010 l'insegnamento della religione cattolica è stato scelto dal 90 per cento delle famiglie e degli alunni delle scuole statali. Tale dato sale al 90, 80 per cento, se si tiene conto anche di quanti frequentano scuole cattoliche.

L'alto tasso di adesione attesta la forza di attrazione di questa disciplina, di cui gli stessi avvalentisi sono i testimoni più efficaci. Proprio a questi studenti e alle loro famiglie chiediamo di incoraggiare positivamente quanti non l'hanno ancora scelta, affinché scoprano la ricchezza della dimensione religiosa della vita umana e la sua valenza educativa, finalizzata al pieno sviluppo della persona.


(©L'Osservatore Romano - 3 dicembre 2010)
Caterina63
00giovedì 23 dicembre 2010 22:11

Cardinale Burke: Gesù è il primo insegnante


Sottolinea l'importanza dell'istruzione superiore cattolica


MERRIMACK (New Hampshire, Stati Uniti), giovedì, 23 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Il Cardinale Raymond Burke ha sottolineato l'importanza dell'istruzione superiore cattolica e la necessità che gli istituti mantengano la propria identità.

Il Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica è intervenuto al Thomas More College of Liberal Arts di Merrimack (Stati Uniti), affermando l'importanza che “la Chiesa ha assegnato all'istruzione superiore cattolica affinché 'la convergenza di fede e ragione nell'unica verità possa essere vista più chiaramente'”.

Il porporato ha osservato che l'università cattolica “fedele alla sua identità aiuterà gli studenti ad essere forti nel rendere conto della loro vocazione di vita, sia essa la vita matrimoniale, la vita nubile/celibe dedicata, la vita consacrata o il sacerdozio ordinato, e, in qualsiasi campo degli sforzi umani si impegnino, a resistere alla dittatura secolarista che vorrebbe escludere ogni tipo di discorso religioso dalle professioni e dalla vita pubblica in generale”.

“Senza in alcun modo sminuire l'acquisizione di conoscenza utile, un'università cattolica si distingue per la sua libera ricerca della verità sulla natura, sull'uomo e su Dio”, ha affermato.

In una società caratterizzata “da un secolarismo violento che minaccia l'integrità di ogni aspetto degli sforzi e dei servizi umani”, ha aggiunto citando “la medicina, il diritto, il governo e la stessa istruzione superiore”, “il servizio dell'università cattolica è più necessario che mai”.

Il porporato ha quindi definito “tragico” il fatto che “lo stesso secolarismo che l'università cattolica dovrebbe aiutare i propri studenti a combattere e a superare sia entrato in molte università cattoliche, portando a compromettere gravemente la loro elevata missione”.

Studio e ricerca

Nell'università cattolica, ha proseguito il Cardinale Burke, “il metodo di studio e di ricerca dovrebbe manifestare il fallimento dell'abuso della vita umana e della sessualità umana, che è diventato uno standard in molti campus universitari, e il fallimento della violazione dell'inviolabile dignità della vita umana, dell'integrità del matrimonio e del giusto ordine delle nostre relazioni reciproche e con il mondo in generale, che è il marchio di fabbrica della nostra cultura, una cultura di violenza e morte”.

“Il primo insegnante di ogni istituzione di istruzione superiore cattolica è Nostro Signore Gesù Cristo”, ha affermato, “che è la pienezza della rivelazione di Dio a noi”.

“Un college o un'università cattolica in cui Gesù Cristo vivo nella sua Chiesa non sia insegnato e non venga incontrato nella Sacra Liturgia e nella sua estensione attraverso la preghiera e la devozione non è degna del suo nome”, ha aggiunto.

“La presenza di Nostro Signore Gesù Cristo nel college o nell'università cattolica non è qualcosa di aggiuntivo o perfino estraneo al perseguimento della verità”.

“E' invece l'unico elemento che ispira, guida e disciplina i docenti e gli studenti, perché restino fedeli nel perseguimento degli obiettivi e non cadano preda delle tentazioni che Satana offre per corromperci quando ci disponiamo a raggiungere un bene maggiore”.


Caterina63
00lunedì 7 febbraio 2011 15:46
orientare studenti e professori luce del mondo
 
CITTA' DEL VATICANO, 7 FEB. 2011 (VIS). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza i partecipanti all'Assemblea Plenaria della Congregazione per l'Educazione Cattolica.
 
  "Le tematiche che affrontate in questi giorni" - ha detto il Papa nel suo discorso - "hanno come denominatore comune l'educazione e la formazione, che costituiscono oggi una delle sfide più urgenti che la Chiesa e le sue istituzioni sono chiamate ad affrontare. L'opera educativa sembra diventata sempre più ardua perché, in una cultura che troppo spesso fa del relativismo il proprio credo, viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, instillando così il dubbio sui valori di base dell'esistenza personale e comunitaria".
 
  "La vostra Congregazione, creata nel 1915 da Benedetto XV" - ha ricordato il Pontefice - "da quasi cento anni svolge la sua opera preziosa a servizio delle varie Istituzioni cattoliche di formazione. Tra di esse, senza dubbio, il seminario è una delle più importanti per la vita della Chiesa ed esige pertanto un progetto formativo che tenga conto del contesto sopra accennato".
 
  "In questi giorni studiate anche la bozza del documento su Internet e la formazione nei seminari. (...) Con il necessario discernimento per un suo uso intelligente e prudente" - ha sottolineato il Pontefice - "è uno strumento che può servire non solo per gli studi, ma anche per l'azione pastorale dei futuri presbiteri nei vari campi ecclesiali, quali l'evangelizzazione, l'azione missionaria, la catechesi, i progetti educativi, la gestione delle istituzioni. Anche in questo campo è di estrema importanza poter contare su formatori adeguatamente preparati perché siano guide fedeli e sempre aggiornate, al fine di accompagnare i candidati al sacerdozio all'uso corretto e positivo dei mezzi informatici".
 
  "Quest'anno" - ha ricordato ancora il Pontefice - "ricorre il LXX anniversario della Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali, istituita dal Venerabile Pio XII per favorire la collaborazione tra la Santa Sede e le Chiese locali nella preziosa opera di promozione delle vocazioni al ministero ordinato. Tale ricorrenza potrà essere l'occasione per conoscere e valorizzare le iniziative vocazionali più significative promosse nelle Chiese locali. Occorre che la pastorale vocazionale, (...) insista più chiaramente sul profilo del sacerdozio ministeriale, caratterizzato dalla sua specifica configurazione a Cristo, che lo distingue essenzialmente dagli altri fedeli e si pone al loro servizio".
 
  "Avete avviato, inoltre, una revisione di quanto prescrive la Costituzione apostolica 'Sapientia christiana' sugli studi ecclesiastici (...). Un settore su cui riflettere particolarmente è quello della teologia. (...) È indispensabile, quindi, tenere strettamente unite la teologia con la preghiera personale e comunitaria, specialmente liturgica".
 
  "Le Università cattoliche" - ha affermato ancora il Papa - "con la loro identità ben precisa e la loro apertura alla 'totalità' dell'essere umano, possono svolgere un'opera preziosa per promuovere l'unità del sapere, orientando studenti ed insegnanti alla Luce del mondo".
 
  Il Santo Padre ha concluso il suo discorso ponendo in rilievo "Il ruolo educativo dell'insegnamento della Religione cattolica come disciplina scolastica in dialogo interdisciplinare con le altre. Infatti, esso contribuisce largamente non solo allo sviluppo integrale dello studente, ma anche alla conoscenza dell'altro, alla comprensione e al rispetto reciproco. Per raggiungere tali obiettivi dovrà essere prestata particolare cura alla formazione dei dirigenti e dei formatori, non solo da un punto di vista professionale, ma anche religioso e spirituale, perché, con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, la presenza dell'educatore cristiano diventi espressione di amore e testimonianza della verità".

                          Pope Benedict XVI delivers his weekly Angelus blessing to the crowd gathered in Saint Peter's square at the Vatican February 6, 2011.


UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA (DEI SEMINARI E DEGLI ISTITUTI DI STUDI), 07.02.2011

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi).
Dopo l’indirizzo di omaggio del Prefetto della Congregazione, Em.mo Card. Zenon Grocholewski, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle.


Rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto per questa visita in occasione della riunione plenaria della Congregazione per l'Educazione Cattolica. Saluto il Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto del Dicastero, ringraziandolo per le sue cortesi parole, come pure il Segretario, il Sottosegretario, gli Officiali e i Collaboratori.

Le tematiche che affrontate in questi giorni hanno come denominatore comune l'educazione e la formazione, che costituiscono oggi una delle sfide più urgenti che la Chiesa e le sue istituzioni sono chiamate ad affrontare. L'opera educativa sembra diventata sempre più ardua perché, in una cultura che troppo spesso fa del relativismo il proprio credo, viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso parlare di verità, instillando così il dubbio sui valori di base dell'esistenza personale e comunitaria.

Per questo è importante il servizio che svolgono nel mondo le numerose istituzioni formative che si ispirano alla visione cristiana dell'uomo e della realtà: educare è un atto d'amore, esercizio della "carità intellettuale", che richiede responsabilità, dedizione, coerenza di vita. Il lavoro della vostra Congregazione e le scelte che farete in questi giorni di riflessione e di studio contribuiranno certamente a rispondere all’attuale "emergenza educativa".

La vostra Congregazione, creata nel 1915 da Benedetto XV, da quasi cento anni svolge la sua opera preziosa a servizio delle varie Istituzioni cattoliche di formazione. Tra di esse, senza dubbio, il seminario è una delle più importanti per la vita della Chiesa ed esige pertanto un progetto formativo che tenga conto del contesto sopra accennato. Varie volte ho sottolineato come il seminario sia una tappa preziosa della vita, in cui il candidato al sacerdozio fa l’esperienza di essere "un discepolo di Gesù". Per questo tempo destinato alla formazione, è richiesto un certo distacco, un certo "deserto", perché il Signore parla al cuore con una voce che si sente se c'è il silenzio (cfr 1Re 19,12); ma è richiesta anche la disponibilità a vivere insieme, ad amare la "vita di famiglia" e la dimensione comunitaria che anticipano quella "fraternità sacramentale" che deve caratterizzare ogni presbiterio diocesano (cfr Presbyterorum ordinis, 8) e che ho voluto richiamare anche nella mia recente Lettera ai seminaristi: «sacerdoti non si diventa da soli. Occorre la "comunità dei discepoli", l'insieme di coloro che vogliono servire la comune Chiesa».

In questi giorni studiate anche la bozza del documento su Internet e la formazione nei seminari.

Internet, per la sua capacità di superare le distanze e di mettere in contatto reciproco le persone, presenta grandi possibilità anche per la Chiesa e la sua missione. Con il necessario discernimento per un suo uso intelligente e prudente, è uno strumento che può servire non solo per gli studi, ma anche per l'azione pastorale dei futuri presbiteri nei vari campi ecclesiali, quali l'evangelizzazione, l'azione missionaria, la catechesi, i progetti educativi, la gestione delle istituzioni.

Anche in questo campo è di estrema importanza poter contare su formatori adeguatamente preparati perché siano guide fedeli e sempre aggiornate, al fine di accompagnare i candidati al sacerdozio all'uso corretto e positivo dei mezzi informatici.

Quest'anno, poi, ricorre il LXX anniversario della Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali, istituita dal Venerabile Pio XII per favorire la collaborazione tra la Santa Sede e le Chiese locali nella preziosa opera di promozione delle vocazioni al ministero ordinato. Tale ricorrenza potrà essere l'occasione per conoscere e valorizzare le iniziative vocazionali più significative promosse nelle Chiese locali. Occorre che la pastorale vocazionale, oltre a sottolineare il valore della chiamata universale a seguire Gesù, insista più chiaramente sul profilo del sacerdozio ministeriale, caratterizzato dalla sua specifica configurazione a Cristo, che lo distingue essenzialmente dagli altri fedeli e si pone al loro servizio.

Avete avviato, inoltre, una revisione di quanto prescrive la Costituzione apostolica Sapientia christiana sugli studi ecclesiastici, riguardo al diritto canonico, agli Istituti Superiori di Scienze Religiose e, recentemente, alla filosofia. Un settore su cui riflettere particolarmente è quello della teologia. E’ importante rendere sempre più solido il legame tra la teologia e lo studio della Sacra Scrittura, in modo che questa ne sia realmente l'anima e il cuore (cfr Verbum Domini, 31). Ma il teologo non deve dimenticare di essere anche colui che parla a Dio. E’ indispensabile, quindi, tenere strettamente unite la teologia con la preghiera personale e comunitaria, specialmente liturgica. La teologia è scientia fidei e la preghiera nutre la fede. Nell’unione con Dio, il mistero è, in qualche modo, assaporato, si fa vicino, e questa prossimità è luce per l'intelligenza. Vorrei sottolineare anche la connessione della teologia con le altre discipline, considerando che essa viene insegnata nelle Università cattoliche e, in molti casi, in quelle civili.

Il beato John Henry Newman parlava di "circolo del sapere", circle of knowledge, per indicare che esiste un’interdipendenza tra le varie branche del sapere; ma Dio e Lui solo ha rapporto con la totalità del reale; di conseguenza eliminare Dio significa spezzare il circolo del sapere. In questa prospettiva le Università cattoliche, con la loro identità ben precisa e la loro apertura alla "totalità" dell’essere umano, possono svolgere un’opera preziosa per promuovere l’unità del sapere, orientando studenti ed insegnanti alla Luce del mondo, la "luce vera che illumina ogni uomo" (Gv 1,9).

Sono considerazioni che valgono anche per le Scuole cattoliche. Occorre, anzitutto, il coraggio di annunciare il valore "largo" dell'educazione, per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare senso alla propria vita. Oggi si parla di educazione interculturale, oggetto di studio anche nella vostra Plenaria. In questo ambito è richiesta una fedeltà coraggiosa ed innovativa, che sappia coniugare chiara coscienza della propria identità e apertura all’alterità, per le esigenze del vivere insieme nelle società multiculturali. Anche a questo fine, emerge il ruolo educativo dell’insegnamento della Religione cattolica come disciplina scolastica in dialogo interdisciplinare con le altre. Infatti, esso contribuisce largamente non solo allo sviluppo integrale dello studente, ma anche alla conoscenza dell’altro, alla comprensione e al rispetto reciproco. Per raggiungere tali obiettivi dovrà essere prestata particolare cura alla formazione dei dirigenti e dei formatori, non solo da un punto di vista professionale, ma anche religioso e spirituale, perché, con la coerenza della propria vita e con il coinvolgimento personale, la presenza dell’educatore cristiano diventi espressione di amore e testimonianza della verità.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per quanto fate con il vostro competente lavoro al servizio delle istituzioni educative. Tenete sempre lo sguardo rivolto a Cristo, l’unico Maestro, perché con il suo Spirito renda efficace il vostro lavoro. Vi affido alla materna protezione di Maria Santissima, Sedes Sapientiae, e di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.

Caterina63
00sabato 23 aprile 2011 20:05
Responsabilità degli insegnanti di religione

Discepoli e annunciatori
del Risorto


Si è svolto nei giorni scorsi ad Assisi un convegno organizzato dal servizio nazionale della Conferenza episcopale italiana per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Pubblichiamo ampi stralci della relazione, tenuta dal docente di Nuovo Testamento della Pontificia Università Lateranense, dedicata alla figura di Timoteo, collaboratore di san Paolo, discepolo e maestro d'insegnamento della Scrittura.

di ANTONIO PITTA

Riguardo alla formazione biblica non si riscontra nell'Antico e nel Nuovo Testamento un testo più propositivo e programmatico di quello contenuto nella Seconda lettera a Timoteo, poiché in essa il collaboratore prediletto di Paolo è, nello stesso tempo, discepolo e maestro delle sacre Scritture: "Tu però rimani in quello che hai imparato e che ti è stato affidato, avendo conosciuto coloro che te l'hanno insegnato e conosci le sacre Scritture fin dall'infanzia: queste sono capaci di renderti sapiente per la salvezza, mediante la fede in Cristo Gesù.

Tutta la Scrittura, divinamente ispirata è utile per l'insegnamento, la convinzione, la correzione e la pedagogia alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (3, 14-17). In questo paragrafo è raccolto un percorso di formazione essenziale che abbraccia l'intera esistenza dell'uomo di Dio, che ovviamente comprende donne e uomini: dall'infanzia sino alla sua maturità umana. Qual è il ruolo della Scrittura nella formazione umana e cristiana in particolare? E in che modo si trasforma da semplice testo letterario e religioso in centro dinamico per la formazione familiare, ecclesiale e scolastica? Come in essa è possibile cogliere un percorso di maturazione che induca ad alimentarsi per l'intera esistenza?

La Scrittura diventa capace di alimentare l'esistenza personale e comunitaria dei credenti non semplicemente quando è letta o interpretata come un comune testo di letteratura classica o un testo scolastico, bensì quando, come precisa la Dei Verbum al n. 12, è "letta e interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta". Pertanto lo Spirito precede, accompagna e pervade la Scrittura sia nella sua formazione originaria, sia nella sua ricezione di approdo. In questa fusione pneumatologica di orizzonti risiede la verità della Scrittura, poiché in continuità con l'ispirazione biblica si sviluppa nel tempo e nello spazio l'ispirazione della comunità credente che, guidata dallo Spirito, si pone in ascolto della Parola di Dio.

La natura teo-pneumatica della Scrittura dischiude lo sguardo verso la sacramentalità della Parola finalmente evidenziata nella Verbum Domini n. 56. La Parola di Dio non è un nuovo sacramento, da aggiungere agli altri, bensì il sacramento fontale e sorgivo senza il quale i sacramenti sono concepiti e recepiti come riti magici. Pertanto la sacramentalità della Parola consiste nella trasformazione della Scrittura, come insieme di libri, in Parola di Dio o in Cristo in quanto Parola di Dio: si legge la Scrittura che, con l'azione dello Spirito, si trasforma in Parola.

Per i cristiani l'unica chiave d'accesso alla Scrittura è Gesù Cristo, il risorto, poiché di lui parla la Scrittura e in lui trova il suo compimento, cosicché "l'ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo", come sostiene san Girolamo, nel Commento a Isaia. Porre al centro ermeneutico delle Scritture cristiane il risorto significa anzitutto rilevare che la Parola di Dio rappresenta la fonte della fede.

L'impatto della "cristificazione" della Scrittura è fondamentale per l'insegnamento della religione cattolica: soffermiamoci sulle principali implicazioni. Anzitutto è dai Vangeli che bisogna partire per giungere all'Antico Testamento e al resto del Nuovo Testamento, poiché pongono lo studente a vivo contatto con Gesù di Nazaret e con la sua predicazione del Regno in parole e opere. Importante nell'ambito scolastico è segnalare, mediante le fonti extrabibliche, come Flavio Giuseppe, Plinio il Giovane e Tacito, i dati storici su Gesù e sul movimento cristiano che, in pochi decenni, si è diffuso in Palestina e nelle città più importanti dell'impero. In tal modo si evita il pregiudizio spesso ventilato in ambito giornalistico sulla poca credibilità dei vangeli canonici.

Nello stesso tempo un linguaggio esistenziale e che ricalca la narratologia evangelica permette di scoprire la bellezza della sequela di Gesù, sulle orme dei discepoli che lo hanno seguito durante la sua vita pubblica, con le loro povertà umane e il loro entusiasmo. Bisogna riconoscere che in questo versante le categorie evangeliche sul rapporto con Gesù risultano più arricchenti di quelle mutuate dalla storia del dogma. Il nostro mondo ha bisogno di entrare in contatto con un Gesù in carne e ossa che parla al cuore di ogni persona umana e lo attira a sé, mediante le parabole, i miracoli e i suoi sentimenti di compassione per i poveri e gli emarginati. Purtroppo in questo periodo sono diffusi diversi ritratti su Gesù che tendono a ideologizzarlo: semplice maestro di sapienza, profeta per il Regno, predicatore itinerante sul modello dei filosofi cinici. Nonostante l'attenzione massmediale per i vangeli apocrifi, i vangeli canonici sono quanto di meglio e più completo ci è stato trasmesso su Gesù, poiché non presentano fratture tra il Gesù storico e il Cristo della fede. E in questa riscoperta si colloca il Gesù di Nazaret di Benedetto XVI.

Forse è opportuno rilevare che i vangeli "ispirati" non sono stati inclusi nel canone cristiano a causa di una strategia ecclesiastica successiva, nel periodo della Chiesa imperiale, bensì perché si sono imposti dal basso nelle comunità più importanti della fine e gli inizi del II secolo. Quello del canone prima di rappresentare un orientamento ecclesiale è un fenomeno storico e non risponde ad alcuna strategia politica, altrimenti sarebbero stati purgati nei tratti di discrepanza che arricchiscono il mistero umano e divino di Gesù.

Un livello successivo d'insegnamento riguarda le lettere di Paolo, dove Gesù Cristo non è presentato come un personaggio del passato, bensì come colui che vive nell'apostolo sino a diventare persino il suo vivere. Il kerygma paolino è centrale per considerare la morte di croce come cardine imprescindibile della vita cristiana e la risurrezione di Gesù come evento reale e non mitologico o appariscente. Approdiamo infine agli Atti degli apostoli che raccontano, con sempre più riconosciuto beneficio d'inventario, il diffondersi della Parola di Dio con la missione dei primi testimoni del Risorto. Soltanto in una fase successiva diventa fruttuoso percorrere la storia della salvezza cristallizzata nell'Antico Testamento, superando il pregiudizio marcionita che il Dio dell'Antico Testamento sia della vendetta e quello del Nuovo si riveli dell'amore.
 
La dinamica della promessa e dell'adempimento in Cristo permette di riscoprire la profondità e la ricchezza dell'antropologia e della teologia biblica: non un'antropologia dualistica, bensì olistica e non una teologia astratta, bensì di un Dio che cammina con il suo popolo rivelandosi come suo unico pedagogo.

Un altro orizzonte che il paragrafo della 2 Timoteo, 3, 14-17 pone in risalto è quello della comunicazione della fede: "Tu però rimani nelle cose che ti sono state insegnate e nelle quali credi, conoscendole da coloro che te le hanno insegnate e conosci le sacre Scritture dall'infanzia". Da chi sono stati insegnati a Timoteo i contenuti della fede? E che cosa permette a Timoteo di restare saldo e di non cadere in forme di scetticismo sulla Scrittura e sul senso ultimo della sua esistenza? Bisogna risalire all'inizio del testo per cogliere il fondamento a cui Paolo allude: "Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce e che ora, ne sono certo, è anche in te" (2 Timoteo, 1,5).
 
La fede non nasce da un insieme d'idee, né dalla semplice lettura della Scrittura, con tutta la libertà e i percorsi della grazia che il Signore sceglie, bensì dalla testimonianza dei propri familiari che diventa tradizione viva. Purtroppo oggi molti studenti provengono da famiglie in frantumi per cui questo paradigma della trasmissione della fede mediante i propri genitori risulta ai più una semplice utopia. Tuttavia, si parta dall'assunto che senza l'interazione con i genitori non è possibile alcuna formazione umana e cristiana a scuola. E nelle situazioni più drammatiche il ruolo del docente, che non sostituisce in alcun modo quello dei genitori, deve assumere i tratti di una genitorialità che passa attraverso la propria testimonianza.

Il docente di religione non è chiamato semplicemente a comunicare verità religiose astratte o ideologiche ma a porre a contatto, mediante la propria vita, con il Vangelo che è Cristo stesso. In molti ambiti scolastici gli studenti attraversano la fase del rigetto dell'autorità: non bisogna scoraggiarsi, bensì con la propria presenza discreta e con la testimonianza di fede attendere che per questa via, giungano a riscoprire, con il tempo, l'importanza di quanto li rende saldi e non vacillanti. Quello dell'insegnamento della religione cattolica, come di qualsiasi insegnamento, è anzitutto un carisma, mediante il quale "la Scrittura divinamente ispirata è utile per convincere, correggere ed educare alla giustizia".



(©L'Osservatore Romano 24 aprile 2011)

Caterina63
00lunedì 25 luglio 2011 10:13

Gli avversari di Benedetto XVI sono dentro la Chiesa Cattolica  

Prof. Alberto Giannino (*)

Il male è dentro la Chiesa, e non già nelle persecuzioni esterne. Questo concetto, Benedetto XVI, l'ha ribadito più volte nel corso del suo pontificato in cui ogni senso religioso pare sembra essere spento (siamo nell’epoca del secolarismo e dell’ateismo, antireligioso e anticristiano, ed anticlericale e nella indifferenza religiosa o agnosticismo dilagante). Dio e la religione sono concetti superati. Appartengono ad altri tempi.

Il nostro tempo è diventato adulto. Il pensiero moderno è progredito in misura tale da escludere ogni affermazione, che trascenda la razionalità scientifica.
Dio, si dice, è trascendente; dunque è fuori della sfera degli interessi dell’uomo del nostro tempo. Appartiene al passato, non al presente, tanto meno al futuro.

Il movimento della civiltà va verso una secolarizzazione crescente e totale, cioè verso l’autonomia dei valori temporali e verso la liberazione del loro asserito rapporto religioso. Tutti hanno sentito parlare di questa tendenza, che distingue dapprima le realtà terrene dal loro superiore e terminale rapporto col mondo religioso; e ciò legittimamente (Cfr. Gaudium et spes, 36); ma poi arriva a restringere nell’ambito di queste realtà terrene tutto il sapere e tutto l’interesse dell’uomo, secolarizzando, laicizzando, desacralizzando ogni forma di vita moderna.

La religione non vi avrebbe più posto, né alcuna ragione d’essere, a meno che non sia reinterpretata in senso puramente umanista, così che essa proclami che l’uomo è per l’uomo l’essere supremo (Cfr. Marx, Nietzsche, ecc.). Dio però non è sorpassato. E nemmeno l’idea di Dio, nella pienezza del suo Essere, nel mistero della sua esistenza, nella meraviglia della sua rivelazione, è sorpassata. Solo bisogna rigenerarla nei nostri spiriti, che l’hanno deformata, profanata, rimpicciolita, espulsa e dimenticata; rigenerarla nella ricerca, nella fede cristiana, nella carità ambivalente: verso di Lui e verso i fratelli, per riscoprirla l’attualità per eccellenza, la luce del tempo, la promessa dell’eternità. «Si respinge Dio come colui che limita l’uomo, e non si vede che per rapporto con Dio l’uomo ha in sé “qualche infinità”. Si respinge Dio come quegli che soggioga l’uomo, e non si vede che è per rapporto con Dio che l’uomo sfugge a ogni servitù, in particolare a quella della storia e della società . . .» (De Lubac, Sur les chemins de Dieu, p. 268).

Ritornando a Benedetto XVI e ai suoi detrattori o avversari all'interno della Chiesa, Egli fa questo ragionamento: «Se pensiamo ai due millenni di storia della Chiesa, possiamo osservare che, come aveva preannunciato il Signore Gesù non sono mai mancate per i cristiani le prove, che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni», ha detto il Papa. «Queste però - ha aggiunto - malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa.

Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l'integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto». Per non generare equivoci, il Papa, ha esplicitato cosa intende quando parla di male o peccato all'interno della Chiesa. E segnatamente si riferisce a quei sacerdoti o vescovi che inquinano la fede (divisioni, criticismo, contestazioni, eresie, magistero parallelo, ecc.) e da presbiteri, religiosi, o vescovi che non danno una vera testimonianza cristiana con la loro vita (mancato rispetto dei precetti evangelici: castità, povertà e obbedienza). E, ovviamente alla carriera, al successo, al denaro, e alla sporcizia morale che caratterizza la loro ortoprassi con una vita dissoluta e dissipata.

A questo riguardo va detto che papa Benedetto XVI nel 2010 ha promosso l'Anno Sacerdotale per una purificazione dei sacerdoti della Chiesa voluta e fondata da Cristo che col comportamento di questi sacerdoti viene deturpata, ferita e sfigurata. Il Papa, come si vede, non rinuncia nelle occasioni solenni a contrastare e a condannare la pedofilia (anche se non la cita esplicitamente) e a richiamare gli eretici del terzo millennio a riconoscersi nella Tradizione e nel Magistero della Chiesa.
Qui vanno fatte due considerazioni.
La prima. Sia il vescovo "Vicarius amoris Christi" (Sant'Ambrogio) che il sacerdote sono dei Pastori a cui è stato affidato un gregge. Essi sono degli alter Christus, ministri di Dio, e agiscono in persona di Christi Capitis. E, per queste ragioni, il loro comportamento deve essere irreprensibile, al di sopra di ogni sospetto, devono essere guide, modelli, e punti di riferimento. Invece, la cronaca, è impietosa. Il vescovo di Augusta, il vescovo di Bruges, alcuni sacerdoti Usa, alcuni sacerdoti irlandesi, australiani, italiani, sono responsabili di crimini esecrabili contro minori, ecc. Ecco il peccato dentro la Chiesa di cui parla Benedetto XVI. Tutti costoro hanno leso gravemente l'immagine della Chiesa e l'hanno sporcata, sfigurata e deturpata. Proprio quella Chiesa che è Corpo Mistico di Cristo e che -dice San Paolo - è "santa e immacolata, senza macchia nè ruga". Se questi ecclesiastici sapessero il male che hanno fatto alla comunità cristiana con i loro gravissimi comportamenti forse si sarebbero messi da parte prima. Ma ci vorranno anni per riconquistare la fiducia dei cattolici che si sono allontanati dalla Chiesa e dai Sacramenti. E questo è uno degli obiettivi principali del Pontificato di Benedetto XVI a cui sta lavorando alacremente senza risparmiarsi.

Il Papa ha fatto riferimento anche ai quei membri della Chiesa che inquinano la fede. E qui va detto che ci sono settori dell'episcopato e del presbiterio che hanno tradito il loro mandato. Per loro esiste -come abbiamo scritto più volte - solo la Bibbia e "il libero esame" senza alcuna mediazione affermato dalla riforma Protestante. Tradizione e magistero ecclesiastico, nonostante la Dei Verbum, non esistono, sono un "di più". La dottrina protestante del "libero esame" apre la via al più radicale soggettivismo "filosofico religioso". Alcuni pretendono di giustificare il loro dissenso dottrinale col pluralismo teologico. Ma essi cosi facendo generano dubbi, equivoci e contraddizioni. Legittimano un soggettivismo di opinioni in materia dogmatica, con danno all'unità della fede.

La fede non è pluralistica, e le formule che la esprimono devono essere chiare, certe e universali! E tali ecclesiastici mettono in discussione la legge morale, le linee fondamentali dei sacramenti, della liturgia e della disciplina generale della Chiesa. cedendo alle suggestioni della cultura contemporanea si tenta di ammorbidire la saldezza del Magistero ecclesiastico: lo si vorrebbe più flessibile, più pluralistico, più libero, guidato cioè da criteri soggettivi e storicisti; ma il suo atteggiamento non puo' essere che di ferma coerenza e di scrupolosa tutela del "deposito" dottrinale, e questo non è ostinazione, arretratezza, incomprensione, ma doverosa fedeltà alla parola di Dio.
A loro vorremmo dire con Sant'Agostino: "Siate fieri della verità, senza superbia".

Anche fra alcuni Teologi bisogna lamentare alcune deviazioni. Infatti, essi ricorrono a sofismi, ad espressioni ambigue, diffondono idee riprovevoli contro il Magistero, si arrogano la licenza di enunciare opinioni personali azzardate e contestano più o meno velatamente (vedi, per esempio, la Facoltà Teologica dell' Italia Settentrionale a Milano) l'autorità del sacro Magistero. Quando il sottoscritto chiese a un prelato le ragioni del dissenso dottrinale all'interno della Facoltà Teologica dell'Italia settentrionale, tale prelato allargo' le braccia e disse "Roma sa tutto e tollera ob torto collo questa Facoltà perchè è vicina alla Svizzera, alla Germania, e all'Europa protestante..." Se cosi fosse sarebbe una sciagura perchè in questi ultimi 30 anni sono usciti laici ed ecclesiastici con una formazione protestante. Percio' è opportuna la vigilanza della Congregazione per la Dottrina della fede presieduta del card. Levada il quale dovrebbe commissariarla come fecero 10 anni or sono (per molto meno) con Famiglia Cristiana, organo dei Paolini. In fondo, Famiglia Cristiana, fu commissariata per molto meno!

Il cardinale Tettamanzi ci ha insegnato nel suo autorevole magistero che la Chiesa indica una comunità cristiana fatta di "pietre vive", ossia di anime. Che essa è una società di amore, una comunione stabilita sulla fede e sulla carità con due dimensioni: una gerarchica o verticale, di paternità; l'altra orizzontale di fraternità. Tale Comunità orante e operante ha bisogno di numerosi ministri preparati, colti, impegnati nella solidarietà accanto agli ultimi e fedeli alla Tradizione, al Magistero e alla Sacra Scrittura.

Il card. Tettamanzi, presidente uscente della Conferenza episcopale lombarda, a cui possiamo applicare il detto di san Cipriano: "Il vescovo è nella Chiesa e la Chiesa è nel vescovo", non puo' non ascoltare le parole di Papa Benedetto XVI, associarsi, condiverle, e sollecitare quei Vescovi lombardi in odore di eresia (àiresis) nel senso che, purtroppo, non enunciano il magistero ecclesiastico per divina disposizione e non custodiscono e intrepretano la divina Rivelazione. a conformarsi alla dottrina della Chiesa. Insomma, alcuni Vescovi anzichè conformare il mondo alla legge di Cristo, fanno l'esatto contrario. E questo è il male dentro la Chiesa di cui parla Benedetto XVI.

Bene ha fatto papa Benedetto XVI a dire pubblicamente che i nemici della Chiesa sono dentro di essa. Ma il Papa, che è molto diplomatico (io lo sono meno), si è limitato anche a parlare di attacchi anticristiani e mediatici. Il che è vero. Basta leggere Repubblica, La Stampa, il New York Times e molti quotidiani inglesi e uno capisce subito chi c'è dietro la campagna contro il Pontificato di Benedetto XVI e che alcuni giornalisti lavorano per compiacere i loro editori.

Ma, invece, io vorrei cercare di dimostrare sinteticamente che nella Chiesa cattolica, come dice bene il terzo segreto della Vergine di Fatima, i nemici sono al suo interno. Per esempio, quei vescovi e quei preti cattolici ma che in realtà sono filo protestanti e luterani. Dovrebbero, questi signori che vivono alle spalle della Chiesa cattolica, rassegnare il mandato nelle mani di Benedetto XVI e risolverebbero tutti i loro dubbi sistematici, i loro contrasti, la critica corrosica, la contestazione sottile e subdola, la superbia, e il loro scetticismo ontologico sui dogmi della Chiesa cattolica. Ma, ovviamente, non lo fanno. Il Papa - scusi Santità la mia immodestia, dovrebbe mandare dei Visitatori apostolici nelle loro diocesi e adottare provvedimenti verso questi vescovi.
Perchè? Innanzitutto per loro Gesù di Nazaret è solo un Uomo (Maestro e Salvatore) e non è Dio. Cioè ha solo la natura umana e non quella divina. Non credono ai miracoli e alla risurrezione. Se gli parli della Madonna si agitano e se gli ricordi i dogmi della Chiesa cattolica diventano rossi paonazzi e ti escludono da tutto. O con me o contro di me: questo il motto degli eretici. Questo è il ragionamento che fanno questi Vescovi.

Veramente vi è di che rimanere esterrefatti e quasi paralizzati, se nello svolgimento di questa ineffabile vicenda noi non sapessimo che Gesù è morto e risuscitato con noi, per noi, in noi! (Cfr. L. Bouyer, Le mystère pascale, 11.12; G. Bevilacqua , l'uomo che conosce il soffrire; S. Agostino Ad Galatas, 28; etc).

Non solo: i loro seminari sono vuoti, preti invecchiano, alla Chiesa per ascoltare la Messa domenicale non ci va quasi nessuno, i giovani non si accostano ai sacramenti e fra di loro l'edonismo è la norma, il peccato non esiste e la coscienza morale non sanno neanche dove sia di casa. Ricordate le parole del « figliol prodigo » nella celebre parabola evangelica, vero specchio del dramma del peccato: « Padre, io ho peccato contro il cielo e contro di Te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio » (Lc 15, 18-21). Il peccato è simultaneamente offesa a Dio e rovina di chi lo commette (Cfr. S. Tommaso Summa Theologiae, I-IIæ, 55, 1 et 2). l'Eucarestia per loro è solo Memoria e non già Presenza reale del Corpo e del Sangue di Cristo e, infine Tradizione e Magistero della Chiesa, non vengono tenuti in nessuna considerazione.

La morale cattolica e i cosiddetti valori non negoziabili (vita, famiglia, libertà di educazione, e bene comune) sono tutte opzioni che non dobbiamo seguire. Ma successori degli Apostoli, indegni e sedicenti, non si accontentano di demolire la Chiesa con il discorso della collegialità, del pluralismo, del dissenso, dell'autosufficienza, ma addirittura negano anche immortalità dell'anima Paradiso, l'Inferno e Satana e forse non pregano più. ll che per loro è una contraddizione grave nel senso che, loro, al centro del loro ministero episcopale, mettono solo un libro, la Bibbia, ma dimenticano che essa parla di satana sin dal libro della Genesi. Lo interpretano a loro modo e fanno un'esegesi e un'ermeneutica che fa invidia ai luterani e ai calvinisti in generale senza tenere conto, come afferma la Dei Verbum, nè della Tradizione nè del Magistero.

Ecco perchè i loro seguaci sono cattolici adulti che non accettano il peccato e neanche la coscienza e la morale che discendeno dal Decalogo e dal Discorso della Montagna. Ora è arrivato il momento di mettere ordine nelle loro Diocesi dove i loro fedeli sono confusi, disorientati e sconcerati. Ben venga la nomina del Patriarca Scola nella Arcidiocesi di Milano il 25 settembre p.v. , Filosofo e Dottore in Teologia, uomo colto e raffinato, accusato incredibilmente nel 1970 di settarismo da coloro che nel terzo millennio il settarismo l'hanno inventato, promosso, e praticato nella diocesi di Milano con un magistero parallelo e una Chiesa dentro la Chiesa! che ha scandalizzato i puri e i semplici.

Ma che razza di Pastori sono coloro che non credono ai Santi (quando odio verso Giovanni Paolo II che canonizzo' centinaia di santi ndr) non credono alla Madonna, non credono alle immagini sacre, avversano San Tommaso d'Aquino il più grande Dottore della Chiesa e lo disprezzano. Con le mie orecchie ho sentito preti e vescovi dire queste cose. Per loro è meglio citare Kant e sapete perchè? Perchè secondo loro demolisce le cinque vie che conducono a Dio di Tommaso. Per loro vanno bene solo i teologi protestanti come se nella Chiesa Cattolica non ce ne fossero. Loro si abbeverano ai testi di Rudolf Bultmann, Karl Barth, Paul Tillich, Reinhold Niebuhr, Oscar Cullmann, Dietrich Bonhoeffer, Gerhard Ebeling, Wolfhart Pannenberg, Adolf von Harnack e Jurgen Moltmann.

E' una vergogna che loro attingano solo alla teologia protestante eliminando quella cattolica. Per loro, pieni di superbia, Romano Guardini , Chenu, de Lubac, Congar, Rahner, Hans Urs von Balthasar, e Bernhard Häring (solo per citarne qualcuno) sono teologi passatisti, datati e che non dicono nulla al mondo d'oggi.
E' una vergogna che i nemici della chiesa siano al loro interno, nelle Facoltà teologiche e nei Seminari. Costoro, come ho detto prima, devono scegliere: o stare nella Chiesa cattolica, o rassegnare il mandato nelle mani di Benedetto XVI.

Si dice oggi che ci siano il neopaganesimo, il secolarismo, e la scristianizzazione, ma la responsabilità è riconducibile anche a questi signori. Io sono davvero preoccupato: questi non pregano neanche, hanno vergogna a vestirsi di viola, e se sono preti si vestono in borghese senza nessuna croce.
Che tristezza, che amarezza che sconforto provo quando remano contro la Chiesa e pensano solo alla carriera, al successo e al denaro. Sono pure ambiziosi lor signori: vogliono e chiedono al cardinale Prefetto della Congregazione dei vescovi solo sedi cardinalizie e vogliono uffici importanti nella Curia Romana per far carriera. I preti pedofili? Si devono spostare in altre parrocchie e in altre diocesi questa è la loro filosofia. I docenti di religione cattolica fedeli al Magistero, al Papa e al Concilio, sono da temere perchè pericolosi, e quindi vanno puniti e intimiditi.

La Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, non si riprenderà se non saprà agire verso questi presunti successori degli Apostoli che tanto male hanno fatto nell'esercizio del loro mandato. Sono irrazionali, ma furbi come il diavolo e con zizzania e ambizioni personali danneggiano ogni giorno l'operato di Benedetto XVI. Vorremmo dire a costoro: "Umiliatevi sotto la mano potente di Dio, affinché Egli vi esalti nel tempo della (sua) visita; ogni vostra ansietà deponetela in lui, perché Egli ha cura di voi (1 Petr. 5, 6-7). E l'esempio di Cristo, soprattutto, ci sarà scuola e modello di umiltà (Cfr. San Bernardo De gradibus humilitatis et superbiae; PL 182, 941 ss.). Essi hanno dimenticato le parole dell'Apostolo: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto . . . La carità non abbia finzioni; fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda» (Rm 12, l-2; 9-10). Quante cose splendide, in termini così semplici e chiari nel cristianesimo! Sembra superfluo farvi commento. Basta meditare con animo sereno e fedele.

Esse ci riconducono a quella preziosa notizia degli Atti degli Apostoli, che scolpisce l’aspetto caratteristico, spirituale e sociale, della prima comunità cristiana: «la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede, aveva un Cuor solo e un’anima sola» (At 4, 32).
Cosa faremo contro i nemici servili, falsi, e cortigiani dentro la Chiesa Cattolica di cui nessuno parla? Riprenderemo con il successore di Pietro, Benedetto XVI, il cammino verso la edificazione dell’unità, se mai alcune volte avessimo ceduto ad una gelosa ed ostile affermazione della nostra autonomia spirituale e religiosa, con danno della docile e virile obbedienza all’esigenza della concordia e della solidarietà proprie della comunione cattolica; e saremo insieme, tutti e fraternamente, fortemente, con lo sguardo dell’anima teso verso Gesù crocifisso, che «amò la Chiesa e diede Se stesso per lei» (Ep 5,25).

Ma soprattutto se vogliamo essere coerenti e fedeli, dovremo ricordarci che dobbiamo essere forti, secondo ragione s’intende, anche se questa virtù della fortezza cristiana ci espone a non pochi pericoli, a non poche difficoltà (Cfr. S. Tommaso, Summa Theologiae, II-IIae, 123, 1).
La nostra professione cristiana non dev’essere condizionata dalla paura. Cristo ce lo ha ripetuto tante volte (Cfr. Mt 10,28). Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti (cioè i forti) lo possono raggiungere (Ibid. 11, 12).

Il cristiano non dev’essere un mediocre, ma un forte (Cfr. S. Ambogio, De Officiis, 1, 39). Se la nostra educazione cristiana è stata debole e reticente, specialmente sul senso del dovere, su l’obbligo della testimonianza e dell’apostolato, sul rischio dell’impopolarità, dell’avversa fortuna (Cfr. Gv 16, 20) e perfino della vita (Ibid. 12, 24-25), noi dobbiamo corroborarla di virtù per sé religiose, quali sono la fede, la speranza, l’amore, ma eminentemente pratiche anche nell’ordine temporale (Cfr. Ga 3,11 Ga 5,5 2Co 1,7 etc. ); e ricuperare alla nostra vita cristiana la virtù cardinale della fortezza. Ripeteremo con S. Pietro: siate forti nella fede (1 Petr. 5, 9); a tanto ci chiama l’integrità della nostra vocazione cristiana; a tanto ci obbliga la storia dei tempi che stiamo vivendo.

Prof. Alberto Giannino
Presidente Ass. culturale docenti cattolici
alberto.giannino@gmail.com

[22 luglio 2011]

http://www.lavocedivenezia.it/



Caterina63
00lunedì 24 settembre 2012 14:53
Santa Sede e politici cattolici contro il ministro Profumo: “L’ora di religione resti com’è”


La proposta del ministro dell’Istruzione Profumo sull’insegnamento della religione ha fatto scattare la polemica

GIACOMO GALEAZZI


CITTÀ DEL VATICANO


Altolà cattolico alla proposta del ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, di cambiare l’ora di religione per «rimanere al passo con le trasformazioni di un Paese sempre più multietnico».


Dalle autorità vaticane ai politici cattolici di ogni schieramento è un coro «bipartisan» di no. «La Santa Sede sta preparando un documento sull’educazione interculturale in cui si affronta proprio l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole commenta il viceministro vaticano dell’Educazione cattolica, Angelo Zani -. Vanno evitati due estremi: relativizzare ogni cultura o favorirne una a discapito della altre». E aggiunge: «In Italia l’ora di religione (regolata da un’intesa tra Stato e Chiesa) dà un importante contributo alla pacificazione e non all’esaltazione di un’identità». Dunque, «non è giusto chiedere ai cattolici di rinunciare ad essere se stessi: non è accaduto neppure in altri paesi ancora più multiculturali».

Da tempo, precisa monsignor Zani, «nei programmi scolastici l’ora di religione non ha un taglio da catechismo, bensì pedagogico-culturale e già offre un inquadramento sulle religioni». Inoltre «chi sceglie di non avvalersene potrebbe usare quel vuoto per approfondire altre fedi, in Germania ogni studente sceglie quale insegnamento religioso frequentare, spetta alle istituzioni attrezzare un’alternativa a chi adesso ha semplicemente un’ora in meno di lezione».
Roberto Rao (Udc) taglia corto: «Cambiare l’ora di religione non è in agenda, è un’uscita “fuori tempo” che crea confusione. Sono altre le urgenze per l’istruzione e cioè il tempo pieno, le risorse, l’adeguamento tecnologico, il concorso pendente sui precari».
Critico anche Giuseppe Fioroni, leader dell’ala cattolica del Pd: «La nostra legislazione è molto avanzata nel recepire la multietnicità e consente già oggi sia di non frequentare la lezione, che di pretendere un insegnamento alternativo. Perciò quello di Profumo è un esercizio lessicale, ma un ministro dovrebbe risolvere i problemi invece di crearli». Infatti, «basterebbe dare agli istituti i mezzi per allestire le ore alternative».


L’ex ministro e cofondatore del Pdl, Gianfranco Rotondi prende le distanze dalla proposta. «Un governo tecnico non può porre una questione che deve passare attraverso una campagna elettorale- afferma-. E’ un tema fondamentale che tocca le radici cristiane dell’Italia, non si può stravolgere l’ora di religione per farne una generica lezione di storia delle fedi o di etica. La crescente presenza di studenti stranieri nelle classi elementari e medie non deve servire da pretesto ad una scristianizzazione della nostra istruzione».
Rotondi prende a modello Benedetto XVI per ribadire: «Lungi dal costituire un’interferenza o una limitazione della libertà, la presenza degli insegnanti di religione nella scuola italiana è anzi un valido esempio di quello spirito positivo di laicità che permette di promuovere una convivenza civile costruttiva, fondata sul rispetto reciproco e sul dialogo leale». Quindi «la piena dignità scolastica dell’insegnamento della religione cattolica contribuisce a dare un’anima alla scuola e assicura alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione».

 La Stampa, 24 settembre 2012


Caterina63
00mercoledì 11 dicembre 2013 13:49

  La Cei il 10 maggio col Papa per ribadire il valore dell'insegnamento della religione cattolica



"La Chiesa in Italia vuole ribadire il proprio impegno e la propria passione per la scuola. Quest’anno e lo farà anche in maniera pubblica con un grande pomeriggio di festa e di incontro con il Papa in Piazza san Pietro il prossimo 10 maggio, a cui sono invitati gli studenti, gli insegnanti, le famiglie e tutti coloro che sono coinvolti nella grande avventura della scuola e dell’educazione".

Lo afferma un messaggio della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno 2014-2015.

"Riprendendo le parole del Papa - dice il messaggio - riteniamo che sia necessaria una formazione completa della persona, che dunque non trascuri la dimensione religiosa. Non si potrebbero capire altrimenti tanti fenomeni storici, letterari, artistici; ma soprattutto non si potrebbe capire la motivazione profonda che spinge tante persone a condurre la propria vita in nome dei principi e dei valori annunciati duemila anni fa da Gesù di Nazareth. È per questo che vogliamo ancora una volta invitare ogni studente e ogni genitore a guardare con fiducia e con simpatia al servizio educativo offerto dall’insegnamento della religione cattolica".  



Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/12/10/la_cei_il_10_maggio_col_papa_per_ribadire_il_valore_dellinsegnamento/it1-754597 
del sito Radio Vaticana 







Caterina63
00giovedì 19 dicembre 2013 15:07

EDUCARE AL DIALOGO INTERCULTURALE NELLA SCUOLA CATTOLICA

Città del Vaticano, 19 dicembre 2013 (VIS). "Educare al dialogo interculturale nella scuola cattolica. Vivere insieme per una civiltà dell’amore" è il titolo del documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica (degli Istituti di Studi) presentato questa mattina presso la Sala Stampa della Santa Sede. Alla Conferenza Stampa sono intervenuti il Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, l'Arcivescovo Angelo Vincenzo Zani, Segretario del medesimo Dicastero ed il Professor Italo Fiorin, Docente dell’Università LUMSA di Roma.

"Un bambino, un insegnante, un libro, una penna possono cambiare il mondo. L'istruzione è la sola soluzione", ha detto il Cardinale Grocholewski citando le parole pronunciate all'O.N.U. da Malala Yousafzai, la giovane pachistana ferita dai Talebani perché difendeva il diritto all'istruzione. In merito il Cardinale ha ricordato che, secondo i dati dell'UNICEF, nel 2013 i bambini e le bambine che non vanno a scuola nel mondo superano i 70 milioni e al 75% degli studenti dei Paesi poveri può capitare di assistere alle lezioni per due o tre anni senza imparare a leggere e a scrivere, mentre nel mondo mancano circa 1.7 milioni di insegnanti per raggiungere l'obiettivo di una eduzione primaria qualificata.

La Congregazione per l'Educazione Cattolica si unisce alla preoccupazione della comunità internazionale, convinta del ruolo insostituibile dell'educazione per il futuro dell'umanità, la pace, lo sviluppo sostenibile e la dignità dei popoli e, in questi anni, ha dato un contributo specifico all’approfondimento di alcuni temi, che ha poi trovato espressione nei documenti offerti alle Chiese locali, alle Congregazioni Religiose dal carisma educativo, agli Organismi e alle Associazioni del settore.

L'argomento scelto, educare al dialogo interculturale, è molto importante e attuale, anche se non nuovo. "Ne sanno qualcosa - ha ricordato il Cardinale Grocholewski - le Congregazioni religiose femminili e maschili che operano da secoli in realtà multiculturali e multireligiose con esperienze encomiabili di istruzione e di formazione. Tuttavia oggi il rilevante fenomeno delle migrazioni ha globalizzato la realtà del multiculturalismo e della multireligiosità, con la conseguente necessità di una adeguata educazione interculturale. In tale contesto la scuola cattolica è chiamata a fornire alle giovani generazioni gli elementi necessari per sviluppare una visione interculturale del vivere insieme".

Il documento ha come principali destinatari "i genitori, responsabili primi e naturali dell’educazione dei figli", gli organismi che rappresentano la famiglia nella scuola ed altri organismi che hanno la sollecitudine pastorale dell'educazione". "Per l’ampiezza della destinazione - ha aggiunto il Cardinale Grocholewski - si è scelto di presentare l’argomento dell’educazione al dialogo interculturale dentro un quadro più vasto.

Per questo si è estesa, ad esempio, la riflessione al rapporto cultura e religione, religione cattolica e altre religioni; si è dato spazio alla presentazione dei fondamenti teologici e si è ritornati sull’identità della scuola cattolica e della comunità educativa che fa di Cristo il suo fondamento. Tale identità è sostenuta dall’insegnamento della religione cattolica, che si coniuga bene anche con il rispetto della libertà personale, nonché dalla continua formazione dei dirigenti e docenti. La parola chiave che lega insieme tutti gli aspetti toccati nel documento è 'dialogo'. Il dialogo è l’indicazione che Papa Francesco sta offrendo con accaloramento quale atteggiamento con cui la Chiesa deve affrontare ogni situazione (...). Affinché in tale visuale la scuola cattolica possa svolgere un ruolo costruttivo, essa non può indebolire la sua identità, anzi deve rafforzarla, e tanto meno la sua missione può essere disgiunta dall’evangelizzazione".

"L’obiettivo finale dell’educazione al dialogo interculturale - ha concluso il Cardinale - è la costruzione di una civiltà dell’amore. La civiltà dell’amore per i cristiani non è una vaga solidarietà, ma esprime la carità di Cristo. Questo è il servizio con cui le scuole cattoliche, che cercano sempre di coniugare il compito educativo con l’annuncio esplicito del Vangelo, (...) costituiscono un contributo molto valido all’evangelizzazione della cultura, anche nei paesi e nelle città dove una situazione avversa ci stimola ad usare la creatività per trovare i percorsi adeguati".

L'Arcivescovo Zani ha spiegato a sua volta che per elaborare il documento "sono stati presi dei contatti con diversi organismi, istituti religiosi e diocesi per raccogliere esperienze concrete di educazione al dialogo interculturale promosse da istituzioni cattoliche nelle varie parti del mondo. (...) Le proposte didattiche che ci sono pervenute ad esempio dall’Africa, dall’Amazzonia, dal Perù, comprendono una dimensione di aiuto allo sviluppo, e diverse iniziative sono indirizzate alle ragazze, spesso molto più facilmente escluse dal sistema scolastico". Il Presule ha anche ricordato l'esperienza delle "Scuole per l’Europa",

"iniziata nella Bosnia Erzegovina nel 1995, dopo la guerra nei Balcani, dove la diocesi di Sarajevo ha deciso di aprire una scuola cattolica per accogliere i ragazzi delle diverse etnie e religioni. Questo progetto di scuola 'interetnica' si è moltiplicato in tutto il Paese e contribuisce alla ricostituzione dell’unità nella società, con lo sviluppo di una mentalità pacifica, e una formazione integrale che include conoscenza del patrimonio religioso ed educazione ai valori".

Anche in Medio Oriente "45 scuole cattoliche del Patriarcato latino, senza lasciarsi scoraggiare dalle bombe e dalla violenza, fanno un lavoro paziente e perseverante con i loro alunni di diverse nazioni e religioni, che imparano a conoscersi e a costruire relazioni di rispetto ed amicizia".

"Ciascuna di queste esperienze - ha concluso l'Arcivescovo Zani - fa capire concretamente come la diversità delle religioni, delle lingue e delle tradizioni può essere trattata con cura e rispetto, con vera carità evangelica, e diventare una autentica ricchezza per ogni gruppo ed individuo. In ciascuna di queste scuole si vedono messi in pratica modi e mezzi con cui ognuno apporta i doni propri per costruire 'ponti di comprensione e di pace' e un destino fondato sull’amore come ideale da realizzare".








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