Interessante contributo del forumista Paolo alea_iacta_est72

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Caterina63
00lunedì 3 ottobre 2011 15:41

Carissima Caterina,

ti invio la e-mail, della cui difficoltà nello spedirtela ti ho scritto nella sezione "Presentazioni e utili informazioni" sul sito Difendere la Vera Fede. Ho preferito contattare in privato, a causa della eccessiva lunghezza: tuttavia, se dovessi ritenere che l'argomento trattato possa essere utile per l'approfondimento di alcune tematiche dottrinali, sono ben lieto di renderla pubblica: qualora tu stessa dovessi inserirla pubblicamente in una sezione del sito, fai pure.

Grazie per la tua disponibilità: Dio benedica te e le persone che ti sono care.



Carissimi fratelli,

ho sinceramente bisogno del vostro aiuto e consiglio: da circa un anno ho oramai intrapreso con estremo interesse l'approfondimento delle Sacre Scritture alla luce del Magistero della nostra Santa Chiesa, ricorrendo quindi anche alla lettura degli

scritti dei Padri. Sul vostro sito DIFENDERE LA VERA FEDE, cui attingo continuamente, leggo questo studio sulla Dottrina del Purgatorio, del quale, oltre al link relativo all'intera pagina, riporto specificamente il passaggio che mi interessa mostrarvi:


< Infine nel brano di Luca 12,42 ss troviamo la figura del servo che di fronte all’attesa del proprio padrone, si può comportare in modi differenti. Rileggiamo il testo:

43 Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. 44In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.

47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.


1) totale fedeltà, 2) totale infedeltà, 3) parziale infedeltà, 4) parziale fedeltà.

Per ciascuno di questi atteggiamenti, Gesù dichiara come si comporterà il padrone al suo ritorno dicendo che

- nel primo caso il servo fedele sarà posto a capo di tutti i suoi beni: cioè in uno stato di premio, che noi, in base alle altre Scritture chiamiamo "paradiso".

- nel secondo caso il servo malvagio sarà trattato con rigore come gli infedeli, cioè verrà punito nel fuoco eterno (cf.Mt.25,41)

•nel terzo caso Gesù indica il comportamento di chi non si uniforma pienamente alla volontà del Padrone pur conoscendola e dice che riceverà molte percosse;

•nel quarto caso indica il comportamento di un servo che ha agito male ma senza sapere di offendere il Padrone. Si noti l’attenuante e come Gesù tenga conto delle responsabilità individuali di ogni suo servo. Questo servo dunque, di percosse ne

riceverà poche."

Questo testo non lascia dubbi circa il destino dei singoli servi: è chiarissimo il riferimento al premio del paradiso, al castigo eterno, ma soprattutto alla parziale pena comminata a chi pur non avendo fatto in tutto e per tutto la volontà del padrone non si è reso responsabile di un castigo eterno ma solo di "molte o poche percosse"; e siccome queste sono promesse al ritorno del padrone è chiaro anche che non si riferisce alla vita presente ma a quella futura.

Per questa parziale e temporanea punizione decisa dal Padrone quando si incontrerà di nuovo col suo servo non del tutto fedele e non del tutto infedele, è stato utilizzato il termine unico di "purgatorio" per sintetizzare tutto il concetto espresso nella Scrittura in tutti i brani sopra riportati.>

http://difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8698757


E, sinceramente, ho dato sempre per scontata questa interpretazione. Tuttavia, frequentando anche un sito americano di apologetica CATTOLICA....

http://phatcatholic.blogspot.com/2006/09/scripture-commentary-by-st-thomas.html

....che apprezzo anche a causa del fatto che ciascun versetto dei Vangeli sia seguito da numerose citazioni ascrivibili ai Padri della Chiesa, ho trovato che San Basilio Magno lo interpreta in modo del tutto differente:

BASIL; But you will say, If the one indeed received many stripes, and the other few, how do some say He assigns no end to punishments? But we must know, that what is here said assigns neither measure nor end of punishments, but their differences.

For a man may deserve unquenchable fire, to either a slight or more intense degree of heat, and the worm that dies not with greater or more violent gnawings. (link:   http://dhspriory.org/thomas/CALuke.htm#12)

Ovvero, in italiano: 

BASILIO: Ma voi direte....se uno, in realtà, ha ricevuto parecchie frustate, e l'altro poche (frustate), come mai alcuni asseriscono che Egli non assegni alcun termine alle punizioni? Tuttavia, noi dobbiamo sapere che ciò che è qui espresso non conferisce

né una misura, né una fine alle punizioni, ma solo le loro differenze. Dal momento che un uomo può meritarsi il fuoco inestinguibile, sia con una lieve intensità di calore, sia con un calore più intenso; (nonché meritarsi) il verme che non muore mai con

maggiori o comunque più violenti morsi. 

a) Ora, a parte il sincero timor di Dio che in me nasce da questi versi, la cosa che (a mio avviso) risalta è un'apparente contraddizione tra le due interpretazioni: San Basilio Magno, a quanto pare, sottrae a questi versi di Luca ogni riferimento al

Purgatorio. Qual è la posizione "UFFICIALE" riguardo alla corretta interpretazione di questi versi? Sono io (come spero tanto) ad aver capito male? Ovviamente, credo assolutamente nella Dottrina del Purgatorio, che emerge da decine di altri versi.
E' l'uso di questi specifici versi, al fine di convalidare ulteriormente la medesima Dottrina, che alla luce di quanto scritto da San Basilio mi mette in difficoltà. Come interpretano gli altri Padri questi stessi versi?

b) Io inoltre ho sempre correlato il verso 48 alla posizione dei "fratelli separati"..., collegandolo a sua volta a Mc 9, 38-39, ossia al fatto che l'appellarsi al nome di Gesù comunque consenta ad essi di essere strumento nelle mani di Dio, pur non
trovandosi in piena comunione con la Santa Chiesa. Tuttavia, San Basilio Magno, così interpretando, li escluderebbe dalla Salvezza, a prescindere....Ho capito io male? Non c'è nessuna salvezza per chi fraintenda in buona fede le Scritture? E'
possibile inoltre, come afferma San Basilio, che nell'Inferno si soffra in certi casi di più ed in altri di meno?

c) sempre riguardo a Mc 9, 38-39, come lo interpretate? Io l'ho sempre considerato con riferimento ai nostri Fratelli Separati:

    a - costui che operava i l'esorcismo (tuttavia Gesù amplia il discorso, comprendendo i "miracoli" nel senso più ampio) non apparteneva al "corpo" dei discepoli/apostoli, né sembra avesse deciso di aderirvi in seguito al "divieto" subito per opera dei
         discepoli/apostoli (scrivo discepoli/apostoli perché in Mc 9 non ho ancora capito se si potesse parlare già di Apostoli....forse mi sfugge);
    b - sicuramente, possedeva una conoscenza "dottrinaria" molto imperfetta e, complessivamente, incompleta, soprattutto riguardo le cose che Gesù spiegava ai soli discepoli/apostoli (addirittura, è ampiamente probabile non sapesse neanche che
         Gesù fosse il Cristo, cosa che solo S.Pietro aveva riconosciuta e riguardo la quale Gesù aveva imposto ai suoi il silenzio);
    c - il Consolatore, lo Spirito Santo, non era ancora sceso su alcuno, per cui l'operatore di "miracoli" di cui si parla nel versetto in esame non poteva aver in alcun modo ricevuto la pienezza della Fede che poi sarebbe stata conferita ai 120 durante la
         Pentecoste (tanto per fare un esempio);
    d - complessivamente, mi sembra di poter dire che codesto "operatore di miracoli" non fosse in "comunione" con il corpo dei discepoli/apostoli (embrione già parzialmente operante della Chiesa) e , quindi, con la Chiesa medesima; né che fosse in
         possesso della "completezza" dottrinale; tanto meno mi sembra di poter asserire che costui avesse mostrato l'intenzione di "entrare" nel corpo dei discepoli/apostoli, altrimenti S.Giovanni si sarebbe espresso diversamente.
    e - mi sembra quindi "assimilabile" concettualmente ad un ERETICO e, difatti, tra gli altri, sul medesimo sito CATTOLICO americano di apologetica, sopra menzionato, il grande Sant'Agostino, riguardo l'interpretazione di tali versi, si esprime così:

         "...Ad esempio, colui il quale operasse miracoli nel nome di Cristo e che, tuttavia, non si fosse unito al corpo dei Suoi discepoli, fintantoché operasse tali miracoli nel Suo nome, era CON loro, e NON contro di loro; tuttavia, nel non aver aderito
          alla loro comunità, egli NON era CON loro, bensì, CONTRO di essi.
          Fu a causa del loro proibire a costui di poter procedere in ciò in cui egli stesso era CON loro che il Signore rispose: "Non proibiteglielo." Ciò in quanto i discepoli avrebbero dovuto invece proibire che egli rimanesse al di fuori della loro comuni-
          tà, in modo tale da persuaderlo [della necessità] dell'unità della Chiesa. Tuttavia essi non avrebbero dovuto affatto proibirgli di operare ciò in virtù di cui egli era CON loro, ossia il suo appellarsi al nome del loro Signore e Maestro al fine di otte-
          nere l'espulsione dei demòni.
          E' per questo che la Chiesa Cattolica non disapprova negli ERETICI i sacramenti, che sono in comune, bensì essa biasima la loro divisione nonché talune loro opinioni contrarie alla pace ed alla verità; dal momento che in ciò, essi, sono contro
          di noi." (Sant'Agostino di Ippona)

    Il medesimo sito (a mia avviso straordinario, purché si abbia una certa dimestichezza con l'inglese) non indica, tuttavia, in tal caso il riferimento a quale sia l'opera di Sant'Agostino dalla quale sia stato estratto tale brano. Mi sembra comunque, una
    interpretazione precisa e puntuale (e non potrebbe essere diversamente, considerando l'Autore). Cosa ne pensate?

d) Come interpretare 2Pt 3, 16, ove è scritto "...che gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina"?  Allora avrebbe ragione San Basilio, nel senso che l'eretico, anche se in buona fede, andrebbe inevitabilmente

verso la rovina totale, senza possibilità di salvezza?

Vi chiedo scusa per l'eccessiva prolissità.

Dio benedica Voi e la nostra Santa Madre Chiesa, che a 37 anni ho scoperto di amare più di ogni altra cosa nella mia vita (dal momento che è la sposa ed il corpo di Nostro Signore).

Paolo (alea_iacta_est72)



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[SM=g1740733] Carissimo Paolo,
grazie per averci scritto, e nel mentre provo a dare un riscontro alla tua interessante e-mail, ti spedisco la risposta in copia a Teofilo e Gino, altrettanto responsabili e curatori del nostro forum ^__^

Prima di entrare nello specifico è indispensabile capire che ogni singolo Padre della Chiesa, ogni Santo, ogni Dottore, non avrebbe alcuna voce ufficiale nella Chiesa se non fosse la Chiesa stessa a dargliela ^__^ per tanto, fai bene a domandarti, nel dubbio, quale sia la VOCE UFFICIALE DELLA CHIESA... perchè prendere singolarmente i Padri, o la stessa Scrittura, ed interpretarla lontano dal Magistero e dalla Tradizione viva della Chiesa, non avremmo mai una voce ufficiale, ma solo OPINIONI...


Detto questo la risposta di fatto te la sei data da solo ed hai risposto bene ^__^

I termini corretti della Dottrina sul Purgatorio li troviamo infatti nel Catechismo... quanto a san Basilio non si sta contraddicendo... all'epoca in cui loui diceva queste cose la Chiesa che era ancora unita anche con la Chiesa Orientale che diventerà poi separata con il termine di "Ortodossa" credevano e credono tuttora a due tipi di FUOCO: uno provvisorio, l'altro eterno...
Occorrerebbe leggere TUTTA l'omelia di san Basilio per capire a quale e a cosa si stia riferendo, ma dalle sue parole si evince che egli parli di entrambi quando dice:

BASILIO: Ma voi direte....se uno, in realtà, ha ricevuto parecchie frustate, e l'altro poche (frustate), come mai alcuni asseriscono che Egli non assegni alcun termine alle punizioni? Tuttavia, noi dobbiamo sapere che ciò che è qui espresso non conferisce né una misura, né una fine alle punizioni, ma solo le loro differenze. Dal momento che un uomo può meritarsi il fuoco inestinguibile, sia con una lieve intensità di calore, sia con un calore più intenso; (nonché meritarsi) il verme che non muore mai con maggiori o comunque più violenti morsi. 



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oserei dire, dalle poche parole che leggiamo, che san Basilio sta confermando un fuoco eterno in rispetto proprio a quello non eterno, infatti si domanda:
Ma voi direte....se uno, in realtà, ha ricevuto parecchie frustate, e l'altro poche (frustate), come mai alcuni asseriscono che Egli non assegni alcun termine alle punizioni?
...........

come a chiedersi: perchè pensate che non esista alcun termine alle punizioni? ossia l'Inferno, una punizione eterna....rispetto al Purgatorio che non è eterno...


Ecco Paolo, a fronte del poco che ho letto, credo che questa sia una corretta lettura del passo, altrimenti san Basilio non sarebbe diventato il Santo e Padre che è se avesse rigettato una sola delle dottrine professate dalla Chiesa ^__^


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Quanto ai Fratelli Separati c'è un monito che conduce la Chiesa a ritenere davvero fratelli: coloro che pur separati NON SONO CONTRO LA CHIESA... ^__^ e chi sono? soprattutto i FIGLI DELL'ERESIA che ignari di ciò che li ha preceduti, ignari dell'unità che prima i loro avi vivevano nella Chiesa, spesso vengono tenuti all'oscuro della Verità che li ha separati dal Corpo di Cristo....

per comprendere questo ti suggerisco di leggerti la conversione di Newman, anglicano e poi cattolico e che Leone XIII fece cardinale e oggi Benedetto XVI ha dichiarato anche beato... lo trovi nella sezione dedicata ai santi ^__^
Il fatto che siano separati non li devide dalla eventuale salvezza molto dipende DALL'ONESTA' con la quale proclamano il Cristo RICEVUTO DALLA CHIESA... in tal senso i Padri di cui mi fai appunto la citazione, erano molto severi con le prediche degli eretici perchè non predicavano il Cristo MA UN CRISTO CONTRO LA CHIESA CATTOLICA, da qui i loro moniti alla dannazione eterna perchi, predicando, si sarebbe posto CONTRO DI LORO...

Spero di averti aiutato alla comprensione... pubblicherò subito il tutto nella sezione dei Dialoghi ... così proseguiremo li il nostro ricco contributo... anche con Gino e Teofilo appena ne avranno l'occasione.... Teofilo in questo è più preparato di me ^__^

ad ogni modo, sfoglia anche la sezione in basso, dopo i Papi, dedicata ai dialoghi su MSN, sono un ricchissimo archivio che tratta anche di questi discorsi...

al momento mi fermo qui perchè sto uscendo....ma ti prometto ulteriore analisi appena rientro [SM=g1740727]

Grazie a te per queste illuminanti considerazioni sempre utili a dare ragione della fede che ci anima!


Fraternamente Caterina [SM=g1740738]


(Teofilo)
00martedì 4 ottobre 2011 11:19
Caro Paolo,
Il breve passaggio di s.Basilio purtroppo non chiarisce bene il suo pensiero riguardo al versetto di Luca 12, 48. Occorre avere sotto mano tutto il suo scritto per farci una idea più chiara. Caterina ha espresso quanto penso anch'io delle poche parole di Basilio che sembrano prima avvalorare l'idea del purgatorio e poi sembrano dire che quel versetto si riferisce però all'inferno. E' strano e non chiarificante.
Si può anche ritenere che le pene dell'inferno possano essere di maggiore o minore intensità ma il versetto dice POCHE PERCOSSE e non lascia pensare a maggiore o minore durezza della pena ma alla loro quantità.

Ti riporto qui di seguito, spezzando in diversi post, data la lunghezza, quanto fu oggetto di considerazioni alcuni anni or sono su questo specifico versetto,  e se avrai nuovi elementi fammelo sapere, soprattutto se trovi l'intero brano di s.Basilio.
Con affetto
(Teofilo)
00martedì 4 ottobre 2011 11:22

Da Luca 12,45-48 ...il padrone di quel servo verrà nel giorno che non se lo aspetta e nell'ora che non sa, e lo punirà severamente, e gli assegnerà la sorte degli infedeli. Quel servo che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà, riceverà molte percosse; ma colui che non l'ha conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, ne riceverà poche. A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.



I fratelli separati interpretano il brano sopra riportato, come segue:

Le percosse, si riferiscono alla punizione più o meno grave che il reprobo dovrà scontare all'inferno: gli assegnerà la sorte degli infedeli

Così come i salvati (che hanno accettato Gesù) avranno dei premi più o meno grandi a seconda del loro comportamento, cosi' i non salvati (che non hanno accettato Gesù) avranno delle punizioni più o meno gravi a seconda del loro comportamento.


I servi , richiamati da Cristo in questa similitudine, sono di diversi tipi:

Il servo molto fedele che fa esattamente secondo il volere del padrone e viene ricompensato con molti beni.

Il servo completamente infedele che si mette ad angariare gli altri servi e riceve una punizione severa tra gli infedeli.

Il servo che pur conoscendo la volontà del padrone non si dà da fare per compierla, e riceve molte percosse.

il servo che non conosce la volontà del padrone e quindi opera di conseguenza, il quale riceve poche percosse.

Sulle caratteristiche di questi servi l’indagine di molti commentatori cattolici si è matenuto molto nel vago, ed entro limiti molto ristretti, senza approfondire più di tanto il tipo di premio o di castigo ad essi comminato. La maggioranza di essi commenta il versetto delle molte o poche percosse dicendo genericamente che si tratta di un diverso grado di punizione commisurato al diverso grado di responsabilità. Il Catechismo non fa nessun riferimento ai versetti in questione. I Padri apostolici con contengono, per quanto abbia cercato, alcun commento. Pertanto non possediamo una interpretazione certa trasmessa dai primi cristiani alle generazioni successive.

Mi sono posto molte volte delle domande su questi servi senza trovare risposte soddisfacenti nei commenti finora letti.


La risposta protestante, conclude  dicendo che anche i servi non completamente cattivi, andranno all’inferno.


Ecco qui di seguito l'interpretazione di un commentatore protestante (in color marrone) desunte da LaParola.net:

Luca 12:47:

47. or il servitore che ha saputo la volontà del suo Signore, e non si è disposto a far secondo la volontà d'esso, sarà battuto di molte battiture. 48. Ma colui che non l'ha saputo, se fa cose degne di battitura, sarà battuto di poche battiture;

In questo e nel seguente versetto, Luca riferisce, relativamente al malvagio servitore, una parte del discorso di Gesù che non è ricordata da Matteo. Essa si occupa del grado di punizione che gli verrà inflitta, quando il Signore sarà tornato, e gli avrà assegnato «la sua parte cogli infedeli». infedeli, in questo versetto, non è un mero equivalente di Matteo 24:51, o di servi indegni di fiducia; ma introduce una classe peggiore, della cui salvezza non c'è speranza alcuna, perché non hanno mai creduto, e la cui eterna distruzione è espressa figurativamente coll'esser «gittati nelle tenebre di fuori, ove sarà il pianto e lo stridor dei denti» Matteo 8:12. Come in cielo sono riserbati ai santi gradi maggiori o minori di beatitudine e di gloria 1Corinzi 15:41-42, così per quelli che verranno rinchiusi per tutta la eternità nella prigione della geenna, la scala delle pene sarà proporzionata alle circostanze delle colpe di ciascuno. Queste circostanze son qui enumerate: conoscere la volontà del Padrone e non farla, e far cose che meritano punizione, in ignoranza della volontà del Padrone. Tale ignoranza deve intendersi della conoscenza diretta della volontà di Dio; ma anche quella non li salverà dalla punizione, solo scemerà l'intensità del castigo che il giusto Giudice pronunzierà su di loro all'ultimo, giorno; perché da Romani 2:12-16 sappiamo che anche fra i pagani vi era sufficiente, conoscenza della volontà di Dio, così per la coscienza come per la luce di natura, da renderli inescusabili e da sottoporli a giudizio per le loro trasgressioni. I servi infedeli non sono qui solamente i ministri di Cristo, i quali, per pigrizia, ambizione o vizio trascurano la volontà del Padrone, che ha loro comandato di cercar le anime, e di fortificar la sua Chiesa; ma pure uomini di ogni rango che han ricevuto da Dio uffizio e dignità, come Apocalisse, Magistrati, Legislatori, Maestri, Genitori, Padroni di officine, i quali deliberatamente trascurano, nelle varie loro sfere di influenza, di far la sua volontà. Questi saranno battuti di molte battiture. Quel servo, al contrario, le cui azioni malvagie e la cui trascuranza del proprio dovere nacquero dal non essere egli esattamente informato della volontà del Padrone, sarà battuto di meno battiture. Fuvvi un tempo in cui le Scritture non erano tradotte nella lingua di molti popoli, quando pochi erano i pastori ed i dottori, ed allora ben potevasi mettere avanti la ignoranza della volontà di Dio, in attenuazione del castigo Atti 17:30; ma ora non può il peccatore derivare da questa dichiarazione, un incoraggiamento a peccare, poiché il fatto solo che egli conosce questo passo lo esclude da ogni esenzione. Possiamo facilmente comprendere quanto la sorte di uno che perisce dopo aver goduto i più alti privilegi, e la chiara conoscenza della volontà di Dio, deve esser più terribile di quella di chi è stato meno privilegiato di lui. Il genere di pena qui mentovato, battiture, era sanzionato dalla legge di Mosè, e veniva ordinariamente inflitta dai Giudei ai malfattori. Quaranta battiture meno una (equivalenti alle «molte» di questo passo) eran date per le offese più gravi, siccome quelle che meritavano tutti i rigori della legge, ma delitti minori venivano puniti meno severamente Deuteronomio 25:2-3.


Ma questa interpretazione urta contro alcuni punti della Scrittura .

Se prendiamo ad esempio il quarto tipo di servitore, il quale NON CONOSCEVA la volontà del Padrone e che quindi per tale motivo non ha operato secondo il suo volere, come si può ritenere che sia stato destinato alla DANNAZIONE ETERNA, sia pure con punizione di minore intensità, ma senza più nessuna opportunità di salvezza?

Questo servo agiva senza sapere bene quel che faceva!

Agiva senza la piena avvertenza e senza il deliberato consenso nel compiere azioni che egli riteneva forse perfino conformi alla volontà del padrone.

Eppure i fratelli separati ritengono che il Signore consideri quel servo senza speranza di redenzione!

Ma nel fare questa interpretazione non si tiene che è

Proprio lo stesso Signore che è venuto a morire per i peccatori!

Proprio lo stesso Signore che ha pregato: Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno!

Proprio lo stesso Signore che ha parlato continuamente di misericordia e di perdono!

Proprio Lui sarebbe così spietato da non tener conto che quel servo stava agendo in modo inconsapevole e quindi avrebbe dovuto trattarlo con compassione? Egli che aveva compassione delle folle che lo seguivano, e rimetteva le colpe più gravi a coloro che neppure lo imploravano come nel caso della donna colta in flagrante adulterio!

Come si concilia dunque la conclusione protestante, che considera degno dell’inferno questo tipo di servo, con il sacrificio redentivo di Cristo e con la Sua infinita Misericordia?.

Non solo, ma se consideriamo il principio della giustificazione per sola fede, professata proprio dai fratelli separati, non è una grossa contraddizione ritenere che quel servo, il quale conosce il Padrone, e quindi crede in Lui, sia stato destinato alla ETERNA PUNIZIONE, con poca sofferenza, ma tuttavia ETERNA, per un comportamento dovuto a semplice ignoranza?

Il principio della sola fede prevede la salvezza per chiunque crede e professa con la propria bocca il Signore risorto!

Quel servo è certamente da considerare credente visto che si trova al servizio (servo o amministratore che sia) di un tal padrone. Come mai, il Signore lo manderebbe all’inferno?


Evidenzio che per la mia interpretazione non ho trovato riscontri sufficienti, ma neppure contrari, in altri commenti cattolici, tuttavia mi sia consentito di fare le mie riflessioni personali su questo brano, visto che il Magistero non si è pronunciato in merito e non esiste né una versione univoca né tantomeno una definizione esatta del versetto. Tutti i fratelli separati si sentono in diritto di farlo asserendo di essere in ciò illuminati dallo Spirito Santo. Se essi lo possono essere perché non potrei cercare anch’io di comprendere più a fondo uno specifico versetto scarsamente esplorato?


Consideriamo ora la conclusione del Signore nel brano in questione :

A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.

Egli richiederà dai suoi servi in proporzione di quanto essi hanno ricevuto.

Se non hanno ricevuto la luce necessaria per poter operare secondo la volontà del Padrone, come possiamo pensare che Egli possa esigere dal suo servo qualcosa che non gli ha messo a disposizione?

Se pensassi che il Signore un giorno potrebbe mandarci all'inferno per delle colpe di cui non siamo neppure sufficientemente consapevoli, allora è meglio che perdiamo tutti ogni speranza di salvezza!. Chi potrebbe salvarsi se bastano delle omissioni neppure volute coscientemente a condannarci eternamente?

Lo stesso salmista chiede: assolvimi dalle colpe che non vedo! Dobbiamo pensare che il Signore invece lo manderà dritto all'inferno? Ma vogliamo proprio essere così ottusi, da non riconoscere che cosa il Signore vorrebbe intendere?

Considerato che Cristo è morto per i nostri peccati, per riconciliarci con Dio, per salvare coloro che si accostano a Lui pur con le loro debolezze umane, considerato ancora che Egli è la Misericordia per antonomasia, c'è da ritenere che quelle POCHE PERCOSSE, comminate al servo che ha mal operato per non aver conosciuto la volontà del Padrone, sono delle punizioni leggere e temporanee in vista della salvezza eterna, promessa ai credenti in Lui.

Se poi si tiene conto che Cristo precisa il termine POCHE, vuol dire che non possono essere considerate ETERNE. Se fossero eterne, sarebbero in numero INFINITO, e perciò non potrebbero essere mai definite POCHE, in quanto l'eternità non ha mai fine;

Il commento protestante sostiene che POCHE è da intendersi come di MINORE INTENSITA', mentre invece per dire questo Gesù avrebbe dovuto usare un'altra definizione come ad esempio MENO DURAMENTE o simili. Invece l’espressione POCHE PERCOSSE, prevede un numero limitato di punizioni, sotto l'aspetto numerico, se vogliamo prendere il Vangelo alla lettera.

In un certo senso lo si può anche accostare all’espressione di Paolo: "Egli si salverà ma come attraverso il fuoco".

Così pure il suo cattivo operato, che ignora la volontà del Signore può essere paragonato ai materiali scadenti con cui egli ha costruito, in quanto servo, sul fondamento.

In entrambe le espressioni lo sfondo finale è la salvezza, pur attraverso una temporanea sofferenza.

E allora se proprio non piace il termine "purgatorio" si potrebbe definire tale stato "la condizione delle poche percosse" fondato sul Vangelo.


Riporto un dialogo su questo specifico argomento, intercorso con un evangelico che per privacy denomino “XY”:

Scriveva XY:

Il caro Teofilo ha fatto questo studio a sostegno del purgatorio. il punto chiave è il seguente: colui che non ha conosciuto la volontà del padrone e ha fatto cose degne di castigo non è un cristiano, ma un pagano che segue la legge di Dio nel suo cuore (Rom 2)

Vediamo quindi che il cristiano che conosce la volontà di Dio rivelata in Cristo, ha più responsabilità che un pagano che segue le ispirazioni della sua coscienza.

Una persona che pecca consapevolmente e deliberatamente è punita di più di chi fa le stesse cose senza comprendere appieno la loro gravità, rimane il fatto che essere battuti e flagellati e segno di separazione eterna di Dio

Il padrone di quel servo verrà nel giorno che non se l'aspetta, nell'ora che non sa, e lo farà punire a colpi di flagello e gli assegnerà la sorte degli ipocriti. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti. (Mt 24,50-51)


Caro XY,

Stando al contesto generale della similitudine si comprende che i servi presi in considerazione sono al servizio del padrone; essi conoscono il padrone ma possono non conoscere la sua volontà. In tal caso appunto riceveranno poche percosse.

I servi dei versetti 47-48 sono da considerare tutti i cristiani in generale invitati alla vigilanza di cui parla tutto il capitolo 12, e in particolare i servi amministratori secondo il v.41 di cui Pietro gli aveva espresso esplicita domanda. Non si riferisce ai pagani.

Pensiamo ad esempio a quanti devono fare certe scelte difficili nella loro vita di fede cristiana e si trovano ad imboccare strade sbagliate, non avendo ben conosciuto la chiara volontà di Dio a proprio riguardo.

Pensiamo ancora a quanti, dovendo decidere se intraprendere il proprio impegno cristiano nella Chiesa Cattolica oppure in un’altra denominazione alla fine imboccano una strada fuori dalla vera Chiesa, secondo il proprio intendimento ma non secondo quello che Dio vorrebbe effettivamente.

Pur avendo il dono della fede queste persone fanno qualcosa che essi pensano sia giusto e meglio fare ma in realtà non è proprio secondo la volontà del loro padrone.

Ecco dunque quali possono essere i casi, o altri analoghi, in cui i servi, pur non avendo piena colpa, non hanno neppure piena perfezione nel loro agire.

Per questo tipo di servo Cristo parla di poche percosse.

La sorte di questo servo non viene accostato alla sorte degli infedeli, né degli ipocriti, né del pianto e stridor dei denti.

Sottolineo che se queste percosse sono POCHE, vuol dire che non sono ETERNE, perché se fossero eterne allora sarebbero in numero infinito, illimitato: mentre Cristo specifica che saranno POCHE e le poche battiture sono segno di pena temporanea non di eterna separazione.


Caro XY (S79)

il testo in blu è tuo, il neretto è mio:


> > Stando al contesto generale della similitudine si
> > comprende che i servi presi in considerazione sono
> > al servizio del padrone; essi conoscono il padrone
> > ma possono non conoscere la sua volontà. In tal caso
> > appunto riceveranno poche percosse.
>
> Anche ponendo le cose in questi termini, si tratta di
> un servo che sbaglia consapevolmente, e di un altro
> servo che fa cose degne di castigo, quindi che Dio
> dato che lui stesso è giusto
deve punire.
> Se quel servo non conosce la volontà del padrone, non
> la conosce per negligenza.
> Giacomo al cap.1 della sua epistola dice che se
> qualcuno manchi di sapienza la chieda a Dio che la
> dona a chi la desidera.
> Un parallelo con questo caso può essere il servo che
> ricevette un solo talento e non lo fece fruttificare
> per timore.

Quel "deve punire" è corretto e infatti Gesù precisa che sarà punito, ma CON POCHE PERCOSSE.

Il che significa che non sarà eternamente, e quindi, secondo me, non può trattarsi dell'inferno.

Nè può trattarsi del paradiso immediato, perchè in paradiso non si ricevono percosse.

Questi servi che conoscono il Padrone, e quindi credono, non si salvano automaticamente e immediatamente per la SOLA FEDE .

Il testo non autorizza a pensare necessariamente che si tratti di negligenza del servo.


>
> > I servi dei versetti 47-48 sono da considerare tutti
> > i cristiani in generale invitati alla vigilanza di
> > cui parla tutto il capitolo 12, e in particolare i
> > servi amministratori secondo il v.41 di cui Pietro
> > gli aveva espresso esplicita domanda. Non si
> > riferisce ai pagani.
>
> Può essere.
> prendiamo in esame i vv.paralleli in Mt e notiamo che
> le percosse riguardano sempre persone che hanno perso
> la approvazione di Dio.


> Si può perdere l'approvazione per qualcosa ma non per tutto. E anche di quel qualcosa il SIgnore tiene in conto: anche del bicchiere d'acqua dato con amore.

Il testo di Matteo prende in considerazione solo due categorie di servi e non quattro.

Non è affatto detto che la terza e la quarta categoria di servi menzionata da Luca sia una sottocategoria della seconda categoria: per me è evidente che si tratta di categorie a parte, rispetto alle prime due.



> > Pensiamo ad esempio a quanti devono fare certe
> > scelte difficili nella loro vita di fede cristiana e
> > si trovano ad imboccare strade sbagliate, non avendo
> > ben conosciuto la chiara volontà di Dio a proprio
> > riguardo.
> > Pensiamo ancora a quanti, dovendo decidere se
> > intraprendere il proprio impegno cristiano nella
> > Chiesa Cattolica oppure in un'altra denominazione
> > alla fine imboccano una strada fuori dalla vera
> > Chiesa, secondo il proprio intendimento ma non
> > secondo quello che Dio vorrebbe effettivamente.
>
> Qui si tratta di cose differenti.
> Non trovo che per un cristano che in buona fede vuole
> servire di Dio e si sbaglia, si possa dire che fa
> "cose degne di castigo".
> la parabola si riferisce decisamente a chi apostata
> dalla fede e si dà al peccato in varie forme.

Vi può essere chi pur senza essere apostata, pur facendo tante cose degne, può incappare in cose riprorevoli. Rileggiamo le parole rivolte da Cristo a vari servi in Apoc 2

2 Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e non lo sono - e li hai trovati bugiardi. 3 Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. 4 Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima. 5 Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto. 6 Tuttavia hai questo di buono, che detesti le opere dei Nicolaìti, che anch'io detesto.....

18 All'angelo della Chiesa di Tiàtira scrivi: Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. 19 Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. 20 Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli.... 23 Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere. ....

Questi servi si sono distinti per opere, fatica, costanza, carità, fede, servizio....eppure il Signore ha qualcosa CONTRO di loro, ha qualcosa che non li fa essere perfetti. In mezzo al bene vi è qualcosa di male oppure in mezzo al male vi è qualcosa di buono.

Il SIgnore darà a ciascuno SECONDO LE SUE OPERE. Cioè premio o castigo proporzionato a quanto si sarà fatto sia in bene che in male come dice Paolo:

2Co 5,10 Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.

Ciò che si fa di male ovviamente non è una ricompensa favorevole ma sfavorevole, un castigo, delle percosse, che possono essere poche qualora vi fossero nel contempo altre opere di bene per le quali il Signore dara una ricompensa.

Il casi dei comportamenti espressi da Gesù possono dunque essere compresenti nello stesso servo.

Capita a volte di essere caritatevoli con tante persone e a volte di far cose degne di castigo.

Quale dei due comportamenti il Signore dovrà considerare secondo te?

Dovrà eternamente premiare o eternamente punire?

Secondo me, nè l'una nè l'altra cosa. Ma proporzionalmente al grado di conoscenza, di responsabilità e di gravità, assegnare le conseguenti "percosse" o le conseguenti ricompense.

Pensieri, parole, opere ed omissioni sono continui nei servi del SIgnore: a volte sono più o meno coerenti a volte incerenti, a volte consapevoli a volte inconsapevoli.

Non tutti i servi presentano sempre e solo una stessa costante caratteristica per tutta la vita.

Pensa se per una cosa fatta e degna di castigo, insieme a tante altre cose fatte degne del Signore, Egli decidesse di mandarci all'inferno! Chi si salverebbe?

Anche dei ricchi il SIgnore dice che è più facile che un cammello entri per la cruna di una ago che un ricco nel regno dei cieli. Eppure Egli stesso, rispondendo ai discepoli inculca la fiducia che a Dio niente è impossibile: perfino far passare quel cammello ATTRAVERSO LA CRUNA DELL'AGO! E noi siamo come tanti cammelli, più o meno appesantiti da difetti, che devono passare ATTRAVERSO LA FINISSIMA CRUNA DELLA PERFEZIONE CHE LA SANTITA' e la GIUSTIZIA DI DIO ESIGE E CHE INCENDIERA' COME FUOCO TUTTE NOSTRE IMPERFEZIONI.



>
> > Pur avendo il dono della fede queste persone fanno
> > qualcosa che essi pensano sia giusto e meglio fare
> > ma in realtà non è proprio secondo la volontà del
> > loro padrone.
> >
> Queste persone avranno al massimo un premio inferiore
> da Dio al giorno del giudizio.
> Non regneranno magari su 10 città nel regno di Dio (Lc
> 19,17-19) ma regneranno solo su 5 o solo su 1.
> Condivideranno comunque come re il regno di Cristo
> sulla terra nei 1000 anni successivi al suo ritorno
> (Ap 20,5-6)

Sulla questione millenarista abbiamo un altro forum in corso.

Luca non parla di diminuzione di premio ma di poche percosse.

Paolo non parla di diminuzione di ricompensa ma che invece EGLI STESSO SI SALVERA' , MA COME ATTRAVERSO IL FUOCO (1Co3,15)

Queste non sono mie parole o supposizioni ma espressioni precise della Scrittura.



>
> > Ecco dunque quali possono essere i casi, o altri
> > analoghi, in cui i servi, pur non avendo piena
> > colpa, non hanno neppure piena perfezione nel loro
> > agire.
> > Per questo tipo di servo Cristo parla di poche
> > percosse.
>
> Poche indica un numero limitato, sono d'accordo.
> sotto ti approfondisco la cosa.



>
> > La sorte di questo servo non viene accostato alla
> > sorte degli infedeli, né degli ipocriti, né dello
> > stridor dei denti.
>
> Dici?
> leggi le 2 parabole parallele che trovi nel vangelo di
> Matteo.in quelle 2 è netta la linea:
> salvati e non salvati.


> Matteo riporta solo le prime due specie di servi: o totalmente fedeli o totalmente infedeli.

Luca integra rispetto a queste due categorie, altre due per le quali non si parla nè di premio nè di punizione rigorosa con stridor di denti.



> > Sottolineo che se queste percosse sono POCHE, vuol
> > dire che non sono ETERNE, perché se fossero eterne
> > allora sarebbero in numero infinito, illimitato:
> > mentre Cristo specifica che saranno POCHE e le poche
> > battiture sono segno di pena temporanea non di
> > eterna separazione.
>
> Se poche sono un numero limitato, anche le MOLTE
> percosse rimangono comunque un numero limitato.
> MOLTE vuol dire tante, ma comunque non INFINITE.
> In Mt che è un vangelo sinottico con Luca, vediamo che
> si parla anche lì di un servo che viene fato
> flagellare e che dopo viene gettato in un luogo di
> sofferenza.
> Se prima viene fatto flagellare, e poi messo nella sua
> dimora eterna di separazione da Dio, vuol dire che i
> colpi di flagello/percosse che ha ricevuto sono
> LIMITATI, non INFINITI.
> Ciò non fa di lui un salvato.

Ho preferito analizzare le Poche percosse perchè più evidente la leggerezza della colpa e il conseguente leggero castigo.

Nel caso delle MOLTE percosse, sono pure del parere che si tratta anche in questo caso di punizione pur sempre limitata e non eterna in vista della salvezza.

Mentre secondo il tuo ragionamento dovremmo pensare che vi saranno prima delle percosse, tante o poche che siano, e poi l'inferno.

Quindi tanti cristiani, i quali hanno fatto tante cose degne del Signore, basterà che abbiano fatto come i servi di Tiatira, qualcosa CONTRO la Sua volontà, che saranno prima battuti e poi spediti all'inferno eterno. Tutta la loro fede, la loro costanza, le loro fatiche, le loro opere non serviranno a consentir loro la salvezza. Davvero tremendo.

Questo ragionamento

contraddice alla grandezza del dono della fede e alla salvezza ad essa connessa, se accompagnata dalla carità, sia pure imperfetta.

Contraddice alla Misericordia infinita di Dio che ci ha creati per la salvezza, non per la perdizione con tanta facilità .

Contraddice al sacrificio di Cristo che è venuto per salvare e non per condannare.



(Teofilo)
00martedì 4 ottobre 2011 11:30

In conclusione caro Teofilo se leggiamo il vangelo con
> attenzione ed onestà ci rendiamo conto che l'inferno è
> una tragica realtà in cui MOLTI andranno.
> La salvezza rimane per POCHI, una strada stretta....se
> davvero questo rischio di dannazione non fosse così
> grande, perchè Gesù ne parla così spesso?
> Francamente preferirei molto di più che il purgatorio
> davvero esistesse, anzi preferirei che esistesse solo
> il purgatorio e l'inferno non ci fosse e che tutti
> sarebbero salvati dopo un periodo di tempo di
> espiazione...ma la Scrittura non ci autorizza a
> credere questo.
> Saranno più numerosi i dannati dei salvati,
> leggi alcuni padri e dottori della Chiesa Cattolica e
> vi troverai proprio questa amara e tragica realtà.

Qui nessuno di noi intende negare l'inferno e la sua orrenda realtà.

Ma da questo a dire che con tanta facilità il SIgnore permetterà che vi si caschi dentro ce ne corre.

Per questo noi ribadiamo il concetto che perchè questo avvenga vi deve essere un rifiuto di Dio consapevole, reiterato, grave, senza pentimento. Una offesa imperdonabile, nè nel tempo presente nè in quello futuro, come può essere ad esempio la bestemmia contro lo Spirito Santo come può essere ad esempio la negazione consapevole della verità conosciuta, disperazione di potersi salvare nonostante l'infinita Misericordia di Dio, oppure di potersi salvare senza alcun merito facendo peccati senza ritegno e affronto alla Misericordia.



Caro XY, sto approfittando di qualche giorno di ferie per dedicarmi a queste risposte.

Domani terminano le ferie per cui le eventuali risposte saranno probabilmente più diluite nel tempo.

Scrivevi:

> Caro Teofilo, la tua analisi è interessante.
> A me tuttavia sembra evidente che in Luca non si parli
> di 4 servi, ma di 2 servi, di cui le poche o molte
> percosse sono una sottocategoria.
> Mi sembra accettabile dunque vedere le molte o poche
> percosse come una punizione più o meno grave.

Dovrebbe destare domanda come mai Gesù parlerebbe di un solo tipo di servo assolutamente fedele destinato al Paradiso e poi di tre tipi di servi destinati all'inferno, sia che abbiano fatto molto male sia che abbiano sbagliato anche una sola volta, e magari anche inconsapevolmente, ritrovandosi il giorno del giudizio di fronte ad un ineluttabile, inappellabile e terrificante giudizio. Non è evidente la tua conclusione.

Si salverebbe solo chi è stato sempre e solo fedele.

Ti ricordo di quanti altri tipi di servi sono menzionati in Apoc cap. 2 in cui il molto ben operare si trova mescolato a opere riprorevoli, consapevoli o inconsapevoli, e a loro non viene fatta minaccia di eterna punizione.

Tutti coloro che hanno fatto qualsiasi errore non avrebbero speranza.

Esaminiamo queste minacce fatte in Apoc per vari tipi di servi:

Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto...

Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca...

3 Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te.

Non risultano in questi versi esaminati minacce di eterni castighi come nel caso di quei servi totalmente infedeli menzionati in Luca 12,45: Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46 il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.

Quelli che sono parzialmente infedeli vuol dire che sono al contempo parzialmente fedeli. Cioè hanno qualcosa di buono, in primo luogo la FEDE, visto che sono al servizio del Padrone. Ora, proprio quelli che hanno la FEDE, pur avendo poche opere, non si salveranno? DI essi Paolo dice che chi crede e professa con la bocca che Cristo è risorto saranno salvati. Quindi le "battiture" sono previste per chi pur avendo la fede , non avrà operato in piena conformità al volere del Padrone, ma si salverà ugualmente, attraverso, tribolazioni di questa vita o di quella futura, se necessario.


Riprendo un concetto che esprimevi in altra occasione per offrirti un'altro motivo di riflessione:

Una persona che pecca consapevolmente e deliberatamente è punita di più di chi fa le stesse cose senza comprendere appieno la loro gravità, rimane il fatto che essere battuti e flagellati e segno di separazione eterna di Dio

Il quarto tipo di servi non comprende per nulla la gravità di ciò che sta facendo, perchè Gesù dice che non conosce il volere del Padrone. Perciò la sua colpa è comprensibilmente leggera.

Le battiture o percosse, sia forti che leggere, non sono necessariamente indice di separazione eterna da Dio, come tu dici, ma anzi devono essere visti come correttivi e come esigenza di giustizia, nonchè della bontà infinita di Dio, che offre una possibilità di affrancamento, in Cristo, che ha aperto per tutti la strada verso la salvezza.

Vediamo qualche esempio dalla Scrittura:

Eb 12,6 perché il Signore corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio.

Nota il termine SFERZA: flagello che non è finalizzato alla separazione eterna.

Addirittura Paolo abbandona alla crudele e devastante opera di Satana alcuni credenti infedeli, al fine di ritrovarli salvi nel giorno del giudizio:

1Co 5,5 questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.

2Co 12,7 Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia.

1Ti 1,20 tra essi Imenèo e Alessandro, che ho consegnato a satana perché imparino a non più bestemmiare.

Questi correttivi cominciano già nella vita presente, e sono necessari perchè la persona IMPARI.

Ometto di riportare tutti i versetti dove si parla della necessità delle tribolazioni per raggiungere la vita eterna: tutte finalizzate non alla perdizione ma alla salvezza. Se la carne muore prima che satana possa torturarlo nel corpo? A chi sarà dato in balia affinchè impari e possa ottenere la salvezza nel giorno di Cristo Gesù?



> Consulta alcuni commentari CATTOLICI e vi troverai
> facilmente proprio questo.
> Ritengo comunque possibile anche un'altra spiegazione
> che ti pongo più sotto.

I commentari che ho consultato, come ti dicevo come premessa iniziale di questo nostro esame sui servi di Luca 12,47, non si addentrano mai sul tipo di castigo ad essi comminato, e credo che non vi sia da parte cattolica un adeguato approfondimento di questo testo che per molte ragioni è accostabile a 1 Cor 3,15.

Se tu hai qualche commento esegetico serio ed attendibile, che affronti il problema in modo vasto e articolato, ti prego di farmi una scannerizzazione, se puoi.

Resta comunque il fatto che si tratterebbe comunque di un punto di vista, per quanto rispettabile.

Le mie osservazioni non contraddicono minimamente a quanto la Chiesa professa, anzi trovo che questo testo di Luca dia ancor più ragione ad essa, nonostante non se ne serva per avvalorare la propria posizione.

Ma potrebbe farlo a ragion veduta, stando a tutto quello che stiamo scandagliando e facendo emergere dalla profondità della Scrittura che è un forziere inesauribile a cui noi non dobbiamo mai smettere di attingere.



> Quando in 1Cor 3,15 si parla di salvezza attraverso il
> fuoco si tratta delle opere non valide che nel giorno
> del giudizio verranno bruciate.
> "Egli ne avrà il danno"
> Si tratta del dissolvimento nel fuoco del giorno del
> giudizio di quelle opere non fatte secondo il volere
> di Dio.

> Paolo per esprimere bene questo concetto fa un esempio
> a mio avviso molto efficace:
> Oro, argento, pietre preziose
> rappresentano le opere fatte secondo Dio
> legno, paglia, fieno
> rappresentano le opere fatte secondo la volontà
> dell'uomo
> Ora immagina questa scena:
> Un masso di roccia su cui sono poste sopra lingotti di
> oro, di argento e di pietre preziose.
> Immagina che il tutto venga incendiato, il fuoco non
> danneggerà sostanzialmente tutto questo.
>
> Immagina ora lo stesso masso di roccia e ponici sopra
> del legno del fieno e della paglia.
> Dai fuoco al tutto, vedrai davanti ai tuoi occhi che
> questi materiali inadeguati bruciarsi ed alla fine
> rimarrà solo la roccia di fondamento.

Rileggiamo ancora una volta il testo di Paolo:

1Co3,13 l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno.

1Co 3,14 Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; 15 ma se l'opera finirà bruciata, egli sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco.

Nel versetto 13 si parla della prova del fuoco SULL'OPERA. Ma nel verso 14, si dice che attraverso il fuoco ci passa l'OPERATORE.

Ti prego di notare quell' Egli.

Oltre all'opera, anche l'operatore passerà ATTRAVERSO IL FUOCO, prima di salvarsi

E' proprio EGLI, l'operatore che sarà punito o subirà il danno, ovvero le percosse, in vista della salvezza.



> le "percosse" possono quindi essere viste dunque come
> questo consumarsi nel fuoco delle opere non fatte
> secondo la volontà di Dio.

Le percosse vengono date ai servi come dice chiaramente la similitudine di Luca 12,47

Non è assolutamente possibile neppure immaginare che vengano date alle opere.

Le opere non hanno sensibilità alcuna e non possono percepire il castigo di cui è invece responsabile il credente.

Non per nulla Paolo dice: egli sarà punito: tuttavia egli si salverà,


> Ricordo che proprio in Apocalisse in una delle lettere
> alle chiese Gesù dice: "ti consiglio di comprare da me
> dell'ORO AFFINATO COL FUOCO" parlando di opere da
> compiere secondo il Suo Volere.
> Mi sembra evidente la analogia con l'oro e la prova
> del fuoco di 1Cor 3.

Traggo dal commento evangelico di laparola.net uno spunto di risposta anche per farti capire qualche contraddizione in cui si viene a cadere:


Ap 3,18 Io ti consiglio di comprare da me dell'oro affinato col fuoco affinché tu arricchisca;

Solo Cristo può dare a Laodicea i veri beni di cui ha necessità. Cristo l'esorta a comprare da lui questi beni, non perchè l'uomo ch'è bisognoso abbia di che pagare dei beni spirituali di valore infinito, ma perchè l'uomo deve pur soddisfare a certe condizioni morali senza le quali le ricchezze della grazia divina non possono essergli donate. Contraria del tutto alla dottrina evangelica è l'idea romana che i beni della grazia si comprano a prezzo di buone opere.


Ancora una volta la posizione evangelica esprime la convinzione che le opere non servono assolutamente a nulla. Quindi l'oro che il Signore invita ad acquistare, secondo i fratelli separati non sono le opere come tu pensi.

Da notare comunque la frase evidenziata in grassetto dove vien detto, dal commento evangelico, che l'uomo deve pur soddisfare a certe condizioni morali senza le quali le ricchezze della grazia divina non possono essergli donate.

Allora NON BASTA LA FEDE!!! ci vogliono anche le opere, ci vuole dirittura morale perfetta.

E se le opere sono buone solo in parte? Se ci sono dei difetti?

Cosa farà il Signore?


>> Infine nonostante le nostre inadempienze Dio ci
> salverà se confidiamo in Lui, cercando di servirlo con
> i nostri limiti e difetti ma con cuore sincero.


E' proprio quello che sostengo anch'io. Il fine per cui siamo stati creati è la salvezza.

I difetti e i limiti sono insiti nella nostra natura.

Pensa a Pietro che, nonostante conoscesse la volontà del Padrone, nonostante gli avesse chiaramente profetizzato il suo rinnegamento, egli ugualmente lo rinnega.

Ma egli si pente e Cristo lo perdona e anzi gli da l'incarico di confermare i fratelli nella fede e gli affida tutto il gregge. Ma quante tribolazioni Pietro avrebbe poi dovuto sopportare oltre alla contrizione del suo cuore pentito, quante mortificazioni, fatiche, pericoli fino alla morte per martirio, prima di ricevere la corona della vita.

Ma che ne sarà di chi rinnega il Padrone consapevolmente come Pietro e poi si pente all'ultimo istante senza avere il tempo nè di una contrizione e dolore perfetto come il ladrone che subì anche la crocifissione?

Non dovrà avere anch'egli l'occasione di poter imparare dalla giustizia divina la gravità del suo errore?

Ecco dunque le molte percosse, e il SUO passaggio come attraverso il fuoco, ma in vista della salvezza.


::::::::::::::::::::.

Proseguo il dialogo con XY.

Il testo blu è suo, quello in neretto è mio, come di consueto.



> Caro Teofilo, riporto alla tua attenzione questo brano
> su cui ci stiamo confrontando, voglio concludere
> questo discorso con 2 possibili esplicazioni:
>
> 1-ecco la prima:
>
> 41 Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per
> noi, o anche per tutti?»
>
> Per tutti può indicare anche per i pagani.
>

Secondo il contesto del capitolo, Pietro domanda a Gesù se egli si riferisce a tutti i CREDENTI oppure solo agli APOSTOLI, visto che Gesù aveva parlato della vigilanza che i suoi avrebbero dovuto avere. Gesù non aveva parlato della vigilanza dei popoli del passato e neanche poteva aspettarsi la vigilanza di coloro che non erano suoi discepoli.

Infatti Gesù parlerà subito dopo di Amministratore e i vari tipi di servitori sono sempre da riferirsi all'amministratore posto in funzione di responsabilità . Solo per estensione può essere riferibile anche ad altri credenti.

I pagani in questa similitudine non c'entrano come già ti ho spiegato in precedenza

Ma vedremo che anche se volessimo farceli entrare per "estendere l'estensione", ugualmente non si potrebbe immaginare in loro una colpa passibile di eterna punizione.


> 42 Il Signore rispose: «Chi è dunque l'amministratore
> fedele e prudente
che il padrone costituirà sui suoi
> domestici per dar loro a suo tempo la loro porzione di
> viveri? 43 Beato quel servo che il padrone, al suo
> arrivo, troverà intento a far così. 44 In verità vi
> dico che lo costituirà su tutti i suoi beni. 45 Ma
se
> quel
servo dice in cuor suo: "Il mio padrone tarda a
> venire"; e comincia a battere i servi e le serve, a
> mangiare, bere e ubriacarsi,
46 il padrone di quel
> servo
verrà nel giorno che non se lo aspetta e
> nell'ora che non sa, e lo punirà severamente, e gli
> assegnerà la sorte degli infedeli. 47
Quel servo che
> ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha
> preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà,
> riceverà molte percosse; 48 ma
colui che non l'ha
> conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, ne
> riceverà poche. A chi molto è stato dato, molto sarà
> richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più
> si richiederà
>
> Da questo possiamo intendere che al v.48 coloro che
> non hanno conosciuto la volontà del padrone, ma hanno
> fatto "cose degne di castigo" saranno puniti comunque
> nell'inferno, perchè saranno andati contro la legge
> divina scritta nel loro cuore.
>
> Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò Dio ed
> egli mi sarà figlio. 8 Ma per i codardi, gl'increduli,
> gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli
> stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro
> parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo,
> che è la morte seconda.
>
> Chi avrà commesso colpe gravi come l'omicidio, anche
> se non ha conosciuto la volontà del padrona rivelata
> in Cristo sarà comunque punito con la separazione
> eterna da Dio.
> Inoltre nei primi 3 casi abbiamo un termine, nel
> quarto un altro:
> servo
> servo
> servo
> colui
>
> il che può indicare un ignaro del vangelo.
>

Il "colui" si riferisce con assoluta chiarezza a "servo" di cui sta facendo l'elenco casistico, così come l'espressione che non l'ha conosciuta si riferisce alla volontà del Padrone.

Il quale servo non è altro che una specificazione del tipo di servo Amministratore che apre la similitudine, come si può ben rilevare dal testo. La volta scorsa dicevi addirittura che il quarto tipo di servo è una sottocategoria della seconda. E la seconda categoria è un servo. Ora cambi parere e pensi come cercavo di farti capire che si tratti di una categoria a parte: ma continui a pensare che si tratti della categoria dei pagani.

Or questa categoria, sia che si tratti di cristiano com'è evidente, sia che si tratti di pagano, significa che egli, PROPRIO NON SAPEVA CIO' CHE IL PADRONE CHIEDESSE e quindi non siamo autorizzati a ritenere che il padrone possa ETERNAMENTE PUNIRLO per una cosa di cui non era a conoscenza. Tanto più che le percosse sono POCHE.

Se un pagano non sa quello che il padrone vuole, significa che la legge scritta nel suo cuore non gli ha evidenziato il contrasto del suo operare con la volontà del suo Dio. Perchè dunque Dio dovrebbe punirlo con una condanna irreversibile ed eterna , senza dargli la possibilità di un affrancamento?

Se la legge del cuore non ha mostrato la gravità del suo operare, quale grave colpa può essere imputato al pagano, tanto da doverlo punire eternamente?

2-Un'altra possibile visione è la seguente, leggendo
il termine del versetto alla luce della sua
conclusione, possiamo mettere questa parentesi nel
tetso che ne rivela il significato:

48 ma colui che non l'ha conosciuta (altrettanto bene
come il servo di cui si è parlato prima) e ha fatto
cose degne di castigo, ne riceverà poche. A chi molto
è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è
stato affidato, tanto più si richiederà

Gli è stato affidato di meno, perchè ha avuto meno
rivelazione da parte di Dio, ma è pur sempre stato un
credente in Cristo che non si è dimostrato fedele.

> Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò Dio ed
> egli mi sarà figlio. 8 Ma per i codardi, gl'increduli,
> gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli
> stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro
> parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo,
> che è la morte seconda.


Ti faccio notare che l'aggiunta inserita da te tra parentesi
(altrettanto bene come il servo di cui si è parlato prima) è del tutto arbitraria e non esiste nel testo. Rivela il significato che gli vorresti far avere tu partendo dalla tua interpretazione. L'interpretazione deve partire dal testo e non viceversa.

Il testo dice chiaramente che quel servo NON HA CONOSCIUTO IL VOLERE DEL PADRONE al cui servizio si trova. Non posso assolutamente condividere questa aggiunta che la Scrittura non riporta.

Il verso 48 conclude : A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà.

Ma cosa si potrà richiedere a chi non è venuto a conoscenza della volonta del padrone su un certo tipo di comportamento o opera fatta nel corso della vita? Come poteva trafficare quel tale in modo corretto, un talento che non aveva?

Quindi, anche volendo accostare questa similitudine alla parabola dei talenti troveremo che questo servo di Lc 12,48, non ha ricevuto quel talento.

I credenti sanno che facendo le cose abominevoli, omicidi, furti, fornicazioni, andranno all'inferno, ma quel servo di cui stiamo facendo l'analisi, NON SAPEVA, dal che si deduce che non si trattasse di colpe di tale gravità, altrimenti la legge evangelica o la legge del cuore (nel caso di pagani), avrebbe testimoniato contro.

Pensiamo invece ai sedicenti pastori di chiese scismatiche, i quali sono convinti di conoscere la volontà del Padrone e invece si adoperano per gettare fango e veleno sulla vera Chiesa e a proseguire nell'opera di divisione apportando ulteriori ferite ad essa. Anche se al contempo hanno operato qualche cosa di buono alla fine dovranno rispondere di tutto. (cf.Giac.3,1-2)

Infine anche se fosse vera la tua interpretazione sui 4 servi, che contraddice i 2 soli servi presenti nel
vangelo sinottico di Matteo! Si tratterebbe comunque di una dose più o meno grande
di PERCOSSE DATE AL RITORNO DI CRISTO, non SUBITO DOPO LA MORTE, come insegna la dottrina cattolica sul purgatorio!!!

Luca aggiunge i due servi. Altrimenti dovresti dire che Luca contraddice Matteo, non che io lo contraddico.

(Teofilo)
00martedì 4 ottobre 2011 11:32

Nei versi precedenti di Luca 12, Gesù faceva qualche precisazione riguardo al suo arrivo:

38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! 39 Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate».

Cristo parla di arrivo improvviso, in due possibili momenti diversi: nel cuore della notte o prima dell'alba, o come traducono altri alla seconda o terza vigilia. Niente è casuale nel Vangelo. Anche queste parole hanno un senso e può essere riferibile all'arrivo del Signore per ciascuna anima al momento della morte, e poi al momento del giudizio finale. Non per nulla già dopo la morte l'anima incontra il SIgnore e per lei arriva col Suo primo giudizio e si ha una prima destinazione per le anime, secondo le parole di Paolo:

2Co 5,10 Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.

Tu stesso dici più sotto:

> Il giudizio sulla persona avviene subito dopo la morte, non nel giorno del ritorno di Cristo

In realtà nel giorno del giudizio finale Cristo giudice renderà definitivo e manifesto a tutti, quello che le anime avranno già maturato nel primo giudizio.

Non è detto dunque che l'arrivo di Cristo debba essere necessariamente inteso come l'arrivo alla vigilia finale che prelude all'alba della resurrezione. Può essere che si tratti dell'arrivo nel cuore della notte che coglie ogni uomo al momento della morte.

La stessa cosa lo avevamo rilevato con altre parole in 1 Cor 3,15 che presenta anche questo punto di contatto con Luca 12,47-48

> Inoltre quando citi 1Cor 3,15 parlando di una
> punizione, usi la traduzione CEI, che fa una
> interpretazione faziosa del versetto, vediamo come
> traducono altre versioni:
>
> (NR) se l'opera sua sarà arsa, egli ne avrà il danno;
>
ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il
> fuoco
>
> (Nuova Diodati) ma se la sua opera è arsa, egli ne
> subirà la perdita,
nondimeno sarà salvato, ma come
> attraverso il fuoco
>
> (Riveduta) se l'opera sua sarà arsa, ei ne avrà il
> danno;
ma egli stesso sarà salvo, però come attraverso
> il fuoco
>
> (Diodati) Se l'opera d'alcuno è arsa, egli farà
> perdita;
ma egli sarà salvato, per modo però, che sarà
> come per fuoco
>

Nella tua analisi devo innanzitutto rilevare che ai cattivi operai di Cristo menzionati da 1 Co 3,10-15 attribuisci il paradiso senza alcuna pena da parte di loro stessi. Ai cattivi operatori di Luca 12,47-48 attribuisci prima le percosse e poi l'inferno eterno senza possibilità di remissione. Pena e danno senza appello da parte di un giudice implacabile.

Una strana contraddizione. Da una parte un giudice che concede facilmente la salvezza, nonostante il cattivo operato dei suoi servi, dall'altra un giudice impietoso che castiga ed esclude per sempre dal suo regno, nonostante l'inconsapevole cattivo operato.

Nel caso di Luca troviamo che il giudice premierebbe secondo te solo chi ha operato SEMPRE FEDELMENTE.

Premia solo se vi sono OPERE eccellenti. Ogni forma di errore è punito inesorabilmente.

Salvezza per sole opere se osservi bene le tue conclusioni, tanto per i cristiani che per i pagani.

Poi ti faccio notare che le traduzioni protestanti di 1 Cor 3,15 che hai riportato sopra traducono alcuni "avrà danno", altri "avrà una perdita". Tra le due traduzioni intercorre una differenza se la si vuole scorgere.

Il DANNO che l'operatore subisce può essere un danno a lui stesso, alla sua persona, e quindi può essere considerato come una pena che gli viene inflitta; è questo lo stesso senso che gli attribuisce la CEI che tu ritieni con tanta disinvoltura "faziosa".

Nota la parte evidenziata in grassetto del testo di 1 Cor 3,15 b e noterai meglio che è il servitore a passare in mezzo al fuoco, non solo la sua opera.

Ciò che non hai menzionato, ancora una volta, è che l'operatore, EGLI, si salverà passando attraverso qualcosa che somiglia al fuoco.

Non l'opera ma l'operatore, continuo ad insistere su questo particolare di enorme importanza per il nostro argomento.

E' questo il versetto che tu e altri fratelli separati non volete vedere.

Il giudizio è sull'operato dell'operatore. E' l'operatore che subisce il danno o la pena del giudizio.


> Si tratta di una perdita del PREMIO.
> Non si tratta di una punizione.
> In tutto il contesto di 1Cor 3 si parla di giudizio
> sulle opere compiute, non di giudizio sulle persone.
> Il giudizio sulla persona avviene subito dopo la
> morte, non nel giorno del ritorno di Cristo.



Ai morti nel Signore, fino alla resurrezione non viene concesso il premio finale della ricostituzione completa del loro essere in anima e corpo, ma la loro anima è già presso il Signore e può godere già della visione beatifica come anticipo della gloria futura e definitiva col loro corpo risorto.

Le anime che si trovano presso l'altare, visti da Giovanni in apoc. non sono all'inferno ma in paradiso.

Il ladrone, Paolo, Pietro, sono in cielo e hanno già ricevuto la caparra del premio che sarà definitivo alla venuta di Cristo.

A differenza di chi è stato avviato all'inferno essi hanno una condizione ben diversa e questo non si può dire che non sia già una prima forma di premio. Così pure quelli che sono andati all'inferno hanno già un anticipo del castigo che riceveranno col proprio corpo.

Ti sei chiesto come mai, se il giudizio avviene subito dopo la morte, come in effetti avviene, troviamo che quel servo debba passare attraverso il fuoco nel giorno del giudizio, prima di potersi salvare?



egli ne avrà il dannoche cosa è se non una punizione, una pena, una sofferenza?

La vita eterna, la salvezza, non è il risultato più desiderabile che si possa conseguire?

Il danno, la punizione assimilabile alle percosse descritte in Luca, che gli operatori parzialmente fedeli hanno meritato col loro operare non del tutto conforme alla volontà del Padrone, ma neppure così malvagio da meritare l’inferno, rende ragione sia del testo di 1 Cor 3,15, il quale afferma che si salveranno passando per una specie di fuoco, sia del testo di Luca in cui si parla di poche percosse.

Né nel primo caso diciamo che il padrone è così bonario da passar sopra a tutto il cattivo operato, né nel secondo caso diciamo che è così spietato da non poter perdonare colui che non sapeva cosa faceva.

Ecco cosa significa riconoscere nel padrone la giustizia e la misericordia congiunte insieme, come ci mostra tutto il Vangelo. Soprattutto nel momento cruciale, in cui gli uomini crocifiggevano il Sommo e Giusto Giudice ed Egli implorava: Padre perdona loro perché NON SANNO quello CHE FANNO (come i servi di Luca 12,47 che NON SAPEVANO).


Con affetto

Termina qui il dialogo con XY



(Teofilo)
00martedì 4 ottobre 2011 11:44

Qui di seguito riporto qualche mia indagine riguardante il versetto di Luca 12,48, di comunicazioni intercorse con dei sacerdoti:

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Stimatissimo don Matteo, ho letto il suo articolo relativo al Purgatorio su Encanta: Purgatorio: il debito non saldato Molte volte dialogando con dei fratelli separati in un gruppo di discussione, si richiede ai cattolici di mostrare le evidenze scritturali dell'esistenza del purgatorio. Conosco i testi di Maccabei e di 1 Cor 3,15 che pure lei ha citato. Mi sono spesso trovato a meditare sui versetti di Luca 12,41-48. In particolare i versetti 47-48 mi colpiscono riguardo alle Poche percosse destinate a chi NON HA CONOSCIUTO la volontà del Padrone. Secondo il mio modesto punto di vista il servo, non conoscendo la volontà del Signore è scusabile pur avendo fatto del male a sua insaputa. E poi siccome le percosse sono POCHE si presume che siano limitate nel tempo; non penso si possa parlare di Poche, se si trattasse dell'inferno che è eterno tormento. È lecito o arbitrario dire a ragion veduta che questo testo può ben indicare uno stato di purificazione dopo la morte? Le sarò grato se vorrà darmi cortese riscontro. Con affetto fraterno". Teofilo

Risposta ricevuta:

Il Vangelo che tu hai citato deve essere letto dal versetto 33: il brano sembra assemblato in modo strano perché si passa dal tema della ricchezza a quello della vigilanza.
Tuttavia il clima che fa da sfondo è unitario: la prossima attesa del Figlio dell'uomo che sta per venire.
L'interrogativo circa la vicinanza di Dio è un interrogativo che riguarda l'interiorità.
Non è una questione di tempo ma di prossimità esistenziale.
Noi spesso ci inganniamo: il denaro non ci dà protezione perché tignola e ruggine lo mangiano.
Il Vangelo a partire da questa sottolineatura, come nel salto del cavallo del gioco degli scacchi, tocca un tema dopo l'altro.
E qui il discorso si sposta sul tema della vigilanza (il popolo ebreo sa bene cosa vuol dire questo: "non sonnecchia né dorme la tua sentinella, Israele", recita un salmo). Noi in definitiva siamo troppo preoccupati di chiuderci bene per ovviare lo scasso, ma l'unico vero scasso è il confronto con Dio.
È Lui l'unico vero scasso della nostra vita, a cui dobbiamo seriamente fare attenzione. E allora tutto il resto trova il proprio ordine.
Qui è fuorviante chiederci: chi riguarda tutto ciò? Soltanto noi stessi? Gli altri?
La domanda giusta è piuttosto questa: di che cosa vivo?
Per dirla con un'altra parola di Gesù, ciascuno ha i suoi talenti, non però come proprietà che potrebbe rivendicare. Ciò che possediamo è un bene prestato, destinato a servire e ad essere immesso nel circuito del mondo. Altrimenti, smembrando il mondo, smembriamo il nostro cuore. Dio ci fa a pezzi!
Ciao. Don Matteo

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Altra comunicazione:

Stimatissimo Padre Claudio,

Siccome la seguo di tanto in tanto sul suo sito vorrei rivolgerle una domanda sperando di non arrecarle disturbo.

Mi sono spesso trovato a meditare sui versetti di Luca 12,47-48.

Mi interesserebbe approfondire maggiormente il significato del tipo di pene comminate ai diversi tipi di servi soprattutto di colui che NON HA CONOSCIUTO la volontà del Padrone.

Mi sono chiesto spesso, e senza trovare una risposta in tutti i commenti consultati, se il castigo previsto possa essere inteso come l'inferno eterno, tenendo presente soprattutto la inconsapevolezza del servo nel fare cose "degne di castigo", e tenendo presente che le percosse che gli vengono date sono POCHE.

E' possibile concludere che questo testo indichi uno stato di purificazione dopo la morte e prima di poter accedere alla salvezza, simile a quanto si argomenta di solito per il testo di 1 Cor 3,15, oppure il testo di Luca 12,47-48 non autorizza una conclusione analoga?

Il commento protestante afferma che Gesù si riferisca SOLO ALL'INFERNO, sia quando parla di molte percosse sia quando parla di poche percosse.

I protestanti hanno una visione cupa della fede, ma invece si tratta di castigo in generale, quello che merita un cattivo comportamento.

Le poche percosse si riferirebbero a una minor pena che i responsabili di atti degni di castigo avrebbero nell'inferno.

Questa posizione a mio avviso è consequenziale al fatto che nella Scrittura essi non vogliano vedere in nessun modo nessun concetto di purgatorio.

Ho controllato molti commentari cattolici: in nessuno si afferma che Gesù si riferisca all'inferno.

Infatti l'inferno è l'inferno in ogni caso, senza speranza, quindi non ha senso graduare le pene che rimangono in ogni caso eterne.

La mia osservazione è che quelle poche percosse, date a chi NON SAPEVA cosa il PAdrone desiderava dal suo servo, indica

che il servo è un credente, visto che è al servizio del Padrone, anzi che è un amministratore, uno dei capi come anche lei confermava.

che è degno di perdono visto che NON CONOSCEVA LA VOLONTA' del Padrone.

che la Misericordia infinita di Dio non può prevedere un castigo eterno per chi si è comportato male inconsapevolmente.

che siccome le percosse sono definite POCHE non possono essere considerate eterne, e quindi in numero illimitato.

Avendo Gesù pregato per coloro che NON SAPEVANO QUEL CHE FACEVANO quando lo mettevano in Croce, dobbiamo ritenere che egli desiderasse la loro salvezza e non la perdizione eterna, nonostante il loro grave delitto.

Perchè non dovremmo pensare la stessa cosa per coloro che fecero cose degne di castigo ma SENZA SAPERLO?

Ecco tu ragioni bene perchè il peccato è grave proprio quando è volontario e consapevole. Quindi una persona che sbaglia per ignoranza è molto meno colpevole di una che sbaglia ben sapendo di sbagliare.

In sostanza, secondo il mio punto di vista non può trattarsi di un castigo eterno ( e quindi l'inferno) come sostengono i protestanti, ma può solo trattarsi di pene temporanee, e quindi di quella condizione che noi chiamiamo per convenzione, PURGATORIO.

Quello che non comprendo è come mai l'esegesi cattolica non si avvalga di questo versetto, tra gli altri, per difendere la dottrina sul purgatorio, dal momento che se si vuole essere pignoli anche il versetto di 1Cor.3,15 non parla esplicitamente di purgatorio, eppure l'esegesi cattolica lo prende sovente a riferimento per esplicitare la propria posizione dottrinale sul purgatorio.

Non potrebbe fare lo stesso con Luca 12,47?: a mio parere vi sono validi motivi per farlo.

Se questi motivi non ci sono mi piacerebbe almeno sapere perchè.

Chiedo scusa se le faccio perdere del tempo prezioso, ma siccome questo argomento è stato oggetto di una discussione in un forum, vorrei almeno chiarirmi le idee in quanto cattolico.

Con affetto


Risposta ricevuta

Noi sappiamo che la vita finisce con la morte e che dopo ci sarà un premio eterno o un castigo eterno. Dio vole essere conosciuto come amore e misericordia, che fino all'ultimo lavora per la nostra salvezza (Dio non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva), quindi non dobbiamo preoccuparci dei particolari del castigo, fidandoci di Dio.

Certo Dio che conosce il nostro cuore sa valutare perfettamente il grado di colpevolezza in ogni nostra situazione, e conosce bene tutte le eventuali attenuanti. Noi però dobbiamo vivere al massimo dell'impegno, senza pensare che, dal momento che Dio perdona... possiamo anche lasciarci andare.... Questo è molto sbagliato e noi dobbiamo mettercela tutta per compiere il bene. Il Purgatorio è proprio conseguenza della misericordia di Dio per noi. Infatti noi non possiamo entrare nella Vita Eterna senza essere purificati, e allora il Purgatorio che è una pena nella speranza, ci permette di scontare quello che non è stato possibile in vita.

Allora, in tutte le circostanze in cui ci lamentiano di disagi, dei pesi della vita, delle sofferenze... quanto faremmo meglio ad accettarle e offrirle a sconto dei peccati nostri e di altri..... e certo accorceremmo il Purgatorio.

In ogni caso Dio si è fatto conoscere per mezzo di Gesù, ma poi noi non siamo in grado di pesare ogni decisione di Dio ora, e quindi non sono utili le discussioni su particolari. Nel Medio Evo perdevano anni a discutere anche riguardo agli angeli..... ma perdevano solo il loro tempo.

In ogni caso se non sono stato abbastanza chiaro, scrivi ancora..... p.claudio

Le sarò grato se vorrà darmi cortese riscontro appena potrà.

Caro Teofilo, hai capito bene. La Parola di Dio certo è la fonte della verità, ma se scendiamo nei particolari a volte è difficile capire bene, e infatti lo studio della Bibbia non si esaurisce mai....

Ma la fonte più pratica da usare per fare chiarezza è il Catechismo della Chiesa Cattolica, che trovi anche online.

Riguardo poi se è meglio servirsi di alcuni versetti piuttosto che di altri, il Magistero della Chiesa ha certamente i suoi motivi. C'è un bel sito su cui puoi facilmente trovare documenti: www.ecclesiaonline.it

Scrivi quando vuoi..... p.claudio

----- Stimatissimo Padre Claudio,

la ringrazio moltissimo per la sollecita risposta 

Lei dice:

si tratta di castigo in generale, quello che merita un cattivo comportamento.

Infatti l'inferno è l'inferno in ogni caso, senza speranza, quindi non ha senso graduare le pene che rimangono in ogni caso eterne.


Orbene trattandosi di un "castigo in generale" che avviene all'arrivo del Padrone, e non essendo l'inferno perchè lì non avrebbe senso "graduare le pene", non resterebbe altro che una condizione in cui si sconta la pena di ciò che si è fatto di male, in vista della salvezza e non della perdizione. Non si può pensare che si tratti di Paradiso in quanto in Paradiso si gode il premio e non si subisce il castigo.

Mi pare che non vi siano altre possibilità. La conclusione analoga che la Chiesa ha tratto da 1 Cor 3,15.

Se la deduzione finale non fosse questa la prego di volermi avvertire.

La ringrazio anche della precisazione finale che trovo molto pertinente.

Resterebbe da capire però come mai la Chiesa utilizza certi versetti fino all'esaurimento di ogni possibile indizio e dettaglio per trovare fondamento scritturale a determinate verità della fede e non usi in nessun modo questo versetto neppure come riferimento indiretto per la dottrina del Purgatorio.

Mi sono sforzato di cercarlo anche nei testi dei Padri della Chiesa ma senza successo. Si tratta di un testo dimenticato ed inesplorato?

Se lei è in grado di spiegarmene il motivo mi farà piacere saperlo.

Con affetto


(Teofilo)
00mercoledì 5 ottobre 2011 23:08
E' possibile che nell'Inferno si soffra in certi casi di più ed in altri di meno?

------

La risposta a questa domanda, la possiamo trovare in
Mat 10,14

Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi.
15 In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sòdoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città.


Se  la sorte di Sodoma e Gomorra sarà più sopportabile di quella di coloro che avranno opposto un rifiuto agli annunciatori di Cristo, vuol dire che le pene eterne dell'inferno (Cf. lettera di Giuda 7)  possono essere diversificate.

Con affetto
alea iacta est72
00martedì 11 ottobre 2011 15:12
Proseguendo il discorso intrapreso riguardo alla posizione assunta da San Basilio sul Purgatorio, mi è balenata l'idea di andare alla ricerca di altri passi estratti dalle Sue opere, onde ricavarne un'istantanea più accurata e definita. A tal proposito, su numerosi siti CATTOLICI nord-americani di apologetica, molti dei quali creati e gestiti da ex pastori, ex ministri ed ex teologi evangelici provenienti dalle più disparate denonimazioni protestanti e convertitisi al cristianesimo cattolico (assieme alle loro famiglie ed a interi gruppi di fedeli, quasi sempre perdendo TUTTO: status sociale, lavoro ben retribuito, casa, rapporto con parenti e amici....), si riscontra una miriade di documenti, utili per focalizzare un'estesa serie di tematiche, soprattutto nel confronto (in America davvero quotidiano) con i fratelli separati. Tra tali documenti, vi è una lunghissima serie di citazioni dei Padri della Chiesa, inerenti ad ogni area dottrinale, e tra di essi, la seguente ad opera di San Basilio e avente come oggetto la dottrina della Purificazione/Purgatorio:

S. BASIL: "I think that the noble athletes of God,who have wrestled all their lives with the invisble enemies,after they have escaped all of their persecutions and have come to the end of life,are examined by the prince of this world;and if they are found to have any wounds from their wrestling,any stains or effects of sin,they are detained.If,however they are found unwounded and without stain,they are, as unconquered,brought by Christ into their rest."
Basil,Homilies on the Psalms,7:2(ante A.D. 370),in JUR,II:21

SAN BASILIO: "Io ritengo che i nobili atleti di Dio, i quali abbiano lottato, per tutta la loro vita, contro i nemici invisibili, dopo esser riusciti a respingere tutte le loro persecuzioni ed esser giunti alla fine della loro esistenza, vengano esaminati dal principe di questo mondo; e, nel caso in cui in essi venga trovata qualche ferita subita durante il loro combattimento, o qualche macchia o effetto del peccato, (ritengo) che essi vengano fatti aspettare. Se, tuttavia, costoro dovessero essere trovati senza alcuna ferita né macchia, (ritengo che) essi, in quanto invitti, vengano condotti da Cristo nel loro riposo."
Basilio, Omelie sul Salmo, 7.2 (ante A.D. 370), in JUR, II.21

A tal riguardo, allego i links presso i quali effettuare il riscontro di quanto da me riportato:

a) www.cin.org/users/jgallegos/purg.htm
b) phatcatholic.blogspot.com/2007/11/in-honor-of-souls-in-purgat... (sito gestito da ex evangelici pentecostali alcuni convertiti, altri ritornati, tra le braccia della Santa Chiesa)
c) www.scripturecatholic.com/purgatory.html#tradition-I,
d) www.phatmass.com/

nonché numerosi altri che per brevità ometto.

Ora, da quel che ne consegue, mi sembra evidente poter asserire che San Basilio, confermando la dottrina del Purgatorio, ribadisca l'esistenza (dopo la morte) tanto di pene temporali, quanto di pene eterne; e che quindi, se tra "...i nobili atleti di Dio..." che debbano "esser fatti aspettare" per un certo periodo devono essere considerati quelli che abbiano peccato CONSAPEVOLMENTE, tanto più ciò sarà vero per coloro che dovessero aver sbagliato INCONSAPEVOLMENTE.
Quindi, il commento di San Basilio da me riportato nei precedenti messaggi ("Ma voi direte...se uno in realtà ha ricevuto parecchie frustate..."), che ci ha lasciato un attimo interdetti, deve essere ricollocato in un contesto differente, estrapolandolo dal quale finisce per indurre un'errata interpretazione: ovviamente, San Basilio non può contraddire sé stesso. Resta quindi necessario risalire al testo integrale da cui è stata estratta la citazione, riguardo al quale ho provveduto a contattare i fratelli nordamericani.

Paolo
alea iacta est72
00martedì 11 ottobre 2011 23:14
Aggiungo ulteriormente che il mio messaggio iniziale, da cui poi è scaturito il thread, era volto NON ad analizzare la dottrina del Purgatorio (la quale, emergendo, come già detto, da una molteplicità di passaggi delle Scritture, ritengo oggettivamente irrefutabile), bensì ad analizzare quanto asserito in Luca 12, 42 e seguenti, soprattutto collegando il verso 48 con la condizione dei fratelli separati, che non conoscono la volontà del Padrone.

Cercando, quindi, le citazioni dei Padri della Chiesa (TUTTI ovviamente d'accordo con la dottrina della Purificazione/Purgatorio), ho trovato queste di San Basilio.
(Teofilo)
00sabato 15 ottobre 2011 21:53
Caro Paolo,
ti ringrazio per la tua ricerca e se trovi il brano completo di s.Basilio faccelo avere.
Era anche chiaro che non era in questione l'argomento Purgatorio ma semplicemente l'interpretazione del versetto di Luca 12,48.

In ogni caso, la dottrina del purgatorio non era definita all'inizio del cristianesimo, soprattutto perchè le Scritture si preoccupano soprattutto di presentare la prossimità dell'avvento del Regno.
La riflessione sul purgatorio si è posta quando cominciarono a trascorrere decenni e decenni dopo il ritorno di Gesù al cielo.
Per cui i primi padri non ebbero molto materiale scritturistico su cui poggiare le loro riflessioni e non ne parlarono. Ma già nei secoli successivi si cominciarono a formulare ipotesi su quei brani della Bibbia che portavano a concludere per l'esistenza di uno stato di purificazione.
Il testo di luca 12,48 a mio avviso rimase in penombra proprio per mancanza di una dottrina definita e qualche padre potrebbe aver applicato le molte o poche percosse a maggiori o minori pene nell'inferno, che sono pure possibili.
Non dimentichiamo che la enucleazione delle verità dalla Scrittura ha richiesto in alcuni casi, diversi secoli.

Con affetto
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