Interessante intervista di Petrus all'on. Buttiglione: la vera politica del Cattolico (da meditare)

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Caterina63
00lunedì 14 dicembre 2009 15:53
Quando un politico non ha paura di professarsi cristiano - L’Onorevole Rocco Buttiglione smette i panni del politico e del filosofo per indossare quelli del teologo

di Matteo Orlando

CITTA’ DEL VATICANO - “Il mio prossimo impegno politico è quello di costruire un partito per rappresentare organicamente il popolo cristiano. I cattolici italiani hanno scommesso su Prodi e sono rimasti delusi, hanno scommesso su Berlusconi e sono rimasti delusi. E se alla fine scommettessero su se stessi? Sul fronte della bioetica la prima scadenza è il testamento biologico, segue la battaglia sui matrimoni gay che già si prepara. C’è intanto la moratoria internazionale sull’aborto che la Camera ha approvato ma sulla quale il nostro Governo non si sta dando molto da fare alle Nazioni Unite e, quindi, dovremo trovare il modo di spingerlo e/o di fare in qualche altro Paese una campagna simile a quella che abbiamo fatto in Italia. E c’è la lotta per le famiglie, in particolare per quelle numerose. Leone XIII diceva che il lavoratore ha diritto ad un salario familiare.

Oggi c’è ancora tanta gente che pur lavorando duramente non riesce a far vivere decorosamente i propri figli“. E’ un Rocco Buttiglione a tutto campo quello che risponde alle numerose domande che ‘Petrus’ gli rivolge strappandolo ai tanti impegni di Presidente nazionale dell’Udc e di vice Presidente della Camera dei Deputati. Nativo di Gallipoli (6 giugno 1948), questo conosciutissimo uomo politico e filosofo italiano, è noto al grande pubblico, oltre che per i suoi ruoli pubblici, anche per le numerose battaglie in campo etico, sociale e politico. Laurea in giurisprudenza e honoris causa (dall'Università Cattolica di Lublino) in filosofia, professore ordinario di filosofia della politica, Buttiglione è stato allievo di Augusto Del Noce e dal 19 gennaio 1994 è membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Eletto deputato nel 1994, nelle file del Partito Popolare Italiano, successivamente si staccò dal PPI per fondare il partito dei Cristiani Democratici Uniti, poi confluito nell’UDC. Dal 2002 è membro dell'UDC, partito del quale è stato confermato Presidente all'ultimo congresso, ed ha ricoperto l'incarico di Ministro per i rapporti con l'Unione europea (Ministero delle politiche comunitarie) nel secondo governo di Silvio Berlusconi e di Ministro dei Beni Culturali nel terzo. Nel 2004, José Manuel Durão Barroso lo incluse nella sua lista di nomine per la Commissione europea, con il portafoglio per le competenze relative a giustizia, libertà e sicurezza.

La nomina fu respinta dal Parlamento europeo per le sue posizioni, da vero cattolico, sull'omosessualità. Notevole fu il sostegno popolare al suo “non poter agire contro la propria coscienza per ragioni di convenienza politica”. Ma osteggiato, più o meno apertamente, da qualche deputato del Partito Popolare Europeo, il Governo italiano, che pure inizialmente aveva sostenuto la candidatura di Buttiglione, il 30 ottobre 2004 decise di ritirarla, proponendo un altro politico, Franco Frattini, con posizioni più vicine a quelle della Commissione Europea. Il nostro giornale ha deciso di avanzare al Presidente dell’Udc domande insolite per un politico, ma lui non si è affatto tirato indietro. Anzi.

Onorevole Buttiglione, dall’omosessualità si può tornare ad un orientamento eterosessuale?

“Non lo so. Immagino che in alcuni casi sia possibile ed in altri no. Non capisco però perché qualcuno cerchi di proibirlo: se uno vuole ricorrere all’aiuto di un terapeuta per ristabilire il proprio orientamento sessuale, ha il diritto di farlo. Può capitare che questo sia impossibile perché sia disposizioni biologiche che influssi ambientali possono avere radicato l’orientamento omosessuale in modo troppo profondo. In tale caso bisogna portare con pazienza questa croce nella vita, senza mai perdere la speranza nell’aiuto di Dio, riconoscendo le proprie colpe quando capiti di peccare ma non perdendo mai la fiducia e la speranza. Essere peccatori è la condizione normale dell’uomo ed è escluso dal perdono di Dio solo il superbo che questa condizione non vuole riconoscere. Nel libro ‘Harry Potter’, una delle figure più commoventi è Albus Dumbledore (Silente), un grande educatore e preside. In una intervista l’autrice del libro dice che Silente potrebbe benissimo essere uno con una inclinazione omosessuale che ha imparato a dominarla e a sublimarla in una passione educativa“.

Cosa può dirci sull’Identità sessuale o di genere? Perché Sacra Scrittura, Tradizione Apostolica e Magistero della Chiesa condannano fermamente l’omosessualità?

“Bisogna distinguere l’inclinazione dagli atti e dalle unioni. La Chiesa non condanna l’inclinazione omosessuale, come non condanna l’inclinazione alla violenza. L’inclinazione non è una decisione, non è un atto della persona. E’ una situazione in cui uno si trova senza sua colpa. Se di carattere sono un violento, dovrò esercitare con più forza la preghiera e l’ascesi per non compiere atti violenti ed in tal modo la mia vita potrà acquisire un valore morale più alto che non quella di un mio amico che ha avuto in dono dalla natura un temperamento dolce e quindi può vivere la virtù della mitezza quasi senza sforzo. Lo stesso vale per l’inclinazione omosessuale. La Chiesa condanna invece gli atti omosessuali. Ognuno di noi riceve in dono da Dio un corpo. Questo corpo è sessuato, cioè ciascuno di noi è maschio o femmina. Il sesso ci fa scoprire che abbiamo bisogno dell’altro, ci tira fuori dalla nostra illusione di autosufficienza. Attraverso l’attrazione sessuale, impariamo la legge fondamentale della vita che è il dono. La libertà è appartenere ad un altro per amore. Dal sesso, poi, nascono i bambini e si fa allora ancora un passo in avanti nella legge del dono.

Si impara a vivere per la persona amata e per i figli. Questo è quanto di più simile ci sia nell’ordine della natura alla comunione cristiana che unisce fra loro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e nella quale entriamo con il Battesimo. La famiglia educa alla comunione. La pratica della omosessualità sottrae a questa scuola di comunione. Il sesso, scollegato dalla prospettiva della paternità e della maternità, non ha più la forza necessaria per fondere due destini umani, per trasformarli in una carne sola. Infine, per quanti sforzi faccia, un uomo non diventerà mai una donna (e viceversa). Può farsi amputare i suoi organi sessuali e la chirurgia plastica può dare l’impressione delle caratteristiche proprie dell’altro sesso, ma non avrà mai delle ovaie ed un utero e non diventerà mai madre. Non è meglio cercare, anche con fatica e sacrificio, di capire il senso del corpo che Dio mi ha dato piuttosto che fare finta di essere diverso da quello che sono?“.

Il 15 luglio 2009 la Camera ha approvato una mozione (con primo firmatario proprio Lei) che impegna il Governo italiano a promuovere la stesura e l'approvazione di una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico ed affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta ad abortire. A Suo avviso, quali sono i principi fondamentali sugli embrioni umani e sull’aborto?

“Rispettare la vita, non distruggere gli embrioni, non crearli artificialmente e nel caso si volesse usarli per le inseminazioni artificiali, creare solo quelli che possano poi essere impiantati nell’utero della madre. In ogni caso, crearli con il seme del marito della donna in modo che possano nascere in una famiglia e non essere oggetto di esperimenti che possano danneggiarli o farli morire“.

L’Istruzione vaticana Dignitas personae, della Congregazione per la Dottrina della Fede, sottolinea che "ad ogni essere umano, dal concepimento fino alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di persona". Cosa comporta, materialmente, qciò, in questa nostra società consumistica ed edonistica?

“Che ogni essere umano ha il diritto di vivere e di svilupparsi conformemente alla propria natura. L’essere umano embrionale ha il diritto di essere generato da un atto di amore fra un uomo e una donna e non fabbricato come una macchina in una catena di montaggio. Ha il diritto di crescere sotto il cuore della madre e di addormentarsi cullato dal battito di quel cuore. Ha il diritto di sentire la carezza della mano del padre sul ventre della madre. Questi diritti comportano naturalmente dei doveri, da parte dei genitori e di tutta la società. Il primo dovere è quello di usare il sesso per costruire un amore vero che possa accogliere il frutto del concepimento ed accompagnarlo fino alla piena maturità umana. Questo dovere è direttamente in contraddizione con uno dei principi fondamentali della società permissiva: la separazione fra amore e sesso e fra sesso e procreazione; il diritto assoluto di fare sesso senza preoccuparsi né di costruire un amore interpersonale né di essere pronti ad accogliere una nuova vita nel caso essa dovesse sopravvenire. Se poi, per caso, in effetti la donna rimane incinta, questo ovviamente non viene visto come un normale coronamento di un amore, ma come una inaccettabile violenza dalla quale è lecito difendersi con ogni mezzo, sopprimendo la piccola vita che si è destata nel grembo della madre“.

La Sua opinione su proporzionalità delle cure, stato vegetativo ed eutanasia?

“Quando la morte ormai si avvicina, non ha senso cercare di ritardarla ad ogni costo. E’ meglio interrompere le terapie, dare il sostegno contro il dolore ed attendere serenamente che il paziente si spenga, standogli vicino in modo che possa vivere anche questo ultimo tratto nella fede (per quelli che lo vogliono) e comunque nella compagnia di quelli che lo amano. Non si può invece privare il paziente della protezione contro il dolore, nemmeno nel caso in cui sia prevedibile che la somministrazione degli antidolorifici possa portare alla sua morte. In questo caso il medico si consulterà con il paziente, con i familiari e, se c’è, con il fiduciario del paziente per capire meglio come graduare la protezione contro il dolore. Non si possono, inoltre, negare al paziente le cure usuali che vanno date ad ogni uomo sofferente. Non si può, per esempio, fargli venire meno il cibo e l’acqua, anche nel caso in cui abbia bisogno di nutrizione ed idratazione artificiale. Sarebbe ucciderlo. Se si fa cessare una terapia straordinaria, non si uccide il paziente ma semplicemente si lascia che la morte segua il suo corso. Il paziente è ucciso dalla malattia. Se gli si nega l’acqua ed il cibo, il paziente muore non per la malattia ma per la fame. Se il paziente muore in seguito alla terapia antidolore, la morte non è una conseguenza intenzionale della nostra azione. Noi agiamo per abbattere il dolore. La morte del paziente è una conseguenza non voluta di una nostra azione che aveva altre finalità“.

E sull'uso delle cellule staminali e le tecniche di fecondazione?

“Le cellule staminali sono di due tipi: embrionali ed adulte. Le cellule embrionali sono embrioni, non si possono distruggere senza distruggere una vita umana. Di conseguenza, via libera alle staminali adulte, no alle staminali embrionali, cioè no alla distruzioni di embrioni per preparare le cellule staminali embrionali. Sono gli stessi criteri che si usano per gli esseri umani. Non si può uccidere un uomo per fare un esperimento scientifico. Quanto alle tecniche di fecondazione, sono preferibili quelle che non sostituiscono l’atto coniugale ma lo secondano e lo aiutano. Ad ogni buon conto, il figlio deve essere di tutti e due i genitori e va quindi esclusa la fecondazione eterologa (quella con il seme di un uomo che non è il marito della donna). Egualmente va esclusa la fecondazione con un ovulo che non sia quello della moglie e l’affitto di un utero per condurre a temine la gravidanza. Si dividerebbe in due la maternità ed una delle due donne sarebbe privata di suo figlio (o di un figlio che almeno in parte è suo)“.

Perché una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro può essere il frutto del matrimonio tra un solo uomo e una sola donna?

“San Tommaso ci dice che quando il bambino esce dopo nove mesi di gravidanza dall’utero della madre, entra in un altro utero, spirituale e sociale, che è la famiglia. Questo utero è costituito dall’amore dei genitori fra loro e per il figlio. Per quanto questo possa sembrare strano, una cosa molto simile ci dice Freud. Il bambino forma il proprio io nella relazione con il padre e la madre e attraverso la interiorizzazione della presenza del padre (possibilmente uno solo) e della madre (possibilmente una sola)“.

Come mai la clonazione è "intrinsecamente illecita” tanto nell’accezione riproduttiva che in quella terapeutica? Siamo già nella fase del passaggio dalla manipolazione genetica all’eugenetica?

“Ogni bambino ha il diritto di nascere da un atto di amore fra un uomo e una donna. Attraverso quell’atto gli sposi testimoniano e fanno crescere il reciproco amore e inseriscono il figlio in quell’amore. Nella clonazione, il bambino non verrebbe generato ma fabbricato. All’uscita dalla provetta, in quale “utero spirituale” mai potrebbe entrare per essere sostenuto fino al compimento della sua maturità umana?“.

Riflessione etica e ricerca bio-medica. Come conciliarle?

“Non è difficile. L’etica (e la teologia) non devono certo dire alla biologia quali teorie sono vere e quali false. Possono e devono dire invece agli scienziati quello che è lecito o non è lecito fare. Fondamentalmente, non è lecito uccidere. Se si potessero fare esperimenti medici su corpi umani viventi che in questo modo verrebbero uccisi, la scienza procederebbe molto più speditamente. Medici nazisti lo hanno fatto ed hanno fatto anche delle scoperte importanti. Erano bravi scienziati e, contemporaneamente, erano dei criminali. Molti (ma purtroppo non tutti) sono stati scoperti e condannati. Non si può sperimentare su di un essere umano se in tal modo lo si uccide. Questo è il principio etico che deve guidare la sperimentazione medico/biologica“.

Perché tanti, dentro e fuori la Chiesa, Corpo di Cristo, hanno idee in materia etica e sociale spesso difformi dal Magistero, e, di conseguenza, difformi dalla tradizione apostolica e dalla Sacra Scrittura? Ignoranza, malizia o altro?

“Molti non conoscono la dottrina della Chiesa in questi ambiti. Bisognerebbe fare molto di più per diffonderla. E ci sono forze potenti che diffondono una immagine caricaturale della posizione cristiana e riescono a convincere molti attraverso l’influsso dei mezzi di comunicazione di massa. Nel tempo, però, la verità viene sempre a galla“.

Dai mass media emerge che molte persone sembrano non aver più coscienza del proprio limite. Che ne pensa?

“Nell’Antinferno, Dante ci mostra una massa sterminata di esseri umani che in vita loro non hanno mai compiuto un atto veramente umano. Troppo distratti dalla televisione, dai giochi, dalle mille forme della nostra società dell’intrattenimento, si finisce con l’uscire da questa vita vuoti come ci si era entrati. Per fortuna, Dio dà in dono a tutti gli uomini almeno alcune occasioni nella vita per convertirsi: quando ci si innamora davvero, quando ti nasce un figlio, la scuola del lavoro per il pane e per la dignità, la morte di una persona cara. Allora ci fermiamo e non possiamo sfuggire ad una domanda su noi stessi“.

Il Santo Padre Benedetto XVI ha più volte insegnato che il mondo ha perso il senso, e la misura, del peccato.

“Il Papa ha ragione. Abbiamo paura di riconoscerci peccatori e non vogliamo che nessuno ci riprenda quando sbagliamo. Invece tutti gli uomini sono peccatori e chi ti vuole bene davvero ti dice che stai sbagliando, quando sbagli. Chi ama davvero i figli non è chi dice loro sempre di sì. E’ chi dice di no quando è giusto dire di no. Dobbiamo imparare a correggerci reciprocamente, senza presunzione. Io che ti correggo non sono necessariamente migliore di te. Ho il dono di vedere il tuo errore e cerco di aiutarti a correggerti, come mi aiuterai tu domani. Ricordo che una volta un amico omosessuale mi ha detto: ‘Io sono un peccatore, ma anche tu Rocco, e forse peggiore di me’. Naturalmente, aveva ragione. Oggi rischiamo di perdere il senso del peccato“.

Siamo nell’era della confusione tra Bene e Male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sulla falsariga di quanto annunciato da Isaia?

“E’ un tempo di grande confusione, ma non bisogna disperare. Bisogna dire la verità nella carità. Non è difficile capire cosa è bene e cosa è male. Molto più difficile capire chi è buono e chi è cattivo. Ogni azione infatti ha un lato soggettivo, che riguarda l’intenzione ed il cuore dell’uomo. Mentre noi giudichiamo le azioni, solo Dio conosce e giudica il cuore dell’uomo. Per questo bisogna sempre dire che il male è male ma guardare sempre con speranza alle persone“.

Che idea si è fatta del Santo Padre Benedetto XVI? Che rapporti ha o ha avuto con Lui, cosa pensa delle sue Encicliche?

“Ho incontrato Josef Ratzinger nel 1972. In quell’anno lui fondò la rivista ‘Communio’, insieme con alcuni dei più grandi teologi del secolo XX: Hans Urs von Balthazar, Henry De Lubac ed Eugenio Corecco. Insieme a loro c’erano alcuni ragazzini italiani: Angelo Scola, Sante Bagnoli, Luigi Negri ed anche io che ero un giovanissimo assistente universitario. Ratzinger è l’ultimo grande teologo del Concilio“.

Come cristiani, sappiamo che ci attende la vita dopo la morte. Come si aspetta il Paradiso? Il Purgatorio, di cui si parla poco? E l’Inferno, di cui Gesù parla tanto nei Vangeli ma che molti negano?

“Non lo so. Cerchiamo di avvicinarci con concetti ad una realtà che è molto più grande di noi“.

L’Inferno è pieno o vuoto, come sosteneva il teologo svizzero Urs Von Balthazar?

“Von Balthazar diceva che l’inferno esiste ed è certissimo che io merito di andarci. E’ però egualmente certo che Dio non vuole che io ci vada ed è lecito sperare che alla fine in questa lotta fra Dio e l’uomo, vinca Dio. E se posso sperare per me stesso, posso sperare per ogni altro uomo, cioè posso sperare che tutti gli uomini si salvino“.

A proposito dell’Inferno. Lei crede a Satana e agli angeli ribelli come esseri “personali” e alla possibilità delle possessioni diaboliche? Omosessualità, droghe, alcolismo e altri disagi, specie giovanili, possono avere a che fare coi demoni?

“Certo. Diavolo viene dal greco: diabolos è colui che divide, che spezza l’unità, che separa (dal verbo diaballein). Chi vive davvero la vita sa che accadono cose che sono imperdonabili, fratture e tradimenti che precipitano nella disperazione. Se l’uomo fosse davvero responsabile di tutto il male che fa, non sarebbe possibile nessuna redenzione. Per fortuna, non è così. Un giorno vedremo che l’amico che ci ha tradito lo ha fatto perché ingannato a sua volta (il diavolo rompe l’unità per mezzo della menzogna e dell’inganno) e proprio questo permette il perdono e la ricostituzione dell’unità“.

Secondo Lei, perché molti non credono nell’esistenza di Satana e dell’Inferno?

“Perché viviamo alla superficie delle cose e non scendiamo mai nelle profondità del nostro cuore. Capita però sempre nella vita un momento che a questa profondità ci riconduce. Certo, per capire veramente cosa è il diavolo è necessario vivere un amore vero e vederlo tradito, o, peggio, deve capitarci di tradirlo noi stessi. Una società che scoraggia dal vivere un amore vero non capisce poi la serietà drammatica della vita e quindi non contempla più i “novissimi” (morte, inferno, purgatorio, Paradiso)“.

Per l’Onorevole Bottiglione, qual è il peccato che offende di più Dio?

“La superbia, cioè la presunzione di non essere peccatori e quindi di non avere bisogno di misericordia. Nemmeno Dio può perdonare chi ostinatamente rifiuta di essere perdonato“.

Tra quelli più sottovalutati?

“La menzogna, la maldicenza, il seminare zizzania“.

Quanto può intercedere la Beata Vergine Maria presso Dio per la salvezza delle nostre anime?

“Infinitamente. E’ come in una famiglia. Il padre rappresenta la legge, che devi osservare, e la legge ti dice che sei uno come gli altri fratelli, con gli stessi doveri, e che sarai punito se non farai il tuo compito. La madre ti dice comunque di non scoraggiarti, che lei non ti abbandonerà mai qualunque cosa succeda, che sei unico ed irripetibile (e quindi “preferito”) e che alla fine riuscirà a fare in modo che nel momento decisivo il Padre ti sia vicino e ti protegga“.

Un Suo parere sulla sentenza anti-Crocifisso di Strasburgo.

“E’ una sentenza aberrante, da respingere con fermezza. L’Italia, come l’Europa, ha una sua cultura, una sua tradizione e una sua storia. Fa bene il governo a presentare ricorso. E’ una scelta sbagliata perché ignora la storia. Ogni nazione ne ha una propria e chi viene da fuori non ha il diritto di non riconoscerla. Altrimenti, se una minoranza ha il diritto di sentirsi offesa, ad una maggioranza possono essere negati non solo i simboli religiosi, ma anche altri valori. Ad esempio, qualcuno si potrebbe sentire offeso che da noi alla domenica si giochi al calcio e non al cricket. Oppure, qualcuno può trovare che privilegiare lo studio della storia romana su quella dell’impero del Benin sia discriminatorio rispetto agli studenti africani. Ecco, io credo che tra l’altro così non si favorisca neppure una integrazione vera. Questa sentenza della Corte appartiene a quella stessa idea che si è affermata anche riguardo alla Costituzione europea e ai suoi mancati riferimenti alle radici giudaico-cristiane: cioè che l’Europa non ha passato, non ha storia, non ha identità. E per la quale esiste soltanto la sfera economica, con una visione meramente contrattualistica che mira a fare dell’Europa uno spazio vuoto, neutro. Insomma, uno spirito, in definitiva, anti-europeo: non era questa l’idea che tanti anni fa ha mosso Adenauer, Schuman, De Gasperi. Ora vogliono cacciare i cristiani dall’Europa. Eppure il Crocifisso parla alla coscienza di tutti, non solo a quella dei credenti”.



Caterina63
00sabato 27 febbraio 2010 00:23
Come si forma una personalità responsabile

Senza divieti non c'è libertà



di Rocco Buttiglione
Pontificia Accademia delle Scienze Sociali


Si moltiplicano meritoriamente le iniziative di riflessione sul tema della emergenza educativa e a esse si è aggiunta di recente una importante ricerca del progetto culturale della Conferenza episcopale italiana (Cei) con il titolo suggestivo "La sfida educativa". A me sembra che al centro della riflessione sul tema si debba mettere una citazione di Benedetto XVI:  "L'educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà".

L'emergenza educativa del tempo nostro consiste appunto nella difficoltà che famiglia e scuola incontrano nell'educare alla libertà, nel formare uomini liberi. Per capire la portata del problema bisogna prima di tutto battere un pregiudizio corrente:  che per educare alla libertà basti togliere ogni vincolo e abbandonare il giovane al semplice sviluppo naturale delle sue passioni.

Da Rousseau in poi questo naturalismo è il pròton psèudos (l'"errore originario") della pedagogia moderna. A scavare un poco più a fondo non è difficile scoprire dietro questo errore la negazione senza prove della dottrina cristiana del peccato originale. Si afferma una originaria bontà dell'istinto. L'istinto è sempre buono e non ha bisogno di essere guidato dalla ragione. E anche se di tale guida avesse bisogno tale guida si svolge naturalmente, senza dovere esercitare alcuno sforzo per vincere una resistenza.
 
San Tommaso pensava invece che esistesse una tendenza della natura corrotta dal peccato a opporsi ai dettami della retta ragione:  è il peso della concupiscenza. Per correggerlo è necessario lo sforzo consapevole della volontà e anche un altro e diverso peso che viene a orientare la volontà, il pondus amoris, il peso dell'amore. Già sant'Agostino del resto scriveva:  amor meus pondus meum ("è il mio amore il peso che mi trascina"). L'amore di Dio mi trascina verso la verità e il bene, l'amore sregolato di me stesso e del mondo verso la menzogna e il male. La pedagogia emancipatoria e permissiva del nostro tempo ha volutamente ignorato questa struttura antropologica dell'essere umano. L'intenzione era quella di realizzare un uomo liberato. I risultati sono stati invece assai lontani dalle promesse iniziali.

In realtà, il giovane guarda con preoccupazione, sgomento e paura a quel fascio di domande, di esigenze, di desideri che si sviluppa dentro di lui. Istintivamente egli capisce quanto queste pulsioni siano contraddittorie tra di loro e potenzialmente distruttive. In che modo ricondurle a unità e impedire che la persona sia lacerata dalle loro contraddizioni? Più esattamente in che modo ottenere che la persona riesca a emergere, che riesca a formare se stessa a partire da questo insieme di desideri e di esigenze?

La libertà dell'uomo non è la libertà dell'istinto. È a partire da una immagine del vero bene della persona che è possibile selezionare, ordinare, organizzare le strutture interiori di un essere umano intelligente e libero. Antonio Rosmini ci ha lasciato una critica perfetta del naturalismo che parte dalla osservazione che i desideri sono capricciosi, variabili e in continua contraddizione l'uno con l'altro. Abbiamo più desideri che non energie per realizzarli. Per di più alcuni desideri per la loro intima struttura ne contraddicono altri. Ha scritto una volta Sigmund Freud (il vero, anche se mal compreso, critico del naturalismo) che se i nostri desideri fossero cavalli, molti sarebbero attaccati alle bare dei nostri migliori amici.

Proprio così:  il desiderio ignora la valutazione delle conseguenze e la scansione temporale. Il bambino che piange contro la madre la vorrebbe morta. Certo, se la uccidesse passerebbe poi tutta la vita a piangere su se stesso. Il desiderio ignora anche il principio di non contraddizione. Nell'esempio precedente il bambino la madre la vorrebbe insieme viva e morta.

Per capire ciò che vogliamo veramente dobbiamo imparare a sottoporre il desiderio immediato al giudizio della ragione. Dobbiamo selezionare fra i tanti desideri alcuni che vogliamo realizzare veramente e concentrare su di essi l'energia della vita che si chiama lavoro. Come è possibile gerarchizzare gli impulsi istintuali e ordinarli dentro un'ipotesi di personalità coerente? È solo alla luce della verità sul bene della persona che questa operazione di gerarchizzazione degli istinti e di unificazione della persona diventa possibile.

La mentalità corrente dà un valore molto elevato alla spontaneità. C'è in questo qualcosa di vero, specie come reazione a una pedagogia autoritaria e costrittiva di una fase storica precedente capace più di generare ipocrisia che una vera adesione al bene. Bisogna tuttavia stare attenti a non fare della spontaneità un idolo. Molte volte la scelta spontanea compiuta obbedendo a un impulso irriflesso e non educato è anche una scelta sbagliata e distruttiva per la persona.

Tutto questo non è possibile senza due fattori fondamentali del processo educativo che oggi vengono sistematicamente ignorati. Il primo è l'ascesi. Ascesi è capacità di dire di no, di resistere alla violenza con la quale l'impulso domanda di essere soddisfatto immediatamente senza una riflessione che si interroghi sul fatto se esso corrisponda alla verità e al vero bene della persona. Il permissivismo contemporaneo ha diffamato l'ascesi identificandola con la "repressione". L'ascesi implica certo la forza di reprimere l'istinto ma implica anche la capacità di dare alla energia proveniente dall'istinto una forma nuova, corrispondente alla verità della persona.

Senza ascesi non c'è educazione della persona. La forza necessaria per l'ascesi ha bisogno però di essere mobilitata dalla esperienza di un positivo, dalla percezione di un valore per il quale vale la pena di affrontare la fatica e la frustrazione anche dell'ascesi. L'ascesi non è solo repressione perché essa indica alla energia pulsionale una modalità di soddisfacimento alternativa, giusta per l'uomo. Ciò che è bene per l'uomo, però, nel processo educativo non può essere il semplice risultato di una ricerca intellettuale individuale. Il bene affascina e convince se lo si incontra in una esperienza umana vivente.

C'è bisogno della esperienza dell'autorità. L'autorità è la presenza del valore in una persona che gli rende testimonianza, lo rende più direttamente e facilmente percepibile per altri. L'autorità è guida nel percorso verso l'esperienza del valore. Senza ascesi e senza autorità non c'è esperienza educativa. L'autorità trasmette l'esperienza dei valori perché essa possa essere messa alla prova nella vita dal discepolo. Il discepolo non ripeterà servilmente questa esperienza così come si è realizzata nella vita del maestro. La confronterà piuttosto con le proprie esperienze e la filtrerà attraverso di esse rivivendola così e facendola propria. In questo processo continuo di trasmissione e verifica critica la tradizione di una cultura cresce e si rinnova nel tempo.

Cosa succede in una cultura che ha diffamato l'ascesi e screditato l'autorità? Lo ha descritto molto bene Erich Fromm in un libro un tempo famoso intitolato Fuga dalla libertà. Il giovane che ha paura dei suoi impulsi e della propria incapacità di controllarli e di disciplinarli accetta di dipendere dal potere della opinione dominante nel suo ambiente. Invece di sviluppare un pensiero critico proprio si arrende a ciò che si dice, a ciò che vuole chi ha il controllo dei mezzi di comunicazione di massa. Herbert Marcuse ha parlato di de sublimazione repressiva.

La società permissiva offre al giovane molte modalità di soddisfazione immediata dell'istinto ma proprio in questo modo rende più difficile la formazione di una personalità libera, capace di stabilire un suo proprio rapporto con la verità e di fare di tale rapporto la guida della propria costruzione sociale. L'educazione "tradizionale" invitava a lottare per controllare le proprie passioni, a ricercare la verità, a orientare le passioni secondo la verità e verso la verità. L'uomo diventa libero quando riconosce la verità. L'obbedienza alla verità libera l'uomo dalla tirannia delle opinioni dominanti e anche dalla soggezione verso gli uomini. Temere Dio è regnare. Chi teme Dio non ha paura degli uomini.

Egualmente l'obbedienza alla verità libera dalla soggezione verso le proprie passioni. Obbedienza alla pressione delle passioni e obbedienza al potere sociale esterno possono opporsi fra loro, come è accaduto spesso nel passato. Oggi accade il contrario. Il potere sociale si allea con le passioni dell'anima per impedire che si formi una personalità responsabile e libera, per creare una massa liberamente manipolabile da chi ha potere.

Questo è il problema della educazione nel tempo nostro.
C'è la libertà dell'istinto e c'è la libertà della persona. La libertà della persona suppone che il soggetto sia diventato capace di dominare il proprio istinto e sia diventato in tal modo padrone di se stesso. L'uomo che non diventa padrone di se stesso attraverso l'ascesi finisce con il sentire la libertà dell'istinto come un fardello insopportabile, non si orienta nei conflitti che sorgono inevitabilmente fra le diverse possibili mete istintuali e finisce con il consegnare volentieri la propria libertà al potere sociale dominante. L'uomo che chiede solo soddisfazione immediata alle sue pulsioni si consegna inevitabilmente a chi quella soddisfazione è in grado di dare, diventa infinitamente manipolabile. L'uomo appartiene a chi è in grado di dargli panem et circenses. La soddisfazione allucinatoria del desiderio attraverso lo spettacolo televisivo sostituisce lo sforzo per realizzare davvero le proprie esigenze vere.

Il punto di arrivo di buona parte delle moderne tendenze "decostruzioniste" è proprio la decostruzione dell'io e l'abolizione della personalità cosciente. Per ricostruire l'educazione bisogna ripartire da testimoni autorevoli - non dovrebbero essere prima di tutto questo i genitori e gli educatori? - che siano capaci di indicare senza ambiguità il percorso di una ascesi che rende capaci di verità, che permette di avviarsi sul cammino della ricerca della verità.



(©L'Osservatore Romano - 27 febbraio 2010)

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