L'insegnamento teologico di Pio XII e le sue profezie in campo liturgico

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Caterina63
00domenica 26 luglio 2009 15:23
Benedetto XVI ricorda Pio XII nel suo 50°



Di fronte ai segni dei tempi

L'insegnamento teologico di Pio XII



di Rino Fisichella
Rettore della Pontificia Università Lateranense
Arcivescovo Presidente della Pontificia Accademia per la Vita

Il cardinale Agostino Bea - confessore di Pio XII e uomo che sarà ricordato per lungo tempo come intrepido propulsore del Concilio Vaticano ii, soprattutto in riferimento all'ecumenismo - ha lasciato questa testimonianza che getta grande luce sul magistero di Papa Pacelli:  "Dovranno passare decine d'anni, per non dire dei secoli, prima che la gigantesca opera di Pio XII sia stimata nel suo valore. Egli ha seminato un seme incredibile. Si può dire che la dottrina di Pio XII ha trasformato l'aria che noi respiriamo senza che noi ne siamo sempre consapevoli. Questa dottrina ha costituito il fondamento stesso del Concilio, aprendosi a tutti i problemi dell'umanità contemporanea. Essa cerca di risolverli alla luce del Vangelo per riconquistare l'uomo moderno alla fede, alla Chiesa, a Cristo e a Dio".

Un giudizio che impegna non poco quanti si vogliono dedicare alla ricostruzione del pensiero di Papa Pacelli; questa testimonianza, comunque, consente di guardare con occhi diversi al suo ricco e multiforme insegnamento. Esso appare ancora oggi profondo e lungimirante, carico di originalità per il suo tempo e innovativo per diversi ambiti della dottrina e della teologia. Solo un accenno a quanto egli ha scritto suscita stupore, meraviglia e impedisce di giungere a una rapida sintesi.

 Pio XII va necessariamente riletto alla luce delle 43 encicliche che segnarono il suo pontificato, unitamente ai numerosissimi e impegnativi discorsi con i quali affrontò i temi più controversi all'epoca.

 Non sorprende, quindi, verificare che i Padri conciliari hanno affondato le mani nella ricchezza di quell'insegnamento; per almeno 251 volte, infatti, si possono riscontrare nei documenti conciliari riferimenti espliciti al suo magistero. Ne è testimone incontestabile lo stesso Papa che volle il Vaticano ii. All'indomani della morte di Eugenio Pacelli, il patriarca di Venezia lo commemorava con queste parole:  "Il magistero di Pio XII! Le voci che la notizia della sua morte ha suscitate e continua a suscitare, innanzitutto convengono sull'importanza, sulla bellezza varia e armoniosa, sulla ricchezza dell'insegnamento di questo grande maestro della fede, la cui profusione, emulando i grandi fasti dei Padri e Dottori della Chiesa antica, ha saputo eguagliarsi alle condizioni più moderne del pensiero e dominarlo nel rispetto della eredità dottrinale degli antecessori ed insieme accrescendone il sacro patrimonio a beneficio dell'incivilimento umano e cristiano per il progresso delle genti".

Le molte testimonianze che si potrebbero citare convergono sul fatto che il magistero di Pio XII fosse acuto, profondo e per questo capace di riconoscere le sfide che erano poste sul tappeto della storia insieme alle risposte che la Chiesa era chiamata a offrire. Meritano di essere ricordati, in questo contesto, alcuni documenti che hanno segnato la storia della teologia e hanno permesso di verificare un reale progresso nella dottrina. È obbligatorio iniziare con la Munificentissimus Deus dell'1 novembre 1950 con la quale si definì in maniera dogmatica la fede secondo la quale Maria, la Madre di Cristo redentore, dopo la sua morte venne assunta in corpo e anima nella gloria del paradiso. Quattro anni prima il Papa aveva compiuto una consultazione generale di tutto l'episcopato mondiale circa la verità e opportunità di un simile intervento, compiendo un gesto di autentica collegialità. La risposta pressoché unanime dei vescovi portò alla proclamazione del dogma dell'Assunzione, concludendo in questo modo la verità rivelata circa il mistero della Madre di Dio vergine e piena di grazia.

In questa costituzione dogmatica, Pio XII raccolse l'intero insegnamento biblico, patristico e della grande tradizione teologica; il vero punto innovativo, comunque, rimane il riferimento alla fede viva del popolo di Dio. Il principio di san Vincenzo da Lérina secondo cui semper ubicumque et ab omnibus creditum est diventava principio ermeneutico per approdare alla certezza della formulazione dogmatica. La centralità cristologica che il Papa compì nel formulare il dogma mariano permette di verificare ulteriormente i tratti di originalità della sua prospettiva teologica, anche se si dovrà attendere il Vaticano ii con la Lumen gentium (n. 68) per inserire il mistero della Madre di Dio all'interno dell'orizzonte ecclesiologico come spazio vitale per la significazione completa della sua partecipazione alla storia della salvezza.

Un secondo riferimento importante è costituito dall'enciclica con la quale Pio XII diede grande impulso alla lettura della Sacra Scrittura e alla promozione degli studi biblici, Divino afflante Spiritu del 30 settembre 1943. Per alcuni versi questa enciclica segna per il periodo in cui venne scritta un'apertura considerevole nei confronti dei metodi con cui studiare il testo sacro.

Pio XII sosteneva lo studio dell'archeologia e dei papiri, sollecitava la conoscenza delle lingue bibliche e orientali per giungere a una critica testuale profonda e coerente. Testualmente affermava che gli studiosi "devono con ogni diligenza rintracciare il senso letterale delle parole, giovandosi della cognizione delle lingue, del contesto, del confronto con passi simili; cose tutte, donde anche nell'interpretazione degli scritti profani si suole ricavare profitto per mettere in limpida luce il pensiero dell'autore".
Per la prima volta in un documento del magistero, Pio XII si dilunga nel descrivere il genere letterario e il suo valore per la comprensione coerente non solo del testo, ma dello stesso autore sacro:  "Gli antichi orientali per esprimere i loro concetti non sempre usano quelle forme o generi del dire, che usiamo noi oggi, ma piuttosto quelle che erano in uso tra le persone dei loro tempi e dei loro Paesi (...) A nessuno, che abbia un giusto concetto dell'ispirazione biblica, farà meraviglia che anche negli Scrittori sacri, come in tutti gli antichi, si trovino certe maniere di esporre e di narrare, certi idiotismi, propri specialmente delle lingue semitiche, certi modi iperbolici od approssimativi, talora anzi paradossali, che servono a meglio stampar nella mente ciò che si vuol dire (...) Con l'accennata conoscenza ed esatta valutazione dei modi ed usi di parlare e di scrivere presso gli antichi, si potranno sciogliere molte obiezioni sollevate contro la veridicità e il valore storico delle divine Scritture; e non meno porterà un tale studio ad una più piena e luminosa comprensione del pensiero del Sacro Autore".

Come si evince da queste citazioni, la prospettiva teologica di Papa Pacelli appariva nel suo contesto storico certamente di grande apertura e di fiducia nelle metodologie di cui lentamente il mondo cattolico si andava perfezionando dopo secoli di ritardo nei confronti dell'esegesi protestante. E, comunque, Pio XII ribadisce con forza un principio ermeneutico di estrema importanza e attualità:  la ricerca del senso spirituale della Scrittura e l'analogia della fede come criteri normativi per una lettura del testo sacro conforme alla sua natura di libro ispirato.

Non si può dimenticare, infine, la grande novità apportata dall'enciclica con la sottolineatura che ogni autore sacro possiede una propria teologia con la quale si qualifica pienamente come "autore" e mediante la quale permette di giungere a una visione più profonda del testo sacro. In una parola, è sufficiente riprendere tra le mani la Dei Verbum per verificare come molto di questo materiale sia confluito nel magistero conciliare.

Non può essere dimenticata la Mystici Corporis del 29 giugno 1943. Per la visione teologica dell'epoca, questa enciclica si presenta come un documento innovativo, soprattutto se confrontato con l'ecclesiologia del tempo che viveva ancora nelle secche della manualistica apologetica. Recuperando la visione paolina del "Corpo mistico di Cristo" e mostrandone il suo radicamento nella tradizione teologica dei Padri e dei maestri del medioevo, il Papa apriva la strada per una visione della Chiesa alla luce della comunione che troverà piena esplicitazione nella Lumen gentium.

Per comprendere a pieno, comunque, questa enciclica e il suo valore teologico, è importante collegarla con un'altra che Pio XII scriverà più tardi, il 20 novembre 1947, la Mediator Dei. Il senso profondo della Chiesa veniva recuperato, infatti, alla luce della liturgia e del mistero eucaristico.

L'Humani generis del 22 agosto 1950 è un'altra enciclica di Pio XII che ha segnato la storia della teologia. Un primo contenuto che colpisce è certamente la condanna del relativismo teologico e filosofico; alla luce della situazione presente la rilettura di quelle pagine mostra la lungimiranza e la verità sottesa all'analisi compiuta. Questo documento, comunque, diede alla teologia un inaspettato vigore per la ricerca soprattutto riguardo al tema della teoria evoluzionista e del poligenismo. Pio XII affermava non solo la liceità, ma l'importanza dello studio relativo ai problemi collegati con l'evoluzione; se, da una parte, ammetteva la possibilità di condivisione della teoria in rapporto alla nascita del corpo dell'uomo, dall'altra, sosteneva la necessità di ammettere la creazione immediata dell'anima dei singoli uomini da parte di Dio.

 L'enciclica manifestava la grande apertura di Papa Pacelli alla ricerca scientifica, per alcuni versi accoglieva l'ipotesi poligenista ma ribadiva l'immutabilità dell'insegnamento circa il peccato originale.
Come si può osservare, il magistero di Pio XII è permeato dalla sua grande acutezza con la quale intravedeva i problemi dell'epoca, e insieme dalla sua inevitabile difesa del deposito della fede. D'altra parte, è di ieri come di oggi la presunzione di alcuni di voler imporre una teoria come verità acquisita. Nel suo magistero il Sommo Pontefice deve essere in grado di leggere i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo. Quando interviene per ribadire la fede di sempre non lo fa per impedire la ricerca scientifica, ma per conservare il depositum e la communio tra i fedeli.

Pochi conobbero da vicino Papa Pacelli come fu per Giovanni Battista Montini. A conclusione di questo scorcio sull'originalità e attualità del suo insegnamento non trovo espressione più adeguata del ricordo tracciato da Paolo vi - il 7 marzo 1976, a San Pietro, in occasione del centenario della nascita (che era stato esattamente il 2 marzo) - che ne fornisce la chiave di lettura più adeguata:  "Trema la Nostra voce, batte il Nostro cuore, rivolgendo alla venerata e paterna memoria di Eugenio Pacelli, Papa Pio XII, l'affettuoso encomio d'un umile figlio, il devoto omaggio d'un povero successore. Ricordatelo voi, Romani, questo vostro insigne ed eletto Pontefice; lo ricordi la Chiesa; lo ricordi il mondo, lo ricordi la storia. Egli è ben degno della Nostra pia, grata, ed ammirata memoria (...) Noi che fummo testimoni ammirati, anche se pigri discepoli, dell'assoluta dedizione al suo apostolico ufficio, da lui compreso e meditato con insonne coscienza; testimoni della mitezza dell'animo suo, anche se fermo, complesso e quasi pago sovente della sua solitaria riflessione; testimoni della sua inappuntabile pietà religiosa, non troppo propensa per verità alle celebrazioni esteriori del culto, ma rivolta piuttosto a intime effusioni e a personali osservanze; testimoni ancora dell'incomparabile vigore del suo ingegno, della eccezionale potenza della sua memoria, della mirabile versatilità del suo spirito, della sua fenomenale resistenza al lavoro nonostante le esili membra e la gracile salute; testimoni della rara sua capacità ad avvertire ed a curare le piccole cose relative alla perfezione sostanziale e formale del suo lavoro, con la simultanea e sempre vigilante attenzione alle grandi cose, in cui era accompagnata la sua attività (...) E fu un amico del nostro tempo; il dialogo con tutte le forme della vita moderna, mediante il criterio risolutivo nella bontà e nella verità del Vangelo dei problemi presenti, fu da lui sistematicamente aperto ed iniziato. Ricordarlo è pietà, riconoscerlo è giustizia. Seguirne gli insegnamenti e gli esempi sarà conforto".



(©L'Osservatore Romano - 8 ottobre 2008)







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Caterina63
00domenica 26 luglio 2009 15:26
Gli studi di Margherita Marchione su Papa Pacelli

«Azione non lamento»
La coerenza a un programma




L'8 ottobre nella sede della Radio Vaticana viene presentato il libro di Margherita Marchione La verità ti farà libero. Papa Pio XII a cinquant'anni dalla morte, (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2008, pagine 142, euro 14). Dal volume pubblichiamo stralci del testo introduttivo del cardinale segretario di Stato.



di Tarcisio Bertone

Da oltre un decennio, i volumi di suor Margherita Marchione su Papa Pio XII sono disponibili sia in inglese che in italiano. Questo libro riunisce in un unico volume i frutti della sua ricerca sino a oggi.
Ho avuto modo nel passato di parlare di Pio XII; ho avuto altresì occasione di recente di esprimere la mia opinione sulla controversia che circonda questo Papa del ventesimo secolo.

Il 25 gennaio 2007 ho avuto il piacere di presentare, nel suo lancio in lingua italiana, il volume I giusti dello storico ebreo Sir Martin Gilbert. Questo autore dimostra che le accuse a Pio XII durante la Shoah sono false, rammentando le nobili azioni del Pontefice e della Chiesa Cattolica nell'aiutare a salvare vite di ebrei, in linea con gli sforzi di altri soccorritori. Un esempio fra gli altri citati nel libro è la testimonianza di Emilio Viterbi, un ebreo rifugiato ad Assisi, che conferma il coinvolgimento di Pio XII nel soccorso agli ebrei da parte di istituti religiosi. Questi si è riferito all'azione pastorale del vescovo Nicolini di Assisi, "che con l'amore più grande e il maggiore zelo ha seguito la volontà filantropica del Santo Padre".

Durante la presentazione, ho fortemente contestato i critici che affermano come il Pontefice mancò di proteggere gli ebrei durante l'Olocausto. Riferendomi all'intervento della Chiesa, affermai:  "È chiaro che Papa Pacelli non era favorevole al silenzio ma, al contrario, era di una parola intelligente e strategica, come dimostrato nel radiomessaggio per il Natale del 1942 che fece infuriare terribilmente Hitler. Le prove sono negli archivi vaticani (...) Ricerche effettuate da storici indipendenti confermano che Papa Pio XII fece passi straordinari per salvare vite di ebrei".

 Sono intervenuto ancora su quest'argomento il 17 aprile 2007, ricordando la lettera circolare della Segreteria di Stato, datata 25 ottobre 1943, con le iniziali di Pio XII, che dava ordini agli istituti religiosi e a tutte le istituzioni cattoliche di salvare il maggior numero possibile di ebrei. Ciò fece notizia in Europa, ma non sorprese affatto coloro che avevano letto uno qualsiasi dei libri di suor Margherita Marchione. Ella ha intervistato decine di testimoni, che hanno avuto diretta conoscenza di ciò e di altre istruzioni date dal Papa.

Nel mio discorso del 5 giugno 2007, ho analizzato attentamente la "leggenda nera", e ho parlato di Papa Pio XII come uomo di Dio, che con la sua personale santità, risulta essere uno splendido testimone del sacerdozio cattolico e del Papato. Dopo aver letto le pubblicazioni di Pierre Blet, di Margherita Marchione, di Andrea Tornielli e di innumerevoli altri autori, posso soltanto ripetere la mia convinzione che, attraverso le sue molte encicliche, Papa Pio XII emanò importanti norme dottrinali, diede nuovo impulso all'attività missionaria e affermò i diritti della donna in una miriade di campi, incluso quello politico e giudiziario.

Fu proprio attraverso un approccio prudente che Pio XII protesse ebrei e rifugiati. Occorre inoltre ricordare che molte volte durante la seconda guerra mondiale, il governo fascista prese iniziative per assicurarsi che la Radio Vaticana "non avesse la necessaria elettricità", così che la voce del Pontefice non potesse essere udita; che molte volte ci fu "scarsità di carta" per riprodurre i suoi pensieri e il suo scomodo insegnamento contro il nazismo e il fascismo; che in diverse occasioni qualche "incidente" fece sì che numeri de "L'Osservatore Romano" contenenti chiarificazioni, aggiornamenti, note politiche, andassero perduti o distrutti.

Lungo l'ultimo decennio, suor Margherita Marchione ha raccolto documenti che provano come Papa Pio XII non fu silente né antisemita:  egli fu prudente. Se avesse fatto un intervento pubblico, avrebbe messo in pericolo la vita di migliaia di ebrei che, su sua disposizione, erano stati nascosti, soltanto in Roma, in 155 conventi e monasteri. Come non ricordare, in tale contesto, la Lettera pastorale del 1942 dei vescovi olandesi, che condannava "l'inumano e ingiusto trattamento scatenato contro gli ebrei dalla potenza occupante in questo Paese"? Fu proprio a causa di quella denuncia - annota Pinchas Lapide - che l'Olanda dovette contare la più alta percentuale di ebrei deportati, rispetto agli altri Paesi europei:  cioè, circa 110.000, che era il 79% della sua popolazione ebraica totale.

In questo libro, ella ci ricorda che fu Pio XII ad autorizzare persino falsi certificati di battesimo per salvare la vita agli ebrei, ordinando, inoltre, la distribuzione di visti in modo che gli ebrei potessero entrare in altri Paesi e istruendo i superiori di conventi e di monasteri perché aprissero le porte e nascondessero ebrei e altre vittime dei nazisti e dei fascisti. Ad Angelo Roncalli (il futuro Papa Giovanni XXIII) fu chiesto di distribuire certificati, come da lui stesso confermato quando affermò che tutto ciò venne fatto secondo le direttive del Papa. Mentre era Delegato Apostolico a Istanbul, scrisse nel suo diario di un'udienza con Papa Pio XII il 10 ottobre 1941, affermando che le dichiarazioni del Papa erano "prudenti".
La neutralità di Pio XII non salvò soltanto europei, ma anche altri prigionieri, ben cosciente come era che il destino di milioni di persone dipendeva da ogni sua singola parola.

La storiografia accreditata in senso scientifico, considerate diverse fonti non soltanto di ordine storico, ma in modo particolare documentaristico e testimoniale, dà per certo ora che l'accusa di presunto "silenzio" di Pio XII era semplicemente il frutto di speculazione ideologica. Sfortunatamente è ancor oggi acriticamente ripetuta in taluni circoli, dove vi è poco senso della Chiesa e, per adottare un'espressione più caritatevole, una certa difficoltà a comprendere come essa operi.

Si vuole fare di Papa Pacelli un "politico" in guerra con due ideologie considerate comunemente nefaste. Pio XII ha sempre pensato (sin dalla sua prima enciclica) che non era la Chiesa ad avere nemici, ma che, piuttosto, vi erano nemici dell'uomo, i quali si servivano dello Stato per perpetrare continuamente atti contrari alla persona e alla società. Il documento illuminante - e non è il solo - è la sua prima enciclica, la Summi Pontificatus, sconosciuta tuttora anche dal punto di vista profetico-sociale. Occorrerebbe rileggerla. Questo è ciò che scriveva a quel tempo:  "Una presa di posizione dottrinale completa contro gli errori dei tempi presenti può essere rinviata, se occorrerà, ad altro momento meno sconvolto dalle sciagure degli eventi esterni; ora Ci limitiamo ad alcune fondamentali osservazioni (...) Il primo di tali perniciosi errori, oggi largamente diffuso, è la dimenticanza di quella legge di umana solidarietà e carità, che viene dettata e imposta sia dalla comunanza di origine e dalla eguaglianza della natura razionale in tutti gli uomini, a qualsiasi popolo appartengano".

E poco più avanti, così ammoniva:  "Fonte di gravissimi mali per la convivenza pacifica dei popoli (...) si dimostra l'errore contenuto in quelle concezioni, le quali non dubitano di sciogliere l'autorità civile da qualsiasi dipendenza dall'Ente supremo (...) e le concedono una facoltà illimitata di azione, abbandonata all'onda mutevole dell'arbitrio o ai soli dettami di esigenze storiche contingenti e di interessi relativi... Il mondo e tutti coloro che sono colpiti dalla calamità della guerra devono sapere che il dovere dell'amore cristiano, cardine fondamentale del Regno di Cristo, non è una parola vuota, ma viva realtà. Un vastissimo campo si apre alla carità cristiana in tutte le sue forme. Abbiamo piena fiducia che tutti i Nostri figli, specialmente coloro che non sono provati dal flagello della guerra, si ricordino, imitando il divino Samaritano, di tutti coloro, che essendo vittime della guerra, hanno diritto alla pietà e al soccorso".

È profondamente ingiusto stendere un velo di pregiudizio sull'opera di Pio XII durante la guerra, dimenticando non soltanto il contesto storico ma anche l'immensa opera caritativa che egli promosse (...) Le direttive date da Pio XII per radio, attraverso la stampa e mediante i canali diplomatici erano chiare. In quel tragico 1942 disse a tutti:  "Azione, non lamento, è il precetto dell'ora".



(©L'Osservatore Romano - 8 ottobre 2008)
Caterina63
00domenica 26 luglio 2009 15:36
PIO XII

BOLLA DI INDIZIONE DEL
GIUBILEO UNIVERSALE
DELL'ANNO SANTO 1950

IUBILAEUM MAXIMUM

26 maggio 1949

Il Vescovo Pio,
Servo dei servi di Dio.

A tutti i fedeli che leggeranno questa Lettera, salute e Apostolica Benedizione.

 

Il grande Giubileo, che si celebrerà nel prossimo anno in questa Alma Città, si propone principalmente di richiamare tutti i cristiani non solo all’espiazione delle loro colpe e all’emendazione della loro vita, ma anche a tendere alla virtù e alla santità, secondo il detto: « Santificatevi e siate santi, perché io sono il Signore Dio vostro »1. Dal che si vede facilmente quale e quanta sia l’utilità di tale antichissima istituzione. Se difatti gli uomini, accogliendo l’invito della Chiesa e distaccandosi dalle passeggere cose terrene, si volgeranno alle imperiture ed eterne, si avrà l’auspicatissimo rinnovamento dei cuori, da cui è lecito sperare che i costumi privati e pubblici si  abbiano ad ispirare agli insegnamenti e allo spirito del Vangelo.

Poiché quando la rettitudine guida la convinzione dei singoli e la dirige sul piano pratico, ne consegue che una nuova forza e un nuovo impulso permeano di sé l’umana società e preparano un migliore e più felice ordine di cose. Orbene, mai come oggi è stato necessario riformare tutto secondo la verità e la virtù del Vangelo.

Gli sforzi umani, anche se degni di lode e non suggeriti da fallaci motivi, sono impari a tanta impresa; soltanto l’augusta religione, che trae l’appoggio dall’aiuto soprannaturale e dalla grazia divina, può affrontare un così grande problema e, con la fattiva collaborazione di tutti, portarlo a felice  compimento.

Desideriamo quindi ardentemente che i Vescovi di tutto il mondo, assecondati in ciò dal proprio clero, insegnino con ogni diligenza al gregge affidato alle loro cure quel che riguarda il prossimo Giubileo. Esortino i fedeli a parteciparvi nel miglior modo, vadano a Roma o restino nel proprio paese; ad elevare a Dio sempre più ardenti le preghiere, a moltiplicare le opere di penitenza e di carità, e a mettere in pratica tutte quelle cose, che in altra occasione Noi abbiamo proposto come peculiari per l’Anno Santo.

Prevedendo pertanto i fecondi e salutari frutti che imploriamo con supplici voti dal Divin Redentore, fedeli alle tradizioni dei Romani Pontefici che Ci hanno preceduto, dopo aver preso consiglio dai Venerabili Nostri Fratelli gli Eminentissimi Cardinali di S.R.C., con l’autorità di Dio onnipotente e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, per la salute delle anime e l’utilità della Chiesa, con la presente Lettera indiciamo e promulghiamo, e intendiamo che sia ritenuto come indetto e promulgato, un universale e grande Giubileo da celebrarsi in questa Alma Città, dal Natale del 1949 al Natale del 1950, a norma del canone 923.

Durante quest’anno di espiazione, a tutti i fedeli che debitamente confessati e comunicati visiteranno per una sola volta nel medesimo giorno, o in giorni diversi, secondo l’ordine che loro più piacerà le Basiliche di S. Giovanni in Laterano, di San Pietro in Vaticano, di. S. Paolo sulla Via Ostiense, di S. Maria Maggiore all’Esquilino, e reciteranno tre volte il «Pater Noster », l’«Ave Maria » e il « Gloria Patri » ed un Pater, Ave e Gloria, secondo le Nostre intenzioni, ed aggiungeranno in ciascuna Basilica un «Credo », concediamo ed elargiamo nel Signore la piena indulgenza e il perdono da ogni pena dovuta per i peccati.

A favore di coloro che, a Roma o durante il viaggio, non abbiano potuto compiere o neppure iniziare il numero delle visite, perché impediti da malattia o da altra giusta causa o perché nel  frattempo colpiti da morte, riduciamo le suddette disposizioni in modo che, se saranno confessati e comunicati, possano lucrare anch’essi l'indulgenza giubilare, come se effettivamente avessero visitato le quattro Basiliche sopra ricordate.

Stabiliamo inoltre che i fedeli possano lucrare l’indulgenza giubilare sia per sé che per i defunti, tante volte quante avranno adempiute le condizioni prescritte.

Voi certamente non ignorate, diletti figli, quali siano le intenzioni generali dei Romani Pontefici. Desideriamo tuttavia manifestare con maggiore precisione e chiarezza le Nostre particolari circa il  prossimo Anno Santo.

S’implori da Dio innanzi tutto che ciascuno, pregando e facendo penitenza, espii le proprie colpe e s’adoperi, con ogni impegno, a riformare i propri costumi e ad acquistare le cristiane virtù, affinché questo grande Giubileo prepari felicemente un generale ritorno a Cristo. In secondo luogo bisogna chiedere a Dio insistentemente che la fedeltà, dovuta al Divin Redentore e alla Chiesa da Lui fondata, sia da tutti mantenuta con spirito inflessibile e con energica volontà; che i diritti della Chiesa siano mantenuti incolumi e integri contro le insidie, gli inganni e le persecuzioni; che tutti coloro che non sono ancora giunti alla luce della verità cattolica ed errano dalla strada giusta, e gli stessi odiatori e negatori di Dio, illuminati dalla superna luce e piegati dalla grazia, siano condotti ad obbedire ai precetti del Vangelo; che dappertutto, ma specialmente in Palestina, ritorni quanto prima la tranquillità, mediante una giusta composizione dei problemi; in modo che le diverse classi sociali, spenti gli odii e sedati i dissensi, si uniscano nella giustizia e nella concordia fraterna; che le moltitudini, infine, dei bisognosi, dal proprio lavoro traggano di che onestamente vivere e dalla liberalità e dalla carità dei più forniti di beni di fortuna ricevano i necessari ed opportuni soccorsi.

Torni finalmente la pace nel cuore di tutti, tra le pareti domestiche, nelle singole Nazioni, nella universale comunità dei popoli. Coloro che soffrono persecuzione per la giustizia2 abbiano la fortezza, onde la Chiesa è stata ornata, fin dalle sue origini, con il sangue dei Martiri; i profughi, i prigionieri, coloro che sono stati strappati dalle proprie case, tornino quanto prima alla dolcissima loro patria; i sofferenti e gli angosciati siano colmati dalle celesti consolazioni. Splendano e si rafforzino nella vigorosa gioventù il pudore e la virtù cristiana, preceduta dall’esempio dell’età matura e della vecchiaia; tutti, infine, godano di quella grazia celeste, ch’è sicuro auspicio dell'eterna felicità.

Non resta altro, o diletti figli, che sollecitarvi con paterna esortazione a venire a Roma in gran numero durante l’anno di espiazione; a Roma che per ogni fedele di ogni Nazione è come la seconda patria; perché qui è il luogo venerando dove fu sepolto il Principe degli Apostoli dopo il suo martirio; qui i sacri ipogei dei martiri, le celebri basiliche, i monumenti della fede avita e dell’avita pietà; qui il Padre che li attende con tenero affetto, a braccia aperte.

Sappiamo che i viaggi non sono per tutti spediti e facili, soprattutto per chi versa in condizioni di povertà e dimora in luoghi lontani. Ma se si lotta con tanto ardore per vincere le difficoltà della vita terrena, perché non sarà lecito sperare che ingenti moltitudini, non risparmiando sacrifizi e non spaventate dai disagi, affluiscano da ogni parte del mondo all’Urbe, per impetrare i doni celesti? Bisogna tuttavia aver presente, diletti figli, che questi pellegrinaggi non devono farsi con la mentalità di coloro che viaggiano per diporto; ma con lo spirito di pietà che animava i fedeli dei secoli scorsi, i quali, superando ostacoli d’ogni genere, spesso a piedi, venivano a Roma, per lavare i loro peccati con le lacrime del dolore e per implorare da Dio perdono e pace. Risvegliate questa antica fede e questo antico ardore di divina carità, accresceteli e studiatevi di infonderli anche negli altri. In tale modo, con la grazia e l’aiuto di Dio, il prossimo Giubileo arrecherà abbondantissimi frutti di salute ai singoli e a tutta la società cristiana.

E perché questa Nostra Lettera venga più facilmente a cognizione di tutti, vogliamo che alle sue copie, anche a quelle stampate, purché sottoscritte da un pubblico notaio e munite del sigillo di una Dignità Ecclesiastica, si presti la stessa fede che si presterebbe a questa stessa Lettera, se fosse esibita o mostrata.

Nessuno osi togliere valore od opporsi con temeraria audacia a questo documento della Nostra indizione, promulgazione, concessione e volontà. Se qualcuno tanto osasse, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei beati Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 26 maggio 1949, anno undecimo del Nostro Pontificato.

   

1 Lev., X, 7; cf. I Petr., I, 16.

2 Matth., V, 10.






Si fa notare che la croce pastorale usata da Benedetto XVI
cliccate qui per l'approfondimento:
Il Pastorale (Ferula) del Pontefice

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è stata usata anche da Pio XII per l'apertura della Porta Santa nel 1950
come si vede dalla foto

 

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Caterina63
00martedì 20 dicembre 2011 14:24

Card. Pacelli e un monito profetico": "Attenti ai novatori: la Chiesa non rinneghi il proprio passato"

"Supponete, caro amico, che il comunismo non sia che il più visibile degli strumenti di sovversione contro la Chiesa e contro la tradizione della Rivelazione divina, allora noi stiamo per assistere all’invasione di tutto ciò che è spirituale, la filosofia, la scienza, il diritto, l’insegnamento, le arti, la stampa, la letteratura, il teatro e la religione. Io sono assillato dalle confidenza della Vergine alla piccola Lucia di Fatima.
Questa ostinazione della Buona Signora davanti al pericolo che minaccia la Chiesa è un avvertimento divino contro il suicidio che rappresenterebbe l’alterazione della fede, nella sua liturgia, la sua teologia e la sua anima.
Io sento intorno a me dei novatori che vogliono smantellare la Cappella sacra, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rifiutare i suoi ornamenti, darle rimorso per il suo passato storico. Ebbene, mio caro amico, ho la convinzione che la Chiesa di Pietro deve rivendicare il suo passato – altrimenti si scaverà la fossa. Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato rinnegherà il suo Dio, in cui la Chiesa dubiterà come Pietro ha dubitato.
Essa sarà tentata di credere che l’uomo è diventato Dio, che il Suo Figlio non è che un simbolo, una filosofia come tante altre, e nelle chiese i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li aspetta
."

(Brano tratto da una lettera del Cardinale Eugenio Pacelli al Conte Enrico Pietro Galeazzi)

fonte: Cordialiter




[SM=g1740733] ragionevolmente a chi poneva dubbi sul testo, ecco la saggia risposta di Cordialiter:

Precisazioni sulla lettera del Cardinale Pacelli

Alcuni giorni fa ho ripubblicato sul blog alcuni interessanti brani di una lettera del Cardinale Pacelli (il futuro Pio XII) al Conte Galeazzi. Non mi aspettavo che avrebbero destato tanto scalpore. Al riguardo ci sono state richieste di maggiori dettagli (persino da oltreoceano). Qualcuno ha sollevato dubbi sulla sua autenticità, affermando che circolano in giro diverse versioni. Il motivo di ciò è facilmente spiegabile. La lettera è del 1936 ed è stata pubblicata in francese sul libro “Pie XII devant l’histoire”, (Laffont, Paris, 1972, pp. 52-53), scritto da Mgr. Georges Roche e da Père Philippe St.Germain. Se circolano diverse versioni in italiano è semplicemente perché le traduzioni dal francese sono state fatte presumibilmente da persone diverse. Comunque la sostanza del discorso è la stessa.

Ecco la versione francese: « Supposez, cher ami, que le communisme ne soit que le plus visible des organes de subversion contre l’Eglise et contre la tradition de la révélation divine, alors nous allons assister à l'invasion de tout ce qui est spirituel, la philosophie, la science, le droit, l'enseignement, les arts, la presse, la littérature, le théâtre et la religion. Je suis obsédé par les confidences de la Vierge à la petite Lucie de Fatima. Cette obstination de la Bonne Dame devant le danger qui menace l'Eglise, c'est un avertissement divin contre le suicide que représenterait l'altération de la foi, dans sa liturgie, sa théologie et son âme...

J'entends autour de moi des novateurs qui veulent démanteler la Chapelle Sacrée, détruire la flamme universelle de l'Eglise, rejeter ses ornements, lui donner le remords de son passé historique.
Eh bien, mon cher ami, j'ai la conviction que l'Eglise de Pierre doit assumer son passé ou alors elle creusera sa tombe.

... un jour viendra où le monde civilisé reniera son Dieu, où l'Eglise doutera comme Pierre a douté. Elle sera tentée de croire que l'homme est devenu Dieu, que son Fils n'est qu'un symbole, une philosophie comme tant d'autres, et dans les églises les chrétiens chercheront en vain la lampe rouge ou Dieu les attend. »

Sarebbe interessante poter leggere la lettera integrale in italiano, speriamo che qualche storico riesca a rintracciarla in qualche archivio. Non sono sorpreso del fatto che il Card. Pacelli avesse intravisto il disastro provocato dai novatori, infatti era riuscito ad intravvedere tanti altri fatti che poi si sono puntualmente verificati. Se si tratta di semplici pronostici o di “profezie” non spetta a me dirlo, però è difficile che un uomo riesca ad arguire tanti avvenimenti “impensabili” che in seguito si sono effettivamente verificati. Se avrò tempo, prossimamente riporterò altre previsioni pacelliane che si sono realizzate.

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