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| | Probabilmente anche in Palestina il canone comprendeva i deuterocanonici, perché tra le due comunità giudaiche di Gerusalemme e di Alessandria corsero sempre buoni rapporti, particolarmente in materia di libri sacri. Questi buoni rapporti difficilmente sarebbero durati se gli alessandrini avessero considerati come sacri alcuni libri non ritenuti tali dai palestinesi. All’epoca di Nostro Signore a Gerusalemme esisteva almeno una sinagoga per gli Ebrei alessandrini (Atti 6,9); ora una delle pratiche eseguite nella sinagoga era la lettura della Bibbia e, naturalmente, il testo usato nella sinagoga alessandrina di Gerusalemme era la versione greca dei LXX, che conteneva anche i deuterocanonici. Siccome non consta che i gerosolimitani abbiano protestato, è presumibile che essi non fossero ostili ai deuterocanonici. Gli stessi apostoli usavano la Bibbia dei LXX, questo è un fattore determinante per assicurare l’effettiva ispirazione dei 7 libri del V.T., in quanto in nessuno degli scritti apostolici troviamo avvertimenti verso i 7 libri, oltretutto troviamo alcune loro citazioni nel N.T. Il canone lungo giudaico (comprendente i libri deuterocanonici) fu probabilmente accorciato dai farisei. Dopo la caduta di Gerusalemme (70 d.C.), distrutto il tempio e con esso cessato il sacerdozio, i farisei, che già godevano il favore popolare, conquistarono facilmente il primato spirituale. Essi vollero sottoporre a un esame scrupoloso tutti i libri sacri per assicurarsi se tutti “macchiassero le mani” (gli antichi ebrei usavano dire che i libri sacri macchiavano le mani, cioè lasciavano un impronta nella mani, era un modo di dire, che indicata la sacralità dei libri) o se non fosse il caso di escluderne qualcuno dalla lettura sinagogale. I criteri su cui fu basato il nuovo esame furono tre: antichità del libro, composizione in lingua “sacra” (ebraica o aramaica), conformità alla Legge. Che i farisei abbiano sottoposto il canone a un nuovo esame, si può dedurre dalle discussioni sorte tra il I e il II secolo d.C. intorno al carattere sacro di cinque libri protocanonici. Nessuna discussione è invece riferita intorno ai deuterocanonici. Ma proprio questo silenzio è significativo. I farisei che facevano questo esame dei libri sacri erano ostili ai discendenti di Simone Maccabeo (asmonei), che consideravano come usurpatori dell’antica dinastia davidica e perché avevano parteggiato per i sadducei. Così si spiega come senza discussione alcuna vennero esclusi dall’uso sinagogale i due libri dei Maccabei, e con essi i libri dell’epoca maccabaico-asmonea (o almeno creduti di quel tempo), col pretesto che erano troppo recenti, scritti talvolta in lingua non “sacra” e trovati forse contrastanti con la Legge. Il fatto stesso che il canone dopo la rottura definitiva con i cristiani fu sottoposto a rianalisi la dice lunga sulla sincerità dei farisei, i quali non accettarono in tronco tutto il N.T. perché non scritto in lingua “sacra” (aramaico o ebraico) e soprattutto perché non riconoscerono il Messia. Quale autorità gli si può quindi riconoscere dopo la nascita del cristianesimo? E come si può ritenere gli Ebrei gli unici a poter stabilire il canone non si capisce.
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| | Gli Ebrei ebbero il privilegio di avere affidata la Legge e gli oracoli del Signore, ma con la nascita del cristianesimo la loro autorità cessò, i loro occhi non riconobbero il Messia, quindi i libri sacri furono affidati alla Chiesa nascente, ella era la nuova autorità costituita da Cristo, ed ella fissò il canone del N.T. e riconfermò il canone del V.T. rifacendosi alla traduzione dei LXX, gli ebrei persero tutto quello che gli era stato dato, nessuna autorità ebbero più perché peccarono contro lo Spirito Santo rinnegando Gesù Cristo. Quindi molti protestanti farebbero bene a rivedere le proprie posizioni, perché basate sul giudizio di un popolo che ormai da quasi 2000 anni ha perso ogni autorità biblica. Non ci sarebbe nemmeno bisogno continuare, ma per amore della precisione e della verità continuo a illustrare la storia del canone e dei libri deuterocanonici, per dipanare ogni dubbio in proposito. Quando avvenne la chiusura del canone ebraico e da chi fu operata? Verso l’anno 130 a.C. il nipote dell’Ecclesiastico parla di una traduzione “della Legge, dei Profeti e di altri libri”; verso lo stesso periodo il I Mac. parla di “libri sacri”, libri cioè che godono di una particolare venerazione presso il popolo di Israele, mentre vengono proscritti dai pagani Seleucidi; Il 2 Mac. 2,13 riferisce che tra le attività riorganizzative di Neemia vi fu pure una biblioteca che, probabilmente, con i libri sacri ne comprendeva altri. Vi furono dei dubbi su quali libri includere anche nei protocanonici perché in Ezechiele furono trovate alcune contraddizioni con la Legge, poi furono trovate contraddizioni interne anche in Ecclesiaste e i Proverbi, o anche il contenuto in apparenza profano per il Cantico, il pericolo di provocare dell’odio contro il popolo giudaico per Ester. Alcuni sostenevano che questi libri “macchiavano le mani”, altri che bisognava “nasconderli” (cioè escluderli dalla lettura sinagogale). Finì per prevalere l’opinione favorevole alla canonicità. Alle soglie dell’era cristiana, tra gli Ebrei vi erano ancora esitazioni: il giudaismo palestinese rivela la tendenza a considerare sacri soltanto i libri antichi, scritti soprattutto in ebraico, e non quelli scritti in greco; ma questa è la tendenza dei farisei; ve n’erano pure altre. L’ambiente sadduceo considerava canonico solo il Pentateuco; mentre nella diaspora alessandrina e a Qumràn, forse, si riteneva che la parola di Dio non fosse terminata e si avesse il diritto di attendere ancora un messaggio ispirato. E’ così che nella diaspora si riconosce una vera autorità divina ai deuterocanonici. | | Rispondi
| | Quanto agli altri per conoscere realmente il loro pensiero è meglio vagliare i loro scritti, perché se alcuni espressero qualche dubbio, ma poi nelle loro opere citano i libri deuterocanonici vuol dire che in definitiva essi li riconoscevano come ispirati, avendo chiarito i loro dubbi in merito. Concludendo, possiamo affermare che la maggioranza dei Padri non ha alcun dubbio intorno all’ispirazione dei deuterocanonici; solo una minoranza ne dubita in teoria, mentre in pratica se ne serve come dei protocanonici: nei loro dubbi essi riflettono il pensiero giudaico, da cui sono direttamente o indirettamente influenzati; nell’uso pratico attestano la fede della Chiesa. Nei secoli successivi vi furono anche altri Padri che riportarono dei dubbi, basandosi sulla teoria di Gerolamo, anche l’autorevole Tommaso d’Aquino ebbe delle incertezze, ma se controlliamo le sue opere ci accorgiamo che fa un ampio uso dei deuterocanonici, ma dopo il 1912 nessun dubbio è più ammissibile, perché fu scoperto un documento recante un suo discorso accademico del 1256, dove Tommaso dà la divisione dei libri della Bibbia, e, senza alcuna distinzione e frammisti ai protocanonici, elenca anche i deuterocanonici. Zwingli essendo egli stesso protestante, della traduzione fatta da Lutero diceva che essa “alterava e corrompeva la parola di Dio”. Balgy, famoso teologo anglicano, diceva che i Protestanti ebbero il singolare talento di vedere tutto ciò che essi bramavano di vederci, cioè di far dire alla Bibbia ciò che ognuno voleva. Tutti sappiamo che la Congregazione dei Testimoni di Geova, con sede centrale a Brooklyn (New York) ha superato tutti, divenendo, in questo settore, i “falsari della Bibbia”. Essi costituiscono una setta eccentrica e strana, ed è il prodotto più aberrante del protestantesimo americano. | | Rispondi
| | La Bibbia dei fratelli protestanti non è uguale alla nostra, bisogna comunque distinguere tra le varie traduzioni bibliche che usano i protestanti. I testimoni di Geova ad esempio usano una loro traduzione (fatta dalla Società Torre di Guardia) che presenta pesanti e minuziose alterazioni, infatti essi fanno dire alla Scrittura ciò che vogliono loro, ad esempio gli fanno affermare che Gesù non è Dio, e che lo Spirito Santo non è una Persona divina. Gli “evangelici” pentecostali invece hanno la Bibbia quasi uguale alla nostra (cattolica romana), tranne che in alcuni libri che il protestantesimo ha scartato, ritenendoli non ispirati e chiamandoli pertanto “apocrifi”, e che traduce alcuni termini in maniera leggermente differente, ad esempio la Diodati. I protestanti hanno preferito usare il canone ebraico, nel quale non sono compresi alcuni libri del V.T., questo suscita in me un po’ di stupore, perché mi domando come si fa ad accettare il canone ebraico e quindi considerare esempio corretto da seguire “il canone ebraico” quando è risaputo che gli ebrei non hanno riconosciuto Gesù Cristo come Messia, quindi praticamente i protestanti si affidano al canone dei ciechi, che prima hanno fatto tradurre dai Settanta anche i libri deuterocanonici e poi in seguito allo rottura definitiva con i cristiani avvenuta intorno all’anno 100 d.C. hanno tolto dal loro canone i libri deuterocanonici. I protestanti seguendo gli ebrei dovrebbero rifiutare pure il Nuovo Testamento, perché non lo fanno? | | |