La Chiesa in Uruguay difende gli Embrioni

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Caterina63
00giovedì 23 luglio 2009 12:38
L'arcidiocesi di Montevideo contro il disegno di legge già approvato dal Senato

La Chiesa in Uruguay
e la ricerca sulle staminali embrionali


Montevideo, 22. "Un nuovo e grave attentato alla vita e alla dignità umana, un fatto contrario ai valori propri della Chiesa cattolica":  così il portavoce dell'arcidiocesi di Montevideo, Miguel Ángel Pastorino, ha definito il progetto di legge del Governo uruguaiano che consentirebbe la ricerca scientifica utilizzando le cellule staminali embrionali.

"La Chiesa - ha precisato Pastorino - non è contraria all'uso delle cellule staminali nella ricerca, perché si è dimostrato che può portare a grandi benefici per la salute, ma si oppone all'utilizzazione di embrioni umani a questo fine". Quando si è davanti a un embrione "abbiamo a che fare con una vita umana", ha detto ancora il portavoce a organi di stampa, sottolineando che è su questo punto che si basa la discussione generata dal progetto di legge.

Il testo, elaborato l'anno scorso dall'Istituto nazionale per la donazione e i trapianti, è stato modificato negli ultimi mesi dai senatori del Frente amplio (una coalizione di partiti di sinistra) assieme ai responsabili del ministero della Salute pubblica, prendendo come base la legislazione spagnola. Il progetto di legge, la settimana scorsa, è stato approvato all'unanimità dal Senato e ora si attende, entro i prossimi due mesi, il "sì" definitivo della Camera dei deputati, dove il Frente amplio ha la maggioranza. La norma necessita infatti dell'approvazione di entrambe le Camere che, su altri temi sensibili, non hanno incontrato in passato il sostegno del presidente della Repubblica e capo del Governo, Tabaré Ramón Vázquez Rosas, medico di professione, il quale ad esempio ha posto il veto sulla legge sull'aborto.

L'arcidiocesi di Montevideo, lunedì scorso, ha espresso la propria contrarietà al testo sulle cellule staminali attraverso un comunicato dell'Istituto arcidiocesano di bioetica "Giovanni Paolo II", nel quale si sottolinea come l'embrione umano sia dotato di dignità umana. Permettendo la "distruzione di embrioni umani per ottenere cellule staminali" si viola dunque "il primo dei diritti umani, quello alla vita", incorrendo in una "gravissima mancanza etica", si legge nella nota. Non si può trattare l'embrione come "un semplice oggetto", come "un mero fornitore di cellule staminali", che "può essere sacrificato per il supposto beneficio di altre persone". Il fine non giustifica i mezzi, "soprattutto quando è in gioco la vita umana", avverte l'istituto, che confida adesso su "un'attenta riflessione su queste considerazioni etiche", la quale possa spingere i legislatori a rettificare il progetto durante il suo iter alla Camera dei deputati.

Il direttore del "Giovanni Paolo II", Gustavo Ordoqui, ha detto che "non si vuole compiere un attacco contro l'uso delle cellule staminali che, se correttamente ottenute, sono particolarmente utili", ma contro un disegno di legge che, "permettendo la distruzione della vita umana, seppur a fini scientifici, non può essere sostenuto dalla Chiesa". Secondo Ordoqui, il progetto è stato votato in Senato "senza che fosse compreso pienamente dall'opinione pubblica", aggiungendo che, nonostante "l'ingente numero di embrioni umani distrutti" nel mondo con "questa linea immorale di ricerca scientifica", fino a ora non si è riusciti a curare "un solo malato partendo da questa pratica aberrante".

Il disegno di legge riguarda tutti i tessuti e le cellule di origine umana, inclusi cellule staminali e progenitrici da sangue periferico, cordone ombelicale, midollo osseo, cellule e tessuti fetali, cellule staminali adulte e embrionali. La donazione e la ricezione delle cellule - si sottolinea nell'articolo 3 - deve avere come fine la preservazione o il miglioramento della qualità della vita umana e realizzarsi "senza fini di lucro". Le cellule conservate a scopo di donazione nelle banche pubbliche e private vengono considerate "un bene della comunità", il cui "fine ultimo" sarà determinato dai "bisogni delle istituzioni". Il testo prevede che, in caso di violazione della legge, i medici e i ricercatori vengano sospesi dall'esercizio della loro professione da sei mesi a cinque anni, senza conseguenze penali. Rischia invece da sei mesi a quattro anni di reclusione chi riceve denaro per vendere le cellule.


Nel suo intervento, l'Istituto arcidiocesano di bioetica si basa, in particolare, sul punto 32 dell'istruzione Dignitas personae, presentata dalla Congregazione per la dottrina della fede il 12 dicembre 2008. "Il prelievo di cellule staminali dall'embrione umano vivente - è scritto nel documento - causa inevitabilmente la sua distruzione, risultando di conseguenza gravemente illecito".

La Congregazione, al riguardo,  cita  il  discorso di Benedetto XVI, del 16 settembre 2006, ai partecipanti al congresso internazionale sul tema "Le cellule staminali:  quale futuro per la terapia?", promosso dalla Pontificia accademia per la vita. Quando prevede la soppressione di esseri umani già esistenti, anche se non ancora nati, ha affermato il Papa, "la ricerca, a prescindere dai risultati di utilità terapeutica, non si pone veramente a servizio dell'umanità. Passa infatti attraverso la soppressione di vite umane che hanno uguale dignità rispetto agli altri individui umani e agli stessi ricercatori. La storia stessa ha condannato nel passato e condannerà in futuro una tale scienza - ha sottolineato Benedetto XVI - non solo perché priva della luce di Dio, ma anche perché priva di umanità".



(©L'Osservatore Romano - 23 luglio 2009)
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