Caterina63
00lunedì 23 novembre 2009 20:06
Francesca Romana e le canonizzazioni in epoca medievale
Sui santi non si sbaglia
Pubblichiamo la sintesi di una delle relazioni tenute nel corso del convegno internazionale "La canonizzazione di santa Francesca Romana. Santità, cultura e istituzioni a Roma tra medioevo ed età moderna" che si è svolto dal 19 al 21 novembre a Roma.
di Agostino Paravicini Bagliani
Come e quando è nata la liturgia di canonizzazione? Queste domande se le era già poste più di mezzo secolo fa Theodor Klauser, l'autore del più importante studio sull'argomento, apparso nell'ormai lontano 1938 ("Die Liturgie der Heiligsprechung"), il che ci ricorda che la storia della liturgia di canonizzazione non ha forse richiamato sufficientemente l'attenzione degli studiosi. Eppure è un ambito liturgico di grande interesse per la storia della santità e per la storia del papato, al quale giustamente il convegno internazionale sulla canonizzazione di santa Francesca Romana, che si è appena tenuto a Roma, ha dedicato un'apposita sezione con particolare attenzione al medioevo e all'epoca moderna (Danilo Zardin, Martine Boiteux).
Theodor Klauser, che era allora il massimo studioso di liturgia dei primi secoli del cristianesimo, si era interessato alla questione indotto da un amico studioso che viveva a Roma - siamo nella seconda metà degli anni Trenta del Novecento - il quale, assistendo a una canonizzazione nella basilica di San Pietro (non sappiamo di quale si trattasse), aveva visto che nel corso della processione solenne si presentavano al Papa seduto sul trono "colombe viventi e altri uccelli in gabbia". Lo studioso tedesco aveva chiesto a Theodor Klauser quale fosse il significato del rito grazie al quale "il Papa accoglieva le gabbie con gli uccelli che garrivano e li dava ai prelati che gli stavano accanto". Il Klauser, che pure aveva assistito a San Pietro ad altri riti di canonizzazione, ammise di non avere mai sentito parlare prima di allora degli uccelli che venivano offerti al Papa nel corso della cerimonia di canonizzazione e non di essersene purtroppo accorto, perché era immerso nella folla e non poteva osservare tutte le fasi del rito.
Prima di iniziare una ricerca sull'argomento volle di nuovo assistere a una cerimonia di canonizzazione in San Pietro, che fu allora in grado di descrivere con cura. Il Klauser distingueva due fasi liturgiche. Appartenevano alla prima la richiesta che il cardinale procuratore rivolgeva tre volte al Papa affinché egli procedesse alla canonizzazione del santo, le tre preghiere che accompagnano questa richiesta (la litania di Ognissanti, il salmo Miserere e l'inno Veni Creator), la formula di canonizzazione, la preghiera del cardinale procuratore, il Te Deum e l'orazione rivolta al nuovo santo. Nella messa che seguiva questa prima fase Theodor Klauser identificava tre elementi importanti: la predica del Papa, il secondo Confiteor con l'inserimento del nuovo santo e l'offertorio di candele, pane, vino e uccelli.
Con la sua esperienza di storico della liturgia andò quindi a rileggere i principali cerimoniali medievali, scoprendo che non si trova una descrizione della liturgia di canonizzazione negli ordines romani precedenti all'ordo xiv che viene generalmente considerato definitivo del cardinale Iacopo Caetani Stefaneschi anche se, come è oggi ben noto, contiene testi liturgici e cerimoniali di più varia provenienza risalenti agli ultimi decenni del Duecento e ai primi decenni del Trecento. Segue poi l'ordo xv, redatto da Pietro Ameil, che presenta la cerimonia di canonizzazione di santa Brigitta di Svezia (1391).
Alcuni elementi liturgici sono però attestati più anticamente, da fonti esterne ai cerimoniali. In occasione della canonizzazione di san Godehard di Hildesheim (1131) si menziona infatti per la prima volta il Te Deum. E le fonti che ci parlano della canonizzazione di san Bernward di Hildesheim ricordano per la prima volta la messa del nuovo santo. Per conoscere nuovi elementi rituali bisogna invece aspettare il 1228. Per la canonizzazione di san Francesco d'Assisi le fonti segnalano la predica del Papa, la lettura dei miracoli e la formula di canonizzazione. Altri nuovi elementi vengono segnalati dall'ordo xiv in relazione alla canonizzazione di Pietro del Morrone (1313): l'inno Veni Creator, l'orazione che segue il Te Deum presentata al nuovo santo, il Confiteor e la promulgazione delle indulgenze. Il Confiteor fu pronunciato prima della messa ed era quindi considerato un atto di preparazione al ricevimento delle indulgenze.
Si giunge così alla canonizzazione di Brigitta di Svezia (1391), a proposito della quale l'ordo XV ci permette di seguire la liturgia con ancora nuovi elementi: la petitio instrumentorum (ossia la richiesta di istrumentare i documenti di canonizzazione); la processione delle candele e, infine, l'offerta di una candela di una libbra di cera bianca, decorata di rose e di altri fiori verdi, bianchi e rossi, e di una piccola gabbia di colore verde contenente due colombe bianche e due tortore.
Il Klauser si domandava se il rito dell'offertorio non provenisse dalla liturgia della cerimonia di consacrazione del vescovo e se le colombe e le tortore non fossero state accolte nel rito in quanto simboli delle virtù cardinali - prudenza giustizia, fortezza, temperanza - per completare il quadro delle virtù teologali, rappresentate dalla candela accesa (fede), dal pane (speranza) e dal vino (carità).
Come si vede, gli ordines XIV e XV presentavano una cerimonia di liturgica di canonizzazione che rimarrà sostanzialmente invariata fino al Novecento. Un elemento non esisteva però più al momento in cui il Klauser tentò per la prima volta di ricostruire la storia liturgica della canonizzazione, ed è per questo che non ne parlò. Secondo gli ordines XIV e XV, il Papa dopo avere terminato la predica ammoniva i fedeli perché preghino affinché Dio gli permetta di non errare (admonitio ut omnes deberent Deum rogare quod non permitteret eum errare), poi (secondo l'ordo XV) procedeva a una protestatio quod ipse non intendebat facere contra sacrosanctam Romanam Ecclesiam.
Al termine di queste due fasi rituali il Papa intonava il Veni Creator Spiritus. Anche nel concistoro tenuto il 2 maggio 1313 ad Avignone prima della canonizzazione di Pietro del Morrone, il Papa chiese ai cardinali presenti di pregare perché possa non errare in hoc facto.
Questi due elementi liturgici ci ricordano come nel corso dei secoli XIII e XV la riflessione canonistica e teologica abbia inserito il problema della canonizzazione nel contesto più ampio della discussione sull'inerranza della Chiesa e del papa. Lo attesta il più importante dei canonisti del Duecento, il cardinale Enrico da Susa detto l'ostiense, che ne trattò a lungo nella sua opera redatta intorno al 1260. E lo ricorda anche san Tommaso d'Aquino che al termine di una lunga disquisizione concluse che pie credendum est, quod nec etiam in his iudicium Ecclesiae errare possit. Gli ordines xiv e xv dimostrano quindi che anche la liturgia e non soltanto i canonisti o i teologi ha accolto la riflessione sul rapporto tra canonizzazione e inerranza della Chiesa.
La preghiera rivolta dal Papa a tutti i fedeli di cui si è detto figura anche nel cerimoniale di Agostino Patrizi Piccolomini, scritto per Innocenzo viii (1484-1492). Non figura invece nel trattato dedicato dal massimo liturgista del tardo Cinquecento, Angelo Rocca (1610), alla canonizzazione e ai suoi riti. Il Rocca si sofferma invece sul fatto che Sisto v (1585-1590), in occasione della canonizzazione del francescano san Didaco (5 luglio 1588), affermò che necessarie credendum esse Romanum pontificem in canonizatione errare non posse.
E questa solenne dichiarazione conclude in un certo senso la riflessione canonistica, teologica e liturgica dei tre secoli precedenti. Vista in questa prospettiva, la liturgia di canonizzazione che possiamo ricostruire grazie ai libri cerimoniali del Trecento e Quattrocento costituisce un capitolo importante non solo per la storia della santità medievale ma anche per la storia del concetto di infallibilità.
(©L'Osservatore Romano - 23-24 novembre 2009)
Caterina63
00sabato 19 dicembre 2009 17:14
In tarda mattinata, nella Sala Clementina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza Superiori, Officiali e Collaboratori della Congregazione delle Cause dei Santi in occasione della celebrazione del 40mo anniversario dell’istituzione del Dicastero.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:
# DISCORSO DEL SANTO PADRE
1. Cari fratelli e sorelle, desidero esprimere a tutti voi la gioia di incontrarvi!
Saluto con viva cordialità i Signori Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi presenti. Rivolgo il mio particolare pensiero al Prefetto del Dicastero, l'Arcivescovo Angelo Amato, e lo ringrazio per le gentili e affettuose parole che, a nome di tutti, ha voluto indirizzarmi. Con lui saluto il Segretario della Congregazione, il Sotto-Segretario, i Sacerdoti, i Religiosi, i Consultori Storici e Teologi, i Postulatori, gli Officiali Laici e i Periti Medici, con i loro familiari, e tutti i collaboratori.
2. La speciale circostanza che vi vede riuniti intorno al Successore di Pietro è la celebrazione del 40.mo anniversario dell'istituzione della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha conferito una forma più organica e moderna all’azione di discernimento che la Chiesa, fin dalle origini, ha messo in atto per riconoscere la santità di tanti suoi figli. La creazione del vostro Dicastero è stata preparata dagli interventi dei miei predecessori, specialmente Sisto V, Urbano VIII e Benedetto XIV, ed è stata realizzata nel 1969 dal Servo di Dio Paolo VI, grazie al quale un complesso di esperienze, di contributi scientifici, di norme procedurali si è andato configurando in una sintesi intelligente ed equilibrata, confluendo nell’erezione di un nuovo Dicastero.
Mi è ben nota l'attività che, in questo quarantennio, la Congregazione ha sviluppato, con competenza, a servizio dell’edificazione del Popolo di Dio, offrendo un significativo contributo all’opera di evangelizzazione. Infatti, quando la Chiesa venera un Santo, annunzia l’efficacia del Vangelo e scopre con gioia che la presenza di Cristo nel mondo, creduta e adorata nella fede, è capace di trasfigurare la vita dell’uomo e produrre frutti di salvezza per tutta l’umanità. Inoltre, ogni beatificazione e canonizzazione è, per i cristiani, un forte incoraggiamento a vivere con intensità ed entusiasmo la sequela di Cristo, camminando verso la pienezza dell’esistenza cristiana e la perfezione della carità (cfr Lumen gentium, 40). Alla luce di tali frutti, si comprende l'importanza del ruolo svolto dal Dicastero nell'accompagnare le singole tappe di un evento di così singolare profondità e bellezza, documentando con fedeltà il manifestarsi di quel sensus fidelium che è un fattore importante per il riconoscimento della santità.
3. I Santi, segno di quella radicale novità che il Figlio di Dio, con la sua incarnazione, morte e risurrezione, ha innestato nella natura umana e insigni testimoni della fede, non sono rappresentanti del passato, ma costituiscono il presente e il futuro della Chiesa e della società. Essi hanno realizzato in pienezza quella caritas in veritate che è il sommo valore della vita cristiana, e sono come le facce di un prisma, sulle quali, con diverse sfumature, si riflette l'unica luce che è Cristo.
La vita di queste straordinarie figure di credenti, appartenenti a tutte le Regioni della terra, presenta due significative costanti, che vorrei sottolineare.
Innanzitutto, il loro rapporto con il Signore, anche quando percorre strade tradizionali, non è mai stanco e ripetitivo, ma si esprime sempre in modalità autentiche, vive e originali e scaturisce da un dialogo con il Signore intenso e coinvolgente, che valorizza e arricchisce anche le forme esteriori.
Inoltre, nella vita di questi nostri fratelli risalta la continua ricerca della perfezione evangelica, il rifiuto della mediocrità e la tensione verso la totale appartenenza a Cristo. «Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo»: è l'esortazione, riportata nel libro del Levitico (19,2), che Dio rivolge a Mosè. Essa ci fa comprendere come la santità sia tendere costantemente alla misura alta della vita cristiana, conquista impegnativa, ricerca continua della comunione con Dio, che rende il credente impegnato a «corrispondere» con la massima generosità possibile al disegno d'amore che il Padre ha su di lui e sull’intera umanità.
4. Le principali tappe del riconoscimento della santità da parte della Chiesa, cioè la beatificazione e la canonizzazione, sono unite tra loro da un vincolo di grande coerenza. Ad esse vanno aggiunte, come indispensabile fase preparatoria, la dichiarazione dell'eroicità delle virtù o del martirio di un Servo di Dio e l'accertamento di qualche dono straordinario, il miracolo, che il Signore concede per intercessione di un suo Servo fedele.
Quanta sapienza pedagogica si manifesta in tale itinerario! In un primo momento, il Popolo di Dio è invitato a guardare a quei fratelli che, dopo un primo accurato discernimento, vengono proposti come modelli di vita cristiana; quindi, viene esortato a rivolgere loro un culto di venerazione e di invocazione circoscritto nell'ambito di Chiese locali o di Ordini religiosi; infine è chiamato ad esultare con l’intera comunità dei credenti per la certezza che, grazie alla solenne proclamazione pontificia, un suo figlio o una sua figlia ha raggiunto la gloria di Dio, dove partecipa alla perenne intercessione di Cristo in favore dei fratelli (cfr Ebr 7,25).
In questo cammino la Chiesa accoglie con gioia e stupore i miracoli che Dio, nella sua infinita bontà, gratuitamente le dona, per confermare la predicazione evangelica (cfr Mc 16,20). Accoglie, altresì, la testimonianza dei martiri come la forma più limpida e intensa di configurazione a Cristo.
Questo progressivo manifestarsi della santità nei credenti corrisponde allo stile scelto da Dio nel rivelarsi agli uomini e, allo stesso tempo, è parte del cammino con cui il Popolo di Dio cresce nella fede e nella conoscenza della Verità.
Il graduale avvicinamento alla "pienezza della luce" emerge in modo singolare nel passaggio dalla beatificazione alla canonizzazione. In questo percorso, infatti, si compiono eventi di grande vitalità religiosa e culturale, nei quali invocazione liturgica, devozione popolare, imitazione delle virtù, studio storico e teologico, attenzione ai «segni dall'alto» si intrecciano e si arricchiscono reciprocamente. In questa circostanza si realizza una particolare modalità della promessa di Gesù ai discepoli di tutti i tempi: «Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera» (cfr Gv 16,13). La testimonianza dei santi, infatti, mette in luce e fa conoscere aspetti sempre nuovi del Messaggio evangelico.
Come è stato ben sottolineato dalle parole dell'Ecc.mo Prefetto, nell’itinerario per il riconoscimento della santità, emerge una ricchezza spirituale e pastorale che coinvolge tutta la comunità cristiana. La santità, cioè la trasfigurazione delle persone e delle realtà umane a immagine del Cristo risorto, rappresenta lo scopo ultimo del piano di salvezza divina, come ricorda l'apostolo Paolo: «Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione» (1 Ts 4,3).
5. Cari fratelli e sorelle, la solennità del Natale, alla quale ci stiamo preparando, fa risplendere in piena luce la dignità di ogni uomo, chiamato a diventare figlio di Dio. Nell'esperienza dei Santi questa dignità si realizza nella concretezza delle circostanze storiche, dei temperamenti personali, delle scelte libere e responsabili, dei carismi soprannaturali.
Confortati da un così gran numero di testimoni, affrettiamo dunque anche noi il passo verso il Signore che viene, innalzando la splendida invocazione nella quale culmina l'inno del Te Deum: «Aeterna fac cum sanctis tuis in gloria numerari»; nel tuo avvento glorioso, accoglici, o Verbo Incarnato, nell'assemblea dei tuoi Santi.
Con tali voti, volentieri formulo a ciascuno fervidi auguri per le imminenti Festività Natalizie e con affetto imparto la Benedizione Apostolica.
[01908-01.01] [Testo originale: Italiano]