26. - Questo a riguardo di una bambina che non aveva l'età per raccontare il delitto a cui fu costretta, commesso da altri su di lei. Ma ascolta ora quest'altro fatto di cui io stesso fui ancora testimone. "Impossibile enim est sanguinem taurorum et hircorum auferre peccata. / poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri." (Ebrei 10.4), una giovane donna, matura d'età, s'introdusse nascostamente in mezzo a noi durante il Sacrificio e spavalda, come una sfida all'Onnipotente, s'accostò alla Comunione. Prese non già il Cibo che non fa perire ma la sua condanna, la morte, e come se avesse introdotto nel corpo un veleno mortale cominciò a spasimare e a contorcersi fra brucianti dolori, a niente servirono i nostri soccorsi ch'ella tutto prontamente rifiutava da noi, si rendeva manifesto il monito di San Paolo: "Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna." (1Cor.27-29), lei che aveva voluto ingannare la Chiesa, provò invece la vendetta di Dio.
A riguardo di ciò ascolta cosa accadde ad un'altra che avendo tentato di aprire sacrilegamente la teca dove si conservava la divina Eucaristia, uscirono delle fiamme di fuoco che la spaventarono così tanto sì che non osò più toccarla e fece ammenda del suo atto.
Ed io stesso fui testimone di prodigi, ascolta questo: accadde che un uomo si accostò alla Comunione in grave stato di peccato avanzato, come che l'ebbi consegnata fra le sue mani (all'epoca si dava l'Eucaristia alle mani, ed anche per questi fatti la Chiesa optò perché nessuno osasse toccare il Divino Sacramento), questa diventò immediatamente di cenere, come vollesi rifiutare di concedersi al peccatore.
Non di rado il Signore manifestava chiaramente come Egli si allontanasse da chi lo aveva in qualche modo rinnegato col peccato, e che il Suo Corpo non può giovare a chi è immeritevole perché la grazia si muta in cenere e scompare il Mistero, quando non reca direttamente la morte.
Mi domanderai perché questo accade solo con alcuni mentre altri impenitenti la fanno franca. No, non t'ingannare, nessuno scappa alla giustizia divina.
E' libertà del Signore concederci dei segni, quant'anche Egli abbia già parlato nella Scrittura e ciò dovrebbe bastare. Questa è la Sua misericordia. Delle volte ci viene incontro con i segni ma che il reo impenitente si ostina a rigettare, Egli ci fa vedere che il Sacramento preso in uno stato di sacrilegio è condanna di morte, e quando si è scomposto in cenere ha voluto essere compassionevole e metterci in guardia dal sacrilegio preferendo scomparire dal mistero stesso dando un'altra possibilità non solo al reo, ma anche ai giusti per rafforzare maggiormente la propria fede.
Fratelli carissimi, quanti sono quelli che per non far penitenza e confessare i propri delitti, sono lasciati in balia di satana, come ci rammenta San Paolo: "questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore" (1Cor.5,5). Quanti arrivano fino a impazzire e a tentare il suicidio! E non v'è bisogno di indagare sulla fine di ogni singolo reo, perché le infinite calamità del mondo dimostrano che è così varia la pena del delitto per quanto è numerosa la folla dei delinquenti.
Ognuno, piuttosto che indagare, mediti non già sui castighi altrui ma su quelli che egli stesso meriterebbe. Nessuno si creda di averla scampata se fino ad oggi, reo impenitente, non fu punito: anzi, la stessa misericordia divina deve far loro temere di più perché ha conservato sul suoi capo l'ira di Dio Giudice, se non prenderà prima della sua morte quella mano tesa dalla Sua compassione.
(Nota al paragrafo 27. - Qui San Cipriano tratta della condotta dei libellatici i quali, senza sacrificare avevano ottenuto col denaro la dichiarazione del magistrato di aver sacrificato. Prevalendosi di questa astuzia volevano entrare nella Chiesa e non essere trattati come penitenti tra i "sacrificandi". Per Cipriano quel libello estorto col denaro, anche se certificava il falso - perché di fatto non avevano sacrificato agli idoli - era una eguale dichiarazione di apostasia. Furono questi libellatici a dare maggior da fare al santo Vescovo.)
27. - E non credano di essere esenti dalla penitenza quelli che, sebbene non si contaminarono materialmente, si macchiarono egualmente la coscienza coi libelli.
La loro stessa dichiarazione è una prova schiacciante dell'apostasia, per di più pagata, corrompendo i magistrati. Vale qui maggiormente la Parola del Signore: "Nemo potest duobus dominis servire: Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona" (Mt.6,24), costoro infatti, per vigliaccheria servirono il padrone terreno obbedendo al suo editto di rigettare la fede cristiana, chiare le parole del Signore in merito ai tradimenti: " Et filios eius interficiam in morte: Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere" (Ap.2,23). A Lui sono noti i sentimenti intimi di ognuno di noi; il Suo giudizio verterà non solo sulle nostre azioni, ma anche sui nostri pensieri e ogni atto di volontà.
Forse mi vorrai domandare come mai c'è scritto anche: " Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato" (Lc.6,37), così non stiamo noi forse giudicando le intenzioni dei libellatici?
San Paolo spiega che cosa possiamo giudicare e cosa non è affare nostro giudicare: " L'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito" (1Cor.2,14) ed è nella Penitenza che il sacerdote, uomo di Dio animato del Suo Spirito, può e deve dare giudizio dei delitti commessi e indottrinare lo sprovveduto: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv.20.22,23).
Il libello è un testo scritto che dichiara l'apostasia, non si compie alcuna frode nel giudicare colui che ha corrotto il magistrato per avere salva la propria vita, rinnegando così il Cristo pubblicamente. Nostro Signore dice anche "perdonate e vi sarà perdonato", ma appunto per questo se il reo non confessa il suo delitto ma la Chiesa ne è a conoscenza, non può perdonare se il reo non si pente e non fa penitenza. Il perdono è un atto divino che pretende anzi tutto il diritto divino nell'essere ossequiato per mezzo delle sue leggi, altrimenti non vi sarebbe stata la necessità di delegare ai Sacerdoti l'arduo compito di "rimettere i peccati".