Caterina63
00martedì 2 dicembre 2008 19:05
Storia dell’"Angelus"
L’"Angelus" nelle varie espressioni dell’arte – Altri riferimenti letterari alla preghiera mariana in Dante, Manzoni e nello stesso Byron.
Ripercorriamo le mille suggestioni che l’Angelus ha suscitato in artisti di ogni tempo, dalla poesia alla pittura, dalla musica alle tante espressioni d’arte folkloristica. Continuiamo la nostra breve rassegna, rivisitando stavolta Dante e Manzoni, due massimi esponenti della Letteratura Italiana, e lo stesso miscredente inglese George Byron.
Fra quanti hanno subìto il fascino del suggestivo suono delle campane dell’Angelus va annoverato il sommo poeta Dante Alighieri. Egli, nel canto VIII del "Purgatorio" immagina di essere giunto in una valle amena in cui stanno le anime in attesa di purificarsi. Sull’imbrunire, due Angeli armati di spade infuocate scendono dal cielo ["ambo vegnon del grembo di Maria", v. 37] per fugare il serpente che ogni sera cerca di penetrare nella valletta.
È questa l’ora di più forte nostalgia della giornata, l’ora nella quale i naviganti ripensano al giorno in cui "han detto ai dolci amici addio" e il viandante prova un intenso desiderio dei suoi cari, se ode di lontano un suono di campana "che pare il giorno pianger che si more".
Un suono che Dante aveva udito infinite volte nella sua Toscana e in terra d’esilio: dal vetusto campanile di Sant’Apollinare in Ravenna, diffondendosi sulla pineta circostante la città, dove lui era ospite di Guido da Polenta, quel suono si ripercuoteva come un richiamo nostalgico nella sua travagliata vita e gli ispirò le due magnifiche terzine:
"Era già l’ora che volge il disio
ai navicanti e ’ntenerisce il core
lo dì ch’an detto ai dolci amici addio;
e che lo novo peregrin d’amore
punge, s’e’ ode squilla di lontano
che pare il giorno pianger che si more"
[Purg. VIII, 1-6].
"Te quando sorge e quando cade il die…"
Di Alessandro Manzoni abbiamo già altre volte ricordato i bei versi de "Il nome di Maria", con i quali il romanziere-poeta esprime felicemente i tre tempi dell’Angelus:
" Te quando sorge e quando cade il die,
e quando il sole a mezzo corso il parte,
saluta il bronzo che le turbe pie
invita ad onorarte…".
Tre volte al giorno i sacri bronzi, con i loro rintocchi, invitano i fedeli a salutare Colei a cui i "più bei nomi serba ogni loquela", Colei di cui molti popoli si vantano di esser "in sua gentil tutela".
Un altro accenno si ha ne "I Promessi Sposi" dove, in un quadretto pittorico molto suggestivo, il Manzoni descrive l’animazione del paese di campagna di Lucia, sul far della sera: "Le donne venivan dal campo portandosi in collo i bambini, e tenendo per mano i ragazzi più grandini, ai quali facevan dire le divozioni della sera; venivan gli uomini, con le vanghe e con le zappe sulle spalle […]. E, più delle parole, si sentivano i tocchi misurati e sonori della campana, che annunziava il finir del giorno".
È la campana dell’Avemaria della sera, alla quale lo scrittore allude poco prima.
Ma non sono, ovviamente, solo Dante e Manzoni ad onorare la Vergine dell’Annunciazione. Al fascino dell’Angelus non sono sfuggiti neppure uomini di lettere irreligiosi. Tanto per citarne uno, George Byron [1788-1824], protestante e miscredente, nella sua permanenza in Italia – e proprio dalla pineta di Ravenna cara a Dante – ode il suono della campana dell’Angelus della sera e, commosso, eleva il suo canto alla Madonna:
"Ave Maria! Più dolce ora non segna
il giorno, né di Te, Donna, più degna.
Ave Maria! Sia la bell’ora e il loco
benedetto, dov’io sì spesso a poco a poco
terra e cielo sento, mentre da lontan s’estolle
un suon di squilla e della sera il fioco
inno si spande dalla valle al colle;
calma e tinta di rose è l’atmosfera,
mormora il bosco un suon di preghiera"
[Don Juan, c. III].
Simone Moreno
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Storia dell’"Angelus"
L’"Angelus" nelle varie espressioni dell’arte – La recita del saluto angelico è stata sentita come un soggetto particolarmente suggestivo nella storia della pittura.
Ripercorrendo la storia delle mille suggestioni che l’Angelus ha suscitato in artisti di ogni tempo, dalla poesia alla pittura, dalla musica alle tante espressioni d’arte folkloristica, ci imbattiamo stavolta in quadri altamente pittorici di artisti come J. F. Millet e Giovanni Segantini.
1. Fra i vari quadri, il più noto è senza dubbio quello dovuto al magico pennello di J. F. Millet [1814-1875] che si ammira nel Museo del Louvre di Parigi.
L’Autore – che fu padre di nove figli e che per far fronte alla miseria che bussava continuamente alla porta della sua casa, dovette alternare la pittura al lavoro agricolo – in diversi suoi quadri ritrasse paesaggi e celebrò la vita rude e laboriosa dei campi.
Verso la fine della vita il favore del pubblico cominciò ad arridergli: ci si accorse che i paesaggi e le scene rurali delle sue tele erano soffuse di una patetica poesia biblica e virgiliana insieme; e quando morì, la sua fama era davvero molto grande.
Il quadro dell’Angelus [da noi pubblicato a pag. 7 del num. dello scorso Gennaio] rappresenta una scena semplicissima, eppure tanto avvincente. Sullo sfondo, una campagna leggermente ondulata e, in lontananza, la chiesa del paesello agreste col campanile che si profila in un cielo che ormai sta per imbrunire: è l’Angelus della sera. In primo piano, due contadini relativamente giovani, con gli strumenti del lavoro appoggiati per terra: una cariola con sacchi ripieni, una cesta e un tridente ‘piantato’ sul terreno. Il giovane si è tolto il cappello e la giovane donna tiene le mani giunte sul petto; ambedue chinano il capo riverenti, recitando appunto l’Angelus: i loro volti assorti nella preghiera sono così espressivi che non ci si sazia di ammirarli…
Suggestione dell’"Ave, Maria" di Giovanni Segantini
2. Un altro quadro dell’Angelus – celebre quasi quanto quello del Millet – è l’"Ave, Maria" di Giovanni Segantini [1858-1899], pittore pieno di sentimento e di armonia, nato ad Arco presso il Lago di Garda.
Con grande spontaneità d’ispirazione e mediante l’uso di una tecnica nuova [detta "divisionismo"], egli seppe rendere i suoi quadri di una intensa luminosità cromatica.
L’ispirazione per il quadro dell’"Ave, Maria" la ebbe una sera in Brianza. Un suo biografo la narra così: "Scese alle rive di Pusiano sul far della sera; il crepuscolo si attenuava senza spegnersi […]. Il lago giaceva liscio e piano, ripercuotendo sulla curva dei suoi riflessi la curva più vasta del cielo.
Una barca si staccò dalla riva: era carica di pecore trasportate a un paesello dell’altra sponda […]. Una donna, seduta a prua davanti al barcaiolo, chinava amorevolmente la testa sul suo bambino.
Quando si udirono i rintocchi dell’"Ave, Maria" da Pusiano, da Bosisio, da Varella, il barcaiolo lasciò un momento i remi per farsi il segno della Croce; lo scafo parve allora abbandonato a se stesso e navigava adagio, spinto dalla tenue luce e dal dolce suono di campane" [R. Calzini, Segantini: romanzo della montagna, Ed. Mondadori 1934].
Soggiogato da questo spettacolo che era rimasto impresso nella sua mente, il Segantini si pose all’opera e compose la sua meravigliosa tela [cfr. riproduzione a lato].
Quel barcone con due cerchi, quelle case e quella chiesa lontane sullo sfondo che si specchiano nelle acque, quel sole che, scomparendo dietro l’orizzonte, indora il cielo e scintilla sulle onde, quella mamma che pregando si stringe al collo il suo bambino, e soprattutto quel marito barcaiolo col viso devotamente composto nell’orazione, sono di un’efficacia rappresentativa meravigliosa e vibrano di fortissimo sentimento religioso.
Ecco come – esemplificata nelle opere di J. F. Millet e Giovanni Segantini – anche l’arte pittorica ha saputo rendere la suggestione religiosa della recita dell’ "Angelus".
Simone Moreno
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Storia dell’"Angelus"
L’"Angelus" nelle varie espressioni dell’arte – La recita del saluto angelico è stata sentita come un soggetto particolarmente suggestivo nella storia della pittura.
Continuando a percorrere la storia delle mille suggestioni che l’Angelus ha suscitato in artisti di ogni tempo, dalla poesia alla pittura, dalla musica alle tante espressioni d’arte folkloristica, dopo esserci soffermati [nel num. dello scorso Dicembre] in quadri di grandi pittori come J. F. Millet e Giovanni Segantini, vogliamo stavolta lasciarci suggestionare da altri artisti altamente espressivi, tra i quali accenneremo soltanto a Niccolò Cannici, Arturo Faldi, e Angelo Morbelli [pittori tra l’ ’800 e il primo ’900], per finire con il surrealista catalano Salvator Dalì.
Pittori romantici dell’"Avemaria"
Il fiorentino Niccolò Cannici [1846-1906] raffigura nel quadro "Ave, Maria" il gregge al pascolo e una pastorella che volge lo sguardo lontano, quasi scrutando l’orizzonte da dove paiono giungere il rintocchi dell’Avemaria. In primo piano, una donna seduta su un ciglio erboso, con il capo chino sul figlioletto che dorme tra le sue braccia, è in atteggiamento di preghiera; un altro bambino sonnecchia sdraiato lì accanto sul prato, come attendendo il momento del ritorno a casa…
Dall’insieme della composizione traspare un senso di pace e di abbandono fiducioso, al quale la sobrietà del colore e la tenue diffusione della luce confluiscono una fluida evanescenza di notevole suggestione.
La soavità del crepuscolo vespertino al suono dell’Angelus risalta pure dalle due belle tele di Arturo Faldi [1856-1911], intitolate: "La giornata è finita" e "Ave, Maria". In quest’ultima, una giovane madre dalle meravigliose fattezze solleva la sua bimba a deporre alcune rose ai piedi di un quadro della Vergine, posto in una devota edicola. Accanto, una rustica siepe oltre la quale si scorgono colline erbose dal dolce pendio. Sul fondo della valle, una chiesa da cui si suppone giungano i rintocchi dell’Ave.
La delicatezza del lavoro e soprattutto l’atteggiamento della donna, con quel viso estatico ed espressivo e quello sguardo dolce e penetrante, conferiscono al quadro l’espressione di una devozione viva e sentita verso la Regina del Cielo.
Infine [di questi, fra i tanti pittori romantici che si potrebbero citare], un’altra squisita "Ave Maria della sera", piena di sentimento, si deve all’alessandrino Angelo Morbelli [1853-1919], paesaggista luminoso che nelle sue tele svolge con particolare abilità il tema delle ultime luci del giorno e della vita che si spegne.
Gli "Angelus" del pittore surrealista Salvator Dalì
Sono quattro i soggetti dell’ "Angelus" che Salvator Dalì ritrasse, quasi ossessionato dall’Angelus del Millet, che dipinge successivamente in forma "architettonica", come evocazione di un certo "Atavismo del crepuscolo", o sotto il titolo di "Reminiscenza archeologica".
L’artista stesso spiega: "In una breve fantasia alla quale mi lasciai andare nel corso di un’escursione al Capo Creus, il cui paesaggio minerale (a Nord-Ovest della Catalogna) costituisce un autentico delirio geologico, immaginai intagliate nelle più alte rocce le sculture dei due personaggi dell’Angelus di Millet. La loro situazione spaziale era la stessa del quadro, ma erano tutti coperti di fenditure. Numerosi dettagli delle figure erano stati cancellati dall’erosione, il che contribuiva a far risalire la loro origine a un’epoca molto remota. Era la figura dell’uomo a risultare più deformata dall’azione meccanica del tempo; di lui non restava altro che la massa vaga e informe della silhouette, che diventava così terribilmente e particolarmente angosciante…".
Visione surrealista di quello che Dalì chiamava "il mito tragico dell’Angelus di Millet"; ma forse, a leggervi bene dentro, comprendiamo come anche questo ‘fantasma profondo’ dell’artista catalano richiami la realtà dell’uomo legato alla terra e sublimata nel mistero dell’Incarnazione evocata dall’"Angelus".
Simone Moreno
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Storia dell’"Angelus"
L’"Angelus" nell’espressione dell’arte musicale: dalle melodie gregoriane al canto popolare delle ‘Laudi’ medioevali, fino alle grandi composizioni liriche.
Delle mille suggestioni che l’Angelus ha suscitato in artisti di ogni tempo [dalla letteratura e dalla poesia alla pittura, dalla musica alle tante espressioni d’arte folkloristica], vogliamo stavolta accennare all’arte musicale del canto gregoriano e delle ‘Laudi’ medioevali, per rivisitare in seguito le melodie dei grandi compositori che, nella celebrazione dell’"Angelus", hanno esaltato il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.
L’armonia dell’"Ave, Maria" che le campane di ogni luogo diffondono dalle prime luci dell’alba a quando scendono le ombre della sera, risuona con cadenze prolungate nelle "laudi" paesane delle nostre Chiese di montagna o di campagna, dove si raccolgono i devoti della Santa Vergine, specie la povera gente delle valli, i lavoratori dei campi, mamme di famiglia o ragazze che sognano il loro avvenire di spose…
Anche questa è lontana ispirazione del costante tributo che l’arte divina della musica e del canto rende nel tempo alla "benedetta fra tutte le donne".
Già nei primi secoli cristiani in Siria si componevano inni mariani. Sant’Efrem e San Giovanni Damasceno, in modo particolare, arricchirono le prime raccolte vigenti nelle Chiese d’Oriente, terra di Maria. E diverse Liturgie s’incaricavano di dare a questi canti una propria suggestiva flessione e colorazione.
Perenne sinfonia della Chiesa
Dall’Oriente all’Occidente. È facile pensare che le Comunità cristiane che muovevano litaniando verso la Basilica Liberiana in Roma dovessero innalzare a Maria cantici di gloria, inni solenni e popolari, sul tipo di quelli che a Milano, composti da Sant’Ambrogio, avevano fatto piangere di commozione il giovane Sant’Agostino, il santo più "umano" del Cristianesimo.
Seguì quindi lo sviluppo di tutta un’epopea musicale mariana, in una interminabile successione di composizioni geniali in onore della Vergine Madre. Occupano il primo posto le numerose melodie di ispirazione gregoriana, il canto tradizionale della Chiesa che rende a Maria, in cento e più Antifone, l’omaggio della fede: "Quem Mater illa concipit / quae sola Virgo parturit…".
Fra i tanti Inni, l’"Ave, maris Stella" – canto di invocazione ai sentimenti materni della più tenera delle madri – ci colpisce ancora e ci commuove tanto. Come ci commuove la "Salve, Regina" [un saluto che riecheggia quello dell’Angelo], per la più vera delle preghiere che rivolgiamo alla Vergine: "Mostraci, dopo questo esilio, Gesù…". Senza contare le melodie gregoriane dell’"Ave Maria", quasi anticipazione delle grandi composizioni di Bach, di Gounod, di Schubert, di Mozart, di Beethoven, di Puccini, di Rossini, di Wagner, di Mascagni, di Mendelson, di Verdi, ecc.
Sin dal Medioevo il canto gregoriano trovò una corrispondenza di più immediata espressione nella musica religiosa popolare. È il caso delle ‘Laudi’, straordinariamente ricche di sentimento e di fede: strofe spesso ingenue, semplici, che gli innamorati di Maria s’incaricavano di dettare e che gli umili trovavano meravigliosamente rispondenti alla loro sensibilità mariana. ‘Laudi’ melanconiche e fiduciose insieme di madri e padri di famiglia, nelle quali si poteva ravvisare anche la stanchezza di chi, ogni sera, si tapinava dietro la quotidiana fatica del vivere.
Sempre, comunque, il canto dell’"Angelus" ha trovato adeguata espressione in creazioni ed interpretazioni differenti: nelle melodie più pure ed alte del genio come nelle devote preghiere salmodianti dei Monasteri che, anche nelle ore più fonde della notte, risuonavano nel Coro di voci verginali di Claustrali o nel canto pieno e forte di Monaci vegliardi.
Davvero, le armonie dell’"Angelus" sono sempre risuonate struggenti nella fede della Chiesa.
Simone Moreno
Caterina63
00martedì 2 dicembre 2008 19:11
Storia dell’"Angelus"
L’"Angelus" nell’espressione della poesia "minore", non meno suggestiva di quella dei grandi poeti di ogni tempo.
Delle tante suggestioni che l’Angelus ha suscitato in artisti di ogni tempo, riscopriamo pagine di "poesia minore" [oltre a quelle già rivisitate di grandi poeti, come Dante e il Manzoni, il Pascoli, il Carducci, George Byron, ecc.].
Il particolare significato che riveste il suono dell’Angelus del mattino nei paesi di campagna è stato colto da Giacomo Zanella [1820-1888] nei versi eleganti della lirica "Campane dei villaggi": come amiche che si svegliano di buon’ora e si chiamano, le campane del mattino, con il loro dolce suono, invitano la gente dei campi ad affrettarsi al lavoro:
"Campane dei villaggi!
Come operose amiche
che l’una l’altra al mattutin lavoro
svegliando va, voi vi svegliate in coro,
voci squillanti dalle torri antiche,
perché l’uom torni all’opra e s’avvantaggi,
campane dei villaggi!".
In un’altra strofa il poeta immagina che quel suono sorprenda quando si è ancora "nella buia stanza", come di solito avviene nei mesi invernali:
"Il triplice concento
passa rombando nella buia stanza;
poi rapido dilegua in lontananza
e maggior torna col tornar del vento,
che fra le cime sibila dei faggi,
campane dei villaggi!".
All’Angelus della sera
Ma le campane del mattino e del mezzogiorno hanno avuto meno cantori di quelle dolcissime della sera. Perché indubbiamente il suono dell’Angelus al tramonto è più patetico e suggestivo.
Lo stesso Zanella ha espresso il fascino di tale suono nel poemetto "Milton e Galileo". Immaginando che i due scienziati, dopo aver discusso a lungo, al calar delle prime ombre della sera, odano uno squillo di campana. Dal giardino avanza Suor Maria, "di poche rose reggendo un serto" e, avvicinatasi al padre [Galileo], lo avverte che quella è l’ora della preghiera. Galileo si scopre il capo e, quasi istintivamente, altrettanto fa Milton; e i due si uniscono alla Suora nella preghiera dell’Angelus.
Per molti altri poeti - come del resto è stato per Dante - il suono dell’Angelus alla fine del giorno ha il sapore di un pianto sospirato. Così, ad esempio, Leopoldo Tarentini [1811-1882] declama:
"La campana vespertina
piange il dì che ormai declina
ed intona: Ave, Maria!
E la prece dei fedeli
ascende a Te nei cieli
e ripete: Ave, Maria!".
Tra i poeti che meglio hanno colto la suggestione dell’ora dell’Angelus della sera, particolarmente nel raccoglimento domestico della vita di campagna, a differenza della frenesia della vita di città, è Antonio Gozzoletti [1813-1886], poeta religioso e civile trentino, in una lirica dalla forma robusta, intitolata. "L’Ave Maria della sera".
"Quanta pace diffonde sul creato
l’ora che chiude il dì solenne e mesta!
[…] fra i silenzi della sera,
un lamento s’innalza, una preghiera".
"Ave Maria! Già in lento e flebil suono
il maggior bronzo della torre squilla:
ecco tutta col reduce colono
di cheti mormorii s’empie la villa;
già, l’opere lasciate in abbandono,
il lumicino della notte brilla
qua e là furtivo: già la turba pia
scopre il capo ed intona: Ave, Maria!".
Nelle strofe che seguono, il poeta accenna a sentimenti e ricordi che i rintocchi della sera suscitano in coloro che sono lontani dal focolare domestico, in quanti hanno oltrepassato le soglie della vecchiaia e in chi ha perduto una persona cara. Per tutti le "Ave, Maria" dell’Angelus sono motivo di speranza e conforto.
Simone Moreno
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Storia dell’"Angelus"
L’"Angelus" nelle suggestioni poetiche di Grazia Deledda, Clemente Rebora e Diego Valeri: cantori mariani "minori" ma autentici della pia pratica popolare.
Rileggiamo altre dolci composizioni sull’Angelus di poeti dell’epoca moderna come Grazia Deledda [1871-1936], Clemente Rebora [1885-1957] e Diego Valeri [1887-1976]: nomi illustri che hanno pure cantato la suggestione del saluto dei fedeli alla Vergine dell’Annunciazione.
1] Grazia Deledda, brava fino a guadagnarsi il "Premio Nobel della Letteratura" nel 1926, verista sulla pagina e credente nell’anima, nel sonetto che riportiamo scioglie "L’Ave in montagna" che armoniosamente coinvolge natura e divinità, un ‘grazie’ per i presenti e una preghiera alla Vergine per una persona lontana:
"Ave, o Santa Maria de la montagna,
che sogni ne la povera chiesetta,
mentre di fuori il bosco, dove stagna
il vespro, l’alba de la luna aspetta.
Ave, o Maria: di chi si muore e si lagna
giunga il singulto sino alla tua vetta,
sino al tuo sogno, sino a la tua magna
misericordia, e in essa si rimetta.
E tu provvedi: l’alta pace arcana
ch’ora inspira la triste mia preghiera
piove su tutti eguale, su la stanca
testa dei vegli come su la bianca
fronte de le fanciulle; e piova intera,
con piena grazia, a un’Anima lontana!".
2] In Clemente Rebora, forse il più grande poeta religioso del Novecento, la vocazione poetica diventa sinonimo della Grazia che popola il silenzio di parole creative e tutte interiori. Dalla sua raccolta "Le poesie" riportiamo due espressive strofe dell’ "Ave Maria", colta ancora nella suggestione del tramonto:
"Tramonta il dì: la placida
aura del vespro oscilla
al suono
della serale squilla,
che in flebile armonia
dalla chiesa annunziò l’Ave, Maria.
Ave Maria! Conservami
immacolata e pura
l’anima tra le insidie
di questa terra oscura;
e se peccai talora
Vergine Santa, a me perdono implora".
3] Derivando temi e toni dal Pascoli e dai crepuscolari, paesaggi interiori e stati d’animo, Diego Valeri caratterizza la sua operazione letteraria tra impressionismo, tristezza e ironia, ma sempre in una lirica pura, ritmata di discorsività. Ne "L’Ave" [della raccolta "Il Campanellino"] è presente con la fresca fantasia di un Angelo che reca a Maria la supplica dei poveri, sul far della sera:
"La campana ha chiamato,
e l’Angelo è venuto.
Lieve lieve ha sfiorato
con l’ala di velluto
il povero paese;
v’ha sparso un tenue lume
di perla e di turchese
e un palpito di piume;
ha posato i dolci occhi
su le più oscure soglie…
Poi, con gli ultimi tocchi,
cullati come foglie
dal vento della sera,
se n’è andato via:
a portar la preghiera
degli umili a Maria".
Simone Moreno
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Storia dell’"Angelus"
L’"Angelus" nella poesia devota di Arnaldo Fusinato e Giulio Salvadori, altri due nomi familiari dei nostri studi giovanili.
Ancora suggestioni poetiche dell’"Angelus" ci vengono da Arnaldo Fusinato [1817-1889] e da Giulio Salvadori [1862-1928]: nomi familiari di poeti incontrati nelle "Antologie letterarie" dei nostri studi giovanili, che hanno cantato le armonie del saluto dei fedeli all’Annunziata, ne "la placida aura del vespro", "al vento della sera" .
1] Arnaldo Fusinato, patriota e poeta vicentino [che compose fra l’altro la celebre ode "A Venezia" in onore della Città assediata, arresasi agli Austriaci nel 1849], rivolge un dolce pensiero a Maria nella sua commossa "Preghiera della sera", nella quale riprende l’annuncio angelico all’ "innocente Vergine", rivisitandolo in un sogno, una speranza di conforto, una celeste raccomandazione:
"Tramonta il dì: la placida / aura del vespro oscilla / al suono malinconico / della notturna squilla, / che in flebile armonia / dalla torre annunziò l’Avemaria. //
Rinchiusa nel silenzio / dell’umil cameretta / la solitaria vergine / presso l’altar si getta; / e il vento della sera / l’incenso invola della sua preghiera. //
La benedetta lampada / piove una luce mesta / dell’innocente Vergine / sovra la bionda testa, / e le incorona il viso / d’un’aureola che par di Paradiso. //
"Ave Maria! Se il fervido suon / della mia favella / infino a te può giungere,
Vergine santa e bella, / guarda la poveretta / che da te sola ogni suo bene aspetta. //
Ave Maria! Sul placido / guancial del mio riposo / maternamente vigili / il tuo sguardo amoroso;/ e, se sognar degg’io, / mostrami in sogno il Paradiso e Dio. //
Ave Maria! Sull’angelo / che mi donò la vita / scenda, o pietosa Vergine, / la tua celeste aìta, / e a lei che m’è sì cara / una serie di lunghi anni prepara. //
Ave Maria! […]".
E sì dicendo il limpido / sguardo levò la pia / ed alla santa immagine / sorrise di Maria: / poi con commossa voce / si fece il segno della santa Croce". //
2] Convertitosi al Cattolicesimo, che abbracciò e professò anche con profonda intensità di accenti poetici, Giulio Salvadori [originario di Monte San Savino, in provincia di Arezzo, Professore all’"Università Cattolica" di Milano e critico letterario] ci ha lasciato, nella composizione "Ricordo" [della raccolta "Desiderio di una vita nuova"], la viva memoria di un pellegrinaggio a un Santuario mariano, dove vibra tutta la devozione di chi si sente spiritualmente rinato:
"Noi ci fermammo a piè della salita / sotto un cipresso: al vento della sera / ondulavan le cime: era ogni vita. //
Nel gran silenzio quasi una preghiera. / Quando improvviso un tócco di campana / disse Ave, come chi piangendo spera. //
Ave! rispose la preghiera umana. / Era a oriente, bianca tra i cipressi, / la chiesa, della valle umil sovrana, //
Visione di pace ai sensi oppressi. / Noi guardavamo; e quella pace pia / prendea del core gl’intimi recessi. //
Poi ci volgemmo a seguitar la via / verso ponente: ed ecco che a ponente, / sopra il Monte che innanzi a noi salía, //
Nel puro ardor crepuscolare ardente / la stella d’or dell’amor tremava: / Ave! dicea anch’essa, ad oriente. //
E l’anima dall’ombra che l’aggrava, / come da carcer doloroso uscita, / senza paure dell’avvenir mirava / e sorrideva alla novella vita". //
Simone Moreno
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Storia dell’"Angelus"
L’invito del forte narratore-poeta Enrico Pea a salutare la Vergine Maria con le parole dell’Arcangelo Gabriele sono un richiamo alla pia pratica dell’Angelus.
Quando scoprì il "libro rivelatore" [cioè la Bibbia], il narratore-poeta lucchese Enrico Pea [1881-1958] mutò radicalmente registro alla sua ispirazione letteraria, talvolta segnata persino da venature di anarchia versiliese tra i due secoli, per prendere luce sacrale e proporre verità di fede, evidenziando problematiche religiose. La sua denuncia della violenza si coniuga allora con una gioiosa vivibilità dell’esistenza e una profonda pietas per i deboli, i diseredati, gli emarginati.
Motivo ispiratore del canto "Ave, Maria" [tratto dalla sua raccolta in versi Arie bifolchine, del 1943], è la dolcissima "offerta" di sé alla Vergine.
Ave, Maria
Passeggero che passi per la via, / non ti scordar di salutar Maria. /
Ti porterò le primizie di Maggio / e niuno potrà essere geloso /
nemmeno quella mia figliola estrosa / che crede a tutto e di tutto s’incanta. /
Nemmeno l’altra che ha denti di neve / e marita le burle alle passioni. /
Chi è geloso di Maria Regina / non sa che il fuoco brucia e l’acqua bagna. //
L’erba ti porterò che sempre odora, / erba Santamaria, foglie a coltello, /
e le viole che crescono in silenzio / tra i colaticci di tre metri d’orto: /
un mazzolino con le foglie in tondo / legato stretto con lo stame rosso, /
come fanno di Maggio per la dama / quelli del mio paese a cor beato. /
L’offerta è poveretta a una Regina, / alla Regina di tutto il Creato. //
È come se portassi un’oncia d’oro / al tesoro del gran re Salomone; /
è come un chicco di grano al granaio / di Faraone, un trifoglio in un prato. /
È come se volessi col mio fiato / alimentare una bufera immane /
o portare all’Oceano un contributo / con il pianto dei miei occhi mortali. //
Hai per diadema le stelle del Cielo, / Madre, e ti offro un mazzetto di fiori /
con queste poche sillabe d’amore / nella speranza di tornarti in core. /
Mi faccio bimbo e ti chiamo Maria / e mi risponderai come rispondi /
ai piccolini cui inanelli il capo. / Rimandami il tuo Angiolo custode: /
il poeta è creatura che si turba, / ché ha paura e rimane solo. //
In un’altra poesia alla Vergine dell’Annunciazione ["Ave, o prescelta del Signore Iddio", sempre dell’antologia Arie bifolchine], Enrico Pea propone il fatto evangelico con ricchezza di avvincenti traslati e grande smalto metaforico.
Filippino Lippi, L'Annunciazione [part.] - Affresco della Cappella Carafa, Basilica Santa Maria sopra Minerva, Roma.
Filippino Lippi, L’Annunciazione [part.] –
Affresco della Cappella Carafa, Basilica Santa Maria sopra Minerva, Roma.
Eccone alcuni versi significativi:
"Ave, o prescelta del Signore Iddio"
L’Angelo
– Ave, o prescelta del Signore Iddio. /
[…] Concepita di luce. Luce e gloria /
ti sarà prole: l’Uno, Re dei Re. //
La Vergine – Come germoglierà grano sul sasso? /
[…] Senza ferita non si versa sangue: /
niuno m’ha tocca: ferita non sono. //
L’Angelo
– Allo Spirito di Dio che si compiace /
nutrire Te d’amor senza peccato /
nullo mistero è per Lui misterioso: /
Quegli che alberga nel tuo seno è Santo. /
Non il trono di Davide Gli basta: /
ché poco è soglio a tutto il suo reame, /
senza confine dove terra ha cielo. /
Senza confine regnerà sui regni /
eterno Re su tutti i re caduchi. //
Simone Moreno
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Storia dell’"Angelus"
Infinite espressioni artistiche dicono che l’Angelus è sempre sentito come un forte richiamo alla trascendenza.
Altre opere di poesia, di musica e di pittura [oltre a quelle finora ricordate, nella rassegna delle precedenti puntate] sono state composte sull’Angelus, quasi a confermare come esso sia sempre sentito come un forte richiamo al mondo del divino.
Le espressioni artistiche [della letteratura, dell’arte figurativa, della musica] manifestano tutte a loro modo come l’Angelus, oltre ad essere penetrato nel substrato culturale del popolo cristiano, diventando patrimonio comune, serva opportunamente e simbolicamente a descrivere stati d’animo, annunci di nuove realtà, irruzione del divino, richiamo ultraterreno.
Per la letteratura, oltre alla già ricordata amorosa preghiera-costatazione di A. Manzoni ne Il nome di Maria e all’estatica contemplazione, vespro rappacificante, di G. Carducci ne La chiesa di Polenta; oltre alle numerose e variegate risonanze nell’opera poetica di G. Pascoli, in cui il suono e la preghiera dell’Avemaria travalicano sempre la cronologicità del tempo, divenendo esperienza di vita [da Campane a sera all’Angelus dei "Primi poemetti", da Le monache di Sogliano delle "Myricae" al motivo mariano che ritorna in uno dei "Canti di Castelvecchio"]; oltre alla "campana / che dalla chiesetta francescana / tintinna nella tristezza del chiostro" dei Canti orfici di Dino Campana; oltre alla pace che si fonde con la pace senza fine, permettendo al perenne agitarsi dell’anima di acquietarsi Nel silenzio più teso di B. Marin, poeta dialettale ["La tortora soave / la svoleva in giro intorno / dute l’ore del zorno, / fino a l’ora de l’Ave"]; oltre al perpetuarsi del mistero dell’Incarnazione nel sofferto ricordo dell’Avemaria della sera in ambiente rurale de La religione del mio tempo di P. P. Pasolini ["Aspettavo che l’Angelus suonasse, velato / del nuovo, contadino mistero / nell’antico mistero consumato"], c’è ancora tutta una infinita serie di poesie e di composizioni letterarie da esplorare sulle suggestioni dell’Angelus.
Dalla rassegna poetica all’arte pittorica e musicale
Non diversamente – e qui accenniamo solo, ripromettendoci di tornarci sopra – nell’espressione pittorica e nella musica.
Nell’arte della pittura resta emblematico, nel suo realismo idilliaco, l’Angelus dei contadini, colto mentre essi lo recitano nel campo sconfinato, quasi a fecondare nuovamente la terra con la preghiera, così come è vissuto nella tela di J. F. Millet [cfr. num. di Dicembre 2005].
Parimenti emblematico, per la musica, il suono mattutino dell’Ave, Maria e la recita dell’Angelus da parte del sacrestano nel Primo Atto della Tosca di G. Puccini [1838-1924] insieme con il Preludio del Terzo Atto in cui risuona il concerto delle campane romane all’Avemaria dell’alba; Avemaria del mattino che già apriva La Favorita di G. Donizetti [1797-1848] ed è presente in altri melodrammi, come per esempio in Manon di J. Massenet [1842-1912], ne La Wally di A. Catalani [1854-1893] e in Fedora di V. Giordano [1867-1948].
Nomi di musicisti che citiamo a puro titolo esemplificativo.
Così, come per la poesia e per l’arte figurativa, anche grandi opere musicali hanno cantato la Vergine, particolarmente nel mistero della sua divina maternità che nell’Angelus ha la sua più alta e suggestiva celebrazione.
La rassegna artistica delle riproposizioni dell’Angelus è davvero infinita. E la percorreremo ancora, almeno fino ad esaurirne la parte più significativa.
Simone Moreno
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Storia dell’"Angelus"
Innumerevoli Autori di opere e composizioni musicali hanno cantato la Vergine nel mistero della sua divina maternità, celebrata nell’Avemaria.
Infinite altre opere di poesia, di musica e di pittura [oltre a quelle finora ricordate, nella rassegna delle precedenti puntate] sono state composte sull’Angelus, quasi a confermare come esso sia sempre sentito come un forte richiamo al mondo del divino.
Ricordavamo, fra l’altro, che per la musica restano emblematici il suono mattutino dell’Ave, Maria e la recita dell’Angelus da parte del sacrestano nel Primo Atto della Tosca di G. Puccini [1838-1924], insieme con il Preludio del Terzo Atto in cui risuona il concerto delle campane romane all’Avemaria dell’alba; l’Avemaria del mattino che già apriva La Favorita di G. Donizetti [1797-1848] e che scandisce l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni [1863 – 1945], ed è presente in altri melodrammi, come per esempio in Manon di J. Massenet [1842-1912], ne La Wally di A. Catalani [1854-1893] e in Fedora di V. Giordano [1867-1948].
Nomi di Autori di opere e composizioni che, come per la poesia e per l’arte figurativa, hanno cantato la Vergine, particolarmente nel mistero della sua divina maternità che nell’Angelus ha la sua più alta e suggestiva celebrazione.
L’infinito concerto dell’Ave, Maria
Cliccando sul "motore di ricerca Google", ad esempio, alla voce "Schubert - Ave Maria" si trovano ben 79 pagine di riferimenti che riportano voci collegate [tipo l’elenco di compositori che hanno lasciato la loro impronta sull’ Ave Maria]: un numero davvero grande di musicisti che hanno sentito - "obbligatoriamente", si direbbe - il dovere di comporre le loro armonie sulla Madonna dell’Angelus.
Solo per citarne alcuni, di noti e meno noti: Jakub Simon, Jan Ryba, Eduard Tregler, Frantisek Picka, Jaroslav Kocian, Antonin Dvorak, Stanislav Kyselak, Bretislav Bakala, Leos Janacek, Hans Biedermann, Magiller, Camille Saint-Saens, Ludwig van Beethoven, Luigi Maria Cherubini, Franz Schubert, Charles Gounod, Johann Sebastian Bach, Cesar Auguste Franck, Anton Bruckner, Ruggiero Leoncavallo, Bonaventura Somma, Franz Liszt, Wolfgang Amadeus Mozart, ecc.
Ovviamente, è l’ "armonia angelica" di queste composizioni a dare la misura dell’arte musicale che canta la Vergine dell’Annunciazione; ma anche la variazione dei testi riferiti alla tradizionale "Ave Maria" esprime l’originalità dei singoli artisti. Chi non si commuove ascoltando, ad esempio, l’Ave Maria di Franz Schubert [1797-1828], sia per la musica trasfigurata che per le toccanti parole del testo? Eccole:
"Ave Maria!
Vergin del ciel,
sovrana di grazie e madre pia,
che accogli ognor la fervente preghiera,
non negar a questo straziato mio cor
tregua al suo dolor!
Sperduta l’alma mia si prostra a te,
e pien di speme si prostra ai tuoi piè.
Ti invoca e attende
che tu le dia la pace
che solo tu poi donar.
Ave Maria!".
E come non gustare, ad esempio, nella versione classica del testo latino, il notissimo canto dell’ "Ave Maria" di Charles François Gounod [1818-1893], che inizialmente concepì questo brano senza testo, per violino e pianoforte con organo, intitolandolo "Méditation", e che più tardi ebbe l’ispirazione dell’aggiunta del testo dell’ "Ave Maria", che si sposa perfettamente alla melodia?
Infinita, come si vede, è la schiera di musicisti che - come i poeti e gli artisti delle arti figurative - sono stati ispirati a comporre "armonie divine" sulla più divina armonia del creato: la Vergine Maria chiamata a diventare Madre del Creatore.
Simone Moreno