BEATI I PERSEGUITATI
1. « Beati i perseguitati per la giustizia, perchè di loro e il regno del cieli » (Mt 5, 10). Molte volte Gesù ha predetto ai suoi discepoli che avrebbero dovuto condividere la sua sorte: « Se il mondo vi odia, sapete bene che prima di voi ha odiato me. - Un servo non è da più del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. – Anzi, viene l’ora che chiunque vi ucciderà, crederà di rendere ossequio a Dio » (Gv 15, 18.20; 16,2).
Cristo non ha illuso i suoi discepoli, non ha promesso successi e trionfi, ma ha additato con chiarezza la stessa via battuta da lui: contraddizioni, odi, persecuzione, morte di croce. Chi si mette alla sequela di Cristo, se vuol essere nel vero, non può aspettarsi altro. Tuttavia ciò non vuol dire essere pessimisti, né scoraggiarsi o vivere nella tristezza, perché mentre Gesù preannuncia ai discepoli le persecuzioni, li proclama beati. « Beati quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno, mentendo ogni sorta di male contro di voi » (Mt 5,11). Anzi è questa l’unica beatitudine ripresa e sviluppata in più versetti quasi per persuadere i discepoli di quello che all’occhio umano è un vero controsenso: ritenersi beati quando si soffre.
Certo l’essere beati non consiste direttamente nella persecuzione, che è sempre reale sofferenza fisica e morale, ma nel fatto che questo patire è pegno di beatitudine eterna.
« Godete e rallegratevi – dice Gesù - , perché grande è la vostra ricompensa » (ivi 12).
Il Signore non chiede, al cristiano di chiamare gioia ciò che è dolore, non esige che diventi indifferente alle persecuzioni al punto di non soffrirne, ma gli chiede di ,credere, sulla sua parola infallibile, che quanto patisce per la causa di Dio, sarà certamente trasformato in gaudio di vita eterna. È la sovrabbondanza di questa fede che permette ai santi di gioire nelle persecuzioni sofferte per Cristo, ad imitazione degli Apostoli i quali se ne andavano « lieti di essere stati condannati all'oltraggio a motivo del nome di Gesù » (At 5, 41).
2. Le persecuzioni « per la giustizia » sono quelle stesse sofferte, Come soggiunge Gesù, «per cagion mia ». La causa della giustizia, ossia della salvèzza e della santificazione degli uomini, è la causa stessa di Cristo, la causa della sua incarnazione, passione e morte, la causa sostenuta dal suo insegnamento e dal suo esempio. Le persecuzioni di cui parla l'ottava beatitudine sono dunque quelle che il mondo prepara a chi abbraccia fino in fondo la causa di Cristo e del suo Vangelo seminando ovunque disinteresse, mitezza, misericordia, purezza, amore, pace. Se una simile condotta induce molti al bene, è inevitabile che susciti anche la reazione del male; dell'odio, dell'invidia; e mentre il bene si compie nel silenzio, il male reagisce con violenza tumultuosa, sicché in certi momenti le persecuzioni sembrano prendere il sopravvento. È stato così anche di Gesù, la cui vita spesa unicamente nel bene è sembrata ad un tratto sommersa e vinta dalle forze del male. Ma è proprio questo il contrassegno degli autentici discepoli di Cristo: condividere la sorte del loro Maestro; ed è questo il motivo profondo della loro beatitudine: trovare nelle persecuzioni la garanzia di non aver sbagliato strada.
« Guai quando tutti gli uomini dicessero bene di voi - ha detto Gesù -. Allo stesso modo facevano i loro padri con i falsi profeti » (Lc 6,26). Le lodi, le approvazioni del mondo, i successi continui non sono mai il distintivo dell'autentica sequela di Cristo, ma piuttosto l'eredità dei falsi profeti. Il vero profeta presto o tardi incontra sempre la contraddizione; ed è provvidenziale. Ciò lo preserva dalle lusinghe dell'orgoglio , lo rende cosciente
della sua pochezza, lo difende dall'illusione esaltante di essere capace di salvare, di trasformare il mondo e quindi lo mantiene nel numero di quei poveri che, pur adoperandosi con tutte le forze per la salvezza propria e altrui, l'attendono però dall’unico Salvatore. Chi invece si lascia irretire dal plauso del mondo corre il rischio tremendo di deformare o sminuire il Vangelo per non incappare nell'impopolarità, e finisce così con lo schierarsi tra i falsi profeti.
PREGHIERA. O Gesù, non ti è bastato fare, di tutte... le fonti di pene, fonti di gioia celeste, di gioia eterna; ne hai fatto gioie, dolcezze, delizie anche per questa vita, abbracciandole tu stesso. Tu hai abbracciato povertà, fame, lacrime, persecuzione; tutto in una misura inaudita; cosicché dopo di te, chiunque piange, è povero, ha fame, è perseguitato, ti assomiglia, ti imita. E che cosa mai c'è di più dolce della rassomiglianza con chi si ama? Qual bisogno mai, per il cuore, è più imperioso di quello di imitare l'essere amato? Qualsiasi povertà, fame, lacrime, persecuzione è dunque diventata una cosa soave, un bene prezioso e prediletto per colui che ti ama, perché questi sono altrettanti elementi di rassomiglianza con te, altrettanti punti di unione con te, o Gesù... Quanto sei buono, o Medico divino, che hai trasformato, sino alla fine del mondo, i nostri mali in gioie e in sorgenti di vita eterna!
C. De FOUCAULD, Meditazioni sul Vangelo, Op. sp. p 222-3
O altissimo Signore, eccomi pronto ad ogni pena, conoscendo che le tue croci nascono da tenerissimo amore e che solo è beato chi è da te crocifisso... Non si lamentino più gli uomini tiepidi dicendo che tu tratti male i tuoi amici, ma aprano con me gli occhi per conoscere la tua infinita benignità con la quale tu guidi per via di molto patire i tuoi cari amici, e intendano una volta quanto sia degno di commiserazione chi non è da te afflitto in questa vita temporale...
O pietosissimo Gesù mio, io non ardisco chiederti né croci né afflizioni, ma aiutato dalla tua forte ispirazione, con vivo, desiderio dal fondo del mio cuore mi rimetto e mi abbandono a te. Se ti parrà bene, o altissimo Signore, che io sia molto travagliato da tutti gli uomini con il tuo aiuto sopporterò ogni pena a lode del tuo santo nome, purché io patisca innocente; qualora poi fossi colpevole, sopporterò i tormenti a gloria e lode della tua santissima giustizia, il cui onore mi sarà sempre più caro del mio proprio. E quando sarò nel fondo dei dolori griderò a te con il buon ladrone: « Io, Signore, nolto giustamente patisco questi tormenti, ma tu non hai fatto nulla di male; Signore, ricordati di me nel tuo Regno ».
B. ENRICO SUSONE, Dialogo d'amore, 17. 26, Vita ed, opere p 159.192-3
Con questa Beatitudine termino il mio lavoro, grazie a quanti hanno letto e meditato.
Pace a tutti, Gino