MESSAGGIO DEL PAPA AI VESCOVI ITALIANI (alla CEI)

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Caterina63
00mercoledì 11 novembre 2009 08:34
Il messaggio del Papa alla sessantesima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana

La Chiesa voce di un Paese
che non crescerà se non insieme


Nel suo impegno per portare il "lievito del Vangelo nella cultura e nel tessuto della società" la Chiesa italiana è chiamata a farsi "voce e carico delle esigenze di un Paese che non crescerà se non insieme". È quanto scrive Benedetto XVI nel messaggio ai partecipanti alla sessantesima assemblea generale della Cei, in corso ad Assisi.
 
                                                                   stemma B16

Al Venerato Fratello
Il Signor Cardinale Angelo Bagnasco
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

In occasione dei lavori della 60 Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, mi è particolarmente gradito inviare il mio affettuoso saluto a Lei, al Segretario della cei e a tutti i Pastori della Chiesa che è in Italia, riuniti in Assisi, città simbolo di quella vita cristiana condotta "secondo la forma" del Vangelo, incarnata nell'esistenza di san Francesco e santa Chiara, che continuano ad esercitare in Italia e nel mondo un irresistibile fascino spirituale.

Idealmente presente esprimo a tutti la mia vicinanza spirituale, ben conoscendo lo zelo con cui voi, venerati e cari Fratelli, operate quotidianamente al servizio delle comunità affidate alle vostre cure pastorali.

Nei viaggi apostolici che vado compiendo nelle diocesi italiane, come pure in altre occasioni che mi portano a contatto con l'amata Chiesa che è in Italia, incontro comunità vive, salde nel loro legame col Successore di Pietro e nella comunione reciproca. Per questo, "continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere" (Ef 1, 16), insieme ai presbiteri, vostri primi collaboratori nelle fatiche apostoliche, insieme ai diaconi, ai religiosi e alle religiose e ai fedeli laici che condividono la vostra gioia e la vostra responsabilità di testimoni di Cristo in ogni ambito della società italiana. Questi periodici incontri - ne sono certo - alimentano la vostra reciproca cooperazione indispensabile per realizzare il mandato, che contraddistingue la vostra azione apostolica, di incrementare nel popolo cristiano la fede, la speranza e la carità, di alimentare i rapporti con le altre comunità religiose e le autorità civili, di operare per la presenza del lievito del Vangelo nella cultura e nel tessuto della società italiana, per la tutela della vita umana, per la promozione della pace e della giustizia e per la difesa del creato. Lo scambio e la fraternità che caratterizzano i vostri lavori assembleari danno forza e vivacità all'impegno comune per l'unica Chiesa di Cristo e per la crescita del tessuto umano della società.
 
Sono trascorsi pochi mesi dal nostro incontro in occasione dell'Assemblea Generale svoltasi a maggio, nel corso della quale è stata individuata nell'educazione la prospettiva di fondo degli orientamenti pastorali per il prossimo decennio. L'emergere dell'istanza educativa è un segno dei tempi che provoca l'Italia intera a porre la formazione delle nuove generazioni al centro dell'attenzione e dell'impegno di ciascuno, secondo le rispettive responsabilità e nel quadro di un'ampia convergenza di intenti. Come ricordavo nel mio intervento del 28 maggio scorso, l'educazione è "una esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa" e si colloca nel cuore della sua missione, volta a far sì che ogni persona possa incontrare e seguire il Signore Gesù, Via che conduce all'autenticità dell'amore, Verità che ci viene incontro e Vita del mondo.

La sfida educativa attraversa tutti i settori della Chiesa ed esige che siano affrontate con decisione le grandi questioni del tempo contemporaneo:  quella relativa alla natura dell'uomo e alla sua dignità - elemento decisivo per una formazione completa della persona - e la "questione di Dio", che sembra quanto mai urgente nella nostra epoca. Vorrei richiamare, in proposito, ciò che ebbi a dire, il 24 luglio scorso, durante la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Aosta:  "Se la relazione fondamentale - la relazione con Dio - non è viva, non è vissuta, anche tutte le altre relazioni non possono trovare la loro forma giusta. Ma questo vale anche per la società, per l'umanità come tale. Anche qui, se Dio manca, se si prescinde da Dio, se Dio è assente, manca la bussola per mostrare l'insieme di tutte le relazioni per trovare la strada, l'orientamento dove andare. Dio! Dobbiamo di nuovo portare in questo nostro mondo la realtà di Dio, farlo conoscere e farlo presente" (L'Osservatore Romano, 26 luglio 2009, p. 8)

Perché ciò si realizzi occorre che noi per primi, cari Fratelli Vescovi, con tutto il nostro essere, diventiamo adorazione vivente, dono che trasforma il mondo e lo restituisce a Dio. È questo il messaggio profondo dell'Anno Sacerdotale, che costituisce una straordinaria occasione per andare al cuore del ministero ordinato, riconducendo a unità, in ciascun sacerdote, l'identità e la missione. Sono contento di vedere come, nelle vostre Diocesi, questa speciale proposta stia generando non poche iniziative soprattutto di carattere spirituale e vocazionale, e contribuisca a mettere in luce il cammino di santità tracciato nel tempo da tanti Vescovi e presbiteri italiani. La storia d'Italia, infatti, è anche la storia di un'innumerevole schiera di sacerdoti che si sono chinati sulle ferite di un'umanità smarrita e sofferente, facendo di se stessi un'offerta di salvezza. Mi auguro che possiate raccogliere abbondanti frutti da questa corale preghiera e meditazione sul dono del sacerdozio, scaturito dal cuore di Cristo per la salvezza del mondo.

Un altro tema al quale sarà dedicato ampio spazio nei lavori della vostra Assemblea, è la "questione meridionale". A vent'anni dalla pubblicazione del documento "Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno", avvertite il bisogno di farvi voce e carico delle esigenze di un Paese che non crescerà se non insieme. Nelle terre del Sud la presenza della Chiesa è germe di rinnovamento, personale e sociale, e di sviluppo integrale. Possa il Signore benedire gli sforzi di coloro che operano, con la tenace forza del bene, per la trasformazione delle coscienze e la difesa della verità dell'uomo e della società.

Nel corso della vostra Assemblea, inoltre, verrà esaminata la nuova edizione italiana del Rito delle esequie. Essa risponde alla necessità di coniugare la fedeltà all'originale latino con gli opportuni adattamenti alla situazione nazionale, facendo tesoro dell'esperienza maturata dopo il Concilio Vaticano II, con sguardo attento al mutato contesto socio-culturale e alle esigenze della nuova evangelizzazione. Il momento delle esequie costituisce un'importante occasione per annunciare il Vangelo della speranza e manifestare la maternità della Chiesa. Il Dio che "verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti", è Colui che "asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno" (Ap 21, 4). In una cultura che tende a rimuovere il pensiero della morte, quando addirittura non cerca di esorcizzarla riducendola a spettacolo o trasformandola in un diritto, è compito dei credenti gettare su tale mistero la luce della rivelazione cristiana, certi "che l'amore possa giungere fin nell'aldilà, che sia possibile un vicendevole dare e ricevere, nel quale rimaniamo legati gli uni agli altri con vincoli di affetto" (Spe salvi, 48).

Signor Cardinale e venerati Fratelli nell'Episcopato, cinquant'anni fa, al termine del XVI Congresso Eucaristico Nazionale e dopo una straordinaria Peregrinatio Mariae, i Vescovi italiani vollero consacrare l'Italia al Cuore Immacolato di Maria. Di tale atto così significativo e fecondo, voi rinnoverete la memoria, confermando il particolarissimo legame di affetto e devozione che unisce il popolo italiano alla celeste Madre del Signore. Volentieri mi unisco a questo ricordo, affidando i lavori della vostra Assemblea, la Chiesa che è in Italia e l'intera Nazione alla materna protezione della Vergine Maria, Regina degli Angeli e immagine purissima della Chiesa. Invoco la sua intercessione, con quella dei santi Francesco e Chiara d'Assisi e di tutti i santi e le sante della terra italiana. Con tali sentimenti imparto di cuore a Lei, ai Vescovi, ai loro collaboratori e a tutti i presenti la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 4 novembre 2009


 
                                                                                                  firma B16


(©L'Osservatore Romano - 11 novembre 2009)
Caterina63
00mercoledì 11 novembre 2009 22:34
Il documento della Conferenza episcopale italiana sul Mezzogiorno

L'impegno di tutti
per sconfiggere le mafie




Assisi, 11.
Difficoltà, ma anche notevoli potenzialità di carattere materiale, economico, culturale e morale. Tutte qualità che, in particolare nel Mezzogiorno, devono essere utilizzate anche per sconfiggere la criminalità organizzata e per realizzare "una cultura della legalità". L'Italia descritta dai vescovi, riuniti ad Assisi per la loro sessantesima assemblea generale, ha bisogno di discutere in maniera costruttiva dei problemi e delle prospettive che riguardano la gente, piuttosto che di un "clima continuamente polemico", ha bisogno, partendo da istituzioni educative come la famiglia e la scuola, di un impegno comune "per valorizzare le potenzialità presenti nel Paese evitando giudizi unilaterali".

L'intervento, alla conferenza stampa di ieri, del vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha spaziato su numerosi argomenti, dalla situazione complessiva del Paese alla questione immigrati, ai documenti sul nuovo rito delle esequie e sul Mezzogiorno. Un documento, quest'ultimo, che sta particolarmente a cuore all'episcopato italiano. Rispondendo a una domanda sul testo (che sarà approvato domani, giorno conclusivo dell'assemblea) e sulle recenti inchieste riguardanti rapporti tra politica e criminalità organizzata, monsignor Crociata ha richiamato le parole, il "grido" di Giovanni Paolo II nella valle dei Templi ad Agrigento, il 9 maggio 1993, quando evocò il giudizio di Dio sulla mafia.

"È evidente - ha spiegato il vescovo emerito di Noto - che il tema della criminalità organizzata è ben presente nel documento; una realtà drammatica ma non insuperabile, non invincibile". Per sconfiggere questo fenomeno che soffoca "l'Italia intera e non solo il Sud", occorre veramente l'impegno di tutti, a partire dalle istituzioni, e non può certo bastare la "pur meritevole" esclusione dei criminali dalla comunità ecclesiale. Al riguardo, il segretario della Cei ha detto che "per coloro che aderiscono a queste organizzazioni non servono scomuniche, perché di fatto chi ne fa parte è già fuori dalla comunione ecclesiale, anche se si ammanta di comportamenti religiosi".

Il vescovo, parlando delle istituzioni impegnate sul fronte antimafia, ha citato l'azione della magistratura e degli organi di sicurezza. Ma "dobbiamo fare di più", perché la soluzione "non è solo la pur necessaria repressione ma riguarda la mentalità, la crescita della coscienza civile, culturale e umana, a partire dai giovani". La Chiesa vuole fare la sua parte e invita a muoversi con decisione anche perché "nel Meridione si sono conosciute espressioni di reazione positiva da parte di settori della società civile, giovani, imprenditori, associazioni", che vanno sostenute.

Impegno "che sta crescendo e che sarebbe auspicabile divenisse corale", ha detto Crociata. Un quadro della situazione che può essere esteso al Paese intero: nessun "declino", nessun "catastrofismo", semplicemente il bisogno di una guida responsabile che sia al servizio della nazione.

Sul tema delle migrazioni e dell'attenzione che occorre dare a questo rilevante fenomeno, non c'è da parte della Conferenza episcopale italiana una proposta definitiva. Il segretario generale ha spiegato che "si raccolgono segnalazioni da parte delle realtà del volontariato che ci confermano come sia necessario procedere secondo i due concetti di fondo già enunciati: accoglienza da un lato e garanzia della sicurezza dall'altro". Monsignor Crociata ha poi definito "un'esigenza legittima", considerato anche il numero di musulmani in Italia, l'eventuale destinazione di porzioni dei cimiteri ai defunti di religione islamica.

Riguardo al nuovo rito delle esequie (approvato oggi), i vescovi non sono contrari alla possibilità di cremare i cari estinti, pratica ammessa dal Codice di diritto canonico: "La cremazione sarà una modalità possibile - ha detto Crociata - ma con la sottolineatura che rimane immutato l'annuncio della risurrezione dei corpi", in quanto non bisogna "assecondare quella mentalità che lascia pensare che, cremandosi, un corpo va nel nulla". Più in generale, secondo la Cei, "sarebbe opportuno che le persone imparassero a rapportarsi in maniera consapevole con l'unica cosa certa della vita: la propria morte". Invece, oggi, "o c'è la sua rimozione pressoché totale, oppure si assiste, al contrario, alla sua spettacolarizzazione".



(©L'Osservatore Romano - 12 novembre 2009)


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