Magistero integrale di Benedetto XVI 11 febbraio Festa della Vergine di Lourdes e degli ammalati

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Caterina63
00martedì 7 febbraio 2017 13:08

XIV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO


SANTA MESSA PER GLI AMMALATI
NELLA MEMORIA DELLA BEATA VERGINE DI LOURDES

DISCORSO DI BENEDETTO XVI
AGLI AMMALATI AL TERMINE DELLA MESSA

Sabato, 11 febbraio 2006


 

Cari fratelli e sorelle!

Con grande gioia sono venuto in mezzo a voi e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza. Il mio saluto si rivolge in modo speciale a voi, cari malati, che siete riuniti qui nella Basilica di San Pietro, e vorrei estenderlo a tutti i malati che ci stanno seguendo mediante la radio e la televisione, e a quelli che non hanno questa possibilità, ma sono uniti a noi con i legami più profondi dello spirito, nella fede e nella preghiera. Saluto il Cardinale Camillo Ruini, che ha presieduto l'Eucaristia, e il Cardinale Francesco Marchisano, Arciprete di questa Basilica Vaticana. Saluto gli altri Vescovi e i sacerdoti presenti. Ringrazio l'UNITALSI e l'Opera Romana Pellegrinaggi, che hanno preparato e organizzato questo incontro, con la partecipazione di numerosi volontari. Il mio pensiero si porta anche nell'altra parte del pianeta, in Australia, dove, nella città di Adelaide, ha avuto luogo già da alcune ore la celebrazione culminante della Giornata Mondiale del Malato, presieduta dal mio inviato il Cardinale Javier Lozano Barragán, Presidente del Pontifico Consiglio per la Pastorale della Salute.

Da quattordici anni, l'11 febbraio, memoria liturgica della Madonna di Lourdes, è diventata anche la Giornata Mondiale del Malato. Tutti sappiamo che, presso la Grotta di Massabielle, la Vergine ha manifestato la tenerezza di Dio per i sofferenti. Questa tenerezza, questo amore premuroso si fa sentire in modo particolarmente vivo nel mondo proprio nel giorno della festa di santa Maria di Lourdes, riattualizzando nella liturgia, e specialmente nell'Eucaristia, il mistero di Cristo Redentore dell'uomo, di cui la Vergine Immacolata è la primizia. Presentandosi a Bernardetta come l'Immacolata Concezione, Maria Santissima è venuta a ricordare al mondo moderno, che rischiava di dimenticarlo, il primato della Grazia divina, più forte del peccato e della morte. Ed ecco che il luogo di quella sua apparizione, la grotta di Massabielle a Lourdes, è diventato un punto di attrazione per tutto il Popolo di Dio, specialmente per quanti si sentono oppressi e sofferenti nel corpo e nello spirito. "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò" (Mt 11, 28), ha detto Gesù. A Lourdes Egli continua a ripetere questo invito, con la mediazione materna di Maria, a tutti coloro che vi accorrono con fiducia.

Cari fratelli, quest'anno, insieme con i miei collaboratori del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, abbiamo voluto porre al centro dell'attenzione le persone affette da malattie mentali. "Salute mentale e dignità umana" è stato il tema del convegno che si è svolto ad Adelaide, approfondendo insieme aspetti scientifici, etici e pastorali. Tutti sappiamo come Gesù si ponesse di fronte all'uomo nella sua interezza, per guarirlo completamente, nel corpo, nella psiche e nello spirito. La persona umana, infatti, è un tutt'uno, e le diverse dimensioni si possono e si devono distinguere, ma non separare. Così anche la Chiesa si propone sempre di considerare le persone come tali, e questa concezione qualifica le istituzioni sanitarie cattoliche, come pure lo stile degli operatori sanitari in esse impegnati. In questo momento, penso in modo particolare alle famiglie che hanno al proprio interno una persona malata di mente e vivono la fatica e i diversi problemi che ciò comporta. Ci sentiamo vicini a tutte queste situazioni, con la preghiera e con le innumerevoli iniziative che la Comunità ecclesiale pone in atto in ogni parte del mondo, specialmente là dove la legislazione è carente, dove le strutture pubbliche sono insufficienti, e dove calamità naturali o, purtroppo, guerre e conflitti armati producono gravi traumi psichici nelle persone. Sono forme di povertà che attirano la carità di Cristo, Buon Samaritano, e della Chiesa, indissolubilmente unita a lui al servizio dell'umanità sofferente.

A tutti i medici, gli infermieri e gli altri operatori sanitari, a tutti i volontari impegnati in questo campo, vorrei oggi consegnare simbolicamente l'Enciclica Deus caritas est, con l'augurio che l'amore di Dio sia sempre vivo nei loro cuori, così da animare il loro lavoro quotidiano, i progetti, le iniziative, e soprattutto i loro rapporti con le persone malate. Agendo in nome della carità e nello stile della carità, voi, cari amici, offrite il vostro prezioso contributo anche all'evangelizzazione, perché l'annuncio del Vangelo ha bisogno di segni coerenti che lo confermino. E questi segni parlano il linguaggio dell'amore universale, un linguaggio comprensibile da tutti.

Tra poco, creando il clima spirituale di Lourdes, si spegneranno le luci nella Basilica e accenderemo le nostre candele, simbolo di fede e di ardente invocazione a Dio. Il canto dell'Ave Maria di Lourdes ci inviterà a recarci spiritualmente dinanzi alla grotta di Massabielle, ai piedi della Vergine Immacolata. A Lei con fede profonda vogliamo presentare la nostra condizione umana, le nostre malattie, segno del bisogno che tutti abbiamo, mentre siamo in cammino in questo pellegrinaggio terreno, di essere salvati da suo Figlio Gesù Cristo. Sia Maria a tenere desta la nostra speranza, perché, fedeli all'insegnamento di Cristo, rinnoviamo l'impegno di sollevare i fratelli nelle loro infermità. Il Signore faccia sì che nessuno nel momento del bisogno sia solo e abbandonato, ma, al contrario, possa vivere, anche la malattia, secondo la dignità umana. Con questi sentimenti imparto di cuore la Benedizione Apostolica a tutti voi, malati, operatori sanitari e volontari.

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Caterina63
00martedì 7 febbraio 2017 13:10

XV GIORNATA MONDIALE DEL MALATO


SANTA MESSA PER GLI AMMALATI 
NELLA MEMORIA DELLA BEATA VERGINE DI LOURDES

DISCORSO DI BENEDETTO XVI 
AGLI AMMALATI AL TERMINE DELLA MESSA

Basilica Vaticana
Domenica, 11 febbraio 2007


 

Cari fratelli e sorelle,

con grande gioia vi incontro qui, nella Basilica Vaticana, in occasione della festa della Madonna di Lourdes e dell'annuale Giornata Mondiale del Malato, al termine della Celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Camillo Ruini. A lui, in primo luogo, rivolgo il mio cordiale saluto, che estendo a tutti voi qui presenti: all'Arciprete della Basilica, Mons. Angelo Comastri, agli altri Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose. Saluto i responsabili e i membri dell'UNITALSI, che si occupano del trasporto e della cura degli ammalati nei pellegrinaggi e in altri momenti significativi. Saluto i responsabili e i pellegrini dell'Opera Romana Pellegrinaggi e quanti prenderanno parte al XV Convegno Nazionale Teologico-Pastorale, che vedrà l'adesione di molti dall'Italia e dall'estero. Saluto, inoltre, la delegazione dei rappresentanti dei "Cammini d'Europa". Ma il saluto più cordiale vorrei indirizzarlo a voi, cari ammalati, ai vostri familiari e ai volontari che con amore vi seguono e vi accompagnano anche quest'oggi. Insieme a tutti voi desidero unirmi a coloro che in questo stesso giorno prendono parte ai vari momenti della Giornata Mondiale del Malato che si tiene nella città di Seul, in Corea. Là, a mio nome, presiede le celebrazioni il Cardinale Javier Lozano Barragán, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari.

Quest'oggi dunque è la festa della Beata Vergine Maria di Lourdes, che poco meno di centocinquanta anni or sono apparve a una semplice ragazza, s. Bernardetta Soubirous, manifestandosi come l'Immacolata Concezione. Anche in quella apparizione la Madonna si è mostrata tenera madre verso i suoi figli, ricordando che i piccoli, i poveri sono i prediletti di Dio ed a loro è rivelato il mistero del Regno dei cieli. Cari amici, Maria, che con la sua fede ha accompagnato il Figlio fin sotto la croce, Lei che fu associata per un disegno misterioso alle sofferenze di Cristo, suo Figlio, mai si stanca di esortarci a vivere e a condividere con serena fiducia l'esperienza del dolore e della malattia, offrendola con fede al Padre, completando così ciò che manca nella nostra carne ai patimenti di Cristo (cfr Col 1, 24). A questo riguardo, mi tornano in mente le parole con le quali il mio venerato predecessore Paolo VI concludeva l'Esortazione apostolica Marialis cultus: "All'uomo contemporaneo, non di rado tormentato tra l'angoscia e la speranza, prostrato dal senso dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini, la Beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede nella Città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull'angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte" (n. 57). Sono parole che illuminano il nostro cammino, anche quando sembra svanire il senso della speranza e la certezza della guarigione; sono parole che vorrei fossero di conforto specialmente per quanti sono colpiti da malattie gravi e dolorose.

Ed è proprio a questi nostri fratelli particolarmente provati che l'odierna Giornata Mondiale del Malato dedica la sua attenzione. Ad essi vorremmo far sentire la vicinanza materiale e spirituale dell'intera comunità cristiana. È importante non lasciarli nell'abbandono e nella solitudine mentre si trovano ad affrontare un momento tanto delicato della loro vita. Meritevoli sono pertanto coloro che con pazienza ed amore mettono a loro servizio competenze professionali e calore umano. Penso ai medici, agli infermieri, agli operatori sanitari, ai volontari, ai religiosi e alle religiose, ai sacerdoti che senza risparmiarsi si chinano su di essi, come il buon Samaritano, non guardando alla loro condizione sociale, al colore della pelle o all'appartenenza religiosa, ma solo a ciò di cui abbisognano. Nel volto di ogni essere umano, ancor più se provato e sfigurato dalla malattia, brilla il volto di Cristo, il quale ha detto: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 40).

Cari fratelli e sorelle, tra poco una suggestiva fiaccolata farà rivivere il clima che si crea tra i pellegrini e i devoti a Lourdes, al calare della sera. Il pensiero nostro va alla grotta di Massabielle, dove si incrociano il dolore umano e la speranza, la paura e la fiducia. Quanti pellegrini, confortati dallo sguardo della Madre, trovano a Lourdes la forza di compiere più facilmente la volontà di Dio anche quando costa rinuncia e dolore, consapevoli che, come afferma l'apostolo Paolo, tutto concorre al bene di coloro che amano il Signore (cfr Rm 8, 28). La candela, che tenete accesa tra le mani, sia anche per voi, cari fratelli e sorelle, il segno di un sincero desiderio di camminare con Gesù, fulgore di pace che rischiara le tenebre e ci spinge, a nostra volta, ad essere luce e sostegno per chi ci vive accanto. Nessuno, specialmente chi si trova in condizioni di dura sofferenza, si senta mai solo e abbandonato. Tutti vi affido questa sera alla Vergine Maria. Lei, dopo aver conosciuto indicibili sofferenze, è stata assunta in Cielo, dove ci attende e dove anche noi speriamo di poter condividere un giorno la gloria del suo divin Figlio, la gioia senza fine. Con questi sentimenti imparto la mia Benedizione a voi tutti qui presenti e a quanti vi sono cari.





Caterina63
00martedì 7 febbraio 2017 13:14

BENEDETTO XVI


ANGELUS


Piazza San Pietro
I Domenica di Quaresima, 10 febbraio 2008


 

Cari fratelli e sorelle!

Mercoledì scorso, con il digiuno e il rito delle Ceneri, siamo entrati nella Quaresima. Ma che significa "entrare in Quaresima"? Significa iniziare un tempo di particolare impegno nel combattimento spirituale che ci oppone al male presente nel mondo, in ognuno di noi e intorno a noi. Vuol dire guardare il male in faccia e disporsi a lottare contro i suoi effetti, soprattutto contro le sue cause, fino alla causa ultima, che è satana. Significa non scaricare il problema del male sugli altri, sulla società o su Dio, ma riconoscere le proprie responsabilità e farsene carico consapevolmente. A questo proposito risuona quanto mai urgente, per noi cristiani, l’invito di Gesù a prendere ciascuno la propria "croce" e a seguirlo con umiltà e fiducia (cfr Mt 16,24). La "croce", per quanto possa essere pesante, non è sinonimo di sventura, di disgrazia da evitare il più possibile, ma opportunità per porsi alla sequela di Gesù e così acquistare forza nella lotta contro il peccato e il male. Entrare in Quaresima significa pertanto rinnovare la decisione personale e comunitaria di affrontare il male insieme con Cristo. La via della Croce è infatti l’unica che conduce alla vittoria dell’amore sull’odio, della condivisione sull’egoismo, della pace sulla violenza. Vista così, la Quaresima è davvero un’occasione di forte impegno ascetico e spirituale fondato sulla grazia di Cristo.

Quest’anno l’inizio della Quaresima provvidenzialmente coincide con il 150° anniversario delle apparizioni di Lourdes. Quattro anni dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione da parte del beato Pio IX, Maria si mostrò per la prima volta l’11 febbraio del 1858 a santa Bernadette Soubirous nella grotta di Massabielle. Seguirono altre successive apparizioni accompagnate da eventi straordinari, e alla fine la Vergine Santa si congedò rivelando alla giovane veggente, nel dialetto locale: "Io sono l’Immacolata Concezione". Il messaggio che la Madonna continua a diffondere a Lourdes richiama le parole che Gesù pronunciò proprio all’inizio della sua missione pubblica e che noi riascoltiamo più volte in questi giorni di Quaresima: "Convertitevi e credete al Vangelo", pregate e fate penitenza. Accogliamo l’invito di Maria che fa eco a quello di Cristo e chiediamoLe di ottenerci di "entrare" con fede nella Quaresima, per vivere questo tempo di grazia con gioia interiore e generoso impegno.

Alla Vergine affidiamo anche i malati e quanti se ne prendono amorevole cura. Si celebra infatti domani, memoria della Madonna di Lourdes, la Giornata Mondiale del Malato. Saluto con tutto il cuore i pellegrini che si raduneranno nella Basilica di San Pietro, guidati dal Cardinale Lozano Barragán, Presidente del Pontificio Consiglio della Salute. Purtroppo non potrò incontrarli perché questa sera inizierò gli Esercizi Spirituali, ma nel silenzio e nel raccoglimento pregherò per loro e per tutte le necessità della Chiesa e del mondo. A quanti vorranno ricordarmi al Signore, dico fin d'ora il mio grazie sincero.


Dopo L'Angelus:

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Correzzana, Bari, Bisceglie e Catania, i ragazzi di Lecco, i giovani della parrocchia di Santa Maria Immacolata di Lourdes in Roma.  A tutti auguro una buona domenica e un fruttuoso cammino quaresimale.

 




Caterina63
00martedì 7 febbraio 2017 13:17

XVII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
SANTA MESSA PER GLI AMMALATI DELL'UNITALSI 
ED I PELLEGRINI DELL'OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI

PAROLE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI 
DURANTE L'INCONTRO CON GLI AMMALATI

Memoria della Beata Maria Vergine di Lourdes
Basilica Vaticana, 
mercoledì 11 febbraio 2009


 

Cari ammalati,
cari fratelli e sorelle!

Assume un singolare valore e significato questo nostro incontro: esso ha luogo in occasione della Giornata Mondiale del Malato, che ricorre oggi, memoria della Beata Vergine di Lourdes. Il mio pensiero va a quel Santuario dove, in occasione del 150° anniversario delle apparizioni a santa Bernadetta, mi sono recato anch’io; e di quel pellegrinaggio conservo un vivo ricordo, che si focalizza in particolare sul contatto che ho potuto avere con i malati raccolti presso la Grotta di Massabielle. Sono venuto molto volentieri a salutarvi a conclusione della Celebrazione eucaristica, che ha presieduto il Cardinale Javier Lozano Barragán, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, al quale rivolgo un cordiale pensiero. Insieme a lui saluto i Presuli presenti, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i volontari, i pellegrini, specialmente i cari malati e quanti se ne prendono quotidiana cura. E’ sempre emozionante rivivere in questa circostanza qui, nella Basilica di San Pietro, quel tipico clima di preghiera e di spiritualità mariana che caratterizza il Santuario di Lourdes. Grazie, dunque, per questa vostra manifestazione di fede e di amore a Maria; grazie a quanti l’hanno promossa ed organizzata, in particolare all’UNITALSI e all’Opera Romana Pellegrinaggi.

Questa Giornata invita a far sentire con maggiore intensità ai malati la vicinanza spirituale della Chiesa, la quale, come ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est, è la famiglia di Dio nel mondo, all’interno della quale nessuno dovrebbe soffrire per mancanza del necessario, soprattutto per la mancanza di amore (cfr n. 25 b). Al tempo stesso, quest’oggi ci è data l’opportunità di riflettere sull’esperienza della malattia, del dolore, e più in generale sul senso della vita da realizzare pienamente anche quando è sofferente. Nel messaggio per l’odierna ricorrenza ho voluto porre in primo piano i bambini ammalati, che sono le creature più deboli e indifese. E’ vero! Se già si resta senza parole davanti a un adulto che soffre, che dire quando il male colpisce un piccolo innocente? Come percepire anche in situazioni così difficili l’amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i suoi figli nella prova?

Sono frequenti e talora inquietanti tali interrogativi, che in verità sul piano semplicemente umano non trovano adeguate risposte, poiché il dolore, la malattia e la morte restano, nel loro significato, insondabili per la nostra mente. Ci viene però in aiuto la luce della fede. La Parola di Dio ci svela che anche questi mali sono misteriosamente “abbracciati” dal disegno divino di salvezza; la fede ci aiuta a ritenere la vita umana bella e degna di essere vissuta in pienezza pur quando è fiaccata dal male. Dio ha creato l’uomo per la felicità e per la vita, mentre la malattia e la morte sono entrate nel mondo come conseguenza del peccato. Ma il Signore non ci ha abbandonati a noi stessi; Lui, il Padre della vita, è il medico per eccellenza dell’uomo e non cessa di chinarsi amorevolmente sull’umanità sofferente. Il Vangelo mostra Gesù che “scaccia gli spiriti con la sua parola e guarisce coloro che sono ammalati” (Mt 8, 16), indicando la strada della conversione e della fede come condizioni per ottenere la guarigione del corpo e dello spirito, è la guarigione voluta dal Signore sempre. È la guarigione, d’amore integrale, di corpo e anima, perciò scaccia gli spiriti con la parola. La sua parola è parola d’amore, parola purificatrice: scaccia gli spiriti del timore, della solitudine, dell’opposizione a Dio, perché così purifica la nostra anima e dà pace interiore. Così ci dà lo spirito dell’amore e la guarigione che comincia dall’interno. Ma Gesù non ha solo parlato: è Parola incarnata. Ha sofferto con noi, è morto. Con la sua passione e morte Egli ha assunto e trasformato fino in fondo la nostra debolezza. Ecco perchè – secondo quanto ha scritto il Servo di Dio Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Salvifici doloris – “soffrire significa diventare particolarmente suscettibili, particolarmente aperti all'opera delle forze salvifiche di Dio, offerte all'umanità in Cristo” (n. 23).

Cari fratelli e sorelle, ci rendiamo conto sempre più che la vita dell’uomo non è un bene disponibile, ma un prezioso scrigno da custodire e curare con ogni attenzione possibile, dal momento del suo inizio fino al suo ultimo e naturale compimento. La vita è mistero che di per se stesso chiede responsabilità, amore, pazienza, carità, da parte di tutti e di ciascuno. Ancor più è necessario circondare di premure e rispetto chi è ammalato e sofferente. Questo non è sempre facile; sappiamo però dove poter attingere il coraggio e la pazienza per affrontare le vicissitudini dell’esistenza terrena, in particolare le malattie e ogni genere di sofferenza. Per noi cristiani è in Cristo che si trova la risposta all’enigma del dolore e della morte. La partecipazione alla Santa Messa, come voi avete appena fatto, ci immerge nel mistero della sua morte e della sua risurrezione. Ogni Celebrazione eucaristica è il memoriale perenne di Cristo crocifisso e risorto, che ha sconfitto il potere del male con l’onnipotenza del suo amore. E’ dunque alla “scuola” del Cristo eucaristico che ci è dato di imparare ad amare la vita sempre e ad accettare la nostra apparente impotenza davanti alla malattia e alla morte.

Il mio venerato e amato predecessore Giovanni Paolo II ha voluto che la Giornata Mondiale del Malato coincidesse con la festa della Vergine Immacolata di Lourdes. In quel luogo sacro, la nostra Madre celeste è venuta a ricordarci che su questa terra siamo solo di passaggio e che la vera e definitiva dimora dell’uomo è il Cielo. Verso tale meta dobbiamo tutti tendere. La luce che viene “dall’Alto” ci aiuti a comprendere e a dare senso e valore anche all’esperienza del soffrire e del morire. Domandiamo alla Madonna di volgere il suo sguardo materno su ogni ammalato e sulla sua famiglia, per aiutarli a portare con Cristo il peso della croce. Affidiamo a Lei, Madre dell’umanità, i poveri, i sofferenti, gli ammalati del mondo intero, con un pensiero speciale per i bambini sofferenti. Con questi sentimenti vi incoraggio a confidare sempre nel Signore e di cuore tutti vi benedico.




Caterina63
00martedì 7 febbraio 2017 13:27

MEMORIA DELLA BEATA MARIA VERGINE DI LOURDES
XVIII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


Basilica Vaticana
Giovedì, 11 febbraio 2010

(Video)
Immagini della celebrazione


 

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’episcopato,
cari fratelli e sorelle!

I Vangeli, nelle sintetiche descrizioni della breve ma intensa vita pubblica di Gesù, attestano che egli annuncia la Parola e opera guarigioni di malati, segno per eccellenza della vicinanza del Regno di Dio. Ad esempio, Matteo scrive: “Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo” (Mt 4,23; cfr 9,35). La Chiesa, cui è affidato il compito di prolungare nello spazio e nel tempo la missione di Cristo, non può disattendere queste due opere essenziali: evangelizzazione e cura dei malati nel corpo e nello spirito. Dio, infatti, vuole guarire tutto l’uomo e nel Vangelo la guarigione del corpo è segno del risanamento più profondo che è la remissione dei peccati (cfr Mc 2,1-12). Non meraviglia, dunque, che Maria, madre e modello della Chiesa, sia invocata e venerata come “Salus infirmorum”, “Salute dei malati”. Quale prima e perfetta discepola del suo Figlio, Ella ha sempre mostrato, nell’accompagnare il cammino della Chiesa, una speciale sollecitudine per i sofferenti. Ne danno testimonianza le migliaia di persone che si recano nei santuari mariani per invocare la Madre di Cristo e trovano in lei forza e sollievo. Il racconto evangelico della Visitazione (cfr Lc 1,39-56) ci mostra come la Vergine, dopo l’annuncio dell’Angelo, non tenne per sé il dono ricevuto, ma partì subito per andare ad aiutare l’anziana cugina Elisabetta, che da sei mesi portava in grembo Giovanni. Nel sostegno offerto da Maria a questa parente che vive, in età avanzata, una situazione delicata come la gravidanza, vediamo prefigurata tutta l’azione della Chiesa a sostegno della vita bisognosa di cura.

Il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, istituito 25 anni or sono dal Venerabile Papa Giovanni Paolo II, è senza dubbio un’espressione privilegiata di tale sollecitudine. Il pensiero va con riconoscenza al Cardinale Fiorenzo Angelini, primo Presidente del Dicastero e da sempre appassionato animatore di questo ambito di attività ecclesiale; come pure al Cardinale Javier Lozano Barragán, che fino a pochi mesi fa ha dato continuità ed incremento a tale servizio. Con viva cordialità rivolgo, poi, all’attuale Presidente, Mons. Zygmunt Zimowski, che ha assunto tale significativa ed importante eredità, il mio saluto, che estendo a tutti gli officiali ed al personale che in questo quarto di secolo hanno lodevolmente collaborato in tale ufficio della Santa Sede. Desidero, inoltre, salutare le associazioni e gli organismi che curano l’organizzazione della Giornata del Malato, in particolare l’UNITALSI e l’Opera Romana Pellegrinaggi. Il benvenuto più affettuoso va naturalmente a voi, cari malati! Grazie di essere venuti e soprattutto della vostra preghiera, arricchita dall’offerta delle vostre fatiche e sofferenze. E il saluto si dirige poi agli ammalati e ai volontari collegati con noi da Lourdes, Fatima, Częstochowa e dagli altri Santuari mariani, a quanti seguono mediante la radio e la televisione, specialmente dalle case di cura o dalle proprie abitazioni. Il Signore Iddio, che veglia costantemente sui suoi figli, dia a tutti conforto e consolazione.

Due sono i temi principali che presenta oggi la liturgia della Parola: il primo è di carattere mariano e collega il Vangelo e la prima lettura, tratta dal capitolo finale del Libro di Isaia, come pure il Salmo responsoriale, ricavato dal cantico di lode a Giuditta. L’altro tema, che troviamo nel brano della Lettera di Giacomo, è quello della preghiera della Chiesa per i malati e, in particolare, del sacramento a loro riservato. Nella memoria delle apparizioni a Lourdes, luogo prescelto da Maria per manifestare la sua materna sollecitudine per gli infermi, la liturgia riecheggia opportunamente il Magnificat, il cantico della Vergine che esalta le meraviglie di Dio nella storia della salvezza: gli umili e gli indigenti, come tutti coloro che temono Dio, sperimentano la sua misericordia, che ribalta le sorti terrene e dimostra così la santità del Creatore e Redentore. Il Magnificat non è il cantico di coloro ai quali arride la fortuna, che hanno sempre “il vento in poppa”; è piuttosto il ringraziamento di chi conosce i drammi della vita, ma confida nell’opera redentrice di Dio. È un canto che esprime la fede provata di generazioni di uomini e donne che hanno posto in Dio la loro speranza e si sono impegnati in prima persona, come Maria, per essere di aiuto ai fratelli nel bisogno. Nel Magnificat sentiamo la voce di tanti Santi e Sante della carità, penso in particolare a quelli che hanno speso la loro vita tra i malati e i sofferenti, come Camillo de Lellis e Giovanni di Dio, Damiano de Veuster e Benedetto Menni. Chi rimane a lungo vicino alle persone sofferenti, conosce l’angoscia e le lacrime, ma anche il miracolo della gioia, frutto dell’amore.

La maternità della Chiesa è riflesso dell’amore premuroso di Dio, di cui parla il profeta Isaia: “Come una madre consola un figlio, / così io vi consolerò; / a Gerusalemme sarete consolati” (Is 66,13). Una maternità che parla senza parole, che suscita nei cuori la consolazione, una gioia intima, una gioia che paradossalmente convive con il dolore, con la sofferenza. La Chiesa, come Maria, custodisce dentro di sé i drammi dell’uomo e la consolazione di Dio, li tiene insieme, lungo il pellegrinaggio della storia. Attraverso i secoli, la Chiesa mostra i segni dell’amore di Dio, che continua ad operare cose grandi nelle persone umili e semplici. La sofferenza accettata e offerta, la condivisione sincera e gratuita, non sono forse miracoli dell’amore? Il coraggio di affrontare il male disarmati – come Giuditta –, con la sola forza della fede e della speranza nel Signore, non è un miracolo che la grazia di Dio suscita continuamente in tante persone che spendono tempo ed energie per aiutare chi soffre? Per tutto questo noi viviamo una gioia che non dimentica la sofferenza, anzi, la comprende. In questo modo i malati e tutti i sofferenti sono nella Chiesa non solo destinatari di attenzione e di cura, ma prima ancora e soprattutto protagonisti del pellegrinaggio della fede e della speranza, testimoni dei prodigi dell’amore, della gioia pasquale che fiorisce dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo.

Nel brano della Lettera di Giacomo, appena proclamato, l’Apostolo invita ad attendere con costanza la venuta ormai prossima del Signore e, in tale contesto, rivolge una particolare esortazione riguardante i malati. Questa collocazione è molto interessante, perché rispecchia l’azione di Gesù, che guarendo i malati mostrava la vicinanza del Regno di Dio. La malattia è vista nella prospettiva degli ultimi tempi, con il realismo della speranza tipicamente cristiano. “Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode” (Gc 5,13). Sembra di sentire parole simili di san Paolo, quando invita a vivere ogni cosa in relazione alla radicale novità di Cristo, alla sua morte e risurrezione (cfr 1 Cor 7,29-31). “Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato” (Gc 5,14-15). Qui è evidente il prolungamento di Cristo nella sua Chiesa: è ancora Lui che agisce, mediante i presbiteri; è il suo stesso Spirito che opera mediante il segno sacramentale dell’olio; è a Lui che si rivolge la fede, espressa nella preghiera; e, come accadeva alle persone guarite da Gesù, ad ogni malato si può dire: la tua fede, sorretta dalla fede dei fratelli e delle sorelle, ti ha salvato.

Da questo testo, che contiene il fondamento e la prassi del sacramento dell’Unzione dei malati, si ricava al tempo stesso una visione del ruolo dei malati nella Chiesa. Un ruolo attivo nel “provocare”, per così dire, la preghiera fatta con fede. “Chi è malato, chiami i presbiteri”. In questo Anno Sacerdotale, mi piace sottolineare il legame tra i malati e i sacerdoti, una specie di alleanza, di “complicità” evangelica. Entrambi hanno un compito: il malato deve “chiamare” i presbiteri, e questi devono rispondere, per attirare sull’esperienza della malattia la presenza e l’azione del Risorto e del suo Spirito. E qui possiamo vedere tutta l’importanza della pastorale dei malati, il cui valore è davvero incalcolabile, per il bene immenso che fa in primo luogo al malato e al sacerdote stesso, ma anche ai familiari, ai conoscenti, alla comunità e, attraverso vie ignote e misteriose, a tutta la Chiesa e al mondo. In effetti, quando la Parola di Dio parla di guarigione, di salvezza, di salute del malato, intende questi concetti in senso integrale, non separando mai anima e corpo: un malato guarito dalla preghiera di Cristo, mediante la Chiesa, è una gioia sulla terra e nel cielo, è una primizia di vita eterna.

Cari amici, come ho scritto nell’Enciclica Spe salvi, “la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società” (n. 30). Istituendo un Dicastero dedicato alla pastorale sanitaria, la Santa Sede ha voluto offrire il proprio contributo anche per promuovere un mondo più capace di accogliere e curare i malati come persone. Ha voluto, infatti, aiutarli a vivere l’esperienza dell’infermità in modo umano, non rinnegandola, ma offrendo ad essa un senso. Vorrei concludere queste riflessioni con un pensiero del Venerabile Papa Giovanni Paolo II, che egli ha testimoniato con la propria vita. Nella Lettera apostolica Salvifici doloris egli ha scritto: “Cristo allo stesso tempo ha insegnato all’uomo a far del bene con la sofferenza e a far del bene a chi soffre. In questo duplice aspetto egli ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza” (n. 30). Ci aiuti la Vergine Maria a vivere pienamente questa missione.




Caterina63
00martedì 7 febbraio 2017 13:32

BENEDETTO XVI


ANGELUS


Piazza San Pietro
Domenica, 6 febbraio 2011


 

 

Cari fratelli e sorelle!

Nel Vangelo di questa domenica il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,13.14). Mediante queste immagini ricche di significato, Egli vuole trasmettere ad essi il senso della loro missione e della loro testimonianza. Il sale, nella cultura mediorientale, evoca diversi valori quali l’alleanza, la solidarietà, la vita e la sapienza. La luce è la prima opera di Dio Creatore ed è fonte della vita; la stessa Parola di Dio è paragonata alla luce, come proclama il salmista: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105). E sempre nella Liturgia odierna il profeta Isaia dice: “Se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio” (58,10). La sapienza riassume in sé gli effetti benefici del sale e della luce: infatti, i discepoli del Signore sono chiamati a donare nuovo “sapore” al mondo, e a preservarlo dalla corruzione, con la sapienza di Dio, che risplende pienamente sul volto del Figlio, perché Egli è la “luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Uniti a Lui, i cristiani possono diffondere in mezzo alle tenebre dell’indifferenza e dell’egoismo la luce dell’amore di Dio, vera sapienza che dona significato all’esistenza e all’agire degli uomini.

Il prossimo 11 febbraio, memoria della Beata Vergine di Lourdes, celebreremo la Giornata Mondiale del Malato. Essa è occasione propizia per riflettere, per pregare e per accrescere la sensibilità delle comunità ecclesiali e della società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Nel Messaggio per questa Giornata, ispirato ad una espressione della Prima Lettera di Pietro: “Dalle sue piaghe siete stati guariti” (2,24), invito tutti a contemplare Gesù, il Figlio di Dio, il quale ha sofferto, è morto, ma è risorto. Dio si oppone radicalmente alla prepotenza del male. Il Signore si prende cura dell’uomo in ogni situazione, condivide la sofferenza e apre il cuore alla speranza. Esorto, pertanto tutti gli operatori sanitari a riconoscere nell’ammalato non solo un corpo segnato dalla fragilità, ma prima di tutto una persona, alla quale donare tutta la solidarietà e offrire risposte adeguate e competenti. In questo contesto ricordo, inoltre, che oggi ricorre in Italia la “Giornata per la vita”. Auspico che tutti si impegnino per far crescere la cultura della vita, per mettere al centro, in ogni circostanza, il valore dell’essere umano. Secondo la fede e la ragione la dignità della persona è irriducibile alle sue facoltà o alle capacità che può manifestare, e pertanto non viene meno quando la persona stessa è debole, invalida e bisognosa di aiuto.

Cari fratelli e sorelle, invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria, affinché i genitori, i nonni, gli insegnanti, i sacerdoti e quanti sono impegnati nell’educazione possano formare le giovani generazioni alla sapienza del cuore, perché raggiungano la pienezza della vita.


Dopo l'Angelus:

Cari Fratelli e Sorelle, 
in questi giorni, seguo con attenzione la delicata situazione della cara Nazione egiziana. Chiedo a Dio che quella Terra, benedetta dalla presenza della Santa Famiglia, ritrovi la tranquillità e la pacifica convivenza, nell’impegno condiviso per il bene comune.

Rivolgo un cordiale saluto alle delegazioni delle Facoltà di Medicina e Chirurgia delle Università di Roma, accompagnate dal Cardinale Vicario, in occasione del convegno promosso dai Dipartimenti di Ginecologia e Ostetricia sul tema dell’assistenza sanitaria nella gravidanza. Quando la ricerca scientifica e tecnologica è guidata da autentici valori etici è possibile trovare soluzioni adeguate per l’accoglienza della vita nascente e per la promozione della maternità. Auspico che le nuove generazioni di sanitari siano portatrici di una rinnovata cultura della vita.

 

Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e quanti in questa notte, nella chiesa parrocchiale di san Gregorio VII, hanno vegliato davanti al Santissimo Sacramento pregando per i cristiani perseguitati. Saluto i fedeli venuti da Brescia e da Vigodarzere, e quelli della parrocchia romana di Santa Maria Goretti. A tutti auguro una buona domenica, una buona settimana. Auguri a tutti voi. Buona domenica.

 




Caterina63
00martedì 7 febbraio 2017 13:36

BENEDETTO XVI


ANGELUS


Piazza San Pietro
Domenica, 12 febbraio 2012


 

 

Cari fratelli e sorelle!

Domenica scorsa abbiamo visto che Gesù, nella sua vita pubblica, ha guarito molti malati, rivelando che Dio vuole per l’uomo la vita, la vita in pienezza. Il Vangelo di questa domenica (Mc 1,40-45) ci mostra Gesù a contatto con la forma di malattia considerata a quei tempi la più grave, tanto da rendere la persona “impura” e da escluderla dai rapporti sociali: parliamo della lebbra. Una speciale legislazione (cfr Lv 13-14) riservava ai sacerdoti il compito di dichiarare la persona lebbrosa, cioè impura; e ugualmente spettava al sacerdote constatarne la guarigione e riammettere il malato risanato alla vita normale.

Mentre Gesù andava predicando per i villaggi della Galilea, un lebbroso gli si fece incontro e gli disse: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Gesù non sfugge al contatto con quell’uomo, anzi, spinto da intima partecipazione alla sua condizione, stende la mano e lo tocca – superando il divieto legale – e gli dice: “Lo voglio, sii purificato!”. In quel gesto e in quelle parole di Cristo c’è tutta la storia della salvezza, c’è incarnata la volontà di Dio di guarirci, di purificarci dal male che ci sfigura e che rovina le nostre relazioni. In quel contatto tra la mano di Gesù e il lebbroso viene abbattuta ogni barriera tra Dio e l’impurità umana, tra il Sacro e il suo opposto, non certo per negare il male e la sua forza negativa, ma per dimostrare che l’amore di Dio è più forte di ogni male, anche di quello più contagioso e orribile. Gesù ha preso su di sé le nostre infermità, si è fatto “lebbroso” perché noi fossimo purificati.

Uno splendido commento esistenziale a questo Vangelo è la celebre esperienza di san Francesco d’Assisi, che egli riassume all’inizio del suo Testamento: “Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo” (FF, 110). In quei lebbrosi, che Francesco incontrò quando era ancora “nei peccati - come egli dice -, era presente Gesù; e quando Francesco si avvicinò a uno di loro e, vincendo il proprio ribrezzo, lo abbracciò, Gesù lo guarì dalla sua lebbra, cioè dal suo orgoglio, e lo convertì all’amore di Dio. Ecco la vittoria di Cristo, che è la nostra guarigione profonda e la nostra risurrezione a vita nuova!

Cari amici, rivolgiamoci in preghiera alla Vergine Maria, che ieri abbiamo celebrato facendo memoria delle sue apparizioni a Lourdes. A santa Bernardetta la Madonna consegnò un messaggio sempre attuale: l’invito alla preghiera e alla penitenza. Attraverso sua Madre è sempre Gesù che ci viene incontro, per liberarci da ogni malattia del corpo e dell’anima. Lasciamoci toccare e purificare da Lui, e usiamo misericordia verso i nostri fratelli!


APPELLO

Cari fratelli e sorelle!

Seguo con molta apprensione i drammatici e crescenti episodi di violenza in Siria. Negli ultimi giorni essi hanno provocato numerose vittime. Ricordo nella preghiera le vittime, fra cui ci sono alcuni bambini, i feriti e quanti soffrono le conseguenze di un conflitto sempre più preoccupante. Inoltre rinnovo un pressante appello a porre fine alla violenza e allo spargimento di sangue. Infine, invito tutti - e anzitutto le Autorità politiche in Siria - a privilegiare la via del dialogo, della riconciliazione e dell’impegno per la pace. E’ urgente rispondere alle legittime aspirazioni delle diverse componenti della Nazione, come pure agli auspici della comunità internazionale, preoccupata del bene comune dell’intera società e della Regione.

***

Dopo l'Angelus

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. “Se vuoi, puoi purificarmi!”… “Lo voglio, sii purificato!” (Mk 1,40-41) – ecco il dialogo di Cristo con un lebbroso dal Vangelo odierno. È un quadro della delicatezza con la quale Dio si china sull’uomo, così spesso impotente di fronte alla sofferenza, al dolore, all’aggressione del male. Solo Lui ci può liberare dalla lebbra del peccato e dallo smarrimento nella vita. Abbiamo sempre fiducia nella sua potenza e nella sua misericordia! Lui è il Salvatore del mondo. Vi benedico tutti di cuore.]

E infine rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare alla comunità del Seminario Vescovile di Patti, in Sicilia. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana! Buona settimana! La prossima domenica senza neve! Tanti auguri, buona domenica.

 





Caterina63
00martedì 7 febbraio 2017 13:43



DECLARATIO

(Video)

Risultati immagini per 11 febbraio 2013 fulmine san Pietro 
(NON E' UN FOTOMONTAGGIO: il fulmine che cadde
sulla Cupola di San Pietro il giorno della Declaratio, 11.2.2013)

Carissimi Fratelli,

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.

Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.

Dal Vaticano, 10 febbraio 2013

BENEDICTUS PP XVI



   

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