Bella meditazione di un sacerdote Don Matteo Crimella sulla moltiolicazione dei pani presa dal Vangelo di Marco 6,30-44, molto utile per capire le tante sfumature... Lectio di Mc 6,30-44
In ascolto della Parola
30 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù
e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.
31 Ed egli disse loro:
«Venite in disparte, in un luogo solitario,
e riposatevi un po’».
Era infatti molta la folla che andava e veniva
e non avevano più neanche il tempo di mangiare.
32 Allora partirono sulla barca
verso un luogo solitario, in disparte.
33 Molti però li videro partire e capirono,
e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi
e li precedettero.
34 Sbarcando, vide molta folla
e si commosse per loro,
perché erano come pecore senza pastore,
e si mise a insegnare loro molte cose.
35 Essendosi ormai fatto tardi,
gli si avvicinarono i discepoli dicendo:
«Questo luogo è solitario ed è ormai tardi;
36 congedali perciò, in modo che,
andando per le campagne e i villaggi vicini,
possano comprarsi da mangiare».
37 Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare».
Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?».
38 Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere».
E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
39 Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde.
40 E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.
41 Presi i cinque pani e i due pesci,
levò gli occhi al cielo,
pronunziò la benedizione,
spezzò i pani
e li dava ai discepoli
perché li distribuissero;
e divise i due pesci fra tutti.
42 Tutti mangiarono e si sfamarono,
43 e portarono via dodici ceste
piene di pezzi di pane e anche dei pesci.
44 Quelli che avevano mangiato i pani
erano cinquemila uomini.
Lectio
Il miracolo della moltiplicazione dei pani è comune ai quattro evangelisti. Cerchiamo di cogliere, nella lectio, i simboli più importanti. Prima di inoltrarci nell’approfondimento notiamo che c’è uno stacco fra i versetti 30-33 e i versetti 34-44. All’inizio Gesù è con i discepoli ; poi giungono le folle.
1. Il primo termine che prendiamo in esame è mangiare. Gesù e i discepoli «non avevano più neanche il tempo di mangiare» (v. 31). E, dopo la moltiplicazione «tutti mangiarono» (v. 42). Che cosa significa mangiare ? Per noi è l’atto del nutrirci (esasperato oggi dalla velocità cui siamo sottoposti quotidianamente). Non così per l’orientale ; mangiare è un gesto sacro, un atto «liturgico», sacro. Mangiare è sempre banchettare (non nel senso trimalcioniano, quanto più nel senso antropologico). Il banchetto esprime legame, comunione, alleanza, patto, amicizia. Nel nostro episodio chi mangia è un popolo, un immenso numero di uomini. Impossibile non intravedere le grandi pagine profetiche che descrivono il banchetto messianico. È scritto nel profeta Isaia :
Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati (Is 25,6)
Il banchetto messianico è segno della presenza del profeta escatologico.
2. Il secondo termine cui porre attenzione è insegnare. «I discepoli hanno fatto e insegnato» (v. 30) e «Gesù insegna molte cose» (v. 34). Che cosa è questo insegnamento ? È curioso notare che Marco parla dell’insegnamento ma non dice il contenuto dell’insegnamento di Gesù (a differenza di Matteo che riporta ben cinque discorsi). Marco, stiamo sostenendo, è il Vangelo del catecumeno. Colui che è all’inizio del cammino di fede non può né deve sapere tutto. Non importa che non conosca il contenuto preciso di tutto l’insegnamento di Gesù. È invece importante che sappia chi è Gesù ; è fondamentale che riconosca l’identità del maestro. Spesso in AT si istituisce un parallelo fra il pane e l’insegnamento (cfr. Pr 9,1-6 ; Sir 24,18-21 ; Sap 16,26).
3. Gesù insegna in un luogo deserto ad una folla. Il deserto è il luogo dove la gente non vive ; qui però c’è una folla. Nel deserto Israele ha ricevuto il dono della manna (cfr. Es 16), il nutrimento venuto da Dio. Marco parla pure dell’erba verde. Non sfugge il riferimento al Salmo 23 :
Il Signore è il mio pastore :
non manco di nulla ;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce (vv. 1-2).
Gesù è il buon pastore che nutre e si prende cura delle sue pecore.
4. La folla è paragonata a «pecore senza pastore» (v. 34). Questo passaggio è fondamentale. L’insegnamento e il miracolo di Gesù non prendono le mosse dalla fame della gente ma da questa situazione di dispersione. È la compassione di Gesù a fronte della folla dispersa, della folla che non ha una direzione, della folla che accorre e desidera qualcosa senza sapere che cosa, è questa compassione che muove al miracolo. La scena del correre è troppo teatrale per non colpire il lettore : «molti li videro partire e capirono e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero» (v. 33). Una folla organizzatissima (dalla dispersione delle città all’unità di un solo luogo) ma che tradisce la dispersione, la mancanza di una guida, l’assenza di un’anima.
5. La compassione di Gesù segna uno dei passaggi più delicati del Vangelo. Gesù vede ; il suo vedere (come già di annotava commentando l’episodio della chiamata dei primi discepoli) è un conoscere. E (letteralmente) le sue viscere si mossero. La compassione di Gesù è misericordia, è commozione interiore, è con-passione. Non si può non ricordare un passo di Isaia in cui tutto ciò è detto con particolare pregnanza :
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai (Is 49,15).
La misericordia è un atteggiamento divino ; in Marco ha sempre come soggetto Gesù.
6. Il dialogo coi discepoli è sotto la cifra dell’ironia. I discepoli sembrano essere persone con grande senso pratico («congedali perché possano comprarsi da mangiare» v. 36). Ma Gesù ironicamente li incarica del compito («voi stessi date loro da mangiare» v. 37). I discepoli manifestano ancora il loro senso pratico (calcolano 200 denari di pane, pari a 200 stipendi giornalieri) ma non hanno nulla (solo cinque pani e due pesci). Gesù compie il miracolo ma raggiunge la folla solo attraverso i discepoli. Gesù non entra in contatto con la folla. I discepoli sono ministri : a loro il compito di fare sedere la gente, di distribuire pani e pesci, di raccogliere in ceste gli avanzi. Il miracolo è eccezionale ma non è clamoroso. Pare quasi che la gente non si renda conto di quello che è capitato (a differenza di Gv 6,15 dove la folla cerca Gesù per farlo re). A conferma di ciò v’è il passo di Mc 6,52 : «[i discepoli] non avevano capito il fatto dei pani». Perché la gente non capisce ? Perché i discepoli non capiscono ? Il lettore catecumeno è interpellato dallo strano comportamento.
7. Sembra assodato il riferimento all’Eucaristia. Non tutti sono d’accordo. E tuttavia dobbiamo notare che vi sono gli stessi verbi : prendere, benedire, spezzare, dare. Difficile non cogliere un ricco riferimento all’Eucaristia, soprattutto pensando agli ascoltatori del Vangelo, così come il prodigio eccezionale ma non clamoroso come è l'Eucarestia, così come dicevamo sopra: Gesù compie il miracolo ma raggiunge la folla solo attraverso i discepoli. Gesù non entra in contatto con la folla. I discepoli sono ministri : a loro il compito di fare sedere la gente, di distribuire pani e pesci, di raccogliere in ceste gli avanzi.
8. Sono curiosi i numeri : 5, 2, 50, 100, 12, 5000. La gente è suddivisa in gruppi di 50 e di 100. Gli uomini sono 5000 (cioè 50 x 100). Ci sono 5 pani per 5000 persone. In 2 Re 4,43 Eliseo dava venti pani d’orzo e il farro a cento persone. Gesù compie un miracolo più grande. Infine 12, il numero delle tribù d’Israele. Il popolo è disperso e ritrova la sua unità intorno a Gesù. Le dodici ceste avanzate sono segno dell’abbondanza che il banchetto messianico porta con sé.
Meditatio
1. Cerchiamo di porci nei panni del catecumeno che legge il Vangelo di Marco. Quest’uomo ha incontrato qualche persona che gli ha annunciato qualcosa di speciale ; da qui il fascino per il Vangelo, per il Signore. Il catecumeno percepisce che l’incontro con Gesù è avvenuto attraverso alcuni uomini, attraverso la Chiesa, una comunità cristiana, la testimonianza della fede. La fede che è nata si appoggia su d’una testimonianza. E l’uomo che riceve l’annuncio vive un passaggio fondamentale. Mentre prima era parte di una folla anonima, sbandata, senza direzione, senza pastore, ora vede i segni di un’appartenenza, si sente parte di un popolo. Il catecumeno inizia ad intuire che cosa è la Chiesa e si accorge che nella Chiesa incontra Gesù, ascolta il suo insegnamento, entra in comunione col Signore. Dalla folla che proviene da tutte le città al popolo che vede segni, ascolta la Parola, è in comunione. E’ il passaggio dall’essere folla anonima all’essere Chiesa, comunità che crede.
L’immagine delle pecore senza pastore, l’icona della dispersione in cui ciascuno va per la propria strada è molto attuale. Il frammento è la cifra del secolo XX. Tutti corrono e sono organizzatissimi, come la folla del Vangelo. Ma a chi appartiene ciascuno di noi ? quale è il senso del nostro correre da mattino a sera ? La dispersione sembra essere la verità delle nostre giornate. Ci sono mille cose ma dove è l’unità ? dove il centro propulsore, dove il senso ?
Gesù trasforma l’umanità dispersa in un popolo che ascolta la Parola e vive la comunione del banchetto. La Chiesa oggi è un popolo radunato dai quattro angoli della terra, nell’unità della stessa fede, un assaggio di questo lo vediamo quando il Vicario di Cristo, il Pontefice, si muove VERSO LE FOLLE, le raduna non nel nome suo, ma NEL NOME DI CRISTO, si fa festa insieme e si partecipa all'Eucarestia: tutti raccolti, uniti in comunione per fare Comunione e testimoniare al mondo che abbiamo il Pastore, stiamo con il Supremo Pastore.
2. Ciò che rende la folla dispersa in un popolo è l’azione di Gesù. E’ la compassione colma di misericordia, l’insegnamento di colui che dona la sua sapienza, il cibo che instaura comunione, questi sono i doni che trasformano la folla in popolo. E’ meravigliosa l’ironia di Gesù. A fronte dei discepoli preoccupati della gente egli rilancia la palla : «Voi stessi date loro da mangiare !» Pare quasi che i dodici sentano il peso di tutta quella gente e ancor più pesante sentano il dovere che è loro richiesto. I dodici hanno fatto già molto. La gente disperata è stata consolata, l’insegnamento è stata risposta alle domande che ciascuno aveva nel cuore. Più di così non è possibile. E invece Gesù li obbliga a compiere l’opera. Sembra quasi che Gesù dica ai dodici : «Siate padri di questa gente !» Ma come è possibile con cinque pani e due pesci ?
In questa richiesta così esagerata, così misteriosa noi cogliamo la contrapposizione radicale fra la logica umana e la logica di Dio. La logica umana è tutta nel calcolo dei discepoli (200 denari di pane non basteranno) ; la logica di Dio è tutta nella povertà di cinque pani e due pesci.
I discepoli non capiscono eppure obbediscono all’ordine di Gesù. Ma è proprio nell’insanabile contrapposizione delle due logiche (quella di Dio e quella dell’uomo) che Gesù fa capire ai discepoli che è lui il pastore d’Israele, è lui il maestro che insegna una sapienza nuova, è lui il profeta che realizza il banchetto messianico.
Le conseguenze di questa contrapposizione sono molte. La Chiesa, il popolo di Dio è radunato, edificato, costruito dal Signore. Noi possiamo preparare tutto, possiamo scrivere progetti e studiare metodi pastorali, etc ma è poi il Signore che sfama, che consola, che nutre. Alle domande di senso che gli uomini hanno nel cuore risponde Gesù. I cristiani debbono cercare le strade per risolvere i problemi, tutto debbono tentare per dare vero aiuto al prossimo, ma nella convinzione che solo il Signore dona la salvezza. La vita cristiana è profondamente attaccata alla storia degli uomini, ha il gusto dell’esistenza, ricerca la compagnia degli uomini, nella interiore certezza che la speranza per vivere la dona il Signore, nella convinzione che il fondamento dell’esistenza è Dio, nella speranza della vita eterna come dono di Dio. D. Bonhoeffer scriveva : «Dio non esaudisce i nostri desideri ma realizza le sue promesse».
Da qui nascono molte cose. L’impegno secolare, quotidiano, storico e civile respira del dono della salvezza che Dio opera. I genitori debbono dare la vita per i figli ma non basta il loro amore per «salvare» i figli. La qualità della nostra vita dipende sì dal nostro impegno ma non trova il suo fondamento nei nostri sforzi.
Tornando al primo lettore del Vangelo, il catecumeno della Chiesa primitiva, possiamo leggere la sua domanda : chi sfama la mia fame di senso ? chi dà unità alla mia vita dispersa ? Queste domande trovano risposta nell’annuncio del Vangelo, nell’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
3. Infine ci poniamo le domande tipiche del Vangelo di Marco, quelle domande che - abbiamo osservato - reggono tutta la narrazione. Chi è Gesù ? Chi è il discepolo ?
Chi è Gesù ? In 1,14-20 abbiamo riconosciuto l’inviato di Dio che annuncia il Vangelo e chiama i discepoli. In questa pagina vi sono tratti più marcati. Gesù si rivela pastore che prova compassione e guida il suo popolo ; è il maestro che dona la Parola della verità (la sapienza) ; è il profeta promesso che raduna l’Israele in unità.
Chi è il discepolo ? In 1,16-20 il discepolo lasciava barca e padre e andava dietro Gesù. In questo episodio i discepoli sono intermediari, ministri. Gesù non entra in contatto con la folla. Solo attraverso i discepoli il pane che Gesù offre è spezzato per la folla.
Alla domanda del catecumeno : chi è il discepolo ? Marco risponde. Il discepolo «sta in mezzo» fra la folla e Gesù. E solo attraverso il discepolo la folla ha il pane, solo attraverso il discepolo la folla ascolta l’insegnamento di Gesù. Il catecumeno che vive nella società pagana del suo tempo, comprende che diventare discepolo, esser cristiano, equivale a porsi in mezzo fra Gesù e la folla. Egli sperimenta la povertà (non possiede nulla come i dodici), pensa ancora con una logica molto umana (ci vorrebbero 200 denari...) e tuttavia sperimenta la potenza di Dio. Gesù, di questi discepoli che comprendono poco, si fida. Per noi la provocazione è chiarissima : pur nella nostra povertà, pur nella nostra logica irriducibilmente umana e pagana, noi «siamo in mezzo» fra Gesù e la folla. Attraverso le mie mani passa un po’ di quel pane che Gesù offre. È la testimonianza cristiana : della mia povertà il Signore si serve per compiere grandi cose. È il cantico di Maria, l’umile serva del Signore, la madre di Dio.