Mc.6,30-44 Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci e Mc.5,21 Gesù medico

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Caterina63
00domenica 14 dicembre 2008 21:02
Bella meditazione di un sacerdote Don Matteo Crimella sulla moltiolicazione dei pani  presa dal Vangelo di Marco 6,30-44, molto utile per capire le tante sfumature... 
Lectio di Mc 6,30-44
 
In ascolto della Parola
30 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù
e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.
 31 Ed egli disse loro:
«Venite in disparte, in un luogo solitario,
e riposatevi un po’».
Era infatti molta la folla che andava e veniva
e non avevano più neanche il tempo di mangiare.
32 Allora partirono sulla barca
verso un luogo solitario, in disparte.
33 Molti però li videro partire e capirono,
e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi
e li precedettero.
34 Sbarcando, vide molta folla
e si commosse per loro,
perché erano come pecore senza pastore,
e si mise a insegnare loro molte cose.
35 Essendosi ormai fatto tardi,
gli si avvicinarono i discepoli dicendo:
«Questo luogo è solitario ed è ormai tardi;
36 congedali perciò, in modo che,
andando per le campagne e i villaggi vicini,
possano comprarsi da mangiare».
37 Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare».
Gli dissero: «Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?».
38 Ma egli replicò loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere».
E accertatisi, riferirono: «Cinque pani e due pesci».
39 Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull’erba verde.
40 E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.
41 Presi i cinque pani e i due pesci,
levò gli occhi al cielo,
pronunziò la benedizione,
spezzò i pani
e li dava ai discepoli
perché li distribuissero;
e divise i due pesci fra tutti.
42 Tutti mangiarono e si sfamarono,
43 e portarono via dodici ceste
piene di pezzi di pane e anche dei pesci.
44 Quelli che avevano mangiato i pani
erano cinquemila uomini.
 
 
Lectio

Il miracolo della moltiplicazione dei pani è comune ai quattro evangelisti. Cerchiamo di cogliere, nella lectio, i simboli più importanti. Prima di inoltrarci nell’approfondimento notiamo che c’è uno stacco fra i versetti 30-33 e i versetti 34-44. All’inizio Gesù è con i discepoli ; poi giungono le folle.
 
1. Il primo termine che prendiamo in esame è mangiare. Gesù e i discepoli «non avevano più neanche il tempo di mangiare» (v. 31). E, dopo la moltiplicazione «tutti mangiarono» (v. 42). Che cosa significa mangiare ? Per noi è l’atto del nutrirci (esasperato oggi dalla velocità cui siamo sottoposti quotidianamente). Non così per l’orientale ; mangiare è un gesto sacro, un atto «liturgico», sacro. Mangiare è sempre banchettare (non nel senso trimalcioniano, quanto più nel senso antropologico). Il banchetto esprime legame, comunione, alleanza, patto, amicizia. Nel nostro episodio chi mangia è un popolo, un immenso numero di uomini. Impossibile non intravedere le grandi pagine profetiche che descrivono il banchetto messianico. È scritto nel profeta Isaia :
Preparerà il Signore degli eserciti
per tutti i popoli, su questo monte,
un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati (Is 25,6)
Il banchetto messianico è segno della presenza del profeta escatologico.
 
2. Il secondo termine cui porre attenzione è insegnare. «I discepoli hanno fatto e insegnato» (v. 30) e «Gesù insegna molte cose» (v. 34). Che cosa è questo insegnamento ? È curioso notare che Marco parla dell’insegnamento ma non dice il contenuto dell’insegnamento di Gesù (a differenza di Matteo che riporta ben cinque discorsi). Marco, stiamo sostenendo, è il Vangelo del catecumeno. Colui che è all’inizio del cammino di fede non può né deve sapere tutto. Non importa che non conosca il contenuto preciso di tutto l’insegnamento di Gesù. È invece importante che sappia chi è Gesù ; è fondamentale che riconosca l’identità del maestro. Spesso in AT si istituisce un parallelo fra il pane e l’insegnamento (cfr. Pr 9,1-6 ; Sir 24,18-21 ; Sap 16,26).
 
3. Gesù insegna in un luogo deserto ad una folla. Il deserto è il luogo dove la gente non vive ; qui però c’è una folla. Nel deserto Israele ha ricevuto il dono della manna (cfr. Es 16), il nutrimento venuto da Dio. Marco parla pure dell’erba verde. Non sfugge il riferimento al Salmo 23 :
Il Signore è il mio pastore :
non manco di nulla ;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce (vv. 1-2).
Gesù è il buon pastore che nutre e si prende cura delle sue pecore.
 
4. La folla è paragonata a «pecore senza pastore» (v. 34). Questo passaggio è fondamentale. L’insegnamento e il miracolo di Gesù non prendono le mosse dalla fame della gente ma da questa situazione di dispersione. È la compassione di Gesù a fronte della folla dispersa, della folla che non ha una direzione, della folla che accorre e desidera qualcosa senza sapere che cosa, è questa compassione che muove al miracolo. La scena del correre è troppo teatrale per non colpire il lettore : «molti li videro partire e capirono e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero» (v. 33). Una folla organizzatissima (dalla dispersione delle città all’unità di un solo luogo) ma che tradisce la dispersione, la mancanza di una guida, l’assenza di un’anima.
 
5. La compassione di Gesù segna uno dei passaggi più delicati del Vangelo. Gesù vede ; il suo vedere (come già di annotava commentando l’episodio della chiamata dei primi discepoli) è un conoscere. E (letteralmente) le sue viscere si mossero. La compassione di Gesù è misericordia, è commozione interiore, è con-passione. Non si può non ricordare un passo di Isaia in cui tutto ciò è detto con particolare pregnanza :
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
io invece non ti dimenticherò mai (Is 49,15).
La misericordia è un atteggiamento divino ; in Marco ha sempre come soggetto Gesù.
 
6. Il dialogo coi discepoli è sotto la cifra dell’ironia. I discepoli sembrano essere persone con grande senso pratico («congedali perché possano comprarsi da mangiare» v. 36). Ma Gesù ironicamente li incarica del compito («voi stessi date loro da mangiare» v. 37). I discepoli manifestano ancora il loro senso pratico (calcolano 200 denari di pane, pari a 200 stipendi giornalieri) ma non hanno nulla (solo cinque pani e due pesci). Gesù compie il miracolo ma raggiunge la folla solo attraverso i discepoli. Gesù non entra in contatto con la folla. I discepoli sono ministri : a loro il compito di fare sedere la gente, di distribuire pani e pesci, di raccogliere in ceste gli avanzi. Il miracolo è eccezionale ma non è clamoroso. Pare quasi che la gente non si renda conto di quello che è capitato (a differenza di Gv 6,15 dove la folla cerca Gesù per farlo re). A conferma di ciò v’è il passo di Mc 6,52 : «[i discepoli] non avevano capito il fatto dei pani». Perché la gente non capisce ? Perché i discepoli non capiscono ? Il lettore catecumeno è interpellato dallo strano comportamento.
 
7. Sembra assodato il riferimento all’Eucaristia. Non tutti sono d’accordo. E tuttavia dobbiamo notare che vi sono gli stessi verbi : prendere, benedire, spezzare, dare. Difficile non cogliere un ricco riferimento all’Eucaristia, soprattutto pensando agli ascoltatori del Vangelo, così come il prodigio eccezionale ma non clamoroso come è l'Eucarestia, così come dicevamo sopra: Gesù compie il miracolo ma raggiunge la folla solo attraverso i discepoli. Gesù non entra in contatto con la folla. I discepoli sono ministri : a loro il compito di fare sedere la gente, di distribuire pani e pesci, di raccogliere in ceste gli avanzi
 
8. Sono curiosi i numeri : 5, 2, 50, 100, 12, 5000. La gente è suddivisa in gruppi di 50 e di 100. Gli uomini sono 5000 (cioè 50 x 100). Ci sono 5 pani per 5000 persone. In 2 Re 4,43 Eliseo  dava venti pani d’orzo e il farro a cento persone. Gesù compie un miracolo più grande. Infine 12, il numero delle tribù d’Israele. Il popolo è disperso e ritrova la sua unità intorno a Gesù. Le dodici ceste avanzate sono segno dell’abbondanza che il banchetto messianico porta con sé.
 
Meditatio

1. Cerchiamo di porci nei panni del catecumeno che legge il Vangelo di Marco. Quest’uomo ha incontrato qualche persona che gli ha annunciato qualcosa di speciale ; da qui il fascino per il Vangelo, per il Signore. Il catecumeno percepisce che l’incontro con Gesù è avvenuto attraverso alcuni uomini, attraverso la Chiesa, una comunità cristiana, la testimonianza della fede. La fede che è nata si appoggia su d’una testimonianza. E l’uomo che riceve l’annuncio vive un passaggio fondamentale. Mentre prima era parte di una folla anonima, sbandata, senza direzione, senza pastore, ora vede i segni di un’appartenenza, si sente parte di un popolo. Il catecumeno inizia ad intuire che cosa è la Chiesa e si accorge che nella Chiesa incontra Gesù, ascolta il suo insegnamento, entra in comunione col Signore. Dalla folla che proviene da tutte le città al popolo che vede segni, ascolta la Parola, è in comunione. E’ il passaggio dall’essere folla anonima all’essere Chiesa, comunità che crede.
 
            L’immagine delle pecore senza pastore, l’icona della dispersione in cui ciascuno va per la propria strada è molto attuale. Il frammento è la cifra del secolo XX. Tutti corrono e sono organizzatissimi, come la folla del Vangelo. Ma a chi appartiene ciascuno di noi ? quale è il senso del nostro correre da mattino a sera ? La dispersione sembra essere la verità delle nostre giornate. Ci sono mille cose ma dove è l’unità ? dove il centro propulsore, dove il senso ?

            Gesù trasforma l’umanità dispersa in un popolo che ascolta la Parola e vive la comunione del banchetto. La Chiesa oggi è un popolo radunato dai quattro angoli della terra, nell’unità della stessa fede, un assaggio di questo lo vediamo quando il Vicario di Cristo, il Pontefice, si muove VERSO LE FOLLE, le raduna non nel nome suo, ma NEL NOME DI CRISTO, si fa festa insieme e si partecipa all'Eucarestia: tutti raccolti, uniti in comunione per fare Comunione e testimoniare al mondo che abbiamo il Pastore, stiamo con il Supremo Pastore
 
2. Ciò che rende la folla dispersa in un popolo è l’azione di Gesù. E’ la compassione colma di misericordia, l’insegnamento di colui che dona la sua sapienza, il cibo che instaura comunione, questi sono i doni che trasformano la folla in popolo. E’ meravigliosa l’ironia di Gesù. A fronte dei discepoli preoccupati della gente egli rilancia la palla : «Voi stessi date loro da mangiare !» Pare quasi che i dodici sentano il peso di tutta quella gente e ancor più pesante sentano il dovere che è loro richiesto. I dodici hanno fatto già molto. La gente disperata è stata consolata, l’insegnamento è stata risposta alle domande che ciascuno aveva nel cuore. Più di così non è possibile. E invece Gesù li obbliga a compiere l’opera. Sembra quasi che Gesù dica ai dodici : «Siate padri di questa gente !» Ma come è possibile con cinque pani e due pesci ?

In questa richiesta così esagerata, così misteriosa noi cogliamo la contrapposizione radicale fra la logica umana e la logica di Dio. La logica umana è tutta nel calcolo dei discepoli (200 denari di pane non basteranno) ; la logica di Dio è tutta nella povertà di cinque pani e due pesci.
I discepoli non capiscono eppure obbediscono all’ordine di Gesù. Ma è proprio nell’insanabile contrapposizione delle due logiche (quella di Dio e quella dell’uomo) che Gesù fa capire ai discepoli che è lui il pastore d’Israele, è lui il maestro che insegna una sapienza nuova, è lui il profeta che realizza il banchetto messianico.

Le conseguenze di questa contrapposizione sono molte. La Chiesa, il popolo di Dio è radunato, edificato, costruito dal Signore. Noi possiamo preparare tutto, possiamo scrivere progetti e studiare metodi pastorali, etc ma è poi il Signore che sfama, che consola, che nutre. Alle domande di senso che gli uomini hanno nel cuore risponde Gesù. I cristiani debbono cercare le strade per risolvere i problemi, tutto debbono tentare per dare vero aiuto al prossimo, ma nella convinzione che solo il Signore dona la salvezza. La vita cristiana è profondamente attaccata alla storia degli uomini, ha il gusto dell’esistenza, ricerca la compagnia degli uomini, nella interiore certezza che la speranza per vivere la dona il Signore, nella convinzione che il fondamento dell’esistenza è Dio, nella speranza della vita eterna come dono di Dio. D. Bonhoeffer scriveva : «Dio non esaudisce i nostri desideri ma realizza le sue promesse».

Da qui nascono molte cose. L’impegno secolare, quotidiano, storico e civile respira del dono della salvezza che Dio opera. I genitori debbono dare la vita per i figli ma non basta il loro amore per «salvare» i figli. La qualità della nostra vita dipende sì dal nostro impegno ma non trova il suo fondamento nei nostri sforzi.
Tornando al primo lettore del Vangelo, il catecumeno della Chiesa primitiva, possiamo leggere la sua domanda : chi sfama la mia fame di senso ? chi dà unità alla mia vita dispersa ? Queste domande trovano risposta nell’annuncio del Vangelo, nell’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
 
3. Infine ci poniamo le domande tipiche del Vangelo di Marco, quelle domande che - abbiamo osservato - reggono tutta la narrazione. Chi è Gesù ? Chi è il discepolo ?

            Chi è Gesù ? In 1,14-20 abbiamo riconosciuto l’inviato di Dio che annuncia il Vangelo e chiama i discepoli. In questa pagina vi sono tratti più marcati. Gesù si rivela pastore che prova compassione e guida il suo popolo ; è il maestro che dona la Parola della verità (la sapienza) ; è il profeta promesso che raduna l’Israele in unità.

            Chi è il discepolo ? In 1,16-20 il discepolo lasciava barca e padre e andava dietro Gesù. In questo episodio i discepoli sono intermediari, ministri. Gesù non entra in contatto con la folla. Solo attraverso i discepoli il pane che Gesù offre è spezzato per la folla.

Alla domanda del catecumeno : chi è il discepolo ? Marco risponde. Il discepolo «sta in mezzo» fra la folla e Gesù. E solo attraverso il discepolo la folla ha il pane, solo attraverso il discepolo la folla ascolta l’insegnamento di Gesù. Il catecumeno che vive nella società pagana del suo tempo, comprende che diventare discepolo, esser cristiano, equivale a porsi in mezzo fra Gesù e la folla. Egli sperimenta la povertà (non possiede nulla come i dodici), pensa ancora con una logica molto umana (ci vorrebbero 200 denari...) e tuttavia sperimenta la potenza di Dio. Gesù, di questi discepoli che comprendono poco, si fida. Per noi la provocazione è chiarissima : pur nella nostra povertà, pur nella nostra logica irriducibilmente umana e pagana, noi «siamo in mezzo» fra Gesù e la folla. Attraverso le mie mani passa un po’ di quel pane che Gesù offre. È la testimonianza cristiana : della mia povertà il Signore si serve per compiere grandi cose. È il cantico di Maria, l’umile serva del Signore, la madre di Dio.


Caterina63
00domenica 31 luglio 2011 15:32

Il Papa: Nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo

ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

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Siccità, il Papa: vietato restare indifferenti al dramma del Corno d'Africa (Izzo)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 31.07.2011

Alle ore 12 di oggi, il Papa si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Santo Padre nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica descrive il miracolo della moltiplicazione dei pani, che Gesù compie per una moltitudine di persone che lo hanno seguito per ascoltarlo ed essere guariti da varie malattie (cfr Mt 14,14).
Sul far della sera, i discepoli suggeriscono a Gesù di congedare la folla, perché possa andare a rifocillarsi. Ma il Signore ha in mente qualcos’altro: "Voi stessi date loro da mangiare" (Mt 14,16).
Essi, però, non hanno "altro che cinque pani e due pesci".
Gesù allora compie un gesto che fa pensare al sacramento dell’Eucaristia: "Alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla (Mt 14,19).

Il miracolo consiste nella condivisione fraterna di pochi pani che, affidati alla potenza di Dio, non solo bastano per tutti, ma addirittura avanzano, fino a riempire dodici ceste. Il Signore sollecita i discepoli affinché siano loro a distribuire il pane per la moltitudine; in questo modo li istruisce e li prepara alla futura missione apostolica: dovranno infatti portare a tutti il nutrimento della Parola di vita e dei Sacramenti.

In questo segno prodigioso si intrecciano l’incarnazione di Dio e l’opera della redenzione. Gesù, infatti, "scende" dalla barca per incontrare gli uomini (cfr Mt 14,14). San Massimo il Confessore afferma che il Verbo di Dio "si degnò, per amore nostro, di farsi presente nella carne, derivata da noi e conforme a noi tranne che nel peccato, e di esporci l’insegnamento con parole ed esempi a noi convenienti" (Ambiguum 33: PG 91, 1285 C).

Il Signore ci offre qui un esempio eloquente della sua compassione verso la gente. Viene da pensare ai tanti fratelli e sorelle che in questi giorni, nel Corno d’Africa, patiscono le drammatiche conseguenze della carestia, aggravate dalla guerra e dalla mancanza di solide istituzioni. Cristo è attento al bisogno materiale, ma vuole donare di più, perché l’uomo è sempre "affamato di qualcosa di più, ha bisogno di qualcosa di più" (Gesù di Nazaret, Milano 2007, 311). Nel pane di Cristo è presente l’amore di Dio; nell’incontro con Lui "ci nutriamo, per così dire, dello stesso Dio vivente, mangiamo davvero il «pane dal cielo»" (ibid.).

Cari amici, "nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo" (Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 88). Ce lo testimonia anche Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, di cui oggi la Chiesa fa memoria. Ignazio scelse, infatti, di vivere "ricercando Dio in tutte le cose, amando Lui in tutte le creature" (cfr Costituzioni della Compagnia di Gesù, III, 1, 26). Affidiamo alla Vergine Maria la nostra preghiera, perché apra il nostro cuore alla compassione verso il prossimo e alla condivisione fraterna.

DOPO L’ANGELUS DOPO L’ANGELUS


Drodzy bracia i siostry, Polacy! W dzisiejszej Ewangelii słyszymy o cudownym rozmnożeniu chleba, którym Pan Jezus karmi głodną rzeszę. Nie daje On nam przez to gotowej recepty na wyżywienie ludności świata, ani na rozwiązanie dramatu głodu. Przypomina, że nie wolno być obojętnym wobec tragedii ludzi głodujących i spragnionych. Zachęca, byśmy dali im jeść, byśmy dzielili się chlebem z potrzebującymi. Idąc za Chrystusem, bądźmy wrażliwi na ludzką biedę. Serdecznie was pozdrawiam. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Cari fratelli e sorelle dalla Polonia! Nel Vangelo di oggi abbiamo ascoltato il miracolo della moltiplicazione dei pani, con i quali il Signore Gesù nutre una folla affamata. Non ci dà per questo una ricetta utile a sfamare i popoli del mondo, né a risolvere il dramma della fame. Ci ricorda che è vietato essere indifferenti davanti alla tragedia degli affamati e assetati! Ci incoraggia a dare loro da mangiare, e a dividere il pane con i bisognosi. Seguendo il Cristo dobbiamo essere sensibili alla povertà dei popoli. Vi saluto cordialmente. Sia lodato Gesù Cristo.]

Sono lieto di rivolgere un cordiale benvenuto alle Suore Figlie di Maria Ausiliatrice, provenienti da varie Regioni d’Italia e formulo fervidi auguri per il loro 25° anniversario di vita religiosa. Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti dalla parrocchia di S. Bonifacio in Pomezia e quelli di Oderzo. Ricordo, infine, che oggi si svolge qui a Castel Gandolfo la "Sagra delle Pesche". Auguro ogni migliore successo a questa tradizionale iniziativa che vede la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, della Parrocchia e dell’intera cittadinanza.

A tutti una buona domenica!


Pope Benedict XVI (C) delivers his weekly Angelus blessing from the balcony of his summer residence in Castelgandolfo, south of Rome, July 31, 2011.

Pope Benedict XVI acknowledges faithful during the Angelus prayer at his summer residence of Castel Gandolfo, in the outskirts of Rome, Sunday, July 31, 2011.



Caterina63
00domenica 1 luglio 2012 16:01

Il Papa: A Dio noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete, ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenza che non ci abbandona

Risurrezione della figlia di Iairo, dipinto di Ilya Repin
ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
 



LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 01.07.2012
 
PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

nell’odierna domenica, l’evangelista Marco ci presenta il racconto di due guarigioni miracolose che Gesù compie in favore di due donne: la figlia di uno dei capi della Sinagoga, di nome Giàiro, ed una donna che soffriva di emorragìa (cfr Mc 5,21-43).

Sono due episodi in cui sono presenti due livelli di lettura; quello puramente fisico: Gesù si china sulla sofferenza umana e guarisce il corpo; e quello spirituale: Gesù è venuto a guarire il cuore dell’uomo, a donare la salvezza e chiede la fede in Lui.

Nel primo episodio, infatti, alla notizia che la figlioletta di Giàiro è morta, Gesù dice al capo della Sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!» (v. 36), lo prende con sé dove stava la bambina ed esclama: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!» (v. 41). Ed essa si alzò e si mise a camminare. San Girolamo commenta queste parole, sottolineando la potenza salvifica di Gesù: «Fanciulla, alzati per me: non per merito tuo, ma per la mia grazia. Alzati dunque per me: il fatto di essere guarita non è dipeso dalle tue virtù» (Omelie sul Vangelo di Marco, 3).

Il secondo episodio, quello della donna affetta da emorragie, mette nuovamente in evidenza come Gesù sia venuto a liberare l’essere umano nella sua totalità. Infatti, il miracolo si svolge in due fasi: prima avviene la guarigione fisica, ma questa è strettamente legata alla guarigione più profonda, quella che dona la grazia di Dio a chi si apre a Lui con fede. Gesù dice alla donna: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male!» (Mc 5,34).

Questi due racconti di guarigione sono per noi un invito a superare una visione puramente orizzontale e materialista della vita.

A Dio noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete, ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenza che non ci abbandona.

Gesù che si fa attento alla sofferenza umana ci fa pensare anche a tutti coloro che aiutano gli ammalati a portare la loro croce, in particolare i medici, gli operatori sanitari e quanti assicurano l’assistenza religiosa nelle case di cura. Essi sono «riserve di amore», che recano serenità e speranza ai sofferenti.

Nell’Enciclica Deus caritas est osservavo che, in questo prezioso servizio, occorre innanzitutto la competenza professionale - essa è una prima fondamentale necessità - ma questa da sola non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, che hanno bisogno di umanità e dell'attenzione del cuore. «Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la “formazione del cuore”: occorre condurli a quell'incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro» (n. 31).

Chiediamo alla Vergine Maria di accompagnare il nostro cammino di fede e il nostro impegno di amore concreto specialmente verso chi è nel bisogno, mentre invochiamo la sua materna intercessione per i nostri fratelli che vivono una sofferenza nel corpo o nello spirito.

DOPO L’ANGELUS




Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli della parrocchia di San Giovanni Battista in Latisana e i laici camilliani del Piemonte. A tutti auguro una buona domenica e un sereno mese di luglio e buone vacanze a tutti voi. Buone vacanze e buona domenica!
 

[SM=g1740738]

Caterina63
00domenica 15 luglio 2012 14:46

Il Papa: In Gesù Dio ha detto e dato tutto, ma poiché Egli è un tesoro inesauribile, lo Spirito Santo non finisce mai di rivelare e di attualizzare il suo mistero. Perciò l’opera di Cristo e della Chiesa non regredisce mai, ma sempre progredisce







ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA


 
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 15.07.2012

Al rientro da Frascati, dove questa mattina si è recato in Visita Pastorale, alle ore 12, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS


Vedo che mi avete perdonato il ritardo. Ho celebrato la Santa Messa a Frascati, dove eravamo in preghiera, un pò troppo lunga forse, e così il ritardo...



Cari fratelli e sorelle!

Nel calendario liturgico il 15 luglio è la memoria di San Bovanentura da Bagnoregio, francescano, Dottore della Chiesa, successore di San Francesco d’Assisi alla guida dell’Ordine dei Frati Minori.

Egli scrisse la prima biografia ufficiale del Poverello, e alla fine della vita fu anche Vescovo di questa Diocesi di Albano. In una sua lettera, Bonaventura scrive: «Confesso davanti a Dio che la ragione che mi ha fatto amare di più la vita del beato Francesco è che essa assomiglia agli inizi e alla crescita della Chiesa» (Epistula de tribus quaestionibus, in Opere di San Bonaventura. Introduzione generale, Roma 1990, p. 29). Queste parole ci rimandano direttamente al Vangelo di oggi, di questa domenica, che ci presenta il primo invio in missione dei Dodici Apostoli da parte di Gesù. «Gesù chiamò a sé i Dodici – narra san Marco – e prese a mandarli a due a due … E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche» (Mc 6,7-9).
Francesco d’Assisi, dopo la sua conversione, praticò alla lettera questo Vangelo, diventando un testimone fedelissimo di Gesù; e associato in modo singolare al mistero della Croce, fu trasformato in un «altro Cristo», come proprio san Bonaventura lo presenta.

Tutta la vita di san Bonaventura, come pure la sua teologia hanno quale centro ispiratore Gesù Cristo.
Questa centralità di Cristo la ritroviamo nella seconda Lettura della Messa odierna (Ef 1,3-14), il celebre inno della Lettera di san Paolo agli Efesini, che inizia così: «Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo». L’Apostolo mostra quindi come si è realizzato questo disegno di benedizione, in quattro passaggi che cominciano tutti con la stessa espressione «in Lui», riferita a Gesù Cristo. «In Lui» il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo; «in Lui» abbiamo la redenzione mediante il suo sangue; «in Lui» siamo diventati eredi, predestinati ad essere «lode della sua gloria»; «in Lui» quanti credono nel Vangelo ricevono il sigillo dello Spirito Santo.

Questo inno paolino contiene la visione della storia che san Bonaventura ha contribuito a diffondere nella Chiesa: tutta la storia ha come centro Cristo, il quale garantisce anche novità e rinnovamento ad ogni epoca. In Gesù Dio ha detto e dato tutto, ma poiché Egli è un tesoro inesauribile, lo Spirito Santo non finisce mai di rivelare e di attualizzare il suo mistero. Perciò l’opera di Cristo e della Chiesa non regredisce mai, ma sempre progredisce.

Cari amici, invochiamo Maria Santissima, che domani celebreremo quale Vergine del Monte Carmelo, affinché ci aiuti, come san Francesco e san Bonaventura, a rispondere generosamente alla chiamata del Signore, per annunciare il suo Vangelo di salvezza con le parole e prima di tutto con la vita.

DOPO L’ANGELUS




(..)



 A tutti auguro una buona domenica.

[SM=g1740738]


Caterina63
00domenica 22 luglio 2012 16:56
[SM=g1740733]Continuiamo con il Vangelo di Marco cap.6

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Castel Gandolfo
Domenica, 22 luglio 2012

[Video]

 

Cari fratelli e sorelle!

La Parola di Dio di questa domenica ci ripropone un tema fondamentale e sempre affascinante della Bibbia: ci ricorda che Dio è il Pastore dell’umanità. Questo significa che Dio vuole per noi la vita, vuole guidarci a buoni pascoli, dove possiamo nutrirci e riposare; non vuole che ci perdiamo e che moriamo, ma che giungiamo alla meta del nostro cammino, che è proprio la pienezza della vita. E’ quello che desidera ogni padre e ogni madre per i propri figli: il bene, la felicità, la realizzazione.

Nel Vangelo di oggi Gesù si presenta come Pastore delle pecore perdute della casa d’Israele. Il suo sguardo sulla gente è uno sguardo per così dire ‘pastorale’. Ad esempio, nel Vangelo di questa domenica, si dice che «sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose» (Mc 6,34). Gesù incarna Dio Pastore col suo modo di predicare e con le sue opere, prendendosi cura dei malati e dei peccatori, di coloro che sono «perduti» (cfr Lc 19,10), per riportarli al sicuro, nella misericordia del Padre.

Tra le «pecore perdute» che Gesù ha portato in salvo c’è anche una donna di nome Maria, originaria del villaggio di Magdala, sul Lago di Galilea, e detta per questo Maddalena. Oggi ricorre la sua memoria liturgica nel calendario della Chiesa. Dice l’Evangelista Luca che da lei Gesù fece uscire sette demoni (cfr Lc 8,2), cioè la salvò da un totale asservimento al maligno. In che cosa consiste questa guarigione profonda che Dio opera mediante Gesù? Consiste in una pace vera, completa, frutto della riconciliazione della persona in se stessa e in tutte le sue relazioni: con Dio, con gli altri, con il mondo.

In effetti, il maligno cerca sempre di rovinare l’opera di Dio, seminando divisione nel cuore umano, tra corpo e anima, tra l’uomo e Dio, nei rapporti interpersonali, sociali, internazionali, e anche tra l’uomo e il creato. Il maligno semina guerra; Dio crea pace. Anzi, come afferma san Paolo, Cristo «è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne» (Ef 2,14). Per compiere questa opera di riconciliazione radicale Gesù, il Pastore Buono, ha dovuto diventare Agnello, «l’Agnello di Dio … che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Solo così ha potuto realizzare la stupenda promessa del Salmo: «Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita, / abiterò ancora nella casa del Signore / per lunghi giorni» (22/23,6).

Cari amici, queste parole ci fanno vibrare il cuore, perché esprimono il nostro desiderio più profondo, dicono ciò per cui siamo fatti: la vita, la vita eterna! Sono le parole di chi, come Maria Maddalena, ha sperimentato Dio nella propria vita e conosce la sua pace. Parole più che mai vere sulla bocca della Vergine Maria, che già vive per sempre nei pascoli del Cielo, dove l’ha condotta l’Agnello Pastore. Maria, Madre di Cristo nostra pace, prega per noi!

(...)

Infine come sempre rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai gruppi parrocchiali, alle famiglie e ai giovani. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana.

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Caterina63
00lunedì 30 luglio 2012 18:18

Il Papa: Il miracolo non si produce da niente, ma da una prima modesta condivisione di ciò che un semplice ragazzo aveva con sé. Gesù non ci chiede quello che non abbiamo, ma ci fa vedere che se ciascuno offre quel poco che ha, può compiersi sempre di nuovo il miracolo: Dio è capace di moltiplicare il nostro piccolo gesto di amore e renderci partecipi del suo dono



ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.07.2012


Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

nell’odierna domenica abbiamo iniziato la lettura del capitolo 6° del Vangelo di Giovanni. Il capitolo si apre con la scena della moltiplicazione dei pani, che poi Gesù commenta nella sinagoga di Cafarnao, indicando in Se stesso il «pane» che dona la vita. Le azioni compiute da Gesù sono parallele a quelle dell’Ultima Cena: «Prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti» - così dice il Vangelo (Gv 6,11). L’insistenza sul tema del «pane», che viene condiviso, e sul rendere grazie (v.11, in greco eucharistesas), richiamano l’Eucaristia, il Sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo.
L’Evangelista osserva che la Pasqua, la festa, era ormai vicina (cfr v. 4). Lo sguardo si orienta verso la Croce, il dono di amore, e verso l’Eucaristia, il perpetuarsi di questo dono: Cristo si fa pane di vita per gli uomini. Sant’Agostino commenta così: «Chi, se non Cristo, è il pane del cielo? Ma perché l’uomo potesse mangiare il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo. Se tale non si fosse fatto, non avremmo il suo corpo; non avendo il corpo proprio di lui, non mangeremmo il pane dell’altare» (Sermone 130,2).
L’Eucaristia è il permanente grande incontro dell’uomo con Dio, in cui il Signore si fa nostro cibo, dà Se stesso per trasformarci in Lui stesso.
Nella scena della moltiplicazione, viene segnalata anche la presenza di un ragazzo, che, di fronte alla difficoltà di sfamare tanta gente, mette in comune quel poco che ha: cinque pani e due pesci (cfr Gv 6,8).
Il miracolo non si produce da niente, ma da una prima modesta condivisione di ciò che un semplice ragazzo aveva con sé. Gesù non ci chiede quello che non abbiamo, ma ci fa vedere che se ciascuno offre quel poco che ha, può compiersi sempre di nuovo il miracolo: Dio è capace di moltiplicare il nostro piccolo gesto di amore e renderci partecipi del suo dono.
La folla è colpita dal prodigio: vede in Gesù il nuovo Mosè, degno del potere, e nella nuova manna, il futuro assicurato, ma si ferma all’elemento materiale, che hanno mangiato, e il Signore, «sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo» (Gv 6,15). Gesù non è un re terreno che esercita il dominio, ma un re che serve, che si china sull’uomo per saziare non solo la fame materiale, ma soprattutto la fame più profonda, la fame di orientamento, di senso, di verità, la fame di Dio.
Cari fratelli e sorelle, chiediamo al Signore di farci riscoprire l’importanza di nutrirci non solo di pane, ma di verità, di amore, di Cristo, del corpo di Cristo, partecipando fedelmente e con grande consapevolezza all’Eucaristia, per essere sempre più intimamente uniti a Lui.
Infatti «non è l’alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a sé; ci attira dentro di sé» (Esort. Apost. Sacramentum caritatis, 70).
Allo stesso tempo, vogliamo pregare perché non manchi mai a nessuno il pane necessario per una vita dignitosa, e siano abbattute le disuguaglianze non con le armi della violenza, ma con la condivisione e l’amore.
Ci affidiamo alla Vergine Maria, mentre invochiamo su di noi e sui nostri cari la sua materna intercessione.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

continuo a seguire con apprensione i tragici e crescenti episodi di violenza in Siria con la triste sequenza di morti e feriti, anche tra i civili, e un ingente numero di sfollati interni e di rifugiati nei Paesi limitrofi. Per questi chiedo che sia garantita la necessaria assistenza umanitaria e l’aiuto solidale. Nel rinnovare la mia vicinanza alla popolazione sofferente ed il ricordo nella preghiera, rinnovo un pressante appello, perché si ponga fine ad ogni violenza e spargimento di sangue. Chiedo a Dio la sapienza del cuore, in particolare per quanti hanno maggiori responsabilità, perché non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale, attraverso il dialogo e la riconciliazione, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto. Il mio pensiero si rivolge anche alla cara Nazione irachena, colpita in questi ultimi giorni da numerosi e gravi attentati che hanno provocato molti morti e feriti. Possa questo grande Paese trovare la via della stabilità, della riconciliazione e della pace.

Tra un anno, proprio in questo periodo, si terrà la 28a Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, in Brasile. Si tratta di una preziosa occasione per tanti giovani di sperimentare la gioia e la bellezza di appartenere alla Chiesa e di vivere la fede. Guardo con speranza a questo evento e desidero incoraggiare e ringraziare gli organizzatori, specialmente l’Arcidiocesi di Rio de Janeiro, impegnati a preparare con solerzia l’accoglienza ai giovani che da tutto il mondo prenderanno parte a questo importante incontro ecclesiale.

Seguo con preoccupazione le notizie relative allo stabilimento ILVA di Taranto e desidero manifestare la mia vicinanza agli operai e alle loro famiglie, che vivono con apprensione questi difficili momenti. Mentre assicuro la mia preghiera e il sostegno della Chiesa, esorto tutti al senso di responsabilità e incoraggio le Istituzioni nazionali e locali a compiere ogni sforzo per giungere ad una equa soluzione della questione, che tuteli sia il diritto alla salute, sia il diritto al lavoro, soprattutto in questi tempi di crisi economica.


Witam serdecznie Polaków. Cud rozmnożenia chleba dokonany przez Jezusa, o jakim słyszymy w dzisiejszej Ewangelii, jest zapowiedzią Eucharystii. Chrystus nadal łamie Chleb dla nas i zapewnia: „Kto spożywa moje Ciało i pije Krew moją, trwa we Mnie, a Ja w nim" (J 6, 56). Zawierzając wszystko Bogu, jak powstańcy warszawscy, trwając w jedności z Chrystusem, nie zbłądzicie w codziennych wyborach wartości, nawet gdy świat będzie was kusił mirażami szczęścia i rozrywki. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Dò il mio benvenuto ai Polacchi. Il miracolo della moltiplicazione dei pani, compiuto da Gesù, di cui ci parla il Vangelo di oggi era annuncio dell’Eucaristia. Cristo continua a spezzare il pane per noi e ci assicura: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui" (Gv 6, 56). Affidando tutto a Dio come hanno fatto i combattenti della insurrezione di Varsavia, rimanendo nell’unità con Cristo, non commetterete errori nella scelta quotidiana dei valori, perfino quanto il mondo vi tenta con i miraggi della felicità e del divertimento. Sia lodato Gesù Cristo.]

Sono lieto di salutare con affetto i pellegrini di lingua italiana; in particolare la comunità del Seminario di Otranto, - è venuto con voi il vostro Arcivescovo Mons. Donato Negro che saluto con voi; le Suore Figlie di Cristo Re, provenienti dall’Italia e da varie parti del mondoin occasione del loro Capitolo generale; i partecipanti al pellegrinaggio ciclistico degli ex allievi dell’Istituto Don Nicola Mazza di Verona. Ricordo, infine, che oggi si svolge qui a Castel Gandolfo la «Sagra delle Pesche». Auspico ogni migliore successo per questa tradizionale iniziativa che vede la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, della Parrocchia e dell’intera cittadinanza. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana! Grazie. Buona domenica!

Affacciandosi sulla Piazza antistante il Palazzo Apostolico, il Santo Padre ha rivolto ai pellegrini le seguenti parole:

Cari amici,

vi auguro una buona domenica. Oggi abbiamo sentito in Chiesa il Vangelo della moltiplicazione dei pani, un segno della bontà di Dio con noi, un segno della bontà della creazione, un segno della bontà degli uomini tra di loro. Cerchiamo che questa luce della bontà divina e nostra risplenda anche oggi in noi e tra di noi, e così sia veramente una buona domenica, una buona settimana. Auguri a voi tutti. Grazie!





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