Noi Cattolici "possediamo" la Verità, o la Verità possiede noi?

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Caterina63
00sabato 28 luglio 2012 14:27
[SM=g1740733] Noi Cattolici "possediamo" la Verità, o la Verità possiede noi?


Amici, questa domanda non può lasciarci indifferenti!

Con il mutamento delle mode che hanno influito e stanno influenzando la cultura del nostro tempo, intere generazioni e nuovi modi di esprimersi, anche le parole, oggi, vengono usate spesso al di fuori del loro significato originale e quando si offusca la loro terminologia, si rischia di naufragare nel significato stesso delle parole e con esse nei loro contenuti.

 
"Possedere", dal latino "possìdere" è un termine composto in sostanza da POTERE-DOMINARE e "Sidere"(=sedere-stare) ovvero: "avere in sua podestà" occupare.
Vediamo così dall'etimologia del termine che "noi" in tal senso "non possediamo" nulla.. e che, come possiamo leggere, abbiamo invece "in sua podestà" qualcosa su cui lavorare, cominciare a ragionare, concentrarci.

Il soggetto di cui parliamo, naturalmente, è la Verità, ossia Gesù=DIO, quindi "possediamo", ossia abbiamo in " Sua podestà se stesso, la Verità".

Ma non abbiamo ancora risposto alla domanda!

Questa Verità (sempre maiuscolo perché parliamo di Gesù) innanzi tutto ha un presupposto di cui non possiamo non tenere conto: la Fede

"La Fede cristiana non è qualcosa di puramente spirituale e interiore, e la nostra stessa relazione con Cristo non è soltanto soggettiva e privata. E' invece una relazione del tutto concreta ed ecclesiale " (Benedetto XVI 13.5.2005).


Come possiamo vedere iniziamo ad uscire fuori dal nostro "ego-io", parliamo infatti non di una fede sentimentale chiusa dentro la nostra sfera privata, o dentro delle opinioni personali, ma iniziamo a parlare di relazione che essendo appunto con Gesù, non può restare più dentro una dimensione privata, ma deve per forza relazionarsi nel mondo in cui viviamo e questo perché Gesù non è un fatto personale (all'inizio c'è certamente un incontro personale con Lui, ma dopo deve estendersi, uscire allo scoperto e corrispondere alla Chiesa) e secondo perché (e qui iniziamo a rispondere alla domanda iniziale) è Dio che muovendosi verso di noi, verso l'uomo, ci mette in relazione gli uni con gli altri nella Sua Verità. Questa nostra fede infatti non parte da noi, non viene dal basso, ma viene dall'alto, è Dio che ci viene incontro: Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis;  / E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; (Gv.1,14).

 

"Ego sum vitis, vos palmites. Qui manet in me, et ego in eo, hic fert fructum multum, quia sine me nihil potestis facere. / Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla". (Gv.15,5)

Quindi possiamo dire innanzi tutto senza ombra di dubbio che è Gesù a creare nel tempo questa relazione fra gli uomini, o meglio, fra coloro che Lui ha scelto per questo compito.

Si, è Gesù che sceglie, non siamo noi gli iniziatori, noi siamo responsabili di un rifiuto o di una accettazione: "Non vos me elegistis, sed ego elegi vos et posui vos, ut vos eatis et fructum afferatis, et fructus vester maneat / Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Gv.15,16).

[SM=g1740771] continua....


Caterina63
00sabato 28 luglio 2012 14:30

Nel momento in cui Gesù fa questa scelta e nel momento in cui l'uomo corrisponde generosamente alla chiamata, ecco che possiamo iniziare a parlare di: "in quale modo possediamo la Verità=Gesù"!


Possiamo così escludere che "noi Cattolici possediamo la Verità" in senso appunto di "possesso".
E questo perché, come abbiamo visto: Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti.....

Come possiamo vedere la situazione è capovolta anche a fronte di chi pur dicendosi cattolico, si ostina contro l'insegnamento della Chiesa, per esempio sull'etica e sulla morale, rinchiudendosi automaticamente all'interno di un "possesso" dottrinale che non gli appartiene affatto, con la pretesa di modificarlo a proprio piacimento...

di conseguenza iniziamo a vedere che "noi" siamo, non certamente "posseduti" nel senso occulto, ma siamo "in possesso della Verità", ma attenzione, solo nel momento e nel modo in cui rispondiamo alla chiamata del Cristo:
"Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga"...

Il "frutto" non è nostro, ma è della vite, quindi è di Cristo, e chi viene chiamato a lavorare nella vigna deve lavorare per quella Vite, la vigna è del Signore.
L'essere così in "possesso della Verità " è un relazionarsi in Cristo=Verità, nell'ambito di quell'essere "costituiti-innestati" all'interno, appunto, della Chiesa per rendere un servizio al prossimo, al mondo, al regno di Dio che viene.

Instaurare omnia in Christo”....

con queste parole san Pio X iniziava il suo Pontificato all'inizio del '900.

Quale significato ha per noi oggi questa verità? Lo spiegava bene Giovanni Paolo II quando nel 1993 andò a visitare la Parrocchia romana dedicata a san Pio X, diceva:

"San Pio X ha trovato queste parole: “Instaurare omnia in Christo”. “Instaurare”, innovare, cercare in Lui sempre il recupero, l’instaurazione, la restaurazione di quello che è giusto, che è umano, che è pacifico, che è bello, che è sano e che è santo. “Instaurare omnia” e “omnia” vuol dire la vita personale, la vita delle famiglie".

Dice ancora Benedetto XVI:

" Il linguaggio della fede spesso è molto lontano dalla gente di oggi; può avvicinarsi soltanto se diviene in noi il linguaggio del nostro tempo..." (13.5.2005)
Cosa vuol dire?

Innanzi tutto vuol dire che la Parola di Dio non può essere adeguata alle mode del momento con nuove interpretazioni di comodo, ma deve diventare "il linguaggio del nostro tempo" di ogni tempo, ossia è l'uomo che deve adeguarsi alla Parola.

Il giorno di Pentecoste gli Apostoli parlarono in lingue ma attenzione perché in quel "parlare in lingue" non c'è esclusivamente la lingua straniera come da molti è concepito, ma intende anche una "comprensione degli avvenimenti" appena accaduti....
Dice infatti sant'Agostino (e così comprendiamo anche le parole di Benedetto XVI):
" Nel giorno di Pentecoste lo Spirito Santo scese su centoventi persone, tra cui erano gli Apostoli, che si trovavano riuniti insieme. Quando gli Apostoli, ricolmi di Spirito Santo, cominciarono a parlare la lingua di tutte le genti, molti di coloro che lo avevano odiato, stupefatti per un tale prodigio (infatti si trovavano davanti a Pietro che con la sua parola rendeva a Cristo una testimonianza grandiosa e divina, dimostrando che colui che essi avevano ucciso e credevano morto era invece risuscitato ed era ben vivo), toccati nel profondo del cuore, si convertirono e ottennero il perdono d'aver versato quel sangue divino con tanta empietà e crudeltà e da quel medesimo sangue, che avevano versato, furono redenti (cf. At 2, 2).

Il sangue di Cristo, versato per la remissione di tutti i peccati, possiede, infatti, una tale efficacia che può cancellare anche il peccato di chi lo ha versato. Ed è appunto a questo fatto che alludeva il Signore con le parole: Mi hanno odiato senza ragione. Quando verrà il Paracleto, egli mi renderà testimonianza, come dire: Vedendomi, mi hanno odiato e ucciso; ma il Paracleto mi renderà una tale testimonianza che li farà credere in me senza vedermi". (Omelia 92)


E ancora, dice sant'Agostino:

"...la verità evangelica è stata a noi comunicata dal Verbo di Dio, che rimane eterno e immutabile al di sopra di ogni creatura, mediante l'opera di creature umane e attraverso segni e lingue umane. Questa comunicazione ha raggiunto nel Vangelo il più alto vertice dell'autorevolezza" (Il consenso degli Evangelisti - Libro Secondo).


Va da sé così, che l'uso odierno del linguaggio deve tener conto della comprensione dei termini, e va da se che nel giorno della Pentecoste, gli Apostoli che erano in attesa pregando insieme a Maria, scelti dal Signore, vengono "investiti" di potenza dall'alto così da diventare, da quel momento, "possessori della Verità".

E' così lo Spirito Santo che "occupa e presiede" il cuore degli Apostoli, per renderli Testimoni della Verità che portano con sé, e al tempo stesso diventano trasmettitori della Verità posseduta, custodi e difensori del "deposito della fede" fino all'estremo sacrificio della propria vita, come fece Gesù.

E' per questo che gli Apostoli radunati nel primo Concilio di Gerusalemme possono dire senza poter essere smentiti da nessuno: Visum est enim Spiritui Sancto et nobis ... / Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi ... (At.15,28).


Ecco che questa relazione fra l'uomo e Dio, attivandosi per mezzo dello Spirito Santo ci può far dire senza smentite: "la Verità mi possiede, io gli appartengo, perciò non posso tacerla...", ma attenzione questo può avvenire solo se siamo in relazione con la Verità all'interno della Chiesa dalla quale riceviamo i Sacramenti, specialmente la Confessione con l'Eucaristia.

[SM=g1740771]  continua...

Caterina63
00sabato 28 luglio 2012 14:33

[SM=g1740733] Che cosa c'entra l'Eucaristia?

L'Eucaristia come ben sappiamo è il cuore della Chiesa perché è Lei che ci rende uniti in questa comunione ecclesiale. Ecco perché non possiamo accettare dottrine da chi non riceve l'Eucaristia a prescindere ovviamente dagli abusi, ossia, da chi la prende  sapendo di non essere in sintonia, in comunione con la Chiesa, con il suo Magistero.
E poi che cosa riceviamo nell'Eucaristia?

Riceviamo Gesù vivo e vero di conseguenza è Cristo che ci possiede, viene dentro di noi, si dona a noi, in quel momento abbiamo in noi la Verità.
Per questo la Chiesa è molto severa sulla questione di chi può o non può ricevere l'Eucaristia, per questo san Paolo per ben due volte ripete un monito severo nella 1Cor.11:
"Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti".

E conclude il brano dicendo:

"E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna".
Il monito di Paolo è forte, ed è molto severo per la nostra stessa salvezza: l'Eucaristia non è un cibo come un altro, non è una pagnotta qualsiasi: è la Verità che viene a nutrirci, ad alimentare corpo e mente, di conseguenza guai a prenderla in stato di grave peccato perché sarebbe la nostra superbia a farci nutrire del Corpo di Cristo e rendere così in noi vana l'opera della salvezza, ingannando noi stessi e il prossimo.

Nutriti invece dall'Eucaristia, ricevuta in stato di grazia, siamo in possesso della Verità quanto più siamo in comunione con la Chiesa, diversamente saremo come i falsi profeti descritti nelle Scritture, portatori solo di sciagure e menzogne, sfruttatori degli uomini e delle loro emozioni, imbonitori delle loro aspettative e speranze, ingannatori e vili seminatori di zizzania....


Noi dunque non possediamo la Verità perché non si possa mai dire che "noi" abbiamo inventato la Chiesa o qualcosa a riguardo della natura dell'uomo, o le famose dottrine così tanto indigeste a molti, ma al contrario la Verità "possiede noi" perché:
"non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga",

e perché, come spiega Benedetto XVI:

" Occorre capire che la fede essenzialmente crea assemblea, unisce. È proprio questa essenza della fede che ci libera dall'isolamento dell'io e ci unisce in una grande comunità, una comunità molto completa - in parrocchia, nell'assemblea domenicale - ed universale nella quale io divento un parente di tutti nel mondo. Bisogna capire questa dimensione cattolica della comunità che si riunisce ogni domenica nella parrocchia. Quindi se, da una parte, conoscere la fede è uno scopo, dall'altra parte socializzare nella Chiesa o "ecclesializzare" significa introdursi nella grande comunità della Chiesa, luogo di vita, dove so che anche nei grandi momenti della mia vita - soprattutto nella sofferenza e nella morte - non sono solo".

(Introd, Valle d'Aosta, 25 luglio 2005)


Usciti dall'isolamento dell'IO che conduce inevitabilmente a propagandare se stessi, a difendere le proprie emozioni e opinioni, ad assolutizzare che non esiste la Verità, ma poi far diventare la propria opinione una verità, usciti da questo isolamento, lasciandosi possedere dalla Verità, si diventa allora possessori di un Bene inestimabile che non ci appartiene in senso egoistico, ma che appartiene a tutta la comunità per la quale, semmai, sono dentro per rendere ad essa un servizio: perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga.

Nessuno può dunque dire: io possiedo la Verità, se non nella consapevolezza che è la Verità ad averci scelti perché una volta costituiti nel Corpo che è la Chiesa (mediante il Battesimo), possiamo andare e portare molto frutto e perché questo frutto rimanga per le generazioni che verranno dopo di noi.

Ammonisce infatti così san Paolo: "An nescitis quoniam corpus vestrum templum est Spiritus Sancti, qui in vobis est, quem habetis a Deo, et non estis vestri? Empti enim estis pretio! Glorificate ergo Deum in corpore vestro. /

O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!" (1Cor.16,19-20).

 

E' vero che Gesù dalla Croce implora il perdono per noi perché "non sanno quello che fanno", ma nel momento in cui sappiamo che siamo della Verità e che questa ci "possiede" trasformandoci in "tempio dello Spirito Santo", e che siamo chiamati a glorificare Dio partendo dal nostro corpo nel quale abita, come ignorare questa realtà senza diventare complici di un rifiuto a Dio, di un rifiuto a questa relazione, complici persino di un "possesso-bene" indebito, abusivo, quando pretendiamo di restare cristiani ma contro le leggi stesse di Dio?

 

Facciamo un altro passo avanti nell'argomento, dice Benedetto XVI:

" Quando l'uomo si lascia illuminare dallo splendore della Verità, intraprende quasi naturalmente il cammino della pace!"

(8.12.2005)

In un tempo in cui abbiamo inflazionato il termine "pace" con girotondi da farci ubriacare e bandiere colorate che ci hanno annebbiato la vista, che senso ha nella Verità il termine Pace? Come possiamo ottenere e "possedere" questa Pace?

 

Gesù lo insegna chiaramente:

"Pacem relinquo vobis, pacem meam do vobis; non quomodo mundus dat, ego do vobis. Non turbetur cor vestrum neque formidet.  / Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Gv.14,27)

Cominciamo così ad escludere quelle contaminazioni al significato della Pace che al contrario offuscano la Verità. Non possiamo uscire da una Eucaristia appena ricevuta, possedere in noi Gesù vivo e vero che si è appena donato noi nel nutrimento di salvezza e poi offuscarlo in manifestazioni di pace che, come dice Gesù: "dà il mondo"  in tal senso Gesù stesso ci sostiene: Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore...

Ma perché dovrebbe essere turbato il nostro cuore dalle sue parole? 

Che cosa contengono?

Contengono innanzi tutto la verità, ossia che la Pace che il Cristo ci ha donato e ci vuole dare, non è la stessa pace che urlano le ideologie del mondo! Il non turbarci, il non spaventarci è un invito alla comprensione delle sue parole per trovare Lui stesso, la nostra Pace.

 

Insegna così Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Pace del 2006:

"E allora, chi e che cosa può impedire la realizzazione della pace? A questo proposito, la Sacra Scrittura mette in evidenza nel suo primo Libro, la Genesi, la menzogna, pronunciata all'inizio della storia dall'essere dalla lingua biforcuta, qualificato dall'evangelista Giovanni come « padre della menzogna » (Gv 8,44).

La menzogna è pure uno dei peccati che ricorda la Bibbia nell'ultimo capitolo del suo ultimo Libro, l'Apocalisse, per segnalare l'esclusione dalla Gerusalemme celeste dei menzogneri: « Fuori... chiunque ama e pratica la menzogna! » (22,15).

Alla menzogna è legato il dramma del peccato con le sue conseguenze perverse, che hanno causato e continuano a causare effetti devastanti nella vita degli individui e delle nazioni. (..) Come non restare seriamente preoccupati, dopo tali esperienze, di fronte alle menzogne del nostro tempo, che fanno da cornice a minacciosi scenari di morte in non poche regioni del mondo? L'autentica ricerca della pace deve partire dalla consapevolezza che il problema della verità e della menzogna riguarda ogni uomo e ogni donna, e risulta essere decisivo per un futuro pacifico del nostro pianeta".

 

****************

Il Santo Padre parla della menzogna senza mezzi termini.

La menzogna come sappiamo offusca la verità, ergo offusca quella Verità che ci possiede e che non essendo una nostra proprietà non possiamo invece tacere, abbiamo l'obbligo, il dovere morale di farla emergere da dentro di noi: "partorire" la Pace che è appunto il Cristo Via, Verità e Vita!

 

Infatti questa Pace che il mondo non può darci nasce nell'Incarnazione e con l'Incarnazione del Divin Verbo: Maria quando intona la lode del Magnificat non canta solo per se stessa, ma per ognuno di noi. Ogni Cristiano che porta in sé questa Verità deve cantare il Magnificat come avesse ricevuto anch'esso un "concepimento" e poi un "parto". 

Se non guardiamo a Maria come Colei che ci dice: "guardate che anche voi avete il Verbo che dimora in voi, anche voi siete Tempio dello Spirito Santo, anche voi dovreste cantare con me il Magnificat, anche voi siete destinati alla beatitudine eterna...", se non leggiamo Maria in questo modo, allora rischiamo una venerazione verso la Madre in modo sterile, incompiuto e persino offensivo, si offensivo, perché Maria vuole portarci a Gesù dopo che Lei stessa l'ha concepito per mezzo dello Spirito Santo e ce l'ha donato in tutto il suo splendore.

Si, il Verbo viene concepito anche dentro di noi! Dal latino concìpire, conceptus di con=cum indicante, mezzo e cìpere per capere ossia prendere, accogliere in sé, con-tenere in senso sia carnale (concepimento materno) quanto nel concetto: accogliere, capere, com-prendere, ricevere.

Anche noi siamo Tempio dello Spirito Santo, certo non nel modo in cui lo fu Maria, dice infatti Gesù alla samaritana:

"Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità". (Gv.24)

Ciò che in Maria avvenne carnalmente nell'Incarnazione del Verbo, in noi da quel momento avviene "in spirito e verità", ossia:

- Spirito; mediante l'azione dello Spirito Santo come insegna la Chiesa;

- Verità; la quale è Gesù stesso che è in noi mediante l'Eucaristia e gli altri Sacramenti.

 

...ecco perché la Pace che noi predichiamo non è la medesima pace che il mondo propone.  Ecco perché il nostro cuore non deve turbarsi, tale turbamento semmai ci riporta all'atteggiamento di Maria nel momento dell'Annuncio come ci racconta Luca:

"Entrando da lei, disse: Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc.1,28-31).

Il turbamento è parte anche del nostro atteggiamento interiore perché "possedere la Verità" non può lasciarci indifferenti, non può farci conformare alla mentalità del mondo, al contrario, ne siamo turbati! Essere "tempio dello Spirito Santo" non è una cosettina da nulla e non deve farci abituare all'Eucaristia come se stessimo mangiando una pagnotta...

Non sia dunque turbato il nostro cuore di fronte alla Verità di questa Pace che è fuoco, dice infatti Gesù: "Ignem veni mittere in terram et quid volo. Si iam accensus esset!  / Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" (Lc.12,49)

[SM=g1740771]  continua...

Caterina63
00sabato 28 luglio 2012 14:35

[SM=g1740733] Che Pace è mai questa che porta il fuoco sulla terra e che pare non essere affatto ancora acceso?

E' indubbiamente il fuoco dello Spirito Santo, il fuoco dell'Amore di Dio, il fuoco della Carità, il fuoco del Perdono, il fuoco della Crocifissione, il fuoco della Risurrezione.

Questo fuoco dovrebbe accendersi in noi ad ogni Eucaristia che riceviamo, perché invece lo teniamo spento?

La vera Pace è fuoco, diceva anche santa Caterina da Siena,  lei si sentiva ardere ad ogni Eucaristia e soffriva perché doveva contenere in lei quell'esplosione di Verità che la animava e per la quale, dice, si sentiva una cosa sola nel Canto del Magnificat: "Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente, Santo è il suo Nome!"

Per questo inizia a predicare e a scrivere. Scrive a tutti i potenti del suo tempo, bacchetta Papi, Vescovi e Cardinali, non risparmia nessuno al suo fuoco di Verità.

 

Tuttavia l'errore che facciamo è di vedere la stessa Vergine Madre di Dio e i Santi come esseri "lontani" da noi, come se li avessimo messi su un piedistallo e stop, li stanno bene, non devono turbarci più di tanto, ma così facendo lasciamo che la menzogna, come appunto spiega sopra Benedetto XVI: "continui a causare effetti devastanti nella vita degli uomini e delle nazioni".

E' il pacifismo (da non confondere con l'essere pacifici), una sorta di effetto placebo sulle nostre coscienze e sui nostri turbamenti, una sorta di tranquillante alle nostre responsabilità, una sorta di estintore  su quel fuoco che invece dovrebbe essere alimentato per ardere e che non è prerogativa esclusiva di chi è già santo, ma anche nostra che dovremo diventarlo perché, come dice la Scrittura: nulla di ciò che è impuro può entrare nel regno dei cieli.

Ecco allora che questo essere in possesso della Verità, non ci risparmia le fatiche e ci invita a non lasciarci turbare da questo Fuoco che deve ardere in noi per poter donare al mondo, investito dalla menzogna, la Verità=Gesù Cristo, l'Alfa e l'Omega, il Principio e il Fine, il nostro tutto.

Noi dunque possediamo in noi la Verità che è anche la vera ed unica Pace,  non è presunzione, non è arroganza, perché il nostro vanto, come dice san Paolo è Cristo Gesù Crocefisso, ma attenzione c'è un prezzo da pagare: "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" ossia, mettere da parte le ideologie e le personali opinioni affinché questa Verità possa lavorare in noi, come poté lavorare attraverso l'Umile Ancella, la Beata Vergine Maria, Madre di Dio. Se non diventiamo "umili servitori della Verità", allora pur possedendo in noi la Verità, non faremo altro che servire la menzogna e sprecare il dono dell'Eucaristia, servire la pace del mondo e offuscare la vera Pace che è Cristo nostro Signore.

  [SM=g1740771] continua....

Caterina63
00sabato 28 luglio 2012 14:45

[SM=g1740733] Facciamo ora un ulteriore passo in avanti.

Il fatto di "possedere" la Verità non implica un rapporto tra "padrone e schiavo" ma bensì una adozione, una figliolanza, un rapporto esclusivo tra padre e figlio e di conseguenza contempla persino una eredità.

"Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.." (Tito 3,5-7)

In queste poche righe è contenuto il cuore della dottrina:

1) il Lavacro che è appunto il Battesimo mediante il quale;

2) Gesù ci salva per sua misericordia e non per nostri meriti ma;

3) mediante l'azione dello Spirito Santo che dal Cristo passa a noi;

4) attraverso la Chiesa, facendoci diventare eredi....

Nel punto 4 leggiamo in sostanza il cuore di questa Verità: è per mezzo della Chiesa che abbiamo il Battesimo, il perdono dei peccati, l'eredità, senza la Chiesa non ci sarebbe nulla di tutto ciò e l'uomo dovrebbe inventarsi certi riti come infatti avviene quando si rifiuta la Verità operante nella Chiesa.

 

Perché attraverso la Chiesa? Chi lo dice?

Lo dice Gesù le cui parole vi riporto dall'introduzione del Documento Dominus Jesus:

" Il Signore Gesù, prima di ascendere al cielo, affidò ai suoi discepoli il mandato di annunciare il Vangelo al mondo intero e di battezzare tutte le nazioni: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,15-16); «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,18-20; cf. anche Lc 24,46-48; Gv 17,18; 20,21; At 1,8).

La missione universale della Chiesa nasce dal mandato di Gesù Cristo e si adempie nel corso dei secoli nella proclamazione del mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e del mistero dell'incarnazione del Figlio, come evento di salvezza per tutta l'umanità".

 ***

Da qui comincia tutto, tuttavia potremo mai pensare che l'uomo da se stesso o da solo, seppur riunito in comunità, possa essere capace di contenere una verità e credere di portarla avanti con le sue sole forze? Certo che no!

La Dominus Jesus tende a spiegare proprio il Mistero della Verità che possiede la Chiesa e il Mistero della sua stessa annunciazione, o evangelizzazione, a tutti gli uomini e in tutte le generazioni fino alla fine dei tempi e questo perché la Verità che la Chiesa dice di avere non è una sua invenzione, ma esiste perché esiste Colui che così non solo ha voluto, ma ha "comandato" di fare.

Analizziamo alcune frasi di Gesù per comprenderle meglio:

1) Ogni potere mi è stato dato in cielo  e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le genti. Gesù, dunque, delega un potere ai suoi, e non è questa l'unica occasione in cui lo fa capire palesemente;

2) Ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare...; attenzione, Gesù non  dice "dopo che le avrete ammaestrate le battezzerete", ma comanda di ammaestrare e battezzare sottolineando come l'insegnamento e l'amministrazione dei Sacramenti sono nella missione della Chiesa un unico procedimento autorevole inderogabile;

3) Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Possedere la Verità è una grande responsabilità. Annunciare e predicare, evangelizzare e dare testimonianza della Verità che abita in noi, non è un opcional o un hobby... ma è un comando, un atto autorevole (non autoritario), una consegna per i lavoratori della vigna: non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi. Diverso sarà poi il giusto giudizio del Signore Dio quando verrà il giorno della chiusura dei conti.

Prendiamo per esempio Atti 2,36 se leggiamo attentamente Pietro dopo aver esposto il primo annuncio, gli dicono: "che cosa dobbiamo fare fratelli?", erano turbati, dice il sacro cronista, non erano "convertiti", ma "turbati", cioè avevano certamente creduto a quello che Pietro aveva appena raccontato e si chiedono cosa dovevano fare, e Pietro risponde:

1) Pentitevi! Si, ma per che cosa? vv.36 "Sappia dunque la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo questo Gesù che voi avete Crocefisso" , ecco di cosa si sono sentiti turbati e di cosa si dovevano pentire;

2) e ciascuno si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo per ottenere il perdono dei vostri peccati. Qui le parole sono chiarissime, battezzarsi per ottenere il perdono dei propri peccati, e prosegue Pietro;

3)  riceverete il dono del Santo Spirito.

Quanta autorità non certamente umana doveva animare gli Apostoli mentre dicevano queste cose!!!

Il discorso si piega sul Peccato Originale. Non ci addentreremo dentro la sua dottrina, ci basta per ora sapere che il Salmo 50 dice: "nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre..." Gesù è colui che ha tolto questa colpa, il Battesimo è il sigillo sacramentale di questa purificazione-rinascita che ci introduce nella Chiesa rendendoci pietre vive che vivono in virtù della Verità che ci possiede. Non è l'acqua in sé che lava o salva, non ci facciamo una doccia nel Battesimo, veniamo piuttosto rivestiti dalla Verità distribuita gratuitamente dagli Apostoli che furono dotati dell'autorità divina per amministrare i Sacramenti!

Sarà ed è dunque fondamentale leggere in questa chiave di lettura la Dominus Jesus che ancora qui dice:

" La risposta adeguata alla rivelazione di Dio è «l'obbedienza della fede(cf. Rm 1,5; Rm 16,26; 2 Cor 10,5-6), per la quale l'uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente, prestando il “pieno ossequio dell'intelletto e della volontà a Dio che rivela” e dando il proprio assenso volontario alla rivelazione fatta da lui». La fede è un dono di grazia: «Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia “a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità”».

L'obbedienza della fede comporta l'accoglienza della verità della rivelazione di Cristo, garantita da Dio, che è la Verità stessa: «La fede è innanzi tutto una adesione personale dell'uomo a Dio; al tempo stesso ed inseparabilmente, è l'assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato». La fede, quindi, «dono di Dio» e «virtù soprannaturale da lui infusa», comporta una duplice adesione: a Dio, che rivela, e alla verità da lui rivelata, per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma. Per questo « non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo».

Deve essere, quindi, fermamente ritenuta la distinzione tra la fede teologale e la credenza nelle altre religioni. Se la fede è l'accoglienza nella grazia della verità rivelata, che permette di entrare all'interno del mistero, favorendone la coerente intelligenza, la credenza nelle altre religioni è quell'insieme di esperienza e di pensiero, che costituiscono i tesori umani di saggezza e di religiosità, che l'uomo nella sua ricerca della verità ha ideato e messo in atto nel suo riferimento al Divino e all'Assoluto.

Non sempre tale distinzione viene tenuta presente nella riflessione attuale, per cui spesso si identifica la fede teologale, che è accoglienza della verità rivelata da Dio Uno e Trino, e la credenza nelle altre religioni, che è esperienza religiosa ancora alla ricerca della verità assoluta e priva ancora dell'assenso a Dio che si rivela. Questo è uno dei motivi per cui si tende a ridurre, fino talvolta ad annullarle, le differenze tra il cristianesimo e le altre religioni..."

 

************

Se dunque ho ricevuto il Battesimo e nella Professione di Fede che la Domenica diciamo alla Messa mi fa dire: credo la Chiesa ( e non "nella" chiesa) una, santa, cattolica ed apostolica, è fuori discussione che io possa "credere" in altre forme di religioni o espressioni di fede che non portano in sé la Verità che abbiamo appena esposta, ma che ancora la cercano.

E' questione di coerenza non di orgoglio o di presunzione.

Orgoglio e presunzione sarà invece quanto più cercherò di fare del sincretismo religioso in nome di una pace illusoria (come spiegato sopra) che possa offuscare la Verità che possiede la Chiesa.

Indubbiamente posso trovare anche fuori della Chiesa i semi sparsi del Verbo, poiché lo Spirito soffia dove e come vuole e "tutto ciò che è buono viene da Dio", ma lo Spirito Santo non può contraddire se stesso, non può andare contro la Santa Trinità, non può dire il contrario di quanto ha detto il Verbo Incarnato, non può dunque smentire quanto Egli stesso ha insegnato e donato alla Chiesa (cfr. Atti 22). Non avremo più la Verità e se non l'avremo noi, non l'avrebbe nessun altro perché nessuna religione al mondo ha rivelato Dio come ha fatto Gesù Cristo nella Sua Chiesa, morendo per Lei, Sposandola sulla Croce, amandola nel tempo e per l'eternità!

E' questione di coerenza, di ragione oltre che di fede e non è presunzione, tanto meno orgoglio: abbiamo un solo vanto e questo vanto è per noi il Cristo Crocefisso, morto e veramente Risorto!

" Io non ti ho fatto per essere prigioniero. Alzati, Cristo ti illuminerà". La Chiesa antica ha usato questo dialogo tra Cristo ed Adamo come inno battesimale, come chiamata della Chiesa credente al battezzando. (...)

Il rinnovamento del Battesimo e quindi la vera celebrazione della Pasqua, che è liberazione, consiste nell'accettare di nuovo, ogni giorno, la verità della fede, nell'entrare nella Luce di questa Verità, nel superare da credenti l'oscurità legata all'assenza di verità, e nel trovare così il vero nocciolo della nostra autentica libertà. Alzati, Cristo ti illuminerà! E così la vera azione liberatrice della Chiesa consiste nel conservare (per tramandare) la Verità nel mondo. Noi veniamo liberati nel momento in cui accettiamo la Verità e ce la lasciamo donare nuovamente, ogni giorno, come la nostra unica strada da seguire..."

("Guardare al Crocefisso" di J. Ratzinger, oggi Benedetto XVI )

 

Aprile 2006, con queste parole Benedetto XVI rivolgeva il suo Messaggio ai giovani, e con queste parole vogliamo riepilogare le nostre umili riflessioni, augurando a tutti un autentico progresso nella fede:

"Gli Apostoli hanno accolto la parola di salvezza e l’hanno tramandata ai loro successori come un gioiello prezioso custodito nel sicuro scrigno della Chiesa: senza la Chiesa questa perla rischia di perdersi o di frantumarsi. Cari giovani, amate la parola di Dio e amate la Chiesa, che vi permette di accedere a un tesoro di così alto valore introducendovi ad apprezzarne la ricchezza. Amate e seguite la Chiesa, che ha ricevuto dal suo Fondatore la missione di indicare agli uomini il cammino della vera felicità. Non è facile riconoscere ed incontrare l’autentica felicità nel mondo in cui viviamo, in cui l’uomo è spesso ostaggio di correnti di pensiero, che lo conducono, pur credendosi "libero", a perdersi negli errori o nelle illusioni di ideologie aberranti. E’ urgente "liberare la libertà", rischiarare l’oscurità in cui l’umanità sta brancolando. Gesù ha indicato come ciò possa avvenire: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8, 31-32). Il Verbo incarnato, Parola di Verità, ci rende liberi e dirige la nostra libertà verso il bene".

 

 

Sia lodato Gesù Cristo +

il testo può essere riprodotto altrove ma senza estrapolazioni, senza attribuirgli interpretazioni contro l'insegnamento della Chiesa alla quale è sottomesso ogni pensiero di questo forum ed ogni riflessione dottrinale come questa. Si invita il lettore di citare la fonte e di trovarci sempre uniti nella Preghiera, in comunione coi Santi.
[SM=g1740717] Grazie

 

Caterina63
00mercoledì 29 agosto 2012 17:58

Il Papa: La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio



 
 
Alle ore 10.30 di oggi, nella Piazza della Libertà antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato i fedeli ed i pellegrini convenuti per l’Udienza Generale del mercoledì.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha presentato la figura di san Giovanni Battista, profeta e martire, del quale ricorre oggi la memoria liturgica del martirio. Quindi ha rivolto un saluto in varie lingue ai gruppi di pellegrini presenti.
Successivamente, nel cortile del Palazzo Apostolico, il Papa ha incontrato oltre 2600 chierichetti che partecipano al Pellegrinaggio a Roma dei ministranti di Francia. Il pellegrinaggio, in corso a Roma dal 25 al 31 agosto e guidato da S.E. Mons. Philippe Breton, Vescovo emerito di Aire et Dax, è stato promosso dalla Commissione episcopale francese per la Liturgia, sul tema: "Servire il Signore, gioia dell’uomo, gioia di Dio".
L’Udienza si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA
 
Il martirio di San Giovanni Battista


Cari fratelli e sorelle,
 
in quest’ultimo mercoledì del mese di agosto, ricorre la memoria liturgica del martirio di san Giovanni Battista, il precursore di Gesù. Nel Calendario Romano, è l’unico Santo del quale si celebra sia la nascita, il 24 giugno, sia la morte avvenuta attraverso il martirio.

 Quella odierna è una memoria che risale alla dedicazione di una cripta di Sebaste, in Samaria, dove, già a metà del secolo IV, si venerava il suo capo. Il culto si estese poi a Gerusalemme, nelle Chiese d’Oriente e a Roma, col titolo di Decollazione di san Giovanni Battista. Nel Martirologio Romano, si fa riferimento ad un secondo ritrovamento della preziosa reliquia, trasportata, per l’occasione, nella chiesa di S. Silvestro a Campo Marzio, in Roma.
 Questi piccoli riferimenti storici ci aiutano a capire quanto antica e profonda sia la venerazione di san Giovanni Battista.
Nei Vangeli risalta molto bene il suo ruolo in riferimento a Gesù. In particolare, san Luca ne racconta la nascita, la vita nel deserto, la predicazione, e san Marco ci parla della sua drammatica morte nel Vangelo di oggi. Giovanni Battista inizia la sua predicazione sotto l’imperatore Tiberio, nel 27-28 d.C., e il chiaro invito che rivolge alla gente accorsa per ascoltarlo, è quello a preparare la via per accogliere il Signore, a raddrizzare le strade storte della propria vita attraverso una radicale conversione del cuore (cfr Lc 3, 4). Però il Battista non si limita a predicare la penitenza, la conversione, ma, riconoscendo Gesù come «l’Agnello di Dio» venuto a togliere il peccato del mondo (Gv 1, 29), ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito. Come ultimo atto, Il Battista testimonia con il sangue la sua fedeltà ai comandamenti di Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la sua missione.

San Beda, monaco del IX secolo, nelle sue Omelie dice così San Giovanni Per [Cristo] diede la sua vita, anche se non gli fu ingiunto di rinnegare Gesù Cristo, gli fu ingiunto solo di tacere la verità.(cfr Om. 23: CCL 122, 354). E non taceva la verità e così morì per Cristo che è la Verità. Proprio per l’amore alla verità, non scese a compromessi e non ebbe timore di rivolgere parole forti a chi aveva smarrito la strada di Dio.


 Noi vediamo questa grande figura, questa forza nella passione, nella resistenza contro i potenti. Domandiamo: da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù? La risposta è semplice: dal rapporto con Dio, dalla preghiera, che è il filo conduttore di tutta la sua esistenza. Giovanni è il dono divino lungamente invocato dai suoi genitori, Zaccaria ed Elisabetta (cfr Lc 1,13); un dono grande, umanamente insperabile, perché entrambi erano avanti negli anni ed Elisabetta era sterile (cfr Lc 1,7); ma nulla è impossibile a Dio (cfr Lc 1,36).
L’annuncio di questa nascita avviene proprio nel luogo della preghiera, al tempio di Gerusalemme, anzi avviene quando a Zaccaria tocca il grande privilegio di entrare nel luogo più sacro del tempio per fare l’offerta dell’incenso al Signore (cfr Lc 1,8-20). Anche la nascita del Battista è segnata dalla preghiera: il canto di gioia, di lode e di ringraziamento che Zaccaria eleva al Signore e che recitiamo ogni mattina nelle Lodi, il «Benedictus», esalta l’azione di Dio nella storia e indica profeticamente la missione del figlio Giovanni: precedere il Figlio di Dio fattosi carne per preparargli le strade (cfr Lc 1,67-79).

 L’esistenza intera del Precursore di Gesù è alimentata dal rapporto con Dio, in particolare il periodo trascorso in regioni deserte (cfr Lc 1,80); le regioni deserte che sono luogo della tentazione, ma anche luogo in cui l’uomo sente la propria povertà perché privo di appoggi e sicurezze materiali, e comprende come l’unico punto di riferimento solido rimane Dio stesso. Ma Giovanni Battista non è solo uomo di preghiera, del contatto permanente con Dio, ma anche una guida a questo rapporto.

 L’Evangelista Luca riportando la preghiera che Gesù insegna ai discepoli, il «Padre nostro», annota che la richiesta viene formulata dai discepoli con queste parole: «Signore insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (cfr Lc 11,1).

 Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio.

 San Giovanni Battista interceda per noi, affinché sappiamo conservare sempre il primato di Dio nella nostra vita. Grazie.
 
(...)
 
E rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana. Saluto le Suore Domenicane Missionarie di San Sisto che celebrano il Capitolo Generale. [SM=g1740721] Accolgo con gioia i gruppi parrocchiali, le associazioni e i seminaristi del Seminario San Pio X di Messina, ai quali auguro di continuare la formazione teologica nutrendosi costantemente della Parola di Dio e del Pane di Vita.
 
Un pensiero infine per i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. La radicalità della fede e della vita di San Giovanni Battista ispiri il vostro essere credenti: cari giovani, manifestate apertamente in tutti i contesti la vostra appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa; cari ammalati, attingete alla forza della preghiera per lenire le vostre sofferenze; e voi, cari sposi novelli, ponete sempre il Signore Gesù al centro della vostra vita familiare. Grazie a voi tutti. Una buona giornata.
Grazie.


[SM=g1740738]
Caterina63
00martedì 4 settembre 2012 22:50
[SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722] [SM=g1740722]

Il santo Padre Benedetto XVI ci conferma su questo argomento attraverso la stupenda Omelia che ha tenuto a chiusura dell'incontro con i suoi ex studenti....
vi invitiamo a leggerla integralmente e a meditare.... naturalmente il lavoro qui prodotto dovrà essere letto alla luce delle parole del Papa.... se nel testo sopra ci fosse qualcosa di contrario, l'errore è mio, non certo del Papa.... [SM=g1740722]
Pope Benedict XVI leaves at the end of the Angelus prayer he delivered from the balcony of his summer residence of Castel Gandolfo, on the outskirts of Rome, Sunday, Sept. 2, 2012.

SANTA MESSA A CONCLUSIONE DELL’INCONTRO CON IL "RATZINGER SCHÜLERKREIS" , 02.09.2012
 
Dal 30 agosto al 3 settembre si è svolto a Castel Gandolfo il tradizionale seminario estivo degli ex-allievi di Papa Benedetto XVI (Ratzinger Schülerkreis), incentrato quest’anno sul tema: "Risultati e domande ecumenici nel dialogo con il luteranesimo e l’anglicanesimo".
 A conclusione, alle ore 8 di questa mattina, il Santo Padre ha presieduto nel Centro Mariapoli la Santa Messa con i suoi ex-allievi.
 Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della celebrazione eucaristica:
 
OMELIA DEL SANTO PADRE
 
TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA
 
Cari fratelli e sorelle,
 
risuonano ancora profondamente in me le parole con cui, tre anni fa, il Cardinale Schönborn ci ha fatto l’esegesi di questo Vangelo: la misteriosa correlazione dell’intimo con l’esterno e quello che rende l’uomo impuro, quello che lo contamina e quello che è puro. Oggi, perciò, non voglio fare anch’io l’esegesi di questo stesso Vangelo, o la farò soltanto marginalmente. Proverò invece a dire una parola sulle due Letture.
 Nel Deuteronomio vediamo la «gioia della legge»: legge non come vincolo, come qualcosa che ci toglie la libertà, ma come regalo e dono. Quando gli altri popoli guarderanno verso questo grande popolo - così dice la Lettura, così dice Mosè -, allora diranno: Che popolo saggio! Ammireranno la saggezza di questo popolo, l’equità della legge e la vicinanza del Dio che sta al suo fianco e che gli risponde quando viene chiamato. E’ questa la gioia umile di Israele: ricevere un dono da Dio.
 Questo è diverso dal trionfalismo, dall’orgoglio di ciò che viene da se stessi: Israele non è orgoglioso della propria legge come Roma poteva esserlo del diritto romano quale dono all’umanità, come la Francia forse del «Code Napoléon», come la Prussia del «Preußisches Landrecht» ecc. – opere del diritto che riconosciamo.
 Ma Israele sa: questa legge non l’ha fatta egli stesso, non è frutto della sua genialità, è dono. Dio gli ha mostrato che cos’è il diritto.
 Dio gli ha dato saggezza. La legge è saggezza. Saggezza è l’arte dell’essere uomini, l’arte di poter vivere bene e di poter morire bene. E si può vivere e morire bene solo quando si è ricevuta la verità e quando la verità ci indica il cammino. Essere grati per il dono che noi non abbiamo inventato, ma che ci è stato dato in dono, e vivere nella saggezza; imparare, grazie al dono di Dio, ad essere uomini in modo retto.
 
Il Vangelo ci mostra però che c’è anche un pericolo – come si dice pure direttamente all`inizio del brano odierno del Deuteronomio: «non aggiungere, non togliere nulla». Ci insegna che, con il passare del tempo, al dono di Dio si sono aggiunti applicazioni, opere, costumi umani, che crescendo nascondono ciò che è proprio della saggezza donata da Dio, così da diventare un vero vincolo che bisogna spezzare, oppure da portare alla presunzione: noi l’abbiamo inventato!

 
Ma passiamo a noi, alla Chiesa. Secondo la nostra fede, infatti, la Chiesa è l’Israele che è diventato universale, nel quale tutti diventano, attraverso il Signore, figli di Abramo; l’Israele diventato universale, nel quale persiste il nucleo essenziale della legge, privo delle contingenze del tempo e del popolo. Questo nucleo è semplicemente Cristo stesso, l’amore di Dio per noi ed il nostro amore per Lui e per gli uomini. Egli è la Torah vivente, è il dono di Dio per noi, nel quale, ora, riceviamo tutti la saggezza di Dio. Nell’essere uniti con Cristo, nel «con-camminare» e «con-vivere» con Lui, impariamo noi stessi come essere uomini in modo giusto, riceviamo la saggezza che è verità, sappiamo vivere e morire, perché Lui stesso è la vita e la verità.

 
Conviene, quindi, alla Chiesa, come per Israele, essere piena di gratitudine e di gioia. «Quale popolo può dire che Dio gli sia così vicino? Quale popolo ha ricevuto questo dono?».

 Non lo abbiamo fatto noi, ci è stato donato. Gioia e gratitudine per il fatto che lo possiamo conoscere, che abbiamo ricevuto la saggezza del vivere bene, che è ciò che dovrebbe caratterizzare il cristiano. Infatti, nel Cristianesimo delle origini era così: l’essere liberato dalle tenebre dell’andare a tastoni, dell’ignoranza - che cosa sono? perché sono? come devo andare avanti? -, l’essere diventato libero, l’essere nella luce, nell’ampiezza della verità. Questa era la consapevolezza fondamentale. Una gratitudine che si irradiava intorno e che così univa gli uomini nella Chiesa di Gesù Cristo.
 
Ma anche nella Chiesa c’è lo stesso fenomeno: elementi umani si aggiungono e conducono o alla presunzione, al cosiddetto trionfalismo che vanta se stesso invece di dare la lode a Dio, o al vincolo, che bisogna togliere, spezzare e schiacciare. Che dobbiamo fare? Che dobbiamo dire? Penso che ci troviamo proprio in questa fase, in cui vediamo nella Chiesa solo ciò che è fatto da se stessi, e ci viene guastata la gioia della fede; che non crediamo più e non osiamo più dire: Egli ci ha indicato chi è la verità, che cos’è la verità, ci ha mostrato che cos’è l`uomo, ci ha donato la giustizia della vita retta. Noi siamo preoccupati di lodare solo noi stessi, e temiamo di farci legare da regolamenti che ci ostacolano nella libertà e nella novità della vita.

 
Se leggiamo oggi, ad esempio, nella Lettera di Giacomo: «Siete generati per mezzo di una parola di verità», chi di noi oserebbe gioire della verità che ci è stata donata?

 Ci viene subito la domanda: ma come si può avere la verità? Questo è intolleranza! L’idea di verità e di intolleranza oggi sono quasi completamente fuse tra di loro, e così non osiamo più credere affatto alla verità o parlare della verità. Sembra essere lontana, sembra qualcosa a cui è meglio non fare ricorso.
 Nessuno può dire: ho la verità – questa è l’obiezione che si muove – e, giustamente, nessuno può avere la verità. E’ la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! Noi non siamo suoi possessori, bensì siamo afferrati da lei. Solo se ci lasciamo guidare e muovere da lei, rimaniamo in lei, solo se siamo, con lei e in lei, pellegrini della verità, allora è in noi e per noi.
 Penso che dobbiamo imparare di nuovo questo «non-avere-la-verità». Come nessuno può dire: ho dei figli – non sono un nostro possesso, sono un dono, e come dono di Dio ci sono dati per un compito - così non possiamo dire: ho la verità, ma la verità è venuta verso di noi e ci spinge. Dobbiamo imparare a farci muovere da lei, a farci condurre da lei. E allora brillerà di nuovo: se essa stessa ci conduce e ci compenetra.

 Cari amici, vogliamo chiedere al Signore che ci faccia questo dono. San Giacomo ci dice oggi nella Lettura: non dovete limitarvi ad ascoltare la Parola, la dovete mettere in pratica. Questo è un avvertimento circa l’intellettualizzazione della fede e della teologia. E’ un mio timore in questo tempo, quando leggo tante cose intelligenti: che diventi un gioco dell’intelletto nel quale «ci passiamo la palla», nel quale tutto è solo un mondo intellettuale che non compenetra e forma la nostra vita, e che quindi non ci introduce nella verità. Credo che queste parole di san Giacomo si dirigano proprio a noi come teologi: non solo ascoltare, non solo intelletto – fare, lasciarsi formare dalla verità, lasciarsi guidare da lei!

Preghiamo il Signore che ci accada questo, e che così la verità diventi potente sopra di noi, e che conquisti forza nel mondo attraverso di noi.

 La Chiesa ha posto la parola del Deuteronomio - «Dov`è un popolo al quale Dio è così vicino come il nostro Dio è vicino a noi, ogni volta che lo invochiamo?» - nel centro dell’Officio divino del Corpus Domini, e gli ha dato così un nuovo significato: dov`è un popolo al quale il suo Dio è così vicino come il nostro Dio lo è a noi? Nell’Eucaristia questo è diventato piena realtà. Certo, non è solo un aspetto esteriore: qualcuno può stare vicino al tabernacolo e, allo stesso tempo, essere lontano dal Dio vivente. Ciò che conta è la vicinanza interiore! Dio ci è diventato così vicino che Egli stesso è un uomo: questo ci deve sconcertare e sorprendere sempre di nuovo! Egli è così vicino che è uno di noi.
 Conosce l’essere umano, il «sapore» dell’essere umano, lo conosce dal di dentro, lo ha provato con le sue gioie e le sue sofferenze. Come uomo, mi è vicino, vicino «a portata di voce» – così vicino che mi ascolta e che posso sapere: Lui mi sente e mi esaudisce, anche se forse non come io me lo immagino.
 
Lasciamoci riempire di nuovo di questa gioia: dov’è un popolo al quale Dio è così vicino come il nostro Dio lo è a noi? Così vicino da essere uno di noi, da toccarmi dal di dentro. Sì, da entrare dentro di me nella santa Eucaristia. Un pensiero perfino sconcertante. Su questo processo, San Bonaventura ha utilizzato, una volta, nelle sue preghiere di Comunione, una formulazione che scuote, quasi spaventa. Egli dice: mio Signore, come ha potuto venirti in mente di entrare nella sporca latrina del mio corpo?

 Sì, Lui entra dentro la nostra miseria, lo fa con consapevolezza e lo fa per compenetrarci, per pulirci e per rinnovarci, affinché, attraverso di noi, in noi, la verità sia nel mondo e si realizzi la salvezza. Chiediamo al Signore perdono per la nostra indifferenza, per la nostra miseria che ci fa pensare solo a noi stessi, per il nostro egoismo che non cerca la verità, ma che segue la propria abitudine, e che forse spesso fa sembrare il Cristianesimo solo come un sistema di abitudini.
 Chiediamogli che Egli entri, con potenza, nelle nostre anime, che si faccia presente in noi e attraverso di noi – e che così la gioia nasca anche in noi: Dio è qui, e mi ama, è la nostra salvezza!
Amen.
 

Caterina63
00sabato 13 ottobre 2012 13:11

Domanda: Cari amici di Pontifex, da quello che sta emergendo in questi giorni, proprio per festeggiare la primavera - pentecoste del Concilio Vaticano II, pare che dei documenti dello stesso spieghino al cattolico che c'è salvezza anche al di fuori della Chiesa, concetto nuovo sia ai Profeti, che a Gesù, che alla vecchia Chiesa pre conciliare, e che in qualche modo tutte le religioni possono portare in Paradiso. Sinceramente io ho studiato sul libro Catechismo di San Pio X che fu anche raccomandato tempo fa da Papa Benedetto XVI, ebbene sul libro che io uso per camminare nella fede c'è scritto a caratteri macroscopici che ci si salva solo col battesimo e se si cammina nella e con la Chiesa. Approfondendo lo studio su un libro di uno dei vostri collaboratori, Carlo Di Pietro, leggevo la differenza fra battesimo sacramentale, battesimo di sangue, battesimo di desiderio esplicito e battesimo di desiderio implicito.

Sul discorso poi ho approfondito ...
leggendo i testi consigliati nelle note, quindi pensavo di avere le idee abbastanza chiare, anche perché non ho trovato teorie differenti anche documentandomi su internet, ma il discorso comunque non centrava perfettamente la domanda che qui vi pongo .. il contesto era differente.

Ieri sera, invece, guardando Porta a Porta ho sentito vari teologi entusiasti che parlavano di uno dei più grandi messaggi del Concilio Vaticano II, ovvero che c'è salvezza anche per chi è fuori dalla Chiesa, quindi immagino che si tratti di non battezzati e degli affiliati alle altre religioni.

A questo punto mi domando se è cosa buona per il cattolico continuare ad esserlo, quindi frequentando ogni giorno la Messa, dicendo il Rosario, esercitando le virtù (almeno provandoci), oppure se è permesso da Dio comunque continuare a vivere comportandosi bene (provando ad essere virtuoso), però casomai scegliendo una fede meno impegnativa, casomai seguendo correnti yoga, rilassamenti orientali e altre forme di misticismo più facili da vivere, senza troppi impegni .. direi di frequentazione e di preghiera.

Vorrei avere la vostra risposta per riuscire a capire realmente come stanno le cose.

Ringrazio per la risposta.
Salvatore Bacci

Risposta:

Gentile lettore,
ti risponde, non nello specifico esempio ma esponendo esclusivamente la teologia, la nostra amica LDCaterina63, già coautrice, col prof. Di Pietro, del tascabile di successo "
Il ritorno di Cristo".
Speriamo di fugare ogni tuo dubbio.
Grazie per averci scritto.

COSA SIGNIFICA:  FUORI DELLA CHIESA NON C'E' SALVEZZA?

Scrive Sant'Agostino: "L'uomo non può aver salute se non nella Chiesa Cattolica. Fuori della Chiesa può trovare tutto, tranne la salute: può avere autorità, può anche possedere il Vangelo, può tenere e predicare la fede col nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, ma in nessun luogo, se non nella Chiesa potrà trovare salvezza"  (Sermone ad Caesariens. Eccl. prebem. n.6).

Che nella Chiesa vi sia questa Salvezza è perciò la Carità particolare che il Signore Gesù Cristo ha voluto consegnare ad Essa.

Le due definizioni "fuori della Chiesa non c'è salvezza" e la Chiesa "Cattolica Romana", sono oggi abbondantemente fraintese, o estremizzate, a tal punto da non offrire più quella chiarezza necessaria alla comprensione non solo delle parole che esprimiamo, ma proprio del loro contenuto dottrinale nel progetto stesso di Dio, ed essere così usate in modo conflittuale tanto da dare origine alle divisioni.

1. Fuori della Chiesa non c'è salvezza.

Fin dai primi secoli la frase veniva usata per sottolineare la posizione assunta dagli eretici i quali, fondando nuove e false dottrine, intendevano così perseguire ugualmente quella salvezza che  Nostro Signore Gesù Cristo aveva invece affidato alla Sua Chiesa nelle vesti di quella autorità Apostolica della quale Pietro ne è il garante.

Già Sant' Ireneo alla fine dell'anno 100 sottolinea una "comunione dottrinale fondamentale che tutte le chiese dovevano avere con il Vescovo di Roma", e dalle Chiese di Oriente nessuno si opponeva a questo "richiamo" anzi, sostenevano spesso le decisioni ultime dottrinali che la Chiesa di Roma assumeva e difendeva contro ogni forma eretica sull'interpretazione delle Scritture e sull'uso frequente dei testi apocrifi.

Come mai, possiamo chiederci, la Chiesa ritenne necessaria questa specificazione?

Perché secondo le conoscenze del momento tutta la Chiesa pensava che oramai il Vangelo si fosse diffuso in tutto il mondo; di conseguenza chi non l'avesse accettato, rifiutandolo, era posto fuori della salvezza. Tale opinione è attribuita al vescovo di Ruspe nel VI sec. tale Fulgenzio.

Infatti l'insegnamento cattolico (ossia da Oriente ad Occidente) diventato insegnamento ufficiale di tutto il mondo allora conosciuto fino al Concilio di Firenze del 1442, usava l'interpretazione di Fulgenzio: non c'è salvezza fuori della Chiesa, intendendola quale necessità urgente per la conversione a Cristo, come se una certa evangelizzazione fosse terminata con il mondo conosciuto di allora.

Ma quando nel 1492 si scoprì l'America, fu sempre iniziativa della Chiesa Cattolica (Roma) a rendersi conto che il mondo non solo era più vasto di ciò che allora si credeva, ma che vi erano e vi sarebbero state milioni e milioni di persone che ancora non conoscevano Gesù.. Ed anche prima, furono santi come Francesco d'Assisi, Caterina da Siena, Brigida di Svezia, Ignazio di Lojola, Francesco Saverio e tanti altri dell'epoca a far comprendere alla Chiesa stessa che tale frase doveva essere sempre insegnata, e che la salvezza era stata certamente seminata dalla Divina Provvidenza anche oltre i confini allora conosciuti e che, dunque, si trattava ora di capire in quale modo bisognava "andarle incontro" e in quale modo la Chiesa avrebbe dovuto farvi fronte. In questo senso, tale salvezza, la si trova principalmente in quel: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Marco 16,15-16).

La salvezza la si acquista in quel diventare missionari del Vangelo e in quel "accogliere" il Vangelo, ossia, convertirsi.

E' per questo che la Chiesa attribuisce ai Santi il grande ruolo di veri Riformatori della Chiesa: Essi non pongono mai in dubbio la dottrina, ma lavorano sulle interpretazioni affinché siano queste a corrispondere alla Dottrina e mai il contrario.

E' doveroso sottolineare che in quell'epoca in cui si scoprivano altri "mondi", i più restrittivi ed intolleranti divennero invece proprio i Protestanti, e tanto per fare un esempio troviamo Calvino che istituì i "Tribunali": ogni politico doveva essere riconosciuto dalla chiesa calvinista per essere "salvato"....

Ed è anche in quest'epoca l'irrigidimento della Chiesa d'Oriente che iniziò a parlare di "ortodossia", sostenendo un grave errore ogni forma di cedimento dottrinale, a cominciare proprio da questa frase, perciò essi stessi richiamandosi "Ortodossi", assunsero su di loro che fuori della loro Ortodossia non vi è salvezza.

Ma tale termine l'assunsero gli stessi protestanti, aggirando però l'ostacolo, invece di chiesa dicevano "al di fuori delle Scritture, ossia il Cristo, non c'è salvezza" da qui l'estremizzazione e perfino spaccatura  dottrinale del Sola Fidei, Solo Chisto, Sola Scriptura..

Ma questa, in parte verità, cioè che senza Cristo non c'è salvezza, non risolveva il problema, e peggio che in passato, si assiste ad un aumento dell'obbligo alla conversione, ma ahimè snaturando il significato stesso della Chiesa nella quale è contenuta questa Salvezza, e per la quale è necessaria la conversione.

E mentre Ortodossi e Protestanti assolutizzavano a sé la sede della Salvezza, la vera ed unica Chiesa di Cristo (la Chiesa Cattolica-romana), dunque iniziò a pensare a delle distinzioni tra i membri della Chiesa "in re" di fatto (- cioè battezzati) e i membri della Chiesa "in voto" di desiderio (- cioè persone di buona volontà, dal cuore buono e pulito, ma che per qualche incomprensione rimanevano fuori della Chiesa ma non per una colpa propria), cioè non per scelta volontaria...

Gesù rivolgendosi agli Apostoli (colonne della Chiesa) li indica come assolutamente necessari per aderire a Lui e al Padre: “Chi ascolta voi, ascolta me. Chi disprezza voi disprezza me, ma chi disprezza me disprezza il Padre che mi ha mandato” (Luca 10,16).

A Pietro dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,18).

Ancora sulla necessità di accogliere e ascoltare e di aderire agli Apostoli: “Se qualcuno non vi accoglie e non ascolta le vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete via la polvere dai vostri piedi.” (Matteo 10,14).

Il Concilio Vaticano II (1962-1965) riepiloga il Magistero di sempre sottolineando che: “Tutti gli uomini che conoscono la Chiesa Cattolica e sanno che cosa significa necessità della salvezza, voluta da Dio a mezzo del Cristo, ma non entrano nella Chiesa o non hanno la costanza di rimanervi, non possono essere salvati.” (Lumen Gentium, 16).

Giovanni Paolo II dice: “Solo nella Chiesa c’è la Verità” (Veritatis Splendor, II, 64).

Possiamo quindi affermare che la necessità di dover specificare che "fuori della Chiesa non c'è salvezza", si è sempre resa necessaria fin dai primi secoli, per far fronte alle crescenti mistificazioni della Verità e dei contenuti della Salvezza stessa, queste perplessità nascono dal fatto poi che, soprattutto oggi, siamo in piena cultura relativista (non deve esistere nessuna verità assoluta) e soggettivista (ognuno può crearsi la verità che vuole).

Prendendo il Magistero nella sua interezza, la Chiesa si presenta come assolutamente necessaria per la salvezza di ogni uomo.

C’è una famosa frase di origine patristica che dice: “extra Ecclesiam nulla salus”, ovvero: “fuori della Chiesa non vi è salvezza”. Ebbene, questa frase è un’incontestabile verità di fede,  lo è perché è stata continuamente ripetuta dai Padri e dal Magistero.

Con San Cipriano (200-258) abbiamo anche la simbologia dell'arca vista come la Chiesa che fa salire, entrare al suo interno ogni specie affinché tutti si salvino dal diluvio: “Fuori dell’arca, il diluvio e la morte; fuori della Chiesa, la dannazione.” (De Unitate Ecclesiae, VI).

Genesi 6 spiega i dettagli sul diluvio e il motivo: "Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo". Si legga anche sulla corruzione del genere umano: Es 34,15-16/ 2Cor. 6,14-18/ Sal.14,1-4/ Rm.3,10-18..

E spiega come dovesse essere costruita l'arca, si legga anche:  Gb 22,15-17/ Os 4,1-3/ Eb 11,7/ 1Pt. 3,19-20/ Gb 22,15-17/ Os 4,1-3.

"Ma io stabilirò il mio patto con te; tu entrerai nell'arca: tu e i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli con te.  Di tutto ciò che vive, di ogni essere vivente, fanne entrare nell'arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te; e siano maschio e femmina..." (Gn.6,18-19).

Con il Nuovo Testamento abbiamo la chiave di lettura di questi fatti: Gesù Cristo è la Nuova Alleanza definitiva fra l'uomo e Dio e nel Suo Corpo, che è la Chiesa, è la nostra arca di salvezza dalle tempeste del mondo, in questo Corpo è contenuta la pienezza di questa Salvezza che s'irradia nel mondo.

Dice San Girolamo (347-420): “So che la Chiesa è stata edificata su quella pietra (la Cattedra di Pietro). Chiunque mangi l’agnello fuori di questa casa è profano. Se qualcuno non sarà nell’arca di Noé, perirà nel diluvio.” (Epistola ad Damasum, 2).

Dice infatti Gesù: “Se non vuole ascoltare nemmeno loro, và a riferire il fatto alla comunità dei credenti. Se poi non ascolterà neppure la comunità, consideralo come un pagano o un estraneo” (Matteo 18,17).

 “Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto quello che io vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,19-20).

Non si può dire di essere con Gesù se, volontariamente, si vuole stare fuori del Suo Corpo, o peggio, combatterlo ritenendo la santa Chiesa un pericolo per le persone.

Viene ora spontanea un altra domanda: ma quante chiese abbiamo se tutte pretendono di "avere la salvezza"?

Cominciamo con una onesta  distinzione perché è ovvio che non  in tutte le Chiese c'è salvezza dal momento che la Chiesa è "una, santa, cattolica ed apostolica", perciò è il concetto di Chiesa che va chiarito.

Se leggiamo il N.T. osserviamo un riferimento alla "Chiesa", ma anche "alle Chiese", la distinzione dunque va fatta tra :

1) la Chiesa Cattolica Universale (con quella Ortodossa che è separata ma non costituisce una Chiesa a parte);

2) e le Chiese locali o "particolari" .

La realtà è perciò la seguente:

La Chiesa Cattolica-Romana è quell'una, santa ed apostolica, da questa unica Chiesa rappresentata ininterrottamente dal vescovo residente a Roma e dai Patriarchi d'Oriente, esistono le "chiese locali-particolari" sulle quali vigila un Vescovo che è in comunione con "Pietro" e che da lui riceve il "mandato" per vigilare su quelle comunità, ma ahimè,  hanno preso vita anche le divisioni, lacerazioni.

Non dimentichiamo a tal proposito la stessa Preghiera di Gesù a favore dell'unità:

"Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato". (Gv.17,1-25), ed anche a quella Preghiera singolare ed unica che Gesù confida di aver fatto per Pietro: "Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc.22,31-32).

Alcune divisioni sono sorte proprio sulle eresie anche se oggi solo apparentemente sconfitte, altre divisioni si sono avute su questioni più prettamente territoriali e politiche....

Se leggiamo dagli apostoli, san Paolo esprime chiaramente un aspetto fondamentale:

egli pur scrivendo a diverse chiese: Corinto, alle Chiese in Galazia, ai Tessalonicesi, ecc.... fa comprendere il ruolo delle "chiese locali" che però non vivevano di vita propria, ma bensì dovevano obbedire all'insegnamento degli Apostoli.

Queste Chiese non si fondavano assolutamente sulla falsa dottrina protestante del Sola Scriptura, ma dovevano seguire fedelmente le dottrine degli Apostoli i quali, colonne della Chiesa universale, garantivano l'unità nell'insegnamento, perciò è da essi che traevano i Sacramenti della salvezza e di conseguenza è dalla Chiesa in cui abita Pietro con i Successori degli apostoli ad essere quell'Unica Chiesa dalla quale  proviene la salvezza per sé e per le altre comunità in comunione con loro.

Gli Apostoli così fanno comprendere da subito che la Chiesa certamente è formata dall'assemblea dei fedeli che si riuniscono, ma in questa Chiesa Universale si è "universali"(=cattolici) solo se vi è comunione nell'insegnamento dottrinale della Scrittura e con la "loro" parola alla quale devono, gioco forza, ritrovarsi tutte le Chiese "particolari", ed ogni confessione-comunità cristiana.

 In poche parole furono gli Apostoli che visibilmente imposero delle regole dottrinali di vita nelle comunità, mai lasciarono alle Chiese la libera interpretazione delle Scritture.

Perciò la Chiesa Cattolica Romana è l'unica che ancora oggi dimostra quella "universalità apostolica" dentro la quale "non esiste solo Roma", ma convivono dentro centinaia di Chiese locali e di Chiese particolari, come dimostra già nell'anno 80 d.C. san Clemente quando scrive alla Chiesa in Corinto per ricondurla all'unità dottrinale per mezzo dell'obbedienza ai presbiteri e al vescovo del luogo, da Clemente riconosciuto in comunione.

Dice ragionevolmente la Lumen Gentium al n.26: che ognuna di queste Chiese è il Corpo di Cristo in un luogo particolare, in poche parole le Chiese non devono diventare una sorta di suddivisione territoriale amministrativa o come succursale locale di una catena di ristoranti "fast food".

Ogni Chiesa fonda una comunità unita dalla fede e dal battesimo e che si trova in comunione mediante l'Eucarestia, mediante, dice san Paolo il "Deposito della fede" che è la viva Tradizione comune, che avviene per mezzo di ministri "confermati da Pietro", consacrati mediante l'Ordinazione sacra, ed inviati a nome di tutta la Chiesa universale per essere servizio alle comunità.

Che si ritrovano insieme per ascoltare la Parola di Dio, commentarla, studiarla, nutrirsi del Corpo e Sangue di Gesù, attendere alle opere di carità per il sostentamento dei più deboli, per migliorare la società in attesa del ritorno del Signore Gesù, ecc..

La Chiesa Cattolica dunque non è per un capriccio che difende un primato, questo primato esiste ed è sotto gli occhi di tutti e quando si parla di "lacerazione del Corpo di Cristo", s'intende proprio parlare delle Chiese che si distaccarono dal Corpo.

Un Corpo non puramente invisibile come molti oggi erroneamente vorrebbero la Chiesa, ma visibile come testimoniano gli apostoli quando parlano alle chiese del loro tempo.

Ed è un primato che esercita una forma di  Carità dunque, quel praticare un atto verso gli infermi, i carcerati, gli anziani, i moribondi, gli ospiti, verso coloro nei quali avvertiamo un senso di antipatia, oppure che ci hanno offeso, una Carità volta a far conoscere il fondamento che la sostiene: Gesù Cristo.

Seppur dovrebbe essere carità quotidiana, essa è particolare in quanto, applicandola, verrebbe ad alimentare le nostre virtù correggendo proprio i nostri peggior difetti.

Così si legge in un catechismo del 1886 dalla diocesi di Trieste: "E' Carità particolare rivolgersi agli eretici, agli infedeli, ai pagani. Questa Carità è tipica della Santa Chiesa perché solo in Essa vi è salvezza, nessuna proposizione fu più di questa combattuta dagli eretici: la chiamano intolleranza papistica e furibondo fanatismo, ma si sbagliano.

Questa forma di Carità è particolare perché Nostro Signore Gesù Cristo volle istituire con la Sua Chiesa un mezzo sicuro, ed efficace per trasmettere la Salvezza. Quando la Chiesa insegna questa Salvezza non intese mai dire che tutti gli altri che non appartengono alla Chiesa siano come eternamente dannati o perduti... ma solamente dice che la sola Chiesa di Gesù Cristo ha la potenza di condurre gli uomini alla certezza della salvezza. I mezzi per conseguire l'eterna salute sono quelli ordinari, ma anche quelli straordinari: i mezzi ordinari sono nelle mani della Chiesa e sono i suoi Divini Sacramenti, quelli straordinari sono nelle mani di Dio  e sono quelli che la Chiesa definisce "strade misteriose che conducono a Dio", tuttavia anche i mezzi straordinari si muovono in modo ordinato che ha nella Divina Eucaristia, la Santa Messa, il suo principio motore, e poi le Preghiere della Chiesa e dei fedeli, specialmente il santo Rosario. La Santa Chiesa vive, insegna ed applica la Carità particolare, tenendo bene a mente  tutto l'insegnamento di Gesù Cristo e non soltanto quel che torna comodo..."

Mi piace concludere questi aspetti che abbiamo appena analizzato, con un buon articolo tratto in rete da "il settimanale di san Padre Pio":

La Chiesa Cattolica, perciò,  da sempre ha affermato che chi si trova fuori della Chiesa senza colpa, non può, per questo, essere condannato.

A riguardo di ciò si ipotizzano due possibili ignoranze: la cosiddetta dotta ignoranza e l’ignoranza invincibile.

Per dotta ignoranza (significativa contraddizione: “dotta”/“ignoranza”) s’intende quella situazione in cui non si è mai ricevuto l’annuncio cristiano, per cui si è in uno stato d’ignoranza incolpevole, ma nello stesso tempo si desidera intimamente (ecco perché si parla d’ignoranza “dotta”) di aderire alla Verità che purtroppo non si conosce.

Per ignoranza invincibile s’intende invece quella situazione in cui si è ricevuto l’annuncio cristiano, ma lo stato d’ignoranza è tale (invincibile appunto) che non si può superare. Per esempio, un uomo semplice completamente condizionato dal contesto ambientale e culturale e che quindi non ha la possibilità di capire dove sta la verità e dove sta l’errore.

Queste ignoranze sono di due tipi, ma, spesso, vengono entrambe definite con l’aggettivo di “invincibili”.

Cito un’affermazione del beato Pontefice Pio IX. L’affermazione è tratta dall’enciclica Singolari quidam del 17.3.1856 : “(…) nella Chiesa Cattolica, per il fatto che essa conserva il vero culto, vi è il santuario inviolabile della fede stessa, e il tempio di Dio, fuori del quale, salvo la scusa di una invincibile ignoranza, non si può sperare né la vita né la salvezza”.

- Ma se ci si salva perché si è fuori dalla Chiesa ‘senza colpa’, allora vien meno il principio dell’ ‘extra Ecclesiam nulla salus’ (fuori della Chiesa non c’è salvezza)?

 - No, non c’è contraddizione.

Condizione necessaria per far parte della Chiesa è ricevere il battesimo. E’ pur vero però che non esiste solo il battesimo-di-acqua (quello che viene amministrato ordinariamente), esistono anche il battesimo-di-sangue e il battesimo-di-desiderio.

Il battesimo-di-sangue riguarda il martirio. Convertirsi da adulto significa ricevere il battesimo dopo un’adeguata preparazione; dunque, se intanto dovesse sopraggiungere il martirio, l’effusione del proprio sangue per Cristo conferisce il battesimo.

Il battesimo-di-desiderio invece è più frequente. Un adulto è in attesa di ricevere il battesimo, ma intanto sopraggiunge improvvisamente la morte; ebbene, il desiderio di ricevere il battesimo, in questo caso, lo battezza.

(..) In questo modo viene tanto salvaguardato il giusto principio che possano salvarsi coloro che, in buona fede, non sono cattolici, quanto il principio dell’extra Ecclesiam nulla salus.

Riguardo il desiderio implicito, il sommo Pontefice San Pio X, nel suo celebre Catechismo, dice: “Chi, trovandosi senza sua colpa, ossia in buona fede, fuori della Chiesa, avesse ricevuto il Battesimo, o ne avesse il desiderio almeno implicito; cercasse inoltre sinceramente la verità e compisse la volontà di Dio come meglio può; benché separato dal corpo della Chiesa, sarebbe unito all’anima di lei e quindi in via di salute”.

Che cosa significano anima e corpo della Chiesa?

L’anima consiste in ciò che la Chiesa ha di interno e spirituale: la Fede, la Speranza, la Carità, i Doni della Grazia e tutti i tesori che si devono ai meriti di Cristo e dei Santi. Il corpo consiste invece in ciò che la Chiesa ha di visibile e di esterno: la società dei fedeli, il culto, il governo, la struttura, il ministero e l’insegnamento.

Qual è il criterio che il Signore utilizza per capire se un’anima desidera davvero aderire a Lui?

[...] Il criterio è lo sforzo di seguire la legge naturale.

Scrive il beato Pio IX nell’enciclica Quanto conficiamur moerore del 10.8.1863: “A voi è assai noto che quelli i quali per ignoranza invincibile non conoscono la nostra religione, ma conoscono la legge naturale ed i suoi precetti da Dio scolpiti nei cuori di tutti e sono disposti ad ubbidire a Dio e menano una vita onesta, questi con l’aiuto della luce e della grazia divina possono conseguire la vita eterna; perchè Dio, il quale vede, scruta e conosce le menti, gli animi, i pensieri, le disposizioni di tutti, per ragione della sua somma bontà e clemenza non può assolutamente permettere che sia punito con eterni supplizi chi non sia reo di colpa volontaria”.

Dunque, la legge naturale è quella legge che è conoscibile attraverso la ragione e che alberga nel cuore di ogni uomo indipendentemente dall’atto di Fede, e che se vogliamo possiamo ritrovare nei Dieci Comandamenti. Certamente per chi è cristiano, con l’aiuto della Grazia, è più facile l’individuazione e la pratica della legge naturale, ma non è impossibile per chi cristiano non è.

Possiamo quindi dire che è sempre questa unica Chiesa Cattolica e questo Corpo visibile che nel corso dei secoli per varie circostanze volute o non volute, ha subito delle persecuzioni anche gravi, interne ed esterne al Corpo, ma nessuno di noi può dubitare delle parole del Fondatore: "e le porte degli inferi non prevarranno", se Gesù ha dato questa certezza, significa che l'ha data proprio per non lasciarci ingannare dalle false dottrine, per non lasciarci scoraggiare dalle divisioni, e per sottolineare che se esisteva un pericolo da Lui stesso fermato, esiste allora anche un luogo terreno, la Chiesa, contro la quale le potenze delle tenebre vorrebbero trionfare invadendola e annientandola, ma non ci riusciranno perché lo Sposo è fedele alle sue promesse ed ama la Sua Sposa.

 2. La Chiesa "Cattolica Romana"

E' necessario spendere ora due righe su questo termine.

Fin dal primo secolo abbiamo visto come la prima frase: "fuori della Chiesa non c'è salvezza", non comprendesse mai gli altri due termini "cattolica e romana". Questa assenza ha dato origine, per i protestanti, alla falsa affermazione che i Padri non intendessero parlare della Chiesa "romana" ma di una Chiesa "di Gesù Cristo" territorialmente invisibile... una Chiesa fatta semplicemente "dalla fede dei fedeli in Gesù Cristo" in qualunque posto vivano, una Chiesa sostanzialmente "invisibile", ma resa visibile dalle membra attive, dall'assemblea che si riunisce la domenica per pregare, dall'andare in giro per il mondo a battezzare...

Con queste idee bizzarre non si fa fatica a comprendere che la prima seria e più grave divisione nella Chiesa Cattolica Universale è stata proprio quella Protestante, scaturita dalla Riforma del XVI sec.

Già cinque secoli prima come sappiamo Oriente ed Occidente si separarono per questioni politiche anche se in modo graduale cominciarono a dividersi dall'eresia ariana...

Ma mentre nelle Chiese Ortodosse è rimasto il concetto appunto dell'Ortodossia e nella quale condividiamo tutti e Sette i Sacramenti e la Presenza reale del Cristo nell'Eucarestia, nelle comunità (non chiese) Protestanti tutto venne stravolto e sconvolto, dai Sacramenti al Sacerdozio, alla Messa, alle dottrine ed oggi persino nelle questioni etiche e morali tale divisione è peggiorata.

Per capire dunque la Chiesa nei suoi termini "cattolica-romana" è necessario approfondire il senso del termine "cattolico-cattolicesimo".

La parola Cattolico deriva dall'aggettivo greco Katholokòs, universale, e dalla frase avverbiale greca: Kath'hòlou che significa "nell'insieme".

E' sbagliato perciò pensare che il contrario di cattolico possa essere "protestante o evangelico o pentecostale", il contrario di cattolico è semplicemente "settario", il contrario di "insieme" è infatti: separatamente, senza, da solo.
Questa connotazione di cattolica divenne distintiva per la Chiesa d'Occidente nel sec. XI dopo lo scisma con Oriente che fino ad allora parlava della Chiesa di Roma o della Chiesa di "rito latino", e con l'aggiunta, dispregiativa,  di "Romana" dal XVI con la Riforma protestante.

Da questa Riforma la parola cattolico assunse, anche all'interno della Chiesa, un senso strettamente confessionale, in quanto si sentì la necessità di un termine per distinguere la comunità rimasta fedele alla Chiesa Cattolica rappresentata dal vescovo di Roma da quelle che erano state attratte dai nuovi riformatori.

Ma che la Chiesa nella sua legittima sede apostolica fosse da sempre riconosciuta come "romana e cattolica" lo sappiamo proprio dai Padri della Chiesa che non certo con disprezzo definivano così la sede Petrina.

Per concludere

La Chiesa Cattolica è necessaria per la salvezza!

E possiamo dire con serenità che è dentro questa unica Chiesa, essendo "la Mistica Sposa ma anche Corpo di Cristo" che essa incarna la Presenza reale del Cristo dal quale avviene e si compie l'opera redentrice in favore di tutta l'umanità: l'Eucaristia.

Questa Chiesa essendo universale, prega, insegna e si esprime in concetto di universalità ed infallibilità.

Grazie a questa preghiera Universale che la Chiesa esprime mediante l'Eucarestia e gli altri Sacramenti, "tutte le genti" volenti o dolenti sono in qualche modo in relazione con la Chiesa Cattolica per mezzo non di meriti personali, ma per la grazia dello Spirito Santo che l'ha chiamata a questo scopo e servizio: segno visibile e strumento indispensabile per chiunque voglia accedere.

"Chi non è contro di voi, è con voi".

La cattolicità della Chiesa viene  affermata sin dai primi secoli del cristianesimo, soprattutto sulla scorta del Vangelo di san Giovanni.

Nel V secolo san Vincenzo di Lérins definì con sapienziale  sintesi il concetto stesso di Cattolico: "Quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est" (Quel che si è creduto ovunque, sempre, da tutti gli uomini): dunque un vero e proprio universalismo spazio-temporale. Il termine Cattolico esprime un dato essenziale della rivelazione biblica: la Chiesa, fondata da Cristo, è universale perché aperta a tutti i popoli senza distinzione di razza, nazionalità, sesso e censo. "Andate ed insegnate a tutte le genti" (Matteo 28, 18). Il concetto è stato ripreso dal Concilio Vaticano II: "Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio … alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, sia, infine, tutti gli uomini dalla grazia di Dio chiamati alla salvezza" (Lumen gentium 2, 13).

Dichiarato Doctor universalis insieme a san Tommaso d'Aquino, sant'Alberto Magno, vescovo, fu grande e fulgido esempio di evangelizzazione e predicazione della Verità.

Per lui lo studio delle dottrine è concepito come "culto della Verità", come pratica ascetica, come perfezione umana e non come un campo di battaglia, ma piuttosto come campo di "apprendimento di tutte le virtù", sul quale combattere non contro le persone, ma per correggere i propri errori, abbandonare i vizi. L'errore, insegna sant'Alberto Magno, si  distrugge affrontandolo e prevenendolo, restando sommamente fedeli all'insegnamento della santa Madre Chiesa.

Non stiamo lavorando o vivendo per una unità in una chiesa o comunità qualsiasi, ma per giungere pienamente a quella salvezza che s'irradia dall'unica Chiesa Cattolica esistente, voluta ed abitata pienamente dal Suo Fondatore, Gesù Cristo.

[SM=g1740717] Sia lodato Gesù Cristo [SM=g1740720]




Caterina63
00mercoledì 31 ottobre 2012 14:02
[SM=g1740733]Il Papa all'udienza di stamani
conferma le riflessioni di questo forum.....



“Certo, l’atto di fede è un atto eminentemente personale, che avviene nell’intimo più profondo e che segna un cambiamento di direzione, una conversione personale: è la mia esistenza personale che riceve una svolta (...) Ma questo mio credere non è il risultato di una mia riflessione solitaria, non è il prodotto di un mio pensiero, ma è frutto di una relazione, di un dialogo, in cui c’è un ascoltare, un ricevere e un rispondere; è il comunicare con Gesù che mi fa uscire dal mio ‘io’ racchiuso in me stesso per aprirmi all’amore di Dio Padre".

La fede, ha proseguito il Papa, non è allora “un dialogo privato con Gesù”: è un dono che viene da Dio e, ha sottolineato, arriva attraverso la Chiesa. “Fin dagli inizi”, ha ribadito, è la Chiesa “il luogo della fede”, “il luogo di trasmissione della fede”. Per questo, la Chiesa non è una entità “sociologica”, ma una comunità radicata in Dio, in Gesù, nello Spirito:

“La nostra fede è veramente personale, solo se è anche comunitaria: può essere la mia fede, solo se vive e si muove nel ‘noi’ della Chiesa, solo se è la nostra fede, la comune fede della Chiesa unica (…) La Chiesa è la Madre di tutti i credenti. ‘Nessuno può dire di avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa come Madre’. Quindi la fede nasce nella Chiesa, conduce ad essa e vive in essa. Questo è importante ricordarlo”.

Chiariti i principi, Benedetto XVI è passato al modo in cui, da duemila anni, la Chiesa li annuncia e li testimonia. In particolare, ha messo in luce l’importanza della “Tradizione”, che “dà la garanzia – ha asserito – che ciò in cui crediamo è il messaggio originario di Cristo, predicato dagli Apostoli”:

“Se la Sacra Scrittura contiene la Parola di Dio, la Tradizione della Chiesa la conserva e la trasmette fedelmente, perché gli uomini di ogni epoca possano accedere alle sue immense risorse e arricchirsi dei suoi tesori di grazia”.

Infine, l’ultima, fondamentale, indicazione di Benedetto XVI: “È nella comunità ecclesiale che la fede personale cresce e matura”. Per cui, la nuova evangelizzazione – al centro del Sinodo appena terminato – altro non è che l’espressione pubblica, accompagnata dalla grazia di Dio, di questa fede. Per questo, ha concluso:

“La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato contraddice la sua stessa natura. Abbiamo bisogno della Chiesa per avere conferma della nostra fede e per fare insieme esperienza dei doni di Dio: la sua Parola, i Sacramenti, il sostegno della grazia e la testimonianza dell’amore (…) In un mondo in cui l’individualismo sembra regolare i rapporti fra le persone, rendendole sempre più fragili, la fede ci chiama ad essere popolo di Dio, ad essere Chiesa, portatori dell’amore e della comunione di Dio per tutto il genere umano”.

Al termine delle catechesi in sintesi e in otto lingue, tra cui l’arabo, il Papa ha salutato, fra gli altri, i rettori delle Università cattoliche, riuniti a Roma, e ha ricordato la Solennità di domani di Tutti i Santi.

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CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

continuiamo nel nostro cammino di meditazione sulla fede cattolica. La settimana scorsa ho mostrato come la fede sia un dono, perché è Dio che prende l’iniziativa e ci viene incontro; e così la fede è una risposta con la quale noi Lo accogliamo come fondamento stabile della nostra vita. E’ un dono che trasforma l’esistenza, perché ci fa entrare nella stessa visione di Gesù, il quale opera in noi e ci apre all’amore verso Dio e verso gli altri.

Oggi vorrei fare un altro passo nella nostra riflessione, partendo ancora una volta da alcune domande: la fede ha un carattere solo personale, individuale? Interessa solo la mia persona? Vivo la mia fede da solo? Certo, l’atto di fede è un atto eminentemente personale, che avviene nell’intimo più profondo e che segna un cambiamento di direzione, una conversione personale: è la mia esistenza che riceve una svolta, un orientamento nuovo. Nella Liturgia del Battesimo, al momento delle promesse, il celebrante chiede di manifestare la fede cattolica e formula tre domande: Credete in Dio Padre onnipotente? Credete in Gesù Cristo suo unico Figlio? Credete nello Spirito Santo? Anticamente queste domande erano rivolte personalmente a colui che doveva ricevere il Battesimo, prima che si immergesse per tre volte nell’acqua. E anche oggi la risposta è al singolare: «Credo».
Ma questo mio credere non è il risultato di una mia riflessione solitaria, non è il prodotto di un mio pensiero, ma è frutto di una relazione, di un dialogo, in cui c’è un ascoltare, un ricevere e un rispondere; è il comunicare con Gesù che mi fa uscire dal mio «io» racchiuso in me stesso per aprirmi all’amore di Dio Padre.
E’ come una rinascita in cui mi scopro unito non solo a Gesù, ma anche a tutti quelli che hanno camminato e camminano sulla stessa via; e questa nuova nascita, che inizia con il Battesimo, continua per tutto il percorso dell’esistenza.
Non posso costruire la mia fede personale in un dialogo privato con Gesù, perché la fede mi viene donata da Dio attraverso una comunità credente che è la Chiesa e mi inserisce così nella moltitudine dei credenti in una comunione che non è solo sociologica, ma radicata nell’eterno amore di Dio, che in Se stesso è comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, è Amore trinitario. La nostra fede è veramente personale, solo se è anche comunitaria: può essere la mia fede, solo se vive e si muove nel «noi» della Chiesa, solo se è la nostra fede, la comune fede dell’unica Chiesa.


Alla domenica, nella Santa Messa, recitando il «Credo», noi ci esprimiamo in prima persona, ma confessiamo comunitariamente l’unica fede della Chiesa. Quel «credo» pronunciato singolarmente si unisce a quello di un immenso coro nel tempo e nello spazio, in cui ciascuno contribuisce, per così dire, ad una concorde polifonia nella fede. Il Catechismo della Chiesa Cattolica riassume in modo chiaro così: «"Credere" è un atto ecclesiale. La fede della Chiesa precede, genera, sostiene e nutre la nostra fede. La Chiesa è la Madre di tutti i credenti. "Nessuno può dire di avere Dio per Padre, se non ha la Chiesa come Madre" [san Cipriano]» (n. 181). Quindi la fede nasce nella Chiesa, conduce ad essa e vive in essa. Questo è importante ricordarlo.

Agli inizi dell’avventura cristiana, quando lo Spirito Santo scende con potenza sui discepoli, nel giorno di Pentecoste - come narrano gli Atti degli Apostoli (cfr 2,1-13) - la Chiesa nascente riceve la forza per attuare la missione affidatale dal Signore risorto: diffondere in ogni angolo della terra il Vangelo, la buona notizia del Regno di Dio, e guidare così ogni uomo all’incontro con Lui, alla fede che salva. Gli Apostoli superano ogni paura nel proclamare ciò che avevano udito, visto, sperimentato di persona con Gesù. Per la potenza dello Spirito Santo, iniziano a parlare lingue nuove, annunciando apertamente il mistero di cui erano stati testimoni. Negli Atti degli Apostoli ci viene riferito poi il grande discorso che Pietro pronuncia proprio nel giorno di Pentecoste. Egli parte da un passo del profeta Gioele (3,1-5), riferendolo a Gesù, e proclamando il nucleo centrale della fede cristiana: Colui che aveva beneficato tutti, che era stato accreditato presso Dio con prodigi e segni grandi, è stato inchiodato sulla croce ed ucciso, ma Dio lo ha risuscitato dai morti, costituendolo Signore e Cristo. Con Lui siamo entrati nella salvezza definitiva annunciata dai profeti e chi invocherà il suo nome sarà salvato (cfr At 2,17-24). Ascoltando queste parole di Pietro, molti si sentono personalmente interpellati, si pentono dei propri peccati e si fanno battezzare ricevendo il dono dello Spirito Santo (cfr At 2, 37-41).
Così inizia il cammino della Chiesa, comunità che porta questo annuncio nel tempo e nello spazio, comunità che è il Popolo di Dio fondato sulla nuova alleanza grazie al sangue di Cristo e i cui membri non appartengono ad un particolare gruppo sociale o etnico, ma sono uomini e donne provenienti da ogni nazione e cultura. E’ un popolo «cattolico», che parla lingue nuove, universalmente aperto ad accogliere tutti, oltre ogni confine, abbattendo tutte le barriere. Dice san Paolo: «Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti" (Col 3,11).


La Chiesa, dunque, fin dagli inizi è il luogo della fede, il luogo della trasmissione della fede, il luogo in cui, per il Battesimo, si è immersi nel Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo, che ci libera dalla prigionia del peccato, ci dona la libertà di figli e ci introduce nella comunione col Dio Trinitario. Al tempo stesso, siamo immersi nella comunione con gli altri fratelli e sorelle di fede, con l’intero Corpo di Cristo, tirati fuori dal nostro isolamento.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II lo ricorda: «Dio volle salvare e santificare gli uomini non individualmente e senza alcun legame fra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che Lo riconoscesse nella verità e fedelmente Lo servisse» (Cost. dogm. Lumen gentium, 9). Richiamando ancora la liturgia del Battesimo, notiamo che, a conclusione delle promesse in cui esprimiamo la rinuncia al male e ripetiamo «credo» alle verità della fede, il celebrante dichiara: «Questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa e noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù nostro Signore». La fede è virtù teologale, donata da Dio, ma trasmessa dalla Chiesa lungo la storia. Lo stesso san Paolo, scrivendo ai Corinzi, afferma di aver comunicato loro il Vangelo che a sua volta anche lui aveva ricevuto (cfr 1 Cor 15,3).


Vi è un’ininterrotta catena di vita della Chiesa, di annuncio della Parola di Dio, di celebrazione dei Sacramenti, che giunge fino a noi e che chiamiamo Tradizione. Essa ci dà la garanzia che ciò in cui crediamo è il messaggio originario di Cristo, predicato dagli Apostoli. Il nucleo dell’annuncio primordiale è l’evento della Morte e Risurrezione del Signore, da cui scaturisce tutto il patrimonio della fede. Dice il Concilio: «La predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva essere consegnata con successione continua fino alla fine dei tempi» Cost. dogm. Dei Verbum, 8). In tal modo, se la Sacra Scrittura contiene la Parola di Dio, la Tradizione della Chiesa la conserva e la trasmette fedelmente, perché gli uomini di ogni epoca possano accedere alle sue immense risorse e arricchirsi dei suoi tesori di grazia. Così la Chiesa «nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede» (ibidem).

Vorrei, infine, sottolineare che è nella comunità ecclesiale che la fede personale cresce e matura. E’ interessante osservare come nel Nuovo Testamento la parola «santi» designa i cristiani nel loro insieme, e certamente non tutti avevano le qualità per essere dichiarati santi dalla Chiesa. Che cosa si voleva indicare, allora, con questo termine? Il fatto che coloro che avevano e vivevano la fede in Cristo risorto erano chiamati a diventare un punto di riferimento per tutti gli altri, mettendoli così in contatto con la Persona e con il Messaggio di Gesù, che rivela il volto del Dio vivente. E questo vale anche per noi: un cristiano che si lascia guidare e plasmare man mano dalla fede della Chiesa, nonostante le sue debolezze, i suoi limiti e le sue difficoltà, diventa come una finestra aperta alla luce del Dio vivente, che riceve questa luce e la trasmette al mondo. Il Beato Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris missio affermava che «la missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!» (n. 2).

La tendenza, oggi diffusa, a relegare la fede nella sfera del privato contraddice quindi la sua stessa natura. Abbiamo bisogno della Chiesa per avere conferma della nostra fede e per fare esperienza dei doni di Dio: la sua Parola, i Sacramenti, il sostegno della grazia e la testimonianza dell’amore.
Così il nostro «io» nel «noi» della Chiesa potrà percepirsi, ad un tempo, destinatario e protagonista di un evento che lo supera: l’esperienza della comunione con Dio, che fonda la comunione tra gli uomini. In un mondo in cui l’individualismo sembra regolare i rapporti fra le persone, rendendole sempre più fragili, la fede ci chiama ad essere Popolo di Dio, ad essere Chiesa, portatori dell’amore e della comunione di Dio per tutto il genere umano (cfr Cost. past. Gaudium et spes, 1).
Grazie per l’attenzione.

Caterina63
00sabato 27 aprile 2013 22:04
[SM=g1740758] In un suo post di ieri, il cardinale-blogger di New York, il simpatico e moderno arcivescovo Timothy Dolan, ha spiegato con semplicità cristallina ed efficacia comunicativa come vedere la Chiesa cattolica, che accoglie tutti e insieme offre anche a tutti delle regole di vita. Mi sono accorto di questo scritto - che vi traduco qui sotto - da un tweet di un altro cardinale, il sudafricano Wilfrid Napier, che dall'altro capo del mondo applaude le analogiche spiegazioni del collega del Nordamerica.
Quando si discute di scelte morali, di aperture richieste alla Chiesa nel mutare i propri insegnamenti "antiquati", perché qualcuno è convinto di avere nuovi diritti (o di volerli riconoscere ad altri) e di dover esigere dalla Chiesa che essa si pieghi all'imperativo del "tutto cambia con i tempi", rileggiamo prima questa meditazione del Cardinal Dolan. Giusto per impostare una corretta prospettiva. Non è difficile, ma è chiara:


TUTTI SONO BENVENUTI! del card. Timothy Dolan

C'è una lezione che ho cominciato a imparare quando avevo sette o otto anni...

Il mio amico Freddie, che abitava di fronte a casa, ed io stavamo giocando fuori. Mamma mi ha chiamato per la cena.
Le ho chiesto: "Può rimanere anche Freddie e stare a cena con noi?"
"E' certamente il benvenuto, se va bene a sua mamma e papà", rispose lei.
"Grazie, signora Dolan," rispose Freddie. "Sono sicuro che va bene, perché mamma e papà sono fuori, e la babysitter aveva intenzione di farmi un panino quando sarei rientrato".
Ero così orgoglioso e felice. Freddie era il benvenuto a casa nostra, alla nostra tavola. Tutti e due siamo corsi dentro e ci siamo seduti.
"Freddie, sono contento che tu sia qui", ha osservato papà, "ma.... Sembra sia meglio che tu e Tim andiate a lavarvi le mani prima di mangiare".
Piuttosto semplice...senso comune... papà stava dicendo: ora sei un membro benvenuto e rispettato della nostra tavola, della nostra famiglia, ma ci sono alcune aspettative molto naturali che questa famiglia ha, come lavarsi le mani! ...

Così è dentro la famiglia soprannaturale che chiamiamo la Chiesa: tutti sono i benvenuti!

Ma, benvenuto a che cosa? Ad una comunità che ti amerà e rispetterà, ma che ha delle esigenze piuttosto chiare che la regolano, rivelate da Dio nella Bibbia, per mezzo del suo Figlio Gesù, instillate nel cuore dell'uomo, e insegnate dalla Sua Chiesa.

La Chiesa è cattolica. . . questo significa che tutti sono i benvenuti;
La Chiesa è una. . . ciò significa che abbiamo una Persona - Gesù - e il suo insegnamento morale che ci uniscono;
La Chiesa è apostolica. . . questo significa che l'insegnamento di Gesù è stato affidato ai suoi Apostoli, e con diligenza tramandato dalla sua Chiesa. Il sacro dovere della Chiesa è quello di invitare le persone, stimolare queste persone, a vivere il messaggio e gli insegnamenti di Gesù.
Questo equilibrio può causare qualche tensione. Freddie e io eravamo amati e accolti alla mensa di famiglia, ma era chiara la richiesta: niente mani sporche!
Il beato Giovanni Paolo II diceva che il modo migliore di amare qualcuno è dirgli la verità: insegnare la verità con amore. Gesù ha fatto questo - Lui era l'amore e la verità in persona - e così fa anche la sua Chiesa.
Noi amiamo e rispettiamo tutti quanti. . . ma questo non significa necessariamente che amiamo e rispettiamo le loro azioni.
"Chi" è una persona? Noi amiamo e rispettiamo lui o lei. . .
"Che cosa" una persona fa? La verità può richiedere che diciamo a questa persona che amiamo che certe azioni non sono in sintonia con ciò che Dio ha rivelato.
Non possiamo mai giudicare una persona. . . ma, possiamo giudicare le azioni di una persona.
Gesù lo ha fatto benissimo. Ricordate la donna colta in adulterio? Gli anziani stavano per lapidarla. Dopo le parole di Gesù, se ne sono andati via.
«Non c'è nessuno rimasto a condannarti?" Il Signore ha chiesto con tenerezza alla donna accusata.
"Nessuno, Signore», sussurrò lei.
"Neppure io ti condanno", ha concluso Gesù . "Ora vai, ma non peccare più."

Odia il peccato, ama il peccatore. . .

Nel mio ultimo anno in seminario, ho guidato una delegazione dal rettore sostenendo che era giunto il momento di abbandonare la pretesa "fuori moda" che a noi seminaristi venisse richiesto di dedicarci allo studio della filosofia. Insistevamo dicendo che quei tempi "rivoluzionari" - eravamo nel 1971 - richiedevano a noi futuri sacerdoti di essere specialisti in altre aree "rilevanti", come la psicologia o la sociologia.

Il rettore, un uomo saggio, ascoltò con attenzione e pazienza. Ci ha ringraziato e ha chiesto un po' di tempo per riflettere e consultarsi sulla nostra richiesta.
Una settimana più tardi ci ha richiamato e ha detto che il requisito della filosofia sarebbe rimasto (ora sono ben contento che lo abbia fatto, tra l'altro!). Uno degli studenti più irruenti è saltato su: "Vede? Lei non ci ascolta mai! Non ci rispetta! "
Il rettore ha spiegato con calma: "Solo perché non sono d'accordo con voi, o non accetto la vostra proposta, non significa che non vi ascolto, né che io non vi ami e rispetti."
Non cattiva come lezione di filosofia, diciamo.
Allo stesso modo, per esempio, la Chiesa ama, accoglie e rispetta l'alcolista. . . ma non dovrà accettare la sua sbornia.
La Chiesa ama, accoglie, rispetta un uomo d'affari di primo piano ... ma non può passar sopra al suo mancato pagamento di un giusto salario a un lavoratore immigrato.
La Chiesa ama, accoglie e rispetta una giovane coppia di innamorati. . . ma non potrebbe non contestare la loro decisione di "vivere insieme" prima del matrimonio.
La Chiesa ama, accoglie e rispetta una donna che ha compiuto un aborto e l'uomo, padre del bambino, che ha incoraggiato l'aborto. . . ma sarebbe unita a loro nel piangere il lutto e nel pentimento per quella scelta mortale.
La Chiesa ama, accoglie e rispetta una donna o un uomo con un'attrazione per lo stesso sesso. . . e nello stesso tempo ricorda a lui o lei il chiaro insegnamento per cui, mentre la condizione di omosessualità non è affatto un peccato, tuttavia l'insegnamento di Dio è chiaro che gli atti sessuali sono riservati ad un uomo e una donna uniti nel vincolo d'amore e fedeltà del matrimonio, che dura tutta la vita ed è aperto a dare la vita.
La Chiesa ama, accoglie e rispetta le persone ricche e nello stesso tempo insegna profeticamente la "a-volte-scomoda" virtù di giustizia e di carità verso i poveri.
Siamo parte di una Chiesa in cui, sì, tutti sono i benvenuti, ma, no, non di una Chiesa in cui tutto è permesso.
Ricordate il commovente vangelo di Domenica scorsa, quello di Gesù, il Buon Pastore? Un pastore che fa efficacemente il suo lavoro custodisce, protegge, nutre e conduce il suo gregge, mentre accoglie con benevolenza le sue pecore nel gregge. Ma... egli non permetterà loro di vagabondare, né permetterà alle pecore di fare tutto quello che vogliono o di andare dovunque vogliano. Il suo compito è quello di riportarle a casa e salvarle dal pericolo.

Questo pastore qui sta ancora cercando di imparare ad essere come quello: ad amare tutti senza mai fare compromessi sulla verità.

Fonte: cardinaldolan.org

Testo preso da: Cantuale Antonianum http://www.cantualeantonianum.com/#ixzz2RhDEPJpX

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