Omelie di Fr.Giampaolo, Parroco della Brunella a Varese (da non perdere)

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Caterina63
00lunedì 20 aprile 2009 07:37

09/08/2008

Letture e commento della XVIII domenica per annum A

1256120517.2.jpgQuesti sono i brani di Domenica 3 agosto che vengono commentati nel file audio


di Fr.Giampaolo, parroco della Brunella in Varese[SM=g1740722]


Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore:

«O voi tutti assetati, venite all’acqua,
voi che non avete denaro, venite;
comprate e mangiate; venite, comprate
senza denaro, senza pagare, vino e latte.
Perché spendete denaro per ciò che non è pane,
il vostro guadagno per ciò che non sazia?
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone
e gusterete cibi succulenti.
Porgete l’orecchio e venite a me,
ascoltate e vivrete.
Io stabilirò per voi un’alleanza eterna,
i favori assicurati a Davide».


Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle,
avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far
della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.



il commento, bellissimo[SM=g1740734] è in audio, clicca qui, non te ne pentirai....[SM=g1740722]

Caterina63
00lunedì 20 aprile 2009 07:49

23/08/2008

Vangelo e commento XXI domenica A

1849097574.JPGDal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

CLICCA QUI per il commento audio[SM=g1740722]



                    [SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740717]

16/08/2008

Vangelo e commento della XX domenica A

197258718.JPGDal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.

Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.



Ignazio di Antiochia:
"Dio con la sua Parola opererà e con il suo silenzio si farà conoscere".

CLICCA QUI  per il commento audio di Fr.Giampaolo[SM=g1740722]
 

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14/08/2008

Vangelo e commento della solennità dell'Assunzione di Maria

1046455305.jpgDal Vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.



CLICCA QUI per l'omelia in audio di Fr.Giampaolo[SM=g1740717]

09/08/2008

Letture e commento XIX domenica A

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Dal primo libro dei Re

In quei giorni, Elia, [essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb], entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore».
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.
Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.


+
Dal Vangelo secondo Matteo


[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».


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Caterina63
00lunedì 20 aprile 2009 08:34

14/09/2008

Vangelo e commento audio della Festa della esaltazione della santa Croce

3807002.jpg+ Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».





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Veglia Pasquale

risurrezione Beato Angelico.jpg“Voi non abbiate paura”

Concentriamo l’attenzione sulla lettura del Vangelo, sull’annuncio dell’angelo, che viene fatto alle donne. In questo annuncio troviamo alcuni elementi che ci riguardano.

Il primo aspetto è la richiesta di non avere paura: “Voi non abbiate paura!”, e il motivo è duplice, dal momento che duplice è la fonte della paura in questo testo.


Una prima paura  è quella che è data dall’apparizione: la paura di Dio, che l’uomo si porta dietro dal peccato in poi. Quel giorno, nel giardino, Adamo ha paura e si nasconde da Dio e, da allora, tutte le volte che Dio appare - o appare un angelo, Sua manifestazione - l’uomo teme. E tutte le volte Dio ha bisogno di dire a quell’uomo o a quella donna che hanno l’apparizione: “Non avere paura! Non temere!”.


La seconda è una paura ancora più immediata e che comprendiamo subito; è la paura che deriva da ciò che sta accadendo: c’è appena stato un terremoto, che scuote violentemente la terra, che fa cadere i soldati, che apre il sepolcro. E capiamo subito che questa è la paura della morte, di ciò che non sta più in piedi, di perdere i punti di riferimento, di perdere ciò che conosci.


Rispetto a queste due paure il Signore Gesù interviene, attraverso questo annuncio dell’angelo, chiedendo di superarle, perché ora non si può più avere paura di Dio. Non si può più perché anche il peccato non ci potrà mai allontanare da Lui. Lui è sceso fino nelle ultime conseguenze del peccato. Lui è entrato fino nella morte, che è l’estrema, radicale, totale conseguenza di quel male che l’uomo commette ed ha commesso. Lì il Signore è entrato! Questo comporta anche il fatto che non c’è più nessun luogo per scappare da Dio:  anche cercassimo di scappare, perché abbiamo paura di Dio, dove andremmo? Non c’è alcuna situazione non raggiunta da Lui; neanche morire si potrebbe, perché anche da morto trovi Dio, lo trovi ovunque. Non c’è più un ambito qualunque dell’universo dove tu possa andare senza trovarlo. Anche nella Sua negazione, Lui è presente. Anche laddove il peccato arriva fino alla morte, anche lì c’è Lui. Non si può più avere paura
.

Leggi tutto: 18. Veglia Pasquale.doc

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Pasqua - Messa del giorno

Noli Me Tangere, Fontana.jpgSe Cristo non è risorto è vana la nostra fede

Iniziamo facendo un passo indietro: siamo sul Calvario. Nella croce del Signore Gesù si è realizzata una cosa che in nessun altro istante e con nessun altra persona poteva realizzarsi. Nel momento in cui Gesù muore sulla croce, avviene qualcosa di inimmaginabile. Sulla croce c’è il vero uomo e il vero Dio: con la Sua morte si realizza un dono totale e un’accoglienza totale da parte di Dio e da parte dell’uomo. Da una parte infatti, noi contempliamo Gesù, che, come uomo, si dona al Padre e si dona a noi, e dall’altra parte, vedendo in Lui il vero Dio, contempliamo Colui che da sempre si dona al Padre e in modo totalmente nuovo si dona a noi.

La Sua morte sulla croce è il momento di un amore che non è mai stato realizzato in quella forma e che si poteva realizzare solo nell’istante del dare la vita totalmente, solo nell’istante del morire. Solo in quel modo, solo con Lui poteva accadere questo.


Questa riflessione sul significato della morte in croce di Gesù, dobbiamo tenerla presente,  perché è il necessario fondamento di ogni autentico cammino di vita cristiana. Su tale premessa sviluppiamo due considerazioni.

La prima è che qualcuno pensa di poter tranquillamente fare a meno del passaggio successivo. Ritiene cioè che basta pensare a Gesù come a un uomo straordinario - magari qualcuno valuta anche che può darsi che sia il Figlio di Dio, ma neanche capisce bene che cosa significa -, e che è bellissimo vedere che si è donato per noi fino a morire. Basta questo? Se io non mi baso sul dato certo della Risurrezione, posso davvero parlare in modo autentico di Gesù? Guardate che non è possibile! Se io fermo la mia considerazione di fede sul fatto che Gesù dà la Sua vita per noi e non arrivo alla certezza della Risurrezione, io non sono in grado di capire la croce. Mi limito ad applicare le solite categorie: quella dell’uomo eroico che muore per un ideale, dell’uomo che muore per amore. Sono bei concetti, che però in realtà non dicono per nulla eternità, non dicono per nulla salvezza per tutti. Perché  tanti sono morti per amore, ma la loro morte non ha causato la salvezza dell’umanità intera.


Io invece ho bisogno di sapere che Lui è risorto. Se non c’è la Risurrezione, tutto ciò che Lui ha detto, tutto ciò che ha preteso di essere, tutto ciò che ci ha comunicato, non è vero. Guardate che questo va tenuto davvero in considerazione. Ci sono tanti presunti cristiani che si accontentano di pensare che Gesù è uno che ha amato tanto, che si è donato per amore, che ha detto cose bellissime. Sì, certo che è vero, ma noi non crediamo in Lui solo per questo. Noi guardiamo oltre, ad una realtà infinitamente più vasta e profonda.


Se Lui non è risorto, l’ultima parola sulla vita umana non è l’amore, è la morte
. Che cosa potremmo dire? Che quando una persona muore in questo modo il suo ricordo rimane per sempre? Non è vero: i ricordi non durano per sempre, rimangono per un po’ nella mente di qualcuno e poi scompaiono con la morte di chi li ricorda. Noi non crediamo in un ricordo, noi crediamo in una persona viva. Se Gesù non è risorto, il Vangelo è una ideologia, al più una proposta di ideali, ma non porta in sé un valore assoluto. Vale quanto le parole dette da qualunque altra persona saggia e intelligente, ma non ha un valore trascendente, perché non dice parole di vita eterna. Se il Signore non è risorto, con chi stiamo parlando noi in questa celebrazione eucaristica? Noi siamo qui a parlare con Gesù, o stiamo parlando con un ricordo, con un’idea? Noi dobbiamo parlare con una persona viva; altrimenti tutta la preghiera di duemila anni di storia si perde in un parlare a vuoto, in un parlare con nessuno
.

Leggi tutto: 19. Domenica di Pasqua.doc

[SM=g1740733]

Caterina63
00lunedì 20 aprile 2009 11:54

Quaresima 2009 - Esercizi spirituali serali  - Fra' Giampaolo -  9 marzo 2009
scarica il testo:
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Quaresima 2009 - Esercizi spirituali serali  - Fra' Giampaolo - 10 marzo 2009
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Quaresima 2009 - Esercizi spirituali serali  - Fra' Giampaolo - 11 marzo 2009
scarica il testo:
testo PDF


[SM=g1740722] un grazie a Fr.Giampaolo e  al sito:
http://www.parrocchie.it/varese/sanvittorecasbeno/



[SM=g1740733]

Caterina63
00domenica 17 maggio 2009 17:38

02/05/2009

III domenica di Pasqua - ambrosiano


pietro e paolo in carcere.jpg(...) Partiamo con un esempio: hai un serio incidente e sei gravemente ferito. Un conto è che il medico ti dica che non  tornerai mai sano; ben diversa invece è la situazione se il medico ti assicura che, sia pure attraverso tanta fatica e anni di riabilitazione, alla fine tornerai come nuovo. In questa seconda circostanza, anche se quello che stai vivendo è totalmente negativo, anche se dovrai attraversare dolori di ogni genere e fatiche di ogni tipo, mantieni la speranza.

Perché di fronte a te sta la promessa che ti ha fatto qualcuno, secondo te affidabile, che ti dice che alla fine troverai qualcosa che darà senso a tutto quello che stai attraversando e permetterà a tutte le tue fatiche e sofferenze di essere incanalate verso un obiettivo. Noi oggi abbiamo ascoltato un Vangelo, che entra in questo nostro mondo fatto di incertezze ormai croniche, e dice una Parola che è infinitamente più potente di quella che ci può essere rivolta dal medico nell’esempio citato.

Il Signore Gesù dice: “Fidatevi di me. Io vado a prepararvi un posto, perché voglio che siate con me dove sono io”. Ora, una promessa di questo genere - detta da uno che davvero è affidabile; è per eccellenza Colui di cui ci si può fidare -, se non la lasciamo scivolare, ma la ascoltiamo sinceramente e con il cuore e in verità, ci rendiamo conto che cambia totalmente la prospettiva di tutto ciò che noi viviamo. E questo rimane vero qualunque sia la situazione che ci circonda:  nell’incertezza ci dà speranza e, quando c’è la certezza, ci permette di non legarci a ciò che sembra darci sicurezza e mantenere fisso lo sguardo sulla realtà eterna.

Leggi tutto: III_di_Pasqua.doc

Immagine: Pietro e Paolo in carcere, Chiesa di santa Maria del Carmelo in Traspontina




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08/05/2009

Omelia IV domenica di Pasqua, rito ambrosiano, anno B

pastor1.gifQuando nella Scrittura si usa una similitudine, questa va considerata solo riguardo a quei determinati aspetti che intende rendere evidenti. E’ necessario tener presente questa considerazione, nel rileggere il brano del Vangelo che caratterizza questa domenica: perché purtroppo, nella nostra cultura, l’idea della “pecora” non è del tutto positiva. Di solito, infatti, ricorriamo all’immagine della “pecora” per identificare persone caratterizzate da una forma di grettezza, che si fanno manovrare e portare in una certa direzione, d’orizzonte limitato, incapaci di decisione autonoma. In genere, quando usiamo quest’espressione fuori dell’ambito liturgico, non risplende di luce propria.

E’ un termine in realtà molto a rischio, tanto che è usato spesso in senso dispregiativo da chi non condivide il percorso dei credenti. Da tali detrattori, i credenti vengono definiti “pecore” per dire che sono persone incapaci di decisione autonoma, intruppate.  Quelli che sono a capo della Chiesa, si fanno chiamare “pastori”, dimostrando sete di potere, di dominio;   perché il pastore è quello che notoriamente munge, tosa e, quando ha fame, uccide le pecore per mangiarle: questa è l’idea di fondo che attraversa moltissime persone, quando si parla di pecore e di pastori.


Gesù parla in un contesto culturale profondamente differente e sa che le persone che ha di fronte sono ben in grado di capirlo. Il nostro problema è molto semplice: noi abbiamo una mentalità da consumatori e, quando pensiamo alle pecore, le vediamo già fatte a pezzi sul banco del macellaio. Chi di noi ha provato ad allevare, nutrire e curare delle pecore? Gesù, invece, si sta rivolgendo ad un popolo di pastori

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Leggi Tutto: IV domenica di pasqua.doc

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Immagine: Il "BUON PASTORE", Ravenna, IV secolo


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12/05/2009

Omelia V domenica di Pasqua, rito ambrosiano, anno B

pietro%20e%20andrea.jpgNon basta sapere delle informazioni su Dio per conoscere Dio. Quanta gente le sa. Più o meno sono andati tutti a catechismo. Qualcosa si ricordano e pensano di conoscere e quindi di credere. Ma il credere è davvero questo? La conoscenza della fede è davvero una conoscenza di questo tipo? O c’è qualcosa di più? Noi, fortunatamente, abbiamo molti diversi modi di conoscenza, che applichiamo nelle varie situazioni.

C’è un modo di conoscere che comunque riesce ad aprirti  allo stupore
; e questo è già importante. Magari non ha nessuna conseguenza pratica, ma quando ascolti dici: “Ma che bello: ho conosciuto qualcosa che mi ha aperto gli orizzonti; forse non mi serve nella vita quotidiana, ma è importante”. Ad esempio: sono davanti alla televisione e guardo un documentario su un animaletto, che abita in un posto sconosciuto del mondo e che io non avrò mai modo di incontrare.

Alla fine del documentario dico: “Ma guarda che meraviglia! E’ davvero spettacolare!”. Questo è un modo di conoscere aperto allo stupore. E già qui siamo in crisi. Ditemi che di fronte alla Parola del Signore, che ascoltiamo ogni domenica, la reazione minima è almeno quella da documentario!


Se non c’è, di fronte alla Parola, almeno questo stupore, che mi fa dire: “Ma che bello! Ho imparato una cosa che non avrei mai potuto sapere in altro modo, se non attraverso la Scrittura!”, siamo nei guai. Diamo per scontato che noi, che veniamo alla Messa domenicale, viviamo almeno questo livello.


Ma ci sono anche altri modi di conoscere, ancora più profondi. C’è il modo di conoscere dell’amore, che ti pone di fronte a qualcuno e dove spesso l’amore precede la conoscenza vera. Perché è davvero difficile conoscere veramente, in modo tale da poter dire: “Adesso mi fido, mi affido a questa persona”. Persino quando ci si sposa, puoi dire davvero di conoscere la persona che stai sposando? Conosci qualcosa, ma in realtà dopo molto, molto tempo ti renderai conto di aver cominciato a capire qualcosa. L’amore precede la conoscenza.


Ci sembra strano, perché tendiamo a pensare secondo certi proverbi, per cui “l’amore è cieco” e l’amore non ti permette di conoscere. Ovviamente, quest’interpretazione dell’amore, che esclude la conoscenza, dipende da un modo di pensare tutto calibrato sull’esteriorità. Quando usiamo l’espressione “l’amore è cieco”? Quando vediamo un bel ragazzo o una meravigliosa ragazza che sta insieme ad una persona davvero brutta. Allora ci viene da dire: “L’amore è proprio cieco”. 

Perché, in realtà, il nostro criterio di valutazione è l’esterno, non la persona. L’altro in realtà sta costruendo secondo un criterio diverso: guarda e conosce veramente la persona, cosa che noi invece non stiamo facendo. L’amore ti consente di conoscere l’altro per quello che è, non per quello che appare, anche nelle sue caratteristiche non amabili. Infatti tra noi esseri umani, disgraziatamente, quando conosci qualcuno, non trovi tutto meraviglioso.

Succede come quando arrivi alla fine del documentario e pensi che almeno metà era meglio se non ci fosse stato, però hai arricchito la tua conoscenza. L’amore fa conoscere. Ora, nella fede l’amore precede la conoscenza, perché l’annuncio che ti viene fatto non è una cosa da imparare, una cosa da studiare, è una cosa che ti coinvolge in un amore che ti viene dato. L’annuncio è: “Io ti amo”.

L’annuncio è Dio che ti dice: “Io ti amo così profondamente da morire per te”.
E’ una conoscenza? Certo che è una conoscenza, però capite che si pone totalmente su un altro livello. E’ la conoscenza di chi ti dice: “Ti amo”. E’ una cosa che sai, ma non ti puoi limitare a dire: “Ecco, adesso lo so”.


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Leggi tutto: V_Domenica_di_Pasqua.doc

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Immagine: icona siro-palestinese, patriarcato Greco melkita cattolico, Gerusalemme (secolo XX). L’icona esprime la comunione tra Chiesa d’Occidente e Chiesa d’Oriente: San Pietro, primo vescovo di Roma, rappresenta la Chiesa d’Occidente mentre il fratello Andrea, patrono della sede episcopale di Bisanzio (Costantinopoli), rappresenta quella d’Oriente. La caratteristica delle icone siro-palestinesi è quella di riportare l’iscrizione in lingua araba. Dal sito: http://www.ordinepatriarcaledellasantacrocedigerusalemme.it



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Caterina63
00martedì 6 luglio 2010 20:54

V Domenica dopo Pentecoste  - Rito Ambrosiano – Anno C

  

Lettura del libro della Genesi

(Gn 18, 1-2a. 16-33)

In quei giorni. Il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui.

Quegli uomini andarono a contemplare Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli. Il Signore diceva: “Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso”. Disse allora il Signore: “Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!”.

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?”. Rispose il Signore: “Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo”. Abramo riprese e disse: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?”. Rispose: “Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque”. Abramo riprese ancora a parlargli e disse: “Forse là se ne troveranno quaranta”. Rispose: “Non lo farò, per riguardo a quei quaranta”. Riprese: “Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta”. Rispose: “Non lo farò, se ve ne troverò trenta”. Riprese: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti”. Rispose: “Non la distruggerò per riguardo a quei venti”. Riprese: “Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci”. Rispose: “Non la distruggerò per riguardo a quei dieci”.

Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.

 

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

(Rm 4,16-25)

Fratelli, eredi si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: “Ti ho costituito padre di molti popoli” – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono. Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne “padre di molti popoli”, come gli era stato detto: “Così sarà la tua discendenza”. Egli non vacillò nella fede, per vedendo già come morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato, ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

 

Lettura del Vangelo secondo Luca

(Lc 13,23-29)

In quel tempo. Un tale chiese al Signore Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Disse loro: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete  a bussare alla porta, dicendo: ‘Signore, aprici!’. Ma egli vi risponderà: ‘Non so di dove siete’. Allora comincerete a dire: ‘Abbiamo mangiato e bevuto alla tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze’. Ma egli vi dichiarerà: ‘Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!’. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”.

 

Omelia Santa Messa (trascrizione da registrazione)

 

“Vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio”______________________

Nelle domeniche che seguono la Pentecoste il rito ambrosiano fa ripercorrere ai credenti l’intera storia della salvezza - dalla creazione al peccato, all’alleanza con Abramo e via di seguito, come vedremo nelle prossime domeniche. Il tema principale di ciascuna domenica sarebbe propriamente la figura che, di volta in volta, viene proposta come punto focale di tutta la Liturgia della Parola: oggi si tratta di Abramo che ritroviamo come riferimento nella prima lettura, nella seconda e nel Vangelo. Ho scelto però di lasciare Abramo alla vostra meditazione personale.

Preferisco concentrare l’attenzione sul primo versetto del brano del Vangelo che ci viene proposto, che, in fondo, ci rimanda alla fede di Abramo e al suo modo di fidarsi di Dio. Evidentemente è solo un piccolo particolare rispetto alle bellissime pagine che abbiamo ascoltato, che ci raccontano della potenza della preghiera, della fiducia che puoi riporre in Dio – non solo per te,  ma anche per gli altri –, del credere oltre ogni speranza. I temi che ci sono stati offerti sono molti e credo che nel corso della settimana avrete modo di tornare su queste realtà.

Io mi accontento di fermarmi su questa frase: “‘Signore, sono pochi quelli che si salvano?’. Disse loro: ‘Sforzatevi di entrare per la porta stretta’”.

 

“Un tale chiese al Signore Gesù: ‘Signore, sono pochi quelli che si salvano?’”_______________

La domanda iniziale è: “Sono pochi quelli che si salvano?”. Si tratta di un quesito intrigante. La salvezza funziona secondo un criterio di “numero chiuso”, come certe università molto selettive? O  invece prevale la logica del “dentro tutti”: alla fine basta esistere e si viene coinvolti in qualche modo? Su questa questione moltissimi uomini e donne hanno costruito la loro vita di fede. Pensate ai testimoni di Geova: la domanda “Quanti sono quelli che si salvano?” per loro è quasi ossessiva; si tratterebbe infatti di un numero limitato e predefinito – centoquarantaquattromila –; tutti gli altri non si sa bene che fine fanno, dunque bisogna fare di tutto per entrarvi.

Indubbiamente è un interrogativo rilevante, anche perché, a seconda della risposta, viene prospettata una diversa immagine di Dio. Dietro infatti si nasconde la vera domanda: “Ma Dio com’è? E’ uno che prende dentro tutti o è uno che sceglie solo il meglio e lascia gli altri? Cerca tutti o solo qualcuno?”. Tutte domande interessanti, su cui si potrebbe chiacchierare a lungo.

 

Sta di fatto che Gesù non vuole rispondere a questa domanda. E’ come se fosse posta nel modo sbagliato. E’ come se, così formulata, non arrivasse al cuore della questione, ma addirittura distraesse dal punto essenziale.

Sono pochi o tanti quelli che si salvano? Gesù non risponde. O meglio, alla fine del brano evangelico, offre un’apertura sulla questione, nel dire: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e siederanno alla mensa nel regno di Dio”. Afferma che arriveranno da tutte le parti della terra, ma non risponde mai alla domanda precisa, che era: “Quanti?”.

  

Perché non risponde? Perché alcune domande ci portano fuori strada. Quando si cerca la verità, metà del lavoro è trovare la domanda giusta; perché altrimenti non trovi la risposta giusta. E trovare la domanda giusta a volte è un lavoro, bisogna proprio impegnarsi a cercare a fondo. Pensate a quante volte noi passiamo larghe fasi della nostra esistenza facendoci domande a cui sappiamo già che non ci sarà risposta e che comunque qualunque risposta non arriverà davvero a risolvere il nostro problema.

 “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”_____________________________________________

“Quanti si salvano” non è l’essenziale che ci serve sapere. La risposta che Gesù dà sottende un’altra domanda, che sarebbe quella giusta: “Signore, che cosa devo fare io per accogliere la salvezza?”. A questa Gesù risponde. Altrimenti resti nell’astratto. Fai una domanda bella, importante, che ti fa riflettere tanto, ma non ti cambia. Gesù vuole insegnarci a chiederci: “Io cosa devo fare? Qual è la mia strada per arrivare alla salvezza?”. Il problema è che generalmente non lo facciamo: pensate a quante volte avete formulato davvero questo interrogativo nella vostra preghiera. Probabilmente poche!  E più si scende con l’età delle persone, meno questa domanda è presente, perché non ci si pone nemmeno l’idea della salvezza.

 

Oggi non si chiede la salvezza, si chiede la salute al Padre Eterno. Anche se hanno la stessa radice etimologica, sono parole che oggi esprimono concetti ben differenti: si cerca la tranquillità, non lo sforzo per ottenere un risultato.

La risposta di Gesù, invece,  inizia con “sforzatevi”. Già parte male, rispetto alla mentalità odierna:  noi cerchiamo risposte tranquille, che ci facciano sentire bene, stare in pace. Il nostro ideale di vita cristiana è una “crociera tutto compreso” dove non c’è niente da pensare: sali sul taxi, ti portano, ti fanno fare tutto loro e basta. Ovviamente, la “porta stretta” non si inquadra  in questa logica:  cerchi la comodità e trovi “porte strette”, dove devi abbassarti, fare fatica. Se siete stati ad Assisi pensate all’Eremo delle Carceri: per passare da quelle porte bisogna sicuramente chinarsi. Disgraziatamente, farlo davvero non rientra nella logica nemmeno dei credenti, che, nella maggior parte dei casi, chiedono vite tranquille al Signore, non “porte strette” da cercare e da attraversare. Si desidera un Dio “pacioccone”, con le mani bucate – come quei genitori che devono dimostrarti che ti vogliono bene dando soldi di continuo –, e  ci si  trova di fronte  un Dio crocifisso, con le mani bucate sì, ma dai chiodi: è una realtà ben diversa!

E’ questo il senso della “porta stretta”. La “porta stretta” da attraversare è Cristo crocifisso. In Lui bisogna credere, per arrivare alla salvezza.

 

Gesù offre una vita terrena salvata __________________________________________________

Ora, quello che Gesù offre è la salvezza. E la salvezza è una vita degna di essere vissuta, non una vita tranquilla. Mi spiace ripeterlo, ma dobbiamo ammettere che, in fondo, una vita tranquilla è spesso la nostra massima ambizione. Al massimo ogni tanto ti viene voglia di novità, ma non di  cercare una vita profondamente diversa. Quello che Gesù offre è una vita degna di essere vissuta. Una vita salvata è una vita dove arrivi in fondo a una giornata, a una settimana, a un mese, all’intera esistenza e dici: “Bella! Faticosa; ho fatto di tutto, però è valsa la pena!”. Raramente noi riusciamo a dirlo. Limitiamoci a pensare ad una settimana: arriviamo in fondo e, ripensandola, possiamo dire che è stata bella. Non accade perché è filato tutto liscio, perché  non ci sono stati intoppi, problemi, casini, malattie – non è questo che mi interessa: sappiamo che non è realistico. E’ andato tutto bene perché io sono riuscito a vivere questa settimana con il cuore aperto, disponibile, capace di affrontare le situazioni e non semplicemente di subirle, con la voglia di aiutare le persone. Perché posso dire  che ho fatto tutto quello che mi era possibile; ho cercato di costruire dove le cose crollavano, di sopportare dove c’era qualcuno che andava sopportato, di perdonare dove qualcuno mi stava offendendo. Insomma, mi sono impegnato per costruire una vita che è serena, ma non secondo i criteri del “non mi succede niente”, che non hanno corrispondenza nella vita reale.  Succede sempre qualcosa che non va, ma io come mi pongo, rispetto a questa vita? Io come la affronto? Io come mi metto in gioco, con il Vangelo che mi accompagna, con Cristo che mi sta di fronte, con Lui che mi ripete: “Attraversa questa vita con passione, non semplicemente subendola”? Il Vangelo entra dentro la nostra storia e non mi promette una esistenza senza intoppi e difficoltà; mi insegna che  ci saranno le croci e mi invita a portarle. Mi dice: “Prendi la tua croce e portala in una direzione diversa, non lasciare che ti schiacci. Non permettere che sia la croce a condurti: scegli di essere tu a prendere quella croce e seguire il Signore, dietro di Lui!”.

 

Gesù dona una vita salvata che si compie nell’eternità__________________________________

La vita salvata non è solo quella terrena, ma anche la vita eterna. Il concetto di salvezza infatti è ampio. Quanto vi ho detto fino adesso riguarda la nostra vita oggi, la vita terrena, che viene salvata secondo questa modalità, con Cristo. Ma la vita salvata è una vita che guarda anche all’eternità. Sotto questo aspetto, il mondo contemporaneo occidentale è totalmente perduto: chi si interessa seriamente della vita eterna? Qualcuno non sa più neanche di che cosa si parla: la maggior parte dei giovani di quindici, vent’anni non ha nessun concetto di vita eterna, è totalmente estranea alla loro mentalità.

 

Invece, la salvezza riguarda la possibilità che la nostra vita si compia. La nostra vita non si compie quasi mai. Pensate se la nostra vita fosse solo questa terrena: quante delle linee che noi iniziamo arrivano a “compiersi”, cioè a concludersi in modo vero e autentico? La nostra vita è fatta di vie interrotte. Delle cose che facciamo, quante ne rimangono? Quante arrivano a compimento perché fioriscono, germogliano? Veramente pochissime e solo in alcuni casi. Nella maggior parte dei casi, la nostra vita non si compie. Inizia. Noi continuiamo ad iniziare un sacco di cose, ma non le finiamo mai. Pensate a quante volte abbiamo intrapreso iniziative buone e sono rimaste ferme; dopo una settimana non sapevamo più neanche che c’erano. Abbiamo cominciato un percorso, un cammino e poi è rimasto sospeso.

 

D’altra parte la nostra vita stessa resta sospesa. Come fai a dire: l’ho portata a compimento? Poche persone arrivano a dare l’ultimo respiro dicendo: “Tutto è compiuto”. L’ha detto solo Lui, temo. “Tutto è compiuto” l’ha potuto dire solo il Signore sulla croce, perché ha compiuto l’esistenza, l’ha portata alla più piena espressione e perfezione.

Senza la vita eterna, nessuno di noi porterebbe a compimento la propria vita. E la nostra vita non sarebbe salvata, sarebbe solo un inganno. Invece è salvata perché è portata a compimento.

Questo è il grande dono che Dio fa: prendere la nostra esistenza e portarla alla sua perfezione. Farla germogliare dentro il Suo cuore, dentro la Sua vita nell’eternità. Lui prende la nostra esistenza e fa sì che tutte le cose buone che abbiamo costruito arrivino all’apice, al vertice delle loro possibilità.

Senza la vita eterna, la vita non potrebbe essere compiuta e non potrebbe essere salvata. Al tempo stesso, però,  non puoi considerare solo la perfezione che Dio dona nell’eternità, se, nella perfezione che ci è offerta nella vita terrena attraverso il Vangelo, non ti impegni, non ti sforzi, non cerchi la strada più stretta e la porta più piccola, che è il Signore Gesù.

 

Io come faccio a salvarmi, Signore?__________________________________________________

Vita terrena e vita eterna: questa è la salvezza che ci è regalata. La domanda che oggi ci dobbiamo porre è: “Io sto percorrendo davvero, con passione, questa strada? Io sento il Vangelo come quella realtà che è capace di prendere la mia esistenza e di darle un senso nuovo, di costruirla secondo un criterio diverso? Il Vangelo è questo nella mia esistenza? Io mi sto salvando, per quanto sta in me? Pur sapendo che la salvezza è sempre un regalo,  io come sto collaborando? Come sto dicendo di sì a  quella grazia? Io come faccio a salvarmi, Signore?”. La risposta sarà ancora la stessa: “Entrate per la porta stretta, sforzatevi di entrare per quella porta, non accontentatevi e sappiate guardare oltre l’orizzonte del tempo, là dove tutto verrà compiuto grazie al solo Amore di Dio, ma comunque con la vostra collaborazione”.

 

Vedete che Gesù non risponde alla domanda: “Quanti entrano?”. Ciascuno di noi sa benissimo che un giorno è da una parte, un giorno è dall’altra e il nostro cammino è sempre faticoso, mai lineare. Non riusciamo a capire esattamente se stiamo camminando verso la vita eterna oppure no; a volte siamo nella schizofrenia totale dal punto di vista spirituale: un giorno guardiamo solo al Paradiso e l’altro solo al tozzo di pane. Però ci viene chiesto di interrogarci ogni giorno per dire: “Io che cosa sto cercando davvero di fare per accogliere questo dono, questa salvezza? Io, non qualcun altro, non in astratto, non la comunità cristiana, i preti, i vescovi. Io, adesso, oggi, che cosa sto facendo per realizzare quel dono del Vangelo?”.

 

Questa è la domanda che Gesù ci chiede di porci. Ci ha già dato anche la risposta e ce la offre ancora una volta in questa Eucaristia: ci viene donato Lui nel pane consacrato. E’ la “porta stretta”: accoglienza di un Dio che si dà, inerme; accoglienza di un Dio crocifisso per noi; accoglienza di un Dio che si dona senza riserve per ciascuno di noi oggi.  E oggi noi siamo chiamati a dire: “Io cosa posso fare per accogliere questa salvezza?”.

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