Parigi 1256 san Tommaso d'Aquino insegna il concetto di COMUNICAZIONE

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Caterina63
00giovedì 15 ottobre 2009 19:18
Parigi 1256:  parla Tommaso d'Aquino

Teologi a lezione di comunicazione


di Marco Tibaldi


In ottobre riprendono le attività accademiche di ogni ordine e grado nelle facoltà teologiche. Questa occasione consente di sviluppare alcune riflessioni sulla funzione del teologo e della teologia. Non di rado infatti, negli ultimi anni, abbiamo assistito a una certa perdita di consapevolezza sul loro ruolo e sulla loro identità. Da qui l'esasperata ricerca di legittimazione nel dialogo o spesso nella sudditanza dalle filosofie ed epistemologie di moda.

Può essere utile, allora, rileggere l'importante prolusione del "padre di tutti i teologi" Tommaso d'Aquino.Tommaso d'Aquino

È il cosiddetto Breve principium, un sermone con cui Tommaso dava inizio al suo magistero in teologia nella Parigi del 1256. L'importanza di questo testo - di cui si erano smarrite le tracce fino alla riscoperta nel 1912 - è stata, dieci anni or sono, sottolineata da uno studio condotto da Andrea Di Maio nel suo Il concetto di comunicazione. Saggio di lessicografia filosofica e teologica sul tema "communicare" in Tommaso d'Aquino (Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1998). Quello di Tommaso è un testo di sorprendente attualità, oltre che per la lucidità con cui viene presentata la funzione del teologo e della teologia, anche perché queste vengono inserite in quello che Di Maio considera il nuovo trascendentale della nostra epoca:  la comunicazione. "La teoria della comunicazione - scrive Di Maio - gioca oggi un ruolo paragonabile a quello che nella scolastica aveva la metafisica. Proprio per la sua dimensione, insieme trascendentale e pragmatica, la comunicazione offre alla filosofia odierna una chiave post-metafisica universale" (p. 66).

E Tommaso pone la presentazione del teologo e della teologia sotto questa insegna, per cui il sermone è considerato anche un vero e proprio trattato di quella che oggi si definirebbe teologia della comunicazione. 

Il testo apre con l'affermazione di un principio che poi sarà variamente declinato:  il Signore dell'universo ha stabilito che i doni della sua provvidenza vengano comunicati tramite intermediari. A supporto di questa affermazione vengono citati un testo di Dionigi e soprattutto il salmo 103 come prova della comunicazione sovrannaturale della Sapienza divina:  "Dalle tue dimore tu irrighi i monti, e con il frutto delle tue opere si sazia la terra" (v.13).

Tommaso vi vede il processo di comunicazione che fonda l'attività del teologo. I monti infatti simboleggiano i "dottori" su cui per primi si riversa l'acqua benefica della divina sapienza che poi essi faranno arrivare ad altri. La conoscenza viene dall'alto innanzitutto poiché si tratta della Parola la quale discende da Dio rivelandone i misteri. Essa può svelare il senso dell'esistenza poiché essa stessa è questo senso. Come traduce Di Maio "Tale Parola, dunque, non solo è da Dio, ma nel suo principio è Dio:  in essa infatti si compie l'autocomunicazione di Dio" (p. 393).

La conoscenza che viene trasmessa è in parte accessibile alle facoltà razionali dell'uomo e in parte è propria di Dio solamente. Questa costituisce l'oggetto proprio della rivelazione che Dio ha voluto comunicare ad alcuni perché fossero testimoni e maestri. Infine l'altezza di questa conoscenza viene dal fatto che tramite essa l'uomo può entrare nella vita eterna. Per tutto questo, coloro che sono chiamati al servizio della comunicazione di questa verità devono possedere alcune caratteristiche che li rendano idonei a tale compito.

Per prima cosa, occorre una autorevolezza che deriva dalla coerenza o autenticità di vita. Una seconda caratteristica del "dottore" è poi la competenza tramite la quale, dopo essere stati illuminati da Dio, essi possono "dissipare la mancanza di senso e conoscenza di Dio nel mondo" (p. 398). Come i monti sono segno di solidità e protezione così tutti coloro che hanno nella Chiesa l'incarico di essere maestri della fede, per Tommaso, devono porsi a salvaguardia della fede dei fedeli. La loro vita entra direttamente in causa perché solo una vita esemplare può generare una testimonianza credibile.

Tommaso poi mette in rilievo la dimensione pastorale dell'attività dei teologi che nella Chiesa hanno "il carisma di tradurre il vangelo in maniera comprensibile ai non credenti e di chiarire a tutti l'economia dei misteri di Dio" (p. 401).

Dopo avere delineato le caratteristiche del maestro, Tommaso passa in rassegna le note del destinatario di questo messaggio. Al centro viene sottolineata la disponibilità creativa ad accogliere gli insegnamenti ricevuti per farli fruttificare nella vita. Il vero maestro anziché legare a sé i propri uditori li rende infatti capaci di trasmettere a loro volta quanto ricevuto. Con grande finezza pedagogica, poi Tommaso si avvia alla conclusione del suo sermone ricordando il principio di gradualità nella comunicazione dei misteri divini, perché non tutti gli uditori sono pronti per ricevere subito tutta la verità che, per essere comunicata, necessita della loro risposta.

Termina infine con il richiamo ai dottori a essere un canale il più possibile trasparente per la trasmissione della sapienza divina. Con il consueto realismo, mette in guardia dagli ostacoli che possono rallentare se non distorcere questa comunicazione:  il peccato, la superficialità, l'indifferenza. E la presunzione.


(©L'Osservatore Romano - 16 ottobre 2009)
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